Alfie Evans e l'idolatria religiosa statalista e miracolista

Alfie Evans e l'idolatria religiosa statalista e miracolista

Messaggioda Berto » mar mag 01, 2018 8:26 am

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Alfie Evans e l'idolatria religiosa statalista e miracolista

Messaggioda Berto » mar mag 01, 2018 8:27 am

Al mondo vi sono decine di migliaia di bambini che ogni giorno muoiono di malattia, di fame, di miseria, di guerra, di maltrattamenti e tra questi anche bambini italiani



Allarme malnutrizione: ogni anno muoiono oltre 3 milioni di bambini, annuncia The Lancet

https://www.unicef.it/doc/4843/the-lanc ... izione.htm

Un bambino ormai in fase di recupero da uno stadio di malnutrizione acuta nel centro nutrizionale terapeutico Chagoua a N'Djamena, capitale del Ciad - ©UNICEF/NYHQ2010-1159/R.Gangale Un bambino ormai in fase di recupero da uno stadio di malnutrizione acuta nel centro nutrizionale terapeutico Chagoua a N'Djamena, capitale del Ciad - ©UNICEF/NYHQ2010-1159/R.Gangale
L'UNICEF, a commento della nuova ricerca pubblicata su The Lancet sulla nutrizione materna e infantile, ha ribadito la necessità di una leadership risoluta e di un costante impegno a livello nazionale e globale per vincere la battaglia contro la malnutrizione.

"La battaglia contro la malnutrizione si sta vincendo, ma i progressi sono troppo lenti", ha commentato Werner Schultink, Responsabile UNICEF per la nutrizione.

"Ora dobbiamo accelerare il ritmo perché nessun altro bambino si unisca agli oltre 165 milioni di bambini malnutriti e perché possano essere salvati molti milioni di bambini che soffrono delle diverse forme di malnutrizione".

The Lancet ha sottolineano ulteriori cause di mortalità legate alla nutrizione che hanno aumentato, rispetto alle stime della rivista del 2008, il numero di decessi di bambini sotto i cinque anni di età causati da malnutrizione portandolo a 3,1 milioni ogni anno, cioè il 45% di tutte le morti sotto i 5 anni.

Lo studio ha rilevato, per esempio, che i bambini che nascono prematuri – cioè circa un quarto delle nascite nei paesi a basso e medio reddito – hanno una maggiore probabilità di non sopravvivere.

"Il nostro messaggio è chiaro: è tempo per tutti noi di dimostrare una guida decisa e un impegno solido a milioni di madri e bambini vittime della malnutrizione", ha dichiarato Schultink.

Il nuovo studio è stato pubblicata alla vigilia del vertice di Londra organizzato dai governi di Brasile e Regno Unito insieme al CIFF (Children’s Investment Fund Foundation) per focalizzarsi sulla lotta alla malnutrizione e ridurre il numero dei bambini cronicamente malnutriti, con un investimento di ulteriori 20 milioni di euro ai 20 paesi maggiormente colpiti dal problema entro il 2020, attraverso nuovi impegni da parte dei governi, del settore privato e delle agenzie.

L’UNICEF crede fortemente che investire nei primi 1.000 giorni di vita di un bambino determini il futuro delle nazioni. Porre fine all’arresto della crescita e ad altre forme di malnutrizione salva la vita e migliora la salute, le prospettive per i bambini e, quindi, lo sviluppo dei paesi.

"Questo è il motivo per cui la lotta contro la malnutrizione deve essere un imperativo globale per i donatori, per i paesi colpiti, per chi investe nel settore privato e per le stesse comunità", ha detto Schultink.

"Questo è il genere di impegno condiviso che possiamo vedere nello “Scaling up Nutrition Network”, dove 40 paesi stanno già adottando misure concrete per aumentare e migliorare gli investimenti dedicati e per affinare le politiche e i programmi focalizzati sui temi della nutrizione."

Il Rapporto dell'UNICEF Improving Child Nutrition lanciato nel mese di aprile ha evidenziato come la malnutrizione possa essere ridotta attraverso interventi di provata efficacia quali la promozione dell'allattamento esclusivo al seno, rispondendo alle carenze di micronutrienti e controllando la nutrizione della madre, prima e durante la gravidanza.

The Lancet denuncia che la malnutrizione riduce il progresso economico di una nazione di almeno l’8% a causa delle perdite di produttività dirette oltre a quelle dovute alla condizione di povertà e alla ridotta scolarizzazione; mentre altri esperti hanno dimostrato che 1 dollaro investito nel ridurre la malnutrizione cronica può generare un ritorno di 30 dollari attraverso migliori benefici sanitari ed educativi.

Mentre i leader sono riuniti a Londra, gruppi della società civile fra cui “Enought Food for Everyone IF” una coalizione composta da oltre 200 organizzazioni che si battono perché il G8 lavori concretamente sul tema della fame nel mondo – stanno giocando un ruolo efficace per aumentare l’entità del dibattito sulla malnutrizione infantile.


Bambini, ne muoiono troppi, sono 18 mila ogni giorno
2013/09/13

http://www.repubblica.it/solidarieta/co ... i-66460779

C'è un nuovo rapporto UNICEF che avverte: 35 milioni di bambini in più rischiano di morire se l'obiettivo numero 4 del Millennium Goals sulla riduzione della mortalità infantile non sarà raggiunto. Andando avanti così, se la il mondo non interverrà in tempo, la riduzione di 2 terzi avverrà non prima del 2028. tuttavia, dal 1990 il numero di bambini che muoiono prima dei 5 anni si è dimezzato. Le sfide maggiori in Africa

Bambini, ne muoiono troppi Sono 18 mila ogni giorno
ROMA - Nel 2012, circa 6,6 milioni di bambini in tutto il mondo - 18.000 ogni giorno - sono morti prima di aver compiuto cinque anni. È quanto dichiara il nuovo rapporto presentato oggi da dall''Unicef, Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), Banca Mondiale e Dipartimento degli Affari sociali ed Economici delle Nazioni Unite- Divisione Popolazione. Questo numero rappresenta circa la metà del numero di bambini sotto i cinque morti nel 1990, che in quell'anno è stato di oltre 12 milioni. Un nuovo rapporto, dunque, che sottolinea come se l'attuale tendenza del tasso di mortalità infantile continuerà di questo passo, il mondo non raggiungerà l'Obiettivo di Sviluppo del Millennio numero 4 - ridurre il tasso di mortalità dei bambini sotto i 5 anni di due terzi entro il 2015 rispetto ai livelli del 1990. Anzi se il trend attuale proseguirà, l'obiettivo non sarà raggiunto prima del 2028.

Il costo di un'azione troppo lenta. Se la comunità internazionale non agirà immediatamente per velocizzare i progressi, 35 milioni di bambini in più potrebbero morire. Polmonite, diarrea e malaria rimangono le cause principali di morti a livello globale e mietono ogni giorno 6.000 morti infantili sotto i cinque anni. La malnutrizione contribuisce a quasi la metà di queste morti. Il primo mese di vita è il più precario per i bambini piccoli. Nel 2012, quasi 3 milioni di bambini sono morti durante il primo mese di vita, la maggior parte dei quali per cause prevenibili.

Ma nel rapporto ci sono anche buone notizie. È dimostrato che la riduzione della mortalità infantile non è un'utopia. A livello mondiale, il numero di bambini sotto i 5 anni che muoiono ogni anno è diminuito da circa 12,6 milioni nel 1990 a circa 6,6 milioni nel 2012. Negli ultimi 22 anni, nel mondo sono state salvate circa 90 milioni di vite grazie al grande impegno globale. "Sì, celebriamo i risultati raggiunti" - ha detto Anthony Lake, Direttore generale dell'UNICEF - ma c'è ancora davvero molto da fare per raggiungere l'obiettivo. Possiamo accelerare i progressi - sappiamo come farlo - ma dobbiamo agire con tempestività".

L'"impegno globale" di Etiopia, India e USA. Poco più di un anno fa, i governi di Etiopia, India e Stati Uniti, insieme con l'UNICEF hanno lanciato Commiting to Child Survival: A Promise Renewed, un impegno globale per porre fine alle morti di bambini per cause che potrebbero essere facilmente prevenute. Finora, i 176 governi che hanno sottoscritto l'impegno hanno promesso di accelerare il progresso per la sopravvivenza dei bambini. Centinaia tra esponenti della società civile, gruppi religiosi e cittadini si sono anche impegnati nell'obiettivo comune di garantire il miglior inizio possibile alla vita anche all'ultimo bambino.

Il Progress Report 2013 Committing to Child Survival. A Promised Renewed esamina la tendenza della mortalità infantile dal 1990, analizza le cause principali delle morti sotto i cinque anni, e sottolinea gli impegni nazionali e globali per salvare la vita dei bambini. I progressi compiuti fino a oggi sono dovuti agli sforzi comuni di governi, società civile e settore privato, nonché a maggiori interventi efficienti ed efficaci, così come a zanzariere trattate con insetticida, medicine, vaccini, allattamento al seno, alimenti supplementari e terapeutici, trattamenti per la reidratazione per malattie diarroiche e ad un migliore accesso a fonti di acqua pulita e servizi igienici.

Si riducono le morti prevedibili. Il rapporto rileva una forte riduzione delle morti prevenibili di bambini in tutte le regioni del mondo, e in tutti i paesi, inclusi quelli a basso reddito. Infatti, dal 1990 alcuni dei paesi più poveri del mondo hanno raggiunto i più grandi traguardi nella sopravvivenza infantile. Alcuni paesi a basso reddito con alti tassi di mortalità infantile, come Bangladesh, Etiopia, Liberia, Malawi, Nepal e Repubblica Unita della Tanzania, hanno già ridotto i loro tassi di mortalità infantile di due terzi o più dal 1990, raggiungendo in anticipo, rispetto al 2015, l'Obiettivo di Sviluppo del Millennio 4 sulla riduzione della mortalità dei bambini sotto i 5 anni.

I progressi minori in Africa occidentale e centrale. La regione dell'Africa occidentale e centrale ha registrato il livello minore di progresso nella sopravvivenza dei bambini, comparato con le altre regioni del mondo. Questa regione ha anche il più alto tasso di mortalità, con circa un bambino su 8 che muore prima dei 5 anni. La regione dell'Africa occidentale e centrale non ha praticamente registrato nessuna riduzione nel numero annuale di morti di bambini dal 1990. L'inversione di rotta di questa tragica tendenza richiede un'azione immediata su fronti multipli, così come sottolineato dagli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. "I progressi possono e devono essere fatti", ha detto Anthony Lake. "Quando azione concertata, solide strategie, risorse adeguate e politiche forti saranno integrate per supportare la sopravvivenza infantile e materna, un'importante riduzione della mortalità infantile non sarà solo possibile, ma anche moralmente doverosa".

I cinque paesi dove si muore di più da piccoli. Circa la metà dei decessi sotto i cinque anni si verificano solo in cinque paesi: Cina, Repubblica Democratica del Congo, India, Nigeria e Pakistan. L'India (22%) e la Nigeria (13%) insieme contano oltre un terzo di tutte le morti di bambini sotto dei cinque anni. I neonati sono particolarmente a rischio. "La cura della madre e del bambino, nelle prime 24 ore di vita dalla nascita, è fondamentale per la salute e il benessere di entrambi", dice Margaret Chan, Direttore Generale dell'OMS. "La metà di tutte le morti neonatali si verificano entro il primo giorno". Le vite della maggior parte di questi bambini potrebbero essere salvate se essi avessero accesso ad alcuni servizi di assistenza sanitaria di base, quella durante e dopo il parto; farmaci a basso costo come gli antibiotici, pratiche come il contatto pelle a pelle tra madre e neonato e l'esclusivo allattamento al seno per i primi sei mesi di vita.

Progressi e sfide in Africa. Mentre a livello globale il tasso medio annuale di riduzione della mortalità dei bambini sotto i cinque anni è cresciuto dal 1,2% l'anno per il periodo 1990-1995 al 3,9% per il periodo 2005-2012, esso rimane insufficiente per raggiungere l'Obiettivo di Sviluppo del Millennio n° 4. "I continui investimenti da parte dei paesi per rafforzare i sistemi sanitari sono essenziali per garantire che tutte le madri e i bambini possano disporre delle cure accessibili e di qualità di cui hanno bisogno per vivere una vita sana e produttiva," ha dichiarato Keith Hansen, che ha funzioni di Vice Presidente dello Sviluppo Umano presso il Gruppo della Banca Mondiale. L'Africa subsahariana, in particolare, deve affrontare sfide importanti come regione con i più alti tassi di mortalità infantile nel mondo. Con un tasso di 98 morti ogni 1.000 nati, un bambino nato nell'Africa subsahariana corre un rischio 16 volte maggiore di morire prima del suo quinto compleanno di un bambino nato in un paese ad alto reddito.




Ogni minuto nel mondo muoiono undici bambini
Martín Caparrós
23 giugno 2015 17.51

https://www.internazionale.it/notizie/2 ... o-l-unicef

“Prima ancora che un bambino faccia il suo primo respiro, le sue probabilità di sopravvivenza sono segnate da circostanze indipendenti dalla sua volontà: il suo sesso, il luogo di nascita, lo status sociale ed economico della sua famiglia”. A fare una panoramica dei dati sulle condizioni di vita dei bambini negli ultimi 25 anni è l’Unicef, nel suo rapporto Progress for children.

I bambini che nascono nei paesi in via di sviluppo hanno un terzo delle probabilità di essere seguiti con personale ostetrico qualificato rispetto ai bambini nati in paesi industrializzati, e molte meno probabilità di raggiungere gli standard minimi di apprendimento. Le possibilità di sopravvivenza nel 2015 sono molto più alte di quelle del 2000, l’anno in cui furono scelti gli obiettivi del millennio, tra cui c’era la riduzione della mortalità infantile. Un bambino nato quest’anno ha infatti molte più possibilità di raggiungere il suo quinto compleanno, di andare a scuola, di essere istruito, di non sposarsi troppo presto.

Lasciare indietro i bambini dei paesi in via di sviluppo ha serie conseguenze sia per la loro vita che, a lungo termine, per i loro paesi, spiega il rapporto, secondo cui il mondo avrebbe la possibilità di ridurre le disparità nell’arco di una generazione, se solo si investisse in azioni, programmi e politiche innovative basate su salute, istruzione e protezione infantile.

Altissimo è il numero di bambini che vivono in aree di guerra: 230 milioni di bambini sono testimoni o vittime di violenze, spesso sono costretti a lavorare o a combattere fin da piccoli. E poco meno della metà della popolazione mondiale che vive al di sotto della soglia di povertà, ovvero più di un miliardo di persone, è formata da bambini e ragazzi al di sotto dei 18 anni.

