Maturità, al Sud è record di 100 e lode ma studenti meridionali ultimi in prove Invalsi. Zaia: 'Ragazzi del Nord penalizzati'Luisiana Gaita
12 agosto 2016
https://www.ilfattoquotidiano.it/2016/0 ... ti/2971977Secondo i dati diffusi dal ministero dell’Istruzione gli allievi delle regioni del Mezzogiorno, in coda alle classifiche Ocse per preparazione, sono invece ai primi posti nelle statistiche dei voti ottenuti al diploma. Il governatore del Veneto: "O i test non funzionano o c’è qualche lassismo di troppo negli esaminatori”. Il sociologo Marziale: "I criteri adottati sono diversi ma il sistema delle raccomandazioni è ovunque"
Non è solo una questione di 100 e lode, ma di un sistema che spacca l’Italia ancora una volta. È polemica sui risultati scolastici degli studenti italiani diffusi dal ministero dell’Istruzione, secondo cui gli allievi delle regioni in coda alle classifiche Ocse e Invalsi per preparazione (molte delle quali al Sud), sono invece ai primi posti nelle statistiche dei voti alla maturità. Così se in Puglia i diplomati con lode nel 2016 sono 934 e in Campania 713, in Lombardia sono 300 e in Piemonte appena 225. Una contraddizione che solleva il problema delle modalità di valutazione degli studenti nelle scuole italiane e delle differenze tra Nord e Sud.
Il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, ad esempio, parla di un danno “alla credibilità della scuola italiana, ma soprattutto una penalizzazione inaccettabile per i nostri ragazzi e il loro futuro”. E mentre Zaia chiede sistemi di verifica su campioni omogenei, c’è chi sottolinea quale sia la difficoltà di avere valutazione che vadano oltre i criteri soggettivi. “Il gap non è attribuibile a un difetto di questo e quell’istituto, quanto a un sistema scuola davvero pessimo, che si ripercuote anche nell’istruzione universitaria, dove ormai non si boccia più” ha detto a ilfattoquotidiano.it il sociologo Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio sui diritti dei minori. Che sottolinea: “Alle ragioni obiettive alla base della differenza di voti (data dai criteri diversi adottati dai test Invalsi e dalle prove della Maturità), se ne aggiungono altre di natura culturale, ma ritengo che soffermarsi solo sui voti e non sull’intero sistema, sarebbe un grave errore”. Più ampia la questione anche per il sociologo Domenico De Masi: “È evidente che la classifica dei voti delle regioni non rispecchia la realtà, altrimenti il Sud eccellerebbe in tutto e così non è: il primo divario per le regioni meridionali è quello tra i voti alla maturità e quelli che dà la vita e tutte le classifiche sulla qualità della vita fotografano una realtà favorevole per le aree del Settentrione”.
I DATI DISCORDANTI – Secondo i dati diffusi dal ministero dell’Istruzione i risultati degli studenti italiani, in generale, sono migliorati. A scatenare la polemica sono stati i risultati della maturità e, in particolare, i 100 e lode (5.133 in tutta Italia), con un boom al Sud: in Puglia, i diplomati con lode sono stati il 2,6% contro la media nazionale di 1,1%, in Campania 713 (1,3%), in Sicilia 500 (1,2%). Il migliore risultato delle regioni del Centro è stato raggiunto dal Lazio, al quarto posto nella classifica generale con 457 lodi, mentre per il Nord c’è il settimo posto della Lombardia (300 lodi), seguita dal Veneto (276). In Piemonte e Toscana, i 110 e lode sono stati rispettivamente 225 e 222. La regione con più promossi è l’Umbria con il 75,7% di ammessi all’anno successivo. Seguono Puglia (75,6%), Molise (74,8%), Calabria (74,5%).
Questi dati fanno a cazzotti con le indagini di Ocse Pisa e con i test Invalsi, che devono essere sostenuti da studenti delle elementari, medie e superiori per verificarne il livello di apprendimento. Queste prove raccontano un’altra realtà: nel 2016, infatti, è emerso un gap tra le scuole del Sud e quelle del Nord, con queste ultime che primeggiano. Qualche esempio: in seconda elementare il punteggio peggiore alle prove di italiano e matematica è stato ottenuto dagli studenti della Calabria, mentre la Puglia (medaglia d’oro per i 100 e lode), la Sicilia e la Sardegna sono risultate sotto la media nazionale. Per le scuole medie Campania, Sicilia e Calabria sono, per la prova di italiano, inferiori alla media nazionale e, per quanto riguarda gli studenti della seconda superiore, in matematica il risultato peggiore è quello della Sardegna. Insomma, un’altra storia rispetto ai dati diffusi dal ministero.
LA POLEMICA – E mentre al Nord alcune regioni puntano il dito contro i voti troppo alti dati al Sud e al Meridione si difende l’operato di docenti e di studenti, la polemica divampa fuori dalle scuole. Il presidente della Regione Veneto Zaia parla di “disparità inspiegabili”, sottolineando che “gli studenti del Veneto, che risultano i migliori per le competenze in matematica secondo i valutatori Ocse-Pisa, si sono classificati ai primi posti in Italia nelle prove Invalsi 2016, alla maturità ottengono appena un terzo dei 100 e lode della Campania, un quarto della Puglia, la metà della Sicilia e del Lazio”. E aggiunge: “Delle due l’una: o i test non funzionano o c’è qualche lassismo di troppo negli esaminatori”.
