Yom Kippur: anche il caso è nelle nostre mani?
Rav Scialom Bahbout
21 Settembre 2015
https://www.progettodreyfus.com/yom-kip ... 8_fdmkUPSMUno degli aspetti del servizio che il Gran Sacerdote faceva il giorno di Kippur era quello di scegliere due capri identici e poi estrarre a sorte quale doveva essere sacrificato al Tempio in onore del Signore e quale doveva andare ad Azazel, cioè condotto in un luogo impervio, dove sarebbe morto precipitando da una rupe.
Al di là delle molte domande che pone questa procedura, due mi sembrano particolarmente importanti. La prima, perché i capri dovevano essere identici dato che assolvevano a funzioni diverse e subivano sorti diverse? Una possibile risposta a questa domanda è forse questa: se il capro simboleggia l’uomo, allora questo vuole dirci che in linea di principio ognuno parte dalle stesse condizioni iniziali e ha le stesse opportunità, ognuno può essere il “capro per il Signore” o il “capro per Azazel” e non dobbiamo pensare che anche a noi non potrebbe toccare la sorte di cadere nelle mani di Azazel. Quindi potremmo dire che il destino è nelle nostre mani, ma il sorteggio sembra escludere questa possibilità tranquillizzante. Infatti noi siamo abituati a pensare che il sorteggio sia dovuto solo al caso.
Ora sappiamo che uno dei punti centrali nella contrapposizione tra pensiero ebraico e pensiero greco è proprio il fatto che i greci credevano nel caso, come qualcosa che era al di fuori della volontà degli dei, mentre per il pensiero ebraico “Tutto è previsto, ma il libero arbitrio è dato”. La libertà è l’idea fondamentale che ritorna in tutte le feste ebraiche ed è quella che rende l’uomo simile a Dio, libero creatore. L’idea che anche la Divinità sia sottoposta al fato è un retaggio dell’idolatria e della cultura greca. L’idea che una parte di ciò che accade sia dovuta al caso è uno degli elementi che caratterizza gran parte del pensiero moderno.
Ora il sorteggio dei capri avviene in un contesto in cui tutto è invece dovuto alle scelte libere che l’uomo può fare e cioè osservare la legge oppure distaccarsene. Probabilmente l’inserimento del sorteggio nell’ambito del giorno destinato alla Teshuvà ci vuole dire che anche ciò che a noi sembra dovuto al caso è in definitiva una conseguenza delle nostre scelte.
In sintesi questo è il messaggio che ci arriva da Yom Kippur: ognuno può divenire “capro per il Signore” o “capro per Azazel” e sta a lui creare le condizioni ambientali per le scelte che guideranno il suo futuro.
Alberto Pento
Il caso è fuori dal controllo umano ma non di Dio e se gli dei non hanno il contrallo del caso o fato significa che sono più simili all'uomo che a Dio a cui nulla sfugge.
Nell'evoluzione il caso spiega qualcosa o è un termine vuoto che si usa quando non si conosce la spiegazione.
https://www.facebook.com/groups/fede.sc ... 168868184/ Il caso non è a caso o per caso e senza causa e senza logica e senza essere l'effetto di una una causalità,
il caso come per caso o a caso non esiste poiché tutto avviene per una causa, come conseguenza di una causa, di una volontà delle cose.
La causa è la volontà.
Ogni fenomeno è un caso e ogni caso ha la sua causalità.
Il caso è nulla più che ciò che accade, il fenomeno in sè.
Caso non deriva da casualità ma è connesso alla causalità, poiché nulla avviene per casualità o per insensatezza/illogicità/capricciosità delle cose.
Ogni caso ha una causa, un senso, una logica consequenziale anche se tutto ciò a volte sfugge alla comprensione umana.
La realtà o cosmo è solo ordine causale e non disordine casuale (senza intima connessione/correlazione con il resto delle cose e dei casi che costituiscono la realtà e l'universo intero nel suo esistere nello spazio e nel tempo) che sarebbe il caos incomprensibile.
Alberto Pento
Ogni fenomeno è un caso e ogni caso ha la sua causalità.
Il caso è nulla più che ciò che accade, il fenomeno in sè.
Caso non deriva da casualità ma è connesso alla causalità, poiché nulla avviene per casualità o per insensatezza/illogicità/capricciosità delle cose.
Ogni caso ha una causa, un senso, una logica consequenziale anche se tutto ciò a volte sfugge alla comprensione umana.
La realtà o cosmo è solo ordine causale e non disordine casuale (senza intima connessione/correlazione con il resto delle cose e dei casi che costituiscono la realtà e l'universo intero nel suo esistere nello spazio e nel tempo) che sarebbe il caos incomprensibile.