Mortalità infantile. Un’ampia parte del rapporto è dedicata ai dati sulla mortalità infantile: secondo le previsioni, ogni giorno nel 2015 moriranno 16mila bambini sotto i 5 anni, per una media di 11 bambini al minuto, a causa del mancato accesso alle vaccinazioni, alle medicine e a un’alimentazione adeguata. Il tasso di mortalità entro i primi 5 anni di vita è però diminuito di più della metà dal 1990 al 2015. Nonostante questo dato positivo, entro la fine del 2015 sei milioni di bambini moriranno prima del compimento del quinto anno di età, la maggior parte dei quali per cause che potevano essere previste ed eliminate.

Nell’Africa subsahariana il rischio che un bambino muoia entro i 5 anni è 15 volte più alto che in un paese industrializzato. Solo due regioni del mondo, l’America Latina, l’Asia meridionale e il Pacifico, hanno raggiunto l’obiettivo del millennio di ridurre di almeno due terzi il tasso di mortalità infantile.



Ogni60secondi in Africa è passato un minuto
2012/10/24

http://www.linkiesta.it/it/blog-post/20 ... nuto/11417

La Giornata Mondiale dell’Alimentazione (16 ottobre) è una data importante, ogni anno è l’occasione per osservare lo stato dell’arte della fame e la malnutrizione sul nostro pianeta, analizzare le tendenze e programmare le azioni future. Anche quest’anno la FAO ha pubblicato i dati ufficiali, sono 868 milioni le persone che soffrono di fame e malnutrizione nel mondo. È una cifra sicuramente inaccettabile ma in costante diminuzione negli ultimi 20 anni. Certo, il trend positivo è sempre più flebile come la fiamma di candela che sta per spegnersi. I dati della distribuzione geografica della fame sono ancora meno rassicuranti, a fronte di aree del mondo dove la malnutrizione continua a diminuire vistosamente (sud-est asiatico, america latina) ci sono quelle dove la percentuale riprende a crescere in modo consistente (Africa Subsahariana, sud asiatico). In occasione di questa data le ONG e il mondo della cooperazione internazionale (governativa e non) si interrogano sul da farsi e lanciano appelli più o meno politici per indicare la rotta futura, quella per arrivare agli obiettivi del millennio se non oltre.

Per alcune organizzazioni invece è l’ennesima occasione per raccogliere fondi e disinformare rispetto a temi così importanti. L’ennesima occasione per consolidare nell’opinione pubblica l’immagine del bambino africano che muore di fame e dei pochi spiccioli che gli possono salvare la vita.

Un grosso contributo in questo senso lo sta dando la Ong Save the Children che alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Alimentazione ha lanciato la campagna milionaria dal titolo “EveryOne – Ogni 5 secondi muore un bambino”, curata dall’agenzia di comunicazione Roncaglia & Wijkander. L’immagine della campagna è dominata da tanti bambini sorridenti con un palloncino rosso in mano con sopra scritto “SAVE ME” (salvami). Lo spot che passa in Tv ci dice che 1.080 bambini muoiono durante una partita di calcio, 720 bambini perdono la vita durante il tragitto di un’ora in mezzo al traffico o ancora 240 muoiono mentre si aspetta l’autobus per 20 minuti. L’hashtag della campagna su Twitter è #ogni5secondi.

Ho fatto una rapida ricerca su google per informarmi meglio sulla campagna. Per prima ho cercato “Save the children” e il primo risultato della ricerca è il seguente:

Stc Caffe

Poi ho cercato “Ogni 5 secondi muore un bambino”. Di seguito alcuni dei risultati delle prime pagine della ricerca:

Ogni giorno muoiono ben 26 mila bambini, uno ogni 3 secondi
Ogni minuto, un bambino muore di morbillo in Africa
Muore un bambino ogni quattro secondi, secondo i dati di Save the Children.
Ogni minuto muore una donna incinta
In Africa ogni minuto due bambini muoiono di malaria
In Africa Subsahariana, si stima che ogni giorno muoiano circa 6000 persone a causa dell’AIDS
Ogni minuto 6 ragazzi sotto i 25 anni vengono infettati dall'HIV e l'AIDS
Un bambino ogni 6 secondi muore per fame
Ogni minuto nel mondo (nel 90% dei casi, in Africa Subsahariana) la malaria uccide un bambino sotto i 5 anni.
Ogni minuto nel mondo un bambino perde la vista
Ogni minuto 1 donna muore per cause legate a gravidanza o parto
Ogni secondo muoiono 14 bambini, dice l'Unicef
Ogni giorno mille persone muoiono a causa della tubercolosi
In India ogni secondo muore un bambino dice Save the children
In India muore un bimbo ogni 20 secondi
1,8 milioni i bambini sotto i cinque anni che muoiono ogni anno per malattie collegate alla qualità dell'acqua
Africa, ogni minuto muoiono 8 bambini sotto 5 anni
In Africa Sub Sahariana, 29.000 bambini al di sotto dei cinque anni, 21 ogni minuto, muoiono ogni giorno principalmente per cause prevenibili.

Alla quarta pagina mi sono fermato….a riflettere.

Mi è venuta in mente una foto vista su facebook che a mio parare racconta meglio cosa succede nel mondo ogni 60 secondi.

Ogni 60 secondi in Africa è passato un minuto


Every 60 Seconds In Africa A Minute Passes

LA RETTIFICA DI SAVE THE CHILDREN

In genere non ci interessa entrare in polemica e rispondere a tutto quello che si dice di noi ma quando si fa della disinformazione su Save the Children, è nostro dovere ristabilire la verità e dare le notizie correttamente. Al di là dell’opinione espressa nel post dal titolo “Ogni 60 secondi in Africa è passato un minuto” a firma di Elias Gerovasi, quello che non si può lasciare passare è la scorrettezza delle informazioni su cui si fonda tale opinione.

Innanzitutto, la campagna Every One non è “milionaria”, come a dire frutto di grande e inutile spreco di denaro. Invito Elias Gerovasi e tutti i lettori a consultare il nostro bilancio http://www.savethechildren.it/IT/Page/t ... ml?idp=152 per capire quanta attenzione poniamo nel contenere il più possibile i costi di gestione e poter quindi destinare più fondi possibili ai progetti a favore dei bambini. Rispetto al ritorno che abbiamo, i costi della campagna sono assolutamente sostenibili e molto contenuti.

La nostra campagna non si chiama poi “Every One – ogni 5 secondi muore un bambino” ma Every One. Non è realizzata da Roncaglia & Wijkander, che invece realizza “solo” (“solo” tra virgolette perché il lavoro che l’agenzia fa è comunque importante) la parte pubblicitaria della campagna. Mentre Every One comprende molte e ben più articolate azioni di comunicazione, sensibilizzazione, advocacy, programma e raccolta fondi.

Ma la cosa più importante e che ci preme chiarire – e che Elias Gerovasi, in quanto cooperante di Mani Tese dovrebbe conoscere molto bene – è che i dati che si trovano su internet erano tutti corretti al momento in cui sono stati comunicati e pubblicati. La mortalità infantile infatti e per fortuna, nel corso degli anni è diminuita tanto che, quando abbiamo lanciato per la prima volta la nostra campagna Every One, nel 2009 moriva 1 bambino ogni 3 secondi, mentre oggi ne muore 1 ogni 5 secondi. A questo punto sembra evidente che la disinformazione non sia di Save the Children ma dell’autore dell’articolo.

Concludo, dicendo che ci colpisce che la polemica e la scorrettezza palese delle informazioni riportate provengano da una persona che lavora per un’altra ong come Mani Tese. Questo spirito conflittuale, senza ragione e fondamento, non ci piace e non ci appartiene e soprattutto credo non faccia assolutamente bene al nostro settore. Credo sia sempre importante discutere di cose vere e migliorarsi (perché tutti noi dobbiamo farlo) attraverso critiche costruttive e serie.
Mi auguro che questo possa servire a chiarire le questioni.

Filippo Ungaro, Direttore Comunicazione e Campaigning di Save the Children
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Alfie Evans e l'idolatria religiosa statalista e miracolista

Messaggioda Berto » mar mag 01, 2018 8:32 am

La vergogna dei 100mila bambini maltrattati
Viviana Daloiso
giovedì 2 febbraio 2017

https://www.avvenire.it/attualita/pagin ... altrattati

Denutrizione, disabilità, danni psicologici permanenti: il calvario delle piccole vittime. Negli ultimi due anni dati in preoccupante aumento

Violenze, abusi, insulti. Toccano a 100mila bambini nel nostro Paese, mentre cambiano i governi. Centomila casi veri, presi in carico dai Servizi sociali. Non stime. Come prendere una grande città e riempirla di piccoli, e d’orrore. I numeri dei maltrattamenti sono in aumento, tanto che dalla prima indagine nazionale voluta nel 2015 dal Garante per l’Infanzia e condotta in partnership con il Coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l’abuso dell’infanzia (Cismai) e Terres des Hommes, in collaborazione con l’Anci, sembra passata un’era geologica. In due anni il nostro Paese ha assistito all’aumento dei femminicidi e delle violenze domestiche, all’esplosione del cyberbullismo, all’emergenza di quasi 50mila minori stranieri soli sbarcati e dirottati più o meno a caso sul territorio.

Immaginarsi l’allarme delle associazioni impegnate sul campo, soprattutto per il Sud, dove si registrano 273 casi di maltrattamento ogni mille minori, sui 155 del Nord. E dove, per via della difficoltà economica delle amministrazioni, i servizi sociali garantiscono sostegno alla metà dei bambini presi in carico dalle regioni settentrionali. Tra le violenze che colpiscono i piccoli la più frequente –e all’apparenza la più innocua – è la “trascuratezza”. È l’Organizzazione mondiale della sanità ad avere chiamato così l’assoluta incapacità da parte dei genitori di prendersi cura, materialmente e affettivamente, dei propri figli. E la trascuratezza è il mostro che nel 47% dei casi, nel nostro Paese, fa arrivare davanti ai giudici dei tribunali dei minori, e agli psicologi delle comunità protette, bimbi denutriti, con disabilità o ritardi acquisiti (fisici, linguistici, emotivi), incapaci di relazionarsi con gli altri. «Parliamo di bambini che crescono in famiglie in fragilità come ad esempio la povertà estrema – spiega il presidente del Cismai, Gloria Soavi –, ma non solo. Bimbi dimenticati, abbandonati a se stessi, invisibili ai propri genitori». In forte aumento, quasi al 20% dei casi, c’è poi la “violenza assistita”: la ferita che segna per sempre i bimbi spettatori di maltrattamento su figure di riferimento, in primis la madre o i fratelli e le sorelle.

A seguire le violenze fisiche e psicologiche, gli abusi sessuali, l’universo del male su cui i media gettano luce quando Fortuna cade giù dal sesto piano di un palazzo a Caivano, e che poi continua a mietere vittime nel buio. Ancora, il dramma dei bimbi stranieri, i più vulnerabili al maltrattamento. Tanto che tra loro la prevalenza dei maltrattati è doppia rispetto a quella dei piccoli italiani: 20 bimbi stranieri ogni 1.000 contro gli 8,3 fra gli italiani. Prevenzione e confronto con le istituzioni, con gli esperti del settore e con il mondo della politica diventano allora il passaggio chiave per provare a invertire la rotta. E con questi obiettivi i prossimi 10 e 11 febbraio il Cismai organizza a Bologna gli Stati generali sul maltrattamento in Italia, un tavolo su cui si alterneranno le buone esperienze dei Comuni (da Torino a Bologna, da Milano a Sabaudia), le ricerche nazionali e internazionali più recenti sul tema, l’orizzonte normativo entro cui agire per arginare il fenomeno: «Da questo punto di vista sarà fondamentale per noi – spiega ancora il presidente di Cismai Soavi – la presenza del ministero della Salute, per esempio, che nei nuovi Lea ha previsto una voce per i bimbi oggetto di maltrattamenti.

Si tratta di poca cosa, ma è il segnale che di questi bimbi il Paese deve prendersi cura, serve un cambio di rotta culturale». E se per quanto riguarda il capitolo dei minori stranieri il Senato dovrebbe approvare proprio nelle prossime settimane una legge capace finalmente di tutelarli, mettendo ordine nel sistema della loro accoglienza (a questo proposito a Bologna interverrà la vicepresidente della Commissione bicamerale per l’Infanzia e l’Adolescenza, Sandra Zampa, prima firmataria del testo), all’Italia resta tanto da fare, dalla creazione di un sistema nazionale di sorveglianza per rilevare il maltrattamento, alla valutazione dell’efficacia delle politiche fino alla riforma delle strategie di intervento e alla formazione dei propri operatori. «Su questa sfida si gioca il futuro del Paese, che questi piccoli segnati dalla violenza rappresentano. Non capirlo significa non soltanto perdere loro, ma ipotecare il domani di tutti».


Cismai: in Italia un bambino su 5 è maltrattato (06/07/2017)
di Mara Cinquepalmi

http://www.vita.it/it/article/2017/07/0 ... ato/143937

Vivere e apprendere modelli violenti. È quello che accade a 1 bambino su 5 in Italia. Sono 100.000 i bambini maltrattati nel nostro Paese e il 19% di questi è vittima di violenza assistita, ovvero la seconda forma di maltrattamento su minori. ll Cismai, Coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l’abuso all’infanzia, ha presentato di recente un documento che indica i requisiti minimi degli interventi nei casi di violenza assistita da maltrattamento alle madri, anche in linea con quanto indicato dalla Convenzione di Instanbul. Già nel documento del 2005 il Cismai aveva definito violenza assistita “l’esperire da parte di un minore qualsiasi forma di maltrattamento compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale, economica e atti persecutori, quali lo stalking, su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative, adulte o minorenni.”

«Allora - spiega la presidente Gloria Soavi - era un documento piuttosto innovativo perché in Italia non si parlava dei bimbi testimoni di violenza sulle madri, ma soprattutto dava una serie di indicazioni operative su come intervenire e rilevare questo tipo di violenza. Oggi sono cambiati gli scenari e i riferimenti legislativi, anche se in Italia la violenza assistita non è riconosciuta come forma di violenza specifica. In particolare, sono stati fatti approfondimenti sul sistema di protezione. Il prossimo passo è fare formazione in tutta Italia a educatori, psicologi, medici, e operatori dei centri antiviolenza per una diffusione il più capillare possibile di come affrontare il fenomeno». La violenza assistita è una forma di maltrattamento che può determinare nei minori effetti dannosi, a breve, medio e lungo termine influenzando lo sviluppo psicologico ed emotivo. «Purtroppo - aggiunge Soavi - è ancora molto sottovalutata la questione del trauma. Come quello che mi raccontava un bimbo di dieci anni, terrorizzato quando sentiva rientrare la notte il padre ubriaco che poi se la prendeva con la mamma».

