Il nuovo governo nazionale italiano ha giurato

Re: Il nuovo governo nazionale italiano ha giurato

Messaggioda Berto » gio nov 03, 2022 6:46 pm

22)
L'Europa auspicata dalla Meloni, dal centro destra e da me



Governo, Meloni: 'Mia idea di Unione europea è Europa confederale'
Sky TG24
2 novembre 2022

https://tg24.sky.it/politica/2022/11/02 ... e-europea-

"Non faccia Bruxelles quello che può fare meglio Roma, non agisca Roma lì dove, da soli, non si è competitivi" lo dice il presidente del Consiglio nell'ultimo libro di Bruno Vespa. Quanto alla politica estera europea, secondo il neo premier "non esiste"

Il presidente Giorgia Meloni sogna un'Europa confederale in cui vige il principio di sussidiarietà e accusa l’attuale Ue di essere stata “invasiva nelle piccole cose e assente nelle grandi cose”. Poi continua: “Non faccia Bruxelles quello che può fare meglio Roma, non agisca Roma li' dove, da soli, non si è competitivi". Lo dichiara la neo premier italiana a Bruno Vespa nel libro “La grande tempesta. Mussolini, la guerra civile. Putin, il ricatto energetico. La Nazione di Giorgia Meloni” in uscita il 4 novembre.

Meloni: “Definirsi atlantisti ma non europeisti è una idiozia”

"Definirci atlantisti ma non europeisti mi pare francamente un'idiozia. Oggi tutto è estremamente ideologico” dichiara Giorgia Meloni nel libro di Bruno Vespa. “Passa la vulgata che sei europeista se sei federalista. Il federalismo europeo accentra, mentre il federalismo nazionale decentra. Che senso ha?” prosegue la presidente. “Vogliamo dire che il Superstato europeo non ha funzionato? In Europa, gran parte del potere decisionale è in mano alla Commissione, che viene indicata dai governi, ma nel nostro ordinamento la sovranità è del popolo che la esercita attraverso il Parlamento. C'è qualcosa che non funziona, soprattutto in una Repubblica parlamentare come la nostra".


Meloni: “Non esiste una politica estera europea”
Spread da record, gli esperti: "Attenzione a instabilità politica"

La presidente del Consiglio si dice delusa dagli squilibri della filosofia comunitaria. "Una politica estera europea non esiste: sulla Libia siamo andati in ordine sparso e la stessa cosa è accaduta sulla crisi ucraina. Poi, invece, vediamo che l'Europa deve occuparsi di gender..." Vespa chiede a Giorgia Meloni: in caso di contrasto, prevale il diritto nazionale o il diritto europeo? "La Corte costituzionale tedesca ha fatto prevalere nei casi più delicati l'interesse nazionale" risponde Giorgia Meloni "e quindi, a volte, il diritto interno. Il tema si pone a maggior ragione in Italia dove, al contrario di altri paesi in cui sono i governi a decidere, c'è una democrazia parlamentare".



Dall'idea di Europa alla politica sull'immigrazione: ecco il piano Meloni
Vittorio Di Mambro Rossetti
2 novembre 2022

https://www.dire.it/02-11-2022/823063-d ... no-meloni/

ROMA – “La mia idea di Europa è quella di un’Europa confederale in cui viga il principio di sussidiarietà. Non faccia Bruxelles quello che può fare meglio Roma, non agisca Roma lì dove, da soli, non si è competitivi”. Lo dice il presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Bruno Vespa nel libro ‘La grande tempesta. Mussolini, la guerra civile. Putin, il ricatto energetico. La Nazione di Giorgia Meloni’, in uscita il 4 novembre da Mondadori Rai Libri. “Abbiamo avuto un’Europa invasiva nelle piccole cose e assente nelle grandi materie. Non converrebbe lasciare agli Stati nazionali il dibattito sul diametro delle vongole e occuparsi invece a livello comunitario dell’approvvigionamento energetico? Definirci atlantisti, ma non europeisti mi pare francamente un’idiozia. Oggi tutto è estremamente ideologico. – dice Meloni nel libro di Vespa – . Passa la vulgata che sei europeista se sei federalista. Il federalismo europeo accentra, mentre il federalismo nazionale decentra. Che senso ha? Vogliamo dire che il Superstato europeo non ha funzionato? In Europa, gran parte del potere decisionale è in mano alla Commissione, che viene indicata dai governi, ma nel nostro ordinamento la sovranità è del popolo che la esercita attraverso il Parlamento. C’è qualcosa che non funziona, soprattutto in una Repubblica parlamentare come la nostra”.

DIGITALE, MELONI: UE SI MUOVE SU CHIP, E A NOI DICEVANO ‘AUTARCHICI’

Il presidente del Consiglio fa l’esempio della pandemia. “Quando è arrivato il Covid, ci siamo accorti di aver consegnato alla Cina la produzione dei microchip. La Cina ha ovviamente deciso di privilegiare il mercato interno e noi siamo rimasti all’asciutto. È allora che la Commissione ha capito che c’era un problema e ha stanziato 50 miliardi di euro per favorire la produzione dei microchip europei. Ma quando noi ponevamo il problema del controllo delle catene di approvvigionamento fondamentali, ci dicevano che eravamo autarchici”.

MELONI: NON ESISTE POLITICA ESTERA EUROPEA, MA UE SI OCCUPA DI GENDER

Il presidente del Consiglio si dice deluso dagli squilibri della filosofia comunitaria. “Una politica estera europea non esiste: sulla Libia siamo andati in ordine sparso e la stessa cosa è accaduta sulla crisi ucraina. Poi, invece, vediamo che l’Europa deve occuparsi di gender…”.

MIGRANTI. MELONI: È CAMBIATO L’APPROCCIO STRATEGICO

Mi pare che la politica sull’immigrazione sia cambiata fin dai primi giorni di governo, dice Vespa alla Meloni. “È cambiato innanzitutto l’approccio strategico”, risponde il presidente del Consiglio. “L’immigrazione, prima di essere un problema di politica interna e di ordine pubblico, è un problema di politica estera e di geopolitica. L’unico modo per risolverlo è far parlare l’Africa con l’Europa. Per questo ho lanciato il progetto di un piano Mattei, rifacendomi al grande stratega fondatore dell’Eni che riscattò i paesi produttori di petrolio dal colonialismo delle grandi compagnie americane. E il ripristino dell’operazione Sophia, nata nel 2015, che nella terza fase, mai attuata, prevedeva di estirpare alla radice il sistema organizzativo del contrabbando di esseri umani, cioè quello che noi abbiamo sempre definito ‘blocco navale'”. Già, ma intanto – ricorda Vespa nel libro – l’autunno del 2022 ha visto le partenze da Libia e Tunisia riprendere in grande stile, con un aumento del 50 per cento rispetto al 2021. “Qui dobbiamo ricordare che cos’è il diritto del mare, tante volte invocato a sproposito. Se tu incontri per caso in mare una barca in difficoltà, sei tenuto a salvare chi è a bordo. Ma se fai la spola tra le coste africane e l’Italia per traghettare migranti, violi apertamente il diritto del mare e la legislazione internazionale. Se poi una nave Ong batte bandiera, poniamo, tedesca, i casi sono due: o la Germania la riconosce e se ne fa carico o quella diventa una nave pirata”.

GOVERNO. MELONI: ROMPERE SCHEMI, NON STO QUI PER SOPRAVVIVERE

Nel libro Vespa chiede a Giorgia Meloni perché lei dovrebbe riuscire dove i diciassette governi precedenti hanno fallito, in fatto di crescita del prodotto interno lordo. “L’unico vero vantaggio che ho rispetto agli altri” risponde “è che non lavorerò per restare in questo posto. Non sto qui per sopravvivere guardando i sondaggi. Tra cinque anni io non voglio essere rieletta a ogni costo. Se non hai niente da perdere, puoi tirare di più la corda. Per fare le cose devi rompere gli schemi; se vivi nel terrore di non essere rieletta, sei destinata a non combinare niente”.

SPIAGGE. MELONI: NOI DOBBIAMO FARE ASTE MENTRE ALTRI PAESI PROROGANO CONCESSIONI

Poi Vespa chiede a Meloni: “In caso di contrasto prevale il diritto nazionale o il diritto europeo?”. “La Corte costituzionale tedesca ha fatto prevalere nei casi più delicati l’interesse nazionale”, è la risposta “e quindi, a volte, il diritto interno. Il tema si pone a maggior ragione in Italia dove, al contrario di altri paesi in cui sono i governi a decidere, c’è una democrazia parlamentare”. Il presidente del Consiglio cita l’articolo 11 della Costituzione, che consente, “in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni”. E aggiunge: “Prendiamo la legge Bolkestein sulla concorrenza, in questo caso sulle licenze per le spiagge. Vogliono costringere noi a fare le aste per le assegnazioni nel 2023, mentre altri paesi hanno prorogato le concessioni. Per me questa disparità è incostituzionale”.

MELONI: SINDACI? BISOGNA METTERE MANO A NORME SU ABUSO D’UFFICIO

Abbiamo migliaia di sindaci sotto processo per abusi d’ufficio che, nel 90 per cento dei casi, portano all’archiviazione o all’assoluzione – ricorda Vespa – Migliaia di alti burocrati che non firmano nel timore di finire sotto processo. Come se ne esce? “Bisogna mettere mano alle norme sull’abuso d’ufficio“, risponde
Giorgia Meloni.