Il governatore del Veneto ricorda poi che “il punteggio della maturità condiziona l’accesso all’università, la graduatoria nei concorsi pubblici e le chances di collocamento, oltre che la possibilità di accedere alle agevolazioni per il diritto allo studio”. E chiede un intervento al ministro per l’Istruzione, Stefania Giannini affinché convochi una commissione ministeriale di esperti, riattivi sistemi di verifica su campioni omogenei di scuole e rimetta allo studio modalità di valutazione rigorose e imparziali per l’esame di Stato. Zaia difende gli studenti del Veneto, ma c’è chi pensa a ciò che c’è dietro i dati che non tornano. “Resta comunque il problema del gap” – spiega a ilfattoquotidiano.it il sociologo De Masi, secondo cui una soluzione c’è, nella stessa misura in cui c’è la soluzione alla questione Meridionale. “Ossia se il Sud si dà da fare e viene sostenuto dal governo – dice – ma al momento non mi sembra ci siano i presupposti”.
L’ANALISI – In realtà non è la prima volta che i dati della maturità premiano le regioni del Sud rispetto a quelle del Nord. Intanto, va detto, oggettive differenze nei criteri di valutazione adottati. Quelle Ocse e Invalsi vengono elaborate tenendo conto solo di due materie, la matematica e l’italiano, mentre l’esame di Stato offre una panoramica molto più ampia della preparazione dello studente e delle sue capacità di apprendimento e comunicazione. Poi, però, c’è la questione dell’assegno ministeriale di 600 euro, introdotto dieci anni fa per gli studenti che ottengono il massimo dei voti. È possibile che al Sud, per l’assegno o meno, i professori diano voti più alti. “È vero che c’è differenza di criteri adottati tra i test Invalsi e le prove di Maturità – premette il sociologo Marziale – ma è anche vero, e lo dico da calabrese, che al Sud si tende a essere di manica più larga”.
Un gap superabile? “È difficile se la valutazione si basa su criteri soggettivi, ma è auspicabile, nonostante sia fermamente convinto che il voto oggi valga meno rispetto ad altre competenze” aggiunge Marziale, secondo cui “è necessario un cambio di rotta per tutto il sistema scuola che racchiude una serie di anomalie tutte italiane”. D’altro canto lo testimoniano le proteste di questi giorni contro i trasferimenti dei professori da Sud a Nord, con tanto di pagina Facebook attraverso la quale si cerca di scambiarsi le cattedre. In un sistema del genere, insomma, la colpa non può essere solo dei docenti dalla manica larga. “Piuttosto – continua il sociologo – di riforme e riformine con le quali si attuano rivoluzioni solo amministrative, senza entrare mai nei contenuti”. Gli effetti? “Questo è un Paese dove non si boccia più. E questo vale anche per l’università, dove non c’è più selezione, perché se ci fosse calerebbe il numero di iscritti”. E, aggiunge Marziale “questo è il Paese dove bisogna sconfiggere il sistema delle raccomandazioni, che funziona da Nord a Sud”.
Numeri a confronto “Più facile al Sud l’esame di maturità”federico callegaro
/2013/01/28
http://www.lastampa.it/2013/01/28/cultu ... agina.htmlMa siamo sicuri che ai nostri figli convenga frequentare il liceo più difficile ed esigente, quello in cui si temprano alla scuola del rigore e dei voti bassi se poi alla maturità arriveranno in tanti con i loro voti più alti ad avere maggiori opportunità nei concorsi, nei colloqui, nelle università a numero chiuso?
La domanda è lecita a leggere l’indagine del sito «Tuttoscuola» sulle disomogeneità dei criteri di valutazione sul territorio nazionale, lo spread dei voti tra nord e sud, tra provincia e provincia Sono 64 gli studenti eccellenti di Torino e provincia che nel 2011 si sono diplomati con 100 e lode all’esame di maturità. Poco più dei 43 che hanno raggiunto lo stesso traguardo a Crotone e provincia. La differenza è che a Torino si sono diplomati in 12.621 (quindi solo lo 0,51% è stato valutato con il massimo dei voti), a Crotone in 1.525 (il 2,82% ha preso la lode). In altri termini a Torino uno studente su 197 è stato valutato meritevole di lode, a Crotone uno ogni 35.
Numeri simili a Milano (dove sono 50 i 100 e lode su 19.065 diplomati, pari all0 0,26%, cioè uno ogni 381) e in molte altre città del Nord.
La differenza e lo sconcerto aumentano se si va a effettuare il confronto tra i voti presi alla maturità e quelli ottenuti durante le prove Invalsi. Mentre ai risultati della maturità è prima a livello nazionale, Crotone appare incredibilmente ultima su 101 province nei dati Invalsi che si riferiscono agli studenti nel I ciclo e nelle classi prime e terze delle secondarie superiori.
