Ragazzo suicida, Finanza chiamata da madre: 'Fumare canne non è normale'http://www.fanpage.it/ragazzo-suicida-m ... -e-normaleTantissime persone hanno partecipato oggi nella Basilica di Santo Stefano di Lavagna ai funerali di Giò, il ragazzo di sedici anni che si è ucciso due giorni fa gettandosi dalla finestra della sua abitazione mentre era in corso un controllo della Guardia di Finanza che qualche ora prima lo aveva sorpreso con qualche grammo di hashish. Tanti occhi lucidi e facce ancora incredule per quello che è accaduto. “Nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta”, recita uno degli striscioni appesi alla balconata della chiesa. Sulla bara, portata a spalla in chiesa, c’era la maglia della Virtus Entella del sedicenne, considerato una promessa del calcio. A celebrare le esequie Don Andrea Buffoli, cappellano della Virtus Entella. “Ai ragazzi qui presenti voglio dire due cose: parlate di voi e della vostra vita, perché vuol dire farsi volere bene ed essere accolti, non abbiate paura di farlo. E la seconda cosa è noi non siamo i nostri sbagli ma siamo le nostre cose belle. Se n'è andato in modo tragico e assurdo ma voi qui testimoniate il bene che gli avete dato e che da lui avete ricevuto. Questo amore va custodito. È stato un riferimento per tanti: era una bandiera e come tutte le bandiere per essere animate hanno bisogno di vento”. Anche il papà di Giò aveva pronunciato parole simili.
La mamma: “Vi vogliono far credere che fumare una canna è normale”
“Vi vogliono far credere che fumare una canna è normale, che faticare a parlarsi è normale, che andare sempre oltre è normale. Qualcuno vuol soffocarvi”, le parole invece della mamma del ragazzo durante i funerali. Antonella Riccardi e l’ex marito Marco Bianchi avevano adottato il ragazzo quando era un bambino. “Diventate protagonisti della vostra vita e cercate lo straordinario. Straordinario è mettere giù il cellulare e parlarvi occhi negli occhi. Invece di mandarvi faccine su whatsapp, straordinario è avere il coraggio di dire alla ragazza sei bella invece di nascondersi dietro a frasi preconfezionate”, ha aggiunto la donna. E ancora: “Straordinario è chiedersi aiuto proprio quando ci sembra che non ci sia via di uscita. Straordinario è avere il coraggio di dire ciò che sapete. Per mio figlio è troppo tardi ma potrebbe non esserlo per molti di voi, fatelo”. “Noi genitori invece di capire che la sfida educativa non si vince da soli nell'intimità delle nostre famiglie, soprattutto quando questa diventa una confidenza per difendere una facciata, non c'è vergogna se non nel silenzio: uniamoci facciamo rete”, ha aggiunto affermando di essersi chiesta “perché è successo” ma di aver capito che “a cercare i perché ci arrovelliamo”. “La domanda non è perché, ma come possiamo aiutarci. Fate emergere i vostri problemi”, ha detto a tutti i giovani presenti.
Finanza chiamata dalla madre, manifesti di ringraziamenti alla G.d.F.
“Un pensiero particolare va alla Guardia di Finanza. Grazie per avere ascoltato un urlo di disperazione di una madre che non poteva accettare di avere suo figlio perdersi e ha provato con ogni mezzo di combattere la guerra contro la dipendenza prima che fosse troppo tardi”, ha detto ancora la donna durante le esequie di Giò a cui hanno partecipato finanzieri in borghese. Era stata lei infatti ad andare a parlare con i finanzieri perché aveva sentore del fatto che girasse la droga davanti a scuola. "Si è rivolta a noi perché dopo innumerevoli tentativi di convincere il figlio a smettere di farsi di spinelli non sapeva più cosa fare, noi abbiamo organizzato un servizio e siamo andati lì", ha raccontato il generale Renzo Nisi, comandante provinciale della Guardia di Finanza. Nei manifesti che annunciavano i funerali del ragazzo la famiglia ha voluto ringraziare la Guardia di Finanza quasi a non voler colpevolizzare i militari per quel che è successo.
“Perdonami, non ho saputo colmare il tuo vuoto”
“Le ultime parole sono per te, figlio mio. Perdonami per non essere stata capace di colmare quel vuoto che ti portavi dentro da lontano”: è quanto ha detto ancora la mamma di Giò rivolgendosi al figlio morto. “Voglio immaginare che lassù ad accoglierti ci sia la tua prima mamma e come in una staffetta vi passiate il testimone affinché il tuo cuore possa essere colmato in un abbraccio che ti riempia per sempre il cuore”, ha detto ancora la donna che in chiesa era accompagnata dal padre del ragazzo e suo ex marito. “Fai buon viaggio piccolo mio”, ha concluso.
"Grazie per aver ascoltato l'urlo di disperazione di una madre che non poteva accettare di vedere suo figlio perdersi". Lo ha detto in chiesa la madre del sedicenne di Lavagna che si è tolto la vita in seguito ad una perquisizione per droga. Era stata lei al mattino ad andare a parlare con i finanzieri perchè aveva sentore del fatto che girasse la droga davanti a scuola. "Si è rivolta a noi perchè dopo innumerevoli tentativi di convincere il fgilio di smettere di farsi di spinelli non sapeva più cosa fare _ racconta il generale Renzo Nisi, comandante provinciale della Guardia di Finanza _ noi abbiamo organizzato un servizio e siamo andati lì". Poi è successo tutto. La famiglia comunque conferma la fiducia nella Finanza, lo ha fatto anche con i manifesti pubblicati nella cittadina ligure.
