L'identità sessuale non dipende dalla volontà individuale

L'identità sessuale non dipende dalla volontà individuale

Messaggioda Berto » ven lug 02, 2021 8:36 pm

8) E quali mai sarebbero i diritti umani degli LGBT?

a) il diritto al cambio di sesso, certamente no semplicemente perché è impossibile

b) il diritto al cambio di identità sessuale all'anagrafe no perché sarebbe una menzogna e fonte di innumerevoli danni, al massimo una specifica anagrafica che indichi la loro omosessualità e/o il loro sentirsi/volersi/essere transgender

c) il diritto a non essere perseguitati, demonizzati, discriminati e uccisi, sì certo ma non il diritto a propagandare (specialmente presso i minori) la loro condizione sessuale come una condizione ideale alternativa ai generi naturali e alla loro eterosessualità tipo la diffusione della Teoria del Gender e a praticare aberrazioni come la pedofilia

d) il diritto ad essere aiutati nel cercare di risolvere al meglio le loro problematiche e conflitti da disforia di genere per ridurne la sofferenza e se il caso risolverli definitivamente, ma non certo il diritto alla mutilazione e all'avvelenamento ormonale magari con le risorse pubbliche

e) il diritto a vivere la loro particolare sessualità, certo escluse le aberrazioni come la pedofilia e le manifestazioni sessuali pubbliche moleste e indecorose e la pretesa che sia loro riconosciuto quanto appartiene alla sessualità naturale femmina, maschio, eterosessuale. Ciò che viene riconosciuto come proprio/specifico/precipuo della donna o dell'uomo, del maschio o della femmina, non può in alcun modo essere riconosciuto ai transgender e agli omosessuali, a costoro va riconosciuto esclusivamente quello che è loro proprio, di loro pertinenza

f) il diritto ad essere considerati una minoranza bisognosa di attenzioni, protezioni, privilegi, quote arcobaleno, agevolazioni, finanziamenti a fondo perduto e sostegni vari, no nel modo più assoluto






Ddl Zan, associazioni donne: "No all'identità di genere scorporata dal sesso"
8 aprile 2021

https://www.dire.it/08-04-2021/619803-d ... dal-sesso/


ROMA – “Uomini e donne omosessuali e transessuali devono ottenere rispetto e protezione dalla legge. Noi sosteniamo questa richiesta. Ma la formula ‘identità di genere‘, al centro del ddl Zan, ha un grave impatto sulla vita delle donne. Anche includere le donne tra le minoranze da tutelare è un errore inaccettabile: non siamo una sfumatura dell’arcobaleno Lgbt, siamo la maggioranza del Paese”. Lo dichiarano in una nota stampa congiunta associazioni di donne, riportate in fondo al comunicato.
“Il tempo per correggere il ddl c’è, non accettiamo il prendere o lasciare né la liquidazione del nostro pensiero come omofobico. Noi femministe-continuano- prendiamo atto di essere riuscite a fare emergere che l’espressione ‘identità di genere’ non è ammissibile, come dimostra anche la richiesta del Comitato per la Legislazione avanzata alla Commissione Giustizia della Camera (e ignorata). Ci aspettiamo ora che la discussione al Senato vada nella direzione da noi indicata: sostituire il concetto di ‘identità di genere’ con un più limpido e inequivoco ‘transessualità'”.


LE RICHIESTE DELLE ASSOCIAZIONI:

NO ALL’INSERIMENTO DELLA LOTTA ALLA MISOGINIA
Le donne sono la maggior parte dell’umanità, non una delle minoranze del mondo Lgbtq+: questa è la prospettiva minoritaria transfemminista, non quella femminista. Pensare le donne come sfumatura dell’arcobaleno Lgbtq+ non è accettabile e produce un pericoloso disordine simbolico. La lotta alla misoginia necessita di un percorso assolutamente diverso. Per queste ragioni continueremo a chiedere che questa proposta di legge, pericolosa per le donne, venga emendata in sede di dibattito parlamentare come da noi richiesto. Diversamente non sosterremo in alcun modo questa legge”.

NO ALL’ ‘IDENTITÀ DI GENERE SCORPORATA DALLA RADICE SESSUALE’
In tutto il mondo l’’identità di genere’ viene oggi brandita come un’arma contro le donne. Non è più il luogo in cui il sesso si coniuga con tutte le determinazioni sociali e storiche, è oggi il luogo in cui si vuole che la realtà dei corpi -in particolare quella dei corpi femminili- venga fatta sparire. È la premessa all’autodeterminazione senza vincoli nella scelta del genere a cui si intende appartenere, è l’essere donna a disposizione di tutti. È il luogo in cui le donne nate donne devono chiamarsi ‘gente che mestrua’ o ‘persone con cervice’ perché nominarsi donne è trans-escludente.

È la ragione per la quale chi dice che una donna è un adulto umano di sesso femminile viene violentemente messa tacere, come è capitato a molte femministe: da Germaine Greer a Sylvane Agacinski, Julie Bindel, Chimamanda Ngozi Adichie e ora anche a J.K. Rowling, l’autrice di Harry Potter, perseguitata per essersi detta donna e aver rifiutato la definizione di ‘persona che mestrua’. È il luogo in cui le donne nate donne devono chiamarsi ‘gente che mestrua’ o ‘persone con cervice’ perché nominarsi donne è trans-escludente. la ragione per cui oggi ci viene un messaggio forte e chiaro di questa confusione di corpi e di linguaggi dietro una indefinita etichetta di ‘genere’. In California 261 detenuti che ‘si identificano’ come donne chiedono il trasferimento in carceri femminili. Il ‘genere’ in sostituzione del ‘sesso’- proseguono le associazioni- diviene quindi il luogo in cui tutto ciò che è dedicato alle donne può essere occupato dagli uomini che si identificano in ‘donne’ o che dicono di percepirsi ‘donne’: dagli spazi fisici, alle quote politiche destinate alle donne; dai fondi destinati alla tutela delle donne contro la violenza maschile, alle azioni positive, alle leggi, al welfare per le donne. In questo sparirebbe, furbescamente e in un solo colpo, il divario di potere tra i sessi, il gender gap, la violenza maschile e tutto il resto ed avremmo una società che improvvisamente si trova ad aver superato la disparità storica e sociale tra uomini e donne.


LE ASSOCIAZIONI FIRMATARIE DELLA NOTA

Udi Nazionale, Udi Napoli, Collettivo Luna Rossa, Associazione Freedomina, Associazione TerradiLei-napoli, Arcidonna, Associazione Salute Donna, RadFem Italia, In Radice- per l’Inviolabilità del corpo femminile,Se Non Ora Quando Genova, I-Dee, Associazione Donne Insieme, Arcilesbica, Arcilesbica Magdalen Berns, Associazione Trame, Catena Rosa, Ide&Azioni Associate. Hanno sottoscritto la nota molte attiviste della società civile.




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Gli Stati Uniti e la diplomazia dei diritti arcobaleno
Autore Emanuel Pietrobon
2 luglio 2021

https://it.insideover.com/politica/gli- ... aleno.html

Mutano i mezzi, cambiano i volti e trascorrono gli anni, ma il fine degli Stati Uniti è uno, imperituro e inalterabile: la costruzione di un mondo che sia fatto a loro immagine e somiglianza. Profondamente e convintamente persuasi che il Divino avesse condotto i Padri pellegrini in America per una ragione – la fondazione di una Nuova Gerusalemme –, i Padri fondatori avrebbero gettato le basi per la trasformazione degli Stati Uniti in quell’Impero della Libertà (Empire of Liberty) operante nel mondo in veste di Poliziotto globale (Global policeman) e nel nome di un Destino manifesto (Manifest destiny), cioè chiaro ed evidente.

Mutano i termini, cambiano le facce e si alternano le epoche, ma la logica dell’Impero della Libertà che combatte per il benessere dell’intera umanità è ancora lì, in piedi e in salute, grazie ad un’incredibile capacità di autorinnovamento che la rende in grado di resistere all’erosione degli agenti del tempo. E una delle grandi battaglie di quell’America che è tornata (America Is Back) al centro delle relazioni internazionali, dopo il breve e sui generis paragrafo simil-isolazionista che è stato il trumpismo, è rappresentata dalla questione arcobaleno, ovvero dai diritti LGBT.

I diritti Lgbt, l’ultimo fronte del Mondo libero

Il motivo per cui la questione arcobaleno sta infiammando l’Unione Europea – che lo scorso marzo è stata dichiarata dall’Europarlamento una “zona di libertà LGBTIQ” – è che in gioco, oltre a dei diritti, v’è l’esistenza stessa dell’agenda estera della Casa Bianca per il ventunesimo secolo. Un’agenda che vede nell’esportazione globale della questione arcobaleno uno dei pivot strategici dell’America, al di là del colore politico dell’inquilino dello Studio ovale, e che è stata perseguita con ardore, anche se in maniera differente, dalle varie amministrazioni che si sono susseguite nel dopo-Bush.

Barack Obama è stato colui che, più di ogni altro, ha investito e creduto nel potenziale geopolitico della causa arcobaleno, trasformandola in una linea di faglia tra l’Occidente e il resto del mondo, in particolare l’Oriente a guida sino-russa. Questo è il motivo per cui, mentre in Russia veniva approvata la celebre legge contro la propaganda gay, negli Stati Uniti si assisteva ad una sequela di eventi che, in breve tempo, avrebbe provocato un terremoto culturale a livello di relazioni internazionali:

La costituzionalizzazione del matrimonio omosessuale – che ha generato un effetto valanga nel mondo, come mostrato dalle legalizzazioni avvenute fra il 2011 e il 2016 in Brasile, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Nuova Zelanda, Regno Unito e Uruguay.
La trasformazione di agenzie federali per la cooperazione allo sviluppo e sedi diplomatiche (ambasciate e consolati) in entità delegate “all’uso di diplomazia e aiuti esteri per promuovere e proteggere i diritti umani delle persone lgbt” – alla quale ha fatto seguito la pratica, totalmente inedita, di introdurre sanzioni e altre misure punitive nei confronti di quei governi rei di violare i diritti arcobaleno.
La creazione della figura dell’inviato speciale per i diritti umani delle persone lgbti in seno al dipartimento di Stato – che ha accresciuto ulteriormente la centralità della questione arcobaleno nella conduzione di relazioni ed affari con l’estero.
L’utilizzazione di cifre senza precedenti per la promozione dei diritti gay nel mondo – 41 milioni di dollari nel solo periodo 2012-15, ai quali va affiancata “una porzione” (dal volume ignoto) dedicata alle “cause e alle comunità omosessuali” e proveniente dai 700 milioni spesi nello stesso triennio per aiutare le “comunità marginalizzate”.

Oggi, a distanza di dieci anni da quel fatidico 2011 che vide la Corte suprema degli Stati Uniti sentenziare a favore del riconoscimento dei matrimoni omosessuali sull’intero territorio federale, la questione arcobaleno continua a tenere banco in tutto il mondo, specialmente all’interno dell’Unione Europea, e non potrà che venire galvanizzata dal grande ritorno alla Casa Bianca dell’internazionalismo liberale.

Perché quell’America Is Back era ed è da leggere anche come un “The Rainbow Diplomacy Is Back“; lo suggeriscono il memorandum di inizio febbraio sull’utilizzo dei corpi diplomatici all’estero per promuovere i diritti gay nel mondo, la promessa elettorale di condizionare l’erogazione degli aiuti allo sviluppo allo status delle comunità omosessuali e la recente nomina di Jessica Stern quale inviata speciale per i diritti umani delle persone lgbti – un posto che l’amministrazione Trump aveva lasciato vacante. Che il mondo si prepari ad un nuovo effetto valanga in materia di legalizzazioni di matrimoni omosessuali (e diritti annessi, in primis l’adozione) e che le forze conservatrici dell’Unione Europea si abituino a piazze in fermento: la diplomazia dell’arcobaleno è tornata.




I DIRITTI DA PLASMARE A PROPRIO PIACIMENTO
Niram Ferretti
8 luglio 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

"Tutti noi abbiamo un'identità di genere, la percezione del nostro genere, ma qualcuno già da bambino lo percepisce diverso da quello biologico. È un diritto umano".
Così parlò Alessandro Zan, da cui prende il nome del famoso DDL, ormai diventato lo spartiacque tra bene e male, tolleranza e intolleranza, progresso e regresso.
Le parole affatturanti sono sempre le medesime, si tratta dell'abracadabra dei giorni nostri, "diritti umani".
È un diritto umano, dichiara Zan, percepirsi come si crede.
No, non è un diritto umano. Non si trova, al momento, in nessuno degli elenchi dei diritti umani questo presunto diritto. Si tratta, infatti, di una percezione psicologica.
Se io, con un corpo maschile, mi sento donna e voglio affermare di essere donna, ho il diritto di poterlo fare attraverso un apposito iter chirurgico che faccia di me quello che io percepisco di essere e che è in contrasto con la mia identità biologica. Mi è consentito. Posso farlo.
Se io sono un uomo che si percepisce donna ma vuole conservare la sua apparenza maschile e il proprio sesso biologico e pretendo dunque di potere godere di due vantaggi, quello di avere un corpo maschile che mi dà mediamente più forza di quello di una donna e però sentendomi donna mi fa concorrere per esempio a gare femminili, dove il fatto di essere maschio mi concede un maggiore vantaggio fisico, è un diritto umano che io pretenda di esercitare questa prerogativa?
Se invece io, uomo, non mi percepisco nè maschio nè femmina, ma voglio essere considerato neutro, e non voglio che si usino nei miei confronti pronomi che mi identifichino come maschio o femmina, ma pretendo che ci si riferisca a me come XYU o UXT, è un diritto umano?
Se, in altre parole, la soggettività diventa dominante rispetto ad ogni altra istanza, dovremmo necessariamente ammettere che chi soffre di disturbi mentali abbia il diritto umano di volere essere considerato e trattato come Mosè o come Alessandro Magno se si percepisce come tale, o come uno scarafaggio o un topo, sempre che si percepisca in questo senso.
Dove è il limite dell'estensione del concetto di "diritto umano" se lo si disancora da qualsiasi criterio oggettivo, dalla adesione normativamente statuita tra nome e cosa? La risposta è semplice. Non c'è. Si cade, infatti, in questo modo, dentro la gora senza fondo del nominalismo puro, dove la realtà si disintegra per diventare magma informe che ognuno può plasmare a proprio piacimento.



