22)
L'Europa auspicata dalla Meloni, dal centro destra e da me
Governo, Meloni: 'Mia idea di Unione europea è Europa confederale'
Sky TG24
2 novembre 2022
https://tg24.sky.it/politica/2022/11/02 ... e-europea-
"Non faccia Bruxelles quello che può fare meglio Roma, non agisca Roma lì dove, da soli, non si è competitivi" lo dice il presidente del Consiglio nell'ultimo libro di Bruno Vespa. Quanto alla politica estera europea, secondo il neo premier "non esiste"
Il presidente Giorgia Meloni sogna un'Europa confederale in cui vige il principio di sussidiarietà e accusa l’attuale Ue di essere stata “invasiva nelle piccole cose e assente nelle grandi cose”. Poi continua: “Non faccia Bruxelles quello che può fare meglio Roma, non agisca Roma li' dove, da soli, non si è competitivi". Lo dichiara la neo premier italiana a Bruno Vespa nel libro “La grande tempesta. Mussolini, la guerra civile. Putin, il ricatto energetico. La Nazione di Giorgia Meloni” in uscita il 4 novembre.
Meloni: “Definirsi atlantisti ma non europeisti è una idiozia”
"Definirci atlantisti ma non europeisti mi pare francamente un'idiozia. Oggi tutto è estremamente ideologico” dichiara Giorgia Meloni nel libro di Bruno Vespa. “Passa la vulgata che sei europeista se sei federalista. Il federalismo europeo accentra, mentre il federalismo nazionale decentra. Che senso ha?” prosegue la presidente. “Vogliamo dire che il Superstato europeo non ha funzionato? In Europa, gran parte del potere decisionale è in mano alla Commissione, che viene indicata dai governi, ma nel nostro ordinamento la sovranità è del popolo che la esercita attraverso il Parlamento. C'è qualcosa che non funziona, soprattutto in una Repubblica parlamentare come la nostra".
Meloni: “Non esiste una politica estera europea”
Spread da record, gli esperti: "Attenzione a instabilità politica"
La presidente del Consiglio si dice delusa dagli squilibri della filosofia comunitaria. "Una politica estera europea non esiste: sulla Libia siamo andati in ordine sparso e la stessa cosa è accaduta sulla crisi ucraina. Poi, invece, vediamo che l'Europa deve occuparsi di gender..." Vespa chiede a Giorgia Meloni: in caso di contrasto, prevale il diritto nazionale o il diritto europeo? "La Corte costituzionale tedesca ha fatto prevalere nei casi più delicati l'interesse nazionale" risponde Giorgia Meloni "e quindi, a volte, il diritto interno. Il tema si pone a maggior ragione in Italia dove, al contrario di altri paesi in cui sono i governi a decidere, c'è una democrazia parlamentare".
Dall'idea di Europa alla politica sull'immigrazione: ecco il piano Meloni
Vittorio Di Mambro Rossetti
2 novembre 2022
https://www.dire.it/02-11-2022/823063-d ... no-meloni/
ROMA – “La mia idea di Europa è quella di un’Europa confederale in cui viga il principio di sussidiarietà. Non faccia Bruxelles quello che può fare meglio Roma, non agisca Roma lì dove, da soli, non si è competitivi”. Lo dice il presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Bruno Vespa nel libro ‘La grande tempesta. Mussolini, la guerra civile. Putin, il ricatto energetico. La Nazione di Giorgia Meloni’, in uscita il 4 novembre da Mondadori Rai Libri. “Abbiamo avuto un’Europa invasiva nelle piccole cose e assente nelle grandi materie. Non converrebbe lasciare agli Stati nazionali il dibattito sul diametro delle vongole e occuparsi invece a livello comunitario dell’approvvigionamento energetico? Definirci atlantisti, ma non europeisti mi pare francamente un’idiozia. Oggi tutto è estremamente ideologico. – dice Meloni nel libro di Vespa – . Passa la vulgata che sei europeista se sei federalista. Il federalismo europeo accentra, mentre il federalismo nazionale decentra. Che senso ha? Vogliamo dire che il Superstato europeo non ha funzionato? In Europa, gran parte del potere decisionale è in mano alla Commissione, che viene indicata dai governi, ma nel nostro ordinamento la sovranità è del popolo che la esercita attraverso il Parlamento. C’è qualcosa che non funziona, soprattutto in una Repubblica parlamentare come la nostra”.
DIGITALE, MELONI: UE SI MUOVE SU CHIP, E A NOI DICEVANO ‘AUTARCHICI’
Il presidente del Consiglio fa l’esempio della pandemia. “Quando è arrivato il Covid, ci siamo accorti di aver consegnato alla Cina la produzione dei microchip. La Cina ha ovviamente deciso di privilegiare il mercato interno e noi siamo rimasti all’asciutto. È allora che la Commissione ha capito che c’era un problema e ha stanziato 50 miliardi di euro per favorire la produzione dei microchip europei. Ma quando noi ponevamo il problema del controllo delle catene di approvvigionamento fondamentali, ci dicevano che eravamo autarchici”.
MELONI: NON ESISTE POLITICA ESTERA EUROPEA, MA UE SI OCCUPA DI GENDER
Il presidente del Consiglio si dice deluso dagli squilibri della filosofia comunitaria. “Una politica estera europea non esiste: sulla Libia siamo andati in ordine sparso e la stessa cosa è accaduta sulla crisi ucraina. Poi, invece, vediamo che l’Europa deve occuparsi di gender…”.