NON CI SI PERDE PER UNO SPINELLO DI MARIJUANA, STUPIDA MADRE!Alberto Pento Mi dispiace tanto per voi, ma per me questa madre è stata una stolta, non si va a perdere un figlio per uno spinello. Uno spinello di mariuana non è un delitto, un peccato, un crimine è un semplice atto normalissimo a quell'età e non produce alcunché di male. Madre e figlio sono entrambi vittime di una incultura incivilisssima. Anche la Guardia di Finanza poteva farsi più cauta, avere più rispetto e agire con maggior delicatezza ... ma questi forse pensavano allo scoop, alle tonnellate di droga cocaina, eroina, ecc. . La marijuana cura la SLA e molte altre malattie come anche la depressione e fa meno male del tabacco e dell'alcool. Casi come questi sono una vergogna!https://www.facebook.com/floriana.gaiaf ... nref=storyDunque, il giovane morto suicida per la vergogna e la paura, nel corso del blitz delle forze dell'ordine - chiamate dalla madre- era FIGLIO ADOTTIVO???!!????
Ho capito tutto.... questo spiega molte cose.......
Certe madri si comportano come bambine dell'asilo: quando la bambola è rotta, smettono di amarla e la gettano via senza tanti rimorsi......
Non so come ti chiami, tizia che hai denunciato tuo FIGLIO; una cosa voglio dirtela, però : se Dio non ti ha reso madre per vie naturali, sapeva bene quel che faceva......
Hai tutto il mio disprezzo.
Alberto Pento Per questo ragazzo "problematico, con disagio piscoemotivo (?)" la marijuana forse era un farmaco che lo faceva star meglio come può far star meglio i malati di SLA, di fibromialgia, di depressione, di Parkinson e di tante altre patologie. Averlo non compreso e criminalizzato è semplicemente demenziale. Non si confonda la marijuana con il crash, l'eroina, la cocaina e le idiozie giovanili che portano a inalare la trielina ed altri solventi, ed altri stupefacenti o droghe similari come le anfetamine, ecc. . Poi si consideri la famiglia degli pscicofarmaci che sono veramente dannosi, utilizzati da milioni di persone. Poi si considerino i danni degli integratori anabolizzanti adoperati da tanti per migliorare le prestazioni fisiche in un ambito patologico di ossessione prestazionale. In questo contesto la canapa è una grazia della preistoria e per chi ci crede anche del cielo.I dieci grammi del ragazzo di Lavagna e i miliardi della mafiaIl suicidio è un gesto privato, ma le responsabilità sono pubbliche
di ROBERTO SAVIANO
15 febbraio 2017
http://www.repubblica.it/cronaca/2017/0 ... -158332627HA SEDICI anni e all'uscita da scuola viene perquisito dalla Guardia di Finanza. Ha addosso dieci grammi di hashish, i classici cinquanta euro di fumo che comprano i ragazzi. Avrebbe ammesso di averne ancora un po' a casa. Quindi la Guardia di Finanza perquisisce la sua cameretta ed effettivamente trova, dove lui stesso aveva indicato, altro fumo. La cronaca ci dice che il ragazzo, durante la perquisizione o mentre uno dei finanzieri stava parlando con sua madre, si alza dal divano dove era seduto, apre la finestra e si butta giù, dal terzo piano. Viene trasportato in elicottero in ospedale, ma non ce la fa. Muore.
I fatti sono questi. Forse è utile localizzare l'evento per un solo dato: Lavagna è un paese di poche migliaia di abitanti, in provincia di Genova. A Lavagna ci si conosce un po' tutti e magari il peso di ciò che la comunità pensa di te ancora si sente forte, fortissimo. Posso ipotizzare che in una città più grande, dove basta cambiare quartiere per diventare perfetti sconosciuti, si cresca in fondo con la sensazione che non esistano marchi a fuoco che ti rovinano la vita per sempre e che la rovinano a chi ti sta vicino.
Questi i fatti a cui non mi va di aggiungere dettagli emotivi. Inutile parlare di quelli che noi presumiamo essere i rapporti con la famiglia: questo non è un romanzo e quindi guardiamoci dall'interpretare i pensieri del ragazzo e dal riempire il vuoto di parole che crediamo siano state pronunciate ma che non hanno, ai fini della nostra valutazione, alcun peso. Concentriamoci, invece, sulle responsabilità politiche che si celano dietro un gesto privato. Concentriamoci sui motivi che portano i media a interessarsi di droga solo quando ci sono sequestri enormi, arresti eccellenti o morti tragiche come questa. Interroghiamoci su cosa uno Stato paternalista possa davvero fare per salvare vite. Concentriamoci sul fallimento della proibizione in materia di stupefacenti, in ogni luogo e in ogni tempo.
E mentre scrivo ho davanti agli occhi il corpo martoriato di Stefano Cucchi e in mente i motivi che hanno condotto al suo arresto. Il 15 ottobre 2009, Cucchi viene fermato dai Carabinieri perché era stato visto cedere droga in cambio di soldi. Lo portano in caserma e addosso gli trovano 21 grammi di hashish, divisi in 12 confezioni, e tre dosi di cocaina. Durante la custodia cautelare accade quello su cui da anni si cerca di fare chiarezza.