La violenza assistita richiede che gli operatori mettano in atto interventi di presa in carico che si articolano in fasi operative tra loro interconnesse e ripetute nel tempo, come rilevazione, protezione, valutazione, trattamento, monitoraggio e follow up.

Per il Cismai è importante che, sin dalla fase di rilevazione e per tutto il percorso di presa in carico, ci sia un coordinamento fra i Servizi e le organizzazioni che si occupano degli
adulti e i Servizi e le organizzazioni che si occupano dei minorenni, inclusi i Centri Antiviolenza e le Case Rifugio, per evitare interventi contraddittori e frammentati.
«Assumere come punto fermo che la violenza assistita è una forma di maltrattamento ai danni del minore – ha sottolineato l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza Filomena Albano - è presupposto essenziale per evitare che ne venga sottovalutata la gravità».

Purtroppo mancano dati che inquadrino in maniera omogenea il fenomeno, ma nel 2015 il Cismai, Terre des hommes e l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza hanno curato la prima indagine nazionale quali-quantitativa sul maltrattamento dei bambini e degli adolescenti.

L’indagine ha coperto un bacino effettivo di 2,4 milioni di popolazione minorile residente in Italia, pari al 25% della popolazione minorile italiana, ed è ad oggi la prima ed unica esperienza statisticamente significativa di questo tipo.

La questione dei dati è anche uno dei punti della proposta di legge presentata alla Camera l’8 marzo scorso sulle Disposizioni per la prevenzione del maltrattamento dei bambini e degli adolescenti. Il provvedimento prevede, infatti, l’istituzione di un Sistema nazionale di monitoraggio sul maltrattamento dei bambini che assicuri, in modo continuo e permanente, la raccolta dei dati relativi all'epidemiologia della violenza, all'incidenza e alla prevalenza del fenomeno e delle diverse forme di maltrattamento, all'efficacia basata sull'evidenza dei programmi e degli interventi realizzati dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali. Inoltre, la proposta, nata dalla collaborazione con il Cismai, prevede l’istituzione dell’Ufficio nazionale per la prevenzione del maltrattamento dei bambini presso la presidenza del Consiglio dei ministri, con compiti molto precisi di coordinamento interministeriale per affrontare il maltrattamento secondo una logica interdisciplinare e quindi secondo un sistema di risposte inter-ministeriali.

«Nessuna bambina, nessun bambino - commenta Sandra Zampa, vice presidente della Bicamerale Infanzia e Adolescenza e relatrice della proposta - dovrebbe subire mai violenza e abuso e tutti noi, gli adulti, dovremmo riuscire ad impedirlo. Uno stato intelligente dovrebbe tenere conto dei costi che la violenza sui minori produce. I dati su questo fenomeno sono preoccupanti e peggiorano. Per questo è indispensabile che il legislatore affronti con coraggio e forza il problema, assuma la responsabilità che gli compete e assicuri ai più piccoli il rispetto dei loro diritti. È tempo di dotarsi di una legge che metta la prevenzione al primo posto e costruisca un sistema di protezione vera dei minori».
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Alfie Evans e l'idolatria religiosa statalista e miracolista

Messaggioda Berto » mar mag 01, 2018 8:33 am

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Alfie Evans e l'idolatria religiosa statalista e miracolista

Messaggioda Berto » mar mag 01, 2018 8:36 am

Un altro caso simile nel 2017 a Londra -Charlie Gard, la sentenza della Corte Europea: "Cure sospese"

Luigi Ippolito, corrispondente a Londra
Milano, 27 giugno 2017

http://www.corriere.it/esteri/17_giugno ... 2d0c.shtml

La Corte dei diritti umani ha approvato la decisione di sospendere le cure al bambino nonostante il parere contrario dei genitori. La storia ha diviso la Gran Bretagna
I genitori di Charlie con il piccolo appena nato I genitori di Charlie con il piccolo appena nato

Per il piccolo Charlie non c’è più nulla da fare. Martedì la Corte europea per i diritti umani di Strasburgo ha respinto l’ultimo ricorso dei genitori del bambino di dieci mesi nato con una rara malattia genetica: e ora i medici del Great Ormond Street Hospital, il più importante ospedale pediatrico di Londra, sono autorizzati a staccare la spina contro la volontà della madre e del padre.

Il caso di Charlie Gard ha diviso l’Inghilterra. Il piccolo era nato apparentemente in buona salute lo scorso 4 agosto. Ma dopo otto settimane aveva cominciato a perdere forze e peso. Portato in ospedale, gli era stata diagnosticata la sindrome di deperimento mitocondriale, che provoca il progressivo indebolimento dei muscoli. Ci sono soltanto sedici casi al mondo, ma purtroppo entrambi i genitori sono portatori del difetto genetico e quindi Charlie è venuto al mondo segnato dal destino. Da allora il bambino è in terapia intensiva, intubato, e secondo i medici non ha speranze di sopravvivere: per cui meglio staccare tutto per evitargli ulteriori sofferenze.

Ieri la Corte europea ha dato loro ragione: secondo i giudici di Strasburgo, la cui decisione è «definitiva», proseguire il trattamento «continuerebbe a causare a Charlie un danno significativo». A loro parere il bambino «è esposto a continuo dolore e sofferenza» e la terapia sperimentale a cui i genitori vorrebbero affidarsi negli Stati Uniti «non ha prospettive di successo e non offrirebbe alcun beneficio». Dunque la Corte «considera appropriato sospendere la misura provvisoria» con cui chiedeva ai medici di tenere in vita Charlie.

All’ospedale di Londra hanno fatto sapere che la decisione dei giudici europei «segna la fine di un processo molto difficile» e che ora la priorità è «fornire ai genitori di Charlie ogni possibile sostegno nel momento in cui ci si prepara per i prossimi passi». Un portavoce ha precisato che «non ci sarà alcuna fretta nel cambiare le cure di Charlie e ci saranno attente pianificazioni e discussioni». Ma appare molto probabile che già nei prossimi giorni i medici decidano di staccare la spina.

I dottori sostengono che Charlie non può sentire, muoversi, piangere o deglutire e che i suoi polmoni funzionano solo grazie alla macchina a cui è attaccato. Il piccolo avrebbe anche subito danni cerebrali irreversibili. A loro giudizio, il trattamento sperimentale americano cui i genitori vorrebbero sottoporlo non migliorerà le sue condizioni. Ma solo due settimane fa la madre, Connie Yates, aveva pubblicato su Facebook una foto di Charlie con gli occhi aperti: «Un’immagine vale più di mille parole», aveva scritto.

Il calvario giudiziario dei genitori era cominciato a marzo, quando la coppia si era rivolta a un tribunale per tentare di fermare la mano dei medici: i quali ritenevano «di aver esaurito tutte le opzioni di trattamento disponibili» e dunque raccomandavano quella che consideravano «la cosa migliore per Charlie». E ad aprile un giudice dell’Alta Corte li aveva autorizzati a staccare la spina. «No», aveva urlato la madre in aula, rifiutando di arrendersi. Di lì il primo ricorso, ma a maggio anche una Corte d’appello decideva a favore dei medici. Ulteriore ricorso alla Corte Suprema, che respinge di nuovo l’istanza dei genitori. «Come possono farci questo?», ripeteva la madre, che decide allora di rivolgersi a Strasburgo. Ieri la sentenza finale.

Intanto oltre centomila persone hanno firmato una petizione per chiedere alla premier Theresa May di intervenire. E i genitori sono riusciti, grazie a donazioni da tutto il mondo, a raccogliere i soldi necessari per il viaggio negli Stati Uniti e il pagamento della terapia sperimentale. Ma a meno di un miracolo, la sorte di Charlie sembra segnata.



Silvana de Mari

Buona notte. Il papà e la mamma di Charlie non hanno nemmeno avuto il "permesso" di portare a casa il loro bimbo, per farlo salutare dai nonni. Charlie è di proprietà della stato. È questo il punto più mostruoso di tutta la storia. Ma noi siamo l'umanità . Usciremo anche da questo. Et dispersit superbos ...

Questa è una notte da Magnificat

Magnificat anima mea Dominum,et exultavit spiritus meo in Deo salutari meo quia respexit humilitatem ancillae suae, ecce enim ex hoc beatam me dicent omnes generationes, qui fecit mihi magna, qui potens est:et Sanctus nomen eiuset misericordia eius a progenie in progenies timentibus eum.Fecit potentiam in brachio suo,dispersit superbos mente cordis sui, deposuit potentes de sede,et exaltavit humiles;esurientes implevit bonis,et divites dimisit inanes.Suscepit Israel, puerum suum,recordatus misericordiae suae,sicut locutus est ad patres nostros, Abraham et semini eius in saecula.Gloria Patri et Filio et Spiritui Sanctosicut erat in principio et nunc et semperet in saecula saeculorum. Amen.

Magnifica il Signore l'anima mia ed esulta il mio spiritoin Dio mio Salvatore.Perché ha guardato l'umiltà della sua serva, per cui da questo mi diranno benedetta tutte le generazioni, perché per me ha fatto grandi cose colui che è potente e Santo è il suo nome,e la sua misericordia di generazione in generazione è su quelli che lo temono.Ha spiegato la potenza del suo braccio ha disperso i superbi nei pensieri dei loro cuori, ha deposti i superbi dai troni, ha innalzato gli umili;ha riempito di beni gli affamatie i ricchi li ha rimandati a mani vuote.Ha soccorso Israele suo servo,ricordandosi della Sua misericordia,come aveva promesso ai nostri padriAd Abramo ed alla sua discendenza nei secoli. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo come era nel principio ora e sempree nei secoli dei secoli- Amen.



LA MALATTIA DI CHARLIE GARD

https://www.facebook.com/photo.php?fbid ... 8925901333

CharlieGard è un bebè di 10 mesi nato il 4 agosto 2016, che a otto settimane è risultato affetto da una malattia rarissima, la sindrome da deplezione del DNA mitocondriale che colpisce diversi geni causando un progressivo deperimento muscolare. Una sottounità della proteina P53 di fatto non svolge la funzione di riparare il Dna danneggiato. La malattia genetica, di cui entrambi i genitori erano a loro insaputa portatori sani, ha colpito finora solo 16 persone nel mondo. A marzo scorso le condizioni di Charlie si sono aggravate: si è aggiunta una encefalopatia che ha modificato il funzionamento del cervello. Il bambino non è stato più in grado di respirare da solo e fino ad ora è stato mantenuto in vita dai respiratori meccanici ospedalieri.

I GENITORI E LA SPERANZA DI UNA CURA
Connie Yates e Chris Gard, i genitori trentenni del piccolo, non si sono rassegnati. Scoprono che una ricerca del 2014 della Columbia University di New York ha fatto esperimenti riusciti su topi affetto da malattie mitocondriali. I genitori contattano una clinica americana, di cui non è stato reso pubblico il nome per motivi legali, chiedendo di poter trattare il bambino con il metodo sperimentale. La terapia proposta dai medici Usa è nucleosidica e dovrebbe dare al corpo del piccolo gli elementi per cercare di riparare il suo Dna. Inizialmente il Great Ormond Street Hospital di Londra, l’Ospedale inglese dove il bimbo è ricoverato, li appoggia: anche se il trattamento era stato fino ad allora provato su un diverso tipo di mutazioni.

LA RACCOLTA FONDI E LA COMPLICAZIONE
I Gard avviano una importante raccolta fondi per pagare le spese mediche del viaggio: raccolgono 1,3 milioni di sterline grazie all’aiuto di 80 mila diversi donatori. A marzo scorso, però, quando il bimbo ha ormai 7 mesi ed è già in corso l’iter della richiesta di trasferimento dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti, Charlie è colpito dall'encefalopatia. I medici inglesi e quelli americani concordano nell’impossibilità di portare avanti il viaggio della speranza. Non ci sono più le condizioni scientifiche per curare il bambino. Si rendono però disponibili a tentare la cura in via sperimentale senza però assicurare alcun successo.

IL CONFLITTO CON L'OSPEDALE
Il Great Ormond Street Hospital è l’ospedale pediatrico londinese, famoso per essere “l’ospedale di Peter Pan”, perché J.M. Berrie, l’autore della celebre favola per bambini, nel 1929 donò le royalties del suo libro affinché proseguissero la loro attività benefica. Ha la fama di essere uno dei migliori del mondo. Anche per questo, quando i suoi amministratori lo scorso marzo, hanno chiesto a un tribunale di poter staccare le macchine che permettono di respirare al piccino, sono stati presi molto sul serio. La questione legale è ruotata intorno a quello che viene definito il “child’s best interest”, l’interesse del bambino. La tesi dei medici, approvata dai giudici in tutti i passaggi, è stata quella che essendo Charlie allo stato finale della malattia, aveva diritto a una morte dignitosa senza accanimento terapeutico. Per questo chiedevano di staccarlo dal respiratore che ha tenuto in vita il bambino, sempre sedato, fin dallo scorso settembre, per quello che è stato calcolato come il 96% della sua esistenza. A una prima decisione i genitori hanno fatto ricorso ad aprile. Sconfitti, sono ricorsi in appello a maggio. La Corte suprema inglese si è pronunciata in favore dell’ospedale l’8 giugno scorso.

IL RICORSO ALLA CEDU
Il 9 giugno i genitori di Charlie hanno fatto l’ultimo disperato tentativo: si sono rivolti al tribunale per i diritti dell’uomo di Strasburgo sostenendo che la sentenza inglese violava la libertà di cura e che il bambino era “prigioniero” nell’ospedale inglese. Il tribunale europeo ha così ordinato all’ospedale di Londra di continuare a curarlo, fino a nuova delibera. Il 28 giugno il nuovo verdetto: la corte di Strasburgo ha detto di non avere alcuna autorità per prendere decisioni su un tema del genere, rimandando alla decisione della Corte suprema inglese. Di fatto, imponendo di sospendere le cure. Ai genitori devastati è stato impedito anche di portare Charlie a casa per farlo morire nel suo lettino. Anche quello, secondo i medici, imporrebbe al bimbo “che già soffre indicibilmente” pene troppo grandi.

(Sintesi da repubblica.it)



Matteo Renzi

Non riesco a togliermi dalla testa il pensiero del piccolo Charlie. Mi fanno paura i social quando diventano curve da tifoseria con persone che sparano certezze e urlano, non cerco facili like. Ma condivido uno stato d'animo, più che uno status: il dolore di quei genitori e di quel bambino mi rimbomba in testa continuamente. Mi sembra insopportabile per noi, figuriamoci per quella povera famiglia che vive queste ore così. Perché la Corte Europea dei diritti umani (diritti?) non ha concesso la cura sperimentale in America? Perché non consentire alla scienza un ultimo tentativo? Facciamo proteste ovunque per qualsiasi cucciolo, e facciamo bene. E un piccolo cucciolo d'uomo non valeva un'attenzione diversa delle autorità europee? Per una volta ho più domande che risposte...