MIGRANTI. MELONI: È CAMBIATO L’APPROCCIO STRATEGICO
Mi pare che la politica sull’immigrazione sia cambiata fin dai primi giorni di governo, dice Vespa alla Meloni. “È cambiato innanzitutto l’approccio strategico”, risponde il presidente del Consiglio. “L’immigrazione, prima di essere un problema di politica interna e di ordine pubblico, è un problema di politica estera e di geopolitica. L’unico modo per risolverlo è far parlare l’Africa con l’Europa. Per questo ho lanciato il progetto di un piano Mattei, rifacendomi al grande stratega fondatore dell’Eni che riscattò i paesi produttori di petrolio dal colonialismo delle grandi compagnie americane. E il ripristino dell’operazione Sophia, nata nel 2015, che nella terza fase, mai attuata, prevedeva di estirpare alla radice il sistema organizzativo del contrabbando di esseri umani, cioè quello che noi abbiamo sempre definito ‘blocco navale'”. Già, ma intanto – ricorda Vespa nel libro – l’autunno del 2022 ha visto le partenze da Libia e Tunisia riprendere in grande stile, con un aumento del 50 per cento rispetto al 2021. “Qui dobbiamo ricordare che cos’è il diritto del mare, tante volte invocato a sproposito. Se tu incontri per caso in mare una barca in difficoltà, sei tenuto a salvare chi è a bordo. Ma se fai la spola tra le coste africane e l’Italia per traghettare migranti, violi apertamente il diritto del mare e la legislazione internazionale. Se poi una nave Ong batte bandiera, poniamo, tedesca, i casi sono due: o la Germania la riconosce e se ne fa carico o quella diventa una nave pirata”.
GOVERNO. MELONI: ROMPERE SCHEMI, NON STO QUI PER SOPRAVVIVERE
Nel libro Vespa chiede a Giorgia Meloni perché lei dovrebbe riuscire dove i diciassette governi precedenti hanno fallito, in fatto di crescita del prodotto interno lordo. “L’unico vero vantaggio che ho rispetto agli altri” risponde “è che non lavorerò per restare in questo posto. Non sto qui per sopravvivere guardando i sondaggi. Tra cinque anni io non voglio essere rieletta a ogni costo. Se non hai niente da perdere, puoi tirare di più la corda. Per fare le cose devi rompere gli schemi; se vivi nel terrore di non essere rieletta, sei destinata a non combinare niente”.
SPIAGGE. MELONI: NOI DOBBIAMO FARE ASTE MENTRE ALTRI PAESI PROROGANO CONCESSIONI
Poi Vespa chiede a Meloni: “In caso di contrasto prevale il diritto nazionale o il diritto europeo?”. “La Corte costituzionale tedesca ha fatto prevalere nei casi più delicati l’interesse nazionale”, è la risposta “e quindi, a volte, il diritto interno. Il tema si pone a maggior ragione in Italia dove, al contrario di altri paesi in cui sono i governi a decidere, c’è una democrazia parlamentare”. Il presidente del Consiglio cita l’articolo 11 della Costituzione, che consente, “in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni”. E aggiunge: “Prendiamo la legge Bolkestein sulla concorrenza, in questo caso sulle licenze per le spiagge. Vogliono costringere noi a fare le aste per le assegnazioni nel 2023, mentre altri paesi hanno prorogato le concessioni. Per me questa disparità è incostituzionale”.
MELONI: SINDACI? BISOGNA METTERE MANO A NORME SU ABUSO D’UFFICIO
Abbiamo migliaia di sindaci sotto processo per abusi d’ufficio che, nel 90 per cento dei casi, portano all’archiviazione o all’assoluzione – ricorda Vespa – Migliaia di alti burocrati che non firmano nel timore di finire sotto processo. Come se ne esce? “Bisogna mettere mano alle norme sull’abuso d’ufficio“, risponde
Giorgia Meloni.
RDC. MELONI: SUSSIDIO A CHI REALMENTE NON HA POSSIBILITÀ LAVORARE
Lei – dice Vespa al presidente del Consiglio – ha perso voti al Sud da gente terrorizzata di perdere il reddito di cittadinanza, come intende riformarlo? “Garantendo un dignitoso sussidio a chi realmente non ha la possibilità di lavorare e, in alcuni casi, migliorandolo (si pensi agli invalidi). Per gli altri intendiamo attingere al fondo sociale europeo per avviare al lavoro chi può attraverso corsi di formazione retribuita”, risponde Giorgia Meloni.
ABORTO. MELONI: RIVEDERE LEGGE 194? NO, LA VOGLIO APPLICARE
Dove nasce la storia che lei vorrebbe mettere mano ai diritti, a cominciare dalla riforma delle legge 194 sulla maternità e l’interruzione di gravidanza?, chiede Vespa a Giorgia Meloni. “È un’invenzione assoluta”, precisa. “In tutta la mia vita non ho mai detto che avrei messo mano a questa legge. Ho ritrovato un’intervista di una ventina d’anni fa. Mi si chiedeva: lei è favorevole a rivedere la 194? La risposta fu ed è: no. La voglio applicare. Cioè la stessa risposta che do ancora oggi”. Posso chiederle qual è la cosa alla quale tiene di più in questa avventura?, domanda il giornalista. “Uscirne a testa alta“.
Europa e i diritti negati e calpestati dei cittadini nativi europei
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... =92&t=2682
No all'Europa che viola i Diritti Umani degli indigeni e dei popoli europei e che sostiene la Spagna che tortura i catalani e che sostiene i nazisti maomettani che perseguitano e sterminano i cristiani e gli europei.
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 7003387674
Sì all'Europa confederale o federale, democratica e liberale un pò come gli USA e la Svizzera, rispettosa della libertà della sovranità e delle identità degli stati e dei cantoni o land o regioni, delle comunità etniche e dei popoli europei.
No all'Europa politicamente corretta, social demo comunista, atea anticristiana e antisemita, filo nazi maomettana, centralista e totalitaria come l'URSS (e la Federazione russa di Putin) che viola la libertà e la sovranità degli stati e delle loro comunità native, che viola i diritti umani, naturali, civili e politici dei cittadini europei, in particolare delle maggioranze native e indigene.
