L'identità sessuale non dipende dalla volontà individuale

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Messaggioda Berto » sab lug 03, 2021 9:05 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Messaggioda Berto » ven lug 09, 2021 7:45 am

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Messaggioda Berto » ven lug 09, 2021 7:46 am

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Messaggioda Berto » ven lug 09, 2021 7:47 am

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Messaggioda Berto » ven lug 09, 2021 7:47 am

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L'identità sessuale non dipende dalla volontà individuale

Messaggioda Berto » dom lug 11, 2021 6:53 am

11)
Le cause dei disturbi, delle disforie, delle patologie e perversioni sessuali





Parafilie: quando il sesso non segue le convenzioni
16 Gennaio 2018

https://psiche.santagostino.it/2018/01/ ... nvenzioni/

Quello delle parafilie, o comportamenti sessuali non convenzionali, è un argomento ancora molto dibattuto in psicologia, soprattutto perché contaminato da aspetti storici e culturali. Quando è opportuno chiedere un aiuto psicoterapeutico?

Un tempo le chiamavano “perversioni sessuali”. Oggi, per riferirsi a tutti quegli interessi e pratiche erotiche ritenute atipiche, sessuologi, psichiatri e psicoterapeuti parlano di parafilie. Il termine deriva dal greco para (attorno) e filia (amore) e si riferisce a impulsi, fantasie o comportamenti sessuali intensi e ricorrenti, che implicano oggetti, attività o situazioni inusuali, distanti da quelli comunemente previsti nella pratica sessuale.
Per quanto ampiamente studiato e descritto sui manuali di psicopatologia, il concetto di parafilia è ancora oggi complesso e dibattuto, soprattutto perché strettamente vincolato a norme sessuali e culturali radicate nel senso comune, ma che variano molto a seconda del contesto religioso, geografico e storico: pochi disturbi psichiatrici sono accompagnati da considerazioni moralistiche come lo sono le parafilie.
Determinare la devianza di una persona nell’area della sessualità, infatti, implica stabilire chiare norme per il comportamento sessuale, sia sul piano psichiatrico sia dal punto di vista legale. In questo senso, l’evoluzione della definizione di attività sessuale perversa in psichiatria riflette i cambiamenti storici della nostra società. Il caso dell’omosessualità ne è un esempio lampante: considerata per lungo tempo una perversione e punita dal codice penale come “atto di libidine contro natura”, è oggi accettata e riconosciuta come normale manifestazione della sessualità in molti paesi del mondo (anche se non tutti). Da poco anche in Italia le regolamentazioni civili riconoscono l’unione tra persone dello stesso sesso (legge sulle unioni civili del 20 maggio 2016, n. 76, cosiddetta legge Cirinnà). L’omosessualità è definitivamente scomparsa dal DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) nel 1990 dopo 17 anni di dibattito sul tema.

Cambiamenti storici

La storia della sessualità è da sempre costellata di desideri “perversi” e di interessi che si discostano da ciò che è comunemente ammesso: sono proprio questi aspetti di allontanamento dalla norma a contraddistinguere la sessualità “deviante” da quella ordinariamente riconosciuta.
A tal proposito Alfred Kinsey, il sessuologo statunitense autore negli anni ’50 del secolo scorso di un celebre Rapporto sul comportamento sessuale, ipotizzò che la tendenza dell’uomo ad aderire a certe norme di comportamento abbia contribuito a fomentare l’aspettativa che anche gli altri vi si dovessero conformare. Secondo Kinsey, cioè, le nostre abitudini e condotte sono talmente radicate in noi da indurci a credere che debbano essere tali e quali anche per gli altri e a connotare come deviato o pericoloso ciò che vi si discosta.

Sigmund Freud, già più di un secolo fa sosteneva che viviamo in una società sessualmente repressa, ma ambivalente: da un lato vorrebbe lavoratori affidabili e precisi, ordine, doveri sociali e familiari, obblighi economici e morali, dall’altro bombarda la nostra quotidianità di stimoli provocatori e liberatori, che non fanno riferimento all’ordine e ai doveri a cui dovremmo attenerci. Un esempio di messaggio contraddittorio, secondo Freud, era quello rivolto ai giovani nei primi decenni del Novecento: l’invito a trovare moglie e metter su famiglia, e insieme a dimostrare la propria virilità con relazioni extraconiugali o col ricorso alla prostituzione. Oggi la società descritta da Freud è cambiata, ma sotto molti aspetti i messaggi contraddittori continuano a esistere: basti pensare alla distanza tra la vita sessuale prescritta dai dogmi di alcune religioni e quello che troviamo sul web e in televisione. La sessualità femminile, in particolare, è entrata in modo sempre più esplicito nella cultura popolare, senza essere accompagnata da una vera educazione e consapevolezza a livello sociale.

Confini labili

Negli ultimi anni la sessualità è divenuta un’area di indagine scientifica ed è stato possibile constatare come coppie ritenute “normali” abbiano in realtà una varietà di comportamenti sessuali differenti, tutti potenzialmente “perversi”. A tal proposito, William McDougall, psicologo sociale di origine inglese, ha messo in evidenza come fantasie perverse si riscontrano in moltissime persone, senza però manifestare l’aspetto compulsivo (e cioè incontrollabile), fondamentale per rientrare nella definizione di parafilia.
La sessualità per la coppia è spazio di sperimentazione, creatività, gioco, e può assumere forme molto diverse. Il fatto che, per esempio, si provi eccitazione leggendo un fumetto erotico, o che uno o entrambi i membri della coppia interpretino ruoli indossando una precisa tipologia di indumenti, costituisce una parafilia, ma non una psicopatologia.
Inoltre, il solo desiderio non è sufficiente alla diagnosi: un aspetto centrale contenuto nel DSM 5 è la distinzione tra desiderio e azione.

Le parafilie secondo il DSM 5

Il 5° Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali tratta esplicitamente otto forme di parafilia, e cioè:

Disturbo esibizionistico: bisogno di mostrare i propri genitali a persone sconosciute;
Disturbo feticistico: uso di oggetti non sessuali per ottenere l’eccitazione (per esempio le scarpe);
Disturbo frotteuristico: bisogno di toccare o palpare persone non consenzienti;
Disturbo pedofilico: attrazione per minori e bambini;
Disturbo da masochismo sessuale: bisogno di essere umiliati o di provare dolore;
Disturbo da sadismo sessuale: bisogno di umiliare o provocare dolore;
Disturbo da travestitismo: bisogno di indossare vestiti del sesso opposto;
Disturbo voyeuristico: bisogno di spiare persone nude o in atteggiamenti intimi.

Questi disturbi possono essere distinti in due categorie: quelle che prevedono semplicemente un comportamento sessuale atipico e quelle che comportano anche un disturbo mentale (disordini parafilici).

Per poter porre una diagnosi di disordine parafilico è necessario che la persona manifesti almeno una di queste caratteristiche:

angoscia personale profonda, non limitata alla sola disapprovazione sociale;
disagio psichico o fisico;
comportamenti nocivi per sé o l’altro;
coivolgimento di persone riluttanti a essere coinvolte in un simile scenario sessuale oppure incapaci a dare un valido consenso (bambini, disabili).

In questi casi, il comportamento o i desideri sessuali sono causa di un disagio significativo per la persona o possono diventare motivo di pericolo per altri o per la società in generale (si pensi al reato di pedofilia).

Le cause: traumi e abusi infantili

Secondo il DSM alcune delle fantasie e dei comportamenti parafilici possono aver inizio nell’infanzia o nella prima adolescenza, ma nella maggior parte dei casi divengono meglio definiti ed elaborati con l’ingresso nella prima età adulta.
Robert Stoller, psichiatra e psicanalista statunitense noto per le sue teorie sulle dinamiche dell’eccitazione sessuale, identifica l’essenza della perversione come la conversione di un trauma infantile in un trionfo adulto. Secondo Stoller alcune persone sono spinte a questi comportamenti dalle loro fantasie di vendicare umilianti traumi infantili, spesso causati dai genitori. Disumanizzando o umiliando il partner “si vendicano” di quello che hanno subìto. La psicologa Sharone Bergner ipotizza che in queste persone le fantasie sessualmente eccitanti abbiano lo scopo di far superare la degradazione portando a una redenzione personale. La parafilia permette loro di mettersi in rapporto con gli altri in un modo che non prevede un vero senso di connessione e condivisione e di utilizzare il potere di sedurre, dominare o sfruttare in assenza di un reale riconoscimento dell’altro in una relazione intima. Molte di queste persone hanno avuto nell’infanzia esperienze in cui la percezione d’intimità è risultata pericolosa e distruttiva, motivo per cui hanno deciso di passare il resto della loro vita cercando di evitarla.
Alcune teorie suggeriscono che aver sperimentato situazioni estreme, nocive, pericolose, aver assistito ad atti impropri, malsani e aberranti, può modificare notevolmente il modo di vedere, pensare e agire di una persona nel rapporto sessuale. Il perdurare nel tempo di situazioni difficili o violente compromette sensibilmente la capacità di instaurare relazioni affettuose, reciproche e soddisfacenti, basate sull’amore e il rispetto.