Perché ho citato Cucchi? Per un motivo preciso. Stefano muore dopo una settimana, mentre è affidato allo Stato Italiano. Stefano muore perché trattato da tossico, da spacciatore, non mancano al riguardo commenti agghiaccianti. Ricordo Giovanardi che disse che tra spacciatori e carabinieri sceglieva i carabinieri, di fatto fotografando un clima da guerra civile tanto assurdo quanto ingiustificato. E poi il "mi fai schifo" di Salvini rivolto a Ilaria Cucchi che aveva deciso, coraggiosamente, di mostrare le immagini terribili del corpo martoriato di suo fratello. Ma cosa ha raccontato, al nostro Paese, la morte di Stefano Cucchi? Che se sei uno spacciatore e un tossico meriti di morire. E che se ti trovano in possesso di droga, sei una merda e ti sei rovinato la vita. La tua e quella della tua famiglia. Non c'è appello. Non c'è possibilità di riscatto.
È questo che hanno raccontato la morte di Federico Aldrovandi e poi quella di Stefano Cucchi. Ecco perché oggi, di nuovo e con urgenza, dobbiamo riflettere sulla necessità di avviare un dibattito parlamentare serio sulla legalizzazione della cannabis e lo facciamo ancora una volta sul corpo di un altro ragazzo la cui vicenda solo apparentemente non c'entra nulla con le altre che ho citato. In realtà con loro ha in comune il contesto, un contesto che condanna senza processo. Ma ci pensate mai? Solo alla presenza di un corpo morto, ci si distrae per un attimo dalla politica fatta di messaggi mandati via chat intercettati, interpretati, smentiti e per qualche ora si raccolgono idee e dichiarazioni per dirci quanto anche sulla legalizzazione delle droghe l'Italia sia in colpevole ritardo. Poi si seppellisce il corpo e tutto torna alla normalità.
E intanto stupisce l'impiego di una tale solerzia militare su un sedicenne, è ovvio che si tratta di procedure, ma non ci si può esimere dal constatare la spropositata attenzione in questo caso su un dettaglio, rispetto al problema. E anche qui si tratta di valutazione politica e non militare. Di valutazioni generali che prescindono dalle responsabilità dei singoli. Che prescindono dal numero di finanzieri che hanno effettuato la perquisizione, ma hanno a che fare con una logica doppia che non può non saltare all'occhio. Da dove arriva il fumo che si spaccia a Lavagna? Da quelle piazze di spaccio a cielo aperto delle periferie romane o napoletane dove le forze dell'ordine hanno difficoltà a effettuare i seppur minimi controlli. E le scuole di mezza Italia, oggi come ieri, sono piazze di spaccio dove arriva qualunque tipo di droga.
Allora mi domando: ha più senso tracciare il fumo prima che arrivi nelle mani dei sedicenni o ha più senso punire il sedicenne consumatore? E ancora: è più accettabile che un sedicenne possa acquistare fumo in un coffee shop o da spacciatori che hanno anche altro da vendere e soprattutto hanno a che fare con un sottobosco criminale dal quale sarebbe consigliabile tenersi alla larga? Il fumo che si spaccia davanti alle scuole, nelle discoteche, negli stadi e ovunque ci siano ragazzi è fornito dai cartelli criminali. Il problema sono loro o sono gli studenti che fumano? Si dirà: ma se non parti dal piccolo come arrivi al grande? Questo non è assolutamente vero, perché il rischio è che si parta dal piccolo per fare gran numero di fermi e di perquisizioni, perché arrivare alla gestione delle basi è molto complicato.
Si parte dal piccolo spacciatore per rimanere al piccolo spacciatore o al consumatore. Per smantellare piazze di spaccio si rischia di lavorare a vuoto per mesi. E invece ci vogliono fatti concreti, bisogna fare numero, fermi, droga perquisita, grammi su grammi da comunicare nei dati che a fine anno verranno pubblicati affinché l'opinione pubblica si convinca che le forze dell'ordine fanno il loro lavoro.
Quando Patrizia Moretti e Ilaria Cucchi hanno avuto il coraggio di mostrare le immagini dei volti tumefatti di Federico Aldrovandi e di Stefano Cucchi, io ho sentito verso di loro enorme gratitudine. Lo hanno fatto, certo, per un figlio, per un fratello, morti in circostanze odiose, ma lo hanno fatto anche perché sapevano che i diritti si ottengono utilizzando corpi, corpi che diventano campi di battaglia. Oggi però mi assale lo sconforto nel constatare che il corpo morto, quello senza vita (che sia il corpo del piccolo Aylan trovato esanime sulla costa turca, quello di Federico o quello di Stefano) ci indigna, ci fa incazzare, rabbrividire, commuovere, ma ci restituisce anche la tristissima consapevolezza che ormai più nulla è dato fare. Che oltre la morte non c'è più niente. Che ogni nostro gesto, ogni nostra azione è ormai vana. La nostra distrazione è quindi giustificata, naturale conseguenza, quasi ovvia, scontata, dovuta. Normale. Chi si occupa di mafie questo lo sa bene: non si spiegherebbe altrimenti l'indifferenza ai morti in terra di camorra, morti giovani, minorenni, morti innocenti, morti colpevoli.
E penso a Marco Pannella e all'intuizione che ha avuto, intuizione geniale, da politico di razza, sulle battaglie politiche, che andavano necessariamente condotte utilizzando il corpo vivo, il suo corpo vivo. Gli scioperi della fame per i detenuti e la distribuzione di marijuana e cannabis. Oggi prendiamo la sua eredità perché è sui corpi dei vivi che vanno combattute e vinte le battaglie. Dei corpi morti ci dimentichiamo in poco tempo. È il suo metodo che dobbiamo utilizzare, un metodo analitico che dal particolare va subito all'universale e non indugia sui turbamenti intimi dell'animo umano, ma punta dritto alle responsabilità collettive e su quello che c'è da fare.