No all'Europa Unita che promuove i demenziali suprematismi razzisti antibianchi e anticristiani, quello nero dei BLM con la sua demenziale Teoria Critica della Razza, quello LGBT e del gender che manipola i bambini e disarticola la famiglia, quello assassino dei nazi maomettani e quello dei nomadi parassiti e predatori.
Il conflitto irrisolto tra Costituzione tedesca e diritto europeo
Redazione Agi.it
6 maggio 2020
https://www.agi.it/estero/news/2020-05- ... a-8529243/
La Commissione Europea ha ribadito il primato delle decisioni comunitarie di fronte al pronunciamento della Corte Costituzionale tedesca, che, in mancanza di chiarimenti entro tre mesi, intimera' alla Bundesbank di vendere i titoli acquistati nell'ambito del programma di 'quantitative easing' della Bce. Un'operazione che potrebbe potenzialmente significare la fine dell'euro ma alla quale, ha fatto sapere lo stesso ministro delle Finanze di Berlino, Olaf Scholz, la banca centrale tedesca si atterrà. Sta in questo conflitto irrisolto la radice di molte tra le questioni aperte che impediscono all'Unione Europea di diventare una vera unione politica.
La primazia del diritto Ue sulla legge fondamentale tedesca rivendicata da Bruxelles è infatti solo teorica, in particolare sulle questioni finanziarie. I giudici di Karlsruhe hanno affermato più volte che il diritto europeo prevale sì su quello nazionale ma solo a patto di non incidere sull'"identità costituzionale" tedesca. E solo a loro spetta stabilire quali siano le materie che rientrano nella casistica. Tra queste è stato inserito il bilancio.
"Le decisioni sulle entrate e le spese pubbliche - ha stabilito la Corte nel settembre 2012, il mese in cui fu istituito il Mes - sono una parte fondamentale della capacità di uno stato costituzionale di dare forma a se stesso in maniera democratica". Una precedente sentenza aveva negato alla Germania la possibilità di assumere decisioni permanenti che implichino l'assunzione di responsabilità per le decisioni altri Stati membri, un altro pronunciamento che può avere implicazioni fortissime sulla politica di bilancio europea, a partire dal no agli Eurobond, la cui inattuabilità è stata quindi sancita diversi anni fa.
L'indipendenza della Bce sarebbe dunque tale solo se le sue azioni venissero considerate scollegate dal bilancio tedesco, cosa che Karlsruhe non appare ritenere: se ricorsi in tale materia sono stati accolti più volte, la Corte la ritiene evidentemente di sua competenza. Non finisce qui.
La Corte Costituzionale tedesca si riserva di stabilire se gli atti dell'Unione Europea siano o meno "ultra vires", ovvero vadano oltre le competenze conferitele. Paletti che, in assenza di una disciplina specifica, aprono numerose incognite (è ad esempio considerabile "ultra vires" dalla Consulta tedesca un programma di assistenza economica che non abbia limiti prestabiliti).
In una relazione consultabile sul sito della Cassazione, Michael Stuerner, docente di Diritto Privato Internazionale presso l'università di Karlsruhe e giudice dell'Alta Corte del Baden Wuerttemberg, chiarisce che "come stabilito dalla decisione 'Solange I' del 1974, finché la comunità europea non sia tanto avanzata nell'integrazione da disporre di una carta dei diritti fondamentali equipollente alla costituzione tedesca, la BVerfG (la Consulta tedesca, ndr) è legittimata a controllare gli atti comunitari nel rispetto dei principi e delle direttive presenti nella costituzione tedesca".
Tradotto: finché non ci sarà una Costituzione europea, spetterà ai giudici di Karlsruhe, e solo a loro, stabilire quali atti comunitari siano compatibili con la sovranità del popolo tedesco e con i suoi diritti fondamentali, diritti tra i quali la gestione autonoma delle proprie finanze è tra i più sacri.
Cosa significa la sentenza della Corte costituzionale tedesca per il futuro dell'Europa
Albachiara Re
6 maggio 2022
https://www.wired.it/attualita/politica ... tuzionale/
La Corte costituzionale tedesca il 5 maggio si è espressa sulla legittimità per la Germania di aver partecipato al programma di Quantitative Easing (Qe) messo in atto dalla Banca Centrale Europea (Bce) a partire dal 2015.La decisione della Corte di Karlsruhe, attesa per mesi dalle istituzioni dell'Unione Europea, stabilisce che seppure il programma di acquisto di titoli di stati promosso dalla Bce non contrasta in principio con la costituzione tedesca, deve essere chiarito: i giudici hanno chiesto a Francoforte di fornire, entro tre mesi, “in una maniera comprensibile e con argomentazioni” gli obiettivi di questo tipo di politica monetaria, dimostrandone gli effetti economici e chiarendo se è stata una misura proporzionale alla situazione economica in cui versavano gli stati della zona euro in quel periodo.
In gioco c'è la tenuta della zona euro: nel caso la Bce fornisse spiegazioni che i togati tedeschi giudicano non valide, la Germania potrebbe defilarsi dagli stimoli monetari già proposti dalla Bce per far fronte al coronavirus: questo potrebbe avere effetti sulla possibilità di appoggiare misure di sostegno economico agli stati più colpiti dall'emergenza Covid-19 – a partire dal recovery fund – su cui si sta discutendo in queste ultime settimane.
Il significato della sentenza
La sentenza emessa dalla Corte Costituzionale mette in luce alcune controversie tra diritto europeo e quello dei singoli stati. Il primo prevale sempre sul secondo, stando ai trattati costitutivi dell'Ue, ma la decisione dei giudici tedeschi sostiene che questo sia vero solo fino a quando non intacca l'identità costituzionale dello stato membro. Infatti, stando alla sentenza della Corte di Karlsruhe, tutto quello che concerne la politica monetaria e il bilancio finanziario di una nazione permette a uno stato costituzionale di essere pienamente democratico. Quindi, in buona sostanza, nel caso in cui i programmi europei di natura economica e fiscale intacchino pesantemente il bilancio dello stato, in totale autonomia la Germania può decidere di non parteciparvi. Ovviamente, questo contrasta con il principio di comunità che ha animato la fondazione dell'Unione Europea.