Quando chiedere aiuto

In alcuni casi le parafilie possono essere completamente accettate dalla persona che ne soffre, non essere vissute come disturbanti e non nuocere né a sé né agli altri: è il caso, per esempio, di alcune pratiche di BDSM messe in atto da adulti consenzienti, oggi sempre più diffuse come dimostra anche il successo planetario del romanzo Cinquanta sfumature di grigio.
Ci sono invece situazioni in cui le parafilie sono accompagnate da un disagio importante o possono confluire in reati anche gravi.
Se il comportamento parafilico è esclusivo (esclude cioè tutte le altre forme di sessualità), la persona va incontro a una graduale alterazione della capacità di reciprocità sessuale e di coinvolgimento affettivo, e con il passare del tempo a disfunzioni sessuali e sintomi depressivi, accompagnati da un aumento della frequenza e dell’intensità dei comportamenti parafilici. Questi comportamenti tendono ad aumentare in condizioni di stress psicosociale.
In generale questi disturbi possono trarre miglioramento attraverso un intervento psicoterapeutico mirato di tipo cognitivo-comportamentale. Nel caso, invece, che il soggetto richieda una terapia a causa delle difficoltà nel rapporto con il partner, dovuta ai suoi comportamenti parafilici, una psicoterapia di coppia sembra essere il trattamento più indicato.


Perversioni sessuali: sintomi e cura
IPSICO

https://www.ipsico.it/sintomi-cura/perv ... -sessuali/

Il termine una volta in uso di “perversione sessuale” o “deviazione sessuale” è stato sostituito col termine scientifico di “parafilia” dal greco “filìa” (attrazione) e “para” (deviazione) e cioè attrazione per un comportamento sessuale anomalo o bizzarro.

Le caratteristiche fondamentali delle perversioni sessuali consistono in ricorrenti e intensi impulsi sessuali e fantasie eccitanti sessualmente che si riferiscono a: 1) oggetti non umani; 2) ricevere e/o infliggere un’autentica sofferenza o umiliazione a se stessi o al proprio partner o 3) bambini o altre persone non consenzienti.

Si parla di parafilia (o perversione sessuale) solo quando i comportamenti tendono ad essere ripetitivi e soprattutto sono quasi esclusivamente l’unica modalità di vivere la sessualità. Questa caratteristica distingue le perversioni sessuali dai comportamenti sessuali anomali o bizzarri, ma liberamente scelti e variati; comportamenti cioè che due partner sessuali decidono di assumere se lo desiderano. Quindi il confine della patologia, nella sessualità, è legato alla esclusività del comportamento parafilico, alla compulsività del comportamento e alla mancanza di consenso da parte dei partner sessuali.

Clinicamente sono riconosciute otto maggiori forme di perversione sessuale:

esibizionismo (eccitazione sessuale tramite esposizione dei propri genitali, spesso durante attività masturbatorie, di fronte a una persona estranea che non se l’aspetta);
feticismo (eccitazione sessuale mediante l’uso di oggetti inanimati, come, ad esempio, capi di vestiario femminili; spesso il soggetto raggiunge il piacere sessuale attraverso pratiche onanistiche, mentre indossa, si strofina ed odora il feticcio. Può, inoltre, chiedere al partner di utilizzarlo durante gli incontri sessuali);
frotteurismo (eccitazione sessuale ottenuta col toccare o strofinarsi contro una persona non consenziente, attività effettuata spesso in luoghi pubblici affollati o sui mezzi di trasporto);
pedofilia (impulsi ed attività sessuali nei confronti dei bambini prepuberi);
masochismo (trarre godimento sessuale dall’essere sottoposto a sofferenze fisiche e psicologiche e umiliazioni da parte di altri);
sadismo (eccitazione sessuale derivante da atti reali e non simulati che implicano l’infliggere al partner umiliazioni, percosse o sofferenze);
feticismo da travestimento (impulsi sessuali provocati dal travestirsi con abiti del sesso opposto; tale categoria non va confusa col transessualismo, che è un esito del disturbo dell’identità di genere e non è quindi una parafilia);
voyeurismo (piacere sessuale derivato dallo spiare persone ignare mentre sono nude, in intimità, o durante i loro rapporti sessuali; tale condizione deve essere distinta dal troilismo, che consiste nel trarre eccitamento sessuale dall’osservare apertamente altre persone che hanno rapporti sessuali).

Tra le numerose perversioni sessuali (parafilie) più rare possiamo ricordare:

zoofilia (pratiche sessuali con animali);
necrofilia (investimento erotico in scene macabre, con rituali funerei fino a giungere in certi casi al congiungimento sessuale con cadaveri);
coprolalia o scatologia telefonica (eccitazione ottenuta con il pronunciare frasi oscene al telefono);
parzialismo (attenzione sessuale concentrata esclusivamente solo su una parte del corpo);
coprofilia (trarre eccitazione sessuale dalle feci);
urofilia o pissing (trarre eccitazione sessuale dalle urine);
clismafilia (utilizzo del clistere nelle attività erotiche).

Va ricordato che ogni perversione sessuale deve durare per almeno sei mesi, deve manifestarsi come la forma di sessualità esclusiva o prevalente del soggetto e deve causare disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa o di altre aree importanti del funzionamento.

Purtroppo, la terapia delle perversioni sessuali (parafilie) è stata scarsamente approfondita, in quanto davvero raramente chi ne soffre decide di recarsi da un terapeuta, a meno che, dopo essere stato colto sul fatto, non vi sia costretto da un parente o dalla legge; ma in ogni caso si tratta di un paziente poco motivato e la sua collaborazione, se arriva in terapia per motivi giudiziari, è puramente finalizzata allo scopo di alleviare la pena. Inoltre, in genere i soggetti affetti da perversioni molto difficilmente scelgono un percorso terapeutico spontaneamente, a volte per vergogna, ma molto più spesso perché sono inconsapevoli del proprio problema.

Prima di procedere a qualsiasi intervento è comunque necessaria una iniziale valutazione diagnostico-differenziale, soprattutto per escludere altre forme psicopatologiche come ritardo mentale, disturbi gravi di personalità (in particolare il disturbo borderline, il disturbo narcisistico ed il disturbo ossessivo-compulsivo) ed altre patologie. Una volta valutato il funzionamento globale del paziente sarà possibile orientare verso la forma di trattamento adatta per ogni specifico caso di perversione sessuale.

L’approccio terapeutico ottimale dovrà quindi essere diverso in funzione del tipo di perversione, del grado di invalidazione della persona e della sua pericolosità sociale. A seconda della gravità del caso potranno essere messe in atto appropriate combinazioni farmacologiche e psicoterapeutiche.

In generale, tale disturbo può trarre miglioramento attraverso un intervento psicoterapeutico mirato di tipo cognitivo-comportamentale. Nel caso, invece, che il soggetto richieda una terapia a causa delle difficoltà nel rapporto con il partner, dovuta ai suoi comportamenti parafilici, una psicoterapia di coppia sembra essere il trattamento più indicato.




Le cause delle perversioni sessuali
Igor Vitale

https://www.igorvitale.org/perversioni-sessuali-cause/

Pochi disturbi psichiatrici sono accompagnati da considerazioni moralistiche come lo sono le parafilie. Determinare la devianza di un individuo nell’area della sessualità implica stabilire chiare norme per il comportamento sessuale. L’evoluzione della definizione di attività sessuale perversa rivela quanto la nosologia psichiatrica rifletta la società che la esprime. Nel contesto di una cultura che considerava la normalità sessuale in termini relativamente ristretti, Freud (1905) ha definito l’attività sessuale come perversa secondo diversi criteri:

è focalizzata su regioni del corpo non genitali;
invece di coesistere con l’abituale pratica di rapporti genitali con un partner dell’altro sesso, soppianta e sostituisce tale pratica;
tende ad essere la pratica sessuale esclusiva dell’individuo.