Giovanni Bernardini
È la vecchia idea faustiana del rifiuto del dato. L'uomo si fa da sé, è causa sui. Noi ci auto costruiamo, integralmente, rifiutiamo il nostro essere DATI così "ragiona" il sognor Zan. Ma si tratta di una pretesa autocontraddittoria perchè per "autocostruirci" dobbiamo già esistere, quindi essere DATI. Ed è una pretesa che si scontra empiricamente col formidabile DATO della natura che limita le nostre pretese. La natura NON è plastilina infinitamente malleabile, la si può odificare ma SOLO sottomettendosi alle sue leggi. Così da secoli, no, da millenni, procedono gli esseri umani e solo in questo modo è stato possibile quello che si chiama progresso.

Dragor Alphandar
Qualcuno dovrebbe spiegare ad Alessandro Zan la differenza fra diritto umano e perversione. E che per cambiare sesso non basta travestirsi e nemmeno operarsi. Si sara' sempre xx o xy.


Marco Bazzi
quando si sottomette il fatto fisico, reale, al "percepito" nella realtà si compie una TRUFFA.
cosa direste se uno volesse vendervi una pesca come fosse un melone o un cocomero?
oppure un pezzo di ferro come se fosse oro?




IL CAOS INFONDO ALLA STRADA DEL "PROGRESSO"
Niram Ferretti
7 luglio 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Prendiamo la garante per l’infanzia della Regione Umbria, Maria Rita Castellani, oggetto in queste ore di un compatto attacco dal fronte illuminato e progressista dei difensori del DDL Zan.
Cosa ha detto di così atroce la signora al punto che la sua presa di posizione ha suscitato da parte di associazioni e pariti di opposizione la rimozione della garante dal suo incarico?
Soffermando sull’articolo del disegno di legge Zan in cui si parla di identità di genere la Castellani ha detto:
«Il concetto d’identità cambia non è più quello antropologico che conosciamo da sempre e che distingue persona da persona a ragione di evidenze biologiche, ma diventerà qualcosa che io, cittadino, posso decidere arbitrariamente secondo la percezione del momento. Di conseguenza ogni desiderio sarà considerato un bisogno e il bisogno un diritto». Dunque, procedendo lungo la scala del progresso, un domani "Si potrà scegliere l’orientamento sessuale verso cose, animali, e/o persone di ogni genere e, perché no, anche di ogni età, fino al punto che la poligamia come l’incesto non saranno più un tabù».
Difficile se si ha a cuore la logica e la ratio, se si ha in dotazione un robusto senso della realtà darle torto. Viviamo infatti in un'epoca in cui minoranze agguerrite hanno imposto la loro agenda desiderante declinandola come diritto. E così il desiderio di avere figli da parte di chi per natura è ontologicamente impossibilitato ad averli, si è trasformato in diritto. Ma, il problema non è solo nella sfera omosessuale, lo troviamo anche in quella eterosessuale, dove donne anziane tramite la fecondazione in vitro possono diventare le madri-nonne dei loro figli.
In nome dell'amore e della lotta alla discriminazione o dei diritti umani, oggi tutto è possibile, e se oggi la pedofilia e la zoofila non sono permesse è perchè intorno a queste pratiche i tabù sono ancora forti, ma chi trent'anni fa poteva seriamente prevedere o ipotizzare famiglie omosessuali con bambini messi a disposizione dalla biotecnologia o che ci sarebbero stati uomini transgender in grado di partorire i loro figli?
Se il diritto positivo è l'unica norma e quello naturale viene totalmente sopraffatto, sarà solo chi avrà politicamente e ideologicamente in mano le leve del consenso a potere stabilire cosa è giusto e cosa no.
Se i confini vengono aboliti, se la natura che li pone viene soverchiata, resta solo l'ipertrofia dell'io, l'imperio potenzialmente senza limiti del principio di piacere. Ma nessuna civiltà può sussistere se governata dalla esplicitazione delle proprie pulsioni desideranti.
Per questo, infondo alla strada dell'ipetrofia dell'Io può esserci solo il caos.



"Rivela il nostro sesso": l'ira dei trans contro il Green pass
Roberto Vivaldelli
29 Luglio 2021

https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 1627554165

Non solo "no-vax" e "no-pass": contro il green pass del governo Draghi si scagliano anche le associazioni che rappresentano i transgender e il mondo Lgbtq
"Rivela il nostro sesso": l'ira dei trans contro il Green pass

Non ci sono solo i "no-vax" e i cosidetti "no-pass" a criticare il Green pass del governo Draghi ma anche le minoranze Lgbtq. Motivo? Il certificato verde che entrerà in vigore il 6 agosto sarebbe discriminatorio nei confronti delle persone transgender. "Abbiamo il problema del green pass. Lungi da me ogni vicinanza coi no vax, ma per come è stato pensato abbiamo un problema. Le persone transgender dovranno mostrare un Qr code che rimanderà alle informazioni anagrafiche, cosa che causa molto disagio, ed espona la persona". A dirlo, come riporta La Nazione, è stato Christian Cristalli, presidente e cofondatore di Gruppo trans Bologna durante una commissione consiliare del Comune di Bologna convocata dai consiglieri di Coalizione civica Emily Clancy e Federico Martelloni.

Anche le associazioni transgender e queer contro il Green pass

Il problema, ha sottolineato Cristalli durante l'audizione, è che il Green pass "rivelerà il dato anagrafico in tutti i luoghi in cui sarà richiesta la certificazione" afferma. "Dobbiamo lavorare in sinergia con istituzioni e associazioni, per creare ambienti e misure inclusive. Vorrei ricordare che il nostro Paese - spiega -stando ai dati forniti da Ilga, l'associazione internazionale lesbiche, gay, bisex, trans intersex, recentemente ha subito uno scivolone nella classifica di quelli considerati friendly". Ma non è l'unica realtà di questo tipo a porre il problema sul certificato verde. Come sottolinea il blog Progetto gender queer, uno dei più seguiti sui social, il nostro è "un mondo che ha sempre di più voluto una burocratizzazione e un’identificazione continua della persona, come in Minority Report, al netto della scansione oculare".


"Un problema di privacy"

ll problema del certificato verde è come "verrà gestita la privacy in un mondo che non tiene conto delle persone transgender e non binarie. Ci ritroveremo in contesti con persone a cui non abbiamo voluto dire il nostro nome anagrafico (perché dirlo ha sempre ricadute emotive su di te e sull’altra persona, mai davvero annullabili) e "chi gestirà questi dati potrebbe pronunciare il nome ad alta voce, ad esempio, magari anche per la sorpresa che sia quello il tuo nome, senza sapere esattamente se sei una persona transgender o non binaria, e prendendola sul ridere". Potrebbero crearsi, e sicuramente si creeranno, situazioni spiacevoli, sottolinea il blog che si rivolge al mondo Lgbtq. Dal prossimo 6 agosto potrebbe essere obbligatorio mostrare la certificazione verde per viaggiare su aerei, navi e treni. Ma non è questa l’unica novità in programma: nel provvedimento del governo verrà inserito anche il piano di riapertura delle scuole in presenza in vista del prossimo anno scolastico. Rimandata a data da destinarsi, invece, la decisione sul possibile obbligo vaccinale per gli insegnanti e per il personale Ata.
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L'identità sessuale non dipende dalla volontà individuale

Messaggioda Berto » ven lug 02, 2021 8:37 pm

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Messaggioda Berto » ven lug 02, 2021 8:37 pm

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L'identità sessuale non dipende dalla volontà individuale

Messaggioda Berto » sab lug 03, 2021 9:02 pm

9)
Le falsità e le assurdità argomentative dei sostenitori delle rivendicazioni demenziali LGBT contenute non solo nel Ddl Zan


a) Il sesso è considerabile un dato puramente anatomico e cromosomico
b) L’orientamento sessuale di una persona non è in alcun modo correlato alla sua identità di genere.
c) Essere transgender è una condizione normale e non è una malattia.
d) ...
e) ...



Il sesso è considerabile un dato puramente anatomico e cromosomico
La teoria del gender, che negli ambienti lgbt è considerata alla stregua di una teoria del complotto, trova la sua piena codificazione nella legge zan in esame al senato. Come ha spiegato lo stesso Zan, il sesso è considerabile un dato puramente anatomico e cromosomico. C'è poi il genere che, sarebbe, bontà sua , un semplice costrutto culturale. In pratica la donna quale essere più sensibile o materno e scarsamente aggressivo o violento (in media) sarebbe il frutto di un condizionamento sociale e non il frutto di un qualcosa che precede le varie declinazioni della femminilità. C'è poi l'identità di genere..ovvero la percezione di appartenere ad un genere che, come detto in precedenza, nemmeno esisterebbe a priori...un pasticcio insomma visto che di identità di genere se ne contano a decine. Che una ideologia che di scientifico ha poco venga impiantata in una legge è una cosa che fa tremare i polsi..di seguito c'è la storia del vero fondatore di questa teoria il quale potè eseguire un esperimento che non è stato praticamente eseguito da nessun altro : veder allevare un bambino sin da piccolissimo come una bambina per verificare che il sesso sia un dato ininfluente nella costruzione del genere : esperimento fallitissimo...ma, nonostante questo, la sua strampalata teoria vorrebbe essere insegnata nelle scuole dell'infanzia
https://www.facebook.com/groups/fede.sc ... 2619958065


Gino quarelo
No il sesso è sì "un dato anatomico e cromosomico", ma è un dato fondamentale che da forma al nostro corpo, alla nostra mente e a tutto il nostro essere di umani maschi e femmine, e non è qualcosa da cui si può prescindere e che si può alterare e modificare a piacimento dopo la nascita.
Ogni cellula del nostro corpo è sessualmente caratterizzata e nessuna operazione chirurgica e nessun trattamento ormonale profondo può alterare e cambiare questo dato biologico primario su cui è costruito tutto il nostro organismo e il nostro essere a partire dal momento della fecondazione che è il momento in cui inizia e si forma ogni individuo.

Le cellule dei trans non cambiano sesso, le cellule somatiche dei trans in origine maschi o femmine, non cambiano il loro corredo cromosomico, non lo cambiano quelle germinali, quelle staminali e quelle sessuali, nessuna terapia psichiatrica e psicologica, nessun trattamento ormonale, nessuna operazione chirurgica potrà cabiare questo dato.

https://www.my-personaltrainer.it/salut ... mmina.html

https://it.wikipedia.org/wiki/Cellula_somatica

https://it.wikipedia.org/wiki/Cellula_germinale

https://it.wikipedia.org/wiki/Cromosoma


L’orientamento sessuale di una persona non è in alcun modo correlato alla sua identità di genere.
Essere transgender è una condizione normale e non è una malattia.

Chi è una persona transgender?

https://www.iss.it/identit%C3%A0-di-gen ... ansgender-

La popolazione transgender è tuttora marginalizzata rispetto alle politiche sanitarie, con ostacoli nell'utilizzo dei servizi sanitari sia generali, sia specialistici.

Per acquisire ulteriori informazioni sullo stato di salute di questa fascia della popolazione e realizzare una formazione specifica degli operatori sanitari, l'Istituto Superiore di Sanità (ISS) sta promuovendo progetti di ricerca dedicati (studi sullo stato di salute, stili di vita, accesso ai servizi sanitari), corsi ECM (Educazione continua in medicina) per gli operatori sanitari, convegni e iniziative di informazione al cittadino.

Sempre più frequentemente si sente parlare d’identità di genere, transgender, trans, ma purtroppo non sempre questi termini sono usati nel modo corretto. Per non fare confusione, è importante capire di cosa si parla.
Ogni persona ha una propria identità sessuale che è formata da varie componenti: identità di genere, ruolo di genere, orientamento sessuale e sesso biologico.
L’identità di genere fa riferimento a come una persona si definisce rispetto al genere: una persona può definirsi maschio, femmina o come appartenente a un genere diverso da questi due. Tutte le identità di genere sono normali.
Nella maggioranza dei casi, l’identità di genere è in linea con il sesso biologico, ovvero con le caratteristiche biologiche (per esempio i genitali, gli ormoni o i cromosomi) con cui una persona nasce. Generalmente le persone nascono con un sesso maschile o femminile. Tuttavia, alcune persone possono nascere con caratteristiche fisiche non definibili come esclusivamente maschili o femminili e in tali casi si parla di condizioni intersessuali o dei cosiddetti disturbi dello sviluppo sessuale.
Il ruolo di genere è il modo in cui una persona esprime la propria appartenenza a un genere. Ciò che è considerato tipicamente maschile o femminile è influenzato dall’area geografica e dal momento storico in cui si vive, ogni persona ha quindi il suo modo di esprimere il genere a cui sente di appartenere.
L’orientamento sessuale indica l’attrazione fisica e/o romantica verso una persona. Esistono tanti tipi di orientamenti e tutti sono normali. Per esempio, un omosessuale (gay) è un uomo innamorato e/o attratto da altri uomini, una lesbica è una donna innamorata e/o attratta da altre donne, una persona pansessuale è una persona attratta dalle persone indipendentemente dal genere. L’orientamento sessuale di una persona non è in alcun modo correlato alla sua identità di genere. Una persona si definisce cisgender quando ha un’identità di genere in linea con il sesso biologico: per esempio, una persona che si sente donna e che è nata con caratteristiche fisiche femminili. Invece, una persona transgender generalmente presenta un’identità di genere diversa dalle caratteristiche del sesso biologico, come nel caso di una persona che nasce maschio, ma che si sente donna (o viceversa). Essere transgender è una condizione normale e non è una malattia. Alcune persone transgender (ma non tutte) soffrono per tale condizione e per questo decidono di intervenire sul proprio corpo per renderlo più simile a come si sentono con gli ormoni e/o con interventi chirurgici. La condizione per cui una persona presenta un non allineamento tra identità di genere e sesso biologico si chiama anche incongruenza di genere.


