Il sud della penisola italica - i meridionali

Re: Il sud della penisola italica - i meridionali

Messaggioda Berto » ven mar 09, 2018 10:04 am

??? I negatori professionali delle magagne italiche ???


Il familismo amorale è un’invenzione anti-italiana
2017/02/10

http://www.oltrelalinea.news/2017/02/10 ... i-italiana

Stefano Feltri, noto giornalista del Il Fatto Quotidiano, ci ha deliziato qualche giorno fa nel corso della trasmissione Omnibus con la solita retorica anti-nazionale deprimente, sciocca e dall’inutilissimo intento disgregativo. La frase espressa, parlando della sempreverde e ovviamente genetica corruzione italica, è stata grosso modo questa: “Siamo la nazione più corrotta d’Europa, un familismo come il nostro non è presente da nessun’altra parte..”

Tralasciando l’originalità nulla dell’affermazione, che segue una retorica spicciola ormai tradizionale sul familismo amorale, nota teoria espressa dal sociologo Edward Banfield nel lontanissimo 1958, ricordiamo il significato del concetto stesso.

Per lo studioso americano, il familismo amorale era quella dinamica sociale secondo la quale, in una data comunità, si tendono a privilegiare i rapporti interni alla famiglia rispetto a quelli della comunità stessa, producendo così una carenza nel funzionamento della vita pubblica e urbana, sacrificata dagli interessi del proprio orticello. Sulla base dei mesi passati in un paesino lucano che egli chiamò Montegrano (ma che in realtà era Chiaromonte) e dello studio basato su varie interviste ai suoi abitanti, Banfield ritenne tale dinamica piuttosto radicata nel paese esaminato.

Fatto questo breve riassunto, e ricollegandoci a ciò che ha detto Feltri (che potremmo anche chiamare “Giornalista X”, visto che la sua affermazione viene ripetuta manco fosse un bollettino meteorologico da anni in televisione come nella cultura di massa, anche da parte di chi non ha mai letto nemmeno una riga dell’opera di Banfield), ricordiamo anche quanto segue.

Per prima cosa, Banfield incentrò il suo studio su un paesino meridionale in Lucania e basta: per sua stessa ammissione non pretese mai di elevarlo a generalità culturale per quel che concerne tanto l’Italia intera quanto tutto il resto del Sud.

Si trattò, per dichiarazione implicita dello stesso autore, di uno studio incompleto, privo di reali strumenti comparativi.

Secondo punto (e seconda balla): chi parla di Banfield “godendo” per i risultati che dovrebbero deprimere l’Italia come popolo e come nazione, continua ad argomentare che in realtà gli studi comparativi nell’opera dello statunitense vi furono eccome, citando i raffronti che egli fece con la realtà della provincia di Rovigo e dello stato del Kansas.

Niente di più falso: Banfield fa effettivamente dei raffronti, ma non sul tema del familismo amorale. Le sue statistiche rispetto allo stato americano e alla provincia del nord-Italia riguardavano un altro aspetto, ugualmente studiato in The moral basis of a backward society: l’attenzione per i temi macabri, il pessimismo e la superstizione.

Nulla a che vedere con il nocciolo della questione del familismo, ovvero le attenzioni concentriche verso la salute familiare a discapito di quella pubblica. Sicuramente temi di arricchimento, ma paralleli e non correlati.

Tanto è vero che la ricercatrice Gabriella Gribaudi nel suo saggio Familismo e famiglia a Napoli e nel Mezzogiorno pubblicato su Rivista Meridiana, nel 2013 analizzò le dinamiche che aveva rilevato Banfield a Chiaromonte, e ne aveva ricavato una considerazione banalissima, ma ovvia: qualsiasi paesino produce dinamiche “familistiche”, perché nei piccoli centri il ruolo delle famiglie tende ad avere maggiore importanza rispetto alle istituzioni, nel Nord Europa quanto nella “arretrata” Italia.

La teoria del familismo, oltre che essere assurta a Vangelo per la cricca semicolta esterofila che domina questo Paese ormai da decenni, è anche basata su un principio che non ha una verifica scientifica, ma solo congetturale.

Un Vangelo che ha prodotto l’interesse feticistico per l’altra grande balla del giornalismo contemporaneo: la classifica della corruzione mondiale. Una graduatoria che non ha, tanto per cambiare, nessun dato scientifico che la supporti, tanto che Trasparency stessa, ovvero l’organizzazione che la compila ogni anno, parla di Indice di “percezione della corruzione”.

Perché? Perché “misurare” la corruzione è matematicamente impossibile, almeno con gli strumenti odierni. E non stupisce certamente che gli italiani, noti da almeno una cinquantina d’anni per avere un’opinione bassissima di sé stessi (anche quando non ci sono prove a sostegno dei loro auto-pregiudizi) si ritengano tra i più corrotti del mondo sviluppato.

Il familismo amorale è un’invenzione anti-italiana. Per meglio dire lo è la sua apologia, di cui Stefano Feltri è uno dei rappresentanti cancerogeni, lui e i dannati postulati diffusi a destra e a manca senza alcuna base scientifica.

Tutte le sciocchezze scritte da queste improbabili icone dell’esterofilia dilagante “dotta”, sono state capaci di prendere artificiosamente un paesino di sessant’anni fa come una sorta di runa dogmatica, senza procedere a reali comparazioni, e fingendo di ignorare che in qualsiasi altra comunità ristretta le dinamiche familiari diventano più forti rispetto a quelle pubbliche (inclusi quelle del tanto civile nord europa, lo stesso che produce le stragi dell’Heysel e i cui “angeli appassionati di calcio” vengono dalle nostre parti a distruggere Piazza di Spagna).

La classifica della corruzione è l’erede di questa “caricatura accademica”, il Tempio dell’anti-italianismo senza nessuna logica né valore scientifico, tanto solido da poter contare solo sulle interviste per poter andare avanti: in sintesi, una pagliacciata.

Tutto ciò non significa ignorare gli oggettivi problemi – anche antropologici – di cui soffre il nostro Paese, che in talune aree è affetto da un giustificazionismo sociale francamente insopportabile. Ma fare riferimento a fonti del genere, che avevano scopi ben distinti per ammissione degli stessi autori che le produssero, non è sano, non è costruttivo, ma soprattutto è inutile.

(di Stelio Fergola)
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Re: Il sud della penisola italica - i meridionali

Messaggioda Berto » ven mar 09, 2018 10:34 am

La rivoluzione del povero Sud passato dai corrotti ai sanculotti
Marcello Veneziani

https://www.facebook.com/shar.kisshati/ ... 3936349053

Fa impressione vedere il Sud a cinque stelle più contorno di leghisti già padani. Vi ricordate cos’era il sud quand’eravate ragazzi o bambini? Era la terra dove si figliava di più, dove fiorivano le clientele, roccaforte democristiana e governativa, e prima monarchica e cattolica, abitata da tanti indigeni e da pochi allogeni. Certo, ogni tanto spuntava un Masaniello, avveniva qualche rivolta – come a Reggio – o emergeva la protesta popolare, per esempio a cavallo del Msi. Ma il corpaccione del sud restava aggrappato al potere, al pubblico impiego, alla protezione sociale, religiosa, familista.

Ora cos’è il sud? È la terra dove si figlia di meno e si parte di più, ma l’emigrazione riguarda i talenti con titolo di studi superiore e non gli emigrati per fame e avventura. È la terra abitata da molti migranti con tanti centri che mantengono comunità di extracomunitari sfaccendati con telefonino. È la terra delle chiese svuotate, come al nord, e delle famiglie sfasciate, non tanto dalle separazioni coniugali quanto dalle fughe dei figli all’estero. È la terra dove gli alberi delle clientele furono espiantati, i pozzi dell'impiego pubblico furono essiccati, le mafie persero i legami in profondità rispetto al tessuto sociale ma si allargarono in superficie tramite il controllo delle attività commerciali, il pizzo, lo spaccio, il malaffare. In questa terra desolata cresce ora come gramigna, muschio o erba selvatica, il grillismo. Come minaccia al potere, come sberleffo ai potenti, come grido di guerra e di rancore, come richiesta di assistenza tramite i famosi redditi di cittadinanza. Che agli occhi di molti meridionali sono il nome nuovo e depurato delle vecchie promesse clientelari: le assunzioni nella pubblica amministrazione, gli aiuti dalla Cassa del Mezzogiorno, le mandrie di assunti tra le guardie forestali, i contributi a pioggia, i sostegni dell’Ente Comunale Assistenza (la mitica Eca del dopoguerra), la 285, i lavori socialmente utili. Con la fantasiosa favoletta che lo Stato grillino chiamerà i disoccupati e offrirà loro lavoro per ben tre volte, e se pure alla terza rifiutano allora toglierà l’assegno di cittadinanza. Immaginate lo stato che dispone di un servizio del genere e soprattutto che dispone di posti da offrire a gogò (oltre che di decine di miliardi per pagare i redditi).

I 5Stelle risvegliano un’indole sudista a metà strada tra la protesta radicale e la richiesta di aiuto, tra l’insorgenza e l’assistenza, con l’attesa di un ominarello della provvidenza. Non è sovranismo, ma è l’antica predilezione per la sovranità, questa volta però il re è pop e tech. Lui è "uno di noi", un reuccio, re Luigi in sedicesimo.

La situazione del sud è grave e si può capire la reazione del voto. Qui nessuno prometteva più niente, questi invece si. In più non sono esponenti di una casta e nemmeno di un ceto dirigente, sono giovani, senza lavoro fisso, a volte sfaccendati, o appena imbarcati. Nuovi, intonsi, e la loro incompetenza, la loro ignoranza, è vista come virtù, garanzia di verginità e fedina penale ancora candida come i loro spogli curriculum. Senza storia. Nella prospettiva di una democrazia diretta fondata sulla rete, i parlamentari di cinque stelle sono visti come cursori della volontà popolare. Di Maio si legge Di Mouse, è il loro topo elettronico che mette in relazione la volontà degli utenti con lo schermo del potere. Via le mediazioni, via la classe dirigente, il popolo, anzi la plebe, si autogoverna tramite i grillini, entra nel Palazzo reale, lo riprende col telefonino, e promette di allargare i benefici della corte all'intero popolo. Come se dove mangiano cento possano mangiare centomila. Un teorema puerile, negato dalla statistica; la distribuzione pauperista divide ricchezza e spartisce povertà, si polverizza. Su un grillo benestante non campano mille cicale.

Però è comprensibile questa ribellione del sud, da qualche parte doveva esplodere e incanalarsi; è sacrosanto il disagio e il senso d'abbandono, sacrosanta la reazione ai potentati, al malgoverno, al malaffare. Anche se alla fine quel che la gente non perdona al malaffare è che ha smesso di distribuire a cascata i suoi benefici, facendo godere un po’ tutti, come una volta. Mi fa male vedere il mio sud in queste condizioni, anzi per essere più precisi, mi fa male vederlo passare da un male a un altro, ritenendo che possa essere una terapia rispetto al precedente. Erano però scarse, lo riconosco, le alternative. Non so, non sappiamo come finirà, se sarà solo una botta marzaiola e poi niente, né come si evolverà, se verrà imbrigliato dai vecchi marpioni che già cercano l’abbraccio mortale per ammansire, circuire e pilotare i grillini. Ma l’ignoranza al potere, l’impreparazione al comando, il pauperismo non ha mai dato buoni frutti. Povero sud, passato dai corrotti ai sanculotti.
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Re: Il sud della penisola italica - i meridionali

Messaggioda Berto » ven mar 09, 2018 10:46 am

Maturità, al Sud è record di 100 e lode ma studenti meridionali ultimi in prove Invalsi. Zaia: 'Ragazzi del Nord penalizzati'
Luisiana Gaita
12 agosto 2016

https://www.ilfattoquotidiano.it/2016/0 ... ti/2971977

Secondo i dati diffusi dal ministero dell’Istruzione gli allievi delle regioni del Mezzogiorno, in coda alle classifiche Ocse per preparazione, sono invece ai primi posti nelle statistiche dei voti ottenuti al diploma. Il governatore del Veneto: "O i test non funzionano o c’è qualche lassismo di troppo negli esaminatori”. Il sociologo Marziale: "I criteri adottati sono diversi ma il sistema delle raccomandazioni è ovunque"

Non è solo una questione di 100 e lode, ma di un sistema che spacca l’Italia ancora una volta. È polemica sui risultati scolastici degli studenti italiani diffusi dal ministero dell’Istruzione, secondo cui gli allievi delle regioni in coda alle classifiche Ocse e Invalsi per preparazione (molte delle quali al Sud), sono invece ai primi posti nelle statistiche dei voti alla maturità. Così se in Puglia i diplomati con lode nel 2016 sono 934 e in Campania 713, in Lombardia sono 300 e in Piemonte appena 225. Una contraddizione che solleva il problema delle modalità di valutazione degli studenti nelle scuole italiane e delle differenze tra Nord e Sud.

Il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, ad esempio, parla di un danno “alla credibilità della scuola italiana, ma soprattutto una penalizzazione inaccettabile per i nostri ragazzi e il loro futuro”. E mentre Zaia chiede sistemi di verifica su campioni omogenei, c’è chi sottolinea quale sia la difficoltà di avere valutazione che vadano oltre i criteri soggettivi. “Il gap non è attribuibile a un difetto di questo e quell’istituto, quanto a un sistema scuola davvero pessimo, che si ripercuote anche nell’istruzione universitaria, dove ormai non si boccia più” ha detto a ilfattoquotidiano.it il sociologo Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio sui diritti dei minori. Che sottolinea: “Alle ragioni obiettive alla base della differenza di voti (data dai criteri diversi adottati dai test Invalsi e dalle prove della Maturità), se ne aggiungono altre di natura culturale, ma ritengo che soffermarsi solo sui voti e non sull’intero sistema, sarebbe un grave errore”. Più ampia la questione anche per il sociologo Domenico De Masi: “È evidente che la classifica dei voti delle regioni non rispecchia la realtà, altrimenti il Sud eccellerebbe in tutto e così non è: il primo divario per le regioni meridionali è quello tra i voti alla maturità e quelli che dà la vita e tutte le classifiche sulla qualità della vita fotografano una realtà favorevole per le aree del Settentrione”.