[da pagine Fb, SuCharlie]

... La cura in questione non aveva dimostrato la sua efficacia neanche sui topi. Il medico che doveva somministrarla ha candidamente confermato ai giudici inglesi che l'hanno interrogato al riguardo che non pensava che la cura fosse utili e che non conosceva la cartella clinica del bambino. I Giudici Inglesi hanno tutelato il bambino impedendo che i genitori permettessero ad un medico non troppo scrupoloso di utilizzarlo come cavia dietro pagamento di 1,5 milioni di euro. La corte di giustizia europea ha semplicemente stabilito di non essere competente in questo caso rispetto alle sentenze della giurisdizione nazionale. Quelli che si inalberano contro questa scelta sono gli stessi che pretendono di non vaccinare i figli in nome della libertà di scelta. Ma la libertà di scelta dei genitori in casi come questo finisce dove comincia il diritto alla salute del bambino.



Ferdinando Montechiaro

[dalla bacheca di amici, Fulvio]

VORREI pacatamente far osservare una cosa.
Nelle società tribali, e anche nella nostra fino a poco tempo fa, i genitori avevano la proprietà dei figli. Diritto di vita e di morte.
Nelle società moderne, perlomeno in occidente, il diritto è quello dell'individuo e i genitori hanno solo un diritto sussidiario su quelli che il bambino non può esercitare.
Se il desiderio/diritto dei genitori entra in conflitto con quello dell'essere individuale, che è il bambino, allora decidono i tribunali.
Ed è quello che è successo. I tribunali hanno deciso che il diritto del bambino di MORIRE senza continuare a soffrire, è stato preponderante su quello dei genitori di tenerlo in vita.


Ferdinando Montechiaro [Cindy]: ...
non c'è nessuna cura. Non c'è cura per la morte, soltanto speculazioni. Non potrà mai respirare, camminare, sorridere, mangiare. Lo possiamo tenere in vita anche per 200 e più anni, ma che vita è? Li vedo tutti i giorni anche adesso che lavoro in sala operatoria questi "bambini" zombificati.
Meno male che loro non hanno sentimenti, altrimenti sarebbero soltanto di odio puro verso l'egoismo di chi non sa' lasciare andare, di chi non sa accettare il fallimento. È andata malee!! Punto! E può succedere a tutti!




Il piccolo Charlie: accetteremo che sia lo Stato a decidere chi deve vivere e chi no?

http://www.vitanuovatrieste.it/il-picco ... e-e-chi-no

Cosa devono fare due genitori quando lo Stato decide che il loro bambino deve morire? Cosa devono fare gli altri? Cosa dobbiamo fare noi? Parla un genitore che, con sua moglie, ha cullato un figlio solo per tre ore e mezza.
Condannato a morire, per sentenza di giudici.
Pensavamo di aver raggiunto il fondo, invece siamo solo all’antipasto dell’inferno che ci aspetta; la pallina ha già preso velocità sul piano inclinato e come una valanga travolgerà e trascinerà con sé tutto quello che incontrerà lungo il suo percorso.
Questa volta sto scrivendo di getto, perché vorrei fotografare il mio stato d’animo con un’immagine spontanea, diretta; difficile magari non cadere in banalità, ma davanti ad un’aberrazione del genere è veramente duro esprimere qualsiasi cosa.
Non mi vergogno a dire che ieri sera, 27 giugno, alla notizia della sentenza del tribunale dei diritti dell’uomo (scritto appositamente minuscolo) ho pianto, ho solo pianto.
Ho pianto per il povero Charlie, ma ho pianto anche per sua Mamma e suo Papà.
Chiunque abbia dei figli può e deve solo cercare di capire l’atrocità della situazione.
Se poi dei genitori hanno avuto modo di conoscere una Terapia Intensiva Neonatale, il dolore davanti a questa inconcepibile sentenza assume le dimensioni dell’infinito.
Charlie non ha nulla a che vedere con l’eutanasia, non è una persona ammalata e sofferente che vuole rinunciare alla vita, non ci sono uno o due genitori che chiedono di porre fine alla sofferenza del figlio ammalato, o forse solo a quella loro.
Charlie è amato da Mamma e Papà, che vogliono provare tutte le strade possibili per farlo vivere.
Lo Stato inglese, su suggerimento dei medici, ha deciso invece che Charlie non è una vita, ma solo un costo, mentendo peraltro anche su questo, perché i genitori sono riusciti a raccogliere oltre un milione di sterline per pagarsi una possibilità di cura senza nemmeno gravare sulla collettività.
La corte del tribunale dei diritti dell’uomo ha confermato la sentenza del tribunale inglese, di fatto sancendo che l’uomo non ha più alcun diritto.
Poco importa ora che i coniugi Gard abbiano appena presentato ricorso alla Grande Chambre, il grado di appello in plenaria, guadagnando forse ancora qualche settimana.
Tempo prezioso questo, perché potrebbe permettere forse di svegliare i tepori delle masse, colpevolmente indifferenti davanti a quanto a sta accadendo.
D’altronde nemmeno dal Vaticano si è, almeno fino ad oggi, sentita nemmeno una flebile voce in difesa del diritto di vivere di Charlie.
Attenzione, perché parlando di Charlie e dei coniugi Gard non si parla di un caso singolo, ma di ciascuno di noi, di ciascun essere vivente in ogni angolo del mondo.
Ed ecco che piango pensando alla sofferenza di questi genitori; mi vengono in mente quei 9 mesi di gravidanza di nostro figlio Cristoforo Maria, mi vengono in mente le tre ore e mezza che lo abbiamo avuto tra di noi dopo la sua nascita. Ma se fosse sopravvissuto più a lungo e qualcuno avesse poi deciso, contro la nostra volontà, di sopprimerlo perché un costo?
Davanti ad una situazione del genere quasi nemmeno mi pongo la domanda se sia lecito uccidere, perché a questo punto dico di sì.
Perché se io vedo mio figlio condannato a morte, contro la volontà sua e contro quella di mia moglie e mia che lo abbiamo concepito e messo al mondo, io ho il diritto ed il dovere di difenderlo. E se mio figlio è doppiamente debole e vulnerabile, come bambino e come ammalato, il mio dovere raddoppia. Nessun giudice, chiunque esso sia in terra, può arrogarsi il diritto di sentenziare l’uccisione di mio figlio.
A questo punto farei quello che farebbe qualsiasi animale per difendere i propri cuccioli: ammazzo chi li mette in pericolo.
Poi sarà Dio il mio giudice, ma io non potrei mai assistere alla morte di figlio per sentenza.
Si chiama legittima difesa.
No, prima li abbatto io e dopo probabilmente mi si risparmierebbe quello strazio, perché per fermarmi dovrebbero solo abbattermi.
Una donna può morire per i figli, ma un uomo può uccidere.
Quanto sta accadendo in Inghilterra è ciò che spetterà a tutti noi: non importerà più la nostra volontà di vivere, sarà lo Stato che deciderà se servi oppure no.
Ed a quanto pare la cosa sembra andare bene a molti.
Se faranno morire il piccolo Charlie, ci resterà la consolazione che andrà in Paradiso.
Siamo noi che resteremo nell’inferno.



Per il presidente Usa “felici di aiutarlo”, mentre l’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma si offre di accoglierlo
Dalla Santa Sede a Donald Trump, l’impegno per dare un aiuto al piccolo Charlie
Domenico Agasso jr
03/07/2017

http://www.lastampa.it/2017/07/03/ester ... agina.html

La Santa Sede e Donald Trump impegnati nel dare un aiuto al piccolo Charlie e alla sua famiglia. Il presidente degli Stati Uniti è intervenuto nella vicenda del bambino di 10 mesi colpito dalla sindrome da deperimento mitocondriale, per il quale i medici del’ospedale di Londra dove è ricoverato hanno deciso l’interruzione delle cure. «Se possiamo aiutare il piccolo Charlie Gard, come i nostri amici in Gb e il Papa, saremmo felici di farlo», ha scritto Trump su Twitter.

E anche Mariella Enoc, presidente dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, che è di proprietà della Santa Sede, ha offerto un aiuto concreto: «Ho chiesto al direttore sanitario di verificare con il Great Ormond Street Hospital di Londra, dove è ricoverato il neonato, se vi siano le condizioni sanitarie per un eventuale trasferimento di Charlie presso il nostro ospedale. Sappiamo che il caso è disperato e che, a quanto risulta, non vi sono terapie efficaci».

«Siamo vicini ai genitori nella preghiera e, se questo è il loro desiderio, disponibili ad accogliere il loro bambino presso di noi, per il tempo che gli resterà da vivere», ha aggiunto. «Difendere la vita umana, soprattutto quando è ferita dalla malattia, è un impegno d’amore che Dio affida ad ogni uomo. Le parole del Santo Padre, riferite al piccolo Charlie, ben riassumono la mission dell’ospedale Bambino Gesù», ha spiegato il presidente dell’ospedale pediatrico romano.



Charlie Gard, Londra: "Impossibile trasferirlo a Roma". Parolin: "Massimo impegno del Vaticano"
di F. Q. | 4 luglio 2017

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/07 ... lo/3706990

“Sono stata contattata dalla mamma di Charlie“. A parlare è Mariella Enoc, presidente del Bambino Gesù di Roma che, a margine di un evento, rivela di aver sentito la madre del piccolo Charlie Gard, il bambino inglese affetto da una rara malattia genetica. La scorsa settimana la Corte europea dei diritti umani aveva dato il via libera alla sospensione delle cure da parte dei medici inglesi che lo tengono sotto osservazione. Decisione da sempre avversa dal padre Chris Gard e dalla madre Connie Yates. “Una signora molto determinata e molto decisa, che non vuole cedere di fronte a nulla – confida Mariella Enoc – Ci ha chiesto di provare a verificare la possibilità che questa cura venga fatta, e i nostri medici e scienziati stanno approfondendo la possibilità”.

Ma sullo spostamento del piccolo Charlie potrebbe esserci in realtà più di un problema. “L’ospedale – continua Enoc – ci ha detto che, per motivi legali, non può trasferire il bambino da noi. Questa è un’ulteriore nota triste”. Spostare il piccolo Charlie Gard da Londra all’ospedale Bambino Gesù di Roma sarebbe infatti “impossibile per motivi legali, non clinici” secondo i sanitari del Great Ormond Street Hospital di Londra.

Intanto il segretario di Stato Vaticano ha detto che la Santa Sede farà il possibile per superare gli ostacoli legali che non consentono il trasferimento del piccolo Charlie al Bambino Gesù: “Superare questi problemi? Se possiamo farlo lo faremo”, ha detto il card. Pietro Parolin riferendosi agli ostacoli di tipo giuridico legati alla legislazione inglese. “Il Bambin Gesù – ha aggiunto – è competente per la parte medica”.

Il contatto tra l’ospedale pediatrico italiano e la famiglia Gard fa seguito alla proposta avanzata dallo stesso Bambino Gesù di voler aiutare i genitori, dopo le parole spese da Papa Francesco. Ma l’ospedale vaticano non è stato l’unico. Ieri anche il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha twittato sulla vicenda offrendo la disponibilità ad aiutare i genitori del piccolo ricoverato a Londra. Anche un ospedale americano si è detto pronto ad accogliere e a sottoporre gratuitamente ad una terapia il piccolo. Ne ha dato notizia il tabloid britannico Sun, pur senza rivelare il nome della struttura.

L’attenzione internazionale è massima. Si spera ad esempio in un intervento diretto della premier Theresa May per sbloccare la situazione. Intanto compare sui media un caso “simile”: quello di un bimbo americano, Arturo Estopiñan, affetto dalla stessa malattia di Charlie. Il bambino oggi ha 6 anni e vive sulla sedia a rotelle. Arturito ha ricevuto lo stesso trattamento sperimentale negli Usa che vorrebbero tentare i genitori del piccolo britannico.

Nella loro campagna per tentare di prolungare la vita di loro figlio i familiari hanno raccolto oltre un milione di sterline che volevano utilizzare per portare Charlie negli Usa e sottoporlo a una terapia sperimentale, nonostante il parere contrario dei medici. Il bambino è affetto da una sindrome da deplezione del Dna mitocondriale. Una malattia rara che causa un progressivo e inesorabile indebolimento muscolare e forte dolore. Per la medicina è incurabile ma i genitori non si sono mai arresi portando la questione in tribunale. Il 12 aprile scorso l’Alta corte inglese ha stabilito che i medici potevano staccare la spina. Da lì il ricorso alla Corte europea, fino al definitivo verdetto di questi giorni.



L'ospedale riapre il caso!!!!!! Charlie è al sicuro!
Notizia data sui siti inglesi.

https://www.facebook.com/silvana.demari ... 2823921863

Motivo numero 3
10 motivi per cui ci siamo schierati. In ordine crescente.

Sospendere la patria potestà ai genitori per il bene del minore è un atto non così eccezionale. Viene sospesa per 24/48 ore quando i figli dei Testimoni di Geova hanno bisogno di trasfusioni. In molte nazioni è vietato ai genitori di sottoporre le bambine a mutilazioni genitali.

Perché ci stiamo mobilitando per Charlie?
Charlie ha due patologie gravissime: la patologia genetica mitocondriale e un danno cerebrale grave dovuto a una serie di crisi epilettiche. I medici inglesi stavano già concordando di mandarlo negli USA a tentare una terapia completamente sperimentale, perché è ovvio, perché i medici inglesi , pediatri e anche bravi , hanno loro per primi accettato il concetto che, perso per perso, tanto vale tentare. Vorrei sottolineare questa frase: che vale la pena di tentare la terapia degli USA è stato detto dagli stessi medici. Ora è evidente che i genitori non molleranno e che anche noi non molliamo.

Mentre si aspettava in permesso di sottoporre un bimbo a una terapia sperimentale, Charlie ha avuto una tale serie di attacchi epilettici da averne danni cerebrali. Mi fermo un attimo sui danni cerebrali. Sicuramente ci sono, ma non esistono certezze. Una bimba, Elisa, molto nota su questa pagina, nata di 800 gr, a causa di una ipoglicemia prolungata, ha avuto una leucodistrofia cerebrale. Le era stato diagnosticato, con molta sicurezza, una patologia multipla con deficit grave cognitivo, paralisi e crisi epilettiche. Non ha nulla di questo. Il cervello è plastico. A questo punto i medici hanno ritenuto che la cosa migliore per lui fosse lasciarlo andare. La rianimazione ha modificato tutta la medicina , e anche l'etica . Se non esistesse il respiratore cui è attaccato, Charlie sarebbe morto mesi fa, quindi i medici lo hanno salvato e hanno prolungato la sua vita.