I "nuovi diritti" per imporre una tirannia culturale
Lorenzo Gioli
29 Giu 2021


https://www.atlanticoquotidiano.it/quot ... culturale/

È evidente, almeno a chi ha occhi per vedere. La sacrosanta tutela delle minoranze è ormai passata in secondo piano. A nessuno interessa più garantire i diritti degli omosessuali. Ora l’obiettivo è un altro: imporre una nuova egemonia culturale.

Dopo essere stata celebrata come faro dei diritti civili per alcune uscite di Papa Francesco, oggi anche la Chiesa bergogliana è accusata di oscurantismo per aver osato esprimere alcune perplessità di natura giuridica sul Ddl Zan, la legge contro l’omotransfobia in discussione in Commissione Giustizia del Senato, che secondo monsignor Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, lede la libertà di espressione e viola il Concordato che dal 1984 regola i rapporti fra il nostro Paese e la Santa Sede. Non entriamo nel merito della vicenda, a cui Franco Carinci ha già dedicato un interessante articolo su questo giornale. Tuttavia, non possiamo non notare come ogni voce, anche autorevole, disallineata al pensiero gender venga costantemente demonizzata dal Grande Fratello arcobaleno. Non solo nei rapporti internazionali, ma anche nel mondo della cultura e dello spettacolo.

I registi desiderosi di vincere il Premio Oscar saranno costretti a rispettare il codice deontologico dell’Academy, in vigore dal 2024, che prevede standard rigidissimi. Per citarne alcuni: almeno il 30 per cento del cast deve appartenere a una minoranza etnico-religiosa o Lgbt. In alternativa, un regista può sempre rivolgersi a “donne e/o disabili” per ricoprire ruoli da protagonista o comunque di primo piano. È razzismo al contrario: le persone non vengono più giudicate sulla base delle loro capacità, a prescindere dal sesso e dalla religione, come dovrebbe accadere in una democrazia liberale. No, il colore della pelle e l’orientamento sessuale sono diventati gli unici criteri di giudizio, scavalcando il merito e la competenza.

Karl Marx, teorico del socialismo scientifico, vedeva la storia come eterna lotta fra classi dominanti e ceti subalterni. Adolf Hitler, padre del nazismo e peggior dittatore di tutti i tempi, considerava la “razza” come unico criterio per comprendere la realtà. La piega che sta prendendo questo “totalitarismo gender” è ritenere che l’orientamento sessuale, o “identità di genere”, sia la sola chiave di lettura per decifrare e moralizzare il mondo contemporaneo. Perfino Babbo Natale è stato sessualizzato in un romanzo di Pierluigi Buscetta dal titolo “Babbo Natale esiste ed è gay” che sarà pubblicato da Sperling & Kupfer a settembre. E così tanti altri personaggi di fumetti, film e serie tv.

In ottemperanza al conformismo imperante, ciascuno di noi è costretto ad indossare una maschera, a riconoscersi in una delle quattro sigle dell’acronimo Lgbt (andando avanti di questo passo, se ne aggiungeranno a centinaia). E chi rifiuta queste etichette va incontro all’emarginazione, come nei romanzi di Pirandello, dove il protagonista, una volta svelate le illusioni su cui si regge la società, non riesce più a tornare indietro.

Basta retorica. Lo Stato non dovrebbe imporre modelli culturali, divulgando le teorie gender nelle scuole, ma lasciare che ognuno segua le proprie inclinazioni nei limiti imposti dalla legge. Solo così potremo raggiungere la tanto agognata libertà che, per inciso, riguarda tutti e non una singola fetta di popolazione. Se invece vogliamo istituire la tirannia dei diritti, tanto vale trasferirsi in Cina.
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L'identità sessuale non dipende dalla volontà individuale

Messaggioda Berto » sab lug 03, 2021 9:03 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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L'identità sessuale non dipende dalla volontà individuale

Messaggioda Berto » sab lug 03, 2021 9:03 pm

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L'identità sessuale non dipende dalla volontà individuale

Messaggioda Berto » sab lug 03, 2021 9:04 pm

10)
Demenzialità, molestie, irrispettosità, violenze, crimini LGBT



Un uomo che si dichiara donna entra nella sezione femminile di una spa con i genitali esposti
Sabino Paciolla
Un articolo di Jonathon Van Maren, pubblicato su Lifesitenews, nella mia traduzione.
27 giugno 2021

https://www.sabinopaciolla.com/un-uomo- ... i-esposti/

Se volete un’idea di dove ci sta portando la rivoluzione trans, date un’occhiata a questo video. Si tratta di un alterco ostile alla Wi Spa di Los Angeles, in cui una donna arrabbiata affronta il personale della spa a proposito di un maschio biologico che è entrato nella sezione femminile della spa con il suo pene esposto – davanti a donne e ragazze. Poiché si è identificato come donna, il personale della spa afferma che ha il diritto di stare lì – dopo tutto, se si identifica come donna, per la legge della California è una donna – e i genitali che sta esponendo costituiscono un “pene femminile”.

La donna chiede di sapere perché va bene che un uomo “mostri il suo pene ad altre donne, ragazzine, minorenni – la vostra spa lo consente? È questo che sta dicendo?”. L’impiegato conferma che è la legge. La donna è chiaramente furiosa, affermando che non le interessa “l’orientamento sessuale – io vedo un c****! Mi fa capire che è un uomo! È un uomo! Non è una femmina. Non è una femmina”. Lo ripete più volte, e poi dice alle collaboratrici che altre donne “sono molto offese da quello che hanno appena visto”.

“Quindi Wi Spa è d’accordo che gli uomini che dicono solo di essere una donna possono andare nella sezione femminile con il loro pene? È questo che sta dicendo?”, ha proseguito. Il membro dello staff, chiaramente a disagio, borbotta una risposta incomprensibile. La donna chiede allora di sapere quale legge dice che lui può andare nella sezione femminile. Una giovane donna viene al banco e chiede indietro i suoi soldi, e la donna che filma il video dice: “Sì, ridatele i soldi!” Ci sono sia donne che altre ragazze molto giovani sullo sfondo.

Invece di difendere le donne, un uomo baffuto si avvicina e la rimprovera, dicendole che l’uomo che si espone alle ragazze è un transgender. “Non esiste un transgender, lui ha un c****”, risponde lei. “Ha un pene. Sono una donna che sa come alzarsi e parlare per i miei diritti. Sono una donna. Ho il diritto di sentirmi a mio agio senza che un uomo si esponga!”.

A questo punto, altre donne cominciano a intervenire, sostenendola mentre l’uomo le dice che deve rispettare la “persona transgender”. La seconda parte del video mostra una folla che si riunisce mentre lei chiede che la situazione venga rettificata.

Questi video sono la cosa migliore che ho visto da secoli. Questa donna è precisamente il tipo di eroe quotidiano di cui abbiamo bisogno – qualcuno che taglia l’ipocrisia e indica ciò che è reale. L’uomo nel video, un tipo dall’aspetto scuro con tatuaggi, è il cattivo del video tanto quanto il guardone che si è diretto nella sezione delle donne – piuttosto che difendere il diritto delle donne e delle ragazze molto giovani alla privacy, difende il diritto di un maschio adulto di esporsi in loro presenza. A un certo punto, lei gli dice questo: “Deve essere difficile non essere un vero uomo – provaci!” mentre lui se ne va.

Questo è il mondo in cui gli attivisti trans vogliono farci vivere – un mondo in cui un maschio adulto ha il diritto di esporre i suoi genitali di fronte a donne e ragazze di tutte le età e dove le donne che obiettano vengono definite transfobiche. Questa è l’America che l’Equality Act creerebbe.

Il linguaggio della donna può essere schietto, ma è necessario. La gente ha bisogno di rendersi conto di ciò che è realmente in gioco. Abbiamo bisogno di più donne come lei, che dicano la loro verità ed esigano che i Ken compiacenti che si sono messi in riga ascoltino e rispettino le loro esperienze vissute.



Keira, trans pentita, fa causa a una clinica inglese: "Troppo piccola per decidere, dovevano farmi riflettere"
Linda Varlese
04/07/2021 02:12

https://www.huffingtonpost.it/entry/kei ... 1b6b1f0f83

Keira Bell oggi ha 23 anni è una ragazza di Manchester e ha deciso di fare causa alla clinica Tavistock and Portman NHS Trust perché le “autorità mediche avrebbero acconsentito troppo presto al suo desiderio di cambio di identità e di genere, quando aveva 16 anni”. Dice la ragazza: “Non si possono prendere decisioni simili a 16 anni, e così in fretta. I ragazzi a quell’età devono essere ascoltati, e non immediatamente assecondati. Io ne ho pagato le conseguenze, con danni gravi fisici. Ma così non va bene, servono cambiamenti seri”.

Keira, nata biologicamente di sesso femminile, infatti, da bambina e ragazzina si era sempre sentita un uomo e aveva preso la decisione, a soli 16 anni, di iniziare il suo percorso transgender che l’avrebbe portata a un cambio di sesso. L’approvazione della clinica, come spesso capitato in passato per molti minorenni, anche di 10 anni, talvolta generando polemiche in Inghilterra, è arrivato senza troppi ritardi. Ma oggi Keira si è pentita: “Era il percorso sbagliato”, ha detto a Good Morning Britain su Itv. “Ero molto depressa da ragazzina, non mi sentivo a mio agio nel mio corpo da donna e così ho sviluppato presto una disfonia di genere”, ossia proprio quel disagio di chi non si riconosce nel sesso biologico. La clinica l’ha assecondata “in fretta”, un errore gravissimo secondo Bell oggi: “Non hanno approfondito i sentimenti che provavo all’epoca” a 16 anni, “non c’è stato un vero esame psichiatrico nei miei confronti. È stato tutto così rapido e basato sul mio passato. Non c’è mai stata una vera discussione: i miei sentimenti dovevano essere scandagliati e non semplicemente accettati per quello che erano. Perché quando inizi il percorso, poi è molto complicato tornare indietro”.


Keira Bell: la mia storia
FEMINIST POST
15 Aprile 2021

https://feministpost.it/magazine/primo- ... ia-storia/

Da adolescente Keira Bell ha scelto di intraprendere un percorso di transizione, ma se ne è pentita. In questo articolo, ci racconta come ci si sente a entrare nella storia del dibattito sulla transessualità. Keira è la destransitioner più famosa al mondo.
La mia vita familiare è stata infelice fin dall’inizio. I miei genitori, una donna inglese bianca e un afroamericano, si sono sposati mentre mio padre si trovava in Gran Bretagna per via del suo lavoro nell’Aeronautica Militare degli Stati Uniti e hanno divorziato quando avevo 5 anni. Mia madre, che viveva di sussidi, è precipitata nell’alcolismo e nella depressione. Anche se papà è rimasto in Inghilterra, non era vicino emotivamente né a me né alla mia sorella minore.

Ero un maschiaccio come tante: questa è stata una delle parti migliori della mia infanzia. Vivevo a Letchworth, una città con circa 30.000 abitanti a un’ora di distanza da Londra. Da piccola, venivo accettata di buon grado dai maschi; mi vestivo come loro ed ero molto sportiva. Il mio genere non mi creava nessun problema, non ci pensavo minimamente.

Quando è arrivata la pubertà, tutto è cambiato in peggio. Un sacco di adolescenti, soprattutto le ragazze, vivono molto male il suo arrivo, ma io non lo sapevo. Pensavo di essere l’unica a detestare i miei fianchi e il mio seno sempre più grande. Poi mi sono arrivate le mestruazioni ed erano davvero debilitanti. Spesso il dolore era fortissimo e mi sentivo svuotata.

Non potevo più far parte del “club dei maschi”, quindi ho perso il mio gruppo di amici; non mi sentivo vicina neanche alle ragazze. L’alcolismo di mia madre era diventato così terribile che non volevo portare nessuno a casa mia. Alla fine, mi sono semplicemente ritrovata senza amici da invitare. Abbiamo iniziato a trasferirci spesso e ho dovuto ricominciare tutto da capo in un sacco di scuole; i miei problemi sono peggiorati sempre di più.

Quando ho compiuto 14 anni soffrivo già di una grave forma di depressione e mi sono arresa: ho smesso di andare a scuola e di uscire di casa. Restavo chiusa in camera mia e cercavo di evitare mia madre. Mi limitavo a giocare ai videogiochi, ad ascoltare ossessivamente la mia musica preferita e a navigare su Internet.

Stava succedendo qualcos’altro: ho iniziato a essere attratta dalle ragazze. Non avevo mai visto associare alla parola “lesbica” o alle relazioni tra due donne qualcosa di positivo, e ho finito per chiedermi se in me ci fosse qualcosa di sbagliato. Più o meno in quel periodo, mia madre mi ha chiesto se volessi diventare un ragazzo: non ci avevo mai pensato neanche per un secondo, fino a quel momento. Su Internet ho trovato dei siti che parlavano dei percorsi di transizione dedicati alle donne che vogliono diventare uomini. Poco dopo sono andata a vivere con mio padre e con la sua partner dell’epoca, che mi ha fatto la stessa domanda che mi aveva fatto mia madre. Le ho risposto che mi sentivo un ragazzo, e che volevo diventare un maschio.