I DATI DISCORDANTI – Secondo i dati diffusi dal ministero dell’Istruzione i risultati degli studenti italiani, in generale, sono migliorati. A scatenare la polemica sono stati i risultati della maturità e, in particolare, i 100 e lode (5.133 in tutta Italia), con un boom al Sud: in Puglia, i diplomati con lode sono stati il 2,6% contro la media nazionale di 1,1%, in Campania 713 (1,3%), in Sicilia 500 (1,2%). Il migliore risultato delle regioni del Centro è stato raggiunto dal Lazio, al quarto posto nella classifica generale con 457 lodi, mentre per il Nord c’è il settimo posto della Lombardia (300 lodi), seguita dal Veneto (276). In Piemonte e Toscana, i 110 e lode sono stati rispettivamente 225 e 222. La regione con più promossi è l’Umbria con il 75,7% di ammessi all’anno successivo. Seguono Puglia (75,6%), Molise (74,8%), Calabria (74,5%).

Questi dati fanno a cazzotti con le indagini di Ocse Pisa e con i test Invalsi, che devono essere sostenuti da studenti delle elementari, medie e superiori per verificarne il livello di apprendimento. Queste prove raccontano un’altra realtà: nel 2016, infatti, è emerso un gap tra le scuole del Sud e quelle del Nord, con queste ultime che primeggiano. Qualche esempio: in seconda elementare il punteggio peggiore alle prove di italiano e matematica è stato ottenuto dagli studenti della Calabria, mentre la Puglia (medaglia d’oro per i 100 e lode), la Sicilia e la Sardegna sono risultate sotto la media nazionale. Per le scuole medie Campania, Sicilia e Calabria sono, per la prova di italiano, inferiori alla media nazionale e, per quanto riguarda gli studenti della seconda superiore, in matematica il risultato peggiore è quello della Sardegna. Insomma, un’altra storia rispetto ai dati diffusi dal ministero.

LA POLEMICA – E mentre al Nord alcune regioni puntano il dito contro i voti troppo alti dati al Sud e al Meridione si difende l’operato di docenti e di studenti, la polemica divampa fuori dalle scuole. Il presidente della Regione Veneto Zaia parla di “disparità inspiegabili”, sottolineando che “gli studenti del Veneto, che risultano i migliori per le competenze in matematica secondo i valutatori Ocse-Pisa, si sono classificati ai primi posti in Italia nelle prove Invalsi 2016, alla maturità ottengono appena un terzo dei 100 e lode della Campania, un quarto della Puglia, la metà della Sicilia e del Lazio”. E aggiunge: “Delle due l’una: o i test non funzionano o c’è qualche lassismo di troppo negli esaminatori”.

Il governatore del Veneto ricorda poi che “il punteggio della maturità condiziona l’accesso all’università, la graduatoria nei concorsi pubblici e le chances di collocamento, oltre che la possibilità di accedere alle agevolazioni per il diritto allo studio”. E chiede un intervento al ministro per l’Istruzione, Stefania Giannini affinché convochi una commissione ministeriale di esperti, riattivi sistemi di verifica su campioni omogenei di scuole e rimetta allo studio modalità di valutazione rigorose e imparziali per l’esame di Stato. Zaia difende gli studenti del Veneto, ma c’è chi pensa a ciò che c’è dietro i dati che non tornano. “Resta comunque il problema del gap” – spiega a ilfattoquotidiano.it il sociologo De Masi, secondo cui una soluzione c’è, nella stessa misura in cui c’è la soluzione alla questione Meridionale. “Ossia se il Sud si dà da fare e viene sostenuto dal governo – dice – ma al momento non mi sembra ci siano i presupposti”.

L’ANALISI – In realtà non è la prima volta che i dati della maturità premiano le regioni del Sud rispetto a quelle del Nord. Intanto, va detto, oggettive differenze nei criteri di valutazione adottati. Quelle Ocse e Invalsi vengono elaborate tenendo conto solo di due materie, la matematica e l’italiano, mentre l’esame di Stato offre una panoramica molto più ampia della preparazione dello studente e delle sue capacità di apprendimento e comunicazione. Poi, però, c’è la questione dell’assegno ministeriale di 600 euro, introdotto dieci anni fa per gli studenti che ottengono il massimo dei voti. È possibile che al Sud, per l’assegno o meno, i professori diano voti più alti. “È vero che c’è differenza di criteri adottati tra i test Invalsi e le prove di Maturità – premette il sociologo Marziale – ma è anche vero, e lo dico da calabrese, che al Sud si tende a essere di manica più larga”.

Un gap superabile? “È difficile se la valutazione si basa su criteri soggettivi, ma è auspicabile, nonostante sia fermamente convinto che il voto oggi valga meno rispetto ad altre competenze” aggiunge Marziale, secondo cui “è necessario un cambio di rotta per tutto il sistema scuola che racchiude una serie di anomalie tutte italiane”. D’altro canto lo testimoniano le proteste di questi giorni contro i trasferimenti dei professori da Sud a Nord, con tanto di pagina Facebook attraverso la quale si cerca di scambiarsi le cattedre. In un sistema del genere, insomma, la colpa non può essere solo dei docenti dalla manica larga. “Piuttosto – continua il sociologo – di riforme e riformine con le quali si attuano rivoluzioni solo amministrative, senza entrare mai nei contenuti”. Gli effetti? “Questo è un Paese dove non si boccia più. E questo vale anche per l’università, dove non c’è più selezione, perché se ci fosse calerebbe il numero di iscritti”. E, aggiunge Marziale “questo è il Paese dove bisogna sconfiggere il sistema delle raccomandazioni, che funziona da Nord a Sud”.


Numeri a confronto “Più facile al Sud l’esame di maturità”
federico callegaro
/2013/01/28

http://www.lastampa.it/2013/01/28/cultu ... agina.html

Ma siamo sicuri che ai nostri figli convenga frequentare il liceo più difficile ed esigente, quello in cui si temprano alla scuola del rigore e dei voti bassi se poi alla maturità arriveranno in tanti con i loro voti più alti ad avere maggiori opportunità nei concorsi, nei colloqui, nelle università a numero chiuso?

La domanda è lecita a leggere l’indagine del sito «Tuttoscuola» sulle disomogeneità dei criteri di valutazione sul territorio nazionale, lo spread dei voti tra nord e sud, tra provincia e provincia Sono 64 gli studenti eccellenti di Torino e provincia che nel 2011 si sono diplomati con 100 e lode all’esame di maturità. Poco più dei 43 che hanno raggiunto lo stesso traguardo a Crotone e provincia. La differenza è che a Torino si sono diplomati in 12.621 (quindi solo lo 0,51% è stato valutato con il massimo dei voti), a Crotone in 1.525 (il 2,82% ha preso la lode). In altri termini a Torino uno studente su 197 è stato valutato meritevole di lode, a Crotone uno ogni 35.

Numeri simili a Milano (dove sono 50 i 100 e lode su 19.065 diplomati, pari all0 0,26%, cioè uno ogni 381) e in molte altre città del Nord.

La differenza e lo sconcerto aumentano se si va a effettuare il confronto tra i voti presi alla maturità e quelli ottenuti durante le prove Invalsi. Mentre ai risultati della maturità è prima a livello nazionale, Crotone appare incredibilmente ultima su 101 province nei dati Invalsi che si riferiscono agli studenti nel I ciclo e nelle classi prime e terze delle secondarie superiori.

Qualcosa del genere accade anche in altre province: ad Agrigento si diploma con 100/100 il 9% degli studenti (seconda a livello nazionale dietro Crotone che ha il 9,38%), ma risulta terz’ultima (in 99ma posizione) nelle rilevazioni Invalsi. Oppure Vibo Valentia (quinta con l’8,53% di diplomati con 100/100 e penultima nelle prove Invalsi), Enna (decima con il 7,56% di diplomati con 100/100 e quart’ultima nelle prove Invalsi), Cosenza (quarta con l’8,57% di diplomati con 100/100 e 91ma su 101 province nelle prove Invalsi), Foggia (rispettivamente sesta con l’8,5% di 100/100 e 85.ma per l’Invalsi).

In generale risulta che tutte le province del Sud, eccetto Isernia, ottengono risultati decisamente migliori all’esame di maturità. Crotone guadagna 100 posti, Reggio Calabria 86, Foggia 79, Trapani 76, Messina 69. Se invece si prendono in considerazione le regioni, tutte quelle del Sud, eccetto il Molise, sono avvantaggiate e la Calabria, in particolare, è prima nei voti alla maturità e ultima alle prove Invalsi.

Tutte le province del Nord, invece - eccetto La Spezia, Alessandria ed Asti - risultano penalizzate all’esame di maturità rispetto alle prove Invalsi. Bergamo perde 89 posizioni tra le prove Invalsi e il numero di 100/100 alla maturità, Udine 88, Sondrio 87, Lecco 86, Como 85, Verbano 84, Torino 61, Novara 52.

Ad essere penalizzate sono tutte le regioni del Nord: il Friuli è primo nelle rilevazioni Invalsi e penultimo nelle votazioni con 100/100 all’esame finale, il Piemonte è sesto nelle rilevazioni Invalsi e sedicesimo nelle votazioni con 100/100 all’esame finale.

Un quadro sconfortante, quindi, ma non vuole essere un atto di accusa antimeridionalista o contro alcuni professori. «I dati presentati non comportano valutazioni specifiche sulla preparazione né degli studenti né dei professori (che non competono a noi), e non si tratta di mettere sotto accusa i docenti di alcune aree, - precisa Giovanni Vinciguerra, direttore di Tuttoscuola - al Sud esistono molti istituti di eccellenza e non è un caso che tantissimi meridionali diventino classe dirigente in Italia e anche all’estero. Ciò che va affrontato è la generale disparità di valutazione nelle scuole, che può esserci anche nella stessa città o addirittura nello stesso istituto scolastico».



Scuola. Maturità 2016: il Sud fa il pieno di lodi
Paolo Ferrario
mercoledì 10 agosto 2016

https://www.avvenire.it/attualita/pagin ... no-di-lodi

Resi noti dal Miur i primi dati sull'Esame di Stato. In calo le votazioni tra i 60 e i 70 punti, mentre sono in aumento gli esiti dall'80 in su. A primeggiare sono, ancora una volta, gli studenti dei licei (Paolo Ferrario)
Maturità 2016: il Sud fa il pieno di lodi

Migliorano le votazioni alla maturità, con i 100 e i 100 e lode in crescita (soprattutto al Sud) e i 60 in calo. È la prima fotografia dell’Esame di Stato 2016, scattata dal Ministero dell’Istruzione, che nei prossimi giorni renderà noto il quadro completo dei risultati.

Studenti più bravi

All’esame di quest’anno è stato ammesso il 96% degli studenti di quinta superiore, mentre il 99,5% dei maturandi ha ottenuto la promozione (sostanzialmente in linea con il 2015, quando la percentuale di promossi era stata il 99,4%). La maggioranza dei candidati ha conseguito una votazione superiore a 70 punti (dal 62,2% del 2015 si è passati al 63,1% e anche i 100 sono cresciuti dal 4,9% al 5,1%). In leggero aumento anche i diplomati con lode: sono l’1,1%, rispetto allo 0,9% dell’anno scorso. Le Regioni con il maggior numero di “bravissimi” sono Puglia (934 lodi, più del triplo rispetto ai 300 della Lombardia), Campania (713) e Sicilia (500). Diminuiscono, invece, i voti più bassi: i 61-70 scendono dal 29,3% al 28,9% e i 60 dall’8,6% all’8%.

Liceali in testa

Tra gli indirizzi di studio, a primeggiare sono, ancora una volta, gli allievi dei licei, in particolare del classico. L’1,9% dei liceali ha conseguito la lode, contro lo 0,5% dei tecnici e lo 0,1% dei professionali. Nel solo liceo classico, il 100 e lode è stato attribuito al 3,5% dei candidati, mentre allo scientifico al 2,4%. Anche per gli istituti tecnici e i professionali, i risultati sono comunque in (leggero) miglioramento: i 100 sono passati dal 3,1% del 2015 al 3,3% di quest’anno per i tecnici e dall’1,8% all’1,9% per i professionali.
Scrutini: bocciati in calo

Maturità a parte, alle superiori è in aumento anche il numero dei promossi. La percentuale di bocciati è infatti scesa dal 9% del 2015 al 7,7% di quest’anno. Le mancate ammissioni si concentrano, soprattutto, al primo anno, quando il 12,3% degli allievi viene fermato (era il 13,7% nel 2015). «Questo dato – spiega una nota del Miur – conferma la maggior difficoltà che gli studenti incontrano nel passaggio dalla scuola media alla superiore». E qui entra in campo anche l’attività di orientamento, che si dimostra, ancora una volta, centrale per una corretta scelta del percorso scolastico oltre la terza media.