Freud ha inoltre osservato che tracce di perversione potevano essere trovate virtualmente in ogni persona il cui inconscio fosse soggetto all’esplorazione psicoanalitica. Dal primo scritto di Freud, gli atteggiamenti culturali relativi alla sessualità sono radicalmente cambiati. Divenendo la sessualità un’area di legittima indagine scientifica, è emerso che le coppie “normali” hanno una varietà di comportamenti sessuali. I
rapporti orali-genitali, per esempio, sono stati ampiamente accettati come comportamento sessuale sano. L’omosessualità e la penetrazione anale sono state, analogamente, rimosse dalla lista delle attività perverse.
Un atteggiamento più tollerante nei confronti delle perversioni sessuali ha pertanto accompagnato i progressi della psicoanalisi. McDougall[1] ha messo in evidenza che fantasie perverse si riscontrano regolarmente in tutto il comportamento sessuale adulto, ma tendono a causare pochi problemi in quanto non vengono esperite come compulsive. Egli ha sottolineato come i clinici debbano essere empatici con i loro pazienti, che sentono tali richieste sessuali come necessarie alla sopravvivenza emotiva.
Il termine perversione dovrebbe quindi essere riservato ai casi in cui un individuo impone desideri personali a un partner che si mostra riluttante a essere coinvolto in un simile scenario sessuale, oppure seduce una persona non responsabile, come un bambino o un adulto mentalmente handicappato[2].
Stoller[3] ha invocato una definizione più ristretta di perversione sessuale. Riferendosi alla perversione come alla “forma erotica dell’odio”, ha asserito che la crudeltà e il desiderio di umiliare e di degradare il partner sessuale, e anche se stessi, è la determinante cruciale per classificare un comportamento come perverso. Secondo questa prospettiva, l’intenzione dell’individuo è una variabile critica nel definire la perversione. Riconoscendo che nel normale eccitamento sessuale vi è un tocco di ostilità e desiderio di umiliare, Stoller ha concluso che l’intimità è un fattore critico di differenziazione. Un individuo è perverso solo quando l’atto erotico viene utilizzato per evitare una relazione a lungo termine, emotivamente intima, con un’altra persona; al contrario, il comportamento sessuale non è perverso quando è al servizio della costruzione di una relazione intima e stabile. È importante ricordare, come già specificato, che la definizione delle parafilie del DSM-5[4], nel tentativo di evitare di esprimere una posizione giudicante, opera una distinzione tra parafilie e disturbi parafilici. Tale distinzione riconosce che forme di comportamento sessuale insolite, non convenzionali, non devono essere necessariamente oggetto di attenzione clinica: una diagnosi di disturbo parafilico andrebbe posta soltanto quando una parafilia diventa causa di disagio significativo o arreca danno a sé stessi o agli altri[5].

1.1.1 Eziologia delle Parafilie

L’eziologia delle parafilie rimane in gran parte un mistero. Fattori psicologici giocano ovviamente un ruolo cruciale nel determinare la scelta della parafilia e il significato sottostante agli atti sessuali. Bisogna sottolineare che i modelli psicodinamici possono chiarire il significato di una parafilia senza necessariamente stabilirne un’eziologia definitiva[6]. La visione classica delle perversioni è profondamente legata alla teoria pulsionale. Freud (1905) riteneva che questi disturbi illustrassero come l’istinto e l’oggetto siano separati l’uno dall’altro: “La pulsione sessuale probabilmente è in un primo tempo indipendente dal proprio oggetto”. Inoltre, egli ha definito la perversione contrapponendola in parte alla nevrosi. Nella seconda condizione, i sintomi nevrotici rappresentano una trasformazione di fantasie perverse rimosse. Nelle perversioni, invece, le fantasie diventano coscienti e vengono espresse direttamente come piacevoli attività egosintoniche. Freud ha quindi descritto la nevrosi come il “negativo” della perversione: i sintomi nevrotici erano fantasie perverse desessualizzate. Nella visione classica le perversioni possono essere fissazioni o regressioni a forme di sessualità infantile che persistono nella vita adulta[7]. Un atto perverso diviene una procedura fissata e ritualizzata, la sola strada per il raggiungimento dell’orgasmo genitale. Nella visione classica[8] il fattore decisivo che impedisce il raggiungimento dell’orgasmo attraverso il rapporto genitale convenzionale è l’angoscia di castrazione; le perversioni assolvono pertanto la funzione di negare la castrazione. Nel suo lavoro clinico, Freud (1905) ha osservato che qualunque perversione “attiva” era sempre accompagnata da una controparte “passiva”. Secondo questa formulazione il sadico avrebbe un nucleo masochista, mentre il voyeur soffrirebbe di inconsci desideri esibizionistici. Ricercatori psicoanalisti più recenti hanno concluso che la sola teoria pulsionale è insufficiente a spiegare molte delle fantasie e dei comportamenti che si osservano nella pratica clinica, e che gli aspetti relazionali delle parafilie sono cruciali per una comprensione più completa[9]. Secondo Stoller[10] l’essenza della perversione è la conversione “di un trauma infantile in un trionfo adulto”. I pazienti sono spinti dalle loro fantasie di vendicare umilianti traumi infantili causati dai genitori. Il loro metodo di vendetta è quello di disumanizzare e umiliare il partner durante la fantasia o l’atto perverso. Bergner[11] ha notato come in individui sessualmente compulsivi gli scenari preferiti abbiano tipicamente origine da esperienze infantili di degradazione. In questi individui le fantasie sessualmente eccitanti hanno lo scopo di superare tale degradazione portando a una redenzione personale. Sfortunatamente, le loro fantasie prevedono scenari improponibili, con cui le reazioni reali non possono reggere il confronto; il desiderio di trascendere la degradazione non viene quindi mai realizzato.

L’attività sessuale parafilica può anche essere una fuga dalla relazionalità oggettuale[12]. Molte persone con parafilie si sono separate e individualizzate in maniera incompleta dalle loro rappresentazioni intrapsichiche della madre. L’espressione sessuale può essere l’unica area nella quale riescono ad affermare la loro indipendenza. Mentre per Stoller[13] le parafilie sono espressioni del desiderio di umiliare, Mitchell[14] le ha intese come una sfida alla prepotente influenza della figura materna interna. Joyce McDougall[15] ha suggerito che il comportamento sessuale evolve da una complicata matrice di identificazioni e controidentificazioni con i genitori. Ciascun bambino è coinvolto in un dramma psicologico inconscio che ha origine dai desideri e conflitti erotici inconsci dei genitori. La natura obbligatoria di qualunque neosessualità è quindi programmata da copioni parentali interiorizzati dal bambino. Nella visione della McDougall, il comportamento sessuale deviante può servire in parte per proteggere gli oggetti introiettati dall’aggressività del paziente attraverso l’acting out del dramma inconscio “scritto” dai genitori. Kohut[16] ha fornito una prospettiva basata sulla psicologia del Sé del funzionamento delle parafilie. Nella sua visione, l’attività parafilica coinvolge un tentativo disperato di ristabilire l’integrità e la coesione del Sé in assenza di risposte empatiche da oggetto-Sé da parte degli altri. L’attività o fantasia sessuale può aiutare il paziente a sentirsi vivo e integro quando è minacciato dall’abbandono o dalla separazione. Un simile comportamento nel corso di una psicoterapia o di un’analisi può pertanto essere una reazione all’assenza di empatia del terapeuta, che porta a una temporanea distruzione della matrice Sé/oggetto-Sé instaurata tra paziente e terapeuta[17]. Sebbene non sia una psicologia del Sé, anche la McDougall ha identificato quale nucleo centrale di molta dell’attività parafilica una profonda paura di perdita dell’identità o del senso di sé. Certe pratiche o oggetti sessuali diventano come una droga che il paziente usa per “curare” un senso di morte interna e una paura di disintegrazione del Sé. In questi pazienti la McDougall ha osservato un processo di interiorizzazione difettoso, che durante l’infanzia ha impedito il ricorso a oggetti transizionali nel loro tentativo di separarsi da figure materne. Secondo Goldberg[18] la sessualizzazione rappresenta un tentativo di riparare un difetto strutturale del Sé correlato a un’incapacità di gestire e provare stati emozionali dolorosi. Egli ha inoltre associato la perversione a una scissione verticale all’interno della personalità tra una parte dell’”io reale” e una parte ripudiata che è considerata quella che inizia e porta avanti i comportamenti sessualizzati. Autori come Mitchell, McDougall, Kohut e Goldberg hanno preparato il terreno per una più profonda comprensione delle parafilie, che si colloca più nel campo delle rappresentazioni del Sé e dell’oggetto che in quello della sessualità pura. Secondo Ogden[19] questi pazienti utilizzano un modo sessualizzato di porsi in relazione con gli altri per cercare di evitare un’esperienza di morte psicologica. Parsons[20] ha osservato che tale comportamento deriva da un’incapacità di tollerare la “diversità” degli altri. Il paziente propone uno scenario perverso per difendersi dalla percezione di un’altra persona come entità complessa, reale e differente da sé. La parafilia comporta un modo di mettersi in rapporto che non prevede un vero senso di connessione con l’altro, ma usa il potere di sedurlo, dominarlo o sfruttarlo in assenza di un reale riconoscimento del Sé e dell’altro in una relazione intima. Molti di questi pazienti hanno avuto nell’infanzia esperienze in cui percepivano l’intimità come pericolosa o distruttiva, e passano il resto della loro vita cercando di evitarla. Secondo la visione clinica tradizionale le perversioni sono rare nelle donne. Questo punto di vista è cambiato negli ultimi anni come risultato della ricerca empirica e dell’osservazione clinica, che hanno dimostrato come fantasie parafiliche siano di fatto comuni nelle donne. Le ragioni delle preferenze individuali per determinare fantasie o azioni rispetto ad altre rimangono oscure. Inoltre, diverse parafilie spesso coesistono in una stessa persona. Sebbene la visione tradizionale delle perversioni preveda che il perverso sia fissato in un certo tipo di scenario sessuale, uno studio su 561 uomini che cercavano assistenza a causa di parafilia ha rilevato che meno del 30% dei soggetti aveva confinato il comportamento deviante all’interno di una sola parafilia[21]. Alcuni possono inoltre passare nel tempo da una forma di parafilia a un’altra. In individui con parafilia può essere presente un ampio spettro di diagnosi psichiatriche e livelli di organizzazione di personalità. Parafilie sono state osservate, per esempio, in pazienti psicotici, in pazienti con disturbi di personalità e in pazienti relativamente sani o nevrotici. Una sessualità perversa polimorfa si riscontra frequentemente in individui con un’organizzazione borderline di personalità[22]. Parafilie che comportano un’aperta crudeltà nei confronti di altri sono spesso presenti nei pazienti con disturbo antisociale di personalità. Pertanto, la comprensione psicodinamica di un paziente coinvolto in un’attività sessuale non convenzionale implica una comprensione esauriente delle modalità con cui tale attività interagisce con la sottostante struttura caratterologica.