Qualcosa del genere accade anche in altre province: ad Agrigento si diploma con 100/100 il 9% degli studenti (seconda a livello nazionale dietro Crotone che ha il 9,38%), ma risulta terz’ultima (in 99ma posizione) nelle rilevazioni Invalsi. Oppure Vibo Valentia (quinta con l’8,53% di diplomati con 100/100 e penultima nelle prove Invalsi), Enna (decima con il 7,56% di diplomati con 100/100 e quart’ultima nelle prove Invalsi), Cosenza (quarta con l’8,57% di diplomati con 100/100 e 91ma su 101 province nelle prove Invalsi), Foggia (rispettivamente sesta con l’8,5% di 100/100 e 85.ma per l’Invalsi).
In generale risulta che tutte le province del Sud, eccetto Isernia, ottengono risultati decisamente migliori all’esame di maturità. Crotone guadagna 100 posti, Reggio Calabria 86, Foggia 79, Trapani 76, Messina 69. Se invece si prendono in considerazione le regioni, tutte quelle del Sud, eccetto il Molise, sono avvantaggiate e la Calabria, in particolare, è prima nei voti alla maturità e ultima alle prove Invalsi.
Tutte le province del Nord, invece - eccetto La Spezia, Alessandria ed Asti - risultano penalizzate all’esame di maturità rispetto alle prove Invalsi. Bergamo perde 89 posizioni tra le prove Invalsi e il numero di 100/100 alla maturità, Udine 88, Sondrio 87, Lecco 86, Como 85, Verbano 84, Torino 61, Novara 52.
Ad essere penalizzate sono tutte le regioni del Nord: il Friuli è primo nelle rilevazioni Invalsi e penultimo nelle votazioni con 100/100 all’esame finale, il Piemonte è sesto nelle rilevazioni Invalsi e sedicesimo nelle votazioni con 100/100 all’esame finale.
Un quadro sconfortante, quindi, ma non vuole essere un atto di accusa antimeridionalista o contro alcuni professori. «I dati presentati non comportano valutazioni specifiche sulla preparazione né degli studenti né dei professori (che non competono a noi), e non si tratta di mettere sotto accusa i docenti di alcune aree, - precisa Giovanni Vinciguerra, direttore di Tuttoscuola - al Sud esistono molti istituti di eccellenza e non è un caso che tantissimi meridionali diventino classe dirigente in Italia e anche all’estero. Ciò che va affrontato è la generale disparità di valutazione nelle scuole, che può esserci anche nella stessa città o addirittura nello stesso istituto scolastico».
Scuola. Maturità 2016: il Sud fa il pieno di lodiPaolo Ferrario
mercoledì 10 agosto 2016
https://www.avvenire.it/attualita/pagin ... no-di-lodiResi noti dal Miur i primi dati sull'Esame di Stato. In calo le votazioni tra i 60 e i 70 punti, mentre sono in aumento gli esiti dall'80 in su. A primeggiare sono, ancora una volta, gli studenti dei licei (Paolo Ferrario)
Maturità 2016: il Sud fa il pieno di lodi
Migliorano le votazioni alla maturità, con i 100 e i 100 e lode in crescita (soprattutto al Sud) e i 60 in calo. È la prima fotografia dell’Esame di Stato 2016, scattata dal Ministero dell’Istruzione, che nei prossimi giorni renderà noto il quadro completo dei risultati.
Studenti più bravi
All’esame di quest’anno è stato ammesso il 96% degli studenti di quinta superiore, mentre il 99,5% dei maturandi ha ottenuto la promozione (sostanzialmente in linea con il 2015, quando la percentuale di promossi era stata il 99,4%). La maggioranza dei candidati ha conseguito una votazione superiore a 70 punti (dal 62,2% del 2015 si è passati al 63,1% e anche i 100 sono cresciuti dal 4,9% al 5,1%). In leggero aumento anche i diplomati con lode: sono l’1,1%, rispetto allo 0,9% dell’anno scorso. Le Regioni con il maggior numero di “bravissimi” sono Puglia (934 lodi, più del triplo rispetto ai 300 della Lombardia), Campania (713) e Sicilia (500). Diminuiscono, invece, i voti più bassi: i 61-70 scendono dal 29,3% al 28,9% e i 60 dall’8,6% all’8%.
Liceali in testa
Tra gli indirizzi di studio, a primeggiare sono, ancora una volta, gli allievi dei licei, in particolare del classico. L’1,9% dei liceali ha conseguito la lode, contro lo 0,5% dei tecnici e lo 0,1% dei professionali. Nel solo liceo classico, il 100 e lode è stato attribuito al 3,5% dei candidati, mentre allo scientifico al 2,4%. Anche per gli istituti tecnici e i professionali, i risultati sono comunque in (leggero) miglioramento: i 100 sono passati dal 3,1% del 2015 al 3,3% di quest’anno per i tecnici e dall’1,8% all’1,9% per i professionali.
Scrutini: bocciati in calo
Maturità a parte, alle superiori è in aumento anche il numero dei promossi. La percentuale di bocciati è infatti scesa dal 9% del 2015 al 7,7% di quest’anno. Le mancate ammissioni si concentrano, soprattutto, al primo anno, quando il 12,3% degli allievi viene fermato (era il 13,7% nel 2015). «Questo dato – spiega una nota del Miur – conferma la maggior difficoltà che gli studenti incontrano nel passaggio dalla scuola media alla superiore». E qui entra in campo anche l’attività di orientamento, che si dimostra, ancora una volta, centrale per una corretta scelta del percorso scolastico oltre la terza media.