Perché hanno deciso li lasciarlo andare con tale fermezza da levare la potestà ai genitori? Perché i genitori si oppongono? E perché noi ci siamo schierati?
1) Ci siamo schierati perché Charlie è carino. Non è una battuta. Dà l'impressione di un bimbo che dorma. Non vediamo nel suo viso i segni della sofferenza. le persone sofferenti hanno un aspetto diverso, ovviamente. La mancanza di forza muscolare di Charlie fa sì che anche i muscoli mimici non siano contratti. Il risultato è un visetto angelico che sembra dormire beatamente. Noi abbiamo l'impressione di un bimbo che dorme, ma è comprensibile che la stessa fortissima impressione, di angioletto che dorme, la abbiano la madre e il padre, un angioletto che dorme che non è possibile non abbia speranza.
2) Ci siamo schierati perché non abbiamo capito cosa sta succedendo. Charlie soffre o no? Perché questo é un punto fondamentale.
Vogliono lasciarlo andare perché soffre o perché la sua vita non vale la pena di essere vissuta? Tutti ci spiegano che fare andare Chiarlie è un gesto di misericordiosi e che trattenerlo e costringerlo a vivere, è tortura. Sono parole gravi. Ho trovato scritta questa frase: "non è scientificamente dimostrato che Charlie non soffre". Vero, ma se è per questo non è scientificamente dimostrato che Charlie soffra. Nel dubbio, che stia soffrendo, quello che si può fare è sedare il dolore e metterlo sotto morfina, che è senz'altro meno invasivo che sospendere la respirazione assistita, meno invasivo per lui e meno invasivo per la sua famiglia. In medicina il problema del dolore di risolve sedando il dolore, non con la morte del sofferente. Andiamo dalla morfina al coma farmacologico : il problema del dolore è sempre risolvibile. Lo risolviamo negli ustionati.

Tra l'altro, compito del pediatra, è prendere in cura il bambino e gestire i rapporti con la sua famiglia. I rapporti con la famiglia che finiscono con la patria podestà tolta e ordinanze del tribunale possiamo dire che siano rapporti mal gestiti, tanto per usare un eufemismo, che siano un fallimento totale della pediatria? C'è qualcosa di tragico e orribile in tutto questo, qualcosa che poteva facilmente essere evitato con il trasferimento del bambino a spese dei genitori negli USA: Se i medici temono che soffra, lo mettano sotto analgesici; resta sotto analgesici e mentre è sotto analgesici si tenta la nuova cura. Sono gli stessi medici inglesi che ora negano il consenso che a febbraio volevano tentare questa cura. Questa nuova cura può avere un senso.

Non possiamo prolungare una vita dolente per sempre con la respirazione assistita e la morfina. Questa frase ha un senso. C'è un momento in cui è giusto fermarsi. E' una frase discutibile, nel senso letterale che possiamo discuterci, ma non possiamo dire che sia senza senso.

Vogliamo sospendere la respirazione assistita a un bambino con piccola aspettativa di vita perché ha dolori terribili non controllabili con nessun mezzo è una frase che ha senso. Vogliamo sospendere la respirazione assistita a un bambino con piccola aspettativa di vita perché pensiamo che stia soffrendo, ma onestamente non possiamo provarlo, e preferiamo fare questo che sedare dolore è una frase folle. Non vogliamo nemmeno tentare la cura che noi stessi avevamo proposto è una follia.

3) la qualità della vita. La qualità della vita di Charlie sarà scarsa, anzi ignobile. E noi come lo sappiamo? E come si dà il giudizio? Questa è una china pericolosa. Anche nella vita di ognuno di noi si cambia idea. Quando abbiamo 20 anni ci sembra bella una vita nomade, esseri cittadini del mondo, ci sembra impossibile essere felici con l'artrosi. Quando di anni ne abbiamo 80 siamo felici di altro, di una vita ancorata , di avere una casa, del l'artrosi potendo scegliere ne faremmo a meno potendo scegliere ma abbiamo scoperto che la scelta non ce l'abbiamo e che non è così grave avere l'artrosi. Come si misura il valore di una vita? Si può misurare? Se uno dei parametri è l'essere amati, il valore della vita è enorme. Stiamo parlando di una vita senza dolore, il dolore è il punto 2. Stiamo parlando di una vita piccola e senza dolore, come senza dolore era la vita di Terry Schiavo, senza dolore è piena di amore, ma ugualmente è stata considerata una vita indegna di essere vissuta. La vita indegna di essere vissuta è l'autostrada per la soppressione del disabile anche non consenziente.



Charlie Gard, ecco in cosa consiste la terapia sperimentale proposta dal Bambino Gesù di Roma
di Davide Patitucci | 13 luglio 2017

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/07 ... ma/3720626

“Ci sono evidenze di laboratorio che il protocollo per la cura di Charlie Gard possa funzionare”. È tutto in queste parole il senso del nuovo pronunciamento chiesto dall’ospedale britannico Great ormond street hospital (Gosh) all’Alta corte di giustizia inglese. Pronunciamento che potrebbe arrivare domani o sabato. Il giudice Francis chiede più tempo e nuovi dati. Per il bimbo colpito da una malattia genetica congenita la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo aveva deciso lo spegnimento dei macchinari che lo tengono in vita, ma poi era arrivata una lettera con la proposta di un protocollo sperimentale.

Le parole di speranza sono contenute in una missiva inviata nei giorni scorsi dall’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma – che si era già detto disponibile ad accogliere il bimbo – ai colleghi britannici che lo hanno in cura. Una lettera pubblicata sul profilo Facebook “Charlie’s Army” dalla zia del bambino. A firmarla, un team internazionale di scienziati coordinati dal Bambino Gesù, formato da sette studiosi: due italiani, un inglese, due spagnoli e due statunitensi. Nella missiva si presentano come “clinici e ricercatori di malattie mitocondriali, che studiano da molti anni la sindrome da deplezione del Dna mitocondriale”, patologia congenita del piccolo Charlie. Nella lettera gli studiosi informano i colleghi del Gosh che in alcuni test preliminari sui topi un loro protocollo ha ottenuto risultati incoraggianti nell’invertire la degenerazione cellulare causata dalla sindrome del piccolo Charlie. Un risultato che non è stato ancora pubblicato sulle riviste scientifiche. Che, quindi, i medici del Gosh non potevano conoscere. E che spiega la riservatezza dei ricercatori del Bambino Gesù che, in queste ore, si astengono dal parlare nel merito della terapia sperimentale.

Proprio dalla stessa missiva si possono, tuttavia, ricavare maggiori informazioni su questo nuovo trattamento. Da quanto indicato nella lettera, si apprende, infatti, che la nuova terapia è basata sull’utilizzo di mattoni di base, precursori molecolari, per l’assemblaggio del Dna. Quel codice della vita che nei geni del piccolo Charlie presenta degli errori, responsabili del malfunzionamento delle centrali energetiche delle sue cellule, i cosiddetti mitocondri. L’obiettivo della terapia è tentare di ripristinarne la corretta funzionalità, fortemente compromessa nel bimbo, con conseguenze nello sviluppo cerebrale e muscolare. Questi precursori utilizzati a scopo terapeutico “se forniti in laboratorio a colture di cellule umane – scrivono i ricercatori del Bambino Gesù nella loro missiva – potrebbero essere in grado d’intensificare la duplicazione del Dna mitocondriale”. Un risultato che, nei topolini di laboratorio trattati finora con questo protocollo, ha portato a benefici nelle cellule cerebrali. Ma che nell’uomo non è stato ancora mai sperimentato. “Siamo consapevoli – scrivono i ricercatori nella loro missiva – che si tratti ancora di una terapia sperimentale e che andrebbe, pertanto, testata su modelli animali. Ma – aggiungono -, siamo altrettanto convinti che non ci sia tempo a sufficienza per condurre questi test. Non per Charlie Gard, colpito da una grave encefalomiopatia. Pertanto, alla luce di queste nuove importanti informazioni sperimentali – concludono i ricercatori del Bambino Gesù -, raccomandiamo rispettosamente di riconsiderare il trattamento per Charlie Gard”. “Si può provare la cura sperimentale – aveva dichiarato alle agenzie nei giorni scorsi Bruno Dallapiccola, genetista e direttore scientifico del Bambino Gesù – non per fare contenti i genitori ma perché c’è una piccola, concreta, speranza, supportata da dati scientifici, che ci autorizza a dire che non dobbiamo buttare la spugna”. L’appello degli scienziati è ancora sub judice.



Charlie Gard, la resa dei genitori: “Non ha più chance”. La madre al giudice: “Il suo spirito con noi per sempre”
Ritirata la richiesta di sottoporre il bimbo a una cura sperimentale: "Passato troppo tempo". A Londra era prevista una nuova udienza. Il giudice dell’Alta Corte aveva fissato due giorni di audizioni per esaminare nuovi elementi per stabilire se il bimbo affetto dalla sindrome da deplezione del Dna potesse essere trasferito negli Stati Uniti per tentare una terapia alternativa. Il giudice: "Nessun genitore avrebbe potuto fare di più"
di F. Q. | 24 luglio 2017

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/07 ... re/3750868

Seduti con la testa reclinata e le lacrime agli occhi. I genitori di Charlie Gard, il piccolo affetto da una gravissima malattia degenerativa, hanno annunciato, tramite il loro legale, di voler rinunciare alla loro battaglia legale per le cure del figlio. Nell’aula dove domani il giudice Nicholas Francis avrebbe dovuto emettere la sua sentenza è calato il silenzio. Il magistrato avrebbe dovuto decidere se spegnere i macchinari che tengono in vita artificialmente il piccolo di 11 mesi, sottoposto a morfina, oppure concedergli la possibilità di essere trasferito negli Usa per essere sottoposto a un trattamento sperimentale. Ma per quel trattamento è troppo tardi.

A fine udienza Francis ha potuto solo dire che nessuno può comprendere fino in fondo l’agonia di Chris Gard e Connie Yates: “Nessun genitore avrebbe potuto fare di più”. La madre ha poi chiesto la parola: “Non c’è un vincitore qui. Non è troppo tardi per gli altri. Non dobbiamo dimenticare che nessuna vita è vana. Vorremmo ringraziare i nostri avvocati”. La donna ha anche ringraziato l’ospedale, ma prima ha dichiarato che se il trattamento fosse stato tentato prima ci sarebbe stata una possibilità per il piccolo: “Amiamo nostro figlio, è un guerriero. Il suo spirito sarà con noi per sempre“.

A Londra oggi era prevista la penultima udienza, prima del verdetto previsto il 25 luglio. Il magistrato dell’Alta Corte aveva fissato due giorni di audizioni per esaminare nuovi elementi e per stabilire se il bimbo affetto dalla sindrome da deplezione del Dna mitocondriale dovesse essere trattato come chiedevano padre e madre e come sosteneva di poter fare lo specialista Usa Michio Hirano. Nei giorni scorsi il luminare americano era volato a Londra, dove Charlie è ricoverato, per visitarlo. I medici dell’ospedale, il Great Ormond Street, hanno sempre sostenuto che un nuovo trattamento sarebbe inutile a causa dei gravi danni al cervello e che quindi sarebbe meglio staccargli la spina. Dopo l’ultima visita Hirano ha stabilito che i danni erano irreversibili.

Il legale della famiglia in aula ha dichiarato che è trascorso troppo tempo e non la cura non ha più alcuna chance di successo.


È morto Charlie Gard. I genitori: "Il nostro bellissimo bambino se n'è andato"
Era nato il 4 agosto 2016, sano. Otto settimane dopo aveva manifestato i sintomi della rarissima malattia che ha bloccato lo sviluppo di tutti i muscoli, incluso il cuore e quelli respiratori, oltre al cervello. L'Alta Corte di Londra ha ordinato il trasferimento a un hospice. Vaticano: "Dio non stacca la spina"
28 luglio 2017

http://www.repubblica.it/esteri/2017/07 ... -171865593

"Il nostro splendido bambino se n'è andato", ha detto al Daily Mail, Connie Yates, la madre di Charlie Gard, "siamo così orgogliosi di te". Chris e Connie hanno passato con lui gli ultimi giorni, e ogni attimo degli 11 mesi di vita di un bimbo malato, con un destino segnato che ha fatto discutere il mondo. E continuerà sicuramente a far discutere. Se il Papa ha voluto manifestare la propria vicinanza alla famiglia con un tweet, monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha commentato la notizia riaffermando la grandezza dell'amore di Dio che "non stacca la spina". "Questa vicenda - ha detto - ci spinge a promuovere una cultura dell'accompagnamento" e "dire tre grandi no: quello all'eutanasia, all'abbandono e all'accanimento terapeutico" a favore di "grandi sì" come "l'accompagnamento, il progresso della scienza e il sì alla terapia del dolore".

Tra i tanti messaggi di cordoglio, quelli della premier britannica Theresa May, e dell'ospedale pediatrico in cui Charlie era ricoverato e con cui i suoi genitori hanno condotto una lunghissima battaglia legale.

Charlie è nato il 4 agosto 2016, sano. Otto settimane dopo ha manifestato i sintomi della sindrome da deplezione mitocondriale, una malattia rarissima di cui si conoscono solo 16 casi nel mondo e che ha bloccato lo sviluppo di tutti i suoi muscoli, incluso il cuore e quelli respiratori, oltre al cervello.

Il suo caso, la sua storia, è stata al centro di una disputa fra i genitori e l'ospedale in cui era ricoverato: i genitori avrebbero voluto sottoporlo a una cura sperimentale negli Stati Uniti, hanno lottato, chiesto, scritto, qualsiasi cosa, in ogni modo, fino a desistere all'inizio della settimana.

L'ultimo loro desiderio, quello di riportarlo a casa per morire, è stato negato ieri dall'Alta Corte. Il Great Ormond Street Hospital chiedeva di continuare ad assisterlo negli ultimi giorni con i macchinari appropriati nelle sue strutture, il giudice della Corte, Nicholas Francis, ha prima aspettato che si trovasse un accordo, infine ha stabilito che Charlie sarebbe stato trasferito in un hospice, un centro di assistenza per malati terminali. Poco dopo il suo arrivo, i tubi della ventilazione artificiale sono stati staccati. Charlie è morto pochi minuti dopo, una settimana prima del suo compleanno.