Qui, dunque, non è minimamente in discussione l'incapacità che un sedicenne ha, per inesperienza, di relativizzare ciò che gli accade, ma la necessità di porre seriamente le basi perché gli innocenti, ma anche i colpevoli, non vengano condannati a morte dalla pubblica morale. E se il decesso di Stefano Cucchi è stato procurato, il ragazzo di Lavagna ha anticipato il giudizio sociale e, in una manciata di minuti, si è autoprocessato, si è trovato colpevole, togliendo a chiunque altro la possibilità di giudicarlo. Non giriamoci troppo attorno, lui è l'ennesima vittima di un sistema criminogeno, di un sistema che non funziona per calcolo, inerzia, incompetenza, comodità.
E rendiamoci conto che uno Stato paternalista, che pretende di preservare i suoi figli vietando, è uno Stato destinato a fare un numero incalcolabile di vittime e che regala alle organizzazioni criminali un mercato stimato tra 4 e 9 miliardi di euro all'anno. Questo è il valore della cannabis consumata.
Smettiamo, quindi, di fare regali alle mafie e legalizziamo, ora. Legalizziamo.
Anzi, in realtà bisognava averlo già fatto, ieri.
Perquisito davanti alla madre: suicida a sedici anni per 10 grammi di hashishUn giovane sedicenne si è lanciato dal terzo piano dopo aver consegnato alla guardia di finanza 10 grammi di hashish che possedeva in casa
Andrea Cuomo - Mar, 14/02/2017
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 63796.htmlSi dice che l'anima pesi 21 grammi; e il regista Alejandro González Iñárritu, quello di «Birdman» e «Revenant», dedicò qualche anno fa alla faccenduola anche il titolo di un suo film.
Ma a 16 anni non si hanno bilancini molto precisi per queste cose, e 10 grammi di hashish, la più leggera delle droghe, devono essere sembrati a un adolescente di Lavagna, in Liguria, assai più gravosi della propria anima pure pesante del doppio. Al punto di scegliere di gettarsi dal terzo piano di casa sua, in via Torino, di essere raccolto ferito ma vivo e di morire sull'elicottero che lo trasportava all'ospedale San Martino di Genova, e i 21 grammi della sua anima in una frazione di secondo non avevano più nessun valore nemmeno per il più incarognito degli spacciatori.
È morto per la vergogna, quel ragazzo. Per il senso di colpa nei confronti dei suoi genitori, molto noti nel suo paese, che mentre lui apriva quella finestra di casa non gli badavano, perché stavano nell'altra stanza a parlare con quei finanzieri che pochi minuti prima avevano bussato a casa sua. Erano lì per lui. Poche ore prima il ragazzo, con qualche problema di profitto scolastico negli ultimi tempi, era finito per caso nelle maglie di un controllo antidroga davanti al suo liceo di Chiavari. I militari gli avevano trovato in tasca o nello zaino, vai a sapere, un sacchetto con quella miserabile quantità di cannabis. Era scattato il sequestro e i militari avevano avvertito i genitori convocandoli a casa per una perquisizione. Tutto da procedura, tutto da copione, i finanzieri con la ramanzina pronta e forse anche un po' di simpatia per quel ragazzino che poteva essere come un figlio loro, solo un po' più sventato.
La perquisizione era stata fatta, in casa non c'era altra droga, tutto a posto o quasi, i militari stavano spiegando ai genitori che il ragazzo avrebbe rischiato solo una segnalazione al prefetto ma che magari avrebbero dovuto sorvegliarlo un po' di più. Troppo tardi, perché era quello il momento per tenerlo d'occhio. Il tempo di girare la maniglia di una finestra e di farsi inghiottire dal nulla. Che è poco, pochissimo meno di 21 grammi e soprattutto di 10.
Sedicenne suicida durante perquisizione, il generale della Finanza Renzo Nisi: “Umanamente non rifarei il blitz”Il comandante provinciale di Genova torna a parlare in un'intervista con il QN- Quotidiano nazionale del suicidio del 16enne di Lavagna cui le Fiamme Gialle avevano trovato dell'hashish. A chiedere l'intervento dei finanzieri era stata la mamma del ragazzino che durante i funerali li ha ringraziati. L'alto ufficiale: "Conoscendo l’esito tragico di quel servizio, adesso dico che era meglio non farlo"
di F. Q. | 17 febbraio 2017
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/02 ... tz/3397226“Potendo tornare indietro, avrei rifatto quel blitz? Umanamente, dico di no. Col senno di poi immaginerei sicuramente un intervento diverso, con un supporto psicologico presente in casa. Penserei a una soluzione alternativa, ci sto ragionando tutti i giorni. Conoscendo l’esito tragico di quel servizio, adesso dico che era meglio non farlo”. Il generale Renzo Nisi, comandante provinciale della Guardia di finanza di Genova, torna a parlare in un’intervista con il QN- Quotidiano nazionale del suicidio del 16enne di Lavagna cui le Fiamme Gialle avevano trovato dell’hashish. A chiedere l’intervento dei finanzieri era stata la mamma del ragazzino che durante i funerali ha ringraziato la Finanza.