Per esempio, pazienti che hanno un’organizzazione nevrotica possono utilizzare un’attività parafilica per facilitare la potenza genitale, mentre pazienti vicini al versante psicotico possono usare la medesima attività per difendersi da un senso di dissoluzione del Sé[23],[24].

[1] McDougall, J. (1986). Identifications, neoneeds and neosexuality. In International Journal of Psychoanalysis, 67, 19-31.

[2] McDougall, J. (1995), Eros. Le deviazioni del desiderio. Tr. It. Raffaello Cortina, Milano, 1997.

[3] Stoller R.J. (1985), Observing the Erotic Imagination. Yale University Press, New Haven.

[4] American Psychiatric Association (2013), Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5), Raffaello Cortina Editore, Milano 2014.

[5] Glen O. Gabbard, Psichiatria Psicodinamica, Quinta edizione basata sul DSM-5, Raffaello Cortina Editore, 2015.

[6] Pearson, E.S. (1986), “Paraphilias and gender identity disorders”. In Cavenar, J.O. JR (a cura di), Psychiatry, vol.1: The Personality Disorders and Neuroses. Lippincott, Philadelphia.

[7] Sachs, H. (1986), “The genesis of perversion”. In Psycoanalytic Quarterly, 55, 477-488.

[8] Fenichel, O. (1945), Trattato di psicoanalisi delle nevrosi e delle psicosi. Tr. It. Astrolabio, Roma 1951.

[9] Mitchell, S.A. (1988), Relational Concepts in Psychoanalysis: An Integration. Harvard University Press, Cambridge.

[10] Stoller R.J. (1985), Observing the Erotic Imagination. Yale University Press, New Haven.

[11] Bergner, R.M. (2002), Sexual compulsion as an attempted recovery from degradation: theory and therapy. In Journal of Sex & Marital Therapy, 28, 373-387.

[12] Mitchell, S.A. (1988), Relational Concepts in Psychoanalysis: An Integration. Harvard University Press, Cambridge.

[13] Stoller R.J. (1985), Observing the Erotic Imagination. Yale University Press, New Haven.

[14] Mitchell, S.A. (1988), Relational Concepts in Psychoanalysis: An Integration. Harvard University Press, Cambridge.

[15] McDougall, J. (1986). Identifications, neoneeds and neosexuality. In International Journal of Psychoanalysis, 67, 19-31.

[16] Kohut, H. (1977), La guarigione del Sé. Tr. It. Boringhieri, Torino 1980.

[17] Miller, J. P. (1985), “How Kohut actually worked”. In Progress in Self-Psychology, 1, 13-30.

[18] Goldberg, A. (1995), The problem of Perversion: The View of Self Psychology. Yale University Press, New Haven.

[19] Odgen, T.H. (1996), The perverse subject of analysis. In Journal of American Psychoanalytic Association, 34, 1121-1146.

[20] Parsons, M. (2000), Sexuality and perversion 100 years on: discovering what Freud discovered. In International Journal of Psychoanalysis, 81, 37-51.

[21] Abel, G.G., Becker, J.D., Cunningham-Rathnr, J. et al. (1988), “Multiple paraphilic diagnoses among sex offenders”. In Bulletin of the American Academy of Psychiatry and the Law, 16, 153-168.

[22] Kernberg, O.F. (1975), Sindromi marginali e narcisismo patologico. Tr. It. Boringhieri, Torino 1978.

[23] Pearson, E.S. (1986), “Paraphilias and gender identity disorders”. In Cavenar, J.O. JR (a cura di), Psychiatry, vol.1: The Personality Disorders and Neuroses. Lippincott, Philadelphia.

[24] Glen O. Gabbard, Psichiatria Psicodinamica, Quinta edizione basata sul DSM-5, Raffaello Cortina Editore, 2015.

di Ilaria Ulgharaita
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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L'identità sessuale non dipende dalla volontà individuale

Messaggioda Berto » dom lug 11, 2021 6:53 am

Viaggio intorno alla perversione: sessualità polimorfa, disturbi del carattere, perversità, erotismo
Dott. Stefano Andreoli

https://www.dottstefanoandreoli.it/sing ... 0-erotismo

"Finchè non comprenderemo veramente la sessualità umana, anzichè darla per scontata, non comprenderemo la perversione." R. Stoller, 1975 (p.14-15)

Egon Schiele, "Femme au genou plié"

Nella letteratura psicoanalitica "perversione" è diventato negli anni un termine ombrello capace di racchiudere diversi significati: gli aspetti perversi polimorfi del bambino conservati successivamente nell'adulto, organizzazioni caratteriali strutturalmente definite associate a perversità, tendenze e attitudini caratteriali riscontrabili in altre forme psicopatologiche, una modalità esistenziale intrinseca nella natura umana per far fronte alle esigenze della realtà, e infine per designare le perversioni sessuali vere e proprie (parafilie o deviazioni sessuali) come forma strutturata a sè stante dal punto di vista fenomenologico.

Par ragioni di spazio, in questo elaborato non verrà affrontato anche il problema culturale sulle perversioni, dando per assodato che nessuna perversione può essere studiata isolatamente, ossia al di fuori delle intricate relazioni sociali del nucleo famigliare e soprattutto senza uno specifico contesto culturale di riferimento, che di regola stabilisce sempre cosa viene etichettato come perversione sessuale e cosa invece viene giudicato come "normale" (Morgenthaler, 1976).

Tuttavia ciò non toglie che, grazie al ricco microscopio della clinica, la psicoanalisi abbia saputo rinvenire psicodinamiche e processi mentali comuni ad ogni forma di perversione sessuale, che saranno quindi il tema principale dell'articolo. Già un precursore come Krafft-Ebing aveva sottolineato infatti come non fosse tanto l'atto di per sè a definire una perversione, quanto la motivazione specifica che, per un certo tipo di personalità, portava il compimento dell'atto perverso.

Le perversioni hanno una loro specifica struttura psichica, comprendente per un verso elementi nevrotici o psicotici, ma per un altro verso compatibile con la normale esistenza. (M.Khan, 1979, p.140)
Sessualità perversa e polimorfa

Quando Freud (1905) affronta il tema già abbondantemente noto delle perversioni (Psichopathia sexualis, di Krafft-Ebing, 1893; Studies in the Psychology of Sex, di H.Ellis, 1897), lo inserisce in maniera originale all'interno della sua teoria dello sviluppo libidico dell'individuo in cui concepisce l'esistenza di una "sessualità perversa e polimorfa" già a partire nel bambino. Ossia il fatto che il bambino, spinto da pulsioni parziali (orali, anali, uretrali, falliche...), cerchi, attraverso corrispettive zone erogene (le varie parti del corpo come la pelle, la bocca, gli occhi, l'ano, il fallo...), gratificazioni sessuali (sensuali, erotiche, libidiche che dir si voglia) con il primo oggetto di relazione (ovviamente la madre).

Dato che un assioma psicoanalitico concerne il fatto che nulla dello sviluppo infantile del bambino viene perduto nell'adulto (niente del passato scompare nel presente), secondo Freud tutta la sessualità umana possiede inevitabilmente i medesimi aspetti perversi polimorfi che hanno dominato la scena dello sviluppo psicosessuale infantile. Ciò ovviamente non equivale a dire che la perversione dell'adulto rappresenti la persistenza (senza modificazioni di significato e di dinamiche) del medesimo comportamento del bambino durante il suo sviluppo psicosessuale, ma che questa comunque si avvale delle medesime forze primitive e degli stessi elementi che costituivano la sessualità infantile (fissazioni a pulsioni parziali).

Dunque, come sempre quando si affronta la questione della psicopatologia, è necessario far riferimento allo studio dei processi sottostanti ai fenomeni osservati, facendo tesoro dell'insegnamento di Freud secondo cui ogni fenomeno, al pari del sintomo, è sovradeterminato, ossia è frutto di un intricato complesso di dinamiche che, assieme a fattori biologici-costituzionali e ambientali-culturali, ne hanno portato alla manifestazione finale.

Freud ci disse, come nessuno aveva fatto prima di lui, che i genitori hanno la massima influenza possibile sullo sviluppo dei loro figli, che in risposta al comportamento dei genitori i figli si creano una struttura psichica, che la vita sessuale adulta può essere ricondotta a effetti che risalgono all'infanzia e che il desiderio e la gratificazione sessuale hanno origine proprio nell'infanzia, molto tempo prima del loro emergere manifesto nella pubertà. (R. Stoller, 1975, p.34)

Quando allora si è in presenza di quel processo patologico a cui comunemente si dà il nome di perversione sessuale?