Estate sui libri per 1 su 4
Anche se in diminuzione rispetto all’anno precedente, resta importante la percentuale dei ragazzi con giudizio sospeso, che dovranno cioè recuperare le insufficienze a settembre, prima dell’avvio del nuovo anno scolastico. Dal 25% del 2015, gli studenti con debiti sono scesi al 23,2% e sono concentrati soprattutto negli istituti tecnici (27,3%), seguiti da professionali (25,4%) e licei (19,6%). Per un ragazzo su quattro si profila, dunque, un’estate di ripassi.
Terza media: 99,8% di promossi
Cresce, infine, anche la percentuale degli ammessi all’esame di terza media: dal 97,2% al 97,6%. Stabile invece il numero dei ragazzi che hanno poi superato l’esame: 99,8%. Aumenta anche il numero degli ammessi alla classe successiva: 97,4% rispetto al 96,9% dello scorso anno.
Al Sud tanti 100 alla maturità, ma alla laurea non si replicaSalvo intravaia
http://www.flcgil.it/rassegna-stampa/na ... eplica.flcPiù cervelloni della maturità al Sud, ma all'università i compagni settentrionali si prendono la rivincita. La guerra a suon di 100 e di lodi agli esami di stato delle superiori vede vincere ogni anno le regioni del Mezzogiorno, che si accaparrano il grosso dei punteggi al top: 100 e 110 con lode.
L'anno scorso, fece scalpore vedere i risultati della Puglia che portò ben 944 studenti al diploma con 100 e lode, quasi il triplo rispetto alla Lombardia, che contava un numero di maturandi pari a una volta e mezza quelli della Puglia, e un consistente numero di punteggi massimi: il 7 per cento. Con il meridione che in totale si accaparrò oltre la metà (il 54 per cento) dei superbravi, lasciandone alle regioni del nord appena un quarto del totale.
Un dato che suscitò la protesta degli studenti e dei prof settentrionali, che accusarono di eccessivo buonismo i colleghi del sud. Ma, seguendo i ragazzi all’università, quanti di questi riescono a ripetere l’exploit con una laurea da 110 e lode? I dati forniti dal Miur attraverso l’anagrafe degli studenti sono in grado di fornire risposte sorprendenti.
Infatti, dei laureati nelle regioni meridionali (nel 2015/2016), che al diploma di scuola superiore si erano distinti con un voto al top (100 o 100 e lode), soltanto il 48 per cento è riuscito a ripetere l’impresa centrando il massimo punteggio alla laurea. Mentre al Nord la percentuale sale al 54 per cento. E se prendiamo in considerazione gli studenti del Sud che si sono laureati al nord questa percentuale crolla al 37 per cento.
Per Antonello Giannelli, presidente dell’Anp (l’Associazione nazionale presidi) “uno dei problemi fondamentali della nostra scuola è quello dell’oggettività della valutazione”. “Le condizioni di contesto (condizioni socio economiche) al Sud – continua Giannelli – sono parecchio diverse rispetto al nord e se i docenti nella valutazione sono un po’ più indulgenti è umanamente comprensibile. Per questo – aggiunge – sono favorevole alle valutazioni dell’Invalsi, se vogliamo utilizzare un approccio diagnostico scientifico”.
“Questi numeri – dichiara Paolo Mazzoli, direttore Invalsi – sono coerenti con i nostri dati”. Bambini e studenti che primeggiano al Nord e che arrancano al Sud. Ovviamente non vuol dire che i ragazzi meridionali sono meno intelligenti degli altri. Vuol dire semplicemente che le scuole hanno lavorato in maniera diversa. E un 100 o 100 e lode al Sud potrebbe essere stato valutato con un po’ più di generosità perché magari lo studente spicca di più rispetto ai compagni di classe".
"Ma poi - conclude Mazzoli - rispetto ai ragazzi delle altre regioni ci troviamo di fronte a ragazzi meno preparati. Nessuno chiede alle commissioni di essere uniformi a Bari o a Milano. La scuola lavora in base alle condizioni di contesto in cui opera e non mi scandalizza affatto se le commissioni e i docenti al sud fossero di manica più larga rispetto al nord, perché magari nella valutazione premiano gli sforzi profusi oltre che le conoscenze”.
Pochi docenti e voti troppo alti il male degli Atenei del Sud04 Settembre 2015
Alfredo Sollazzo*
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/ ... l-sud.html BARI - Le critiche che periodicamente riaffiorano circa la presunta scarsa qualificazione delle Università meridionali,e quindi anche di quelle di Bari, inducono il sottoscritto ad elaborare delle considerazioni che spera possano essere di un qualche rilievo al fine di sfatare alcuni pregiudizi diffusi persino presso i nostri concittadini. Egli ha infatti dedicato gran parte della sua esistenza alla Facoltà di Ingegneria di Bari, nell’ambito della quale ha ricoperto i ruoli di studente, assistente, libero docente, professore ordinario, preside, professore a contratto per quattro anni dopo il pensionamento; il tutto lungo oltre 60 anni, di cui solo sette, a un terzo circa del percorso temporale appena richiamato, trascorsi presso una sede universitaria del Nord Italia.