Il comandante, che era stato in silenzio subito dopo le polemiche per l’intervento dei suoi uomini, ripete che “se un cittadino ci chiede aiuto, dobbiamo aiutarlo nel miglior modo possibile. Nel caso del ragazzino siamo intervenuti con tutte le cautele del caso, predisponendo una squadra speciale per l’occasione, composta da padri di famiglia che sapessero bene come approcciare un giovane. Erano tutti militari in grado di creare un ambiente meno traumatico possibile. Abbiamo fatto in modo che nell’abitazione ci fosse la madre con il compagno”. Il finanziere spiega che durante l’intervento non c’erano stati liti, ma “classico rimprovero da genitori”. Alla domanda sulle dichiarazioni del procuratore dei minori della Liguria, Cristina Maggia, ha detto che bastava una chiamata e avrebbe sconsigliato la perquisizione, l’alto ufficiale risponde: “Non entro in polemica con il procuratore: noi operiamo strada per strada, con la gente e per la gente. Le decisioni vanno prese nell’arco di un attimo e ci appelliamo alla professionalità. Se si giudica in base al risultato, anche la vita di ognuno di noi è da rivedere”. La stessa procuratrice aveva spiegato che l’intervento della Finanza era stato corretto e tutto si era svolto nel pieno rispetto delle regole. “Abbiamo messo in campo la migliore esperienza e rispettato le procedure per tutelare il minorenne. Il risultato non ci ha dato ragione, non siamo tranquilli. Ci sentiamo profondamente colpiti e dispiaciuti – prosegue nel colloquio con QN – Fare il massimo non è bastato, si può pensare di mettere più forze in campo. Normalmente non si fa, ma nelle perquisizioni casalinghe potrebbe entrare in gioco da prassi lo psicologo”. Una riflessione che aveva fatto anche il procuratore capo di Genova, Francesco Cozzi.
Alla domanda se c’è una spiegazione al gesto del ragazzo, Nisi dichiara: “Non lo so, me lo sto chiedendo in tutti questi giorni e soprattutto ieri (mercoledì, ndr) al funerale quando ho visto l’enorme partecipazione per l’addio. Quel ragazzo era inserito ovunque, aveva amici, conoscenti, compagni di squadra. Non si spiega, è imponderabile“. Per il generale la scelta dei genitori del sedicenne di rivolgersi alla Finanza è stata opportuna: “La loro scelta è stata giusta, l’esito era imponderabile. Se la gente non si rivolge allo Stato nel momento del bisogno, la società perde il suo valore. In questi giorni ho sentito di tutto, tranne che la fiducia nello Stato. Noi aiutiamo chi ha bisogno”.
Ragazzo suicida a Lavagna, è stata la madre a chiamare la Finanza«Perdonami per non essere stata capace di colmare quel vuoto che ti portavi dentro da lontano» ha detto la donna durante le esequie
http://www.lastampa.it/2017/02/15/itali ... agina.html «È stata la mamma del ragazzo a rivolgersi a noi, quella stessa mattina venendo in caserma, perché non sapeva più cosa fare. Aveva provato tante volte a cercare di convincerlo a smettere ma non sapeva più come fare». Alle 19.45 arriva la dichiarazione del comandante provinciale della Guardia di Finanza Renzo Nisi che rende esplicito quanto si era capito dai manifesti affissi a Lavagna che annunciavano i funerali e dalle parole in chiesa della mamma del povero Gio, il ragazzo di 15 anni che si è tolto la vita durante la perquisizione in casa perché era stato trovato con 10 grammi di hashish.
«Quella di questo ragazzo - prosegue il comandante - è una famiglia da ammirare perché non ha fatto finta di nulla, perché ha avuto il coraggio di non nascondersi dietro a un problema. Un problema che c’era, anche banale, ma c’era. La mamma si è data da fare in tutti i modi e alla fine si è rivolta a noi».
«Quello che è successo - sottolinea Nisi - è una cosa imponderabile, fuori da quello che umanamente uno si può immaginare. La mamma del giovane è venuta in caserma e ci ha detto che il figlio usava droghe leggere, che aveva paura che fosse finito in un brutto giro. Abbiamo capito che non ci trovavamo davanti a un criminale e siamo intervenuti quasi con una finalità pedagogica visto che erano appunto pochi grammi». «Noi siamo al servizio dei cittadini - conclude l’ufficiale - e capita a volte che siano gli stessi genitori a chiamarci per chiederci aiuto. Abbiamo agito con tutte le cautele del caso, ma è stato un fatto davvero imponderabile».
Ragazzo suicida a Lavagna, la madre: “Perdonami per non aver colmato quel vuoto dentro di te”
“Nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta”. Recitava così uno striscione appeso alla balconata della chiesa di Santo Stefano di Lavagna già strapiena dentro e fuori per il funerale del sedicenne che si è tolto la vita gettandosi dalla finestra della sua abitazione mentre era in corso un controllo della Guardia di Finanza che qualche ora prima lo aveva sorpreso con della droga leggera durante un controllo fuori dalla scuola. Tanti giovani, tanti amici della famiglia, le divise della Virtus Entella e il simbolo del gruppo folcloristico a cui il giovane apparteneva. In chiesa l’urlo di disperazione della madre: “Perdonami per non essere riuscita a colmare quel vuoto che ti portavi dentro”.
I funerali
Almeno duemila persone hanno partecipato ai funerali del ragazzo di 15 anni che si è tolto la vita a Lavagna durante una perquisizione in casa sua.
Ad un certo punto la folla è diventata così traboccante che non è stato più possibile entrare nella Basilica di Santo Stefano di Lavagna (foto) . Centinaia di persone si sono disposte nel grande piazzale e sulla lunga balconata dove è stato appeso un cartello disegnato con lo spray con la scritta “nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta” e un grande cuore blu. Un altro cuore blu per un altro striscione con le parole di “in morte di SF” di Francesco Guccini e una foto del ragazzino suicida mentre gioca a calcio nella squadra in cui militava.