Questa sentenza crea un precedente che potrebbe avere conseguenze sugli sforzi messi in atto dalle istituzioni europee per approvare un programma d'aiuti per gli stati colpiti dal coronavirus, si diceva. A pensarla così è l'ex vicepresidente della Bce, Vitor Constâncio, che su Twitter ha parlato di “grande rischio” che potrebbe dare la stura a nuovi ricorsi giudiziari (d'altronde la Polonia, per bocca del suo viceministro alla Giustizia, ha già fatto sapere che “la Germania difende la propria sovranità: l'Unione Europea fa solo ciò che le permettiamo noi stati membri”).
This is the big risk. New court cases will come immediately in Germany against PEPP. The Court insists in the ridiculous distinction between monetary policy and economic policy and wants proportionality in its effects. Can a German economist explain what this means? https://t.co/2J5kdGX8Y6
— Vitor Constâncio (@VMRConstancio) May 5, 2020
Il Financial Times, in un editoriale firmato dal board del giornale, ha definito la decisione dei giudici tedeschi “una sentenza errata”, spiegando anche che “getta luce su una delle principali vulnerabilità dell'eurozona: cioè che la Bce ha dato prova di essere l'unica istituzione europea in grado di agire rapidamente e in modo risoluto per proteggere l'unione monetaria europea”.
Più cauti e sicuramente più ottimisti sono stati il Commissario agli Affari Economici dell'Ue, Paolo Gentiloni, e il ministro dell'Economia, **Roberto Gualtieri **che hanno sottolineato come questa rappresenti una “decisione indipendente” e che – secondo loro – non avrà alcun effetto sui programmi in corso.
Il monito della Corte costituzionale tedesca sul futuro del processo di integrazione europea
Giulia Rossolillo
https://www.thefederalist.eu/site/index ... ne-europea
Anno LXII, 2020, Numero 1-2, Pagina 9
Il monito della Corte costituzionale tedesca sul futuro del processo di
integrazione europea*
GIULIA ROSSOLILLO
Introduzione.
La sentenza della Corte costituzionale tedesca dello scorso 5 maggio sul Public Sector Purchase Programme (PSPP)[1] ha sollevato reazioni estremamente negative da parte di molti commentatori, che ne hanno messo in luce i potenziali effetti devastanti sul processo di integrazione europea e sulle misure in discussione in questi mesi per far fronte alle conseguenze economiche della crisi sanitaria in corso. Le stesse istituzioni dell’Unione hanno fatto muro contro il Bundesverfassungsgericht: la BCE dichiarando che la sentenza in questione non avrà influenza sulle sue decisioni e sui suoi programmi di acquisto di titoli,[2] la Corte di giustizia ricordando di essere l’unico organo competente in via esclusiva a sindacare la compatibilità degli atti delle istituzioni con il diritto dell’Unione,[3] e la Commissione europea addirittura minacciando di presentare un ricorso per infrazione contro la Germania.[4]
Si tratta di prese di posizione — queste ultime — che mirano ad evitare che la sentenza della Corte tedesca mini il fragile equilibrio tra poteri delle istituzioni europee e prerogative degli Stati membri, che ha visto negli ultimi anni le prime tentare di supplire, con la propria azione, alla paralisi dei secondi, incapaci al contempo di trovare un accordo tra loro su questioni cruciali per il processo di integrazione e di compiere il passo di mettere mano ai Trattati per attribuire alle istituzioni dell’Unione quei poteri necessari perché il livello sovranazionale possa divenire autonomo nella sua sfera di competenza.
Sebbene i toni della sentenza siano netti e le critiche alla giurisprudenza della Corte di giustizia e alla BCE non tengano in considerazione il difficile compito del quale le due istituzioni si sono fatte carico nei momenti di crisi per evitare il collasso della moneta unica, non va dimenticato che le posizioni dei giudici costituzionali tedeschi e il rischio che questa sentenza può rappresentare per l’Unione europea non costituiscono la causa del problema, bensì ne sono, al contrario, la conseguenza. Le contraddizioni del processo di integrazione europea, divenute evidenti negli ultimi anni, nei quali si è sempre più manifestata l’impossibilità di trovare un accordo tra gli Stati membri su tutte le questioni cruciali (dall’immigrazione, al Quadro finanziario pluriennale), esistono in altre parole indipendentemente dall’intervento del Bundesverfassungsgericht. Quest’ultimo non fa altro che metterle in evidenza, e se le sue parole possono costituire un pericolo per l’equilibrio dell’Unione, è perché la struttura attuale della stessa consente agli Stati e alle loro Corti costituzionali di avere un ruolo che in un ordinamento federale essi non avrebbero.[5]
Il principio di democrazia come limite strutturale alla prevalenza del diritto dell’Unione europea.
Come nota lo stesso Bundesverfassungsgericht, l’affermazione da parte della Corte costituzionale di uno Stato membro della possibilità di porre limiti alla prevalenza del diritto dell’Unione europea sul diritto interno quando siano in gioco principi fondamentali della Costituzione dello Stato non è certo una novità.[6] Come non sono una novità i conflitti tra Corti costituzionali degli Stati membri e Corte di giustizia.[7]
A partire dalla decisione sulla legge di ratifica del Trattato di Maastricht, tuttavia, la Corte costituzionale tedesca ha sancito la possibilità di utilizzare il principio di democrazia enunciato all’articolo 38 del Grundgesetz come limite per così dire strutturale alla prevalenza del diritto dell’Unione europea sul diritto interno. Si tratta di un limite in effetti suscettibile non solo di impedire l’applicazione di singole norme di diritto dell’Unione in contrasto con princìpi fondamentali della Costituzione tedesca, bensì di intervenire sui meccanismi stessi di funzionamento dell’Unione, consentendo di sindacare il rispetto da parte delle istituzioni europee delle competenze loro attribuite dai Trattati.