Perversioni sessuali

Consultando come di consueto il Laplanche & Pontalis (1967), si legge che la perversione sessuale corrisponde a:

Deviazione rispetto all'atto "sessuale normale", definito come coito volto a ottenere l'orgasmo mediante penetrazione genitale, con una persona del sesso opposto:

Si dice che vi è perversione: quando l'orgasmo è ottenuto con altri oggetti sessuali (omosessualità, pedofilia, contatti con gli animali, ecc.) o con altre zone corporee (coito anale, per esempio); quando l'orgasmo è subordinato in modo imperioso a certe condizioni estrinseche (feticismo, travestitismo, voyeurismo e esibizionismo, sadomasochismo), che possono anche provocare da sole il piacere sessuale..

Più in generale si designa come perversione l'insieme del comportamento psicosessuale che si accompagna a tali atipie nell'ottenimento del piacere sessuale. (p.378)

Escludendo l'omosessualità come di natura esclusivamente perversa (oggigiorno considerata una variante sessuale fondamentalmente a base biologica, anche se assolutamente non esente, come ogni altro aspetto umano, da psicodinamiche e influenze ambientali che richiederebbero una lunga trattazione a sè stante), ciò che caratterizza il carattere patologico della perversione sessuale è la presenza di rigidità, fissità, esclusività, obbligatorietà di certi comportamenti ripetitivi e coatti ai fini del soddisfacimento sessuale. In altri termini, il perverso può utilizzare solo modalità ben circoscritte e particolari (di solito una o due) per il raggiungimento dell'orgasmo. Tradizionalmente le perversioni vengono distinte per la scelta oggettuale differente (incesto, pedofilia, necrofilia, gerontofilia, zoofilia...) e per anomalia alla meta (voyeurismo, esibizionismo, sadismo, masochismo, feticismo, travestitismo...), e quasi sempre tali modalità di ricerca del piacere non producono conflitti o sofferenza psichica nell'individuo (sono egosintonici), prestandosi quindi di rado o solo per vie collaterali alla richiesta d'aiuto terapeutico. Esistono tuttavia aspetti comuni che costellano universalmente il fenomeno delle perversioni sessuali.

Solitamente il Sè del pervertito è spaccato in due (scissione dell'Io verticale): da una parte egli percepisce normalmente il mondo reale, dall'altra ne rinnega un aspetto specifico (diniego), quello relativo alla sessualità, vivendo in un mondo irreale che purtuttavia perdura affianco a quello reale. Già Freud (1927) aveva notato come fosse tipico del pervertito sviluppare una terza soluzione nell'affrontare la realtà (tra il rifiuto totale dello psicotico e l'accettazione luttuosa del nevrotico), attraverso una sorta di pseudoaccettazione distorta della realtà in cui viene creato "ingegnosamente" una sorta di "artificio" (il feticcio). Se nel nevrotico la fantasia perversa viene solo immaginata, rimossa o trasformata (sublimata) e nello psicotico le fantasie si confondono con la realtà senza capacità di discriminazione, nel pervertito vengono messe in atto concretamente (essendo carente la capacità di simbolizzazione) attraverso "l'invenzione di un trucco" per sfuggire all'impatto doloroso con la realtà.

In ogni forma di perversione si riscontra una libidinizzazione dell'aggressività (e quindi rispettivamente un'eccessiva aggressivizzazione delle funzioni libidiche), tanto da venire etichettata come "la forma erotica dell'odio" (Stoller, 1975) o "la sessualizzazione del piacere distruttivo" (De Masi, 1999). L'atto perverso si propone infatti sempre di nuocere e disumanizzare in un qualche modo l'oggetto sessuale, che viene visto non come persona reale e totale ma solo come singola parte anatomica o come un oggetto adibito a specifiche funzioni e ruoli, privo d'ogni autonomia e volizione (un "oggetto smontato" lo definisce Meltzer, 1973).

L'oggetto, qualunque esso sia come bersaglio della pratica perversa (vivente o inanimato), diventa sempre un feticcio "inventato, manipolato, usato e abusato, saccheggiato e scartato, coccolato e idealizzato" (Khan, 1979, p.30), creato maniacalmente come rassicurazione contro l'angoscia nella relazione con l'altro.

De Masi (1999) sottolinea infatti la componente pervasiva del sadomasochismo come modalità relazionale attraverso un continuo scambio di ruoli in cui attivo e passivo (dominante-dominato) rispecchiano due lati della medesima medaglia: nella perversione il desiderio viene soppiantato dal bisogno narcisistico del possesso dell'oggetto sessuale che dev'essere dominato, sottomesso, prevaricato e degradato (la persona viene trasformata in una cosa) affinchè il perverso possa goderne e trarne piacere. Anche se sembra che due persone siano legate da una relazione intensa, in realtà si tratta sempre dell'invenzione di una sola persona che, con la complicità dell'altro, cerca di realizzare un controllo sull'altro (in modo rigorosamente asimmetrico). Nel perverso la prerogativa per poter godere del piacere sessuale corrisponde alla necessità di non sentire nessun legame emotivo per l'altro (scissione tra sesso e amore): il piacere è solo in funzione del senso di potere e del trionfo narcisistico sentito e visto concretamente sull'altro (il voyeurismo è una componente onnipresente) .

Anche se l'ambito delle azioni nella perversione si limita alla sfera della sessualità, l'eccitamento non deriva da una forma primitiva di sessualità, ma piuttosto dall'idea del potere, senza la quale non verrebbe mai mobilitata alcuna sessualità perversa. (De Masi, p.129)

Il vero fatto curioso è che nonostante l'atto perverso sia palesemente sessuale, la sessualità del pervertito non ha niente a che fare col desiderio erotico (c'è poca relazione tra pulsione sessuale e oggetto), in quanto essa viene semplicemente usata a scopo difensivo, essendo di fatto l'invenzione ben architettata di una persona sola che inscena concretamente una fantasia (messa in atto) attraverso pratiche ossessivamente ritualizzate per affrontare una pressante angoscia interiore (in maniera quindi controfobica). L'oggetto serve solo per il compito e il ruolo assegnato dall'immaginazione: una persona vissuta realmente con esigenze, desideri e bisogni costituirebbe un limite all'onnipotenza alla fantasia del perverso, annullandone l'eccitamento. Di fatto il pervertito deve sperimentare un controllo onnipotente sull'oggetto, evitando a tutti i costi l'intimità affettiva e sessuale della relazione con l'altro per poter provare piacere (attraverso quindi un compromesso difensivo).

C'è chi fa l'amore per desiderio e c'è chi lo fa con intenzione. questi ultimi sono i pervertiti. Infatti l'intenzione, per definizione, implica l'esercizio della volontà e del potere per raggiungere i suoi fini, mentre il desiderio richiede mutualità e reciprocità per essere appagato. (M.Khan, 19798, p.229)

Tuttavia, proprio perchè il perverso è in parte consapevole che il proprio atto è soltanto il frutto di una costruzione fantastica, egli non può mai dimostrare a se stesso di aver trionfato veramente, trovandosi così sempre costretto a ripetere l'atto indefinitamente, avendone prova solo provvisoriamente. Non a caso Meltzer (1973) paragona le perversioni alle dipendenze delle tossicomanie, vedendo analogie rispetto alla ricerca disperata della sensazione d'ebbrezza o d'estasi, e alla necessità sempre crescente di innalzare la soglia di piacere (superando quindi l'intensità di rischio della pratica) a causa dell'assuefazione graduale ad ogni atto (escalation della perversione).

Allo stesso modo, la ricerca spasmodica e sfrenata del piacere diventa un tentativo quantitativo (d'intensità) per colmare il vuoto della vera esperienza intima sessuale (qualitativa): il desiderio cede il passo alla ricerca dell'eccitazione.

Il senso d'insaziabilità deriva dal fatto che, per il pervertito, ogni avventura costituisce un fallimento. (Khan, 1979, p.27)

Un altro aspetto interessante è la necessità da parte del pervertito di sperimentare la sensazione di commettere peccato, di compiere qualche azione trasgressiva per poter provare un senso del piacere intimamente legato al duplice significato di violazione e di sovvertimento. Tuttavia, nonostante lo stesso pervertito percepisca in parte che sta facendo qualcosa di "cattivo", rischioso, vergognoso e di moralmente riprovevole, spesso si sente vittima di una necessità, una pressione a cui sente il bisogno impellente di sottomettersi.
Componenti perverse del carattere e disturbi di personalità

Le Marquis de Sade

Come fanno notare Kernberg (1975, 1984, 1992) e Bergeret (1996), sebbene aspetti perversi siano trasversali a tutte le organizzazioni di personalità, è possibile osservarne la presenza in maniera più macroscopica all'interno del vasto ventaglio delle organizzazioni marginali di personalità, in particolare:

- nel tipico caos sessuale identitario e oggettuale dei livelli borderline è facile incontrare condotte perverse senza strutturarsi in vere e proprie perversioni sessuali organizzate: dopo un'intensa frustrazione o in certi momenti di crisi l'individuo border può compiere agiti perversi come forma di compensazione a ingiustizie, traumi, ferite narcisistiche o momenti emotivi particolari (vuoto o stati depressivi). In tal caso l'atto perverso è da intendere come difesa (sessualizzata) transitoria per fronteggiare l'angoscia: il piacere della perversione serve per cancellare la percezione del dolore. Ma l'atto perverso è episodico, agito d'impulso, spesso in contesti casuali, promiscui e variabili, ossia ben lontani da essere atti ritualizzati e ben orchestrati delle tipiche perversioni sessualmente strutturate.