RDC. MELONI: SUSSIDIO A CHI REALMENTE NON HA POSSIBILITÀ LAVORARE

Lei – dice Vespa al presidente del Consiglio – ha perso voti al Sud da gente terrorizzata di perdere il reddito di cittadinanza, come intende riformarlo? “Garantendo un dignitoso sussidio a chi realmente non ha la possibilità di lavorare e, in alcuni casi, migliorandolo (si pensi agli invalidi). Per gli altri intendiamo attingere al fondo sociale europeo per avviare al lavoro chi può attraverso corsi di formazione retribuita”, risponde Giorgia Meloni.


ABORTO. MELONI: RIVEDERE LEGGE 194? NO, LA VOGLIO APPLICARE

Dove nasce la storia che lei vorrebbe mettere mano ai diritti, a cominciare dalla riforma delle legge 194 sulla maternità e l’interruzione di gravidanza?, chiede Vespa a Giorgia Meloni. “È un’invenzione assoluta”, precisa. “In tutta la mia vita non ho mai detto che avrei messo mano a questa legge. Ho ritrovato un’intervista di una ventina d’anni fa. Mi si chiedeva: lei è favorevole a rivedere la 194? La risposta fu ed è: no. La voglio applicare. Cioè la stessa risposta che do ancora oggi”. Posso chiederle qual è la cosa alla quale tiene di più in questa avventura?, domanda il giornalista. “Uscirne a testa alta“.



Europa e i diritti negati e calpestati dei cittadini nativi europei
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... =92&t=2682
No all'Europa che viola i Diritti Umani degli indigeni e dei popoli europei e che sostiene la Spagna che tortura i catalani e che sostiene i nazisti maomettani che perseguitano e sterminano i cristiani e gli europei.
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 7003387674

Sì all'Europa confederale o federale, democratica e liberale un pò come gli USA e la Svizzera, rispettosa della libertà della sovranità e delle identità degli stati e dei cantoni o land o regioni, delle comunità etniche e dei popoli europei.
No all'Europa politicamente corretta, social demo comunista, atea anticristiana e antisemita, filo nazi maomettana, centralista e totalitaria come l'URSS (e la Federazione russa di Putin) che viola la libertà e la sovranità degli stati e delle loro comunità native, che viola i diritti umani, naturali, civili e politici dei cittadini europei, in particolare delle maggioranze native e indigene.
No all'Europa Unita che promuove i demenziali suprematismi razzisti antibianchi e anticristiani, quello nero dei BLM con la sua demenziale Teoria Critica della Razza, quello LGBT e del gender che manipola i bambini e disarticola la famiglia, quello assassino dei nazi maomettani e quello dei nomadi parassiti e predatori.


Il conflitto irrisolto tra Costituzione tedesca e diritto europeo
Redazione Agi.it
6 maggio 2020

https://www.agi.it/estero/news/2020-05- ... a-8529243/

La Commissione Europea ha ribadito il primato delle decisioni comunitarie di fronte al pronunciamento della Corte Costituzionale tedesca, che, in mancanza di chiarimenti entro tre mesi, intimera' alla Bundesbank di vendere i titoli acquistati nell'ambito del programma di 'quantitative easing' della Bce. Un'operazione che potrebbe potenzialmente significare la fine dell'euro ma alla quale, ha fatto sapere lo stesso ministro delle Finanze di Berlino, Olaf Scholz, la banca centrale tedesca si atterrà. Sta in questo conflitto irrisolto la radice di molte tra le questioni aperte che impediscono all'Unione Europea di diventare una vera unione politica.

La primazia del diritto Ue sulla legge fondamentale tedesca rivendicata da Bruxelles è infatti solo teorica, in particolare sulle questioni finanziarie. I giudici di Karlsruhe hanno affermato più volte che il diritto europeo prevale sì su quello nazionale ma solo a patto di non incidere sull'"identità costituzionale" tedesca. E solo a loro spetta stabilire quali siano le materie che rientrano nella casistica. Tra queste è stato inserito il bilancio.

"Le decisioni sulle entrate e le spese pubbliche - ha stabilito la Corte nel settembre 2012, il mese in cui fu istituito il Mes - sono una parte fondamentale della capacità di uno stato costituzionale di dare forma a se stesso in maniera democratica". Una precedente sentenza aveva negato alla Germania la possibilità di assumere decisioni permanenti che implichino l'assunzione di responsabilità per le decisioni altri Stati membri, un altro pronunciamento che può avere implicazioni fortissime sulla politica di bilancio europea, a partire dal no agli Eurobond, la cui inattuabilità è stata quindi sancita diversi anni fa.

L'indipendenza della Bce sarebbe dunque tale solo se le sue azioni venissero considerate scollegate dal bilancio tedesco, cosa che Karlsruhe non appare ritenere: se ricorsi in tale materia sono stati accolti più volte, la Corte la ritiene evidentemente di sua competenza. Non finisce qui.

La Corte Costituzionale tedesca si riserva di stabilire se gli atti dell'Unione Europea siano o meno "ultra vires", ovvero vadano oltre le competenze conferitele. Paletti che, in assenza di una disciplina specifica, aprono numerose incognite (è ad esempio considerabile "ultra vires" dalla Consulta tedesca un programma di assistenza economica che non abbia limiti prestabiliti).

In una relazione consultabile sul sito della Cassazione, Michael Stuerner, docente di Diritto Privato Internazionale presso l'università di Karlsruhe e giudice dell'Alta Corte del Baden Wuerttemberg, chiarisce che "come stabilito dalla decisione 'Solange I' del 1974, finché la comunità europea non sia tanto avanzata nell'integrazione da disporre di una carta dei diritti fondamentali equipollente alla costituzione tedesca, la BVerfG (la Consulta tedesca, ndr) è legittimata a controllare gli atti comunitari nel rispetto dei principi e delle direttive presenti nella costituzione tedesca".

Tradotto: finché non ci sarà una Costituzione europea, spetterà ai giudici di Karlsruhe, e solo a loro, stabilire quali atti comunitari siano compatibili con la sovranità del popolo tedesco e con i suoi diritti fondamentali, diritti tra i quali la gestione autonoma delle proprie finanze è tra i più sacri.


Cosa significa la sentenza della Corte costituzionale tedesca per il futuro dell'Europa
Albachiara Re
6 maggio 2022

https://www.wired.it/attualita/politica ... tuzionale/

La Corte costituzionale tedesca il 5 maggio si è espressa sulla legittimità per la Germania di aver partecipato al programma di Quantitative Easing (Qe) messo in atto dalla Banca Centrale Europea (Bce) a partire dal 2015.La decisione della Corte di Karlsruhe, attesa per mesi dalle istituzioni dell'Unione Europea, stabilisce che seppure il programma di acquisto di titoli di stati promosso dalla Bce non contrasta in principio con la costituzione tedesca, deve essere chiarito: i giudici hanno chiesto a Francoforte di fornire, entro tre mesi, “in una maniera comprensibile e con argomentazioni” gli obiettivi di questo tipo di politica monetaria, dimostrandone gli effetti economici e chiarendo se è stata una misura proporzionale alla situazione economica in cui versavano gli stati della zona euro in quel periodo.

In gioco c'è la tenuta della zona euro: nel caso la Bce fornisse spiegazioni che i togati tedeschi giudicano non valide, la Germania potrebbe defilarsi dagli stimoli monetari già proposti dalla Bce per far fronte al coronavirus: questo potrebbe avere effetti sulla possibilità di appoggiare misure di sostegno economico agli stati più colpiti dall'emergenza Covid-19 – a partire dal recovery fund – su cui si sta discutendo in queste ultime settimane.

Il significato della sentenza

La sentenza emessa dalla Corte Costituzionale mette in luce alcune controversie tra diritto europeo e quello dei singoli stati. Il primo prevale sempre sul secondo, stando ai trattati costitutivi dell'Ue, ma la decisione dei giudici tedeschi sostiene che questo sia vero solo fino a quando non intacca l'identità costituzionale dello stato membro. Infatti, stando alla sentenza della Corte di Karlsruhe, tutto quello che concerne la politica monetaria e il bilancio finanziario di una nazione permette a uno stato costituzionale di essere pienamente democratico. Quindi, in buona sostanza, nel caso in cui i programmi europei di natura economica e fiscale intacchino pesantemente il bilancio dello stato, in totale autonomia la Germania può decidere di non parteciparvi. Ovviamente, questo contrasta con il principio di comunità che ha animato la fondazione dell'Unione Europea.

Questa sentenza crea un precedente che potrebbe avere conseguenze sugli sforzi messi in atto dalle istituzioni europee per approvare un programma d'aiuti per gli stati colpiti dal coronavirus, si diceva. A pensarla così è l'ex vicepresidente della Bce, Vitor Constâncio, che su Twitter ha parlato di “grande rischio” che potrebbe dare la stura a nuovi ricorsi giudiziari (d'altronde la Polonia, per bocca del suo viceministro alla Giustizia, ha già fatto sapere che “la Germania difende la propria sovranità: l'Unione Europea fa solo ciò che le permettiamo noi stati membri”).

This is the big risk. New court cases will come immediately in Germany against PEPP. The Court insists in the ridiculous distinction between monetary policy and economic policy and wants proportionality in its effects. Can a German economist explain what this means? https://t.co/2J5kdGX8Y6

— Vitor Constâncio (@VMRConstancio) May 5, 2020

Il Financial Times, in un editoriale firmato dal board del giornale, ha definito la decisione dei giudici tedeschi “una sentenza errata”, spiegando anche che “getta luce su una delle principali vulnerabilità dell'eurozona: cioè che la Bce ha dato prova di essere l'unica istituzione europea in grado di agire rapidamente e in modo risoluto per proteggere l'unione monetaria europea”.

Più cauti e sicuramente più ottimisti sono stati il Commissario agli Affari Economici dell'Ue, Paolo Gentiloni, e il ministro dell'Economia, **Roberto Gualtieri **che hanno sottolineato come questa rappresenti una “decisione indipendente” e che – secondo loro – non avrà alcun effetto sui programmi in corso.