Addio alle facoltà - Ritiene perciò di conoscere sotto varie prospettive sia l’Università di Bari, nella quale la facoltà di Ingegneria è nata, si è sviluppata e consolidata, sia il Politecnico, di cui essa ha determinato, insieme alla facoltà di Architettura, l’istituzione nei primi anni Novanta. Si potrebbe ritenere sorpassato il parlare oggi di facoltà, dato che queste istituzioni, in virtù di una legge, di cui il sottoscritto, certamente per un suo limite personale, non è riuscito a comprendere né il significato né l’utilità, sono state soppresse; ma questo è un altro discorso che non cambia la sostanza di quanto cercherà di esporre.
È ben noto a chiunque possegga conoscenze storiche anche modeste, come la Puglia e il suo capoluogo abbiano conosciuto, tra la metà dell’Ottocento e la metà del Novecento, uno sviluppo eccezionale. Non è possibile, per evidenti ragioni di spazio trattare di quest’argomento: basterebbe ricordare in proposito anche solo la realizzazione dell’Acquedotto Pugliese, grandissima opera di ingegneria civile, avvenuta appunto nel periodo indicato, per rendersene conto. Eppure chi scrive ritiene che l’istituzione dell’Università, avvenuta nel gennaio del 1925 e il suo progressivo sviluppo siano stati l’avvenimento più rilevante ai fini dello sviluppo della città e della regione. Se si confronta la Bari degli anni Trenta, che pure un sì grande progresso edilizio aveva avuto, con quella degli anni della ripresa post-bellica, non si possono non notare la sua marcata sprovincializzazione e la sua crescita civile, e soprattutto culturale, dovute al consolidamento dell’istituzione universitaria, che, con tanta tenacia, molti dei suoi figli migliori avevano voluto sin dall’inizio del 20° secolo.
Nord e Sud - Una certa politica antimeridionale, oggi abbastanza diffusa in Italia, tende ad accreditare l’idea, cui si è già accennato all’inizio, che le Università del Sud, e quindi anche quelle pugliesi, siano meno qualificate di quelle Centro-Settentrionali a formare i giovani, i quali, per questo motivo, tenderebbero sempre più a disertarle per iscriversi altrove, anche allo scopo di avere, a titolo conseguito, maggiori possibilità di lavoro. Si è arrivati al punto, di mettere in atto il tentativo, per ora accantonato, di valutare diversamente i titoli conseguiti nelle varie istituzioni ai fini del valore che nei concorsi ha il voto di laurea. Tutto ciò con la conseguenza di ridurre il numero di iscrizioni e in definitiva di deprimere le risorse economiche dei nostri atenei.
In merito a quanto appena detto, occorre innanzi tutto precisare che non è affatto vero che i nostri laureati siano stati in passato e siano attualmente mediamente meno preparati di quelli provenienti da università più blasonate. Lo dimostrano i successi che i nostri giovani hanno conseguito negli ultimi 50 anni in ogni tipologia di concorsi pubblici nei quali i primi posti in graduatoria sono stati frequentemente di loro appannaggio. Moltissimi nostri laureati ricoprono posti dirigenziali nelle più svariate amministrazioni pubbliche e in aziende private e ricoprono cattedre universitarie in Italia e all’estero, anche in Paesi di elevate tradizioni culturali. È vero invece che attualmente, in un periodo di crisi economica, i laureati al Nord trovano più facilmente una sistemazione professionale, ma ciò è dovuto innanzi tutto al fatto che le regioni più ricche offrono molte più possibilità lavorative; e, a parità di preparazione universitaria, premia certamente l’aver conseguito il titolo in un Ateneo più valido sul piano dell’immaginario collettivo e in virtù dei pregiudizi imperanti diffusi talvolta anche da noi.
La distribuzione delle risorse tra le varie università avviene attraverso classifiche nazionali di merito. Ma alla loro base vi sono dei parametri di giudizio in parte condivisibili, in parte discutibili e contraddittori in quanto prendono in considerazione aspetti necessariamente sfavorevoli per le istituzioni che si trovano in zone meno ricche e a più basso sviluppo economico. Si tiene conto ad esempio del tempo necessario per ottenere un impiego e dei servizi assicurati agli studenti, necessariamente meno efficienti laddove non è possibile, per evidenti motivi di carattere sociale, nemmeno aumentare al di la un certo limite le tasse di iscrizione e di frequenza. Oltre ad essere penalizzanti ai fini della distribuzione dei fondi necessari alla sopravvivenza, i criteri ministeriali si spingono ad assegnare, nel caso di parametri valutativi non buoni, meno posti di professori e ricercatori alle Università peggio valutate, senza nemmeno riassegnare loro, se non in misura ridotta, i posti lasciati liberi per effetto dei pensionamenti, che vengono in parte ceduti alle sedi più virtuose. Lo scarso numero di insegnanti riduce le possibilità di impartire una didattica estesa ed efficace e così via, in una specie di reazione a catena, mentre tanti giovani ricercatori, spesso dotati di competenze scientifiche anche eccezionali, restano in eterna attesa di un posto di professore. In un certo senso si dà di più a chi ha meno bisogno e meno a chi avrebbe la pressante necessità di rafforzarsi.