Guardandomi indietro, mi sono resa conto che erano state le mie esperienze di vita a portarmi a credere che smettere di essere una donna sarebbe stato vantaggioso. Pensavo che cominciando la terapia ormonale sarei diventata più alta e non sarei stata molto diversa da una persona nata uomo.

Ho iniziato a vedere uno psicologo del Servizio Sanitario Nazionale del Regno Unito, l’NHS. Quando avevo 15 anni, visto che continuavo a dire che volevo diventare un ragazzo, sono stata mandata a Londra, all’unità dedicata allo sviluppo dell’identità di genere della clinica Tavistock and Portman. Lì mi è stata diagnosticata la disforia di genere, una sofferenza psicologica causata da un’incongruenza tra il proprio sesso biologico e la propria identità di genere percepita.

Quando sono approdata alla clinica Tavistock, ero sicura di avere bisogno della transizione. Era una certezza assoluta, limpida, di quelle tipiche dell’adolescenza. In realtà ero una ragazza con un brutto rapporto con il proprio corpo, vittima di abbandono da parte dei genitori, isolata dagli altri, ansiosa, depressa, incapace di accettare il suo orientamento sessuale.

A 16 anni, dopo una serie di conversazioni molto superficiali con degli assistenti sociali, mi hanno somministrato dei bloccanti della pubertà. Un anno dopo, ho iniziato con le iniezioni di testosterone. A 20 anni, mi sono sottoposta a una mastectomia bilaterale. Arrivata a quel punto, avevo una struttura fisica più mascolina, la barba, e una voce e un nome da uomo: Quincy, in omaggio a Quincy Jones.
(Su concessione di Keira Bell)

Più andavo avanti nel mio percorso di transizione, però, e più mi rendevo conto che non ero un uomo, e che non sarei mai potuta diventare un maschio. Di questi tempi, ci raccontano che quando una persona soffre di disforia di genere è per via della sua “vera” identità, che si tratta di un’espressione del desiderio di cambiare genere, ma per me non è stato così. Crescendo, mi sono resa conto che la mia disforia di genere era un sintomo del mio malessere, non la sua causa.

A cinque anni dall’inizio del mio percorso di transizione per diventare uomo, ho iniziato un processo di detransizione. Molti uomini transessuali dicono che è impossibile piangere con un alto livello di testosterone nel sangue, e anche per me è stato così: non riuscivo a sfogarmi. Mi sono resa conto che stavo tornando a essere Keira quando, finalmente, sono riuscita a piangere di nuovo. E avevo un sacco di motivi per farlo.

Le conseguenze di quello che mi è successo sono state gravi: probabile infertilità, amputazione del seno, impossibilità di allattare, genitali atrofizzati, cambio della voce, peluria sul viso. Quando mi hanno visitata alla clinica Tavistock avevo così tanti problemi che mi sembrava rassicurante convincermi di averne uno solo da risolvere, ovvero quello di essere un uomo intrappolato in un corpo femminile. Era compito dei professionisti che si stavano occupando di me considerare tutte le mie comorbidità invece di assecondarmi nella mia ingenua convinzione che per farmi sentire meglio sarebbero bastati gli ormoni e la chirurgia.

L’anno scorso ho fatto causa al fondo NHS dedicato alla Fondazione Tavistock and Portman aprendo un caso di revisione giudiziaria, che in Gran Bretagna consente a chi lo desidera di denunciare un ente pubblico che è venuto meno ai suoi doveri legali. Poche revisioni giudiziarie vanno a buon fine; solo pochissime vengono degnate di un’udienza. La nostra, però, è stata ascoltata: un panel di tre giudici della Corte Suprema ha deliberato sulla reale capacità dei giovani pazienti della clinica a cui mi ero rivolta di prestare un consenso davvero informato e consapevole a interventi medici così gravosi.

La mia squadra legale ha sostenuto che Tavistock non aveva protetto i giovani pazienti che si erano rivolti alla clinica e che, invece di prendersi cura di ogni caso con trattamenti cauti e mirati, ci avevano usato per condurre dei veri e propri esperimenti incontrollati. Lo scorso dicembre, abbiamo vinto la causa con un verdetto unanime a nostro favore. I giudici hanno espresso seri dubbi sulla capacità di capire le implicazioni di trattamenti sperimentali con conseguenze destinate a durare per tutta la vita da parte dei pazienti più giovani.

Nella sentenza i giudici hanno espresso più volte il loro stupore per quanto si è verificato nella clinica Tavistock, e soprattutto per la sua incapacità di raccogliere dati fondamentali sui propri pazienti. Hanno riscontrato un’assenza di giustificazioni per la prescrizione di farmaci per il blocco della pubertà a bambini di persino 10 anni di età; si tratta di una terapia che viene quasi sempre seguita da ormoni sintetici del sesso opposto, che vanno somministrati a vita per proseguire con la transizione. Erano preoccupati anche dall’assenza di dati di follow-up, vista “la natura sperimentale della cura e il suo profondo impatto sul paziente”.

Sempre più ragazze cercano aiuto per problemi di disforia di genere. Nel biennio 2009/2010, 77 bambini sono stati mandati al servizio di sviluppo dell’identità di genere; il 52% erano maschi. La percentuale ha iniziato a cambiare a favore delle ragazze nell’arco di qualche anno, quando il numero di persone inviate a quel servizio è decollato. In Inghilterra, nel biennio 2018/2019, sono stati segnalati al servizio 624 ragazzi e 1.740 ragazze, il 74 per cento dei pazienti. Più di metà degli adolescenti mandati alla clinica avevano meno di 14 anni; alcuni ne avevano addirittura 3. I giudici hanno notato che i professionisti di Tavistock non avevano trovato “nessuna spiegazione clinica” per l’aumento vertiginoso del numero di ragazze coinvolte, e hanno espresso la loro sorpresa per l’incapacità degli specialisti di raccogliere dati sull’età dei pazienti a cui avevano somministrato bloccanti della pubertà.

La sentenza non impedisce a un minorenne di iniziare un percorso medico di transizione, ma i giudici hanno raccomandato ai medici di richiedere l’approvazione da parte di un tribunale prima di iniziare questi trattamenti su soggetti dai 16 ai 17 anni d’età; hanno dichiarato di essere “molto scettici” sulla capacità di pazienti di 14 o 15 anni di capire le conseguenze delle terapie e di riuscire a dare un consenso informato, e hanno definito “molto improbabile” che sia possibile ottenerlo da un soggetto di età inferiore ai 13 anni.

L’NHS ha dichiarato che la clinica Tavistock aveva “sospeso immediatamente la ricezione di richieste di somministrazione di bloccanti della pubertà e di ormoni sintetici del sesso opposto per i pazienti di età inferiore ai 16 anni, che in futuro saranno concesse solo con l’autorizzazione di un tribunale”. La clinica Tavistock è ricorsa in appello, e si tornerà in tribunale a giugno.

I bloccanti della pubertà che ho assunto a 16 anni erano concepiti per bloccare la mia maturazione sessuale: l’obiettivo della terapia era permettermi di “prendermi una pausa” per decidere se volessi continuare o meno il mio percorso di transizione. Questa “parentesi di riflessione” mi ha mandata in una specie di menopausa, con tanto di vampate di calore, sudori notturni e annebbiamento mentale. Riflettere con chiarezza sul da farsi è diventato ancora più difficile.

Dopo un anno di trattamento, quando mi è stato proposto di passare al testosterone, ho accettato immediatamente: volevo sentirmi come un uomo giovane, non come una vecchia signora. Non vedevo l’ora di iniziare con le iniezioni e di cambiare. All’inizio, il testosterone mi ha riempita di fiducia in me stessa. Uno dei suoi primi effetti è stato l’abbassamento del mio timbro vocale, che mi ha fatta sentire molto più autorevole.

Nel giro di due anni la mia voce è diventata sempre più grave, mi è cresciuta la barba e il mio grasso corporeo si è distribuito in modo diverso. Continuavo a fasciarmi il seno ogni giorno, anche perché ormai sembravo un uomo, ma era doloroso e facevo fatica a respirare bene. A 20 anni, sono stata mandata alla clinica per i pazienti adulti. Il testosterone e le fasciature avevano cambiato il mio seno e lo odiavo ancora più di prima. Volevo rendere l’aspetto del mio corpo conforme a quello del mio nuovo viso, e quindi mi sono fatta prescrivere una mastectomia bilaterale.

Il mio rapporto coi miei genitori continuava a essere difficile. Avevo smesso di parlare con mia madre; mio padre mi aveva buttata fuori di casa poco dopo il mio diciassettesimo compleanno e sono andata a vivere in un ostello della gioventù. Eravamo rimasti in contatto, anche se era molto contrario al mio percorso di transizione. Mi ha accompagnata controvoglia in ospedale per il mio intervento chirurgico. Ero un’adulta a tutti gli effetti quando mi sono fatta operare, e mi assumo tutte le responsabilità della mia scelta, ma ero stata instradata in quel percorso, che era partito coi bloccanti della pubertà per passare al testosterone e arrivare alla chirurgia, quando ero solo un’adolescente difficile. Come conseguenza dell’intervento, le terminazioni nervose presenti sul mio petto sono state danneggiate: non è più sensibile come prima. Se riuscirò ad avere dei figli, non li potrò mai allattare al seno.

A un anno di distanza dall’intervento, è successo qualcosa di nuovo: sono maturata. Ho riflettuto sul mio percorso, e mi sono posta delle domande. Cosa mi rendeva un uomo?

Mi sono resa conto di quanto erano sbagliati i miei ragionamenti e di quanto erano stati influenzati da dichiarazioni sul genere che sono sempre più diffusi nella cultura generale e che sono state adottate in toto da Tavistock. Mi sono ricordata che a 14 anni ero convinta che gli ormoni e la chirurgia mi avrebbero trasformata in qualcuno che poteva somigliare a un uomo; ero diventata quella persona, ma mi sono resa conto che ero molto diversa dai maschi dal punto di vista fisico. Vivere come trans mi ha aiutata a capire che ero rimasta una donna.

Ho anche iniziato a capire che la mia esperienza di vita era basata sugli stereotipi, e che stavo cercando di definire la mia identità in modo molto limitante, vestendo i panni di “un uomo molto mascolino”. Più ci riflettevo, e meno aveva senso. Ero anche preoccupata dell’effetto che avrebbe avuto la mia transizione sulla capacità di trovare un partner sessuale.

In più, nessuno sapeva quali sarebbero state le conseguenze a lungo termine del mio trattamento. I bloccanti della pubertà e il testosterone mi hanno causato l’atrofia vaginale, un processo di assottigliamento e di indebolimento delle pareti vaginali che normalmente si verifica dopo la menopausa. Ho iniziato di nuovo ad avere dei problemi con il mio aspetto.

Ho deciso di smettere subito con la terapia, dall’oggi al domani. Ho cancellato immediatamente il mio appuntamento per la puntura di testosterone successiva.

Dopo aver preso questa decisione, ho trovato un subreddit dedicato a chi stava intraprendendo un percorso di detransizione. Era sempre più frequentato, come se tutte quelle ragazze si fossero rese conto insieme dello scandalo medico di cui erano state vittime. Potevamo parlare delle nostre esperienze e supportarci a vicenda. Mi sono sentita di nuovo libera.

Quello che è successo a me sta succedendo in tutto il mondo occidentale. Il mio caso non è stato affatto sorprendente per chi aveva seguito le vicende di Tavistock e le grida di allarme dei suoi ex dipendenti, spesso pubblicate in forma anonima. Alcuni professionisti hanno abbandonato il servizio per queste obiezioni. Il transegenderismo, purtroppo, è altamente politicizzato e intriso di questioni legate alle politiche identitarie. Fare domande o dubitare delle transizioni di genere di tutti questi adolescenti può essere pericoloso; chi ha osato commettere questo peccato è stato coperto di fango e screditato professionalmente.

Alla clinica Tavistock, i professionisti forniscono “cure basate sull’autoaffermazione di genere”: in pratica, quando un bambino o un adolescente manifestano il desiderio di iniziare un percorso di transizione, questa intenzione viene considerata definitiva e, di solito, non viene messa in discussione. Questo modello basato sull’autoaffermazione viene adottato in molti paesi. Nel 2018, l’Associazione dei pediatri americani ha rilasciato una dichiarazione che puntava proprio su questa metodologia per la cura dei pazienti più giovani che si identificano come transgender o non conformi.

Alcuni ex dipendenti di Tavistock però hanno menzionato gli altri problemi da cui erano afflitti gli adolescenti e i bambini che si recavano alla clinica in cerca di aiuto: erano vittime di abusi sessuali, abbandoni genitoriali, omofobia da parte della famiglia o dei compagni di scuola, soffrivano di depressione, di ansia o di disturbo di deficit dell’attenzione o erano autistici. Queste gravi patologie, che potevano includere la disforia tra i loro sintomi, sono state spesso ignorate e non curate; la transizione era considerata una panacea in grado di curare tutti i pazienti.

Come ha avuto modo di notare la Corte Suprema, l’efficacia di una larga parte delle terapie proposte dalla clinica non è sostenuta da prove certe. Quando il nostro caso è stato accettato, l’NHS affermava che gli effetti dei bloccanti della pubertà sono “completamente reversibili”, ma di recente ha sostenuto il contrario, riconoscendo che “non ci sono dati sugli effetti a lungo termine” di questi farmaci sul corpo e sulla mente di un adolescente. Neanche questo ha impedito loro di prescriverli a persone come me.

Il dottor Christopher Gillberg, professore di psichiatria infantile in Svezia, all’università di Göteborg e specializzato nello studio dell’autismo, è stato convocato per il nostro caso come esperto del settore. Nella sua testimonianza, Gillberg ha dichiarato che in più di 45 anni di esperienza con i bambini autistici aveva riscontrato raramente disforia di genere in questa categoria di pazienti. Nel 2013, però, il numero di persone affette da autismo e da disforia di genere è decollato, soprattutto tra le ragazze. Gillberg ha poi riferito ai giudici che quello che stava avvenendo da Tavistock era un “esperimento in diretta” sui bambini e sugli adolescenti.