La battaglia dei Connie e Chris è finita oggi, era cominciata a marzo, i primi giorni del mese, quando i medici del Great Ormond Street Hospital di Londra, dove il piccolo era tenuto in vita con i macchinari, lo avevano dichiarato incurabile e avevano stabilito che l'unica cosa da fare era "staccare la spina". Era il primo passo, i genitori avevano ingaggiato una battaglia legale con l'ospedale per ottenere di portare il piccolo negli Stati Uniti. Il 27 la Corte europea dei diritti dell'uomo si era rifiutata di intervenire. Nel frattempo il caso aveva suscitato interesse in tutto il mondo e aveva conquistato le prime pagine dei giornali con le foto del piccolo, quelle dei genitori, la mamma con i suoi lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri bassi, il papà, cupo, che leggeva comunicati, che non volvae arrendersi. All'inizio di luglio papa Francesco e il presidente americano Donald Trump si erano offerti di intervenire.

Quando il professor Michio Hirano, luminare di neurologia alla Columbia University di New York, aveva visitato il bambino insieme al professor Enrico Silvio Bertini del Bambino Gesù, era "troppo tardi". Il 24 luglio anche i genitori di Charlie si erano arresi.

Fuori l'ospedale di Londra per settimane ci sono stati palloncini blu, biglietti di incoraggiamento, giornalisti, passanti, una speranza di gruppo per scacciare l'incubo che il mondo ha potuto immaginare, vedere nelle foto, ascoltare nelle parole di una coppia, troppo forte, troppo giovane per arrendersi.



Il piccolo Charlie Gard è morto. Papa Francesco: 'Lo affido al Padre e prego per i genitori'
2017/07/28

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/e ... 37b2a.html

Il piccolo Charlie è morto. "Il nostro splendido bambino se n'è andato": questo il lapidario annuncio dato dai genitori di Charlie Gard, il bambino britannico malato terminale che ha sollevato un dibattito mondiale. E Papa Francesco in un tweet commenta: "Affido al Padre il piccolo Charlie e prego per i genitori e le persone che gli hanno voluto bene". La premier britannica Theresa May si è detta "profondamente rattristata" per la morte di Charlie Gard, aggiungendo che "i suoi pensieri e le sue preghiere vanno ai genitori di Charlie".

LA LUNGA ODISSEA DI CHARLIE, TRA ETICA E LEGGE - CRONOLOGIA (LEGGI)

La morte del piccolo Charlie, di soli 11 mesi, era di fatto annunciata dopo che ieri l'Alta Corte di Londra ha ordinato che fosse trasferito dall'ospedale ad un hospice, dove non avrebbe più avuto il respiratore a tenerlo in vita. La decisione è stata presa perché Connie Yates e Chris Gard, che chiedevano che morisse a casa, non sono riusciti a raggiungere un accordo con il Great Ormond Street Hospital, che chiedeva di continuare ad assisterlo negli ultimi giorni con i macchinari appropriati nelle sue strutture. "Il nostro splendido bambino se n'è andato. Siamo veramente orgogliosi di Charlie", ha detto la madre Connie, chiudendo una battaglia legale durata mesi che ha diviso l'opinione pubblica e coinvolto anche figure di peso come Papa Francesco e Donald Trump.

MALATE LE CENTRALI ELETTRICHE DELLE CELLULE, MUTAZIONE RARISSIMA, PROPOSTI DUE PROTOCOLLI PER CURARLO (LEGGI)

Il Vaticano: 'Dio non stacca la spina' - Preghiera e vicinanza sono stati espressi da mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, apprendendo la notizia della morte del piccolo Charlie. Mons. Paglia ha ribadito, a Radio Vaticana, la grandezza dell'Amore di Dio che "non stacca la spina".Questa vicenda - ha detto - ci spinge a "promuovere una cultura dell'accompagnamento" e "dire tre grandi no: quello all'eutanasia, all'abbandono e all'accanimento terapeutico" a favore di "grandi sì" come "l'accompagnamento, il progresso della scienza e il sì alla terapia del dolore".
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Alfie Evans e l'idolatria religiosa statalista e miracolista

Messaggioda Berto » mar mag 01, 2018 8:37 am

Ugo Comparin
Ma qualcuno si è preso la briga di pensare quale futuro aveva questo bambino? A che tipo di vita sarebbe stato costretto?? Scusate la schiettezza.


Epilessia mioclonica progressiva: la malattia del piccolo Alfie Evans
Caterina Lenti
2018/04

http://www.meteoweb.eu/2018/04/epilessi ... ns/1084883

Sta facendo discutere, in tutto il mondo, il caso del piccolo Alfie Evans, 23 mesi, colpito da una malattia definita misteriosa o sconosciuta. La storia del piccolo, nato a maggio 2016, è subito stata paragonata a quella di Charlie Gard, il bimbo inglese per il quale si erano mobilitati politici e difensori della vita ad ogni costo. Alfie non parla, non si lamenta, ma attorno a lui ruotano sofferenze, attese e speranze, specie dei suoi genitori Kate James e Tom Evans. Ma di cosa soffre Alfie? Di una patologia neurodegenerativa rara, nota come epilessia mioclonica progressiva; caratterizzata dalla comparsa di crisi convulsive sem pre più peggiorative, e da mioclono, brevi e involontarie contrazioni di un muscolo o di un gruppo di muscoli, spesso stimolati dal movimento, da luci lampeggianti, da certi suoni o da stress.La diagnosi si basa sulla storia familiare del paziente, sul quadro clinico, su esami strumentali e sul test genetico, con ricerca di mutazioni dei geni coinvolti. Si, perché esistono due forme di questa patologia: una più lieve, detta Unverricht-Lundborg, caratterizzata da mutazioni del gene EPM1, localizzato sul cromosoma 21, che codifica per la proteina cistatina B… forma, questa, associata non a deficit cognitivo ma a fotosensibilità e atassia; e una forma più grave, di tipo 2 (EPM2) o di Lafora, dovuta a difetti in 2 geni localizzati sul cromosoma 6 (EPM2A e EPM2B).

Questa forma comporta l’accumulo di depositi di zucchero nelle cellule celebrali, con conseguente declino delle funzioni mentali e riduzione delle aspettative di vita. Tra i sintomi: crisi convulsive, cecità temporanea, allucinazioni visive, depressione. Le crisi epilettiche sempre più frequenti, possono portare a spasticità muscolare e disturbi motori. Come avviene la trasmissione? In entrambe le forme, con modalità autosomica recessiva. Ossia, una coppia di portatori sani, a ogni gravidanza, ha un rischio del 25% di generare figli malati; del 50% di avere figli portatori sani; del 25% di avere figli sani non prtatori. Purtroppo al momento non esiste una cura, ma vengono solo tenuti a bada alcuni sintomi da un’equipe disciplinare. Il sostegno psicologico della famiglia e del soggetto colpito è fondamentale, specie dopo la diagnosi.

https://it.wikipedia.org/wiki/Epilessia ... rogressiva



La folle teoria del complotto su Alfie Evans: sarebbe un danneggiato da vaccino che le autorità vogliono eliminare
2018/04/26

https://www.wired.it/scienza/medicina/2 ... ns-vaccino

È di qualche ora fa la notizia che la corte d’appello di Londra ha rigettato il ricorso presentato da Tom e Kate Evans, i genitori di Alfie, contro il rifiuto di autorizzare il trasferimento del bambino dal Regno Unito verso un ospedale italiano. Secondo i giudici, che hanno motivato la propria decisione, il trasferimento verso il nostro Paese sarebbe sostanzialmente inutile, viste le attuali precarie condizioni di salute del piccolo Alfie.

In questa vicenda complessa, che tocca temi non solo scientifici ma anche etici e politici, si inseriscono poi le tesi del tutto infondate di chi sostiene di aver capito da dove deriva la malattia di Alfie e come mai ci sia un (relativo) ostruzionismo politico e amministrativo.

In sintesi, secondo i sostenitori di una delirante teoria del complotto, Alfie si sarebbe ammalato a causa delle vaccinazioni, avendo sviluppato la malattia solo a partire da qualche mese dopo la nascita. Come se non bastasse, spiegano i complottisti, le autorità sanitarie e politiche sarebbero a conoscenza di quanto la malattia di Alfie sarebbe correlata ai vaccini, e proprio per questo starebbero tentando di accelerare la morte del bambino, in modo da distruggere quanto prima le fantomatiche prove dell’accaduto.

Ovviamente gli elementi a sostegno di questa teoria – che qualcuno su Facebook dice di avere ormai raccolto, pur senza spiegare di che cosa si tratta – sono del tutto inesistenti. Nonostante per il momento non sia ancora stata fatta una diagnosi certa del disturbo di Alfie, è stato verificato che si tratta di una patologia neurodegenerativa, probabilmente una rara malattia mitocondriale che si è sviluppata progressivamente dopo la nascita e che ha costretto il bambino a vivere nel reparto di terapia intensiva di un ospedale da quando aveva sette mesi di vita.

Per i medici, la possibilità che la malattia sia imputabile ai vaccini è così remota che non è stata nemmeno presa in considerazione, dato che è invece molto probabile che l’origine del disturbo sia di tipo genetico e dunque ereditario.

I due genitori stanno tentando tutte le possibili vie per fare in modo che l’assistenza ad Alfie sia garantita più a lungo possibile, incluso anche il racconto online della vita del bambino, ma né loro né altri hanno mai parlato di vaccinazioni, tanto che non è nemmeno scritto a quali iniezioni di immunizzazione il neonato sia stato sottoposto nel corso della sua breve vita.

Tra l’altro non si trova traccia di una simile tesi di correlazione vaccino-malattia nelle fonti online britanniche, dunque pare che la teoria di complotto su Alfie sia un’esclusiva italiana, di cui di certo non c’è da andar fieri. Anche se per ora è difficile fare una stima di quanti siano i sostenitori di questa scellerata idea, sfruttare un caso mediatico per fare becera propaganda contro i vaccini (peraltro senza portare prove ma solo dichiarazioni infondate) ha portato a definire tali tecniche di utilizzo dei social network come uno sciacallaggio.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Alfie Evans e l'idolatria religiosa statalista e miracolista

Messaggioda Berto » mar mag 01, 2018 8:38 am

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Alfie Evans e l'idolatria religiosa statalista e miracolista

Messaggioda Berto » mar mag 01, 2018 8:39 am

Lo stato italiano nelle vesti del suo governo ha sbagliato a mettersi contro lo stato inglese, ha mancato di rispetto alle leggi e alle istituzioni inglesi, ha mancato di rispetto alla sanità e ai medici inglesi, in particolare all'ospedale che aveva in cura il bambino e i suoi genitori; ha mancato di rispetto alla civiltà, alla cultura e all'umanità della Gran Bretagna e del suo popolo.

Lo stato italiano non doveva appoggiare il Papa, caso mai poteva rendere pubblico che avrebbe messo a disposizione la competenza degli ospedali specializzati qualora la Gran Bretagna avesse chiesto aiuto.
Lo stato italiano ha sbagliato a dare la cittadinanza al bambino, per ragioni umanitarie in contrapposizione a quella sua naturale inglese, come se il suo paese la Gran Bretagna fosse un inferno disumano;
lo stato italiano ha sbagliato a offrire gratuitamente i servizi sanitari di proprietà dei cittadini a un cittadino di un paese che è più ricco e meno indebitato di quello italiano, che per molti aspetti è più civile e nel complesso ha servizi migliori, tra cui anche la sanità, non per nulla l'Inghilterra è meta d'emigrazione di molti giovani italiani che qua sarebbero disoccupati e alla disperazione.

In fatto di umanità e di civiltà credo che lo stato italiano e il paese Italia, tra i peggiori se non il peggiore dell'occidente, abbiano poco da insegnare allo stato inglese e alla Gran Bretagna.
Lo stato italiano e il Papa sono anche responsabili di aver innescato delle accuse calunniose infamanti nei riguardi dell'ospedale, dei suoi medici e della sanità britannica.

Il Papa avrebbe dovuto avere più rispetto e più riguardo per lo stato e il paese britannico; visto e considerato che di miracoli né lui né il suo idolo sono in grado di farne.
Se il bambino, per assurdo, fosse stato trasferito in un ospedale italiano non avrebbe certo avuto un trattamento migliore e nemmeno sarebbe stato salvato; i buoni italiani l'avrebbero trattato come cavia per fare sperimentazioni.

La Gran Bretagna, da questo caso e da quello analogo dello scorso anno trarrà lezione per modificare in meglio le sue leggi.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Alfie Evans e l'idolatria religiosa statalista e miracolista

Messaggioda Berto » mar mag 01, 2018 8:40 am

Papa Francesco e la morte di Alfie: "Sono profondamente toccato"
Francesca Bernasconi - Sab, 28/04/2018

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... po-reale/1

Papa Francesco, durante l'incontro coi partecipanti alla conferenza sulla medicina, ha sottolineato la necessità di unirsi di fronte alla sofferenza

Questa mattina, Papa Francesco ha ricevuto in udienza i partecipanti alla conferenza sulla medicina rigenerativa, promossa dal Pontificio Consiglio della cultura.

Lo fa poche ore dopo la morte di Alfie Evans, il bambino inglese affetto da una patologia neurodegenerativa, per il quale Papa Francesco aveva speso tante parole e invitato tutti a unirsi nella preghiera. Stamattina Papa Francesco ha affidato a un Tweet il suo pensiero per il piccolo Alfie.

"Di fronte al problema della sofferenza umana è necessario saper creare sinergie tra persone e istituzioni, anche superando i pregiudizi, per coltivare la sollecitudine e lo sforzo di tutti in favore della persona malata", dice il Santo Padre ai suoi interlocutori.

Un pensiero particolare va ai bambini e ai giovani, "che sono sempre più esposti ai rischi di malattie legate ai cambiamenti radicali della civiltà moderna", il cui impatto porta spesso all'uso di alcol, fumo e droghe. Ma non solo. Bergoglio punta l'attenzione anche verso il clima e l'ambiente, sottolineando che molti mali potrebbero essere evitati, se solo ci fosse più attenzione allo stile di vita che ogni persona conduce. Per riuscire a combattere le malattie dovute, per esempio, alle sostanze tossiche presenti nel suolo, nell'aria e nell'acqua, c'è bisogno di "un'azione globale e costante che non può essere delegata alle istituzioni sociali e governative, ma domanda l'impegno di ciascuno".

Papa Francesco indica quattro parole, importanti nella lotta alle malattie della nostra società: "prevenire, riparare, curare e preparare il futuro". Per prevenire e preparare il futuro non si può non guardare all'ambiente in cui vive l'essere umano, sempre più degradato e sfruttato troppo a lungo.

Il Santo Padre, infine, elogia la scienza che, tramite la ricerca, scopre e diffonde"nuove cure, specialmente quando toccano il delicato problema delle malattie rare, autoimmuni, neurodegenerative e molte altre". Tuttavia essa "sa di avere dei limiti da rispettare per il bene dell'umanità stessa" e deve necessariamente caricarsi di un senso etico, così da portare ogni uomo a riflettere sulla salute, infondendogli responsabilità.