- come ha suggerito la Kaplan (1991), se è pur vero che la maggior parte delle perversioni sessuali appartengono al genere maschile, una serie di altre forme psicopatologiche (anoressia nervosa, cleptomania, piccole mutilazioni, masochismo/sottomissione estrema) rispecchiano forme perverse nel genere femminile che possono simboleggiare espressioni di odio e di rivalsa contro imposizioni di adattamento agli stereotipi di genere definiti e caricaturati dall'ambiente culturale dominante (e quindi in primis dall'ambiente famigliare sulla bambina).

- tipologie più pericolose di perversioni si possono riscontrare nelle forme narcisistiche più gravi di personalità (maligne) o nelle personalità antisociali (criminali), che in passato venivano raggruppate nel calderone dei caratteri perversi, in quanto caratterizzati da gravi lacune superegoiche (mancanza di coscienza morale) e da un Sè grandioso e onnipotente che adopera l'aggressività in maniera primitiva e senza alcun limite.

D'altronde, tutta la dimensione narcisistica è intensamente pregnante nel mondo del perverso. Secondo Bergeret (1996) la perversione del carattere non è altro che "un tentativo di salvataggio del narcisismo personale grazie agli apporti del narcisismo altrui" (p.273), mentre Kluzer-Usuelli (in Semi, 1988) parla di pseudoidentità del perverso, sottolineando la mancanza di solide identificazioni sia con la madre che con il padre, sostituite da processi imitativi continui (un pò come accade nel film di Woody Allen nei panni del camaleontico Zelig, 1983). Anche da una prospettiva che si discosta di poco da quella puramente psicoanalitica, Boss (1954) descrive il perverso come l'esempio più lampante della persona incapace di essere-nel-mondo amando (il ché ricorda molto l'analogia kleiniana tra il perverso e la persona schizoide) e l'atto perverso come un goffo tentativo di ricerca di relazione, per quanto in maniera primitiva e arcaica (Kohut direbbe che il perverso cerca l'oggetto-Sè di cui ha bisogno per sorreggersi). Lo stesso De Sade scriveva come fosse incapace di poter godere della felicità di un'altra persona e di come il "sadismo" fosse l'unico modo che poteva utilizzare per sentirsi in contatto con l'altro.

Quando si parla di caratteristiche perverse di personalità non strutturate necessariamente in vere e proprie perversioni con condotte sessuali, gli autori preferiscono adoperare il termine perversità, ossia la tendenza a "pervertire", corrompere, trasformare nel contrario, allontanarsi dalla verità. Dal punto di vista relazionale la perversità corrisponde all'intento di distruggere ogni relazione oggettuale, a trasformare l'amore in odio, la cooperazione (come l'aiuto ricevuto in analisi) in sfruttamento e asservimento, cioè, adoperando il linguaggio classico, a trasformare il cibo in feci. Già la Klein (1957) aveva osservato come questi caratteri, così pieni d'invidia, cerchino di succhiare quanto di buono c'è nell'altro fino a svuotarlo e distruggerlo. Meltzer (1973) indica come nel perverso il senso d'identità sia investito massivamente della parte distruttiva del Sè, in una forma costante di negativismo che vuole il contrario, sempre il negativo di ogni aspetto, eleggendo il male come il proprio bene ("alla luce del Principe delle tenebre miltoniano che vorrebbe comandare nell'inferno, piuttosto che servire in paradiso" p.151).

Inoltre molti autori sostengono che la perversione nella sua forma più strutturata sia più vicina all'organizzazione psicotica di personalità che non a quella nevrotica: Glover (1955) ad esempio sostiene che la perversione sia più la negativa della psicosi (piuttosto che la positiva della nevrosi), e che essa rappresenti per la persona una modalità protettiva (attraverso la scissione dell'Io) per salvarsi da un crollo psicotico, riuscendo a negare solo una parte circoscritta della realtà, quella sessuale ("le perversioni aiutano a tenere insieme le incrinature che si manifestano nello sviluppo del senso di realtà", p.36). D'altronde è comune riscontrare nei disturbi gravi personalità o negli stati psicotici (Kernberg, 1984) stati sessualizzati perversi: a determinarne il grado di perversità sembrano essere quindi fattori più quantitativi che qualitativi:

C'è una forte analogia tra il paziente psicotico, che crea una realtà onnipotente in cui può fare tutto quello che vuole, e il paziente perverso, che crea un mondo in cui può sovvertire l'ordine simbolico delle relazioni umane. (De Masi, 19979)
Eziopatogenesi e teorie sulla perversione

Un film di P.P.Pasolini (1976)

Secondo il corpus delle teorie classiche (Balint & Lorand, 1956) tutta l'attività perversa nasce dal tentativo di affrontare l'esperienza traumatica della mancanza del pene sul corpo della madre: il pervertito negherebbe il femminile e quindi l'assenza del pene sul suo corpo (anche le donne sono falliche). Questa percezione di realtà diventa possibile solo al prezzo di una spaccatura profonda nella persona (scissione dell'Io) e un rifiuto parziale della realtà (diniego), di cui il feticcio è il risultato.

Dunque, che il momento edipico rappresenti ancora una tappa cruciale e assai problematica nello sviluppo del bambino (secondo la tesi che l'eterosessualità rimane sempre un'ardua conquista), sembra qui essere confermato dal fatto che le perversioni coinvolgano per lo più il genere maschile, ossia in chi l'angoscia di castrazione possiede maggior peso tra i due generi.

Tuttavia la totalità degli autori è concorde nel considerare il momento edipico solo come l'innesco di un insieme di conflitti e di dinamiche patologiche che riguardano la precedente relazione preedipica madre-bambino, in riferimento a problematiche nel processo di separazione-individuazione come fattore determinante nella formazione della perversione.

Nello specifico, accade che la stessa immagine primitiva della relazione con la madre sadica venga proiettata successivamente sul padre che diventa così eccessivamente castrante e minaccioso; a questo punto, come ricorda Meltzer (1973) descrivendo il fenomeno della "confusione zonale", ne consegue che a livello simbolico gli organi sessuali così importanti durante la fase edipica acquistano significati a sfondo preedipico (la vagina e il pene acquisiscono le stesse valenze simboliche del seno, della bocca e dell'ano, quindi ad esempio nutrendo, punendo, trattenendo...) e si mescolano tra loro in maniera indistinta e condensata, cioè in modo bisessuale.

Ecco dunque perchè il feticcio (l'elemento comune di ogni perversione) servirebbe al perverso come rassicurazione sia contro la castrazione, sia contro la pericolosa madre fallica, rappresentando contemporaneamente il simbolo del fallo ricercato e il possesso del seno materno.

Infatti, per chi fosse a digiuno di teoria psicoanalitica, giova ricordare che se l'esperienza del bambino nel proprio ambiente famigliare non fosse stata "sufficientemente buona", ossia caratterizzata da una cattiva sintonizzazione con le figure di riferimento o da traumi cumulativi (avvenimenti o vissuti ripetuti soverchianti che non possono essere compresi o elaborati dal bambino perchè ancora sprovvisto di adeguate difese di protezione), l'aggressività, sotto forma d'odio (non integrato adeguatamente con un'esperienza generale e prevalente di amore), dominerà in modo pervasivo la percezione e le relazioni dell'adulto. Di conseguenza, tali sentimenti d'odio presenti in modo massiccio non permetteranno all'Io di strutturarsi adeguatamente nel corso della crescita, e porteranno a percepire ogni forma di relazione umana in modo distorto, come altamente minacciosa, primitiva e violenta (cioè in forma paranoidea). Ecco perchè molti autori hanno ipotizzato che il perverso sessualizzi l'aggressività per cercare disperatamente di legare e controllare un'aggressività che egli percepisce come incontrollabile e prevaricante.