Reputazione - In una situazione del genere è indispensabile porsi il quesito di come le nostre istituzioni accademiche debbano operare per risalire nelle graduatorie e migliorare la loro reputazione. Se comportamenti poco limpidi della classe docente sono inammissibili ovunque si verifichino, essi sono assolutamente deleteri per le nostre Università sulle quali hanno una ricaduta negativa molto più accentuata che altrove. È fondamentale che la scelta dei nuovi professori avvenga sulla base di una rigorosa graduatoria di merito che tenga nel massimo conto la loro attitudine alla ricerca e pertanto qualifichi l’istituzione. Ma, accanto all’attività scientifica, che va tenuta nella massima considerazione essendo essa il compito più qualificante dei docenti, occorre valorizzare l’attività didattica, badando che essa, oltre che rispettosa degli aspetti formali, sia davvero formativa per i discenti, tra i quali, è bene ricordarlo, sono particolarmente numerosi da noi quelli dotati di elevate attitudini, che vanno individuate e valorizzate.
Appiattimento - Chi insegna deve dar molto agli allievi e, senza cattiveria ma con la necessaria autorevolezza, deve loro richiedere una preparazione adeguata. L’appiattimento verso l’alto delle votazioni reca danno agli studenti migliori: è in particolare il voto finale che deve essere tenuto sotto controllo, specie quello delle lauree specialistiche, che nella logica degli ordinamenti 3+2, è quello più frequentemente speso sul mercato del lavoro. È inammissibile che la valutazione avvenga solo in base ai voti conseguiti negli ultimi due anni senza tenere in alcun conto i risultati relativi ai primi tre, nel cui corso sono peraltro concentrate le discipline formative e molto spesso quelle fondamentali. Se si aggiungono a ciò le inammissibili facilitazioni concesse in sede di esame di laurea ai fini di incrementare la votazione conclusiva, si cade nella trappola di avvicinare quasi tutti alla votazione massima o addirittura alla lode: il tutto con la complicità dei relatori che per ragioni di prestigio chiedono un premio elevato per la tesi da loro assegnata e seguita. Situazioni di tal tipo sono oggi frequenti in quasi tutte le Università italiane, ma vengono ovviamente stigmatizzate particolarmente quando si riferiscono ai nostri laureati contro i quali fatalmente si ritorcono.
Credo che occorra meditare molto su questa situazione alla quale, senza invocare presunte norme legislative ostative, si deve trovare il modo di porre rimedio, attenuandone almeno gli effetti negativi più appariscenti.
Controllo - In conclusione occorre comunque ricordare che i nostri Atenei hanno bisogno della stima e dell’appoggio dei cittadini. Un controllo da parte dell’opinione pubblica circa il loro funzionamento è quanto mai opportuno ma gli atteggiamenti preconcetti di critica non sono giustificabili se non collegati al sincero desiderio di migliorarne la funzionalità e il prestigio.
* Professore emerito del Politecnico di Bari
"Boom" di 100 & lode al Sud, "deportazione" dei prof. meridionali al Nord: se la scuola non funziona...Peppe Caridi
15 agosto 2016
http://www.strettoweb.com/2016/08/boom- ... ona/447599Scuola italiana nella spirale delle polemiche dopo i dati diffusi dal Ministero dell’Istruzione sugli esami di maturità 2016 e sulla mobilità dei docenti in vista del prossimo anno scolastico
scuola maturità esami (6)E’ Ferragosto, si avvicina la fine dell’estate e tra meno di un mese si torna in classe: l’argomento “scuola” torna d’attualità all’indomani della pubblicazione da parte del Ministero dell’Istruzione dei dati relativi agli esami di maturità 2016 e alla mobilità dei docenti in vista del nuovo anno scolastico. Ed è subito tempo di polemiche per un sistema che, evidentemente, fa acqua da tutte le parti.
I dati ufficiali sulla maturità 2016 sono raccapriccianti: è stato ammesso agli esami di Stato il 96% degli studenti. E tra quelli ammessi, è stato poi promosso il 99,5% dei candidati. Ma che razza di esame è un esame in cui tutti vengono promossi? A questo punto eliminiamolo.
scuola maturità esami (2)Eppure tutti concordiamo sul fatto che servirebbe più severità: ricordiamo con piacere e apprezzamento soltanto quei maestri e professori che, in modo giusto ma sempre con severità, ci insegnavano le cose. Nella nostra memoria, i prof. deboli che elargivano otto, nove e dieci a destra e manca, sono ricordati più che altro con ironie e prese per i fondelli che con rispetto e stima. Certo, ci sono anche i severi stronzi che non trovano spazio nella memoria positiva di ognuno. Ma soltanto i docenti severi (e giusti) trovano l’apprezzamento e il rispetto degli alunni, e vengono ricordati come coloro che hanno davvero insegnato qualcosa.