Perché ogni uomo dovrebbe interessarsi a "preservare e tutelare l'ambiente e all'esigenza di pensare a tutti, specialmente a chi vive disagi sociali e culturali che rendono precari sia lo stato di salute sia l'accesso alle cure".



Fino a che punto medici e giudici possono decidere su un minore malato? Nel caso Alfie Evans si sta vietando il diritto alla libertà della persona di scegliere le cure.
28 aprile 2018
Cesare Mirabelli
(Paolo Vites)

http://www.ilsussidiario.net/News/Crona ... esi/818170

"Alfie non ha più bisogno di terapie intensive, ormai. E' steso nel lettino con un litro di ossigeno che gli entra nei polmoni (dalle bombole portatili) e per il resto respira da sé. Alcuni dicono che sia un miracolo, ma non è un miracolo, è stata una diagnosi sbagliata" ha detto il padre di Alfie Evans in una delle sue ultime dichiarazioni. L'accanimento con cui giudici e i medici dell'Alder Hey Children Hospital di Liverpool perseguono la via della soppressione del bambino "nel suo miglior interesse" ha innumerevoli possibili spiegazioni. Limitandoci a quelle che suggerisce intelligentemente Thomas Evans, siamo davanti a una chiara negazione del diritto della libertà personale di scegliere cure e medici, imponendo dall'alto una decisione che è decisamente la negazione di questa libertà. Così la pensa Cesare Mirabelli, giurista, già presidente della Corte costituzionale, da noi intervistato: "Il concetto di miglior interesse nel caso di un minore è la valutazione che si fa quando ci si sostituisce alla volontà dei genitori. Chi è che ha il dovere prima che il diritto di manifestare questa valutazione? I genitori naturalmente". Ecco cosa ci ha detto.

Il concetto di "best interest" con l'aggiunta della dichiarazione che "è evidente che il bambino non potrà apprezzare nulla della vita" è un po' il punto su cui ruota il caso di Alfie Evans. Per i giudici e i medici non ci sono possibilità di miglioramento del suo stato cerebrale per cui è inutile curarlo. Cosa ne pensa?

Prima di parlare di miglior interesse del minore c'è secondo me un fatto ancora più importante su cui realmente ruota il caso in questione. Qui viene lesa dai giudici inglesi la libertà della persona di scegliere il luogo di cura. Innanzitutto c'è un diritto di cura universale, come il diritto alla vita e alla salute, che è riconosciuto da convenzioni internazionali, previsto dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, previsto anche dalla carta di Nizza, la Carta dei diritti fondamentali dell'uomo riconosciuta dall'Unione Europea. Questo diritto certamente non può essere imposto quando si prestano terapie o cure che siano futili, un inutile accanimento terapeutico. Potrebbe anche essere una valutazione esatta nel caso di Alfie, ma il tema è ancora un altro.

Quale?

Può il medico o il giudice disporre che i genitori non possano portare il minore in un luogo in cui può essere curato? Il miglior interesse è sì una valutazione che ha qualche margine di discrezionalità, ma in questo caso la scelta è la tra vita e la morte.

Alfie ha dimostrato che può sopravvivere anche senza macchinari, dunque non è il caso di questa scelta. I giudici però hanno anche dichiarato che quella di Alfie sarebbe una vita "futile".

È una visione utilitaristica della vita, nella quale la società o il giudice si fanno arbitri di valutare positivamente solo la qualità di vita che ritengono accettabile. Ma la decisione deve esprimere una tutela della vita o comunque rimettere alla persona la scelta. Oggi è definita libertà la decisione di porre fine alla vita quando si giudichi inadeguata la qualità della vita stessa, ma nel caso di Alfie viene negato l'altro versante della libertà: i genitori ritengono che la vita debba essere mantenuta a prescindere dalla qualità della vita, e invece viene decretata la morte.

A proposito delle convenzioni internazionali da lei citate, può una singola nazione come in questo caso il Regno Unito perseguire una propria via "nazionalistica" alle cure?

La linea scelta dai giudici è una linea molto sottile, di sostituzione della volontà dei genitori sul presupposto che la loro scelta non è nell'interesse del minore, cioè proseguire le cure o trasportarlo altrove. Sulla intrasportabilità del bambino, come hanno decretato i giudici, il giudizio va rimesso a chi nell'ipotesi ne propone l'accoglienza, non a loro.

In questo caso abbiamo l'ospedale Bambin Gesù che si è proposto di prendersi in carico la responsabilità di ogni aspetto, anche la cura.

Infatti viene esclusa un'opportunità e imposta una limitazione della libertà della persona.

Che ne pensa della decisione di dare la cittadinanza italiana ad Alfie? I giudici inglesi sembra si siano indispettiti non poco, è stato un bene o ha aggravato le cose?

La ritengo una concessione umanitaria, uno strumento di protezione e un titolo per essere curato in Italia. Chi dà la cittadinanza si assume tutti gli oneri. Nel nostro paese non c'è una valutazione utilitaristica della vita come in Inghilterra, viene curato chiunque prestando ogni terapia. La proporzionalità riguarda il giudizio medico. Ecco perché è un terreno alquanto complicato. Se impianto il pace-maker a un 90enne debilitato rispetto al quale l'intervento porterebbe a una sopravvivenza di brevissimo periodo, la cura è sproporzionata.

Nel caso di Alfie?

In questo caso va giudicata la sproporzionalità nel mantenere un sostegno vitale, ma anche qui il nodo non è tanto valutare il giudizio dato dai medici ma consentire alla persona di esprimere la propria libertà andando altrove dove ci sarà un nuovo giudizio che deciderà se è accanimento, se esiste una cura o anche un accompagnamento sano e buono al bambino per quanto resterà della sua vita. Ci possono essere situazioni nelle quali la morte sopraggiungerà, ma non per questo non ci sono terapie per mantenere in vita il malato il più a lungo possibile attenuandone la sofferenza e garantendo la sua dignità.

Del divieto di trasportarlo in Italia che ne pensa?

C'è una libertà di scegliere il luogo di cura? Dove e da chi deve essere valutato? La scelta del medico è personale, dunque quello che viene impedito è l'esercizio di una libertà. La responsabilità se l'assume la persona e la struttura che se ne fa carico. Qua i medici dicono: potrebbe morire nel trasporto, l'alternativa che sostengono è: facciamolo morire prima.



Alfie Evans, la battaglia dell’avvocato riminese. "Lotto al fianco del piccolo"
Rimini, 27 aprile 2018

https://www.ilrestodelcarlino.it/rimini ... -1.3874221

Una battaglia disperata contro il tempo e contro la giustizia inglese. «Una lotta fino all’ultimo per portare Alfie in Italia». A parlare è Monica Boccardi, avvocato riminese che insieme ad altri tre colleghi Filippo Martini di Imola, Mariastella Paiar di Trento e Claudio Corradi, tutti membri dell’associazione «Giuristi per la vita» rappresentano Tom e Kate Evans, i giovanissimi genitori di Alfie, il bambino di 23 mesi che da quando ne aveva 7 vive nel reparto di terapia intensiva neonatale dell’Alder Hey Children’s Hospital di Liverpool, affetto da una gravissima malattia degenerativa. Al legale riminese ed ai suoi colleghi la famiglia Evans si è rivolta con un unico scopo: «Aiutateci a salvarlo, a portarlo via dall’ospedale di Liverpool».

Spiega l’avvocato Boccardi, già candidata nelle amministrative del 2016 a Rimini con «Il popolo della famiglia», e ieri pomeriggio ospite in Rai di La vita in diretta: «Tom e Kate Evans sono arrivati a noi tramite un’attivista americana Pro life già nel luglio scorso affinché trovassimo un ospedale italiano disposto ad accogliere Alfie per una diagnosi della sua malattia e relativa cura. Ci siamo attivati subito ed abbiamo trovato la disponibilità del ‘Bambin Gesù’ tanto che in settembre tre specialisti hanno potuto vedere e visitare il piccolo, ma Alfie è ancora là a Liverpool. La corte d’appello inglese ha respinto il ricorso degli Evans per il trasferimento in Italia».

Il padre Tom ieri ha detto in tv che suo figlio è ostaggio dell’ospedale di Liverpool. Eppure Alfie ha anche la cittadinanza italiana. «Proprio ieri abbiamo depositato al consolato di Londra direttamente al console generale un ricorso urgente per far sì che il console che ha la titolarità come giudice dei minori nostri connazionali faccia un provvedimento per consentire il rimpatrio in Italia di Alfie e della sua famiglia. Lui si trova in una condizione di minorata difesa e va tutelato. E’ una lotta impari, Alfie è come Davide contro Golia, ma è un guerriero, da più di 66 ore sta respirando senza l’ausilio dei macchinari dopo che i sanitari avevano profetizzato che dopo un’ora sarebbe morto. La nostra è una lotta disperata, contro la cultura della scarto che vige in Gran Bretagna. Il giudice ha definito una vita ‘futile’ quella di Alfie che ha diritto di poter avere tutte le cure possibili dove vuole la sua famiglia,e non obbligato, per una sentenza assurda, ad attendere la morte nell’ospedale di Liverpool», conclude l’avvocato riminese.




Alfie è morto da italiano Ora la magistratura indaghi i suoi assassini
Luca Fazzo - Dom, 29/04/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 20577.html

La cittadinanza concessa al piccolo lasciato morire dai giudici inglesi apre un caso

Forse neanche se ne rendevano conto, il ministro degli Esteri Angelino Alfano e il suo collega degli Interni Marco Minniti, di mettere le premesse per una caso giudiziario e diplomatico senza precedenti.

La mattina del 23 aprile, quando il governo italiano decise di concedere la cittadinanza tricolore al piccolo Alfie Evans, ricoverato nell'ospedale di Liverpool, l'iniziativa venne presentata come un gesto umanitario, finalizzato ad agevolare il trasferimento del bambino in Italia, dove i medici del Bambino Gesù di Roma si erano già dichiarati pronti a non staccare la spina e a proseguire le cure, come chiesto dai genitori.

Il gesto umanitario è rimasto simbolico, inutile: le autorità britanniche hanno proseguito per la loro strada, e alle 2,30 di ieri il «guerriero» Alfie ha chiuso gli occhi per sempre. Ma il caso no, quello non è chiuso. Perché a morire ieri notte è stato a tutti gli effetti un cittadino italiano. E la magistratura italiana è costretta ad indagare sul dramma di Liverpool, perché per la legge del nostro paese quello commesso nell'ospedale inglese è stato un omicidio.

Il diritto-dovere a indagare sui crimini avvenuti all'estero che abbiano per vittime (o per responsabili) cittadini italiani è stabilito e regolato dall'articolo 10 del codice di procedura penale: e non fa distinzione tra reato e reato, nè tra un paese straniero e l'altro. Appena due anni fa, nel giugno 2016, il governo ha modificato il codice, stabilendo una volta per tutte che la competenza a indagare sia della Procura di Roma. E così, per esempio, è accaduto per l'assassinio in Egitto del ricercatore italiano Giulio Regeni, con la Procura della Capitale che ha aperto un fascicolo a carico di ignoti per omicidio, affiancandosi alle indagini già in corso da parte della magistratura del Cairo.

Il caso di Alfie è diverso, perché in Gran Bretagna non verrà aperta alcuna inchiesta, essendo l'eutanasia del piccolo non solo consentita dalle leggi locali ma direttamente disposta da una autorità giudiziaria, il giudice Anthony Hayden. Ma per la legge italiana è tutto diverso. La malattia di Alfie era verosimilmente incurabile, ma il piccolo era in grado di sopravvivere grazie ai macchinari, ed esattamente questa era la volontà dei suoi genitori. Inoltre per undici ore, dopo il primo distacco del ventilatore, il bambino avrebbe respirato autonomamente («Sta prendendo acqua e ossigeno! Ha dimostrato che questi dottori si sbagliano!» aveva commentato il padre).

Appare difficile, in un sistema giudiziario come quello italiano che prevede l'azione penale obbligatoria, che la Procura di Roma resti inattiva. Certo, sarebbe una indagine ardua, visto che le autorità britanniche difficilmente darebbero un gran contributo. Ma un piccolo italiano era vivo, adesso è morto, e non si può fare finta di niente.




Eutanasia: la Gran Bretagna dice no alla buona morte
Ludovica Amici

https://www.ilfattoquotidiano.it/2015/0 ... te/2031314

Il Partito Radicale deposita alla Camera le firme per l'eutanasia legale

È giusto che si scelga il modo in cui finire il corso della propria vita, qualora ci si trovasse a fare la guerra contro una malattia terminale? Si può parlare di diritto a morire bene?

Venerdi la Gran Bretagna ha risposto negativamente a queste domande votando No alla legalizzazione della morte assistita. 330 i voti contrari e 118 quelli favorevoli. La Camera dei Comuni ha clamorosamente respinto il disegno di legge che avrebbe consentito agli adulti, con meno di sei mesi di vita, il diritto di chiedere aiuto medico per porre fine alla propria esistenza sotto la supervisione medica. Il disegno di legge si ispirava all’attuale legge sulla morte assistita dell’Oregon, criticata dai contrari all’eutanasia, secondo i quali da quando nello stato americano è presente quella legge sono troppo frequenti i suicidi assistiti.

Tra le tante cose che ho letto in questi giorni, mi hanno colpito le parole dell’ex ministro conservatore Caroline Spelman che, rappresentando la Chiesa d’Inghilterra alla Camera dei Comuni, ha detto che “il disegno di legge mette in discussione il rispetto per la vita, perché la vita è un dono di Dio con tutto ciò che comporta tra cui dolore e la sofferenza”.

Mi chiedo perché sia necessario sopportare il dolore quando c’è la possibilità di morire bene, senza soffrire. Credo possa essere confortante e rendere l’individuo più sereno nella sua lotta con la malattia sapere di poter scegliere una morte dignitosa. Una possibilità che dovrebbe essere autonoma e libera.

E mentre la Gran Bretagna ha detto no alla morte medicalmente assistita, in Canada invece è stato recentemente abolito il divieto a praticarla. La California è diventato l’11 settembre il quinto stato americano a consentire l’eutanasia, e la Germania discuterà presto un progetto di legge a riguardo. Alcuni paesi del nord dell’Europa hanno già delle leggi sulla morte medicalmente assistita. E in Italia? Due anni fa l’Associazione Luca Coscioni, insieme ad altre associazioni, depositò alla Camera dei deputati una proposta di legge di iniziativa popolare sottoscritta da circa settantamila cittadini italiani, ai quali si sono aggiunti poi oltre trentamila firmatari via Internet. Il 16 settembre si riuniranno i parlamentari di ogni schieramento per formare un intergruppo per la legalizzazione dell’eutanasia e del testamento biologico.