Il monito della Corte costituzionale tedesca sul futuro del processo di integrazione europea
Giulia Rossolillo

https://www.thefederalist.eu/site/index ... ne-europea

Anno LXII, 2020, Numero 1-2, Pagina 9
Il monito della Corte costituzionale tedesca sul futuro del processo di
integrazione europea*
GIULIA ROSSOLILLO
Introduzione.
La sentenza della Corte costituzionale tedesca dello scorso 5 maggio sul Public Sector Purchase Programme (PSPP)[1] ha sollevato reazioni estremamente negative da parte di molti commentatori, che ne hanno messo in luce i potenziali effetti devastanti sul processo di integrazione europea e sulle misure in discussione in questi mesi per far fronte alle conseguenze economiche della crisi sanitaria in corso. Le stesse istituzioni dell’Unione hanno fatto muro contro il Bundesverfassungsgericht: la BCE dichiarando che la sentenza in questione non avrà influenza sulle sue decisioni e sui suoi programmi di acquisto di titoli,[2] la Corte di giustizia ricordando di essere l’unico organo competente in via esclusiva a sindacare la compatibilità degli atti delle istituzioni con il diritto dell’Unione,[3] e la Commissione europea addirittura minacciando di presentare un ricorso per infrazione contro la Germania.[4]
Si tratta di prese di posizione — queste ultime — che mirano ad evitare che la sentenza della Corte tedesca mini il fragile equilibrio tra poteri delle istituzioni europee e prerogative degli Stati membri, che ha visto negli ultimi anni le prime tentare di supplire, con la propria azione, alla paralisi dei secondi, incapaci al contempo di trovare un accordo tra loro su questioni cruciali per il processo di integrazione e di compiere il passo di mettere mano ai Trattati per attribuire alle istituzioni dell’Unione quei poteri necessari perché il livello sovranazionale possa divenire autonomo nella sua sfera di competenza.
Sebbene i toni della sentenza siano netti e le critiche alla giurisprudenza della Corte di giustizia e alla BCE non tengano in considerazione il difficile compito del quale le due istituzioni si sono fatte carico nei momenti di crisi per evitare il collasso della moneta unica, non va dimenticato che le posizioni dei giudici costituzionali tedeschi e il rischio che questa sentenza può rappresentare per l’Unione europea non costituiscono la causa del problema, bensì ne sono, al contrario, la conseguenza. Le contraddizioni del processo di integrazione europea, divenute evidenti negli ultimi anni, nei quali si è sempre più manifestata l’impossibilità di trovare un accordo tra gli Stati membri su tutte le questioni cruciali (dall’immigrazione, al Quadro finanziario pluriennale), esistono in altre parole indipendentemente dall’intervento del Bundesverfassungsgericht. Quest’ultimo non fa altro che metterle in evidenza, e se le sue parole possono costituire un pericolo per l’equilibrio dell’Unione, è perché la struttura attuale della stessa consente agli Stati e alle loro Corti costituzionali di avere un ruolo che in un ordinamento federale essi non avrebbero.[5]

Il principio di democrazia come limite strutturale alla prevalenza del diritto dell’Unione europea.
Come nota lo stesso Bundesverfassungsgericht, l’affermazione da parte della Corte costituzionale di uno Stato membro della possibilità di porre limiti alla prevalenza del diritto dell’Unione europea sul diritto interno quando siano in gioco principi fondamentali della Costituzione dello Stato non è certo una novità.[6] Come non sono una novità i conflitti tra Corti costituzionali degli Stati membri e Corte di giustizia.[7]
A partire dalla decisione sulla legge di ratifica del Trattato di Maastricht, tuttavia, la Corte costituzionale tedesca ha sancito la possibilità di utilizzare il principio di democrazia enunciato all’articolo 38 del Grundgesetz come limite per così dire strutturale alla prevalenza del diritto dell’Unione europea sul diritto interno. Si tratta di un limite in effetti suscettibile non solo di impedire l’applicazione di singole norme di diritto dell’Unione in contrasto con princìpi fondamentali della Costituzione tedesca, bensì di intervenire sui meccanismi stessi di funzionamento dell’Unione, consentendo di sindacare il rispetto da parte delle istituzioni europee delle competenze loro attribuite dai Trattati.
Secondo il Bundesverfassungsgericht, l’articolo 38 della Legge Fondamentale tedesca, che dispone che i membri del Bundestag sono eletti a suffragio universale diretto, libero e segreto e sono i rappresentanti di tutto il popolo, non si limita ad attribuire ai cittadini tedeschi il diritto di eleggere i loro rappresentanti in Parlamento, bensì implica anche che essi, attraverso l’organo che li rappresenta, influenzino e controllino l’esercizio del potere politico. Tale disposizione, letta congiuntamente all’articolo 23 del Grundgesetz — la disposizione relativa alle limitazioni di sovranità a favore dell’Unione europea — comporta che siano contrari alla Costituzione tedesca tutti quei trasferimenti di competenze al livello sovranazionale che comportino una limitazione dei poteri fondamentali del Bundestag e al contempo sottraggano al controllo da parte di cittadini l’esercizio di tali poteri, circostanza che si verificherebbe, in particolare, qualora il Bundestag venisse privato dei suoi poteri in materia di bilancio, ovvero del diritto di decidere sugli oneri fiscali gravanti sui cittadini e sulle spese dello Stato. Si ricadrebbe infatti in queste ipotesi in una violazione dell’articolo 20 della Costituzione, che riconduce il potere statale al popolo, uno dei principi che l’articolo 79 del Grundgesetz considera immodificabili tramite revisione costituzionale.
Partendo dal presupposto che i trattati attuali configurano l’Unione come un’organizzazione fondata sulla cooperazione di Stati sovrani, che rimangono i padroni dei Trattati, e che dunque gli elettori tedeschi — attraverso la ratifica da parte dei loro rappresentanti nel Bundestag — abbiano accettato le limitazioni di sovranità necessarie unicamente alla creazione di un’organizzazione che non fosse in grado di autodeterminare autonomamente la propria condotta, la Corte considera quindi contrario al principio di democrazia qualsiasi tentativo da parte dell’Unione e delle sue istituzioni di affrancarsi da tale modello senza passare attraverso la procedura di revisione dei trattati, e dunque senza l’assenso dei Parlamenti nazionali. Da un lato, dunque, un passaggio di poteri sovrani dagli Stati membri all’Unione non potrebbe secondo la Corte avvenire in sordina, bensì richiederebbe una scelta consapevole da parte dei cittadini attraverso i loro rappresentanti. Se questa condizione non venisse rispettata, la Corte considererebbe qualsiasi atto delle istituzioni che valichi i limiti delle competenze loro attribuite come un atto ultra vires e dunque non applicabile nell’ordinamento tedesco. Dall’altro, un trasferimento di poteri sovrani alle istituzioni dell’Unione attraverso una decisione che coinvolga il Bundestag sarebbe conforme al principio di democrazia solo se la possibilità per i cittadini tedeschi di esercitare un’influenza e un controllo sul potere politico non venisse compressa, e dunque se tale influenza e controllo i cittadini tedeschi la potessero esercitare a livello sovranazionale tramite il Parlamento europeo.