Estate sui libri per 1 su 4

Anche se in diminuzione rispetto all’anno precedente, resta importante la percentuale dei ragazzi con giudizio sospeso, che dovranno cioè recuperare le insufficienze a settembre, prima dell’avvio del nuovo anno scolastico. Dal 25% del 2015, gli studenti con debiti sono scesi al 23,2% e sono concentrati soprattutto negli istituti tecnici (27,3%), seguiti da professionali (25,4%) e licei (19,6%). Per un ragazzo su quattro si profila, dunque, un’estate di ripassi.

Terza media: 99,8% di promossi

Cresce, infine, anche la percentuale degli ammessi all’esame di terza media: dal 97,2% al 97,6%. Stabile invece il numero dei ragazzi che hanno poi superato l’esame: 99,8%. Aumenta anche il numero degli ammessi alla classe successiva: 97,4% rispetto al 96,9% dello scorso anno.




Al Sud tanti 100 alla maturità, ma alla laurea non si replica
Salvo intravaia

http://www.flcgil.it/rassegna-stampa/na ... eplica.flc

Più cervelloni della maturità al Sud, ma all'università i compagni settentrionali si prendono la rivincita. La guerra a suon di 100 e di lodi agli esami di stato delle superiori vede vincere ogni anno le regioni del Mezzogiorno, che si accaparrano il grosso dei punteggi al top: 100 e 110 con lode.

L'anno scorso, fece scalpore vedere i risultati della Puglia che portò ben 944 studenti al diploma con 100 e lode, quasi il triplo rispetto alla Lombardia, che contava un numero di maturandi pari a una volta e mezza quelli della Puglia, e un consistente numero di punteggi massimi: il 7 per cento. Con il meridione che in totale si accaparrò oltre la metà (il 54 per cento) dei superbravi, lasciandone alle regioni del nord appena un quarto del totale.

Un dato che suscitò la protesta degli studenti e dei prof settentrionali, che accusarono di eccessivo buonismo i colleghi del sud. Ma, seguendo i ragazzi all’università, quanti di questi riescono a ripetere l’exploit con una laurea da 110 e lode? I dati forniti dal Miur attraverso l’anagrafe degli studenti sono in grado di fornire risposte sorprendenti.

Infatti, dei laureati nelle regioni meridionali (nel 2015/2016), che al diploma di scuola superiore si erano distinti con un voto al top (100 o 100 e lode), soltanto il 48 per cento è riuscito a ripetere l’impresa centrando il massimo punteggio alla laurea. Mentre al Nord la percentuale sale al 54 per cento. E se prendiamo in considerazione gli studenti del Sud che si sono laureati al nord questa percentuale crolla al 37 per cento.

Per Antonello Giannelli, presidente dell’Anp (l’Associazione nazionale presidi) “uno dei problemi fondamentali della nostra scuola è quello dell’oggettività della valutazione”. “Le condizioni di contesto (condizioni socio economiche) al Sud – continua Giannelli – sono parecchio diverse rispetto al nord e se i docenti nella valutazione sono un po’ più indulgenti è umanamente comprensibile. Per questo – aggiunge – sono favorevole alle valutazioni dell’Invalsi, se vogliamo utilizzare un approccio diagnostico scientifico”.

“Questi numeri – dichiara Paolo Mazzoli, direttore Invalsi – sono coerenti con i nostri dati”. Bambini e studenti che primeggiano al Nord e che arrancano al Sud. Ovviamente non vuol dire che i ragazzi meridionali sono meno intelligenti degli altri. Vuol dire semplicemente che le scuole hanno lavorato in maniera diversa. E un 100 o 100 e lode al Sud potrebbe essere stato valutato con un po’ più di generosità perché magari lo studente spicca di più rispetto ai compagni di classe".

"Ma poi - conclude Mazzoli - rispetto ai ragazzi delle altre regioni ci troviamo di fronte a ragazzi meno preparati. Nessuno chiede alle commissioni di essere uniformi a Bari o a Milano. La scuola lavora in base alle condizioni di contesto in cui opera e non mi scandalizza affatto se le commissioni e i docenti al sud fossero di manica più larga rispetto al nord, perché magari nella valutazione premiano gli sforzi profusi oltre che le conoscenze”.




Pochi docenti e voti troppo alti il male degli Atenei del Sud
04 Settembre 2015
Alfredo Sollazzo*

http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/ ... l-sud.html

BARI - Le critiche che periodicamente riaffiorano circa la presunta scarsa qualificazione delle Università meridionali,e quindi anche di quelle di Bari, inducono il sottoscritto ad elaborare delle considerazioni che spera possano essere di un qualche rilievo al fine di sfatare alcuni pregiudizi diffusi persino presso i nostri concittadini. Egli ha infatti dedicato gran parte della sua esistenza alla Facoltà di Ingegneria di Bari, nell’ambito della quale ha ricoperto i ruoli di studente, assistente, libero docente, professore ordinario, preside, professore a contratto per quattro anni dopo il pensionamento; il tutto lungo oltre 60 anni, di cui solo sette, a un terzo circa del percorso temporale appena richiamato, trascorsi presso una sede universitaria del Nord Italia.

Addio alle facoltà - Ritiene perciò di conoscere sotto varie prospettive sia l’Università di Bari, nella quale la facoltà di Ingegneria è nata, si è sviluppata e consolidata, sia il Politecnico, di cui essa ha determinato, insieme alla facoltà di Architettura, l’istituzione nei primi anni Novanta. Si potrebbe ritenere sorpassato il parlare oggi di facoltà, dato che queste istituzioni, in virtù di una legge, di cui il sottoscritto, certamente per un suo limite personale, non è riuscito a comprendere né il significato né l’utilità, sono state soppresse; ma questo è un altro discorso che non cambia la sostanza di quanto cercherà di esporre.

È ben noto a chiunque possegga conoscenze storiche anche modeste, come la Puglia e il suo capoluogo abbiano conosciuto, tra la metà dell’Ottocento e la metà del Novecento, uno sviluppo eccezionale. Non è possibile, per evidenti ragioni di spazio trattare di quest’argomento: basterebbe ricordare in proposito anche solo la realizzazione dell’Acquedotto Pugliese, grandissima opera di ingegneria civile, avvenuta appunto nel periodo indicato, per rendersene conto. Eppure chi scrive ritiene che l’istituzione dell’Università, avvenuta nel gennaio del 1925 e il suo progressivo sviluppo siano stati l’avvenimento più rilevante ai fini dello sviluppo della città e della regione. Se si confronta la Bari degli anni Trenta, che pure un sì grande progresso edilizio aveva avuto, con quella degli anni della ripresa post-bellica, non si possono non notare la sua marcata sprovincializzazione e la sua crescita civile, e soprattutto culturale, dovute al consolidamento dell’istituzione universitaria, che, con tanta tenacia, molti dei suoi figli migliori avevano voluto sin dall’inizio del 20° secolo.

Nord e Sud - Una certa politica antimeridionale, oggi abbastanza diffusa in Italia, tende ad accreditare l’idea, cui si è già accennato all’inizio, che le Università del Sud, e quindi anche quelle pugliesi, siano meno qualificate di quelle Centro-Settentrionali a formare i giovani, i quali, per questo motivo, tenderebbero sempre più a disertarle per iscriversi altrove, anche allo scopo di avere, a titolo conseguito, maggiori possibilità di lavoro. Si è arrivati al punto, di mettere in atto il tentativo, per ora accantonato, di valutare diversamente i titoli conseguiti nelle varie istituzioni ai fini del valore che nei concorsi ha il voto di laurea. Tutto ciò con la conseguenza di ridurre il numero di iscrizioni e in definitiva di deprimere le risorse economiche dei nostri atenei.

In merito a quanto appena detto, occorre innanzi tutto precisare che non è affatto vero che i nostri laureati siano stati in passato e siano attualmente mediamente meno preparati di quelli provenienti da università più blasonate. Lo dimostrano i successi che i nostri giovani hanno conseguito negli ultimi 50 anni in ogni tipologia di concorsi pubblici nei quali i primi posti in graduatoria sono stati frequentemente di loro appannaggio. Moltissimi nostri laureati ricoprono posti dirigenziali nelle più svariate amministrazioni pubbliche e in aziende private e ricoprono cattedre universitarie in Italia e all’estero, anche in Paesi di elevate tradizioni culturali. È vero invece che attualmente, in un periodo di crisi economica, i laureati al Nord trovano più facilmente una sistemazione professionale, ma ciò è dovuto innanzi tutto al fatto che le regioni più ricche offrono molte più possibilità lavorative; e, a parità di preparazione universitaria, premia certamente l’aver conseguito il titolo in un Ateneo più valido sul piano dell’immaginario collettivo e in virtù dei pregiudizi imperanti diffusi talvolta anche da noi.

La distribuzione delle risorse tra le varie università avviene attraverso classifiche nazionali di merito. Ma alla loro base vi sono dei parametri di giudizio in parte condivisibili, in parte discutibili e contraddittori in quanto prendono in considerazione aspetti necessariamente sfavorevoli per le istituzioni che si trovano in zone meno ricche e a più basso sviluppo economico. Si tiene conto ad esempio del tempo necessario per ottenere un impiego e dei servizi assicurati agli studenti, necessariamente meno efficienti laddove non è possibile, per evidenti motivi di carattere sociale, nemmeno aumentare al di la un certo limite le tasse di iscrizione e di frequenza. Oltre ad essere penalizzanti ai fini della distribuzione dei fondi necessari alla sopravvivenza, i criteri ministeriali si spingono ad assegnare, nel caso di parametri valutativi non buoni, meno posti di professori e ricercatori alle Università peggio valutate, senza nemmeno riassegnare loro, se non in misura ridotta, i posti lasciati liberi per effetto dei pensionamenti, che vengono in parte ceduti alle sedi più virtuose. Lo scarso numero di insegnanti riduce le possibilità di impartire una didattica estesa ed efficace e così via, in una specie di reazione a catena, mentre tanti giovani ricercatori, spesso dotati di competenze scientifiche anche eccezionali, restano in eterna attesa di un posto di professore. In un certo senso si dà di più a chi ha meno bisogno e meno a chi avrebbe la pressante necessità di rafforzarsi.

Reputazione - In una situazione del genere è indispensabile porsi il quesito di come le nostre istituzioni accademiche debbano operare per risalire nelle graduatorie e migliorare la loro reputazione. Se comportamenti poco limpidi della classe docente sono inammissibili ovunque si verifichino, essi sono assolutamente deleteri per le nostre Università sulle quali hanno una ricaduta negativa molto più accentuata che altrove. È fondamentale che la scelta dei nuovi professori avvenga sulla base di una rigorosa graduatoria di merito che tenga nel massimo conto la loro attitudine alla ricerca e pertanto qualifichi l’istituzione. Ma, accanto all’attività scientifica, che va tenuta nella massima considerazione essendo essa il compito più qualificante dei docenti, occorre valorizzare l’attività didattica, badando che essa, oltre che rispettosa degli aspetti formali, sia davvero formativa per i discenti, tra i quali, è bene ricordarlo, sono particolarmente numerosi da noi quelli dotati di elevate attitudini, che vanno individuate e valorizzate.

Appiattimento - Chi insegna deve dar molto agli allievi e, senza cattiveria ma con la necessaria autorevolezza, deve loro richiedere una preparazione adeguata. L’appiattimento verso l’alto delle votazioni reca danno agli studenti migliori: è in particolare il voto finale che deve essere tenuto sotto controllo, specie quello delle lauree specialistiche, che nella logica degli ordinamenti 3+2, è quello più frequentemente speso sul mercato del lavoro. È inammissibile che la valutazione avvenga solo in base ai voti conseguiti negli ultimi due anni senza tenere in alcun conto i risultati relativi ai primi tre, nel cui corso sono peraltro concentrate le discipline formative e molto spesso quelle fondamentali. Se si aggiungono a ciò le inammissibili facilitazioni concesse in sede di esame di laurea ai fini di incrementare la votazione conclusiva, si cade nella trappola di avvicinare quasi tutti alla votazione massima o addirittura alla lode: il tutto con la complicità dei relatori che per ragioni di prestigio chiedono un premio elevato per la tesi da loro assegnata e seguita. Situazioni di tal tipo sono oggi frequenti in quasi tutte le Università italiane, ma vengono ovviamente stigmatizzate particolarmente quando si riferiscono ai nostri laureati contro i quali fatalmente si ritorcono.

Credo che occorra meditare molto su questa situazione alla quale, senza invocare presunte norme legislative ostative, si deve trovare il modo di porre rimedio, attenuandone almeno gli effetti negativi più appariscenti.

Controllo - In conclusione occorre comunque ricordare che i nostri Atenei hanno bisogno della stima e dell’appoggio dei cittadini. Un controllo da parte dell’opinione pubblica circa il loro funzionamento è quanto mai opportuno ma gli atteggiamenti preconcetti di critica non sono giustificabili se non collegati al sincero desiderio di migliorarne la funzionalità e il prestigio.

* Professore emerito del Politecnico di Bari



"Boom" di 100 & lode al Sud, "deportazione" dei prof. meridionali al Nord: se la scuola non funziona...
Peppe Caridi
15 agosto 2016

http://www.strettoweb.com/2016/08/boom- ... ona/447599

Scuola italiana nella spirale delle polemiche dopo i dati diffusi dal Ministero dell’Istruzione sugli esami di maturità 2016 e sulla mobilità dei docenti in vista del prossimo anno scolastico

scuola maturità esami (6)E’ Ferragosto, si avvicina la fine dell’estate e tra meno di un mese si torna in classe: l’argomento “scuola” torna d’attualità all’indomani della pubblicazione da parte del Ministero dell’Istruzione dei dati relativi agli esami di maturità 2016 e alla mobilità dei docenti in vista del nuovo anno scolastico. Ed è subito tempo di polemiche per un sistema che, evidentemente, fa acqua da tutte le parti.