La madre: «Non è normale andare sempre oltre»
«Vi vogliono far credere che fumare una canna è normale, che faticare a parlarsi è normale, che andare sempre oltre è normale. Qualcuno vuol soffocarvi». Lo ha detto ai giovani la madre del ragazzo suicida durante i funerali. «Diventate protagonisti della vostra vita e cercate lo straordinario. Straordinario è mettere giù il cellulare e parlarvi occhi negli occhi. Invece di mandarvi faccine su Whatsapp, straordinario è avere il coraggio di dire alla ragazza sei bella invece di nascondersi dietro a frasi preconfezionate».
Lavagna, il dolore dei genitori al funerale del quindicenne suicida
«Vi vogliono far credere che fumare una canna è normale, che faticare a parlarsi è normale, che andare sempre oltre è normale. Qualcuno vuol soffocarvi». Lo ha detto ai giovani la madre del ragazzo suicida durante i funerali. «Diventate protagonisti della vostra vita e cercate lo straordinario».
«Straordinario è chiedersi aiuto proprio quando ci sembra che non ci sia via di uscita. Straordinario è avere il coraggio di dire ciò che sapete. Per mio figlio è troppo tardi ma potrebbe non esserlo per molti di voi, fatelo», ha detto la donna.
«Noi genitori invece di capire che la sfida educativa non si vince da soli nell’intimità delle nostre famiglie, soprattutto quando questa diventa una confidenza per difendere una facciata, non c’è vergogna se non nel silenzio: uniamoci facciamo rete», ha aggiunto. «In queste ore ci siamo chiesti perché è successo, ma a cercare i perché ci arrovelliamo. La domanda non è perché, ma come possiamo aiutarci. Fate emergere i vostri problemi», ha detto la madre ai ragazzi.
«Un pensiero particolare va alla Guardia di Finanza che ha saputo ascoltare l’urlo di dolore di una madre»: ha aggiunto la donna che ha concluso il discorso così: «Le ultime parole sono per te, figlio mio. Perdonami per non essere stata capace di colmare quel vuoto che ti portavi dentro da lontano», e poi accennando alla storia familiare del figlio, la signora Antonella ha aggiunto: «Voglio immaginare che lassù ad accoglierti ci sia la tua prima mamma e come in una staffetta vi passiate il testimone affinché il tuo cuore possa essere colmato in un abbraccio che ti riempia per sempre il cuore», ha detto la donna che in chiesa era accompagnata dal padre adottivo del ragazzo e suo ex marito. «Fai buon viaggio piccolo mio», è stato l’ultimo saluto.
Gli amici ai funerali
Tanti giovani, tanti amici della famiglia, le divise della Virtus Entella e il simbolo del gruppo folcloristico a cui il giovane apparteneva. Nei manifesti che annunciavano le esequie la famiglia ha voluto ringraziare anche la Guardia di Finanza quasi a non voler colpevolizzare i militari per quel che è successo.
ANSA
Il parroco ai giovani: «Parlate di voi e della vostra vita»
A celebrare le esequie Don Andrea Buffoli, cappellano della Virtus Entella. «Ai ragazzi qui presenti voglio dire due cose: parlate di voi e della vostra vita, perché vuol dire farsi volere bene ed essere accolti, non abbiate paura di farlo. E la seconda cosa è noi non siamo i nostri sbagli ma siamo le nostre cose belle. Se n’è andato in modo tragico e assurdo ma voi qui testimoniate il bene che gli avete dato e che da lui avete ricevuto. Questo amore va custodito. È stato un riferimento per tanti: era una bandiera e come tutte le bandiere per essere animate hanno bisogno di vento». Ieri il padre aveva detto: «Non sono stato un bravo padre, non ho saputo capire mio figlio».
ANSA
Gasparri e Giovanardi contro Saviano
La morte dello studente è diventata un caso nazionale, di cui si è occupato oggi anche Roberto Saviano, stigmatizzando l’accanimento contro i “piccoli” a vantaggio della criminalità organizzata. Rispondono con rabbia in una nota i senatori Carlo Giovanardi (Idea Popolo e Libertà) e Maurizio Gasparri (Forza Italia): «Il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani sotto i 20 anni in Italia con 500 morti ogni anno. Una tragedia che negli ultimi giorni si è rinnovata con gesti estremi collegati con situazioni le più disparate e incomprensibili, compreso un episodio collegato con il possesso di stupefacenti. Di tutto questo ha immediatamente approfittato Roberto Saviano, strumentalizzando un angoscioso problema di vulnerabilità degli adolescenti per rilanciare la liberalizzazione dell’uso degli stupefacenti anche ai minorenni, che aggraverebbe ancora di più la situazione della fragilità giovanile».
Imponderabile un cazzo. Le mamme stronze esistono.https://nonsiseviziaunpaperino.com/2017 ... e-un-cazzoState per leggere forse le peggiori righe che una persona, addirittura io, possa scrivere riguardo qualcuno che soffre.
Qualche giorno fa un sedicenne si è suicidato, l’ha fatto gettandosi dalla finestra mentre i finanzieri perquisivano la sua camera per una decina di grammi di fumo trovatigli addosso durante i controlli richiesti dalla mamma. Una reazione inconsulta, esagerata, dettata dalla paura, dall’ignoranza, dal panico, una reazione sciocca, una di quelle cose che ci si potrebbe aspettare solo, che so, da un adolescente.
Non so come impedirvi di leggere quanto segue, quindi se potete evitatelo.
Odio, rabbia, frustrazione, offese veementi e neanche un cazzo da ridere. Giuro che se avessero lasciato il cadavere dov’era non avrei avuto nulla da dire, ma quando ho visto che qualcuno ha iniziato a ballarci sopra, mi sono sentito in diritto di offenderlo.