La Corte costituzionale tedesca e le contraddizioni del processo di integrazione europea.
Il fatto che l’applicazione di tale principio al processo di integrazione europea abbia avuto inizio a partire dal Trattato di Maastricht non è casuale. È infatti a Maastricht che gli Stati membri, con la decisione di creare un’Unione economica e monetaria fondata su una moneta comune, ma su politiche economiche e fiscali gestite ancora a livello nazionale e semplicemente coordinate a livello europeo hanno dato vita a una contraddizione di fondo che negli anni si è manifestata con sempre maggiore forza.[8] La trasformazione dell’Unione europea da organizzazione con finalità prettamente economiche a organizzazione dotata, almeno per una parte dei suoi Stati membri, di una competenza tradizionalmente attributo della sovranità, quella monetaria, ha comportato in altre parole l’inadeguatezza di regole dettate per il funzionamento del mercato unico ad applicarsi a settori nei quali è richiesta una decisione politica. Questa contraddizione è strettamente legata ai rilievi che i giudici tedeschi muovono alla BCE e alla Corte di giustizia, e dunque al contenuto del conflitto tra Corte tedesca e istituzioni dell’Unione.
Il ragionamento dei giudici costituzionali, in particolare, si fonda su una presunta violazione da parte della Banca centrale europea e della Corte di giustizia del principio di proporzionalità, cioè del principio, sancito all’articolo 5 TUE, secondo il quale il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei Trattati.
Secondo il Bundesverfassungsgericht, contrariamente a quanto era stato stabilito dalla Corte di giustizia nella sentenza Weiss,[9] con l’adozione del PSPP la BCE sarebbe andata al di là di quanto necessario per assicurare l’obiettivo di politica monetaria di mantenere la stabilità dei prezzi e di sostenere le politiche economiche generali dell’Unione, e così facendo, avrebbe sconfinato nel settore della politica economica, di competenza degli Stati membri. La Corte di giustizia avrebbe poi, a sua volta, violato il principio di proporzionalità argomentando in modo incompleto e poco analitico in merito agli strumenti utilizzati dalla BCE e alla loro proporzionalità rispetto agli obiettivi perseguiti, in tal modo offuscando la distinzione tra politica monetaria e politica economica e dunque incidendo sulla ripartizione di competenze tra Unione e Stati membri. Essendo gli atti di entrambe le istituzioni qualificabili per quanto sopra detto come atti ultra vires, essi non produrrebbero effetti nell’ordinamento tedesco.
Va detto che il Bundesverfassungsgericht circonda la sua affermazione di molte cautele, sottolineando come ipotesi di questo genere si debbano verificare solo in casi eccezionali, dal momento che se gli Stati membri, attraverso i loro organi giurisdizionali, si arrogassero il potere di non applicare atti delle istituzioni che ritengono illegittimi, l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione sarebbe minata alle sue fondamenta e il principio della prevalenza sul diritto interno vanificato. Alla Corte di giustizia non viene contestato tuttavia il fatto di aver affermato un principio sostanziale contrastante con i principi fondamentali di un ordinamento, quanto di aver violato i limiti del proprio mandato limitandosi a un controllo sull’operato della BCE ritenuto dal Bundesverfassungsgericht non soddisfacente. Senza soffermarsi sui profili problematici di una simile applicazione del principio di proporzionalità[10] va detto che questa affermazione è pericolosa, dal momento che si concreta in una possibilità di sindacare il comportamento della Corte non in ipotesi nelle quali essa non fornisca una motivazione della propria decisione, bensì quando essa fornisca una motivazione basata su valutazioni non condivise dai giudici costituzionali.[11]
Ma soprattutto, la possibilità che l’azione della BCE assottigli il confine tra politica monetaria e politica economica e fiscale è in qualche modo insita nei caratteri attuali dell’Unione economica e monetaria,[12] che hanno di fatto portato la BCE ad estendere la propria missione dalla garanzia del mantenimento della stabilità dei prezzi al salvataggio della moneta unica. La decisione di trasferire al livello sovranazionale solo la politica monetaria lasciando nelle mani degli Stati membri la gestione della politica economica e fiscale, solo coordinate a livello europeo, ha in effetti portato a un aumento delle disparità tra Stati membri che, se spinte oltre a un certo limite, divengono incompatibili con l’esistenza di una moneta unica. In assenza di una politica economica e fiscale europea, e dunque di un bilancio di dimensioni adeguate e non dipendente dagli Stati membri, in grado di intervenire con strumenti di solidarietà per sanare gli squilibri tra gli Stati, è stata la BCE a doversi fare carico del salvataggio della moneta, attraverso i programmi di acquisti di titoli annunciati negli ultimi anni. Si tratta di misure che inevitabilmente producono anche effetti redistributivi,[13] perché in qualche misura sono costrette a sostituirsi a un potere politico europeo che non esiste, ma che tuttavia hanno svolto e stanno svolgendo anche in occasione dell’attuale crisi sanitaria un ruolo indispensabile. La BCE non poteva dunque non adottarle e la Corte di giustizia non giustificarne il fondamento.
La sentenza nel caso Weiss sembra dunque porre la BCE di fronte a un dilemma insolubile: costretta dagli Stati, che di fatto, con la loro inerzia, le hanno delegato tale ruolo, ad assumere funzioni che sarebbero proprie di organi legittimati democraticamente (l’assunzione di decisioni di carattere fiscale), essa si vede rinfacciare dalla Corte costituzionale di uno di essi il fatto di non avere legittimazione democratica e dunque di non poter assumere un ruolo che non le spetta.[14]

Le prospettive future.
La questione è di grande attualità, se pensiamo alle vicende che l’Europa sta vivendo in questi mesi. Anche in occasione della crisi da COVID-19 la BCE è stata la prima istituzione in grado di adottare in tempi brevi le misure necessarie per evitare un collasso dell’eurozona, varando un piano di acquisto di titoli di 750 miliardi di euro, il Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP), con la possibilità di concentrare detti acquisti su Stati in particolari condizioni di difficoltà. Nonostante il Bundesverfassungsgericht abbia chiarito che la pronuncia nel caso Weiss non riguarda dette misure,[15] il rischio che esse implichino effetti redistributivi giudicati come eccessivi e che dunque si traducano in misure di politica economica potrà essere scongiurato solo se saranno affiancate da uno strumento in grado di intervenire con ingenti risorse con le quali garantire l’emissione di titoli di debito europei in grado di sostenere l’economia, soprattutto degli Stati con maggiore difficoltà a finanziarsi sul mercato. È questo il ruolo che spetterebbe al futuro Recovery Fund sulle cui modalità di funzionamento e finanziamento il Consiglio europeo ha incaricato la Commissione di elaborare una proposta. L’entità di tale fondo, come messo in luce dal Parlamento europeo nella Risoluzione del 15 maggio 2020,[16] è strettamente legata agli esiti delle discussioni sul Quadro finanziario pluriennale e sulle risorse proprie, dal momento che richiederebbe un incremento delle stesse per poter garantire un’emissione di titoli adeguata.
È proprio su questa questione, tuttavia, che emerge il legame tra fiscalità e democrazia messo in luce dalla Corte costituzionale tedesca nella sentenza in commento.[17] Secondo i giudici costituzionali tedeschi, in effetti, il potere di decidere sugli oneri fiscali che incombono sui cittadini e sulle spese dello Stato costituisce una delle prerogative essenziali del Bundestag. L’attribuzione parziale di tale potere anche al livello sovranazionale potrà dunque essere compatibile con il principio di democrazia solo se assicurerà un pieno controllo dell’esercizio di tale potere all’organo che a tale livello rappresenta i cittadini, il Parlamento europeo.
La possibilità di affrancare l’azione delle istituzioni dai paletti posti dal Bundesverfassungsgericht, e di dar vita a forme di condivisione del rischio realmente europee, dipende dunque dall’attribuzione all’Unione della competenza a decidere autonomamente dagli Stati membri sulle proprie entrate e sulle proprie spese. Questo comporta non solo che il bilancio dell’Unione venga finanziato da risorse proprie[18] e non da contributi degli Stati membri (che oggi coprono all’incirca il 70% delle entrate), ma anche che la determinazione dell’entità delle risorse e della loro tipologia non dipenda più da una decisione all’unanimità del Consiglio, approvata dagli Stati secondo le rispettive norme costituzionali, come disposto dall’art. 311 TFUE, bensì da una procedura che comporti il pieno coinvolgimento del Parlamento europeo. In altre parole, che parte del potere decisionale in materia tributaria e di bilancio sia trasferito a istituzioni europee realmente democratiche.[19]
In questo senso, la sentenza nel caso Weiss fornisce delle indicazioni per il futuro.
Gli atti ultra vires delle istituzioni, infatti, possono secondo il Bundesverfassungsgericht essere legittimati ex post attraverso una revisione dei trattati con la procedura prevista dall’articolo 48 TUE. La Corte sembra dunque suggerire la possibilità di un suo atteggiamento più conciliante nei confronti delle misure adottate e in via di adozione per far fronte alle conseguenze economiche della crisi provocata dal COVID-19 se queste saranno inserite in una prospettiva di revisione a breve dei Trattati che consenta all’Unione europea di dotarsi di un primo nucleo di competenza fiscale in grado di sottrarre il finanziamento dell’Unione dalla volontà degli Stati membri e dunque di garantire un’emissione di debito realmente comune.
Se la sentenza della Corte costituzionale tedesca porterà finalmente alla consapevolezza dell’esigenza di completare l’Unione economica e monetaria e ad adottare soluzioni di rottura rispetto agli equilibri esistenti, lo shock da essa provocato sarà stato dunque positivo.
________________________________________
[1] Si tratta di uno dei quattro programmi, quello indirizzato all’acquisto dei titoli di debito pubblico, che costituiscono il cosiddetto Quantitative Easing.
[2] ECB takes note of German Federal Constitutional Court ruling and remains fully committed to its mandate, European Central Bank Press Release, 5 May 2020.
[3] Court of Justice of the European Union, Press Release No 58/20 following the judgment of the German Constitutional Court of 5 May 2020, 8 May 2020.
[4] Risposta di Ursula von der Leyen a Sven Giegold, consultabile all’indirizzo: https://twitter.com/sven_giegold/status ... gFv3_aRyC0.
[5] Sul punto v. R. Müller, Was gesagt werden muss, muss gesagt werden, Frankfurter Allgemeine Zeitung, 8 maggio 2020, consultabile all’indirizzo: https://www.faz.net/einspruch/kritik-an ... 60755.html.
[6] Nel 1973, con la sentenza Frontini (sentenza 183 del 1973), seguita l’anno successivo da una sentenza della Corte costituzionale tedesca di tenore simile (la sentenza Solange I del 29 maggio 1974), la Corte costituzionale italiana sottolineava che nell’ipotesi in cui una norma di diritto comunitario avesse violato i diritti fondamentali garantiti dall’ordinamento costituzionale italiano o i diritti inalienabili della persona umana, essa avrebbe dichiarato costituzionalmente illegittima la legge di esecuzione del Trattato di Roma e dunque provocato l’uscita dell’Italia dalla Comunità Economica Europea. Si tratta della cosiddetta teoria dei “controlimiti”, ribadita dalla stessa Corte, benché in forma più attenuata, nella giurisprudenza successiva.
[7] Recentemente uno scontro tra Corte costituzionale italiana e Corte di giustizia relativamente all’interpretazione dell’articolo 325 TFUE e alla sua compatibilità con il principio di determinatezza della norma penale è stato evitato solo grazie a un chiarimento da parte della Corte di giustizia sui limiti del principio da essa affermato. Richiesta infatti da parte della Corte costituzionale di chiarire se, contrariamente a quanto la stessa Corte di giustizia aveva affermato nella sentenza Taricco I (sentenza 8 settembre 2015, causa C-105/14), i giudici italiani potessero far prevalere il principio costituzionale di legalità sull’articolo 325 TFUE e dunque non disapplicare la normativa italiana in materia di prescrizione, la Corte di giustizia (sentenza 5 dicembre 2017, causa C-42/17, Taricco II) ammette che, nonostante in linea di principio una norma interna in contrasto con una norma di diritto dell’Unione europea vada disapplicata, tale disapplicazione non debba avere luogo se essa comporti “una violazione del principio di legalità dei reati e delle pene” garantito dalla Costituzione italiana. Quanto alla Corte costituzionale tedesca, la possibilità di discostarsi dalla giurisprudenza della Corte di giustizia era già stata paventata nella vicenda dell’ordinanza con la quale chiedeva alla Corte di giustizia di pronunciarsi sul programma OMT.
[8] Sull’errore di fondo di ritenere possibile la creazione della prima moneta moderna senza Stato v. M. Dani, J. Mendes, A. J. Menendez, M. Wulkinson, H. Schepel, E. Chiti, At the End of the Law, Verfassungsblog, consultabile all’indirizzo https://verfassungsblog.de/at-the-end-of-the-law/.
[9] Corte di giustizia, sentenza 11 dicembre 2018, causa C- 493/17, Weiss et al..
[10] Sul punto v. F. Martucci, La BCE et la Cour constitutionnelle allemande: souligner les paradoxes de l’arrêt du 5 mai de la Cour constitutionnelle allemande, Le club des juristes, consultabile all’indirizzo: https://www.leclubdesjuristes.com/blog- ... llemande/; P. Meier-Beck, Ultra Vires?, in D’Kart, Antitrust Blog, consultabile all’indirizzo: https://www.d-kart.de/en/blog/2020/05/1 ... JR-ad0ne4; J. Ziller, L’insoutenable pesanteur du juge constitutionnel allemand. A propos de l’arrêt de la deuxième Chambre de la Cour constitutionnelle fédérale allemande du 5 mai 2020 concernant le programme PSPP de la Banque Centrale Européenne, Eurojus 2/2020, pp. 151 ss., spec. pp. 155 ss..
[11] Sul punto v. M. Poiares Maduro, Some Preliminary remarks on the PSPP decision of the German Constitutional Court, Verfassungsblog, consultabile all’indirizzo: https://verfassungsblog.de/some-prelimi ... nal-court/.
[12] In questo senso v. P. De Sena, S. D’Acunto, La Corte di Karlsruhe, il mito della “neutralità” della politica monetaria e i nodi del processo di integrazione europea, SIDIblog, consultabile all’indirizzo: http://www.sidiblog.org/2020/05/14/la-c ... e-europea/.
[13] Come nota H-H. Kotz, Did Germany’s Constitutional Court Inadvertently Strengthen the Eurozone?, Project Syndicate, 11 may 2020, consultabile all’indirizzo: https://www.project-syndicate.org/comme ... tdiPoFBz0c, “even in calm economic conditions, monetary and fiscal policy cannot be neatly distinguished and cleanly separated. Both afflict the economy through a ‘common funnel’ as the Nobel laureate economist James Tobin never tired of explaining. In a time of crisis, the supposedly clear-cut boundary inevitably becomes indistinct”; P. De Sena, S. D’Acunto, La Corte di Karlsruhe…,op. cit..
[14] Come nota J. Pisani-Ferry, The message in the ruling, Blog Bruegel, consultabile all’indirizzo https://www.bruegel.org/2020/05/the-mes ... he-ruling/, “what the German judges are telling European leaders in their lopsided way is that decisions for which they ought to take ownership should not be delegated to an unelected body.”
[15] Bundesverfassungsgericht, Press Release No. 32/2020 of 05 May 2020, ECB decisions on the Public Sector Purchase Programme exceed Eu competences.
[16] New MFF, own resources and Recovery plan, European Parliament resolution of 15 May 2020 on the new multiannual financial framework, own resources and the recovery plan, (2020/2631 (RSP)), https://www.europarl.europa.eu/doceo/do ... 24_EN.html.
[17] In questo senso v. M. Poiares Maduro, Some Preliminary Remarks…, op. cit., secondo il quale la sentenza “may be the final wake up call for the importance to deal with risk sharing through genuine own resources”.
[18] Sul punto v. S. Cafaro, Quale Quantitative Easing e quale Unione europea dopo la sentenza del 5 maggio?, SIDIBlog, consultabile all’indirizzo http://www.sidiblog.org/2020/05/08/qual ... 5-maggio/; M. Poiares Maduro, Some Preliminary Remarks…, op. cit..
[19] Vanistandael et al., Op-Ed: European Solidarity Requires EU Taxes, EU Law Live, consultabile all’indirizzo https://eulawlive.com/op-ed-european-so ... -eu-taxes/. In questo senso v. anche M. Avbelj, The Right Question about the FCC Ultra Vires Decision, Verfassungsblog, consultabile all’indirizzo https://verfassungsblog.de/the-right-qu ... -decision/, secondo il quale “if the EU fiscal union existed and if it was based on a meaningful EU budget, legitimated by a vibrant EU democracy, there would be no, or much less, need for ECB venturing with its monetary mechanisms into fiscal and hence democratic domains, for which it is neither competent nor accountable”; M . Dani, J. Mendes, A. J. Menendez, M. Wulkinson, H. Schepel, E. Chiti, At the End …, op. cit..