I dati ufficiali sulla maturità 2016 sono raccapriccianti: è stato ammesso agli esami di Stato il 96% degli studenti. E tra quelli ammessi, è stato poi promosso il 99,5% dei candidati. Ma che razza di esame è un esame in cui tutti vengono promossi? A questo punto eliminiamolo.

scuola maturità esami (2)Eppure tutti concordiamo sul fatto che servirebbe più severità: ricordiamo con piacere e apprezzamento soltanto quei maestri e professori che, in modo giusto ma sempre con severità, ci insegnavano le cose. Nella nostra memoria, i prof. deboli che elargivano otto, nove e dieci a destra e manca, sono ricordati più che altro con ironie e prese per i fondelli che con rispetto e stima. Certo, ci sono anche i severi stronzi che non trovano spazio nella memoria positiva di ognuno. Ma soltanto i docenti severi (e giusti) trovano l’apprezzamento e il rispetto degli alunni, e vengono ricordati come coloro che hanno davvero insegnato qualcosa.

scuola maturità esami (4)Osservando i dati, poi, emerge un clamoroso squilibrio tra i voti del Nord e quelli del Sud. Ad esempio agli esami di maturità 2016 sono state elargite ben 934 lodi in Puglia, 713 in Campania, a fronte delle appena 328 in Emilia Romagna, 276 in Veneto e 222 in Toscana. Evidentemente al Centro/Nord è rimasto un briciolo di meritocrazia in più rispetto al Sud, a meno che non si voglia credere davvero alla favola che gli studenti meridionali siano davvero più bravi rispetto a quelli del Nord. Una bufala certificata dal “Programme for International Student Assessment” dell’OCSE, dai dati “Invalsi” e dal mondo del lavoro, con una disoccupazione giovanile del 20% al Nord e del 43% al Sud. Se davvero gli studenti del Sud fossero più bravi, non avrebbero così tanti problemi a trovare lavoro…

SALTA' LA MODIFICA ALLE COMMISSIONI DELLA MATURITA'Al centro della bufera sono finiti i docenti meridionali, accusati di essere troppo “generosi”. Ma siamo sicuri che davvero la colpa sia (soltanto) loro? A nostro avviso, infatti, nessuno ha centrato il vero problema, nel pur ampio dibattito che negli ultimi giorni ha animato i principali mezzi d’informazione del Paese coinvolgendo Ministri, Esperti, Politici e Opinionisti vari. Nessuno ha chiamato in causa il problema principale: le famiglie. Al Sud, infatti, sono le famiglie a fare pressioni sui docenti per avere i voti più alti. Sono i genitori a cercare le raccomandazioni per i propri figli. Sono le famiglie che si affannano a cercare un “amico dell’amico” che conosca il presidente di commissione per mettere una “buona parola“. Ogni qual volta pubblichiamo l’elenco dei presidenti di commissione, quell’articolo risulta tra i più cliccati. Eppure non dovrebbe importare più di tanto chi è il presidente, bisognerebbe piuttosto preoccuparsi della preparazione del figlio e stare tranquilli che se è preparato, avrà un voto alto, se invece è impreparato, è giusto che venga bocciato.

scuola maturità esami (1)E proprio i genitori dovrebbero pretendere severità e meritocrazia: coccolarsi piccoli-grandi asini significa consegnare alla società, alle università e al mondo del lavoro, soltanto dei potenziali parassiti. Perché il mondo reale è un altro rispetto alle logiche scolastiche: le aziende non guardano al voto, ma alle competenze. E gli unici genitori che fanno davvero il bene dei loro figli, sono coloro che vedono i prof. dei compagni e alleati nella formazione del giovane e che ai colloqui si relazionano con i docenti non difendendo a spada tratta i propri figli, ma anzi confidando che non studiano se non studiano, e chiedendo rigidità e rispetto delle regole.

E’ una questione culturale, anzi “sotto-culturale“: come nella politica, anche nella scuola la colpa è soltanto della gente. Se i politici hanno le scrivanie zeppe di Curriculum Vitae come se fossero l’ufficio di collocamento, non è certo una loro responsabilità: siamo in democrazia, e soltanto un politico che fa breccia nella gente può avere successo. E la gente chiede lavoro, come se fosse la politica a dover dare il lavoro. Anzi, il “posto“. Perché soltanto pochi ambiscono ad un percorso professionale, la stragrande maggioranza sogna il “posto“, quello “fisso, sicuro, garantito“. Quello del badge da timbrare (magari preferibilmente per andare a fare la spesa, tagliarsi i capelli o passeggiare sul lungomare). Quello di ferie e malattie profumatamente retribuite.

scuola maturità esami (7)Così nella scuola: le famiglie non chiedono competenze, disciplina, merito e cultura. Vogliono il “voto“. E il sistema scolastico non funziona perchè non si basa sulle competenze acquisite e sul merito, ma appunto sul “voto“. E’ la sotto-cultura tipicamente meridionale che ci costringe nell’arretratezza in cui siamo, senza neanche che nessuno se ne renda conto.

A proposito di Sud, altro tasto dolente è quello dei prof. meridionali al Nord. C’è chi parla di “deportazione“, ma anche su questo va fatta chiarezza. I dati ufficiali sono chiari. Al Sud ci sono 30.700 professori, ma ne servono soltanto 14.000. Al Sud c’è tanta gente che vuole fare il prof., ma al Nord ci sono molte più scuole e molti più alunni. Il sistema è sbilanciato perchè in Italia ci sono più docenti al Sud e più alunni al Nord. E’ quindi normale che molti prof. del Sud siano costretti a spostarsi al Nord per lavorare. Un recentissimo studio di Tuttoscuola ricorda che il 74% dei docenti sono del Sud, ma nel Meridione c’è solo il 39% degli studenti. Quest’anno emigreranno 8.661 docenti campani (il 52%), 8.569 siciliani (il 56%) e 1.165 della Basilicata (il 69%). Sotto accusa, ricorda la rivista specializzata, è finito “l’algoritmo del Ministero che assegna la sede di servizio, ma il vero problema e’ lo spostamento del baricentro della scuola italiana: più studenti e più posti al nord, sempre meno al sud, dove però risiede circa l’80% di chi vuole insegnare. Da qui un’emigrazione intellettuale che rievoca quella del dopoguerra verso il triangolo industriale. E se non ci fosse stata la spinta degli alunni stranieri, per molti docenti meridionali non ci sarebbe stato un posto neanche lontano da casa“.

scuola maturità esami (1)Soltanto 11.374 professori meridionali delle superiori su 20.423 (il 55,7%) ottengono la sede nella regione di residenza, mentre gli altri 9.049 devono emigrare in varie parti della penisola. I posti disponibili nel Mezzogiorno erano 13.499. “Al Sud ci sono oltre 4.200 docenti delle superiori che fanno rientro a casa grazie alla mobilità – spiegano all’ANSA dal ministero dell’Istruzione – e sono 3.793 gli insegnanti sempre delle superiori che devono cambiare regione a seguito della mobilita’ spostandosi per più chilometri“. Si tratta dei neoassunti di fase C. Quelli che hanno dovuto partecipare alla mobilita’ che per loro era obbligatoria proprio perché di più recente assunzione. L’elenco dei prof delle superiori trasferiti per il 2016-17, pubblicato dal ministero dell’istruzione, conferma quanto si sapeva per i docenti degli altri ordini di scuola, cioè un “pesantissimo divario tra i docenti meridionali aspiranti ad una sede nel Mezzogiorno e la disponibilità di posti in quei territori“, ricorda Tuttoscuola. In particolare, era interessato ai trasferimenti il 68,5% di prof delle superiori, nato nel meridione, a fronte di una disponibilità di sedi nel Mezzogiorno pari al 40,1% del totale: il 44,3% di loro e’ stato trasferito in altre regioni. Nessuna deportazione, dunque, quanto un’inevitabile conseguenza della sproporzione tra domanda e offerta sul territorio.

scuola maturità esami (5)La situazione peggiore e’ toccata ai prof della Basilicata, dove soltanto il 31,6% dei 686 interessati ha ottenuto il trasferimento in regione. In Calabria soltanto il 36% dei 2.943 prof ha avuto la sede in regione; in Molise il 39,7%. In generale, su un totale di 72.155 insegnanti oggetto di trasferimento, sono stati ben 53.341 (il 74% del totale) i docenti meridionali di tutti gli ordini di scuola che aspiravano al trasferimento ad una sede nella regione di nascita, dove pero’ erano disponibili soltanto 29.603 posti (il 38% del totale). Tra loro e’ riuscito ad ottenere un posto nella regione in cui e’ nato molto meno della meta’ (46,4%), cioè 24.742 docenti, mentre gli altri 28.599 sono stati trasferiti altrove. Un altro problema, invece, riguarda chi e’ già stato assunto lo scorso anno per ambiti di materia particolari, come la musica, e che per il prossimo anno scolastico 2016/17 non si e’ visto assegnare la cattedra e risulta in “esubero“. La legge prevede che chi non abbia ottenuto una sede venga utilizzato nella provincia di immissione in ruolo in una scuola assegnata dall’ufficio scolastico di competenza. Ma i timori sono quelli di addirittura “perdere il posto” nonostante la neo-assunzione. Ipotesi, pero’, che a viale Trastevere definiscono irreale: nessuno di loro verrà licenziato e avranno la priorità sui posti che si libereranno.

scuolaDocenti e Ministero continuano ad affrontare quello dei prof. un problema assistenziale. L’insegnamento non è visto come una professionalità, ma come un “posto“. Ed è questo il vero punto. I Paesi che fanno dell’istruzione il loro principale pilastro educativo (Stati Uniti d’America, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Giappone e in Europa la sola Gran Bretagna) ragionano in un’ottica completamente diversa. Altro che “posto“, “voto” e “raccomandazioni“. L’allievo è un piccolo uomo che deve maturare, apprendere, scoprire le proprie attitudini e qualità. La famiglia non può permettersi alcun tipo di ingerenza. I prof. sono pochi professionisti saggi, altamente qualificati, esperti, competenti, lavorano in modo massacrante con tempi e orari di gran lunga differenti rispetto a quelli dell’Italia dove la scuola è sempre stato uno dei grandi “carrozzoni” statali in cui assicurare posti per soddisfare le richieste di amicizie e raccomandazioni. Non tutti, ovviamente. Ci sono anche docenti esemplari, competenti, professionali, attenti. Ma il sistema non si basa su queste figure.

1968Siamo nel 2016, ma paghiamo ancora i danni provocati dalla drammatica affermazione dei movimenti studenteschi di estrema sinistra del famigerato “1968″, che hanno conquistato e diffuso la sconcertante cultura del “6 politico”, il voto minimo garantito a tutti indipendentemente dallo studio, dai risultati e dal rendimento. Ed erano tutti felici e contenti che venivano promossi senza studiare: una “rivoluzione culturale” che negli anni si è talmente tanto affermata da radicarsi al punto di diventare normalità. Oggi in molti si lamentano delle inefficienze scolastiche, eppure vantano con orgoglio l’appartenenza a quella stagione da “sessantottini“. E’ iniziata lì l’irrimediabile rovina della scuola italiana in concomitanza di tempi in cui le scelte politiche hanno portato il nostro Paese a vivere in tutti i settori ben al di sopra delle proprie possibilità, assumendo dove non si poteva, regalando baby-pensionamenti, spendendo e spandendo denaro a più non posso, facendo decollare il debito pubblico. E se oggi siamo ridotti come siamo ridotti, lo dobbiamo proprio alle delittuose scelte di quegli anni, a cui – anche volendo – sarebbe adesso molto difficile rimediare. Ma a quanto pare non c’è neanche l’intenzione di farlo, anzi si vorrebbe addirittura tornare indietro e quei tempi di (falso) benessere vengono ricordati con nostalgia. Con buona pace della meritocrazia.



Perché gli studenti del Sud ottengono voti più alti alla maturità?
Marco Bollettino
23 agosto 2016

http://noisefromamerika.org/articolo/pe ... i-maturita

Ogni anno alla pubblicazione del report del Miur sugli esiti degli Esami di Stato si ripropone la stessa litania: le agenzie di stampa rilanciano la notizia rimarcando il record di "super meritevoli" nelle regioni meridionali, i governatori leghisti delle regioni del nord protestano citando i risultati dei test Invalsi e sui social si scatenano i commenti con le spiegazioni più fantasiose. Ma perché gli studenti del Sud ottengono voti più alti?
Come ogni anno, il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca ha pubblicato il rapporto preliminare sugli esiti dell’Esame di Stato della scuola secondaria di II grado per l’anno 2015/2016. [1]
Anche quest’anno si è confermato il trend che vede un’Italia spaccata in due, con le regioni del Sud che ottengono i risultati migliori, sia come voto medio, sia come numero di eccellenze, e quelle del Nord che si attestano su valori notevolmente inferiori. Particolarmente clamorosa è la situazione di Puglia e Calabria in cui circa un diplomato su dieci si è diplomato con un voto di 100/100 e dove moltissimi studenti (934 in Puglia e 334 in Calabria) sono riusciti ad ottenere addirittura la lode.