I genitori che sono riluttanti o allarmati all’idea di far iniziare ai propri figli un percorso di transizione vengono ammoniti: “Preferite una figlia morta o un figlio vivo?” (O viceversa). Da adolescente, pensavo al suicidio. I pensieri suicidi sono sintomo di gravi problemi mentali, che richiedono una diagnosi attenta e delle cure adeguate. Quando ho parlato di questi pensieri alla clinica Tavistock, mi è stato detto che erano una ragione in più per farmi iniziare in fretta la mia terapia ormonale e farmi sentire meglio. Dopo la sentenza, però, Tavistock ha rilasciato uno studio su 44 pazienti che avevano iniziato ad assumere bloccanti della pubertà dai 12 ai 15 anni di età. Nello studio, si dichiara che il trattamento non ha migliorato la salute mentale dei pazienti, e che non ha avuto nessun effetto degno di nota “sulla loro salute psicologica, sul loro autolesionismo e sulla loro immagine di sé”. In più, su 44 pazienti, 43 hanno scelto di passare alla terapia con ormoni sintetici del sesso opposto. Questo dato ci invita a pensare che il blocco della pubertà non fornisce una pausa, ma una spinta ulteriore verso la transizione.

Prima di iniziare ad assumere testosterone mi è stato chiesto se volessi avere figli, o se volessi congelare degli ovuli nel caso in cui transizione mi avesse resa sterile. Da adolescente non pensavo di volere dei figli, e la procedura di prelievo dei miei ovociti non sarebbe stata coperta dall’NHS. Ho detto che non avere dei bambini non sarebbe stato un problema, e che non avevo bisogno di mettere da parte alcuni dei miei ovuli. Oggi, però, da adulta, mi rendo conto che non avevo idea delle conseguenze della sterilità. Avere figli è un diritto basilare, e non so ancora se mi è stato sottratto.

Per difendersi, Tavistock ha fatto testimoniare delle giovani persone trans che erano felici delle cure ricevute. Una di loro è S., un ragazzo trans di 13 anni che ha ricevuto i bloccanti della pubertà da una clinica privata perché la lista d’attesa al servizio di sviluppo dell’identità di genere era troppo lunga. S. ha detto ai giudici che “non aveva idea di cosa avrebbe potuto pensare in futuro sulla possibilità di avere dei figli”, e che visto che “non ha mai avuto una relazione sentimentale” l’idea di avere un bambino “è un’ipotesi che non sta considerando in questo momento”.

Molti adolescenti, quando pensano alle proprie future relazioni sessuali, si sentono perplessi e spesso persino schifati all’idea. Da adulti, spesso e volentieri, la penseranno in un modo completamente diverso. Lo so molto bene, perché è successo anche a me. Non avevo mai fatto sesso quando ho iniziato la mia transizione, quindi non avevo idea di che cosa avrebbe rappresentato il percorso per me dal punto di vista sessuale.

La dichiarazione di S. dimostra quanto sia difficile per un minore dare il consenso a procedure che non riesce ancora a comprendere. Come hanno scritto i giudici, “è impossibile spiegare a bambini di questa età cosa comporterà, per il futuro di molti di loro, la perdita della fertilità o delle funzioni sessuali.”

Bell parla ai media dopo la sentenza dello scorso dicembre

Oggi a 24 anni, ho intrapreso la mia prima relazione stabile. La mia compagna mi supporta in tutto quello che faccio, e io faccio lo stesso per lei. Ha molte amiche che mi accettano per quello che sono, ed è stato molto salutare per me. In questo momento, non parlo con i miei genitori e non ho nessun rapporto con loro.

Ogni tanto, vengo ancora scambiata per un uomo. È comprensibile, e non mi fa arrabbiare. So che ci dovrò convivere per il resto della vita. Quello che mi fa arrabbiare è il cambiamento a cui il mio corpo è stato sottoposto così presto. Molti vogliono sapere se mi sottoporrò a un intervento di ricostruzione del seno, o ad altre operazioni per sembrare più femminile, ma non ho ancora superato la mia mastectomia. Per ora, voglio evitare altri interventi di questo tipo.

Quando ho deciso di partecipare alla causa, non mi ero resa conto di quanto sarebbe stata importante. Dopo la sentenza, la mia vita si è riempita di alti e bassi. Molti mi hanno ringraziata. Altri mi hanno insultata su Internet. Se ti sei pentito/a della transizione e parli delle tue esperienze a riguardo, vieni etichettato come bigotto/a. Spesso ti viene detto che stai cercando di sottrarre diritti alle persone trans, che i bambini sanno cosa è meglio per loro e per i loro corpi e che stai rovinando la vita a degli innocenti.

Il mio obiettivo è dare le migliori cure possibili ai giovani in difficoltà. Molte ragazze intraprendono la transizione perché soffrono, per malattie psichiatriche, traumi o altre ragioni. So cosa vuol dire convincersi che la transizione possa risolvere qualsiasi problema.

Anche se condividere la mia storia è stato catartico, soffro ancora oggi, e devo ancora ricevere una terapia adeguata. Voglio continuare a impegnarmi per questa causa. Voglio che il messaggio lanciato da casi come il mio possa aiutare a proteggere altri bambini da una strada sbagliata. Quest’anno, ho contribuito a istituire la prima giornata della consapevolezza sulla detransizione, fissata per il 12 marzo. Spero che, nei prossimi anni, questa giornata possa essere un faro di luce in grado di aiutare altre persone a emanciparsi.

Non credo nelle regole rigide dell’espressione di genere. Tutti dovrebbero essere a proprio agio e sentirsi accettati se scelgono di sperimentare con il modo che hanno di esprimersi. Come ho dichiarato dopo la sentenza, questo fermerebbe l’omofobia, la misoginia e le violenze su chi è diverso dagli altri.

Lancio un appello ai professionisti e alle cliniche affinché vengano istituiti servizi più adeguati alla cura dei problemi di salute mentale e modelli adeguati ad aiutare chi soffre di disforia di genere. Non voglio che altri giovani disperati, confusi e soli come lo ero io, vengano spinti a credere che la transizione sia l’unica risposta a tutte le loro domande.

Ero una ragazza infelice che aveva bisogno di aiuto, e mi hanno trattata come una cavia.





Ddl Zan, per la Garante infanzia dell’Umbria “si legittimano rapporti con animali, poligamia e incesto”. Lgbt e opposizioni: “Si dimetta”
7 luglio 2021

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/0 ... a/6253972/

“Il concetto d’identità cambia, non è più quello antropologico che distingue persona da persona in ragione di evidenze biologiche, ma diventerà qualcosa che io, cittadino, posso decidere arbitrariamente secondo la percezione del momento. Di conseguenza ogni desiderio sarà considerato un bisogno e il bisogno un diritto“. Tanto che “si potrà scegliere l’orientamento sessuale verso cose, animali, e/o persone di ogni genere e, perché no, anche di ogni età, fino al punto che la poligamia come l’incesto non saranno più un tabù, ma libertà legittime“. Parole della Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza dell’Umbria Maria Rita Castellani – vicina alla Lega – sul ddl Zan in discussione al Senato, riportate in un testo inviato nei giorni scorsi ai mezzi d’informazione, che fanno infuriare le opposizioni alla giunta di Donatella Tesei e le sigle pro-Lgbt.

L’associazione Omphalos Lgbti e una cinquantina di organizzazioni del territorio hanno chiesto che a Castellani sia revocato l’incarico, con una lettera sottoscritta – sostengono – da più di 300 tra professionisti, accademici e privati cittadini, inviata alla Garante nazionale dell’infanzia e dell’adolescenza, al presidente dell’assemblea legislativa regionale e ai capigruppo. “Nel suo ruolo di Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Umbria, Castellani ha realizzato un’acrobazia pericolosa in bilico fra propri convincimenti personali, pregiudizi inqualificabili e retorica da militante politica”, si legge nel testo. “Ma ricordiamo a lei, presidente, e alla stessa Garante, che il suo ruolo è quello di vigilare sull’infanzia e l’adolescenza di questa Regione, lavorando in rete per fare in modo che l’ambiente in cui crescono i bambini e i ragazzi umbri sia il migliore possibile. Ma Castellani ha dato prova di non essere all’altezza“.

Omphalos ha inoltre reso noto di avere inviato una segnalazione ufficiale per “discorso d’odio a livello istituzionale” all’Unar, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali e difesa delle differenze. Le dimissioni della Garante sono state chieste anche dai consiglieri di minoranza, Partito democratico, civici e Movimento 5 stelle, che in una nota spiegano di ritenere le sue parole “motivo di grave pregiudizio per il proseguimento del mandato”. Per i parlamentari 5 Stelle del gruppo Pari Opportunità, le parole di Castellani sono “un insulto al lavoro che sta facendo questo Parlamento, un insulto ai diritti che vogliamo garantire, un insulto a tutte le persone Lgbt, un insulto a tutti i bambini che avrebbero bisogno di essere garantiti nella loro formazione e nella loro vita e non ingannati con teorie assurde che vogliono solo screditare una legge che punta alla tutela di tutti. È una vergogna. Riteniamo che Castellani non sia adeguata a ricoprire questo ruolo di garanzia e debba dimettersi”. Il capogruppo regionale della Lega Stefano Pastorelli e il senatore Simone Pillon, responsabile delle politiche familiari del partito in Umbria, si schierano invece dalla parte della Garante: “Dopo che per anni l’Umbria è stata laboratorio delle politiche gender , abbiamo finalmente un Garante preparato, serio e coraggioso che denuncia quanto si rischia con il ddl Zan ed è vergognoso che diventi oggetto di attacchi da parte della sinistra”, dichiarano.


IL CAOS INFONDO ALLA STRADA DEL "PROGRESSO"
Niram Ferretti
7 luglio 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Prendiamo la garante per l’infanzia della Regione Umbria, Maria Rita Castellani, oggetto in queste ore di un compatto attacco dal fronte illuminato e progressista dei difensori del DDL Zan.
Cosa ha detto di così atroce la signora al punto che la sua presa di posizione ha suscitato da parte di associazioni e pariti di opposizione la rimozione della garante dal suo incarico?
Soffermando sull’articolo del disegno di legge Zan in cui si parla di identità di genere la Castellani ha detto:
«Il concetto d’identità cambia non è più quello antropologico che conosciamo da sempre e che distingue persona da persona a ragione di evidenze biologiche, ma diventerà qualcosa che io, cittadino, posso decidere arbitrariamente secondo la percezione del momento. Di conseguenza ogni desiderio sarà considerato un bisogno e il bisogno un diritto». Dunque, procedendo lungo la scala del progresso, un domani "Si potrà scegliere l’orientamento sessuale verso cose, animali, e/o persone di ogni genere e, perché no, anche di ogni età, fino al punto che la poligamia come l’incesto non saranno più un tabù».
Difficile se si ha a cuore la logica e la ratio, se si ha in dotazione un robusto senso della realtà darle torto. Viviamo infatti in un'epoca in cui minoranze agguerrite hanno imposto la loro agenda desiderante declinandola come diritto. E così il desiderio di avere figli da parte di chi per natura è ontologicamente impossibilitato ad averli, si è trasformato in diritto. Ma, il problema non è solo nella sfera omosessuale, lo troviamo anche in quella eterosessuale, dove donne anziane tramite la fecondazione in vitro possono diventare le madri-nonne dei loro figli.
In nome dell'amore e della lotta alla discriminazione o dei diritti umani, oggi tutto è possibile, e se oggi la pedofilia e la zoofila non sono permesse è perchè intorno a queste pratiche i tabù sono ancora forti, ma chi trent'anni fa poteva seriamente prevedere o ipotizzare famiglie omosessuali con bambini messi a disposizione dalla biotecnologia o che ci sarebbero stati uomini transgender in grado di partorire i loro figli?
Se il diritto positivo è l'unica norma e quello naturale viene totalmente sopraffatto, sarà solo chi avrà politicamente e ideologicamente in mano le leve del consenso a potere stabilire cosa è giusto e cosa no.
Se i confini vengono aboliti, se la natura che li pone viene soverchiata, resta solo l'ipertrofia dell'io, l'imperio potenzialmente senza limiti del principio di piacere. Ma nessuna civiltà può sussistere se governata dalla esplicitazione delle proprie pulsioni desideranti.
Per questo, infondo alla strada dell'ipetrofia dell'Io può esserci solo il caos.



“Ho criticato il gender e sono finita in un incubo kafkiano”
Giulio Meotti
8 luglio 2021

https://meotti.substack.com/p/ho-critic ... ono-finita

“Ho passato gli ultimi due anni intrappolata in un incubo kafkiano”. Così inizia il racconto di Maya Forstater su Unherd. Lavorava come ricercatrice in un importante think tank di Londra, il Center for Global Development. Un giorno Forstater ha espresso sui social critiche e preoccupazione per le modifiche al riconoscimento del genere. “Espandere radicalmente la definizione legale di ‘donne’ in modo che possa includere sia maschi sia femmine lo rende un concetto privo di significato ...”. Poche ore dopo ha ricevuto una email dalla società che la informava che non le avrebbero rinnovato il contratto. Licenziata. Il mese scorso l’appello e Forstater si è vista dare ragione dal giudice. Le sue parole rientrano nella legittima critica e diritto alla libertà di pensiero e di espressione. J.K. Rowling le aveva inviato un tweet inaspettato di sostegno: “Vestiti come preferisci. Chiamati come preferisci. Dormi con chi vuoi. Ma costringere le donne a lasciare il lavoro per aver affermato che il sesso è reale? #IStandWithMaya”. Forstater è diventata così una celebrità internazionale. Dopo averle dimostrato solidarietà, Rowling è stata travolta a sua volta da attacchi furiosi, che l’hanno spinta a firmare la lettera contro la “cancel culture” pubblicata da Harper’s un anno fa, assieme a decine di altri pezzi grossi della cultura internazionale.