No al primato UE, quando il diritto UE viola i diritti umani, naturali, civili e politici dei cittadini europei dei vari stati che formano la UE, specialmente quelli nazionali dei cittadini nativi o indigeni o autoctoni, siano questi sanciti espressamente dalle costituzioni e dagli ordinamenti giuridici dei loro stati che no.

Primato del diritto dell’UE

https://eur-lex.europa.eu/legal-content ... aw&from=EN

Il principio del primato (chiamato anche «preminenza») del diritto dell’UE si basa sull’idea che ove insorga un conflitto tra un aspetto del diritto dell’UE e un aspetto della legge di uno Stato membro (diritto nazionale), il diritto dell’UE prevale. Se così non fosse, gli Stati membri potrebbero semplicemente consentire al loro diritto nazionale di avere la precedenza sul diritto primario o derivato dell’UE, e il perseguimento delle politiche dell’Unione diverrebbe impraticabile.

Il principio del primato del diritto dell’UE si è sviluppato nel tempo mediante la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea. Non è sancito dai trattati dell’Unione, sebbene al riguardo vi sia una breve dichiarazione allegata al trattato di Lisbona.

Nella sentenza Van Gend en Loos contro Nederlandse Administratie der Belastingen (causa 26/62), la Corte ha dichiarato che le leggi adottate dalle istituzioni europee devono essere integrate nei sistemi giuridici degli Stati membri, che sono tenuti a rispettarle. Quindi, il diritto dell’UE ha il primato sulle leggi nazionali.

Ulteriori esempi di casi in cui la Corte ha affermato il primato del diritto europeo includono:

Costa contro ENEL (causa 6/64)
Internationale Handelsgesellschaft mbH contro Einfuhr- und Vorratsstelle fur Getreide und Futtermittel (causa 11/70)
Amministrazione delle Finanze dello Stato contro Simmenthal SpA (causa 106/77)
Marleasing SA contro La Comercial Internacional de Alimentacion SA (causa C-106/89)

In questi casi, la Corte ha chiarito che il primato del diritto dell’UE deve essere applicato a tutti gli atti nazionali, indipendentemente dal fatto che siano stati adottati prima o dopo l’atto dell’UE in questione. Con il diritto dell’Unione che prevale sul diritto nazionale, il principio del primato è volto quindi a garantire che i cittadini siano tutelati uniformemente dal diritto dell’UE in tutti i territori dell’Unione.

Si noti che il primato del diritto dell’UE si applica solo laddove i paesi dell’Unione hanno ceduto la sovranità all’Unione, in settori quali il mercato unico, l’ambiente, i trasporti ecc. Non si applica invece in settori quali la politica sociale e la fiscalità.

Tuttavia, il primato del diritto dell’UE non è considerato assoluto. Ad esempio, se i regolamenti dell’Unione prevalgono sul diritto nazionale perché hanno un effetto diretto, le direttive non prevalgono, a meno che non siano state incorporate nella legislazione nazionale e siano applicabili.
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Re: Il nuovo governo nazionale italiano ha giurato

Messaggioda Berto » gio nov 03, 2022 6:46 pm

Differenza tra Unione federale e Unione confederale
Una confederazione di Stati è un'associazione di Stati creata per trattato in vista dell'adozione, come è accaduto spesso, di una costituzione comune o, al contrario, per definire ambiti di collaborazione temporanei in vista di una possibile futura separazione definitiva delle entità che la costituiscono. Le confederazioni tendono ad essere istituite per trattare questioni critiche, quali la difesa, la politica estera, il commercio estero e una moneta comune, e al governo centrale viene richiesto di fornire supporto a tutti i membri.
https://it.wikipedia.org/wiki/Confederazione_di_Stati

Gli Stati Uniti d'America (comunemente indicati come Stati Uniti, in inglese: United States of America o anche solo United States; in sigla USA[8]) sono una repubblica federale dell'America settentrionale composta da cinquanta Stati e un distretto federale. I quarantotto stati contigui e il distretto di Washington D.C. (la capitale federale) occupano la fascia centrale dell'America settentrionale tra il Canada e il Messico e sono bagnati dall'oceano Atlantico a est e dall'oceano Pacifico a ovest. Con 9834000 km² in totale e circa 331 milioni di abitanti, gli Stati Uniti sono il terzo Paese al mondo per superficie e il terzo per popolazione. La geografia e il clima degli Stati Uniti sono estremamente vari, con deserti, pianure, foreste e montagne che sono anche sede di una grande varietà di fauna selvatica. È una delle nazioni più multietniche e multiculturali al mondo, prodotto di larga scala dell'immigrazione da molti Paesi.
https://it.wikipedia.org/wiki/Stati_Uniti_d%27America