Massimo Maancheno
Mastro Magnano Nell'evoluzione la casualità è uno dei fattori, ovviamente gli individui che per caso sviluppano una anomalia vantaggiosa per la sopravvivenza rimangono in vita, quelli che sempre per caso sviluppano una anomalia non vantaggiosa si estinguono.
PS. Non parlerei di caso ma di errore.
Enrico Malpezzi
Direi sia alquanto errato sostenere che la casualità non ha collegamenti profondi con l'evoluzione.
Faccio un paio di esempi, uno accaduto ed uno ipotetico.
L'estinzione di massa del Permiano. In un periodo di tempo limitato (dal punto di vista dell'evoluzione) si estinsero oltre la metà delle specie viventi. La causa è in discussione (la scienza non sempre è esatta) ma si propende per più cause, le più probabili accidentali (vulcani/impatto con asteroide).
La mancata estinzione di massa del Quaternario. Se durante la Guerra Fredda vi fosse stato uno scambio di testate atomiche nell'ordine di 1000 testate da 1Mt saremmo incorsi in una nuova estinzione di massa della vita sulla Terra dovuta a cause casuali quali la stupidità dell'uomo.
In entrambi i casi la capacità delle specie viventi di adattarsi al nuovo ambiente è stata (o sarebbe stata) vanificata dalla repentinità del cambiamento, e il risultato sarebbe stato il proverbiale "collo di bottiglia" dovuto a cause casuali.
O eri già in grado di sopravvivere nel nuovo ambiente prima dell'evento che lo ha generato oppure non avrai il tempo per evolverti e adattarti.
Ovvero l'evoluzione segnata dal caso, qui interpretato da cause esterne.
Vetar Sonr
Nell'evoluzione non è mai "il caso" a determinare qualcosa, altrimenti non sarebbe evoluzione. A cosa ti riferisci nello specifico?
Donato Italico
Il caso non esiste. Neanche un granello di sabbia nel deserto è lì per caso. Quello che si definisce "caso", in genere dispregiativamente, andrebbe più correttamente definito: causa non intelligente.
Piero Argin
Sebbene ci siano mutazioni casuali nel genoma dei viventi durante la riproduzione, il motore evolutivo è la competizione e la selezione del più adatto. È chi sopravvive che trasmette le sue informazioni genetiche alla generazione successiva.
Questi sono i meccanismi evolutivi darwiniani, eppure, se dipendesse solo da questi, non ci sarebbe stata nessuna evoluzione. I grandi salti evolutivi sono infatti basati sull'aggregazione coordinata e la collaborazione reciproca con i propri simili. È accaduto ogni volta che c'è stato il passaggio da un livello di complessità a uno di grado più elevato. Così ad esempio il salto dai batteri alle cellule nucleate o da queste agli organismi multicellulari e poi agli animali sociali, è dovuto appunto alla collaborazione e non alla competizione. Una volta effettuato questo salto evolutivo ricomincia la competizione, fino a quando non si forma una struttura in grado di aggregarsi coi suoi simili per un ulteriore salto evolutivo.
Ciò che fa pensare è che non ci sono molteplici possibilità di accedere a un livello più elevato. Ad esempio, solo un tipo di organismo unicellulari è stato abbastanza "sociale" da dare vita a tutti gli animale e a tutte le piante, così come solo i mitocondri e i cloroplasti, antichi batteri, hanno prodotto la cellula nucleata. Eppure il tempo alla natura non è mancato. Come mai?
Sonny Nauta
L'evoluzione è stata causata da caso e necessità!
Con il libro Il caso e la necessità (1970) Jacques Monod s'inserisce nella polemica affermando che «[Le alterazioni nel DNA] sono accidentali, avvengono a caso. E poiché esse rappresentano la sola fonte possibile di modificazione del testo genetico, a sua volta unico depositario delle strutture ereditarie dell'organismo, ne consegue necessariamente che soltanto il caso è all'origine di ogni novità, di ogni creazione nella biosfera. Il caso puro, il solo caso, libertà assoluta ma cieca, alla radice stessa del prodigioso edificio dell'evoluzione: oggi questa nozione centrale della Biologia non è più un'ipotesi fra le molte possibili o perlomeno concepibili, ma è la sola concepibile in quanto è l'unica compatibile con la realtà quale ce la mostrano l'osservazione e l'esperienza. Nulla lascia supporre (o sperare) che si dovranno, o anche solo potranno, rivedere le nostre idee in proposito.»