Secondo il Bundesverfassungsgericht, l’articolo 38 della Legge Fondamentale tedesca, che dispone che i membri del Bundestag sono eletti a suffragio universale diretto, libero e segreto e sono i rappresentanti di tutto il popolo, non si limita ad attribuire ai cittadini tedeschi il diritto di eleggere i loro rappresentanti in Parlamento, bensì implica anche che essi, attraverso l’organo che li rappresenta, influenzino e controllino l’esercizio del potere politico. Tale disposizione, letta congiuntamente all’articolo 23 del Grundgesetz — la disposizione relativa alle limitazioni di sovranità a favore dell’Unione europea — comporta che siano contrari alla Costituzione tedesca tutti quei trasferimenti di competenze al livello sovranazionale che comportino una limitazione dei poteri fondamentali del Bundestag e al contempo sottraggano al controllo da parte di cittadini l’esercizio di tali poteri, circostanza che si verificherebbe, in particolare, qualora il Bundestag venisse privato dei suoi poteri in materia di bilancio, ovvero del diritto di decidere sugli oneri fiscali gravanti sui cittadini e sulle spese dello Stato. Si ricadrebbe infatti in queste ipotesi in una violazione dell’articolo 20 della Costituzione, che riconduce il potere statale al popolo, uno dei principi che l’articolo 79 del Grundgesetz considera immodificabili tramite revisione costituzionale.
Partendo dal presupposto che i trattati attuali configurano l’Unione come un’organizzazione fondata sulla cooperazione di Stati sovrani, che rimangono i padroni dei Trattati, e che dunque gli elettori tedeschi — attraverso la ratifica da parte dei loro rappresentanti nel Bundestag — abbiano accettato le limitazioni di sovranità necessarie unicamente alla creazione di un’organizzazione che non fosse in grado di autodeterminare autonomamente la propria condotta, la Corte considera quindi contrario al principio di democrazia qualsiasi tentativo da parte dell’Unione e delle sue istituzioni di affrancarsi da tale modello senza passare attraverso la procedura di revisione dei trattati, e dunque senza l’assenso dei Parlamenti nazionali. Da un lato, dunque, un passaggio di poteri sovrani dagli Stati membri all’Unione non potrebbe secondo la Corte avvenire in sordina, bensì richiederebbe una scelta consapevole da parte dei cittadini attraverso i loro rappresentanti. Se questa condizione non venisse rispettata, la Corte considererebbe qualsiasi atto delle istituzioni che valichi i limiti delle competenze loro attribuite come un atto ultra vires e dunque non applicabile nell’ordinamento tedesco. Dall’altro, un trasferimento di poteri sovrani alle istituzioni dell’Unione attraverso una decisione che coinvolga il Bundestag sarebbe conforme al principio di democrazia solo se la possibilità per i cittadini tedeschi di esercitare un’influenza e un controllo sul potere politico non venisse compressa, e dunque se tale influenza e controllo i cittadini tedeschi la potessero esercitare a livello sovranazionale tramite il Parlamento europeo.
La Corte costituzionale tedesca e le contraddizioni del processo di integrazione europea.
Il fatto che l’applicazione di tale principio al processo di integrazione europea abbia avuto inizio a partire dal Trattato di Maastricht non è casuale. È infatti a Maastricht che gli Stati membri, con la decisione di creare un’Unione economica e monetaria fondata su una moneta comune, ma su politiche economiche e fiscali gestite ancora a livello nazionale e semplicemente coordinate a livello europeo hanno dato vita a una contraddizione di fondo che negli anni si è manifestata con sempre maggiore forza.[8] La trasformazione dell’Unione europea da organizzazione con finalità prettamente economiche a organizzazione dotata, almeno per una parte dei suoi Stati membri, di una competenza tradizionalmente attributo della sovranità, quella monetaria, ha comportato in altre parole l’inadeguatezza di regole dettate per il funzionamento del mercato unico ad applicarsi a settori nei quali è richiesta una decisione politica. Questa contraddizione è strettamente legata ai rilievi che i giudici tedeschi muovono alla BCE e alla Corte di giustizia, e dunque al contenuto del conflitto tra Corte tedesca e istituzioni dell’Unione.
Il ragionamento dei giudici costituzionali, in particolare, si fonda su una presunta violazione da parte della Banca centrale europea e della Corte di giustizia del principio di proporzionalità, cioè del principio, sancito all’articolo 5 TUE, secondo il quale il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei Trattati.
Secondo il Bundesverfassungsgericht, contrariamente a quanto era stato stabilito dalla Corte di giustizia nella sentenza Weiss,[9] con l’adozione del PSPP la BCE sarebbe andata al di là di quanto necessario per assicurare l’obiettivo di politica monetaria di mantenere la stabilità dei prezzi e di sostenere le politiche economiche generali dell’Unione, e così facendo, avrebbe sconfinato nel settore della politica economica, di competenza degli Stati membri. La Corte di giustizia avrebbe poi, a sua volta, violato il principio di proporzionalità argomentando in modo incompleto e poco analitico in merito agli strumenti utilizzati dalla BCE e alla loro proporzionalità rispetto agli obiettivi perseguiti, in tal modo offuscando la distinzione tra politica monetaria e politica economica e dunque incidendo sulla ripartizione di competenze tra Unione e Stati membri. Essendo gli atti di entrambe le istituzioni qualificabili per quanto sopra detto come atti ultra vires, essi non produrrebbero effetti nell’ordinamento tedesco.