Talvolta il termine confederazione è usato erroneamente al posto di federazione.
Alcune nazioni che sono sorte come confederazioni hanno mantenuto il termine nella propria denominazione dopo essere divenute ufficialmente federazioni, come la Svizzera. Gli Stati Uniti d'America erano inizialmente organizzati come confederazione in base agli Articles of Confederation e successivamente sono divenuti una federazione nel 1789, con la ratifica dell'attuale costituzione nel 1787 (dato che fu sancito, dalla costituzione stessa, che gli Articoli della Confederazione rimanessero in vigore fino al 1789). La Guerra di secessione americana è stata una conseguenza della formazione degli Stati Confederati da parte di alcuni Stati americani alleatisi tra loro con l'intento di costituire un'unione politica meno vincolante e mantenere maggiore autonomia statale. La differenza principale tra confederazione e federazione sta nel tipo di norme che regolano i rapporti tra Stato centrale e Stati membri: nella prima infatti essi sono regolati da rapporti di tipo internazionale, con la possibilità da parte degli Stati membri di recedere dal Trattato istitutivo, mentre nella seconda i rapporti sono regolati da norme di tipo costituzionale.
https://it.wikipedia.org/wiki/Confederazione_di_Stati




La Svizzera (in tedesco Schweiz, in francese Suisse, in romancio Svizra), ufficialmente Confederazione Svizzera
[9] (in tedesco Schweizerische Eidgenossenschaft, in francese Confédération suisse, in romancio Confederaziun svizra) o Confederazione Elvetica (in latino Confœderatio Helvetica[10][nota 2], abbreviata con l'acronimo CH), è uno Stato federale dell'Europa centrale, composto da 26 cantoni autonomi di cui 6 sono semicantoni. È un paese alpino senza sbocco sul mare, il cui territorio è geograficamente suddiviso tra il massiccio del Giura, l'Altipiano e le Alpi svizzere, e occupa una superficie di oltre 41285 km². Confina a nord con la Germania, a est con l'Austria e il Liechtenstein, a sud con l'Italia e a ovest con la Francia.
https://it.wikipedia.org/wiki/Svizzera


Il sistema politico

La Svizzera è uno Stato federale nel quale il potere è ripartito tra Confederazione, Cantoni e Comuni. La democrazia diretta permette alla popolazione di pronunciarsi su decisioni a tutti i livelli politici. Questo ampio potere decisionale è fondamentale per un Paese caratterizzato da una straordinaria diversità geografica, culturale e linguistica.
https://www.eda.admin.ch/aboutswitzerla ... ystem.html



L'uscita del Regno Unito dall'Unione europea, nota più comunemente come Brexit (/brɛksɪt, brɛɡzɪt/;[1] sincrasi formata dall'inglese Britain, "Bretagna", ed exit, "uscita"), è stata il processo che ha posto fine all'adesione del Regno Unito all'Unione europea, secondo le modalità previste dall'articolo 50 del Trattato sull'Unione europea
[2], come conseguenza del referendum sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea, tenutosi il 23 giugno 2016, in cui il 52% degli elettori britannici ha votato per lasciare l'Unione mentre il 48% ha votato per rimanere nell'UE. Il governo britannico ha formalmente annunciato il ritiro del paese a marzo 2017, avviando i negoziati di recesso. L'uscita è inizialmente stata ritardata dal parlamento britannico e dal disaccordo su alcuni punti nei negoziati con l'Unione europea.
https://it.wikipedia.org/wiki/Uscita_de ... ne_europea


Clausola di recesso
L’articolo 50 del trattato sull’Unione europea prevede un meccanismo di recesso volontario e unilaterale di un paese dall’Unione europea (UE).
https://eur-lex.europa.eu/IT/legal-cont ... lause.html
Un paese dell’UE che desideri recedere deve notificare al Consiglio europeo la sua intenzione di farlo. Il Consiglio europeo è quindi tenuto a fornire orientamenti per la conclusione di un accordo che stabilisca le modalità di recesso di tale paese.

Tale accordo è concluso a nome dell’UE dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata previa approvazione del Parlamento europeo.

I trattati cessano di essere applicabili al paese interessato a decorrere dalla data di entrata in vigore dell’accordo o due anni dopo la notifica del recesso. Il Consiglio europeo può decidere di prorogare tale termine.

Qualsiasi paese che sia uscito dall’UE può chiedere di rientrarvi. Sarebbe comunque sottoposto alla procedura di adesione.
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Re: Il nuovo governo nazionale italiano ha giurato

Messaggioda Berto » gio nov 03, 2022 6:46 pm

Perché non bisogna urlare "al fascismo" ogni giorno.
Davide Riccardo Romano

Capita spesso, dopo le elezioni (dall'Italia a Israele, passando per gli USA e il Brasile) che gruppi di persone si mobilitino denunciando il "fascismo" in arrivo. Siccome da decenni ho sempre ragione nel dire che non è vero, ma ciononostante ogni volta vengo criticato se non addirittura aggredito...trovo doveroso dare qualche spiegazione su quando secondo me andrebbe veramente accesa la spia del "fascismo".
Il fascismo è stato una cosa terribile: manganellate, omicidi politici, guerra, razzismo, ecc. Continuare a urlare "al fascismo" lo banalizza.
Proprio per questo è segno di intolleranza (fascista?) denunciare come fascista chi non la pensa come noi: antiabortisti, conservatori, liberisti (il fascismo era statalista, peraltro), anti-immigrazione, anti-comunisti, cattolici, monarchici, massoni, antisemiti, omofobi, ecc.
Ho conosciuto infatti diversi (e importanti) antifascisti italiani ed europei che si sentivano parte di almeno una (se non due o tre o più) delle categorie sopra elencate. Pensate solo ai presidenti degli USA degli ultimi 80 anni....
Ovviamente al fascismo si arriva per gradi. Dunque per me la spia del fascismo va accesa solo quando:
1) la magistratura viene messa in condizione di non avere la possibilità di indagare sul governo
2) le regolari elezioni sono sospese, o i loro risultati sono truccati.
3) vengono prodotte leggi che puniscono chi critica il governo sui media o in piazza.
4) la corte costituzionale viene neutralizzata
5) viene praticata la violenza contro gli avversari politici
Per tutto il resto amici, vivete sereni. Il mondo è fatto di differenze: legate al pensiero, alla religione, alle visioni economiche e a mille altre cose che possono non piacere. Roosevelt era antisemita, ma porto gli USA alla guerra contro Hitler. Qualcuno oserebbe definirlo fascista? Secondo voi gli antifascisti cattolici che fecero la Resistenza erano tutti pro-aborto? Eppure davanti a loro non possiamo che inginocchiarci per quello che hanno fatto per lottare contro il nazi-fascismo.
Dunque amici miei, calma e gesso. Farà bene al vostro sistema nervoso, e soprattutto farà bene alla democrazia.


Veneti Per l'Ucraina

Si ha fascismo anche quando la magistratura è schierata politicamente e viene usata da una parte politica contro un'altra con persecuzioni giudiziarie e calunnie come nel caso delle sinistre negli USA contro Trump, in Israele contro Netanyahu, in Italia contro Berlusconi e Salvini, in EU contro l'Italia, la Polonia, l'Ungheria ed altri paesi cosidetti sovranisti che difendono i loro sacrosanti diritti umani, civili e politici.
Si ha fascismo quando la magistratura si schiera con i suprematisti neri o bianchi, russi, nazimaomettani-antisemiti/antisraeliani e LGBT, russi e politicamente corretti che vogliono imporre le demenzialità intersezionali del Gender e della Razza.
Il fascismo lo abbiamo nei paesi comunisti come la Russia, la Corea del Nord, l'Iran nazi maomettano, la Cina, il Venezuela di Maduro, la Cuba dei Castro, ...
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Re: Il nuovo governo nazionale italiano ha giurato

Messaggioda Berto » gio nov 03, 2022 6:46 pm

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Il nuovo governo nazionale italiano ha giurato

Messaggioda Berto » dom gen 22, 2023 8:20 am

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Re: Il nuovo governo nazionale italiano ha giurato

Messaggioda Berto » dom gen 22, 2023 8:21 am

23)
Reddito di cittadinanza e dintorni



Reddito di cittadinanza, l'annuncio del governo: ecco cosa succede dopo il 31 dicembre 2022
Simone Micocci
3 novembre 2022

https://www.money.it/reddito-cittadinan ... embre-2022

Il reddito di cittadinanza non finirà nel 2023. Lo sosteniamo da tempo, smentendo coloro che riferiscono di una cancellazione immediata della misura, ma adesso è arrivato l’annuncio di una delle componenti più importanti del ministero del Lavoro: si tratta di Claudio Durigon, appena nominato sottosegretario al dicastero di via Vittorio Veneto.

Parlando a Radio 24, il sottosegretario, in quota Lega, ha dato l’annuncio che i percettori del reddito di cittadinanza aspettavano con ansia:

“La misura non finirà il 31 dicembre di quest’anno”.

Nessuno stop immediato al reddito di cittadinanza è in programma, almeno per il momento. D’altronde il piano Meloni ve lo abbiamo raccontato nei giorni scorsi: puntare da subito su un inasprimento degli obblighi previsti nei confronti dei percettori così da procedere con una prima scrematura, per poi avere il tempo nel 2023 di valutare l’andamento della misura ed eventualmente effettuare una sostituzione con un’altra misura, come potrebbe essere il reddito di sussistenza.

Lo stesso Durigon ha parlato di cambiamenti al reddito di cittadinanza, i quali verranno discussi nei prossimi giorni insieme al ministro del Lavoro, Marina Calderone, e con l’intera coalizione.