Puntuali, all pubblicazione dei dati, sono seguite le polemiche di Luca Zaia, Presidente della Regione Veneto. [2]
«Come è possibile che vi siano tanti 100 e lode nelle province del Sud quando queste ultime sono costantemente sotto la media nei Test Invalsi? O i test non funzionano o c’è qualche lassismo di troppo negli esaminatori».
Al Governatore del Veneto si è contrapposto l’ex Ministro dell’Istruzione Beppe Fioroni, che in un’intervista a Lettera43.it [3] ha definito come «bislacca» la tesi «di un Nord rigoroso e di un Sud che i voti li regala».
Chi ha ragione? Per rispondere, vediamo di analizzare cosa dicono i dati a nostra disposizione.
Test Invalsi
Con il nome di Test Invalsi andiamo a indicare diverse prove standardizzate che vengono proposte agli studenti durante varie tappe del loro percorso scolastico. Per la nostra analisi ci rifaremo ai test di matematica e di italiano che vengono somministrati ogni anno agli alunni delle classi seconde della scuola secondaria di II grado. [4]

Ho elaborato i risultati dei test andando a calcolare, per ogni macro-regione, lo scostamento rispetto alla media nazionale. Com’è molto evidente, e non da oggi, in entrambe le materie si evidenzia una netta divisione lungo l’asse Nord-Sud, con gli studenti settentrionali che ottengono i risultati migliori mentre quelli meridionali, pur con qualche progresso, raggiungono risultati di apprendimento significativamente inferiori alla media italiana.
Test Ocse-Pisa
Il Programme for International Student Assessment o PISA (Programma per la valutazione internazionale dell’allievo), è un’indagine promossa dall’Ocse per valutare il livello d’istruzione degli studenti quindicenni dei paesi OCSE. A questo scopo, ogni tre anni vengono somministrate, in classi campione di tutti i paesi OCSE, delle batterie di test per valutare le competenze linguistiche, matematiche e scientifiche. L’Invalsi ha analizzato i risultati dei test e ha pubblicato un report in cui questi vengono disaggregati e analizzati anche a livello regionale. [5] Ho elaborato questi dati per ricavare, nuovamente, lo scostamento delle singole macro-regioni rispetto alla media nazionale. Anche qui riemergono le stesse dinamiche già evidenziate dai Test Invalsi.

Lo stesso rapporto dell’Invalsi, analizzando ad esempio i risultati di matematica, evidenzia come:
«Gli studenti del Nord Ovest (509) e del Nord Est (514) si collocano al di sopra sia della media nazionale (485) che della media OCSE (494), con una differenza statisticamente significativa; il Centro (485) è in linea con la media italiana ma sotto la media OCSE, mentre Sud e Sud Isole si collocano significativamente al di sotto delle due medie di riferimento con un punteggio medio rispettivamente di 464 e 446 così come le regioni dell’Area convergenza (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia) con un punteggio di 454».
Per fare un confronto, 514 è il punteggio in matematica della Finlandia, mentre 448 e 453 sono rispettivamente i punteggi di Turchia e Grecia.
Mele con pere?
Un’obiezione è immediata: se compariamo i risultati degli alunni quindicenni (Invalsi, Pisa) con quelli dei loro colleghi diplomati, non stiamo forse paragonando le mele con le pere? Non stiamo, cioè, confrontando dati disomogenei?
L’obiezione, in sé, non è infondata. In via del tutto teorica è possibile che nel triennio successivo alla somministrazione dei Test Invalsi, gli studenti del Sud abbiano migliorato i loro risultati di apprendimento in modo tale da raggiungere e superare i loro colleghi. Se così, fosse, però, dovremmo trovarne traccia non solo all’Esame di Stato ma anche nelle altre rilevazioni riferite ai loro coetanei e così non è.
Analizzando ad esempio i risultati dell’indagine Ocse-Piaac sulle competenze degli adulti [6] ed esaminando, in particolare, [pp. 120-121] le performance della fascia 16-24 anni, composta in gran parte da studenti, possiamo notare come non vi siano differenze significative rispetto ai risultati di Invalsi e Pisa. Ma se tutte le evidenze empiriche provenienti da studi indipendenti ci prospettano un certo scenario e l’Esame di Stato ne offre un altro, è molto più probabile che queste differenze di performance siano dovute non tanto agli studenti, quanto alla natura dell’esame e alle commissioni giudicatrici.
L’Esame di Stato è un esame oggettivo e uniforme sul territorio nazionale?
Dal punto di vista strettamente teorico e normativo [7], l’Esame di Stato dovrebbe essere una prova tendenzialmente oggettiva e uniforme su tutto il territorio. È composto, infatti, da tre prove scritte di cui due sono preparate direttamente dal Ministero, la maggioranza dei commissari d’esame, tra cui il presidente, sono scelti tra professori esterni alla scuola e il punteggio finale scaturisce dalla somma delle valutazioni delle singole prove, ottenute con l’uso di griglie di valutazioni oggettive, allegate ai verbali d’esame.
La realtà è molto diversa. Un quarto del punteggio finale (25 punti) viene attribuito in base ai risultati scolastici ottenuti nell'ultimo triennio e ogni commissione ha una diversa “sensibilità” nel correggere le prove: spesso le griglie di valutazione vengono compilate ex post e nell’attribuzione dei giudizi entrano in gioco fattori che nulla hanno a che vedere con la prova che si sta esaminando. In sostanza, una stessa prova, in mano a commissioni differenti, può vedersi attribuiti punteggi molto variabili tra loro.
Nessuno scandalo, sia chiaro. Chi, come me, fa questo mestiere sa benissimo che valutare uno studente non significa applicare burocraticamente una griglia per ricavare un punteggio. Però dobbiamo essere consapevoli che, a differenza dei Test Invalsi e Pisa, negli Esami di Stato l’attribuzione del punteggio massimo a una prova non significa che questa sia completa e tantomeno corretta.
Il giudizio potrebbe essere non assoluto ma relativo. Ad esempio, nell’ultimo esame di maturità la correzione della prova di matematica del Liceo Scientifico [8] era demandata a uno dei membri interni [9]. Vista la difficoltà della prova, che ha suscitato non poche polemiche, è molto probabile che sia stato premiato con un punteggio di 15/15 non solo chi è riuscito a completare correttamente tutte le consegne, ma anche chi ha svolto in modo corretto solo i quesiti che riguardavano parti del programma effettivamente svolte in classe.
Ma perché le commissioni d’esame delle regioni meridionali si sono comportate in modo così diverso da quelle del Nord?
Al Sud vengono dati volti alti in virtù delle condizioni di disagio sociale in cui vivono molte famiglie?
È una tesi che ha molti sostenitori. Ad esempio l’ex Ministro Beppe Fioroni nella già citata intervista a Lettera43.it ha dichiarato:
«non mi iscrivo al club che taccia i professori del Mezzogiorno di dare voti alti con leggerezza. Bisogna considerare anche la situazione di partenza, lo spaccato sociale. La scuola deve considerare nella valutazione complessiva anche l'apprendimento rispetto alle relazioni di partenza. Voglio dire che ci sono ragazzi che trovano nella famiglia rapporti che li arricchiscono anche nell'apprendimento. Altri, basta pensare ai ragazzi di Scampia o del rione Sanità, che la scuola accoglie e per i quali deve fare tutto».
È certamente una tesi affascinante, che suona più o meno così. Al Sud le condizioni sociali disagiate fanno sì che molti ragazzi siano a rischio dispersione scolastica. Per trattenere questi ragazzi a scuola ed evitare che imbocchino brutte strade, si preferisce abbassare l’asticella della sufficienza, rimodulando verso l’alto le valutazioni degli altri studenti, che quindi raggiungono facilmente valori di eccellenza.
Questa tesi è però smentita dai dati.
A complemento delle ottime considerazioni dell’articolo di Maria de Paola pubblicato su Lavoce.info [10] lo scorso anno, voglio aggiungere questa: se la tesi fosse vera, la discrepanza di votazioni tra Nord e Sud dovrebbe evidenziarsi maggiormente proprio in quelle scuole che accolgono alunni proveniente da situazioni disagiate, cioè negli istituti professionali. Invece l’analisi degli Open Data del Miur rivela una storia completamente diversa: la frattura Nord-Sud esiste ed è significativa nei licei, in particolare in quelli ad indirizzo classico, mentre è praticamente assente negli istituti tecnici e in quelli professionali.


Conclusione
Oggigiorno un voto di 100/100 alla maturità non è più garanzia di un facile accesso al mondo del lavoro, ma è d’aiuto se l’obiettivo è proseguire gli studi all’università. Sebbene il voto della maturità non contribuisca più al punteggio dei test di accesso alle università a numero chiuso, tuttavia ottenere un buon voto alla maturità continua a portare dei vantaggi.
Innanzitutto molte facoltà [12] offrono esenzioni, totali o parziali, agli studenti diplomati con il massimo dei voti. Inoltre, gli studenti che riescono a meritare la lode beneficiano di un bonus aggiuntivo [13] erogato dal Miur come premio al merito scolastico. Poiché, come emerge dagli studi di AlmaDiploma [14], la scuola italiana resta ancora estremamente classista, lungi dall’essere un premio e un sostegno per i ragazzi meritevoli provenienti da famiglie in difficoltà, la generosità dei voti nelle scuole meridionali è piuttosto un sussidio per i giovani delle famiglie benestanti, che frequentano il liceo classico e proseguiranno gli studi all’Università.
Note
[1] Miur, Esiti esami di Stato scuole secondarie di II grado 2015/2016 [link]
[2] “Zaia: Voti a scuola, ci sono due Italie. Così danneggiati studenti del Nordest”, Corriere del Veneto, 12/08/2016 [link]
[3] Faggionato Giovanna, “Scuola, Fioroni: Voti regalati al Sud? Tesi bislacca”, Lettera43, 11/08/2016 [link]
[4] Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione – Rilevazioni precedenti [link]
[5] OCSE-PISA 2012, Rapporto Nazionale 2012 [link]
[6] PIAAC-OCSE, Rapporto nazionale sulle competenze degli adulti 2014 [link]
[7] LEGGE 11 gennaio 2007, n. 1, Art. 6 [link]
[8] Esame di Stato 2016, seconda prova di matematica, Liceo Scientifico [link]
[9] Materie oggetto della II prova scritta e materia affidate ai commissari esterni 2015/2016 [link]
[10] Maria De Paola, “Se il voto di maturità non è uguale per tutti”, Lavoce.info [link]
[11] Dati Aperti della Scuola – Scuola in Chiaro [link]
[12] Università del Salento – Manifesto degli studi [link]
[13] Miur – Valorizzazione delle eccellenze [link]
[14] Almadiploma - Profilo dei diplomati – Indagine 2015 [link]
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Il sud della penisola italica - i meridionali

Messaggioda Berto » ven mar 09, 2018 8:59 pm

Mancata assistenza ai disabili: lo scandalo Iridas e Aias. I grillini: "Modificare i controlli"
I Nuovi Vespri
2018/02/26

http://www.inuovivespri.it/2018/02/26/m ... -controlli


Lo scandalo è stato denunciato dalla Corte dei Conti. Ma il vero punto della questione è la mancanza di controlli. E qui entrano in scena la Regione siciliana per l’Iridas e l’Azienda Sanitaria di Palermo (ASP) per l’Aias. L’intervento dei grillini dell’Ars

Lo scorso anno, quando sulla rete impazzava il video de Le Iene sui disabili gravi di Palermo abbandonati, ci chiedevamo: possibile che non si trovino i soldi – alla fine poche migliaia di euro per ogni disabile – per assistere persone che ne hanno veramente bisogno?

Oggi sappiamo che i soldi non mancavano, ma che venivano utilizzati per fini che poco o nulla avevano a che vedere con l’assistenza ai disabili. E’ stata la Corte dei Conti, nella relazione annuale, a mettere a fuoco un sistema di sperperi odioso, proprio perché effettuato da chi, invece, avrebbe dovuto occuparsi degli stessi disabili.

La denuncia è arrivata dalla presidente della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Sicilia, Luciana Savagnone. Sotto la lente d’ingrandimento della magistratura contabile sono finiti l’Iridas, l’Istituto regionale per l’integrazione dei diversamente abili, e l’Aias, l’Associazione italiana assistenza agli spastici.

Risorse dilapidate con una cattiva gestione. Ai componenti del consiglio di amministrazione dell’Iridas, al direttore generale, al direttore dei servizi amministrativi e al segretario nonché al presidente dell’Aias la Corte dei conti attribuisce comportamenti “volti alla locupletazione personale e al depauperamento di denaro pubblico in uno scenario di assenza di controlli esterni che ha consentito loro di perpetrare le condotte illecite nel tempo e di agire come veri e propri padroni delle strutture”.

Insomma, sperperi. Il tutto mentre chi avrebbe dovuto controllare non ha controllato: la Regione non ha effettuato le dovute verifiche sull’Iridas, mentre l’Azienda Sanitaria Provinciale (ASP) di Palermo non ha controllato quello che avveniva all’Aias.

Sulla vicenda intervengono i parlamentari del Movimento 5 Stelle all’Ars;

“Dopo le polemiche dei mesi scorsi, proteste e manifestazioni per chiedere lo stanziamento di risorse per assicurare il diritto alla salute e all’assistenza alle persone diversamente abili, scoprire abusi, sperperi, appropriazioni indebite nella gestione dell’Istituto regionale per l’integrazione dei diversamente abili e dell’Associazione italiana assistenza agli spastici per mera ‘disattenzione politica’ rappresenta uno schiaffo per migliaia di cittadini onesti, per le persone disabili e le loro famiglie, che quasi sempre vengono lasciate sole nell’indifferenza di chi governa”.

I grillini chiedono al Governo regionale di Nello Musumeci “modifiche al sistema dei controlli previsti dalla legge regionale. E chiedono, inoltre, “l’apertura di un tavolo di concertazione con i soggetti coinvolti e le Istituzioni per adeguare e potenziare il sistema dei controlli ed evitare episodi analoghi, in futuro”.