La prospettiva comune è che la perversione corrisponderebbe al tentativo del maschio di separarsi dal corpo di una madre (identificazione primaria) che non ha riconosciuto al bambino piena indipendenza, vivendo con lui una sorta di simbiosi "focale" (Greenacre, 1971), principalmente basata sul genere. Khan (1979) giunge a conclusioni simili riferendosi all'idoleggiamento del figlio da parte di una madre che ha basato un legame emotivo col bambino principalmente per la sua funzione di maschio, comportandosi sia in maniera traumatizzante che seduttiva, ossia trattandolo a sua volta come un proprio feticcio, un prolungamento di sè. Green (1973) non a caso parla di "madre nera" che soffoca, schiaccia, controlla, svuota, divora, che trasforma narcisisticamente il bambino nel "fallo della madre" (direbbe Lacan) o in un "oggetto-Sè" (direbbe Kohut). Chasseguet-Smirgel (1984) sottolinea come la madre consideri il proprio figlio un "bambino sposo" (un "giocattolo erotico" scriveva Freud, 1912) nel momento in cui si relaziona con lui in maniera incestuosa, svalutando e negando il ruolo e l'importanza del padre (la procreazione genitale viene soppiantato dalla dimensione pregenitale, la sola a disposizione del bambino).

Secondo Stoller (1975) lo sviluppo specifico della perversione nasce come modalità (struttura difensiva) per fronteggiare un elevato "stress psichico" (angoscia) causato da minacce verso la propria identità di genere durante lo sviluppo psicosessuale infantile (ossia al proprio senso di mascolinità o femminilità, già presente nei primi anni di vita). Secondo l'autore, il perverso si servirebbe delle sue ripetizioni impregnate di una forma d'aggressività del tutto particolare, la vendetta, per convertire il trauma dell'infanzia in una forma di successo trionfale che possa confermare la propria identità sessuale (ostentazione di virilità) attraverso una duplice vittoria: l'intenso piacere dell'orgasmo come trionfo megalomane, e la trasformazione dell'impotenza subita nel trauma in potenza e dominio (l'identificazione con l'aggressore). Goldberg (1994) specifica come la necessità di vendetta del perverso sia specificatamente dovuta alla tipica collera narcisistica di chi durante l'infanzia ha subito un grave trauma al proprio Sè (ferita narcisistica), e una volta adulto cerca di ristabilire una sensazione di dominio e di totale controllo per riparare al torto subito.

Anche la Mcdougall (1990) sostiene come lo scopo del pervertito sia quello di recuperare e confermare a se stesso la propria identità sessuale attraverso l'atto perverso meticolosamente pianificato, o cercando di convincere e "abbindolare" qualcun altro a diventare complice dell'illusione messa in scena spacciata come realtà.

Ecco perchè il normale amplesso genitale rappresenta per il perverso un'intenso pericolo (che di norma esige un Sè stabile e coeso): il temporaneo stato fusionale dell'amplesso risveglia l'angoscia di perdere di nuovo la propria identità, col terrore di venire inghiottito (fantasie incorporative sadico-orali) o seriamente danneggiato (fantasie distruttive sadico-anali).

Il bambino teme di perdere la sua mascolinità e il senso della sua identità di genere maschile, non soltanto perdendo il suo pene prezioso e fragile, ma anche lasciandosi sopraffare dal desiderio di diventare ancora una volta tutt'uno con la buia infinità della femminilità interiore. (R. Stoller, 1975, p.545)

Il fatto che il perverso utilizzi una particolare difesa (la sessualizzazione) nell'affrontare le proprie angosce, è cosa nota da tempo alla psicoanalisi: è infatti ampiamente dimostrato come il bambino nel momento in cui si trova a vivere forti esperienze di sofferenza, possa cercare di trasformarle in sensazioni intensamente piacevoli, ad esempio attraverso l'uso della masturbazione come regolatore della tensione. Esperienze traumatiche possono quindi indirizzare a precoci processi di sessualizzazione che possono poi costituire la via regia alle perversioni adulte come modalità per evitare affetti dolorosi. Fenichel (1945), descrivendo il processo della sessualizzazione delle funzioni dell'Io, spiega come in questi casi la sessualità umana non venga nè indirizzata alla sua mèta (l'atto sessuale mosso dal desiderio erotico) nè trasformata in qualsiasi altro modo (ad esempio attraverso la sublimazione), ma come essa invada piuttosto l'Io in un ambito che non gli compete (il far fronte alla realtà esterna, le angosce e i conflitti), rappresentando quindi una grave forma di regressione.

Steiner (1993) a tal proposito parla di un particolare tipo di rifugio psichico, ossia una forma di ritiro autoerotico (isola autosensuale) che il perverso utilizza per allontanarsi dalle relazioni umane e per creare in pratica un mondo fantasticato atto a procurargli l'agognato piacere sessuale: secondo l'autore infatti il mattone essenziale per lo sviluppo di ogni perversione consiste nel ritiro in uno stato mentale sessualizzato.

Anche Goldberg (1994) vede nelle perversioni un tentativo di riparazione del Sè per colmare deficit strutturali attraverso difese sessualizzate, al fine di evitare esperienze di frammentazione e di disintegrazione del proprio senso di identità (come accade in modo lampante nei casi di satirismo/ninfomania, in cui la sessualità viene usata in modo compulsivo per impedire il contatto con un "Sè svuotato e disperato").

Inoltre come fa notare De Masi (1999) il fatto che la distruttività venga sessualizzata (fornendo un piacere estatico irresistibile) e che la crudeltà sia mantenuta attraverso scissioni profonde che impediscono l'accesso alla comprensione, fanno della perversione una componente patologica particolarmente nociva e regressiva per ogni aspetto organizzativo del pensiero (funzioni sintetiche dell'Io), alterando e amputando le relazioni d'amore della loro fondamentale componente affettiva ("considero il mondo della perversione come determinante da un nucleo sessualizzato, che cerca di sedurre continuamente la parte sana del paziente", p.172). Anche Meltzer (1973) sottolinea come l'essenza stessa della perversione (trasformare il buono in cattivo per poi idealizzarlo ed erotizzarlo), tende ad indebolire ed eliminare, come in un circolo vizioso, la parte sana dell'adulto.

D'altronde, come ha illustrato bene la Chasseguet-Smirgel (1984), l'analità domina il mondo del perverso in modo idealizzato: in esso la differenziazione dei sessi viene cancellata (il fallo genitale viene soppiantato dal fallo fecale), dato che il mondo normativo del Padre (che sancisce la separazione dalla simbiosi con la madre durante il momento edipico) viene evitato e sostituito con un mondo artificiale e ideale basato sulla falsificazione e l'onnipotenza. Tale abolizione di confini sessuali e generazionali cancella inoltre le differenze tra il valore dell'universo pregenitale del bambino (preedipico) e l'accesso a quello genitale del padre (identificazione mediante Super-Io) che di norma richiede fatica, frustrazione e rinunce ("l'idealizzazione tenta di dare ai valori anali la superiorità su quella dei genitali, che sono l'oggetto del diniego", p.233).

Dunque non è propriamente corretto intendere la forma strutturata della perversione solo come una mera risposta all'angoscia di castrazione edipica, come "positiva della nevrosi" o come una fissazione a pulsioni perverse polimorfe, in quanto fratture ben più profonde sconvolgono non solo la sessualità (pervasa di distruttività) ma l'intera organizzazione della personalità del perverso. Perchè l'adulto ricorra proprio alla perversione sessuale rispetto ad altre forme psicopatologiche, rimane ancora un enigma che richiederà ancora tempo prima di essere risolto.

Ma queste forze dinamiche non sono mai spiegazioni sufficienti, per quanto necessarie. Troppi individui con le medesime dinamiche condividono solo la storia e non la patologia. Troppe forme di perversione sessuale non presentano il tipo di storia che ci saremmo aspettati. (Goldberg, 1994, p.32)

Inoltre l'esistenza di una propensione intrinseca umana alla perversione e il postulato psicoanalitico della fusione pulsionale (libido e aggressività sarebbero sempre presenti in un "impasto" che differisce solo per la quantità dei due elementi mescolandosi e temperandosi a vicenda), non bastano a spiegare la psicodinamica particolare e l'organizzazione strutturata della perversione che si basa su quel tratto dell'aggressività specificatamente umano che è la distruttività. Lo stesso Freud (1920) cercò di far luce sulla questione ipotizzando l'esistenza di una "pulsione di morte" intrinseca all'essere umano che anela al nirvana (l'estinzione delle tensioni dovute ai bisogni), similmente al pensiero di Ferenczi (1924) quando rimanda al desiderio latente di tornare allo stato intrauterino.

Il concetto di male, che tradizionalmente implica una responsabilità personale e una colpa incompatibili con una visione scientifica della malattia, è venuto così a far parte integrante di una spiegazione del disturbo mentale. Lungi dal riproporre il pregiudizio e la condanna morale che si sono coagulati nei secoli attorno alla malattia, la psicoanalisi ha consentito un avanzamento sostanziale rispetto a un tema su cui filosofia e religione avevano indagato per secoli. (De Masi, 1999, p.155)


Erotismo di coppia

Un Shunga giapponese (silografie a sfondo erotico del periodo Edo)

Quando non si è in presenza di disturbi gravi del carattere (che, come si è visto, limitano e solitamente pervertono le relazioni oggettuali), gli aspetti perversi polimorfi (fellatio, cunnilingio, l'anale, giochi a sfondo esibizionistico, voyeuristico...) non fanno che arricchire, consolidare e intensificare la vita sessuale del rapporto di coppia, se sostenuto da una relazione "matura" intima e profondamente affettiva (e quindi non a base perversa). Dunque, come suggeriva Freud, tali componenti umani non servono solo a costituire i preliminari dell'atto sessuale genitale di per sè, ma diventano fondamentali per mantenere appassionata e intensa la relazione d'amore nella coppia.