Reddito di cittadinanza, un dibattito politico destinato a continuare

Chi credeva che Giorgia Meloni avrebbe smantellato il reddito di cittadinanza dovrà ricredersi. Almeno per adesso, infatti, il reddito di cittadinanza resterà dov’è: visto il poco tempo a disposizione per elaborare la Legge di bilancio ci si concentrerà su quello che c’è già provando a migliorarlo.

Il dibattito sul reddito di cittadinanza, quindi, sembra destinato a continuare. Perché per il momento la misura non è destinata a sparire, come tra l’altro si vociferava da settimane. D’altronde, già la nomina di Marina Calderone al ministero del Lavoro era stata un chiaro segnale, in quanto in passato si era schierata in favore del mantenimento della misura pur auspicandone un maggior coinvolgimento degli enti privati.

Reddito di cittadinanza, cosa ne pensa la ministra del Lavoro Marina Calderone

Dello stesso parere Claudio Durigon, appena nominato sottosegretario al Lavoro, che proprio in queste ore ha annunciato che il reddito di cittadinanza non sparirà il 31 dicembre 2022, confermando quindi che non ci sarà un intervento del governo volto a favorire la cancellazione anticipata della misura, come invece sembravano presagire alcune dichiarazioni fatte da Meloni, ad esempio quando nel discorso d’insediamento alla Camera dei Deputati ha parlato di “fallimento” della misura.

Il dibattito quindi andrà avanti, anche perché nel frattempo bisognerà “progettare qualcosa fin da subito”, come aggiunto da Durigon nelle sue dichiarazioni. Servirà un confronto nella coalizione per valutare come riformare il reddito di cittadinanza nell’immediato; un ruolo fondamentale nella discussione ovviamente lo avrà il ministro al Lavoro, ma Durigon in qualità di sottosegretario darà il suo contributo.

Non sarà un confronto semplice viste le diverse componenti che animano il centrodestra. Come spiegato da Durigon, infatti, “c’è chi è più drastico”, e quindi vorrebbe misure volte a tagliare il reddito di cittadinanza, e chi, come la Lega appunto, ritiene che la “tutela della povertà sia un elemento importante in questa fase”.


Reddito di cittadinanza: quali modifiche dopo il 31 dicembre 2022?

L’annuncio di Durigon, quindi, ci conferma che il reddito di cittadinanza ci sarà ancora dopo il 31 dicembre 2022 ma sarà differente rispetto a oggi. Intanto per quanto riguarda la politica attiva dovrebbe esserci un maggior coinvolgimento da parte degli enti privati, come confermato dall’addio ai navigator certificato da un recente messaggio del ministero del Lavoro (anche se il loro futuro sembra ancora tutto da scrivere).

Dopodiché si interverrà su obblighi, sanzioni e controlli: in particolare ci sarà un atteggiamento meno permissivo per quanto riguarda la possibilità di rifiutare offerte di lavoro mentre si prende il reddito di cittadinanza. La decurtazione di 5 euro per chi rifiuta la prima offerta è ritenuta inutile e per questo motivo si dovrebbe andare verso la decadenza della misura già al primo no. Sanzione che tra l’alto già è prevista nel caso in cui il rifiuto arrivi successivamente ai primi 18 mesi di fruizione.

A tal proposito, maggiore attenzione ci sarà per il sistema di tracciamento delle offerte di lavoro presentate, così da poter individuare tutti coloro che pur avendo l’opportunità di lavorare preferiscono mantenere il reddito di cittadinanza. Già il governo Draghi era intervenuto a riguardo, ad esempio riconoscendo anche alle aziende la possibilità di segnalare chi prende il Rdc e rifiuta un’offerta di lavoro, ma l’obiettivo è di fare ancora meglio.

È possibile poi che il reddito di cittadinanza venga utilizzato per recuperare risorse utili per altre misure. Ad esempio per quota 103 per la pensione anticipata, per la quale le risorse potrebbero arrivare da un allungamento del periodo di sospensione del reddito di cittadinanza, come spiegato qualche giorno fa da Matteo Salvini.



Reddito di cittadinanza, come cambierà: stop dopo primo rifiuto del lavoro, assegno ridotto e limite di 2 anni e mezzo
Reddito di cittadinanza, stop dopo il primo lavoro rifiutato. Limite di 2 anni e mezzo e riduzione dell'assegno: la proposta del governo https://t.co/ZtTre6pWvW
November 7, 2022
Fausto Caruso

https://www.ilmessaggero.it/politica/re ... 37418.html

Stop al reddito di cittadinanza a chi può lavorare. È stato questo il mantra che Giorgia Meloni ha portato avanti per tutta la campagna elettorale e che ora intende tradurre in pratica. La situazione non è però così semplice perché il reddito è una misura che, stando agli ultimi dati forniti dall’Inps, nel corso del 2022 ha interessato con almeno una mensilità almeno 1,6 milioni di nuclei familiari per un totale di 3,5 milioni di persone e attualmente, tra RdC e pensione di cittadinanza, interessa 1,15 milioni di nuclei e 2,5 milioni di persone. Toglierlo di colpo causerebbe un’ondata di disagio sociale potenzialmente incontenibile, soprattutto al Sud dove è concentrato il maggior numero di beneficiari. Ecco allora che dalla Lega arriva la proposta di una stretta graduale.

Limite di tempo e riduzione graduale

«Togliere il sussidio per 6 mesi a 900mila persone che lo hanno già percepito per 18 mesi senza trovare lavoro» è il proclama ripetuto dal segretario di Matteo Salvini da quando ha preso posto al ministero delle Infrastrutture. L’intento è quello di ricavare così 1 miliardo di euro da usare per quota 41. A spiegare meglio cosa voglia intendere il segretario del Carroccio ci ha pensato Claudio Durigon, leghista e sottosegretario al ministero del Lavoro. «Il sussidio non può essere a vita», ha dichiarato senza mezzi termini, aggiungendo di voler introdurre «un decalage e un sistema che incentivi le persone a lavorare». Quello che la Lega propone in concreto è che per i primi 18 mesi dalla richiesta l'assegno rimanga esattamente come è adesso, con la differenza che se ora, trascorso questo lasso di tempo, si può rinnovare tale e quale la richiesta dopo una sospensione di un mese, con la nuova configurazione lo iato diventerebbe di 6 mesi. Durante questa pausa il lavoratore potenziale non verrebbe però lasciato a sé stesso. Sarebbe tenuto a seguire dei corsi di formazione professionale parzialmente retribuiti così da poter essere inserito in un sistema di «politiche attive del lavoro», come più volte ripetuto dalla premier Meloni. Se trascorsi questi sei mesi non si è ancora trovato un impiego si può rinnovare la richiesta per il RdC, ma per un massimo di altri 12 mesi e con un assegno ridotto del 25% rispetto a quanto veniva percepito in precedenza. Se il lavoro non arriva ci saranno altri 6 mesi di sospensione-formazione e poi sarà di nuovo possibile richiedere il sussidio, per l’ultima volta e solo per altri 6 mesi, con un’ulteriore riduzione del 25%, che a questo punto porterebbe a percepire la metà dell’importo originale.

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L’altro punto fermo della proposta è che il reddito verrebbe revocato dopo il primo rifiuto di un’offerta di lavoro congrua, mentre ora ne occorrono due (ammesso che questa proposta prima o poi arrivi effettivamente). Un'opera a cui si dovrebbe accompagnare un insaprimento dei controlli per chi percepisce il reddito lavorando in nero.

Chi sarebbe interessato

Esclusi disabili, fragili e chi percepisce non il reddito ma la pensione di cittadinanza (e dunque è escluso per definizione dal mercato del lavoro) per cui il sussidio continuerebbe ad arrivare e, anzi, l’intenzione del governo sarebbe addirittura di potenziarlo, quale sarebbe la platea interessata dalla rimodulazione del RdC? I 900mila di cui parla Salvini? Sì, ma con qualche precisazione. È vero che secondo l’ultimo monitoraggio dell’Anpal, l’agenzia del ministero del Lavoro, risultavano indirizzate ai servizi per il Lavoro 919mila persone, ma la quota comprende anche 67mila persone esonerate, magari perché con figli piccoli a carico, e quasi 20mila rinviati ai servizi sociali per problemi di alcolismo e tossicodipendenza. 173mila invece già lavorano, pur se con una retribuzione così bassa da dare comunque diritto al reddito di cittadinanza con funzione integrativa. La platea di cui parla il segretario leghista si riduce dunque a 660mila persone tenute alla sottoscrizione dei Patti per il Lavoro (un totale che sale a 833 sommando quelli che un’occupazione già ce l’hanno). Di questi però solo 280mila sono stati effettivamente presi in carico dagli uffici di collocamento e 115mila hanno trovato una qualche forma di impiego. Un quadro che si spiega non solo con la difficile situazione economica attuale, ma anche con il profilo dei soggetti coinvolti. Il vero problema è che di quei 660 mila tre quarti non hanno avuto un impiego negli ultimi tre anni, il 70% non possiede un titolo di studio che vada oltre la licenza media e la metà ha più di 40 anni, quindi, al di là degli schemi proposti, è difficili inserirli nelle richieste del mondo del lavoro attuale.