Per il M5S “la Corte dei Conti ha rilevato uno scenario di assenza di controlli esterni che ha consentito di perpetrare le condotte illecite e ai vertici di questi enti di agire come veri e propri padroni delle strutture, ma anche una ‘sostanziale inerzia delle amministrazioni danneggiate’: la Regione e, per l’Aias, l’ASP di Palermo”.

“Tutto questo è inaccettabile – dice la deputata regionale Roberta Schillaci – Chiediamo di potenziare il sistema dei controlli previsti dalla legge regionale 68 del 1981 nella parte che riguarda le competenze dell’assessorato alla Sanità e dell’ASP di Palermo, dal momento che l’Aias ha ricevuto dal 2008 ad oggi circa 20 milioni di euro di fondi pubblici, che avrebbero dovuto essere utilizzati per attività di cura, assistenza e riabilitazione domiciliare, secondo il modello del ‘day habilitation’”.

“A mancare – aggiunge – sono state anche le attività di vigilanza da parte dall’ASP sull’Aias, previste dalla convenzione stipulata nel 2006 tra l’Azienda Sanitaria e l’associazione Aias”.

Il deputato regionale Giorgio Pasqua, componente della commissione Salute dell’Ars, aggiunge:

“Quanto avvenuto deve indurre la politica ad un’assunzione di responsabilità. Se nei consigli di amministrazione di questi organismi ci fossero stati i familiari di persone disabili che conoscono bene le difficoltà patite da chi vive determinate situazioni episodi come questi non si sarebbero verificati”.

La verità è che, con la vecchia politica siciliana, dove ti giri trovi ruberie…




Il buco nero dei fondi ai disabili "Sperperi e assenza di controlli"
2018/02/23

http://livesicilia.it/2018/02/23/soldi- ... lia_935143

PALERMO - L'assistenza ai disabili in Sicilia è un pozzo senza fondo di abusi, sperperi, appropriazioni indebite, intrallazzi vari.

E' pesante la denuncia del presidente della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti, Luciana Savagnone

, sulla gestione di due organismi: l'Iridas, istituto regionale per l'integrazione dei diversamente abili, e l'Aias, associazione italiana assistenza agli spastici. Si tratta di un tema, quello dell'assistenza ai disabili, che è stato al centro di un'accesa polemica politica scatenata contro la Regione accusata di non avere messo a disposizione risorse e servizi adeguati. Solo dopo varie e vibrate manifestazioni di protesta la Regione ha stanziato altri fondi. Ma quelle risorse, pur sempre insufficienti per una "disattenzione della politica", sostiene ora la presidente Savagnone nella relazione di apertura dell'anno giudiziario, sono state dilapidate con comportamenti di "mala gestio".

Ai componenti del consiglio di amministrazione dell'Iridas, al direttore generale, al direttore dei servizi amministrativi e al segretario nonché al presidente dell'Aias la Corte dei conti ha attribuito comportamenti "volti alla locupletazione personale e al depauperamento di denaro pubblico in uno scenario di assenza di controlli esterni che ha consentito loro di perpetrare le condotte illecite nel tempo e di agire come veri e propri padroni delle strutture". Sullo scandalo della gestione dei fondi per i disabili, aggiunge Savagnone, c'è stata una "sostanziale inerzia delle amministrazioni danneggiate": la Regione e, per l'Aias, l'Asp di Palermo.

Dalla relazione si evince anche un altro dato: raddoppiano in Sicilia le condanne per danno erariale a carico di amministratori e dipendenti pubblici. Savagnone ha fornito la cifra dei danni accertati nel 2017 con 107 sentenze: ammontano a 14 milioni e 365.800 euro, il doppio dell'anno precedente. La parte del leone la fanno Regione e enti locali che ricaveranno dalle sentenze della Corte oltre dieci milioni di euro. Allo Stato andranno 3 milioni e 4221 mila euro, alle aziende sanitarie oltre 888 mila euro. Le irregolarità più ricorrenti riguardano la gestione e l'impiego di contributi comunitari all'imprenditoria e all'agricoltura, lo spreco di risorse a volte concesse a soggetti privi dei requisiti previsti dalla legge, l'attribuzione di incarichi a "esperti" e consulenti, assunzioni illegittime e pagamenti ai dipendenti di emolumenti non dovuti. Varie le condanne per danno all'immagine.

"Per quanto abbiamo esaminato, fino all'anno scorso e qualcosa anche quest'anno, la situazione dei conti della Regione non è allarmistica. Ancora non abbiamo i dati di preconsuntivo, ma io non sarei né allarmista né pessimista. Tra un paio di mesi, ad aprile, potremmo essere più precisi. Certo, si tratta di un lavoro che dovrà essere svolto da un nuovo governo, da una nuova amministrazione che deve riprendere tutto daccapo e impostare le politiche future; non è un lavoro semplice. L'allarme di un ente pubblico è la cassa. Se in cassa non ci sono problemi, possiamo dire che non sta benissimo ma non c'è rischio di default". Lo dice Maurizio Graffeo, presidente della sezione di controllo della Corte dei Conti a margine dell'inaugurazione dell'anno giudiziario commentando la situazione economica della Regione.



Intascavano i fondi destinati a malati gravi e disabili: condannate Aias e Iridas per danno erariale da circa 1 mln
23 febbraio 2018

https://www.lecodelsud.it/intascavano-f ... irca-1-mln


Gestivano i fondi dell’associazione che avrebbe dovuto assistere malati gravissimi, “finalizzandoli unicamente alla realizzazione di vantaggi personali, per sè, per amici e parenti, attraverso l’appropriazione di risorse pubbliche, provocando un danno erariale di 578.804 euro”.

E’ quanto si legge nella relazione della Corte dei Conti per la Regione siciliana, riguardo agli amministratori dell’Aias (Associazione Italiana Assistenza Spastici), condannati in primo grado. La magistratura contabile avrebbe accertato gravi responsabilità a carico degli amministratori che avrebbero usato il denaro pubblico, erogato dall’Asp di Palermo, per rimborsi auto non dovuti, spese di ristorazione, hotel per sé e per i propri familiari, parcelle legali. Ci sarebbe perfino il caso del figlio di uno degli amministratori che avrebbe ricevuto un compenso per un incarico professionale mai svolto. La magistratura contabile nella sua relazione ha chiamato in causa la Asp di Palermo.

“Abbiamo assistito – si legge – ad una sostanziale inerzia dell’amministrazione danneggiata, rappresentata dalla Asp di Palermo, che, procedendo all’erogazione di ingentissime somme, avrebbe dovuto controllare il loro corretto utilizzo, unitamente all’organo di vigilanza costituito dall’assessore regionale alla Sanità“.

Ma dopo il furto di denaro pubblico degli amministratori dell’Aias, un altro paragrafo oscuro della malagestione dei servizi assistenziali, stavolta dei disabili, riguarda l’Iridas, l’Istituto Regionale per l’Integrazione dei Diversamente Abili di Sicilia. La magistratura contabile ha condannato il direttore generale, il direttore amministrativo e il segretario che “hanno concorso tra di loro alla malagestione all’interno dell’istituto, appropriandosi di denaro pubblico, in uno scenario di assenza di controlli che ha consentito loro di perpetrare condotte illecite nel tempo e di agire come veri e propri padroni dell’istituto”.

Gli amministratori, secondo quanto si legge nella relazione annuale della magistratura contabile, avrebbero causato un danno erariale di circa 400mila euro, mentre altre 300mila euro sono state calcolate complessivamente per il danno di immagine subito.

Nel merito del caso Iridas e Aias, la presidente della sezione giurisdizionale, Luciana Savagnone, ha affermato: “Le due associazioni sono state gestite da soggetti che hanno perpetrato illeciti enormi. Il fatto che abbiano rubato le somme, è più grave se si pensa che non se ne è accorto nessuno. Per quattro anni c’è stata una ruberia continua senza che nessuno si sia mai occupato di verificare questi bilanci”.

I responsabili dell’appropriazione di denaro pubblico potrebbero ora non pagare per il reato commesso, perché alcuni di questi fatti sono accaduti tra il 2003 e il 2005, sarebbero dunque reati già prescritti. “Non si può arrivare quando già una parte del danno è prescritta – ha denunciato Savagnone – la Regione avrebbe dovuto attuare i controlli per quanto riguarda l’Iridas perché è un istituto regionale, mentre per quanto riguarda l’Aias, l’Asp di Palermo che ha erogato i fondi avrebbe dovuto anche effettuare i controlli”.

Il dato finale del report della Corte dei Conti è un incremento delle condanne nello scorso anno pari al doppio del 2016 per un totale di 14 milioni 463 mila euro, di cui 14 milioni 365mila di danno erariale, 87mila 234 euro di danno relativo a giudizi di conto, 10.000 euro a giudizi di istanza di parte.

Savagnone ha affermato: “Abbiamo avuto il doppio delle condanne dello scorso anno, sono sentenze di primo grado, può darsi che il numero sia soggetto a mutazione in appello. Tra le maggiori criticità – ha ancora aggiunto il presidente – i gravi sprechi dei fondi comunitari. Già ci sono quelli che non vengono assegnati, e quello è un danno erariale di cui non ci possiamo occupare perché l’inerzia non viene purtroppo sanzionata, né si può sapere perché non ci sono stati progetti. E poi ci sono i fondi che vengono sprecati e assegnati male. C’è sempre un problema di controllo interno alla Regione che manca, che continua a non esserci”.




Sicilia, Corte dei Conti: "Condanne per danni erariali raddoppiate, sottrazione di fondi Ue e di quelli per i disabili"
23 febbraio 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... li/4183431

“Il livello di corruzione nella pubblica amministrazione in Sicilia è tale e quale al resto d’Italia. Chi ha i soldi in mano, chi gestisce potere è indotto in tentazione“. Se questa è la premessa, quel che segue non stupisce. A dirlo è stata la presidente della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione siciliana Luciana Savagnone a margine dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2018. Il quadro fatto durante la cerimonia? Raddoppio, in un anno, delle condanne per danni erariali, spreco di fondi comunitari anche grazie alla “sostanziale inerzia da parte delle amministrazioni a procedere ad un controllo”, “mala gestio” e sperperi dei soldi destinati all’assistenza ai disabili, “un pozzo senza fondo di abusi, sperperi, appropriazioni indebite, intrallazzi vari”.

Nel 2017 sono state 105 le sentenze di condanna pronunciate nel 2017 dalla Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti siciliana nei confronti di amministratori, pubblici dipendenti, percettori di contributi pubblici e soggetti legati alla pa da un rapporto di servizio, per un importo complessivo di 14,4 milioni di euro: oltre il doppio dell’importo delle condanne pronunciate nell’anno precedente. “Si è accertata – ha sottolineato Savagnone nel suo intervento – una sostanziale inerzia da parte delle amministrazioni a procedere ad un controllo in merito alla spendita di denaro pubblico, così che sembra che nessuno si accorga di chi, agendo al suo interno, sperpera, sottrae denaro, spende male. Anche nel complesso meccanismo della concessione del finanziamento pubblico e specie nella fase che precede la definitiva erogazione delle risorse economiche, che proprio per consentire un’osservazione costante dell’attività del soggetto beneficiario vengono corrisposte in più tranche, occorrerebbe intensificare le verifiche, al cui esito deve essere condizionata via via l’assegnazione delle somme ed il saldo finale”.

In particolare “i fondi comunitari sono sprecati al massimo. Già ci sono quelli che non vengono assegnati, e quello è un danno erariale di cui non ci possiamo occupare perché l’inerzia non viene purtroppo sanzionata, né si può sapere perché non ci sono stati progetti. E poi ci sono i fondi che vengono sprecati e assegnati male. C’è sempre un problema di controllo interno che manca”. Nel 2017, si legge nella relazione del presidente, la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti “si è occupata innumerevoli volte di danni erariali provocati dallo spreco di fondi comunitari perché indebitamente erogati in favore di soggetti che non avevano i requisiti richiesti ovvero perché utilizzati in modo improprio”. Risorse a sostegno dell’imprenditoria e dell’agricoltura e per le quali “sono state emesse numerosissime sentenze di condanna alla restituzione delle somme”. “La diffusione del fenomeno delle illegittimità riscontrate – aggiunge Savagnone – induce a ritenere che difetti nel meccanismo di concessione dei suddetti contributi un attento controllo delle sue varie fasi, da quella di individuazione dei possibili beneficiari fino a quella di erogazione delle risorse”. In particolare, una “responsabilità va attribuita alle banche che sono soggetti intermedi nell’erogazione dei contributi alle imprese”.

Poi c’è il capitolo dell’assistenza ai disabili. Tema che è stato al centro di un’accesa polemica politica contro la Regione accusata di non avere messo a disposizione risorse e servizi adeguati. La gestione dell’Iridas, istituto regionale per l’integrazione dei diversamente abili, e l’Aias, associazione italiana assistenza agli spastici, è stata secondo Savagnone all’insegna di sprechi e scandali: le risorse sono state dilapidate, i componenti del consiglio di amministrazione dell’Iridas, il direttore generale, il direttore dei servizi amministrativi e il segretario nonché il presidente dell’Aias hanno avuto comportamenti “volti alla locupletazione personale e al depauperamento di denaro pubblico in uno scenario di assenza di controlli esterni che ha consentito loro di perpetrare le condotte illecite nel tempo e di agire come veri e propri padroni delle strutture”. E sullo scandalo della gestione dei fondi, aggiunge Savagnone, c’è stata una “sostanziale inerzia delle amministrazioni danneggiate”: la Regione e, per l’Aias, l’Asp di Palermo.