Va detto che il Bundesverfassungsgericht circonda la sua affermazione di molte cautele, sottolineando come ipotesi di questo genere si debbano verificare solo in casi eccezionali, dal momento che se gli Stati membri, attraverso i loro organi giurisdizionali, si arrogassero il potere di non applicare atti delle istituzioni che ritengono illegittimi, l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione sarebbe minata alle sue fondamenta e il principio della prevalenza sul diritto interno vanificato. Alla Corte di giustizia non viene contestato tuttavia il fatto di aver affermato un principio sostanziale contrastante con i principi fondamentali di un ordinamento, quanto di aver violato i limiti del proprio mandato limitandosi a un controllo sull’operato della BCE ritenuto dal Bundesverfassungsgericht non soddisfacente. Senza soffermarsi sui profili problematici di una simile applicazione del principio di proporzionalità[10] va detto che questa affermazione è pericolosa, dal momento che si concreta in una possibilità di sindacare il comportamento della Corte non in ipotesi nelle quali essa non fornisca una motivazione della propria decisione, bensì quando essa fornisca una motivazione basata su valutazioni non condivise dai giudici costituzionali.[11]
Ma soprattutto, la possibilità che l’azione della BCE assottigli il confine tra politica monetaria e politica economica e fiscale è in qualche modo insita nei caratteri attuali dell’Unione economica e monetaria,[12] che hanno di fatto portato la BCE ad estendere la propria missione dalla garanzia del mantenimento della stabilità dei prezzi al salvataggio della moneta unica. La decisione di trasferire al livello sovranazionale solo la politica monetaria lasciando nelle mani degli Stati membri la gestione della politica economica e fiscale, solo coordinate a livello europeo, ha in effetti portato a un aumento delle disparità tra Stati membri che, se spinte oltre a un certo limite, divengono incompatibili con l’esistenza di una moneta unica. In assenza di una politica economica e fiscale europea, e dunque di un bilancio di dimensioni adeguate e non dipendente dagli Stati membri, in grado di intervenire con strumenti di solidarietà per sanare gli squilibri tra gli Stati, è stata la BCE a doversi fare carico del salvataggio della moneta, attraverso i programmi di acquisti di titoli annunciati negli ultimi anni. Si tratta di misure che inevitabilmente producono anche effetti redistributivi,[13] perché in qualche misura sono costrette a sostituirsi a un potere politico europeo che non esiste, ma che tuttavia hanno svolto e stanno svolgendo anche in occasione dell’attuale crisi sanitaria un ruolo indispensabile. La BCE non poteva dunque non adottarle e la Corte di giustizia non giustificarne il fondamento.
La sentenza nel caso Weiss sembra dunque porre la BCE di fronte a un dilemma insolubile: costretta dagli Stati, che di fatto, con la loro inerzia, le hanno delegato tale ruolo, ad assumere funzioni che sarebbero proprie di organi legittimati democraticamente (l’assunzione di decisioni di carattere fiscale), essa si vede rinfacciare dalla Corte costituzionale di uno di essi il fatto di non avere legittimazione democratica e dunque di non poter assumere un ruolo che non le spetta.[14]
Le prospettive future.
La questione è di grande attualità, se pensiamo alle vicende che l’Europa sta vivendo in questi mesi. Anche in occasione della crisi da COVID-19 la BCE è stata la prima istituzione in grado di adottare in tempi brevi le misure necessarie per evitare un collasso dell’eurozona, varando un piano di acquisto di titoli di 750 miliardi di euro, il Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP), con la possibilità di concentrare detti acquisti su Stati in particolari condizioni di difficoltà. Nonostante il Bundesverfassungsgericht abbia chiarito che la pronuncia nel caso Weiss non riguarda dette misure,[15] il rischio che esse implichino effetti redistributivi giudicati come eccessivi e che dunque si traducano in misure di politica economica potrà essere scongiurato solo se saranno affiancate da uno strumento in grado di intervenire con ingenti risorse con le quali garantire l’emissione di titoli di debito europei in grado di sostenere l’economia, soprattutto degli Stati con maggiore difficoltà a finanziarsi sul mercato. È questo il ruolo che spetterebbe al futuro Recovery Fund sulle cui modalità di funzionamento e finanziamento il Consiglio europeo ha incaricato la Commissione di elaborare una proposta. L’entità di tale fondo, come messo in luce dal Parlamento europeo nella Risoluzione del 15 maggio 2020,[16] è strettamente legata agli esiti delle discussioni sul Quadro finanziario pluriennale e sulle risorse proprie, dal momento che richiederebbe un incremento delle stesse per poter garantire un’emissione di titoli adeguata.
È proprio su questa questione, tuttavia, che emerge il legame tra fiscalità e democrazia messo in luce dalla Corte costituzionale tedesca nella sentenza in commento.[17] Secondo i giudici costituzionali tedeschi, in effetti, il potere di decidere sugli oneri fiscali che incombono sui cittadini e sulle spese dello Stato costituisce una delle prerogative essenziali del Bundestag. L’attribuzione parziale di tale potere anche al livello sovranazionale potrà dunque essere compatibile con il principio di democrazia solo se assicurerà un pieno controllo dell’esercizio di tale potere all’organo che a tale livello rappresenta i cittadini, il Parlamento europeo.
La possibilità di affrancare l’azione delle istituzioni dai paletti posti dal Bundesverfassungsgericht, e di dar vita a forme di condivisione del rischio realmente europee, dipende dunque dall’attribuzione all’Unione della competenza a decidere autonomamente dagli Stati membri sulle proprie entrate e sulle proprie spese. Questo comporta non solo che il bilancio dell’Unione venga finanziato da risorse proprie[18] e non da contributi degli Stati membri (che oggi coprono all’incirca il 70% delle entrate), ma anche che la determinazione dell’entità delle risorse e della loro tipologia non dipenda più da una decisione all’unanimità del Consiglio, approvata dagli Stati secondo le rispettive norme costituzionali, come disposto dall’art. 311 TFUE, bensì da una procedura che comporti il pieno coinvolgimento del Parlamento europeo. In altre parole, che parte del potere decisionale in materia tributaria e di bilancio sia trasferito a istituzioni europee realmente democratiche.[19]
In questo senso, la sentenza nel caso Weiss fornisce delle indicazioni per il futuro.