Gli esseri viventi infatti rappresentano un sistema chiuso: essi sono caratterizzati dall'"invarianza" e dalla "teleonomia" cioè dalla capacità di trasmettere la propria struttura genetica alle generazioni successive. Quando si verifica una mutazione questa è da ascrivere non ad un'impossibile interazione con l'ambiente ma piuttosto con eventi casuali verificatisi al suo interno:
«Gli eventi iniziali elementari, che schiudono la via dell'evoluzione ai sistemi profondamente conservatori rappresentati dagli esseri viventi sono microscopici, fortuiti e senza alcun rapporto con gli effetti che possono produrre nelle funzioni teleonomiche.»
Tuttavia, dal momento in cui la modifica nella struttura del DNA si è verificata, una volta avvenuta la mutazione «l'avvenimento singolare, e in quanto tale essenzialmente imprevedibile, verrà automaticamente e fedelmente replicato e tradotto, cioè contemporaneamente moltiplicato e trasposto in milioni o miliardi di esemplari. Uscito dall'ambito del puro caso, esso entra in quello della necessità, delle più inesorabili determinazioni. La selezione opera in effetti in scala macroscopica, cioè a livello dell'organismo.»
Monod quindi opera una sintesi tra il caso che origina le mutazioni e il rigido determinismo che opera nel meccanismo della selezione naturale nel momento in cui l'essere vivente mutato si deve mettere alla prova con l'ambiente.
Alberto Pento
Non esiste alcun fenomeno in natura e nella realtà che possa essere a prescindere, non causato, non voluto, non provocato, non generato, non conseguente e autocreatosi indipendentemente dal contesto, poiché tutto è connesso.
Il caso, ogni caso e tutti i casi implicano sempre una causalità, una causa o un volontà anteriore (esterna/interna) che li precede e li fa conseguire, anche le mutazioni genetiche dipendono da una causa-volontà variamente distribuita all'esterno dell'oggetto/soggetto negli stimoli-condizionamenti che riceve e all'interno dello stesso nella possibile varietà della risposta attiva/adattiva/reattiva/sperimentativa.
Anche i cosidetti "errori" (come quello nella trascrizione genetica o in un difetto di attenzione/valutazione nell'attraversare una strada) rientrano nelle possibilità come causa/volontà sia pure inconsapevoli, ma sempre possibili.
Alberto Pento
Certo, il caso o a caso o per caso non è altro che un caso fenomenologico tra i vari possibili dove ciò che accade dipende in certa/qualche misura o per lo più o esclusivamente da volontà, forze, cause ed eventi che sfuggono alla comprensione/previsione/controllo umano o che l'uomo non ha previsto e non può prevedere o che ancora non è in grado di indagare.
Nel caso accidentale del per caso o a caso è più che evidente l'incidenza di cause sconosciute all'uomo nelle quali fa la sua comparsa anche la causa prima o Dio che racchiude tutto ciò che sfugge alla comprensione, al controllo umano e alla coscienza umana.
https://www.facebook.com/groups/fede.sc ... highlightsAlberto Pento
Dio esiste?
Non si può rispondere se prima non si definisce questo "oggetto" di cui si chiede se esiste. Non è sensatamente e ragionevolmente possibile affermare o negare qualcosa di indefinito e indefinibile o che non si sa cosa sia.
Dio è una parola/idea/concetto/sentimento/ecc. estremamente vario e può essere di tutto quindi prima va specificato o definito e poi si può affermare o negare.
Andrea Corbo Autore
Alberto Pento esercizio totalmente inutile, poiché ogni essere umano ne darà una sua definizione diversa ed univoca, in quanto definire Dio, significa inventarsi come sia ciò che non è reale e tangibile. Quindi la stessa parola Dio definisce l’indefinito e l’indefinibile che può essere negato proprio in quanto tale, in quanto parto della fantasia! Pur trovando dei punti comuni sui quali accordarsi per la sua definizione, esso non potrà mai essere un Dio unico. Il monoteismo è soltanto un termine vuoto come lo stesso termine Dio!
Alberto Pento
Intanto per cominciare Dio esiste come parola, vocabolo, termine lessicale, ... ;
poi esiste come fantasia e mitologia ed elaborazione teologica/ideologica, come idolo e fenomeno religioso e quindi culturale ... ;
poi esiste come idea e concetto e costrutto filosofico, ... ;
poi esiste come senso/sentimento spirituale universale, che è un ambito non necessariamente religioso, ... ;
poi esiste come entità indefinita negata da parte degli ateisti, ... ;
poi esiste come supposta fonte del diritto civile, sociale e politico nelle teocrazie, ... ;
...