Si può dire che Maya Forstater è all’origine di tutto.

“Tutto è iniziato all'inizio del 2019, quando ho perso il lavoro per aver detto che il sesso conta, che essere maschio e identificarsi come donna non è la stessa cosa che essere femmina”. Forstater diventa persona non grata. “Quando ho cercato un rappresentante legale per presentare un reclamo contro il mio ex datore di lavoro, due importanti studi legali si sono rifiutati di prendere il mio caso, con uno che lo ha abbandonato pochi giorni prima che lanciassi un appello di crowdfunding a causa della preoccupazione per la ‘transfobia’. Nel frattempo, ho cercato un altro lavoro nel settore dello sviluppo internazionale, ma mi è stato detto che ero troppo controversa per assumermi. Poi una persona che non avevo mai incontrato si è lamentata con gli Scout perché su Twitter mi ero riferito a ‘lui’ piuttosto che usando il ‘loro’ non binario, segnalandomi come ‘bigotta’ e ‘transfoba’. Gli Scout hanno avviato un'indagine, concludendo che non ero idonea a continuare come capo scout. Ho chiesto alla Fawcett Society, un'organizzazione che risale alle Suffragette, se voleva parlare del mio caso. Il suo CEO, Sam Smethers, ha detto che non le sarei mancata. Amnesty International ha commentato il mio caso solo per sottolineare i diritti delle persone transgender”.

La sua esperienza, tuttavia, è tutt'altro che unica. “I gruppi di pressione per l'identità di genere addestrano i media e la magistratura. Che i dipartimenti governativi, gli enti pubblici, i regolatori professionali e la magistratura stiano ignorando la legge a favore di una terminologia in rapido cambiamento controllata da una lobby dovrebbe essere allarmante per tutti. Indebolisce la democrazia, la giustizia, la libertà di parola e l'integrità delle organizzazioni. Ho già sperimentato in prima persona cosa può accadere quando permettiamo che la legge venga fraintesa. E se non ci svegliamo sul modo in cui viene distorta, di certo non sarò l'ultima”.

Oggi ho parlato con Maya Forstater per la newsletter. “L'autoidentificazione di genere rischia di minare la protezione dei diritti basati sul sesso” mi ha spiegato. “Consentire a una persona di identificarsi come membro del sesso opposto, o senza sesso, è un cambiamento legale radicale. Mina la capacità di tutelare i diritti delle donne e gli spazi e le regole che tutelano la loro capacità di accedere alla vita pubblica”.

Eppure sono riusciti a brandire tutta per sé la bandiera della libertà, dell’amore e della tolleranza. “L'idea di identità di genere è vista come i ‘nuovi diritti dei gay’, ma è molto diversa quando si impongono agli altri”.

Se questa campagna diventasse egemonica in Occidente sarà a rischio la stessa libertà di esprimersi, come già si vede nei paesi più avanti di noi. “La libertà di poter dire la verità fondamentale sul sesso è fondamentale” conclude Maya Forstater alla newsletter. “Se viene giudicato come incitamento all'odio o molestia dire che gli uomini sono maschi e le donne sono femmine, questo distruggerà la libertà di parola e la libertà di pensiero. Scatenerà impulsi autoritari per impedire alle persone di usare il linguaggio ordinario e di credere ai propri occhi”.

I nostri parlamentari dovrebbero parlare con Maya Forstater per capire quanto è reale questa nuova, strana, colorata, seducente e sinuosa forma di giogo intellettuale.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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L'identità sessuale non dipende dalla volontà individuale

Messaggioda Berto » sab lug 03, 2021 9:04 pm

DDL Zan, Ricolfi: "La comunità LGBT vuole imporre a tutti la propria, specifica e minoritaria, visione del mondo: un atto di pura prepotenza culturale".
Sabino Paciolla
6/7 luglio 2021

https://www.sabinopaciolla.com/ddl-zan- ... culturale/

Luca Ricolfi, sociologo progressista, è lucido, diretto, spesso tranchant nei confronti dei progressisti e della sua cultura, e per questo non piace all’establishment progressista, che gli fa terra bruciata ignorandolo, non invitandolo in TV, non concedendogli alcuna intervista. Sopperiamo noi che rilanciamo qualunque intervista o scritto che sia intelligente, non importa a quale fronte, partito o movimento colui che parla appartenga.

Rilanciamo dunque ampi stralci di una intervista concessa da Ricolfi a Martina Piumatti, pubblicata su Il Giornale.
https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 60030.html

L’intervista si apre con una risposta alla prima domanda che è già una un quadro completo:

“con il ddl Zan – dice il sociologo – la cosiddetta comunità LGBT ha visto una ghiotta occasione di imporre a tutti la propria, specifica e minoritaria, visione del mondo: un atto di pura prepotenza culturale”.

Quale tra gli “effetti aberranti” del disegno di legge teme di più?

“L’articolo 1, il più temuto anche dal mondo femminista, perché scatenerebbe un uso opportunistico della scelta soggettiva del genere, con i carcerati che chiedono il trasferimento nei reparti femminili, gli atleti ‘ex maschi’ che gareggiano con le atlete, e più in generale l’assalto ai benefici di genere, ossia riservati a uno dei due sessi. E poi l’articolo 7, che apre le porte all’indottrinamento degli scolari e – nella misura in cui sancisce per legge che il genere è una questione di scelte soggettive – rischia pure di suscitare dubbi, e innescare crisi esistenziali, in un periodo della vita molto delicato per qualsiasi ragazzo o ragazza”.

Alla domanda del giornalista se ci sia proprio bisogno di una legge ad hoc contro l’omotransfobia o in fondo basterebbe l’impianto vigente, il sociologo spiega come il problema sia proprio la legge Mancino che la proposta Zan va a integrare. Egli infatti dice:

“Prima di rispondere alla domanda, mi consenta una riflessione linguistica. Le parole con il suffisso ‘fobia’ (paura), tipo omofobia, transfobia, ma anche xenofobia, andrebbero completamente bandite dalla legge penale, e sostituite con parole che utilizzano suffissi derivati dal greco ‘misein’, odiare, come correttamente già avviene quando si parla di misoginia (odio verso la donna), o di misantropia (odio contro gli esseri umani). Già è assurdo e illiberale sindacare sui sentimenti, ma è ridicolo demonizzare la paura. In una società libera ognuno ha il diritto di provare i sentimenti che vuole, e stigmatizzare la paura è semplicemente un non senso”.

Ma non è che per essere sempre ‘più civili’ diventeremo sempre meno liberi? Penso anche alla polemica sull’inginocchiarsi o meno. Chi non lo fa viene considerato automaticamente razzista…

“Siamo già molto meno liberi anche di solo 20 anni fa. Io noto questa differenza: nell’ultima parte del secolo scorso il politicamente corretto era un modo di affermare la propria superiorità morale, nel XXI secolo sta assumendo tratti intimidatori. È un passaggio sociologicamente molto importante, perché segnala una pericolosa mutazione dell’establishment progressista. Ieri si accontentavano dell’egemonia culturale, oggi aspirano al dominio. Dalla ‘maestrina dalla penna rossa’, al prepotente che umilia chi non si sottomette. Dal pavone al bullo. È per questo che, oggi, io non parlo più di ‘razzismo etico’ (una espressione coniata vent’anni fa da Marcello Veneziani), ma mi sento costretto a parlare di ‘bullismo etico'”.

Non è un po’ il solito “complesso dei migliori” in cui cade la sinistra: “Solo noi sappiamo cosa è giusto e ve lo imponiamo, democraticamente”?

“In realtà, come accennavo prima, al complesso dei migliori è subentrata la prepotenza dei paladini del bene. Ma non è strano, se si evidenziano tutti i passaggi. Dopo il 1989 c’è stata una saldatura fra l’establishment politico-finanziario, che vuole solo globalizzazione e frontiere aperte, l’establishment mediatico, che vuole solo intrattenimento, internet e buone cause (dal riscaldamento globale al Black Lives Matter), e l’establishment politico progressista, che vuole solo espandere il proprio potere per guidare il cambiamento sociale. Avendo quasi tutti i poteri forti dalla propria parte, l’establishment progressista si è fatto più aggressivo: non gli basta dire ‘noi siamo moralmente superiori’, ora pretende di stabilire come dobbiamo parlare, come dobbiamo comportarci, a quali valori dobbiamo inchinarci”.

Dalle favole riscritte al linguaggio declinato in chiave inclusiva: l’attenzione, a volte ridicola, nel proteggere queste categorie per non urtarne la sensibilità le protegge davvero?

“È difficile valutare quale sia il saldo fra gli effetti di protezione e quelli di umiliazione. Quel che però mi sembra indubbio è che ci sono anche effetti negativi sui non protetti: la protezione speciale accordata a determinate categorie, inevitabilmente suscita il risentimento delle categorie escluse. E poi c’è l’effetto perverso del linguaggio politicamente corretto: a forza di proclamare che non devi dire negro ma nero, non devi dire handicappato ma diversamente abile, non devi dire cieco ma ipovedente, automaticamente metti in mano ai portatori di cattivi sentimenti un armamentario di parole contundenti che prima – quando Cesare Pavese parlava tranquillamente di negri, e Edoardo Vianello esaltava i Watussi ‘altissimi negri’ – semplicemente non c’erano, perché quelle parole erano neutre, puramente descrittive. È come se, a un certo punto, qualcuno avesse deciso che per ogni cosa che nominiamo, debbano esistere due termini, uno rispettoso e l’altro irrispettoso, anziché un solo termine neutro: come si fa a pensare che sia una buona idea?”.

Lei ha dichiarato di essere stato abituato a pensare che la censura fosse “una cosa di destra” e che la difesa delle libertà di opinione, di pensiero e di espressione fossero “ben incise nelle tavole dei valori del mondo progressista”. Ora ha cambiato idea?

“Il trionfo del politicamente corretto, ma soprattutto l’autocensura in atto da anni fra scrittori, giornalisti, artisti, intellettuali, mi hanno costretto a prendere atto che sinistra e libertà di espressione sono diventate due cose incompatibili”.

Il ddl contro l’omotransfobia del centrodestra, con Licia Ronzulli come prima firmataria, tutelerebbe meglio la libertà di espressione?

“Ovviamente sì, ma non abbastanza. Finché non si riscrive la legge Mancino la libertà di espressione è in pericolo, perché quella legge lascia in mano ai giudici la facoltà di stabilire se una certa idea determina oppure no il ‘concreto pericolo’ di azioni violente o discriminatorie”.

Lei che è dichiaratamente di sinistra viene citato spesso dalla destra. Come vive la cosa?

“Potrei dirle, citando una frase di Alfonso Berardinelli del 2005: ‘non credo che la sinistra sia di sinistra’. Ma c’è una risposta più radicale, che mi trovo costretto a darle: la realtà è che alcune, fondamentali, bandiere della sinistra sono passate a destra”.

Quali?

“Almeno tre: la libertà di espressione, chiaramente insidiata dal politicamente corretto; la difesa dei veri deboli, che oggi sono innanzitutto i membri della ‘società del rischio’, ossia le partite Iva e i loro dipendenti, esposti alle turbolenze del mercato ed ora decimati dal Covid; e poi la parità uomo-donna in politica, un tema su cui la sinistra è addirittura retrograda. Le sembra possibile che, in tanti decenni, non sia mai emersa una leadership femminile a sinistra né in Italia né in Europa? È mai possibile che un elettore che auspicasse un premier donna sia costretto, oggi come in passato, a guardare a destra? In Europa tutti i leader-donna importanti degli ultimi 50 anni sono di destra: Margareth Thatcher, Angela Merkel, Marine Le Pen, Marion Le Pen, Theresa May, Ursula von der Leyen, Giorgia Meloni. Come possiamo credere in una sinistra in cui tutti i posti chiave sono occupati da maschi?“.



Chiama "maschio" un maschio: 55.000$ di multa
Giuliano Guzzo

http://www.lanuovabq.it/it/chiama-masch ... 0.facebook

Bill Whatcott, canadese di 52 anni e cristiano, è stato condannato a pagare una multa di 55.000 dollari per aver chiamato «maschio» un avvocato e attivista transessuale di nome Ronan Oger, che si sente donna. La sentenza di condanna lascia senza parole: vi si legge che «la ‘verità’ delle dichiarazioni» di Whatcott «non è una difesa»…

Nell’epoca dei diritti e delle rivendicazioni Lgbt, la verità biologica non conta più. Anzi, affermarla può essere pericoloso e, soprattutto, costare caro. Ne sa qualcosa Bill Whatcott, un signore canadese di 52 anni che è stato appena condannato, come riferisce Life Site News, a pagare una multa salatissima, pari a 55.000 dollari, per aver osato chiamare «maschio» un uomo, Ronan Oger, “divenuto” donna con il nome di Morgane. Per capire come si sia arrivati a questa liberticida e surreale condanna, tocca fare un passo indietro ripercorrendo i fatti dal principio.

Tutto ha avuto inizio nel 2017 quando Ronan “Morgane” Oger, avvocato che nel novembre dell’anno prima era divenuto il primo transessuale nominato esponente di punta del Ndp, acronimo che sta per New Democratic Party, ha iniziato la sua campagna elettorale. Correva come aspirante membro dell’Assemblea legislativa nel distretto elettorale della British Columbia di Vancouver-False Creek. Le elezioni erano fissate per il 9 maggio. Ed è poche settimane prima del voto, nell’aprile 2017, che è entrato in scena Bill Whatcott.