Inoltre la presenza di un Super-Io integrato (ossia una coscienza morale che stabilisca i limiti all'aggressività), permette l'attuazione di uno scenario perverso giocoso, flessibile, sfaccettato e tutt'altro che minaccioso per la coppia. Anzi, è importante evidenziare che se la rigidità esclusiva degli atti perversi costellano il mondo perverso, è altrettanto vero che una sessualità resa monca da inibizione e repressione è spesso indice di una struttura nevrotica di personalità che, a causa di un Super-Io troppo severo e rigido, fatica ad abbandonarsi al pieno godimento degli aspetti sessuali polimorfi. Cioè, come ha suggerito argutamente la McDougall (1990), nella società non esiste solo una sindrome perversa a sè stante, ma anche una "normopatia" fortemente fobica rispetto ad un mondo interno rifiutato e bandito dalla cultura, per quanto intrinsecamente presente nella natura umano.

La nostra epoca è incapace di "integrare" il sistema perverso, non soltanto perchè questo ha la tendenza a porsi rivendicativamente proprio come sistema, ma perchè il mondo moderno, essenzialmente sistematico e macchinale, si è esso stesso feticizzato: la normalità normalizzante è diventata un sistema perverso. (Chasseguet-Smirgel, 1984, p. 168)

Come ha mostrato con precisione Kernberg (1992), l'uso perverso (e quindi l'uso narcisistico) dell'oggetto durante l'esperienza sessuale non è altro che una temporanea regressione dell'Io al servizio dell'eccitazione sessuale che, nella sua forma isolata (come avviene nel perverso), entra in competizione con l'esperienza di totale fusione (seppur temporanea) con l'altro. La messa in atto di fantasie condivise permette alla coppia di liberarsi temporaneamente dalla specifica relazione oggettuale (l'uno diventa oggetto sessuale parziale dell'altro) per dedicarsi ad un gioco sessuale simmetrico, pur continuando a rimanere all'interno una relazione d'amore intima e totale.

Stesso discorso riguarda i processi di idealizzazione dell'anatomia del partner sessuale che, sempre in organizzazioni "alte" di personalità, contribuiscono a fornire, al pari dell'arte e la religione, qualità trascendentali all'amore sessuale che sono in grado di rafforzare e proteggere l'amore anche in presenza di odio (data la natura inevitabilmente ambivalente di ogni relazione umana), e allo stesso tempo soddisfano gratificazioni omosessuali attraverso l'identificazione con l'eccitamento e l'orgasmo dell'altro sesso.

D'altronde già Freud (1910-17) aveva sottolineato come il destino della coppia dipenda fondamentalmente dalla capacità di unire e integrare le due facce dell'amore: quello etico, sublimato, idealizzato, tenero (imparato in seguito al superamento della fase edipica, quando la scarica della pulsione erotica verso la madre viene inibita alla meta) e quello direttamente pulsionale, che cerca il piacere in ogni sua forma di desiderio. Quando ciò non può avvenire nella persona a causa di conflitti, allora si crea una scissione della vita amorosa secondo l'antica espressione de "l'amor sacro e l'amor profano", ossia tra l'idealizzazione della persona amata (ad esempio la moglie) e la corrispettiva degradazione dell'oggetto affinchè gli impulsi perversi possano trovar scarica (ad esempio l'amante, la prostituta).

In tale relazione di coppia, che solo i più fortunati riescono a trovare e costruire, l'aggressività umana si pone così al servizio dell'amore (e non il contrario, come accade nella perversione) in uno scenario straordinario - e forse unico - dove amore (Eros) ed aggressività (Thanatos) finiscono per amalgamarsi senza più essere in contraddizione tra loro.

In nessun individuo sano dovrebbe mancare una qualche aggiunta, da chiamare perversa, alla meta sessuale normale, e questo fatto generale basta di per sè solo a dimostrare l'inopportunità di un impiego moralistico del nome di perversione. (S.Freud, 1905, p. 29)
Riferimenti bibliografici:

Balint M. & Lorand S. (1956), Perversioni sessuali. Feltrinelli, Ed., Milano, 1965.

Bergeret J. (1996), La personalità normale e patologica, Raffaello Cortina, Milano, 2002

Boss M. (1954), Senso e contenuto delle perversioni sessuali, Sugar, Milano, 1962.

Chasseguet-Smirgel J. (1984), Creatività e perversione, Raffaello Cortina, Milano, 1987

De Masi F. (1999), La perversione sadomasochistica, Boringhieri, Torino

Fenichel, O. (1945), Trattato di psicoanalisi delle nevrosi e delle psicosi, Astrolabio, Roma, 1951.

Ferenczi S. (1924), Thalassa. Saggio sulla teoria della genitalità. Raffaello Cortina, Milano, 2014.

Freud S. (1905), Tre saggi sulla teoria sessuale, OSF, Boringhieri, Torino, 1969.

Freud S. (1910-17), Psicologia della vita amorosa, OSF, Boringhieri, Torino, 1969.

Freud S. (1912), Modi tipici di ammalarsi nervosamente, OSF, Boringhieri, Torino, 1969.

Freud S. (1920), Al di là del principio di piacere, OSF, Boringhieri, Torino, 1969.

Freud S. (1927), Feticismo, OSF, Boringhieri, Torino, 1969.

Glover E. (1955). La tecnica della psicoanalisi. Astrolabio, Roma, 1971.

Goldberg (1994), Perversione e perversioni. Boringhieri, Torino, 1998

Green A. (1973), Il discorso vivente. Astrolabio, Roma, 1974

Greenacre P., (1971), Studi psicoanalitici sullo sviluppo emozionale, Martinelli, Firenze, 1979.

Kaplan L.J. (1991), Perversioni femminili, Raffaello Cortina, Milano, 2015.

Kernberg, O. F. (1975), Sindromi marginali e narcisismo patologico, Bollati Boringhieri, Torino, 1987.

Kernberg, O. F. (1984), Disturbi gravi di personalità, Bollati Boringhieri, Torino, 1987.

Kernberg, O. F. (1992), Aggressività, disturbi della personalità e perversioni, Raffaello Cortina, Milano, 1993.

Khan M. M. R. (1979), Le figure della perversione, Boringhieri, Torino, 1982.

Klein M (1957), Invidia e gratitudine, Martinelli, Firenze, 1969.

Laplanche J., Pontalis J.B. (1967). Enciclopedia della psicoanalisi. Bari: Laterza, 1968.

Mc Dougall J. (1990), A favore di una certa anormalità. Borla, Roma, 1993.

Meltzer D. (1973), Stati sessuali della mente. Armando, Roma, 1975.

Morgenthaler F., La posizione delle perversioni nella metapsicologia e nella tecnica, in Psicoterapie e Scienze umane, n. 2, 1979

Semi A. et al (1988-89), Trattato di Psicoanalisi (2 voll.). Milano, Cortina.

Steiner J (1993), I rifugi della mente. Boringhieri, Torino, 1996

Stoller R. J. (1975), Perversione. La forma erotica dell’odio. Feltrinelli, Milano, 1978.
Suggerimenti filmografici:

Bella di giorno (1967) di L. Buñuel

Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975) di P.P. Pasolini

La camera verde (1978) di F. Truffaut

Velluto blu (1986) di D. Lynch

Legàmi! (1990) di P. Almodovar

Luna di fiele (1992) di R. Polanski

La pianista (2001) di M. Haneke

Secretary (2002) di S. Shainberg

Shame (2011) di S. McQueen

Guida perversa al cinema (2012) di S. Zizek

Nynmphomaniac (2013) di L. von Trier

Gran parte della filmografia di M. Ferreri, A. Hitchcock, D. Cronenberg e P. Greenaway





Evoluzione storica del concetto di perversione nella teoria e nella pratica clinica
Ricerca Psicoanalitica, 2005, Anno XVI, n. 1, pp. 83-103..
Cristina Storino

https://sipreonline.it/wp-content/uploa ... linica.pdf

L’autore mostra come il concetto di perversione sia cambiato nell’evoluzione del pensiero psicoanalitico, illustrando le teorie di molti autori da Freud ai giorni nostri. Vengono poste alcune domande che oggi sono allo studio e all’indagine clinica e che riguardano i differenti approcci clinici al problema delle perversioni, il problema dellosviluppo dell’identità sessuale nell’evoluzione delle perversioni, la relazione tra realtà e fantasia negli atteggiamenti perversi. L’autore concorda con il punto di vista oggi più diffuso che la perversione consista in un atteggiamento nei confronti della realtà e di se stessi. Poi l’autore si concentra sull’indagare l’importanza per l’analista, di considerare il profondo legame tra l’atteggiamento nel trattamento e le implicazioni etiche come i pre-concetti religiosi, morali, culturali dell’analista e del paziente, come questo legame incida fortemente nei trattamenti delle problematiche perverse e nella relazione tra paziente e analista.
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