Gli atti ultra vires delle istituzioni, infatti, possono secondo il Bundesverfassungsgericht essere legittimati ex post attraverso una revisione dei trattati con la procedura prevista dall’articolo 48 TUE. La Corte sembra dunque suggerire la possibilità di un suo atteggiamento più conciliante nei confronti delle misure adottate e in via di adozione per far fronte alle conseguenze economiche della crisi provocata dal COVID-19 se queste saranno inserite in una prospettiva di revisione a breve dei Trattati che consenta all’Unione europea di dotarsi di un primo nucleo di competenza fiscale in grado di sottrarre il finanziamento dell’Unione dalla volontà degli Stati membri e dunque di garantire un’emissione di debito realmente comune.
Se la sentenza della Corte costituzionale tedesca porterà finalmente alla consapevolezza dell’esigenza di completare l’Unione economica e monetaria e ad adottare soluzioni di rottura rispetto agli equilibri esistenti, lo shock da essa provocato sarà stato dunque positivo.
________________________________________
[1] Si tratta di uno dei quattro programmi, quello indirizzato all’acquisto dei titoli di debito pubblico, che costituiscono il cosiddetto Quantitative Easing.
[2] ECB takes note of German Federal Constitutional Court ruling and remains fully committed to its mandate, European Central Bank Press Release, 5 May 2020.
[3] Court of Justice of the European Union, Press Release No 58/20 following the judgment of the German Constitutional Court of 5 May 2020, 8 May 2020.
[4] Risposta di Ursula von der Leyen a Sven Giegold, consultabile all’indirizzo: https://twitter.com/sven_giegold/status ... gFv3_aRyC0.
[5] Sul punto v. R. Müller, Was gesagt werden muss, muss gesagt werden, Frankfurter Allgemeine Zeitung, 8 maggio 2020, consultabile all’indirizzo: https://www.faz.net/einspruch/kritik-an ... 60755.html.
[6] Nel 1973, con la sentenza Frontini (sentenza 183 del 1973), seguita l’anno successivo da una sentenza della Corte costituzionale tedesca di tenore simile (la sentenza Solange I del 29 maggio 1974), la Corte costituzionale italiana sottolineava che nell’ipotesi in cui una norma di diritto comunitario avesse violato i diritti fondamentali garantiti dall’ordinamento costituzionale italiano o i diritti inalienabili della persona umana, essa avrebbe dichiarato costituzionalmente illegittima la legge di esecuzione del Trattato di Roma e dunque provocato l’uscita dell’Italia dalla Comunità Economica Europea. Si tratta della cosiddetta teoria dei “controlimiti”, ribadita dalla stessa Corte, benché in forma più attenuata, nella giurisprudenza successiva.
[7] Recentemente uno scontro tra Corte costituzionale italiana e Corte di giustizia relativamente all’interpretazione dell’articolo 325 TFUE e alla sua compatibilità con il principio di determinatezza della norma penale è stato evitato solo grazie a un chiarimento da parte della Corte di giustizia sui limiti del principio da essa affermato. Richiesta infatti da parte della Corte costituzionale di chiarire se, contrariamente a quanto la stessa Corte di giustizia aveva affermato nella sentenza Taricco I (sentenza 8 settembre 2015, causa C-105/14), i giudici italiani potessero far prevalere il principio costituzionale di legalità sull’articolo 325 TFUE e dunque non disapplicare la normativa italiana in materia di prescrizione, la Corte di giustizia (sentenza 5 dicembre 2017, causa C-42/17, Taricco II) ammette che, nonostante in linea di principio una norma interna in contrasto con una norma di diritto dell’Unione europea vada disapplicata, tale disapplicazione non debba avere luogo se essa comporti “una violazione del principio di legalità dei reati e delle pene” garantito dalla Costituzione italiana. Quanto alla Corte costituzionale tedesca, la possibilità di discostarsi dalla giurisprudenza della Corte di giustizia era già stata paventata nella vicenda dell’ordinanza con la quale chiedeva alla Corte di giustizia di pronunciarsi sul programma OMT.
[8] Sull’errore di fondo di ritenere possibile la creazione della prima moneta moderna senza Stato v. M. Dani, J. Mendes, A. J. Menendez, M. Wulkinson, H. Schepel, E. Chiti, At the End of the Law, Verfassungsblog, consultabile all’indirizzo https://verfassungsblog.de/at-the-end-of-the-law/.
[9] Corte di giustizia, sentenza 11 dicembre 2018, causa C- 493/17, Weiss et al..
[10] Sul punto v. F. Martucci, La BCE et la Cour constitutionnelle allemande: souligner les paradoxes de l’arrêt du 5 mai de la Cour constitutionnelle allemande, Le club des juristes, consultabile all’indirizzo: https://www.leclubdesjuristes.com/blog- ... llemande/; P. Meier-Beck, Ultra Vires?, in D’Kart, Antitrust Blog, consultabile all’indirizzo: https://www.d-kart.de/en/blog/2020/05/1 ... JR-ad0ne4; J. Ziller, L’insoutenable pesanteur du juge constitutionnel allemand. A propos de l’arrêt de la deuxième Chambre de la Cour constitutionnelle fédérale allemande du 5 mai 2020 concernant le programme PSPP de la Banque Centrale Européenne, Eurojus 2/2020, pp. 151 ss., spec. pp. 155 ss..
[11] Sul punto v. M. Poiares Maduro, Some Preliminary remarks on the PSPP decision of the German Constitutional Court, Verfassungsblog, consultabile all’indirizzo: https://verfassungsblog.de/some-prelimi ... nal-court/.