L’uomo, un attivista cristiano, ha infatti intravisto nella candidatura di Oger un tentativo di pubblicizzare a livello sociale il transessualismo. Così ha pensato bene di predisporre e stampare quasi 1.500 copie di un volantino con il quale ha letteralmente tappezzato il quartiere di Yaletown, inclusa la cassetta postale dell’attivista Lgbt. In quel volantino, caricato anche in Rete, dove ha totalizzato 10.000 visualizzazioni, Whatcott da una parte rivelava il nome di battesimo del candidato Ndp - del quale riportava anche una vecchia foto in cui risultava chiaramente trattarsi di un maschio - e, dall’altra, lo apostrofava come un «travestito» che sta «abbracciando la propaganda transgender nel tentativo di vivere una bugia». Non solo. In quei volantini si manifestava preoccupazione per «la promozione e la crescita dell’omosessualità e del travestitismo» per come tutto ciò «oscuri l’immutabile verità sul nostro genere dato da Dio».

Com’era prevedibile, Oger - che alle urne, nel suo distretto, è stato superato da Sam Sullivan per poco più di 400 voti - ha trascinato in tribunale l’autore del volantino che ha ritenuto oltraggioso per sé e tutti quelli nella sua condizione. Ne è seguito un processo presso il British human rights tribunal della British Columbia, il tribunale provinciale per i diritti umani. Nel corso delle udienze, Charles Lugosi, l’avvocato di Whatcott, ha tentato d’impostare la difesa del suo assistito basandosi essenzialmente su un dato di fatto: l’appartenenza al sesso biologico maschile della parte lesa. Un elemento inoppugnabile che però, come si diceva all’inizio, non ha risparmiato all’uomo una condanna al pagamento di 55.000 dollari canadesi, 35.000 dei quali da liquidare come risarcimento a Oger e i restanti per la propria condotta.

Ora, a parte che Whatcott non possiede una somma di denaro simile, le 104 pagine della sua sentenza di condanna lasciano oggettivamente senza parole. Vi si legge infatti che «la ‘verità’ delle dichiarazioni nel volantino» dell’imputato «non è una difesa». Come dire: in effetti sì, è vero che Oger [nella foto] è biologicamente un uomo, ma ricordarlo risulta comunque offensivo. A essere condannata dal collegio presieduto dalla giudice Devyn Cousineau è dunque stata anzitutto la verità biologica, divenuta ufficialmente impronunciabile, pena l’esborso di un bel po’ dollari canadesi. Senza naturalmente dimenticare la libertà di espressione, che da una sentenza simile è fatta del tutto a pezzi.

Non a caso John Carpay, presidente del Justice Center for Constitutional Freedom, un’organizzazione di difesa legale specializzata in diritto costituzionale canadese, si è dichiarato sbigottito dal verdetto. «La Corte suprema del Canada», ha ricordato Carpay, «ha a lungo dichiarato che la libertà di espressione è la linfa vitale della democrazia», mentre questa decisione «mina i principi fondamentali di una società libera e mette a repentaglio la salute della democrazia canadese».

Dopo la sua sentenza di condanna, pubblicata mercoledì 27 marzo, e in attesa di vedere se e quali ulteriori sviluppi avrà quest’incredibile vicenda, Bill Whatcott non sembra più di tanto preoccupato e continua a dichiararsi fiducioso in Gesù Cristo. Staremo a vedere. Di certo, il fatto che un tribunale abbia dichiarato l’irrilevanza della biologia nell’identità sessuale, arrivando addirittura a punire chi la ricordi, non rassicura. Proprio per niente.



Delirio di Zan e Fedez: “Aiutiamo i bimbi a cambiare sesso”
Francesco Giubilei
9 Luglio 2021

https://www.nicolaporro.it/delirio-di-z ... are-sesso/

Il furore ideologico che si cela dietro il Ddl Zan non si ferma di fronte a nulla, nemmeno ai bambini che andrebbero lasciati fuori dal dibattito politico e non strumentalizzati per sostenere l’approvazione del disegno di legge. Non bastava il modus operandi a cui abbiamo assistito nei mesi passati con un dibattito polarizzato in cui è stato impossibile discutere nel merito una proposta di legge sbagliata non solo da un punto di vista etico ma anche nella forma e giuridicamente ma negli ultimi giorni, con l’avvicinarsi del voto al Senato, si sta intensificando la campagna politica e mediatica a favore del Ddl Zan con posizioni sempre più radicali.

Pochi giorni fa Alessandro Zan, il deputato del Pd promotore del Ddl e il rapper Fedez, hanno realizzato una diretta social in cui Zan ha parlato del tema dell’identità di genere definendola “la percezione profonda, precoce e strutturata del proprio genere” aggiungendo “sin da quando siamo bambini percepiamo qual è il nostro genere, solo che ci sono dei bambini o delle bambine che percepiscono il proprio genere che è diverso dal loro sesso biologico”.

Dopo questa premessa, Zan fa una proposta ben precisa: “Bisogna aiutare i bambini in un percorso di transizione” per cambiare il proprio sesso. Parole inaccettabili poiché riferite ai bambini che non dovrebbero essere tirati in ballo. Ascoltando le sue dichiarazioni e leggendo il testo del Ddl in cui si parla del gender nelle scuole, è impossibile non riscontrare una volontà pedagogica sul tema del gender a partire dalla tenera età.


Che merde umane! Aiutare i bambini a cambiare sesso è un crimine peggiore della pedofilia ...

https://www.facebook.com/Pilpotis/posts ... 3858723:61

Aiutare i bambini a cambiare sesso è un crimine peggiore della pedofilia, primo perché è impossibile cambiare il sesso ricevuto alla fecondazione/nascita e quindi si causano illusioni, inganni, drammi dell'assurdo e si aumenta il confflitto e la sofferenza della disforia e poi perché inducono mutilazioni fisiche irreversibili e gravi.Questi due dementi andrebbero arrestati.


I bambini andrebbero aiutati:Keira Bell: la mia storia - FEMINIST POST1
5 Aprile 2021
https://feministpost.it/magazine/primo- ... ia-storia/
Da adolescente Keira Bell ha scelto di intraprendere un percorso di transizione, ma se ne è pentita. In questo articolo, ci racconta come ci si sente a entrare nella storia del dibattito sulla transessualità. Keira è la destransitioner più famosa al mondo.La mia vita familiare è stata infelice fin dall’inizio. I miei genitori, una donna inglese bianca e un afroamericano, si sono sposati mentre mio padre si trovava in Gran Bretagna per via del suo lavoro nell’Aeronautica Militare degli Stati Uniti e hanno divorziato quando avevo 5 anni. Mia madre, che viveva di sussidi, è precipitata nell’alcolismo e nella depressione. Anche se papà è rimasto in Inghilterra, non era vicino emotivamente né a me né alla mia sorella minore....
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L'identità sessuale non dipende dalla volontà individuale

Messaggioda Berto » sab lug 03, 2021 9:04 pm

Perché deridere il Cristo crocifisso per affermare la propria identità e rivendicare diritti?
Atlantico Quotidiano
Fabrizio Borasi
16 luglio 2021

https://www.atlanticoquotidiano.it/quot ... e-diritti/

Uno dei dogmi incontestati della cultura politicamente corretta di oggi è quello della protezione delle “identità personali”, le quali sono circondate da una serie di divieti e di prescrizioni, la cui violazione dà luogo a condanne non solo sociali e mediatiche, ma in qualche caso anche penali e/o al risarcimento dei danni. Ben oltre la giusta difesa (morale e giuridica) delle libertà individuali e delle scelte di vita personali dalle ingerenze altrui, anche solo verbali, la stessa possibilità di critica viene spesso soffocata sul nascere nel momento in cui si manifesta all’esterno e bollata come “istigazione all’odio” (razziale, sessuale, religioso ecc.).

In questo clima di protezione all’eccesso, ha creato sconcerto in molti (compreso chi scrive) quanto accaduto in occasione di una manifestazione in favore dei diritti dei gruppi Lgbt, nella quale l’orgoglio (il pride) di qualcuno si è spinto sino a mettere in ridicolo la figura di Gesù Cristo e in particolare di Gesù Cristo in croce, rappresentato con tanto di tacchi a spillo, ferite alle mani a forma di cuore e altri particolari rivolti a sostenere più o meno direttamente, grazie a quella messa in scena, la causa della “libera” identità sessuale e di genere. Si è trattato di uno spettacolo di cattivo gusto: uno spettacolo che non aveva nemmeno la forza di provocare (la vera provocazione è un “pugno nello stomaco” che però invita a riflettere), ma solo l’effetto di rattristare lo spettatore, ovviamente lo spettatore non accecato dalle giustificazioni di chi approva senza condizioni tutte le critiche, anche le più assurde e le più pesanti ai valori tradizionali della nostra società.

Insieme al senso di tristezza nel vedere questa rappresentazione, sorge però una domanda. Perché degli attivisti che si battono in buona fede (e la buona fede altrui, come dicevano i giuristi dell’antica Roma si deve sempre presumere, sino a prova contraria) per quelli che ritengono essere dei loro diritti, devono farlo mettendo alla berlina il Cristo crocifisso? Proviamo, non a rispondere (visto che non si può entrare nella mente altrui), ma a riflettere brevemente su alcuni aspetti di questo interrogativo.

Innanzitutto, ragionando da un punto di vista umano e personale, non si capisce la ragione per cui chi dice di volere difendere i diritti delle minoranze oppresse e discriminate dovrebbe farlo ridicolizzando il profeta-maestro Gesù di Nazareth, che per la sua predicazione e non per altro (“In lui non trovo nessuna colpa”, afferma Pilato prima di condannarlo) subì quasi 2000 anni fa la pena atroce della crocifissione che era vietato infliggere ai cittadini romani, e in seguito alla quale il condannato moriva dopo ore di agonia, quando oggi molti fanno quasi a gara a “santificare” anche le persone condannate per i crimini più efferati. Perché unirsi idealmente agli scherni dei soldati romani (che lo vestirono di porpora per farsene beffe), a quelli dei passanti sul luogo dell’esecuzione e persino a quelli degli altri condannati (o almeno di uno di essi)? Quale utilità o quale valore morale dovrebbe avere questa mancanza di pietà (di pietas nel senso latino) verso un essere umano che innocente ha subito quella sorte? Forse quello di contestarne gli insegnamenti?

Allora come oggi le cose dette e praticate dal profeta-maestro di Galilea non avevano e non hanno la pretesa di imporsi a nessuno, ma solo quella di proporsi alla libera adesione degli altri: oggi a quella di coloro che ne leggono i resoconti nei Vangeli. Questa libertà sta al centro di tutti i suoi insegnamenti: perché dunque la sua figura non dovrebbe essere apprezzata invece che essere fatta oggetto di derisione anche da coloro che tali insegnamenti non condividono?

Molti però potrebbero sostenere che l’obiettivo della messa alla berlina nel corteo Lgbt non era la persona di Gesù, ma il simbolo storico del crocifisso e soprattutto la morale cristiana successiva, spesso oppressiva verso le minoranze, e non solo quelle sessuali. Si tratta di un tema ricorrente: ad esempio John Lennon, dopo essersi chiesto pretenziosamente se sarebbe durato più il rock ‘n’ roll o il cristianesimo, affermò che Gesù era un tipo “a posto” (Jesus was all right), ma che i suoi discepoli cioè i cristiani erano “ottusi e conformisti” (thick and ordinary). Si tratta di un argomento che ha alcune buone ragioni dalla propria parte, buone ragioni che però se vengono esagerate nel loro peso e, grazie anche al modo spesso superficiale con cui oggi troppo spesso si ragiona, vengono rese quasi assolute, portano ad una visione totalmente negativa della religione cristiana, una visione non solo sbagliata dal punto di vista etico e civile, ma anche decisamente falsa da un punto di vista storico.

San Paolo scriveva che i valori religiosi sono come un tesoro che gli uomini custodiscono in “vasi di creta”, la creta della propria imperfezione umana: i valori cristiani non fanno eccezione. Nei due millenni di storia che sono seguiti alla predicazione di Gesù molti crimini sono stati purtroppo commessi nel suo nome e brandendo il simbolo del crocifisso: dalle crociate all’inquisizione, dalle guerre di religione alla caccia alle streghe; solo pochi decenni fa, molti ancora proponevano di rieducare forzosamente i “malati” omosessuali. Questo non toglie però che nel cristianesimo (specie in quello occidentale) nel complesso abbia prevalso il messaggio di libertà e di rispetto per le scelte individuali che si ricollega alla predicazione del suo fondatore. Non solo nelle confessioni protestanti e in quelle basate sul “libero esame” della Bibbia, ma anche in quella cattolica dove sin dal Concilio di Trento del XVI secolo si afferma il principio del primato della coscienza individuale (anche se erronea nelle sue convinzioni) sulle prescrizioni ecclesiastiche.

Oggi possiamo dire fondatamente che, nonostante le deviazioni passate (remote e recenti) la tradizione cristiana, grazie all’apporto delle persone credenti, ma anche di quelle non credenti parimenti educate in base ad essa (persino Voltaire aveva studiato dai gesuiti), ha prodotto la società liberale occidentale dove i diritti individuali sono sostanzialmente rispettati (anche se nemmeno essa è ovviamente perfetta), mentre possiamo affermare invece che tutte le impostazioni filosofiche, sociali e politiche alternative che hanno voluto “prendere di petto” quella tradizione, negandone ogni valore (anche ridicolizzandone i simboli), hanno dato pessima prova di sé: si pensi al razionalismo astratto giacobino, al neopaganesimo nazista, all’ateismo sovietico.