scuola maturità esami (4)Osservando i dati, poi, emerge un clamoroso squilibrio tra i voti del Nord e quelli del Sud. Ad esempio agli esami di maturità 2016 sono state elargite ben 934 lodi in Puglia, 713 in Campania, a fronte delle appena 328 in Emilia Romagna, 276 in Veneto e 222 in Toscana. Evidentemente al Centro/Nord è rimasto un briciolo di meritocrazia in più rispetto al Sud, a meno che non si voglia credere davvero alla favola che gli studenti meridionali siano davvero più bravi rispetto a quelli del Nord. Una bufala certificata dal “Programme for International Student Assessment” dell’OCSE, dai dati “Invalsi” e dal mondo del lavoro, con una disoccupazione giovanile del 20% al Nord e del 43% al Sud. Se davvero gli studenti del Sud fossero più bravi, non avrebbero così tanti problemi a trovare lavoro…
SALTA' LA MODIFICA ALLE COMMISSIONI DELLA MATURITA'Al centro della bufera sono finiti i docenti meridionali, accusati di essere troppo “generosi”. Ma siamo sicuri che davvero la colpa sia (soltanto) loro? A nostro avviso, infatti, nessuno ha centrato il vero problema, nel pur ampio dibattito che negli ultimi giorni ha animato i principali mezzi d’informazione del Paese coinvolgendo Ministri, Esperti, Politici e Opinionisti vari. Nessuno ha chiamato in causa il problema principale: le famiglie. Al Sud, infatti, sono le famiglie a fare pressioni sui docenti per avere i voti più alti. Sono i genitori a cercare le raccomandazioni per i propri figli. Sono le famiglie che si affannano a cercare un “amico dell’amico” che conosca il presidente di commissione per mettere una “buona parola“. Ogni qual volta pubblichiamo l’elenco dei presidenti di commissione, quell’articolo risulta tra i più cliccati. Eppure non dovrebbe importare più di tanto chi è il presidente, bisognerebbe piuttosto preoccuparsi della preparazione del figlio e stare tranquilli che se è preparato, avrà un voto alto, se invece è impreparato, è giusto che venga bocciato.
scuola maturità esami (1)E proprio i genitori dovrebbero pretendere severità e meritocrazia: coccolarsi piccoli-grandi asini significa consegnare alla società, alle università e al mondo del lavoro, soltanto dei potenziali parassiti. Perché il mondo reale è un altro rispetto alle logiche scolastiche: le aziende non guardano al voto, ma alle competenze. E gli unici genitori che fanno davvero il bene dei loro figli, sono coloro che vedono i prof. dei compagni e alleati nella formazione del giovane e che ai colloqui si relazionano con i docenti non difendendo a spada tratta i propri figli, ma anzi confidando che non studiano se non studiano, e chiedendo rigidità e rispetto delle regole.
E’ una questione culturale, anzi “sotto-culturale“: come nella politica, anche nella scuola la colpa è soltanto della gente. Se i politici hanno le scrivanie zeppe di Curriculum Vitae come se fossero l’ufficio di collocamento, non è certo una loro responsabilità: siamo in democrazia, e soltanto un politico che fa breccia nella gente può avere successo. E la gente chiede lavoro, come se fosse la politica a dover dare il lavoro. Anzi, il “posto“. Perché soltanto pochi ambiscono ad un percorso professionale, la stragrande maggioranza sogna il “posto“, quello “fisso, sicuro, garantito“. Quello del badge da timbrare (magari preferibilmente per andare a fare la spesa, tagliarsi i capelli o passeggiare sul lungomare). Quello di ferie e malattie profumatamente retribuite.
scuola maturità esami (7)Così nella scuola: le famiglie non chiedono competenze, disciplina, merito e cultura. Vogliono il “voto“. E il sistema scolastico non funziona perchè non si basa sulle competenze acquisite e sul merito, ma appunto sul “voto“. E’ la sotto-cultura tipicamente meridionale che ci costringe nell’arretratezza in cui siamo, senza neanche che nessuno se ne renda conto.
A proposito di Sud, altro tasto dolente è quello dei prof. meridionali al Nord. C’è chi parla di “deportazione“, ma anche su questo va fatta chiarezza. I dati ufficiali sono chiari. Al Sud ci sono 30.700 professori, ma ne servono soltanto 14.000. Al Sud c’è tanta gente che vuole fare il prof., ma al Nord ci sono molte più scuole e molti più alunni. Il sistema è sbilanciato perchè in Italia ci sono più docenti al Sud e più alunni al Nord. E’ quindi normale che molti prof. del Sud siano costretti a spostarsi al Nord per lavorare. Un recentissimo studio di Tuttoscuola ricorda che il 74% dei docenti sono del Sud, ma nel Meridione c’è solo il 39% degli studenti. Quest’anno emigreranno 8.661 docenti campani (il 52%), 8.569 siciliani (il 56%) e 1.165 della Basilicata (il 69%). Sotto accusa, ricorda la rivista specializzata, è finito “l’algoritmo del Ministero che assegna la sede di servizio, ma il vero problema e’ lo spostamento del baricentro della scuola italiana: più studenti e più posti al nord, sempre meno al sud, dove però risiede circa l’80% di chi vuole insegnare. Da qui un’emigrazione intellettuale che rievoca quella del dopoguerra verso il triangolo industriale. E se non ci fosse stata la spinta degli alunni stranieri, per molti docenti meridionali non ci sarebbe stato un posto neanche lontano da casa“.