Premessa: non conosco le persone coinvolte né la loro storia, né i dettagli della reale situazione prima dell’accaduto, né c’ero quando è successo, né ho voluto esaminare un particolare di vita. Ma, cazzo, ho sentito e letto quelle maledette parole, e se è possibile far morire qualcuno due volte, è quello che è stato fatto.
Non ce l’ho con quella donna per quello che è, quello è un problema suo ed è qualcosa che non possiamo sapere fino in fondo, ma trovo terribile quello che ha detto.
Non parlerò del proibizionismo, che trova in questa occasione la ciliegina su di una torta più piena di merda delle crociate e della Jihad messe insieme. Parlerò invece della signora mamma di questo ragazzo, una signora che ha perso un figlio, l’evento più doloroso possibile nella vita di un genitore. Una signora che potrebbe per questo aver perso il lume di una ragione già latitante. Forse quando avrò finito non vorrete più aver nulla a che spartire con me, ma parlerò di questa mamma e delle sue parole senza pietà alcuna. Lo farò perché ne ho bisogno, per denunciare la mancanza di un’altro tipo di pietà, quella che certe idee stanno spargendo tra gli uomini, lo farò perché se nemmeno una madre in questo momento riesce a liberarsi dai vincoli di queste idee, non c’è “le donne ci salveranno” che tenga, non c’è “se i poveri governassero”, non c’è “l’uguaglianza tra le razze porterà giustizia”; non ci sarà null’altro che “io”, tanti, troppi piccolissimi “io” che scinderanno l’umanità fino al minimo comune denominatore: la merda che siamo.
Questa madre aveva un figlio che perdeva colpi a scuola, lo vedeva smarrirsi un po’, e ha reagito chiamando la Guardia di Finanza e “mandandolo bevuto”, causandone “indirettamente” la morte.
Si può sbagliare, anche in modo grave, e le conseguenze ricadono su di noi. Non è questo, il problema. Il problema è che la reazione di questa madre è stata quella di scaricare la propria responsabilità di genitore sulle spalle “della gioventù”, che, immplicitamente, non capisce un cazzo.
Spoiler, mamma dell’anno: la gioventù capisce quello che gli spieghi.
Accusando i giovani di manie di protagonismo e di altre amenità usa l’altare della chiesa come il palco di un reality per la sua performance da tronista. Ed ora,siccome io sono più merda di lei, risponderò al suo comizio passo per passo, perché uno schifo del genere, questa mamma e tutti quelli che assecondano il medesimo pensiero, devono schiaffarselo nel culo ogni volta che viene loro in mente di avere un figlio. Anzi, INVECE, di avere un figlio.
Iniziamo:
“Le ultime parole sono per te, figlio mio. Perdonami per non essere stata capace di colmare quel vuoto che ti portavi dentro da lontano. Voglio immaginare che lassù ad accoglierti ci sia la tua prima mamma e come in una staffetta vi passiate il testimone affinché il tuo cuore possa essere colmato in un abbraccio che ti riempia per sempre il cuore. Fai buon viaggio piccolo mio.”
Questo è l’unico mea culpa che sentirete, insieme a quello del padre, che ammette di non essere stato un buon padre, tanto per rinforzare la tautologia insita in questa rubrica. Non possiamo sapere se e quanto questa donna abbia provato a stare vicino al figlio adottivo, la cosa che stupisce è però la bellissima frase sulla staffetta che, se la rileggete, non vuol dire un cazzo. Il testimone di cosa? Boh. “FInalmente sei con la tua vera mamma”, pare consolarsi la donna, omettendo di dire che il perché di questa reunion potrebbe non essere una fortuita disgrazia.
“La domanda che risuona dentro di noi e immagino dentro molti di voi è: perchè è successo, perchè a lui, perchè adesso, perchè in questo modo? Arrovellandoci sul perchè, ci siamo resi conto che non facevamo altro che alimentare uno stato d’animo legato alla sua morte senza possibilità di una via d’uscita. Allora abbiamo capito che forse la domanda da porsi in questa situazione è piuttosto: come?“.
E invece no, principessa Myškin: “perché” era proprio la domanda giusta, e il non voler accettare la risposta non è un buon motivo per cercare la scorciatoia di una domanda di riserva. Bisogna affrontare i problemi, anche e soprattutto quando il problema deriva da una propria mancanza. Ma quanto è più facile dire “è colpa della droga”? Quanto è miserabile e vigliacco evitare così la questione principale, alla disperata ricerca di un’assoluzione, non nel privato del proprio dolore, ma in pubblica piazza?
Prosegue, rivolgendosi ai ragazzi: “Vi vogliono far credere che fumare una canna è normale, che faticare a parlarsi è normale, che andare sempre oltre è normale. Qualcuno vuol soffocarvi”.
Un adolescente che ha difficoltà ad esprimersi? Davvero? Perché non ha chiamato direttamente le teste di cuoio?
Sa cosa? Fumare una canna È normale, quanto bere alcolici, è solo meno legale, se sapesse distinguere il “mala in se” dal “mala quia prohibita” capirebbe che l’unica cosa soffocante è la garrota dell’ignoranza in cui ha fallito di crescere suo figlio.
“Diventate protagonisti della vostra vita e cercate lo straordinario. Straordinario è mettere giù il cellulare e parlarvi occhi negli occhi. Invece di mandarvi faccine su whatsapp […]”
Disse la protagonista del film indie “Piuttosto che parlarci ancora chiamo la finanza“.