Reddito cittadinanza, Tridico (Inps) apre a revisione: «Vada a chi ne ha diritto, fatti controlla»

È stato di nuovo Salvini a ribadire che la «revisione del reddito di cittadinanza» sarà entro 10 giorni nelle discussioni sulla la nuova legge di bilancio, non per essere abolito, ma per «limitare abusi, truffe e sprechi». Dove però si misurerà l’effettiva efficacia della riforma proposta non sarà nei limiti e nelle sospensioni del sussidio, ma nella capacità effettiva di inserire i percettori in un mercato del lavoro per cui non risultano affatto appetibili.
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Messaggioda Berto » dom gen 22, 2023 8:22 am

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Re: Il nuovo governo nazionale italiano ha giurato

Messaggioda Berto » dom gen 22, 2023 8:22 am

24)
Flat tax e cartelle esattoriali non pagate e scadute



Flat tax con partenza graduale, l’obiettivo è alzare la soglia per i redditi fino a 85mila euro
Michele Di Branco
5 novembre 2022

https://www.ilmessaggero.it/economia/ne ... 32612.html

Un primo assaggio di Flat tax subito. E il resto della pietanza nei prossimi anni. La necessità di finanziare le misure di contrasto al caro energia riduce i margini di manovra finanziaria e costringe il governo a partire con prudenza sul fisco. Il programma fiscale del governo, che vuole confrontarsi con le parti sociali prima di varare le misure definitive, prevede l’estensione da 65 a 100 mila euro di reddito l’aliquota del 15% a beneficio degli autonomi. Ma la misura, che ovviamente comprime il gettito fiscale, e dunque spunta l’ipotesi di un allargamento della platea limitata, per il momento, ai redditi fino a 80-85 mila euro.

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LE TAPPE
L’attuale impianto del prelievo non sarà modificato, per cui la nuova Flat tax, nel 2023, resterebbe al 15% e continuerebbe a essere calcolata con l’attuale meccanismo (applicando al fatturato un coefficiente che dipende dal settore di appartenenza, ottenendo così l’imponibile sul quale poi basare la tassa del 15%) in modo forfettario, escludendo quindi detrazioni e deduzioni fiscali, con l’unica eccezione dei contributi previdenziali.
L’asse Palazzo Chigi-Tesoro è al lavoro anche sulla cosiddetta “Flat tax incrementale” che, invece, riguarderebbe tutti i contribuenti. Si tratta di una tassa piatta, dunque con aliquota forfettaria (probabilmente anch’essa al 15%) da applicare alla sola parte del reddito prodotto in più rispetto a quanto prodotto l’anno precedente.

LA POSIZIONE DI MELONI

Il premier Giorgia Meloni, in Senato, ha precisato che il periodo di riferimento sarebbe il reddito dei tre anni precedenti. In pratica, sull’incremento di reddito rispetto al triennio precedente, i contribuenti potrebbero applicare un’imposta sostitutiva, mentre sul resto del reddito si continuerebbe ad applicare la tassazione ordinaria, in base alle fasce di reddito e alle aliquote Irpef ordinarie. Così, ad esempio, un contribuente che nel triennio 2020-2022 ha dichiarato 13mila e 15mila euro nel 2023 si vedrebbe riconoscere una tassazione più favorevole. Nel sistema fiscale attuale i 2 mila euro di incremento sarebbero tassati al 23% poiché rientrano nel primo scaglione Irpef: ossia, 460 euro. Con la Flat tax incrementale al 15% l’esborso Irpef scenderebbe a 300 euro, con un beneficio netto di 160 euro sull’imposta vigente. In caso di passaggio da 55mila a 57mila, il vantaggio sarebbe ancora superiore. Lo stesso incremento di 2 mila euro sarebbe tassato, secondo le leggi attuali, al 43% (l’ultimo scaglione Irpef) e si verserebbero 860 euro. Con la Flat tax incrementale, invece, il fisco si accontenterebbe di 300 euro.

CUNEO FISCALE

Nella legge di Bilancio si andrà avanti anche con il taglio del cuneo fiscale, che verrà riproposto almeno nella versione introdotta dal governo Draghi (2 punti in meno), mentre l’obiettivo di medio termine – ha spiegato Meloni, che scarta invece l’idea del salario minimo - è di arrivare progressivamente a ridurlo di 5 punti.
Sempre più probabile il varo una sanatoria ad ampio raggio sulle cartelle esattoriali. Il meccanismo che la nuova maggioranza sta mettendo a punto prevede una operazione di “Saldo e stralcio”, fino a 2mila e 500 euro (ma la Lega spinge per una soglia più elevata), per le persone in difficoltà (con il versamento del 20 per cento del debito e il taglio del restante 80 per cento) e, in caso di importi superiori, il pagamento dell’intera imposta maggiorata del 5% in sostituzione di sanzioni e interessi, con rateizzazione automatica in 10 anni. Quanto alle cartelle esattoriali di importo inferiore a mille euro, l’ipotesi è quella dello stralcio. In poche parole: cancellazione.




Multe e tasse non pagate, nuova rottamazione delle cartelle solo online: ecco come fare
La domanda si potrà presentare solo dal sito di agenzia Riscossione e direttamente in area libera senza credenziali. Tre mail per la richiesta andata a buon fine
Marco Mobili e Giovanni Parente
20 gennaio 2023

https://www.ilsole24ore.com/art/multe-e ... fresh_ce=1

La nuova chance per chiudere i conti sulle vecchie cartelle non pagate con lo sconto di sanzioni, interessi e aggi viaggerà soltanto online. Entra nel vivo la rottamazione quater dei carichi affidati alla riscossione dal 2000 al 30 giugno 2022 prevista tra le dodici vie della tregua fiscale nell’ultima legge di Bilancio. L’agenzia delle Entrate-Riscossione (Ader) ha, infatti, reso note le modalità solo telematiche (dall’area pubblica del sito www.agenziaentrateriscossione.gov.it) e le Faq per presentare la domanda di adesione alla nuova sanatoria che consente di rientrare in corsa al pagamento scontato anche i contribuenti “fuoriusciti” dalle tre precedenti edizioni della rottamazione e dal saldo e stralcio perché non hanno saldato tutte le rate entro i termini previsti. Sanatoria che oltre a tasse e contributi non pagati potrà riguardare anche le multe stradali: in questo caso resta la sanzione e al contribuente verranno scontati gli interessi (comunque denominati, comprese quindi le «maggiorazioni») e l’aggio.

La domanda

La domanda andrà presentata (o eventualmente integrata se già presentata) entro il 30 aprile 2023. La grande novità è che la procedura viaggerà tutta online. Basterà collegarsi con il sito di agenzia Entrate Riscossione e nella sezione dedicata alla «Definizione agevolata» dall’area pubblica, quindi senza la necessità di credenziali di accesso, si potrà compilare il form di richiesta, inserendo i numeri identificativi di cartelle/avvisi che si intende ricomprendere nella definizione agevolata e indicando sia il numero delle rate (fino a un massimo di 18) in cui si intende pagare e il domicilio a cui si chiede di far arrivare la successiva comunicazione di Ader con il piano dei versamenti. Bisognerà comunque allegare un documento di riconoscimento e indicare un indirizzo e-mail, a cui arriverà una prima mail con link da convalidare nelle successive 72 ore. Per chi non procede alla convalida entro tale termine, il link non sarà più valido e la domanda sarà automaticamente annullata.

A seguito della convalida del link, il sistema invierà una seconda mail di presa in carico della domanda, con il numero identificativo della pratica e il riepilogo dei dati inseriti. Infine, se la documentazione è corretta, verrà inviata una terza mail con la ricevuta di presentazione della domanda di adesione.
In ogni caso la domanda potrà essere inviata anche dall’area riservata del sito di agenzia Entrate Riscossione, attraverso le credenziali Spid, Cie e Cns, senza la necessità in questo caso di allegare la documentazione di riconoscimento.

Nella domanda, comunque, il debitore dovrà assumere l’impegno a rinunciare agli eventuali pendenti relativi ai carichi che intende definire.

La comunicazione successiva

A seguito della presentazione delle domande, l’agente della riscossione avrà tempo fino al 30 giugno 2023 per comunicare ai debitori che hanno presentato domanda l’ammontare complessivo di quanto dovuto, nonché, in caso di scelta del pagamento dilazionato, il bollettino di pagamento con il mese e il giorno di scadenza di ciascuna rata (la comunicazione sarà messa a disposizione anche nell’area riservata del sito internet dell’agente della riscossione).

I versamenti

La prima (o unica) scadenza di versamento è il 31 luglio 2023 in cui andrà saldato il 10% del totale dell’importo dovuto (la stessa percentuale si applica anche per la seconda rata in scadenza il 30 novembre 2023). Nel complesso, il piano dei pagamenti potrà arrivare a un massimo di 18 rate, estendendosi fino al 2027 (dal 1° agosto 2023 sulle rate sarà applicato il tasso di interesse del 2% annuo). Ma attenzione perché resta la regola che ha contraddistinto le precedenti rottamazioni: il versamento omesso, tardivo o insufficiente fa scattare l’inefficacia della definizione agevolata. Restano, comunque, i cinque giorni di tolleranza rispetto a ciascuna scadenza per procedere al pagamento.

Le esclusioni

Sono esclusi dalla nuova rottamazione i carichi relativi a: «risorse proprie tradizionali» dell’Unione europea e Iva riscossa all’importazione; recuperi degli aiuti di Stato considerati illegittimi dalla stessa Unione europea; crediti derivanti da condanne pronunciate dalla Corte dei conti; multe, ammende e sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna.

Operazione recupero

La tregua fiscale sui carichi affidati alla riscossione dal 2000 al 30 giugno 2022 concede un’ulteriore opportunità anche ai contribuenti che sono scesi dal treno delle vecchie rottamazioni. La possibilità di presentare la domanda per la nuova definizione agevolata è consentita anche ai contribuenti per cui «si è determinata l’inefficacia» delle tre precedenti edizioni della rottamazione delle cartelle (con “annesse” code di riaperture) e del saldo e stralcio.
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Re: Il nuovo governo nazionale italiano ha giurato

Messaggioda Berto » dom gen 22, 2023 8:22 am

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