Infine non mancano problemi nei rapporti finanziari tra la regione e Riscossione Sicilia. Il procuratore regionale Gianluca Albo ha evidenziato che ammonta a oltre 68,5 milioni di euro il mancato versamento all’ente da parte dell’agente che riscuote i tributi. “Lo stesso agente della Riscossione, affidatario del ruolo iscritto per la riscossione dei crediti derivati alla Regione dalle condanne della Corte dei conti, non risulta poi particolarmente efficace nelle azioni di recupero del credito erariale derivante da titoli esecutivi del giudice contabile”, ha aggiunto Albo, “e si è rivelato, non di rado, un vero e proprio ‘muro di gomma’ allorché la Regione creditrice, l’Avvocatura dello Stato e la medesima procura regionale hanno chiesto informazioni sullo stato delle procedure esecutive”.
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Re: Il sud della penisola italica - i meridionali

Messaggioda Berto » ven mar 09, 2018 9:08 pm

Caserta, truffa all'Inps da 3 milioni: denunciati 700 finti lavoratori
Venerdì 9 Marzo 2018

https://ilmessaggero.it/primopiano/cron ... 96452.html

Finti lavoratori assunti e subito licenziati da società fantasma, create ad hoc per ottenere i sussidi dello Stato: è quanto ha scoperto la Guardia di Finanza di Caserta indagando su 24 società impegnate nei settori dell'edilizia, delle pulizie e dell'agricoltura. La truffa è costata alle casse dello Stato nel solo 2017 oltre 3 milioni. Le indagini sono partite proprio dall'attività di controllo degli ispettori dell' Inps, dalla quale sono scaturite una serie di denuncie all'autorità giudiziaria.

E gli accertamenti della Gdf hanno consentito di accertate la truffa realizzata dai rappresentanti legali e dagli amministratori delle società, in concorso con i lavoratori che venivano prima assunti e subito dopo licenziati in modo da poter beneficiare dell'indennità mensile di disoccupazione dell' Inps. Tutte le società su cui la Finanza ha indagato - per lo più nei comuni di Villa Literno, Villa di Briano, Casal di Principe e Frignano - avevano le stesse caratteristiche: nessuna sede operativa, l'assenza di ogni tipo di contabilità, l'inesistenza delle attività dichiarate: di fatto erano scatole vuote costituite ad hoc per assumere i lavoratori e subito licenziarli.

Nel solo 2017, l'anno su cui si sono concentrati gli accertamenti, gli uomini delle Fiamme Gialle hanno denunciato 722 persone per truffa aggravata nei confronti dell' Inps. Ma si tratta solo, sottolinea la Finanza, della «punta dell'iceberg in quanto il numero delle aziende potenzialmente coinvolte in fenomeni analoghi potrebbe risultare notevolmente superiore, in ragione del numero di accertamenti ispettivi effettuati dall'ente previdenziale». Proprio per questo l'inchiesta è ancora in corso e gli investigatori stanno approfondendo gli eventuali rapporti tra i soggetti coinvolti per stabilire se esiste una matrice comune che conduca ad un'unica organizzazione e se vi sia stato il contributo di professionisti del settore.
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Re: Il sud della penisola italica - i meridionali

Messaggioda Berto » mar mar 13, 2018 8:43 pm

"Tangenti per la Siracusa-Gela", sei arresti: c'è anche il presidente di Condotte spa
2018/03/13

http://gds.it/2018/03/13/tangenti-per-l ... spa_816839

MESSINA. Presunte tangenti per i lavori sulla Siracusa-Gela. Il gip di Messina ha disposto l'arresto di 6 persone tra cui Duccio Astaldi, presidente del consiglio di gestione della Condotte spa, impresa italiana leader nel settore delle costruzioni, che nel pomeriggio ha rassegnato le proprie dimissioni al consiglio.

Astaldi è ai domiciliari, così come il presidente del consiglio di amministrazione della Cosige Scarl Antonio D’Andrea e l’ex capo della segretaria tecnica dell’ex governatore siciliano Rosario Crocetta, Stefano Polizzotto. Sono coinvolti in una inchiesta che ha ad oggetto una presunta tangente per i lavori di realizzazione di tre lotti dell’autostrada Siracusa-Gela.

Arresti domiciliari decisi anche per il funzionario del Consorzio Autostrade Siciliano Gaspare Sceusa. Misura cautelare in carcere, invece, per il finanziere Nicola Armonium e Antonino Gazzarra, vicepresidente del Cas. Le accuse formulate dalla Procura di Messina sono, a vario titolo, di turbata libertà degli incanti, abuso d’ufficio e corruzione.

L’indagine, che nasce da una segnalazione alla procura della città dello Stretto da parte del Tar, a cui avevano fatto ricorso le ditte escluse dalla gara di affidamento dei lavori, è stata coordinata dal procuratore di Messina Maurizio De Lucia.
Frana sulla Messina-Catania nel 2015, inchiesta sui lavori: sospeso per un anno il direttore del Cas

Oltre ai sei colpiti da misura cautelare, sono coinvolte nell’indagine cinque persone, tra cui i componenti della commissione che avrebbe dovuto verificare la congruità delle offerte per l’affidamento delle opere: Pietro Mandanici, Sebastiano Sudano, Antonino Recupero e Corrado Magro.

Indagato anche Maurizio Trainiti, direttore generale pro-tempore del Cas. Il Consorzio Autostrade, solo una settimana fa, è stato al centro di un’altra inchiesta della procura di Messina che ha ipotizzato a carico di Sceusa, tra gli altri, il reato di disastro ambientale per i lavori di messa in sicurezza del tratto dell’autostrada Messina-Catania interessata dalla frana di Letojanni.

Le opere vennero aggiudicate al raggruppamento temporaneo di imprese Condotte per l'Acqua spa - Cosige spa. Secondo gli inquirenti, la commissione aggiudicatrice avrebbe turbato la libertà degli incanti fissando svariate sedute con il finto intento di ottenere chiarimenti sull'analisi di spesa dell'offerta presentata dai concorrenti e richiedendo integrazioni per mostrare solo formalmente un particolare approfondimento degli elementi forniti dai partecipanti alla gara. Attività di mera facciata per coprire la scelta, già fatta secondo le accuse, dell'aggiudicatario.

Altro aspetto dell'inchiesta riguarda un presunto abuso d'ufficio commesso dal direttore generale pro tempore del Cas, Maurizio Trainiti, dal vicepresidente Gazzarra, figura chiave dell'indagine, da Antonio D'Andrea, Duccio Astaldi, Stefano Polizzotto e Nicola Armonium.

Violando la legge, contestualmente alla stipula, sarebbe stata inserita nel contratto d'appalto una clausola che prevedeva la possibilità di posticipare i termini di consegna del lotto prioritario e di ultimazione dell'opera.

Ciò, per i pm, avrebbe provocato un danno al Cas. A Gaspare Sceusa, invece, responsabile unico del procedimento relativo all'appalto, i pm contestano di avere autorizzato illegittimamente la Cosige Scarl (società consortile costituita tra la Condotte d'Acqua S.p.A. e la Cosedil S.p.A.) a stipulare un contratto di sub-appalto per una consulenza legale con un'altra società, la Pachira Partners spa.

La Pachira avrebbe incassato per il servizio offerto un milione e 650mila euro. Ma la somma in realtà, secondo i magistrati, sarebbe stata una provvista creata dalla società vincitrice dell'appalto per "remunerare" il vicepresidente del Cas Gazzarra: una mazzetta insomma. Contemporaneamente infatti, il pubblico ufficiale avrebbe incassato esattamente la stessa somma come compenso di una consulenza da lui fornita alla Pachira Partners.

La società Condotte, una nota «ribadisce la massima fiducia nell’operato della magistratura e nel corso della giustizia». Nella nota la società rileva comunque che «tutti gli atti relativi alla procedura di gara in questione sono già stati vagliati, in maniera approfondita e in più passaggi, dalla giustizia amministrativa, senza che venisse ravvisata alcuna irregolarità. Condotte spa dunque ribadisce la limpidezza e la linearità del proprio operato nei confronti sia dell’Ente pubblico che di qualsiasi altro soggetto. Nell’attesa che vengano eseguiti tutti i necessari accertamenti, si auspica nei tempi più brevi possibili, la Società continua la sua normale operatività
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Re: Il sud della penisola italica - i meridionali

Messaggioda Berto » ven mar 16, 2018 8:00 pm

Sequestrati 151 mila euro all'ex pm Ingroia
Soldi percepiti da amministratore unico di Sicilia e Servizi

https://notizie.virgilio.it/top-news/se ... oia-135957

(ANSA) – PALERMO, 16 MAR – La Guardia di Finanza ha sequestrato oltre 151 mila euro all’ex pm di Palermo Antonio Ingroia nell’ambito dell’inchiesta in cui l’ex magistrato è indagato per peculato. Si tratta di un sequestro per equivalente disposto dal gip su richiesta della Procura del capoluogo. Da amministratore unico di Sicilia e Servizi, società a capitale pubblico che gestisce i servizi informatici della Regione siciliana, Ingroia avrebbe percepito indebitamente rimborsi di viaggio per 34 mila euro e si sarebbe liquidato un’indennità di risultato sproporzionata rispetto agli utili realizzati dalla società: 117 mila euro. Nella vicenda è coinvolto anche Antonio Chisari, all’epoca dei fatti revisore contabile della società partecipata regionale Sicilia e Servizi s.p.a. Anche lui come Ingroia è accusato di peculato. Le contestazioni mosse agli indagati nascono dalla natura riconosciuta alla Sicilia e-Servizi s.p.a. di società in house della Regione da cui deriva che entrambi abbiano rivestito la qualifica di incaricato di pubblico servizio. Ingroia, prima liquidatore della società (dal 23 settembre 2013), è stato successivamente nominato amministratore unico dall’assemblea dei soci, carica che ha ricoperto dall’8 aprile 2014 al 4 febbraio 2018.


“Alberghi di lusso e stipendio d’oro”: sequestro di beni per l’ex pm Ingroia
Sotto accusa la sua gestione della società regionale per i servizi informatici, "Sicilia e-Servizi". La Finanza punta il dito su sprechi per 150mila euro. L'ex toga: "Ho sempre rispettato la legge"
di SALVO PALAZZOLO e FRANCESCO PATANE'
16 marzo 2018

http://palermo.repubblica.it/cronaca/20 ... -191413047

Alberghi a cinque stelle e stipendio d'oro. L'ex pubblico ministero antimafia Antonio Ingroia, oggi avvocato e candidato con la "Lista del popolo per la Costituzione" alle Politiche del 4 marzo, finisce sotto accusa per la gestione di "Sicilia e-Servizi", la società regionale che si occupa (fra tante inefficienze) dei servizi informatici. Il nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo gli ha notificato un provvedimento di sequestro di beni per 150mila euro, l'equivalente di quanto avrebbe intascato illegittimamente, durante la sua attività di amministratore unico e di liquidatore della società. Il provvedimento è stato firmato dalla gip Marcella Ferrara.

Ingroia è indagato per peculato dai magistrati che fino a cinque anni fa erano i suoi colleghi. Per il procuratore Francesco Lo Voi, l'aggiunto Sergio Demontis e i sostituti Pierangelo Padova ed Enrico Bologna, avrebbe potuto ottenere solo il rimborso dei biglietti aerei nelle trasferte da Roma (sua nuova residenza) verso la Sicilia.

Nulla, invece, era dovuto per i costosi alberghi: dal Grand hotel Villa Igiea, la storica residenza della Belle Epoque scelta da tanti sovrani per i loro soggiorni in Sicilia, all'Excelsior, al Centrale Palace hotel. E poi c'è la maxi-indennità di risultato da 117mila euro che Ingroia si è autoassegnato per tre mesi di lavoro come liquidatore della società a capitale pubblico della Regione.

Nel 2013, l'anno contestato, gli utili erano stati di appena 33mila euro, nell'anno successivo furono di 3.800 euro. Utili, si fa per dire, di un carrozzone che doveva essere liquidato e invece è rimasto aperto. Il provvedimento di sequestro riguarda anche Antonio Chisari, revisore contabile della società che oggi si chiama Sicilia Digitale spa.

LEGGI La seconda vita dell'ex pm antimafia: un passo falso dietro l'altro

Il caso Ingroia è nato dopo una segnalazione della procura della Corte dei conti, incuriosita da un articolo del settimanale L'Espresso, che nel febbraio 2015 dava conto dei rimborsi a tanti zeri di Ingroia e titolava: "Servizi e imbarazzi".

Nei mesi scorsi, l'ex pubblico ministero nominato dal governatore Rosario Crocetta ha ricevuto due avvisi di garanzia per questa vicenda.

Interrogato in procura, ha rivendicato di avere rimesso in piedi un'azienda pubblica che faceva acqua da tutte le parti: "E' la legge a prevedere riconoscimenti agli amministratori in caso di raggiungimento di determinati obiettivi", ha dichiarato. Ma la difesa non ha convinto.

La procura contesta che "Sicilia e-servizi" abbia avuto risultati e sostiene che la maxi-indennità di Ingroia avrebbe addirittura determinato un deficit di bilancio. Nell'atto d'accusa, i pubblici ministeri ricordano che l'indennità di risultato ha una nuova disciplina dal 2008: prevede la liquidazione delle somme "solo in presenza di utili e comunque in misura non superiore al doppio del cosiddetto compenso omnicomprensivo". All'epoca, il compenso omnicomprensivo riconosciuto dall'assemblea della società era di 50 mila euro.