Si può azzardare che il pensiero identitario (uno degli aspetti della visione del mondo politicamente corretta) farebbe una diversa riuscita? Che porterebbe ad un miglioramento della situazione di vita e del rispetto dei diritti di coloro che fanno parte delle minoranze sociali, non solo sessuali e “di genere”? Una società non più fondata sui diritti individuali “di tutti” (e il concetto di eguaglianza individuale è una eredità fondamentale della tradizione cristiana), ma basata su quelli dei gruppi identitari non finirebbe quasi certamente per creare una tutela “variabile” a seconda dei soggetti coinvolti? Chi difenderebbe le minoranze sessuali e di genere ad esempio contro le applicazioni della sharia da parte degli integralisti islamici radicali, che in alcuni Paesi giungono sino a punire gli omosessuali con la pena di morte?

Il caso di una giovane lesbica francese che qualche mese fa ha criticato (forse eccessivamente, ma poco importa) la religione islamica è significativo: ben pochi la hanno difesa, compresi gli attivisti. Il discorso ovviamente vale per tutte le minoranze, comprese quelle etniche, religiose, sociali ecc., che rischiano di essere tutelate anch’esse in maniera “variabile” in base al “peso” (morale, economico o politico) dei gruppi interessati: si pensi alle repressioni che avvengono tutt’oggi in regimi totalitari quali quello cinese che sono passate sotto silenzio, in base al rispetto della “diversità” della cultura orientale.

Anche ragionando da un punto di vista storico non si riesce quindi a capire perché dei militanti che si battono per la tutela dei diritti delle minoranze, anziché biasimare i crimini commessi dai cristiani in passato e criticare i loro presunti errori del presente, dovrebbero fare di ogni erba un fascio e condannare nel suo complesso la tradizione religiosa che sta alla base di quella libertà che vogliono difendere, ridicolizzandone uno dei simboli fondamentali.

Infine, esiste un ultimo aspetto che non va passato sotto silenzio: da 2000 anni a questa parte miliardi di persone hanno creduto e credono che nella persona del profeta-maestro ebraico Gesù di Nazareth si sia manifestata la volontà divina. Una questione di fede, si dirà, che in quanto tale non può essere oggetto di dimostrazione: “Fede è sustanza di cose sperate e argomento delle non parventi…” scriveva Dante, volendo esprimere questo ruolo di “variabile indipendente” della fede nella vita del credente. Indubbiamente è vero che la fede è sempre il frutto di una convinzione personale, così come questione di convinzione personale sono le varie affermazioni sulla figura di Gesù che sono state portate avanti nel corso dei secoli e che tuttora sono fatte proprie dalle diverse confessioni cristiane: se sia solo un uomo o anche un essere divino (la seconda Persona della Trinità); se sia “della stessa sostanza del Padre” o di “sostanza simile”; se abbia in sé una sola natura o due nature, una persona o due persone ecc.; è anche vero però il fatto che i cristiani di tutte le epoche hanno creduto e credono che il profeta-maestro di Nazareth abbia incarnato nella sua persona (“la Parola si è fatta carne”) un messaggio divino agli uomini rivolto all’amore del prossimo (anche se Gesù oggi non sarebbe giudicato un buonista: si pensi ai suoi atteggiamenti verso i farisei, verso i mercanti del tempio ecc.), un messaggio che si basa sulla libertà di accettarlo o meno.

Si tratta di un fatto che meriterebbe, soprattutto da parte di coloro che si proclamano paladini dei diritti individuali quello che si chiama “rispetto” (dal latino re-spicere, cioè considerare con attenzione e cura). Un rispetto dovuto sia alle convinzioni umane dei credenti, sia alla possibilità che le cose affermare dai cristiani siano vere, una possibilità da tenere sempre in considerazione da parte di chiunque, dato che l’ateismo dogmatico è forse peggiore della religione dogmatica. Anche da quest’ultimo punto di vista viene quindi da chiedersi il motivo per cui la battaglia portata avanti dagli attivisti Lgbt per sostenere i propri presunti diritti a non essere offesi da chi la pensa diversamente da loro debba passare per la messa alla berlina, per lo svilimento della fede e delle convinzioni altrui, debba passare il “vilipendio” (nel senso etimologico del termine: considerare come cosa vile, degna di scherno) della fede altrui. In senso giuridico-penale il reato di vilipendio alla religione (quando non vi sia offesa alle persone) è stato giustamente abolito (e dovrebbe esserlo anche per tutti gli altri oggetti dello stesso, dato che la libertà di espressione è sacra): rimane però l’impressione di sconcerto davanti a scene quali quella di cui si è parlato in questo articolo, uno sconcerto che certo il nostro discorso non ha eliminato ma che spero almeno possa avere chiarito agli occhi del lettore.



"Attivisti trans minacciano di uccidermi"
J.K. Rowling, l'autrice di Harry Potter, smaschera lo tsunami d'odio per la sua difesa dei due sessi biologici. "Spero che tu possa trovare una bella bomba nella posta"
Giulio Meotti
20 luglio 2021

https://meotti.substack.com/p/attivisti ... -uccidermi

Il caso è esploso quando la scrittrice più venduta al mondo, J.K. Rowling, ha dato il proprio sostegno a Maya Forstater, licenziata dal suo luogo di lavoro a Londra per essersi opposta ad alcune proposte di legge del Regno Unito (qui la mia intervista a Forstater per la newsletter), secondo le quali ogni essere umano poteva indentificarsi con il genere di propria scelta, scavalcando quello biologico. "Si può licenziare una donna solo per aver detto che il sesso biologico è reale?", aveva scritto Rowling. Poi di nuovo su Twitter: "Se il sesso non è reale, non c’è attrazione per lo stesso sesso. Se il sesso non è reale, la realtà vissuta delle donne a livello globale è cancellata. Conosco e amo le persone trans, ma cancellare il concetto di sesso rimuove la capacità di molti di discutere in modo significativo delle proprie vite. Non è odio dire la verità".

Adesso, per far capire il livello di odio che riceve, Rowling ha condiviso sul suo account messaggi come questo da un profilo che si descrive come “una lesbica genderfluid e cybermarxista”: "Spero che tu possa trovare una bomba nella tua cassetta della posta". “Ora che centinaia di attivisti trans hanno minacciato di picchiarmi, stuprarmi, uccidermi o farmi esplodere ho capito che questo movimento non mette in pericolo le donne", ha scritto, con un tocco di malcelata ironia.

Le offese non si contano, da “strega femminazi” a “troia”. Poi inviti a bruciarne i libri: “Qualcuno ha bisogno di legna da ardere quest’inverno? Il nuovo libro di J. K. è perfetto”. E poi le librerie che la boicottano. Rabble Books a Maylands, in Australia, ha annunciato di non vendere più Rowling. “Mi aspettavo le minacce di violenza, che mi venisse detto che stavo letteralmente uccidendo le persone trans con il mio odio, che i miei libri venissero bruciati, anche se un uomo particolarmente violento mi ha detto che li aveva messi nel compost”, ha scritto Rowling. I social sono pieni di video di persone che bruciano i suoi libri.

Rowling è ricca e famosa da superare anche questa. Chi le porta solidarietà invece no. Racconta Newsweek che una infermiera è adesso sotto inchiesta per aver scritto “I love J.K. Rowling”. Un’autrice di bestseller per bambini, Gillian Philip, è stata licenziata dopo che ha espresso sostegno per Rowling, come la editor Sasha White. Attiviste per la libertà di parola hanno scritto al Times che dozzine di donne in Inghilterra hanno subito azioni disciplinari sul lavoro per aver difeso Rowling.

Intanto, #RIPJKRowling fa tendenza sui social. Non è un necrologio. È un augurio di morte. Sempre tutto il nome dell’“amore” e della “tolleranza”.





Rowling sotto attacco: attivisti trans diffondono l'indirizzo di casa

Roberto Vivaldelli
24 Novembre 2021

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/at ... 1637750977

"Ho ricevuto così tante minacce di morte che potrei tappezzarci la casa". Lo sfogo della scrittrice su Twitter dopo che alcuni attivisti transgender hanno pubblicato l'indirizzo della sua abitazione sui social

Aver messo in discussione l'ideologia transgender, ribandendo il legame tra l'essere donna e avere una vagina, sta costando caro alla scrittrice J.R Rowling. Esclusa dalla reunion del cast di Harry Potter pochi giorni fa per le accuse di "transfobia" che le sono piovute addosso negli ultimi anni, ora la polizia politica del pensiero unico politicamente corretto ha deciso di mettere a repentaglio la sua sicurezza e quella della sua famiglia pubblicando sul web il suo indirizzo di casa. Come ha denunciato la stessa Rowling in una serie di tweet, "venerdì scorso, l'indirizzo della mia famiglia è stato pubblicato su Twitter da tre attivisti che si sono fotografati davanti a casa nostra, assicurandosi che il nostro indirizzo fosse visibile". Nella fattispecie, si tratterebbe di attivisti transgender che hanno preso di mira la scrittrice per le sue posizioni contro la follia gender.


Pubblicato l'indirizzo di casa

Ringraziando tutte le persone che hanno segnalato l'immagine e la polizia scozzese per il supporto, J.R Rowling ha aggiunto: "Imploro coloro che hanno ritwittato l'immagine con l'indirizzo ancora visibile, anche se lo hanno fatto condannando le azioni di queste persone, di eliminarla". E cita altre donne che, come lei, sono state "cancellate" dal totalitarismo woke per aver semplicemente espresso un pensiero controcorrente: Allison Bailey, Raquel Sanchez, Marion Miller, Rosie Duffield, Joanna Cherry, Julie Bindel, Rosa Freedman. L'ideatrice di Harry Potter menziona anche Kathleen Stock, femminista e lesbica che ha dovuto dimettersi dal suolo ruolo di docente di Filosofia dell'Università del Sussex a seguito degli insulti e delle minacce ricevute dagli attivisti transgender. Anche in quel caso, Stock aveva ribadito un concetto che la psicopolizia vuole mettere al bando: il sesso biologico rimane predominante e le persone transgender non dovrebbero frequentare gli spazi riservati alle donne come spogliatoi e bagni.

La scrittrice racconta che "chi mi ha contattato per raccontare le proprie esperienze analoghe, è stato oggetto di campagne di intimidazione che vanno dall'essere perseguitati sui social media", fino "alle minacce dirette di violenza, compreso lo stupro. Nessuna di queste donne è protetta come lo sono io. Loro e le loro famiglie sono state messe in uno stato di paura e angoscia per il solo motivo che si rifiutano di accettare acriticamente che il concetto socio-politico di identità di genere dovrebbe sostituire quello di sesso".


"Ho ricevuto tante minacce di morte"

La scrittrice inglese a quel punto fa i nomi e cita - sempre su Twitter - gli account dei tre attivisti transgender che hanno diffuso l'indirizzo della sua abitazione, menzionando la pratica - purtroppo sempre più diffusa - del doxxing, che consiste proprio nel rende pubblici sul web e sui social media informazioni personali e private o altri dati sensibili riguardanti una persona con un chiaro intento malevolo. "Pensavano che fare doxxing mi avrebbe intimidito a non parlare dei diritti delle donne basati sul sesso. Avrebbero dovuto riflettere sul fatto che ho ricevuto così tante minacce di morte che potrei tappezzarci la casa, e non ho smesso di parlare. Forse, il modo migliore per dimostrare che il vostro movimento non è una minaccia per le donne è smettere di perseguitarci, molestarci e minacciarci".

Se c'è una cosa che non manca a J.R Rowling è il coraggio di chi esprime le proprie idee, nonostante le sempre più gravi e preoccupanti minacce che provengono dall'attivismo transgender e da un'ideologica militante e totalitaria - come quella del politicamente corretto e della woke supremacy - che non ammette confronti né dibattito. Come nei peggiori totalitarismi, trattasi di dogmi da osservare in maniera ossequiosa. In silenzio. Ma c'è chi, come l'ideatrice di Harry Potter, ha deciso di non piegarsi.




COLPIRNE UNO PER EDUCARNE CENTO
Niram Ferretti
24 novembre 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

"Ho ricevuto così tante minacce che potrei tappezzarci la casa" ha dichiarato JK. Rowling, la celebrata autrice di "Harry Potter". E perchè? Semplice, perchè ha osato difendere il concetto di sesso biologico delle donne e per questo motivo è stata presa violentemente di mira dai talebani del politicamente corretto, dai sacerdoti del concetto di genere per i quali non solo dovrebbe avere la stessa parità del concetto di sesso biologico, ma lo dovrebbe sostituire in toto.
Recentemente tre giornalisti attivisti-trans hanno pubblicato via social la fotografia della villa in cui la scrittrice risiede con il marito e i figli.
L'intento è chiaro, indicarla come bersaglio. Qui vive, qui potete colpirla, nonostante, evidentemente, la Rowling, data la fama, possa godere di una adeguata protezione.
Questo è ormai il livello raggiunto.
«Nell’arco degli ultimi anni ho guardato con sconcerto il caso di Allison Bailey, Raquel Sanchez, Marion Miller», ha dichiarato la Rowling tutte docenti "cancellate" per avere espresso opinioni non in linea con lo Zeitgeist, quello che qui in Italia si è incarnato nel DDL Zan, a cui va aggiunto anche il caso di Kathleen Stock, professoressa di filosofia dell’università del Sussex costretta a dare le dimissioni perché sostiene che sia sbagliato sostituire il concetto di "sesso biologico" con quello di "genere".
Le neo camicie brune o nere che dir si voglia, rivestono oggi i panni dei difensori dei diritti umani, dei paladini della giustizia, e chiunque si opponga alla loro vulgata viene mascariato, cancellato, esposto al ludibrio pubblico. Mancano solo i cartelli al collo che sotto l'egida di Mao venivano messi in Cina ai non allineati, a chi veniva considerato nemico del Progresso e della rivoluzione.
La storia non si ripete mai uguale ma si ripete sempre. Cambiano le fogge, i paramenti, ma gli attori sulla scena sono sempre i medesimi.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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