[12] In questo senso v. P. De Sena, S. D’Acunto, La Corte di Karlsruhe, il mito della “neutralità” della politica monetaria e i nodi del processo di integrazione europea, SIDIblog, consultabile all’indirizzo: http://www.sidiblog.org/2020/05/14/la-c ... e-europea/.
[13] Come nota H-H. Kotz, Did Germany’s Constitutional Court Inadvertently Strengthen the Eurozone?, Project Syndicate, 11 may 2020, consultabile all’indirizzo: https://www.project-syndicate.org/comme ... tdiPoFBz0c, “even in calm economic conditions, monetary and fiscal policy cannot be neatly distinguished and cleanly separated. Both afflict the economy through a ‘common funnel’ as the Nobel laureate economist James Tobin never tired of explaining. In a time of crisis, the supposedly clear-cut boundary inevitably becomes indistinct”; P. De Sena, S. D’Acunto, La Corte di Karlsruhe…,op. cit..
[14] Come nota J. Pisani-Ferry, The message in the ruling, Blog Bruegel, consultabile all’indirizzo https://www.bruegel.org/2020/05/the-mes ... he-ruling/, “what the German judges are telling European leaders in their lopsided way is that decisions for which they ought to take ownership should not be delegated to an unelected body.”
[15] Bundesverfassungsgericht, Press Release No. 32/2020 of 05 May 2020, ECB decisions on the Public Sector Purchase Programme exceed Eu competences.
[16] New MFF, own resources and Recovery plan, European Parliament resolution of 15 May 2020 on the new multiannual financial framework, own resources and the recovery plan, (2020/2631 (RSP)), https://www.europarl.europa.eu/doceo/do ... 24_EN.html.
[17] In questo senso v. M. Poiares Maduro, Some Preliminary Remarks…, op. cit., secondo il quale la sentenza “may be the final wake up call for the importance to deal with risk sharing through genuine own resources”.
[18] Sul punto v. S. Cafaro, Quale Quantitative Easing e quale Unione europea dopo la sentenza del 5 maggio?, SIDIBlog, consultabile all’indirizzo http://www.sidiblog.org/2020/05/08/qual ... 5-maggio/; M. Poiares Maduro, Some Preliminary Remarks…, op. cit..
[19] Vanistandael et al., Op-Ed: European Solidarity Requires EU Taxes, EU Law Live, consultabile all’indirizzo https://eulawlive.com/op-ed-european-so ... -eu-taxes/. In questo senso v. anche M. Avbelj, The Right Question about the FCC Ultra Vires Decision, Verfassungsblog, consultabile all’indirizzo https://verfassungsblog.de/the-right-qu ... -decision/, secondo il quale “if the EU fiscal union existed and if it was based on a meaningful EU budget, legitimated by a vibrant EU democracy, there would be no, or much less, need for ECB venturing with its monetary mechanisms into fiscal and hence democratic domains, for which it is neither competent nor accountable”; M . Dani, J. Mendes, A. J. Menendez, M. Wulkinson, H. Schepel, E. Chiti, At the End …, op. cit..
No al primato UE, quando il diritto UE viola i diritti umani, naturali, civili e politici dei cittadini europei dei vari stati che formano la UE, specialmente quelli nazionali dei cittadini nativi o indigeni o autoctoni, siano questi sanciti espressamente dalle costituzioni e dagli ordinamenti giuridici dei loro stati che no.
Primato del diritto dell’UE
https://eur-lex.europa.eu/legal-content ... aw&from=EN
Il principio del primato (chiamato anche «preminenza») del diritto dell’UE si basa sull’idea che ove insorga un conflitto tra un aspetto del diritto dell’UE e un aspetto della legge di uno Stato membro (diritto nazionale), il diritto dell’UE prevale. Se così non fosse, gli Stati membri potrebbero semplicemente consentire al loro diritto nazionale di avere la precedenza sul diritto primario o derivato dell’UE, e il perseguimento delle politiche dell’Unione diverrebbe impraticabile.
Il principio del primato del diritto dell’UE si è sviluppato nel tempo mediante la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea. Non è sancito dai trattati dell’Unione, sebbene al riguardo vi sia una breve dichiarazione allegata al trattato di Lisbona.
Nella sentenza Van Gend en Loos contro Nederlandse Administratie der Belastingen (causa 26/62), la Corte ha dichiarato che le leggi adottate dalle istituzioni europee devono essere integrate nei sistemi giuridici degli Stati membri, che sono tenuti a rispettarle. Quindi, il diritto dell’UE ha il primato sulle leggi nazionali.
Ulteriori esempi di casi in cui la Corte ha affermato il primato del diritto europeo includono:
Costa contro ENEL (causa 6/64)
Internationale Handelsgesellschaft mbH contro Einfuhr- und Vorratsstelle fur Getreide und Futtermittel (causa 11/70)
Amministrazione delle Finanze dello Stato contro Simmenthal SpA (causa 106/77)
Marleasing SA contro La Comercial Internacional de Alimentacion SA (causa C-106/89)
In questi casi, la Corte ha chiarito che il primato del diritto dell’UE deve essere applicato a tutti gli atti nazionali, indipendentemente dal fatto che siano stati adottati prima o dopo l’atto dell’UE in questione. Con il diritto dell’Unione che prevale sul diritto nazionale, il principio del primato è volto quindi a garantire che i cittadini siano tutelati uniformemente dal diritto dell’UE in tutti i territori dell’Unione.
Si noti che il primato del diritto dell’UE si applica solo laddove i paesi dell’Unione hanno ceduto la sovranità all’Unione, in settori quali il mercato unico, l’ambiente, i trasporti ecc. Non si applica invece in settori quali la politica sociale e la fiscalità.
Tuttavia, il primato del diritto dell’UE non è considerato assoluto. Ad esempio, se i regolamenti dell’Unione prevalgono sul diritto nazionale perché hanno un effetto diretto, le direttive non prevalgono, a meno che non siano state incorporate nella legislazione nazionale e siano applicabili.