Ad oggi soltanto una manciata di paesi autorizza la morte assistita da un medico, ma in molti altri sono in corso casi giudiziari ed iniziative elettorali. Questa estate anche l’Economist si era schierato a favore dell’eutanasia con un articolo dal titolo “The right to die” (il diritto di morire).

È un argomento molto controverso ed è il grande dilemma del nostro tempo. Tanti sono i critici. Perché porre fine alla vita è sbagliata. Perché questa è sacra. Nonostante il dolore insopportabile o le condizioni dei malati disumane. Questa idea rischia però di portare ad una situazione in cui l’eutanasia clandestina aumenterà.

Spesso chi è a favore della buona morte vuole essere sicuro che se dovesse trovarsi in condizioni di inabilità, verrà aiutato a morire senza dolore. Non si tratta di scegliere tra la morte e la vita, ma tra la morte e l’agonia. Una decisione complicata quando i pazienti sono i bambini. Difficile dover scegliere per chi non è in grado di farlo. Ma forse anche a loro, di fronte alla prospettiva di una malattia terminale, dolorosa, e la conseguente morte imminente, dovrebbe essere risparmiato ulteriore dolore.

I medici dovrebbero poter aiutare i malati terminali a morire quando lo desiderano. Perché chi segue questa strada lo fa motivato dalla sofferenza, e dalla voglia di preservare la propria dignità. Una strada e una scelta che tra l’altro non danneggia nessun altro individuo ma soltanto il soggetto in fin di vita. Che vuole essere sollevato dal dolore ed avere il controllo sulla propria morte.



Eutanasia, come funziona e quali sono i Paesi che la ammettono
2017/02/26

http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca ... 9bce2.html

E' un preciso protocollo previsto dalla legge svizzera sulla "Morte Volontaria Assistita" che il paziente può arrivare a porre fine alla sua vita.

Il primo passo prevede l'attivazione dei contatti con la struttura sul territorio svizzero e l'invio della documentazione medica che attesti la patologia da cui la persona è affetta. Dopo l'accettazione da parte della struttura è previsto un colloquio con il medico che accompagnerà alla fine il soggetto. Per legge, il medico è tenuto a far desistere il paziente che lo ha richiesto dall'atto finale e, quindi, reiteratamente chiederà alla persona se vuole terminare i suoi giorni oppure vuole rimandare il tutto ad un altro momento.

Il soggetto può sempre cambiare idea e potrà fare ritorno a casa. Se invece si vuol proseguire nell'intento, il medico incontrerà nuovamente il paziente e ripeterà la richiesta se davvero si vuole procedere.

L'atto di accompagnamento alla 'dolce morte' consiste nella preparazione di una dose letale a base di Pento Barbital di Sodio. Precedentemente, al paziente vengono somministrate due pastiglie antiemetiche (antivomito) in modo da poter assorbire meglio il composto chimico. A questo punto, il medico, ancora una volta, chiederà di desistere, ma nel caso in cui la persona voglia procedere, verserà la dose letale in un bicchiere di acqua per poterla sciogliere.

E' indispensabile essere in grado di intendere e volere in quel momento e soprattutto poter essere in grado di prendere il bicchiere in mano e poterlo bere deglutendo il composto disciolto in esso.

Sono 4, secondo gli ultimi aggiornamenti del Centre d'information sur l'Europe, i Paesi europei che hanno legalizzato il suicidio assistito e l'eutanasia attiva. A Svizzera, Olanda, Belgio e Lussemburgo si aggiungono, nel resto del mondo, Cina, Colombia e Giappone. Ecco alcuni esempi delle legislazioni nei diversi Paesi.

OLANDA - La prima legge che legalizza l'eutanasia e' stata approvata nell'aprile del 2001 in Olanda, che diventa il primo paese al mondo a consentire eutanasia e suicidio assistito.

BELGIO - La legge che legalizza l'eutanasia e' entrata in vigore nel settembre 2002. E' legale anche l'eutanasia sui minori. LUSSEMBURGO - La normativa e' entrata in vigore nel marzo 2009. Prevede che non venga sanzionato penalmente e non possa dar luogo ad un'azione civile per danni ''il fatto che un medico risponda ad una richiesta di eutanasia''.

SVEZIA - Nell'aprile 2010 l'autorita' nazionale da' il via libera all'eutanasia passiva (con interruzione-omissione di trattamenti medici). L'eutanasia attiva e' proibita.

SVIZZERA - Nel Paese elvetico la legge consente l'aiuto al suicidio se prestato senza motivi "egoistici". Una prestazione garantita anche ai cittadini stranieri.

GERMANIA - La Corte di giustizia tedesca si e' espressa nel giugno 2010 a favore dell'eutanasia passiva. Pur non essendoci una legge specifica anche l'eutanasia attiva e' ammessa se e' chiara la volonta' del paziente. SPAGNA - Sono ammessi eutanasia passiva e suicidio assistito, ma non l'eutanasia attiva.

DANIMARCA - In Danimarca sono ammesse solo le direttive anticipate di trattamento.

FRANCIA - L'eutanasia attiva e' vietata, mentre e' parzialmente ammessa quella passiva.

GRAN BRETAGNA - Anche l'aiuto al suicidio e' perseguito per legge, come ogni forma di eutanasia, ma un giudice puo' autorizzarlo in casi estremi.

RESTO DEL MONDO - Nel resto del mondo l'eutanasia e' ammessa in Cina negli ospedali, mentre in Colombia e' legale dal 1997. Nei paesi occidentali il piu' tollerante e' l'Oregon, negli Usa, che l'ha ammessa anche in questo caso nel 1997 e la permette anche in caso di depressione dei pazienti. Successivamente hanno adottato legislazioni simili Vermont, Washington e Montana. In Canada, patria di uno dei film piu' famosi su questo tema, 'Le invasioni barbariche', una legge che la legalizza e' stata bocciata e la situazione varia da provincia a provincia. Altri paesi, fra cui l'Australia, non ammettono l'eutanasia ma consentono le direttive anticipate di trattamento. In Giappone quando un paziente vuole accedere all'eutanasia viene avvicinato da una equipe che lo aiuta a prendere una decisione.




A Londra l’eutanasia è illegale, ma possibile
francesco radicioni
2011/09/06

http://www.lastampa.it/2011/09/06/ester ... agina.html

Non è che in Gran Bretagna l’eutanasia sia diventata d’improvviso legale ma quasi. Il che appare come un controsenso visto che il Parlamento s’era chiaramente espresso contro la «dolce morte». I britannici hanno però trovato una scappatoia molto pratica, molto british, appunto, per non chiudere del tutto gli occhi davanti a uno dei grandi temi del XXI secolo. Ovvero modificare le «linee guida» per i magistrati chiamati a indagare sui casi di suicidio assistito. Morale: su 30 episodi finiti negli ultimi 18 mesi nelle mani dei pm di Sua Maestà nemmeno uno ha dato vita a un procedimento penale. Eppure il suicidio assistito, a tutti gli effetti, resta un crimine.

I dati sono stati raccolti dal Times e hanno suscitato l’approvazione di Lord Falconer, l’ex Gran Cancelliere ora presidente della commissione d’inchiesta sul suicidio assistito. Il nuovo «manuale d’istruzioni» - diffuso 18 mesi fa dall’ufficio del Director of Public Prosecutions (DPP) - sta dunque facendo sentire i suoi effetti. «Ma è giusto ricordare ha precisato Falconer - che il cambiamento era in atto anche prima dell’introduzione delle linee guida. Che, di fatto, hanno codificato un comportamento già in atto». Chiudere un occhio, insomma. Le misure - in forma temporanea - vennero introdotte da Keir Stermer, direttore del DPP, già nel settembre 2009. Quindi divennero permanenti nel febbraio 2008. L’indicazione è esplicita: se qualcuno, «mosso da compassione», aiuta un’altra persona a morire e il «chiaro e lucido desiderio» a togliersi la vita è facilmente dimostrabile, l’avvio del procedimento penale va considerato improbabile perché «non è nel pubblico interesse».

Come nel caso di Margaret Bateman, scomparsa nella sua casa di Birstall, West Yorkshire, il 20 ottobre 2009. Il marito, Michael, l’aiutò a posizionare un sacchetto di plastica sul capo e assemblò il macchinario distributore di elio. Fu però Margaret a sigillare il sacchetto e ad azionare la valvola di apertura della bombola del gas. Nel maggio del 2010 il Crown Presecution Service (CPS) - la pubblica accusa del Regno Unito - stabilì che, nonostante vi fossero sufficienti elementi per incriminare Michael, non era il caso di procedere. «La signora soffriva da decenni di dolori cronici e ha mostrato un inequivocabile desiderio di suicidarsi», si legge nel rapporto del CPS. «I colloqui con il marito e i figli lo confermano. È inoltre evidente che il signor Bateman abbia agito solo e unicamente per compassione».

Nell’anno che va dall’aprile 2010 all’aprile 2011 18 episodi simili sono stati portati dalla polizia all’attenzione del CPS: due sono ancora sotto revisione, tre sono stati ritirati dalla polizia stessa e 13 non hanno portato a nessuna azione penale. Dall’ultimo aprile i casi contati sono invece sette: uno è stato ritirato e i restanti sono ancora allo studio dei magistrati. I funzionari del DPP credono ad ogni modo che i numeri siano in crescita, benché le statistiche si basino solo sui dati rintracciati a partire dal 2009. In quell’anno, quello delle linee guida temporanee, 19 casi finirono infatti in mano ai magistrati. Di nuovo, tutto si concluse con un nulla di fatto. Un portavoce del CPS ha però escluso un «ammorbidimento» da parte dei pm britannici. «La legge non è stata cambiata», ha dichiarato. «Assistere o incoraggiare al suicidio resta un reato. Le nostre politiche offrono però ai magistrati una chiara cornice interpretativa per capire quali casi debbano finire in tribunale e quali no. Questo non significa aprire le porte all’eutanasia e aggirare il volere del Parlamento».
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Alfie Evans e l'idolatria religiosa statalista e miracol

Messaggioda Berto » mar mag 01, 2018 8:41 am

Alfie Evans, c'è chi punta il dito contro Papa Francesco. Ma le accuse sono false
Francesco Antonio Grana
2018/04/29

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... se/4323283

Alfie Evans è riuscito a far fermare, seppure per alcuni giorni, il mondo. E a far riflettere un’umanità assai diversa e troppo spesso distratta dall’effimero che non si rende conto che la vita corre velocissima, come quella di questo bambino di 23 mesi affetto da una grave quanto ignota patologia neurodegenerativa. Neppure gli appelli e i gesti concreti di Papa Francesco, al quale si era rivolto il papà di Alfie, sono bastati per portare il piccolo in Italia, dove il governo gli aveva conferito la cittadinanza, e tentare di curarlo al Bambino Gesù, l’ospedale pediatrico della Santa Sede.

Alfie, il papà a Tv2000: "Non vi ringrazieremo mai abbastanza. Noi apparteniamo all'Italia: vi amiamo"

La morte del piccolo “gladiatore” che “ha posato lo scudo e si è guadagnato le ali”, come ha scritto Thomas Evans su Facebook, non può essere archiviata rapidamente come un qualsiasi evento di cronaca. E non si può consentire che diventi oggetto della strumentalizzazione politica di alcuni.

Le tristi vicende di Alfie e Charlie Gard, un bimbo affetto anche lui da una malattia incurabile morto a 11 mesi dopo una lunga battaglia legale dei genitori, devono suscitare un ripensamento della legge attualmente in vigore nel Regno Unito. C’è, infatti, bisogno di quella che è stata subito ribattezzata una “Alfie Law”, una Legge Alfie, per dare maggiore voce in capitolo ai genitori in merito al fine vita dei loro figli.

Non è certo un caso se, proprio nel giorno della morte del piccolo, il Papa ha sottolineato che “la scienza, come qualsiasi altra attività umana, sa di avere dei limiti da rispettare per il bene dell’umanità stessa, e necessita di un senso di responsabilità etica. La vera misura del progresso, come ricordava il beato Paolo VI, è quello che mira al bene di ogni uomo e di tutto l’uomo”.

Per Bergoglio, infatti, “è fondamentale che aumenti la nostra consapevolezza della responsabilità etica nei confronti dell’umanità e dell’ambiente in cui viviamo. Mentre la Chiesa elogia ogni sforzo di ricerca e di applicazione volto alla cura delle persone sofferenti, ricorda anche che uno dei principi fondamentali è che non tutto ciò che è tecnicamente possibile o fattibile è per ciò stesso eticamente accettabile”.

Parole che pesano come un macigno e che, come del resto avviene sempre nel magistero di Francesco, sono state accompagnate dalla disponibilità concreta del Bambino Gesù ad accogliere e curare Alfie. La presidentessa del nosocomio pediatrico del Vaticano, Mariella Enoc, si è recata personalmente all’ospedale Alder Hey di Liverpool, dove era ricoverato il piccolo, chiedendo di poter incontrare i medici che lo avevano in cura. Le è stata sbattuta la porta in faccia e non è stata ricevuta da nessuno benché fosse arrivata lì su mandato del Papa e su richiesta dei genitori di Alfie.

Anche in questo modo, seppure segnato dall’impotenza, è emersa l’autentica vocazione del Bambino Gesù che, come ha ricordato Bergoglio, “ha avuto una storia non sempre buona quando i medici sono diventati affaristi facendo di un ospedale pediatrico un’impresa. Non si possono fare affari corrotti con i bambini! Il cancro più forte di un ospedale è la corruzione. Oggi una mancia qui, domani una tangente là e si finisce pian piano senza accorgersene nella corruzione. In questo mondo in cui si fanno affari sporchi, il Bambino Gesù deve dire di no. Peccatori sì, corrotti no”.

“Sono profondamente toccato dalla morte del piccolo Alfie. Oggi prego specialmente per i suoi genitori, mentre Dio Padre lo accoglie nel suo tenero abbraccio”, ha twittato Francesco. Sconcertanti sono stati i commenti, a dir poco veementi, in risposta al tweet del Papa sui social.

Non sono stati pochi coloro che hanno puntato il dito contro Bergoglio accusandolo di non aver fatto nulla di concreto per salvare la vita del piccolo Alfie. Un’accusa totalmente falsa come è sotto gli occhi dell’opinione pubblica mondiale. Come insegna, infatti, don Tonino Bello, recentemente commemorato proprio dal Papa, “non bastano le opere di carità, se manca la carità delle opere”.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

PrecedenteProssimo

Torna a Antropologia

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 1 ospite

cron