Insistere sulle idee che hanno portato il proprio figlio ad un’ingiusta fine prematura, questo sì che è cercare lo straordinario. Se avesse mai giocato ai videogiochi con suo figlio saprebbe che una mossa del genere la chiamano overkill. Ma è un’eresia pensare che lei facesse qualcosa del genere, visto che denigra persino l’utilizzo dello strumento tecnologico per comunicare. “Ah, maledetti giovinastri che utilizzate cose che non capisco”. E sicuramente chi usa Whatsapp non parla mai guardando l’interlocutore negli occhi, è sempre stato così, nella vita vera a Paperopoli.
“[…] straordinario è avere il coraggio di dire alla ragazza ‘sei bella’ invece di nascondersi dietro a frasi preconfezionate“. “Straordinario è chiedersi aiuto proprio quando ci sembra che non ci sia via di uscita. Straordinario è avere il coraggio di dire ciò che sapete. Per mio figlio è troppo tardi ma potrebbe non esserlo per molti di voi, fatelo.”
E certo che a questo punto usare una frase preconfezionata da lei dev’essere senza dubbio MEGLIO che usare una frase preconfezionata da un poeta, da un cantante o da chiunque altro. Perché lei sa cosa è meglio per i giovani. Si capisce dalla quantità di figli morti che può vantare.
Straordinario è chiedere ciò che non si sa e accettare che le cose possano essere diverse da come le si immagina o pretende. Dire ciò che si sa, o peggio imporlo, è solo da straordinarie teste di cazzo. Straordinario è andare incontro alle esigenze del prossimo invece che imporre le proprie “soluzioni”.
Questo discorso è un tale coacervo di umanità retrograda che persino i beduini che hanno scritto la bibbia l’avrebbero guardato con sospetto, mentre segnavano la lapidazione come metodo contraccettivo.
“Noi genitori invece di capire che la sfida educativa non si vince da soli nell’intimità delle nostre famiglie, soprattutto quando questa diventa una confidenza per difendere una facciata, non c’è vergogna se non nel silenzio: uniamoci facciamo rete.”
La “rete”. Funziona un casino la “rete”. Forse dovrebbe iscriversi ad un meetup. O forse avrebbe dovuto frequentarli un po’ ‘sti cazzo di giovani invece di giudicarli senza conoscere altro che i voti di scuola e i telefilm sulla droga.
La sfida educativa. Cristo, si lamentava dello studio di suo figlio, ma lei quanto ha studiato per fare il genitore? Quanti libri di psicologia, di sociologia, di neurologia, di scienze comportamentali ha studiato prima di decidere come fare il genitore? Forse il ragazzo non zoppicava per la droga. Forse qualcuno l’ha azzoppato “nell’intimità della famiglia”.
Non possiamo saperlo, certo. Ma, per esempio, sarei anche curioso di sapere quali specialisti ha provato a contattare prima di prevedere per suo figlio una segnalazione alla prefettura da sbandierare con orgoglio quando sarebbe diventato direttore di banca.
Vergogna invece ce ne dovrebbe essere, e non solo nel silenzio, ma anche e soprattutto nelle parole dannose, perché signora, con quello che sta dicendo e facendo con queste sue parole, le garantisco che per lei e per ciò che rimane della sua famiglia il silenzio sarebbe l’unico scampolo di dignità.
“In queste ore ci siamo chiesti perché è successo, ma a cercare i perché ci arrovelliamo. La domanda non è perché, ma come possiamo aiutarci. Fate emergere i vostri problemi“, ha detto la madre ai ragazzi.
Ancora. La domanda invece è proprio “perché”, e la risposta probabilmente è “perché prima di suo figlio i veri problemi li ha avuti lei”. L’unica differenza è che lei può continuare ad averne. Perché ha scelto il modo peggiore per dimostrare che forse non era la persona più indicata per avere figli.
E alla Finanza ha detto anche: “Grazie per aver ascoltato l’urlo di disperazione di una madre che non poteva accettare di vedere suo figlio perdersi. E ha provato con ogni mezzo di combattere la guerra contro la dipendenza prima che fosse troppo tardi.
Le canne, lei lottava contro la dipendenza di suo figlio dalle canne. Se avesse davvero chiesto aiuto a qualcuno, prima che alla Guardia di Finanza, probabilmente le avrebbero spiegato che le canne erano la lotta contro la dipendenza da una madre ottusa e ignorante, i cui limiti hanno sbarrato la vita del figlio. I cui limiti hanno creato il “troppo tardi” di cui parla. “Con ogni mezzo” significa che li provi tutti, i mezzi, prima di far arrestare tuo figlio daventi ai compagni di scuola, prima di farlo trascinare da uomini in divisa nella sua stanza, in modo che possano violare legalmente l’unico posto “intimo” per un adolescente, nell’incoerente tentativo di dimostrare che sì, le canne fanno meno male di un salto nel vuoto che parte dalla vergogna e finisce diversi piani più in basso.
Non c’è colpa né giudizio nell’imponderabile, e dall’impoderabile non può che scaturire linfa nuova e ancora più energia nella lotta contro il male. Proseguite“.
“La legge non ammette ignoranza”, per una che risolve le difficoltà del figlio chiamando le forze dell’ordine, dovrebbe essere un concetto semplice da comprendere; ecco, allo stesso modo, quando uno concorre alla morte del proprio figlio potrebbe non essere la cosa più dignitosa da fare lo scaricare le responsabilità su un generico “male” usando la frase “chi l’avrebbe mai detto”.
Il male contro cui lottare è questo modo di pensare.
Le sue idee e il suo comportamento incarnano la rovina delle nuove generazioni che, semmai nonostante voi troveranno la forza di lottare, dovranno farlo proprio contro l’ottusa, convinta e prepotente ignoranza che li sta costringendo ad essere ciò che non sono o, in alternativa, a non essere più.