Ingroia promette battaglia legale contro i suoi ex colleghi. Intanto non è più al vertice di "Sicilia e-servizi", il nuovo presidente della Regione Nello Musumeci non l'ha confermato. E ora l'ex pubblico ministero fa l'avvocato a tempo pieno, fra i suoi clienti anche arrestati per mafia, il più recente è il "re" delle scommesse on line Ninì Bacchi, che in un'intercettazione diceva: "Una cosa è che uno si presenta con Antonio Ingroia, ex magistrato antimafia, conosciuto in tutto il mondo". E l'imprenditore boss meditava di dare al suo avvocato l'uno per cento della società. Ma è rimasta un'idea.

Negli ultimi tempi, Ingroia si è dedicato soprattutto alla campagna elettorale, con la sua "Lista del popolo per la Costituzione", che però ha avuto un risultato deludente. Ma l'ex pm non si arrende: il giorno dopo il voto ha annunciato su Facebook che proseguirà nel suo impegno in politica.

"Ho appreso dalla stampa del provvedimento emesso nei miei confronti - commenta Ingroia - prima ancora che mi venisse notificato. Comunque ho la coscienza a posto perché so di avere sempre rispettato la legge, come ho già chiarito e come dimostrerò nelle sedi competenti. La verità è che ho denunciato sprechi per centinaia di milioni di euro, soldi che solo io ho fatto risparmiare, e invece sono accusato per una vicenda relativa alla
mia legittima retribuzione".

L'ex pm si dice sereno: "Dimostrerò come stanno le cose - prosegue -. Intanto continuo il mio lavoro di avvocato sempre con lo stesso impegno e nella stessa direzione: oggi sono in udienza a Reggio Calabria, nel processo 'Ndrangheta stragista, come avvocato di parte civile delle famiglie dei carabinieri Fava e Garofalo uccisi nel 1994 dalla mafia e dalla 'Ndrangheta, vicenda collegata con la trattativa Stato-mafia".
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Il sud della penisola italica - i meridionali

Messaggioda Berto » ven mar 16, 2018 10:49 pm

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Re: Il sud della penisola italica - i meridionali

Messaggioda Berto » sab mar 17, 2018 4:33 pm

La lagna sudista

La lagna sudista per spillare risorse a fondo perduto, racconta la falsa storiella che il sud sarebbe un'area geograficamente svantaggiata ai fini economici perché distante dalle aree industrializzate d'Europa, per cui dovrebbe essere sostenuta innanzi tutto da una fiscalità ridotta, di vantaggio.

Se fosse vero che la distanza geografica influenza negativamente l'economia perché Israele che non solo è geograficamente distante e periferico, molto più del sud Italia, della Sicilia e della Sardegna, e che è anche inserito in un'area sub continentale ove mancano completamente le infrastrutture per lo sviluppo industriale con l'aggravante di un contesto politico di paesi ostili e violenti che attentano quotidianamente alla sua esistenza, perché ciononostante è uno dei paesi più sviluppati culturalmente, scientificamente, economicamente del mondo e certamente molto ma molto di più del sud Italia e delle sue isole?


Confronto tra Israele e la Sicilia:
la Sicilia ha un territorio leggermente più grande di Israele; ha 5 milioni di abitanti contro gli 8,3 milioni di Israele quindi molto più della metà e un PIL che è 1/3 di quello Israeliano (compreso il falso PIL dato dal reddito dei dipendenti pubblici e dai trasferimenti statali).


Israele
https://it.wikipedia.org/wiki/Israele

Teeritorio
Totale 20.770 / 22.072 km² (151º)
Popolazione
Totale 8 345 000 ab. (2015) (96º)
Densità 402 ab./km²
Tasso di crescita 2% (2015)

PIL (nominale) 257 480 milioni di $ (2012) (40º)
PIL pro capite (nominale) 33 433 $ (2012) (26º)
PIL (PPA) 260 909 milioni di $ (2012) (49º)
PIL pro capite (PPA) 33 878 $ (2012) (25º)


Sicilia
https://it.wikipedia.org/wiki/Sicilia
Superficie 25 832,39[2] km²
Abitanti 5 031 453 (31-10-2017)
Densità 194,77 ab./km²
PIL (nominale) 87.383 mln € (2015)
(PPA) 83.956 mln €


Indro Montanelli

"Finalmente in Israele ho visto documentata nei fatti una verità nella quale, sotto sotto, avevo sempre creduto, ma di cui mi mancava la prova: e cioè che non sono i paesi a fare gli uomini, ma gli uomini a fare i paesi. Sicché quando si dice “zona sviluppata”, si deve sottintendere uomini e popoli energici e attivi; e quando si dice “zona depressa”, si deve sottintendere uomini e popoli depressi. Tutte le altre ragioni della depressione – clima, idrografia, orografia, eccetera – sono soltanto delle comode scuse quando non sono addirittura il frutto dell’incapacità e dell’accidia umane".




La mafia mangia 20 miliardi dei siciliani
di Michele Giuliano

http://www.qds.it/4213-la-mafia-mangia- ... iliani.htm

Criminalità. Sicilia paralizzata dalla criminalità organizzata.

Imbrigliati. L’Università di Messina ha pubblicato uno studio che dà la dimensione globale del fenomeno mafioso nell’Isola: ad oggi resta imbrigliato nelle maglie della mafia il 25,4 del Pil prodotto.

Estorsioni. In Sicilia sono colpiti dal racket delle estorsioni l’80 per cento dei negozi di Catania e Palermo. Inoltre sono 150.000 i commercianti dell’Isola convolti in rapporti usurari.

Venti miliardi di euro. Questo il salatissimo conto che i siciliani pagano alla Mafia. Almeno un quarto della ricchezza prodotta in Sicilia dissipata tra i meandri della criminalità organizzata. L’Università di Scienze politiche di Messina ha stabilmente inquadrato così lo scenario economico siciliano anche in proiezione futura.
Una cosa è certa: il presente è impietoso e conferma un trend pericolosissimo per l’Isola, la cui produzione e ricchezza economica è imprigionata nelle logiche mafiose, in grado di prosciugare buona parte del prodotto interno lordo.
In mezzo a tutto questo, al di là dei freddi numeri, prolifica anche un mercato parallelo fatto di lavoro sommerso, evasione delle imposte, alterazione del mercato della concorrenza.

Una tendenza che sembra quasi obbligata all’imprenditore siciliano dal momento che negozi e aziende “devono” sborsare alle casse di Cosa Nostra qualcosa come un miliardo di euro l’anno, pari all’1,3 per cento del Pil regionale secondo un calcolo fatto dalla Fondazione “Rocco Chinnici”.
E stiamo parlando in questo caso solo di costi diretti e proporzionali al fatturato delle imprese. In realtà attorno gira un’economia, su cui grava l’indotto e tutto ciò che può essere collegato direttamente all’economia e alla produzione di ricchezza, dalle cifre mastodontiche.

L’Università di Messina ha pubblicato uno studio che dà la dimensione globale del fenomeno mafioso nell’Isola. A firmarlo è il docente Mario Centorrino, oggi assessore regionale, e i due ricercatori Elio Montanari e Ferdinando Ofria. I tre hanno ricostruito la “filiera”, se così si può chiamare, stimando che oggi il Pil globale siciliano è ingessato per ben il 25,4 per cento proprio dalle dinamiche di Cosa Nostra e dalla pressione che esercita sull’economia dell’Isola. Calcolando che oggi il Pil siciliano annuo ammonta a 85 miliardi di euro, si può quindi arrivare alla deduzione che ben oltre 20 miliardi vanno in fumo.

Il perché di questa dinamica così forte è presto spiegata: “In Sicilia – asserisce Sos Impresa della Confesercenti - sono colpiti l’80 per cento dei negozi di Catania e Palermo. Nei cantieri sotto controllo mafioso si lavora e basta. Diritti sindacali non esistono, le norme di sicurezza sono un optional. Quanto ai prestiti da strozzini, altra attività tipica di impiegare i soldi mafiosi, il numero dei commercianti coinvolti in rapporti usurari è oggi stimato in oltre 150 mila”.

L’alterazione del mercato sta proprio tutta qui: l’imprenditore o l’esercente deve contare su ricavi eliminando, oltre alle spese di gestione dell’attività, anche i costi della criminalità. Questo comporta la necessità di dovere ricorrere alla mano d’opera in nero o parzialmente irregolare, con evasione del Fisco, per eliminare alcuni costi a carico. E le cose possono andare molto peggio: entro il 2015 infatti Cosa nostra potrebbe arrivare anche a un giro d’affari di 41,583 miliardi di euro. Quantomeno questa è una delle ipotesi fatta proprio da Centorrino, Montanari e Ofria. Ci sono anche altre due ipotesi formulate meno disastrose: “Una - si legge nello studio dei tre esperti - presume che per gli anni di previsione vi sia un rapporto stabile tra il giro d’affari di Cosa nostra e il Pil della Sicilia: si arriverebbe così nel 2015 a un giro d’affari di Cosa nostra pari a 31 miliardi e 187,4 milioni, circa il 38 per cento del Pil totale.


Il secondo scenario prevede invece che il giro d’affari di Cosa nostra e il Pil della regione non sia stabile nel tempo ma grazie all’azione dell’antimafia il giro d’affari di Cosa nostra diminuisca di un terzo a partire dal 2009”.
A suffragare questa tesi anche l’Università di Palermo, a cui è stato commissionato uno studio sui costi dell’illegalità da parte della Fondazione “Chinnici”.

In pratica, la richiesta di pizzo va da un minimo di 32 euro al mese a una tabaccheria al massimo di 27 mila e 200 euro, sempre mensili, ai danni di un supermercato. La media ponderata ruota attorno ai 600 euro. Ma per quasi il 60 per cento del campione di imprese (oltre 2 mila) la morsa criminale si ferma sulla soglia dei 500 euro.
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Re: Il sud della penisola italica - i meridionali

Messaggioda Berto » mer mar 21, 2018 11:30 am

Inps, denunciava l'assenza di titoli del capo e il mobbing per averli pretesi. L'ente pubblico le notifica un disciplinare
di Thomas Mackinson | 20 marzo 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... re/4224220

Colpo di scena nella vicenda di Marisa Arcuri, la funzionaria Inps di Crotone che chiedeva di sapere se il superiore avesse fatto il concorso per essere assunto, come prevede la legge. Al giudice si autodenunciò “per rappresaglia sono pagata per far nulla”. Poi lo fa davanti alle telecamere e l'ente le manda la contestazione. Il legale risponde diffidando l'ente

Chiedeva se il superiore avesse fatto il concorso per essere assunto nei ruoli della Pa, come prevede la legge. Davanti al giudice, dopo anni di battaglie legali anche contro la rappresaglia subita sul posto di lavoro, denunciava se stessa dicendo che “da cinque anni sono pagata dall’Inps per non far nulla”. Poi lo fa davanti alle telecamere e la risposta dell’Inps è un disciplinare, contestazione che può anche prelude al licenziamento. Si aggiunge una puntata all’incredibile vicenda raccontata dal fattoquotidiano.it lo scorso novembre. Teatro, la sede Inps di Crotone. Protagonista Marisa Arcuri, funzionaria di lungo corso finita al centro di una storia kafkiana per aver preteso di sapere se il suo superiore avesse o meno i titoli di legge per essere assunta come dirigente, se avesse mai superato un regolare concorso pubblico. La questione, arrivata anche in Parlamento a seguito di interrogazioni, non si è mai risolta con l’esibizione dei titoli della dirigente, opzione che avrebbe cessato il contendere, ma si è trascinata per anni tra denunce, querele, controquerele e pareri motivati su fumose procedure di mobilità interna da pasticcio burocratico senza gloria. Ma non è finita.

In ultimo la dipendente viene intervistata da Le Iene. Il servizio che replica l’articolo del Fatto va in onda tre mesi dopo, il 28 febbraio 2018. La dirigente dai dubbi titoli viene raggiunta dall’inviato che la invita ad esibire prova del concorso, ma lei rifugge garantendo a voce di possederli. Nulla di nuovo, insomma, finché l’8 marzo il direttore regionale Diego De Felice inoltra alla dipendente che aveva parlato in tv notizia di un disciplinare a suo carico, proprio per quelle dichiarazioni. Non è chiaro cosa le venga contestato, posto che la vicenda era stata prospettata negli stessi termini davanti a un giudice, in pubblica udienza, giusto tre mesi prima.

“Si tratta di un fatto gravissimo”, accusa l’avvocato della Arcuri, Gian Paolo Stanizzi che ricorda come la stessa vicenda abbia portato anni prima a una contestazione simile, terminata con la condanna dell’ente previdenziale. Nel corso del giudizio furono riscontrate dalla Guardia di Finanza le informazioni della Arcuri sul mancato possesso di titoli del superiore per accedere ai ruoli della dirigenza pubblica e chiarito la assoluta legittimazione della sottoposta a verificarli la cui inesistenza può determinare illeciti in danno della pa.

“Chiaro che la sanzione disciplinare allora inflitta come l’avvio del procedimento oggi avviato mirano ad occultare i rilevanti profili di illiceità emersi dalla vicenda che denuncia e alla quale l’ente si oppone da sempre, prima con il diniego e poi con le contestazioni. Ma questa è pur sempre l’Inps e non può colpire il dipendente pubblico che sollecita l’emersione di fatti illeciti o illegittimi di interesse collettivo posti in essere nella Pa”. E così, alla fine, scatta la diffida a sospendere immediatamente il disciplinare. “Questa storia ha segnato per anni la mia assistita, non vorrei mai che chi ha infierito anziché ascoltare le sue ragioni si trovasse poi a rispondere degli effetti che questa violenta e cieca persecuzione possono provocare nella mia assistita”.
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