scuola maturità esami (1)Soltanto 11.374 professori meridionali delle superiori su 20.423 (il 55,7%) ottengono la sede nella regione di residenza, mentre gli altri 9.049 devono emigrare in varie parti della penisola. I posti disponibili nel Mezzogiorno erano 13.499. “Al Sud ci sono oltre 4.200 docenti delle superiori che fanno rientro a casa grazie alla mobilità – spiegano all’ANSA dal ministero dell’Istruzione – e sono 3.793 gli insegnanti sempre delle superiori che devono cambiare regione a seguito della mobilita’ spostandosi per più chilometri“. Si tratta dei neoassunti di fase C. Quelli che hanno dovuto partecipare alla mobilita’ che per loro era obbligatoria proprio perché di più recente assunzione. L’elenco dei prof delle superiori trasferiti per il 2016-17, pubblicato dal ministero dell’istruzione, conferma quanto si sapeva per i docenti degli altri ordini di scuola, cioè un “pesantissimo divario tra i docenti meridionali aspiranti ad una sede nel Mezzogiorno e la disponibilità di posti in quei territori“, ricorda Tuttoscuola. In particolare, era interessato ai trasferimenti il 68,5% di prof delle superiori, nato nel meridione, a fronte di una disponibilità di sedi nel Mezzogiorno pari al 40,1% del totale: il 44,3% di loro e’ stato trasferito in altre regioni. Nessuna deportazione, dunque, quanto un’inevitabile conseguenza della sproporzione tra domanda e offerta sul territorio.
scuola maturità esami (5)La situazione peggiore e’ toccata ai prof della Basilicata, dove soltanto il 31,6% dei 686 interessati ha ottenuto il trasferimento in regione. In Calabria soltanto il 36% dei 2.943 prof ha avuto la sede in regione; in Molise il 39,7%. In generale, su un totale di 72.155 insegnanti oggetto di trasferimento, sono stati ben 53.341 (il 74% del totale) i docenti meridionali di tutti gli ordini di scuola che aspiravano al trasferimento ad una sede nella regione di nascita, dove pero’ erano disponibili soltanto 29.603 posti (il 38% del totale). Tra loro e’ riuscito ad ottenere un posto nella regione in cui e’ nato molto meno della meta’ (46,4%), cioè 24.742 docenti, mentre gli altri 28.599 sono stati trasferiti altrove. Un altro problema, invece, riguarda chi e’ già stato assunto lo scorso anno per ambiti di materia particolari, come la musica, e che per il prossimo anno scolastico 2016/17 non si e’ visto assegnare la cattedra e risulta in “esubero“. La legge prevede che chi non abbia ottenuto una sede venga utilizzato nella provincia di immissione in ruolo in una scuola assegnata dall’ufficio scolastico di competenza. Ma i timori sono quelli di addirittura “perdere il posto” nonostante la neo-assunzione. Ipotesi, pero’, che a viale Trastevere definiscono irreale: nessuno di loro verrà licenziato e avranno la priorità sui posti che si libereranno.
scuolaDocenti e Ministero continuano ad affrontare quello dei prof. un problema assistenziale. L’insegnamento non è visto come una professionalità, ma come un “posto“. Ed è questo il vero punto. I Paesi che fanno dell’istruzione il loro principale pilastro educativo (Stati Uniti d’America, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Giappone e in Europa la sola Gran Bretagna) ragionano in un’ottica completamente diversa. Altro che “posto“, “voto” e “raccomandazioni“. L’allievo è un piccolo uomo che deve maturare, apprendere, scoprire le proprie attitudini e qualità. La famiglia non può permettersi alcun tipo di ingerenza. I prof. sono pochi professionisti saggi, altamente qualificati, esperti, competenti, lavorano in modo massacrante con tempi e orari di gran lunga differenti rispetto a quelli dell’Italia dove la scuola è sempre stato uno dei grandi “carrozzoni” statali in cui assicurare posti per soddisfare le richieste di amicizie e raccomandazioni. Non tutti, ovviamente. Ci sono anche docenti esemplari, competenti, professionali, attenti. Ma il sistema non si basa su queste figure.
1968Siamo nel 2016, ma paghiamo ancora i danni provocati dalla drammatica affermazione dei movimenti studenteschi di estrema sinistra del famigerato “1968″, che hanno conquistato e diffuso la sconcertante cultura del “6 politico”, il voto minimo garantito a tutti indipendentemente dallo studio, dai risultati e dal rendimento. Ed erano tutti felici e contenti che venivano promossi senza studiare: una “rivoluzione culturale” che negli anni si è talmente tanto affermata da radicarsi al punto di diventare normalità. Oggi in molti si lamentano delle inefficienze scolastiche, eppure vantano con orgoglio l’appartenenza a quella stagione da “sessantottini“. E’ iniziata lì l’irrimediabile rovina della scuola italiana in concomitanza di tempi in cui le scelte politiche hanno portato il nostro Paese a vivere in tutti i settori ben al di sopra delle proprie possibilità, assumendo dove non si poteva, regalando baby-pensionamenti, spendendo e spandendo denaro a più non posso, facendo decollare il debito pubblico. E se oggi siamo ridotti come siamo ridotti, lo dobbiamo proprio alle delittuose scelte di quegli anni, a cui – anche volendo – sarebbe adesso molto difficile rimediare. Ma a quanto pare non c’è neanche l’intenzione di farlo, anzi si vorrebbe addirittura tornare indietro e quei tempi di (falso) benessere vengono ricordati con nostalgia. Con buona pace della meritocrazia.
Perché gli studenti del Sud ottengono voti più alti alla maturità?Marco Bollettino
23 agosto 2016
http://noisefromamerika.org/articolo/pe ... i-maturitaOgni anno alla pubblicazione del report del Miur sugli esiti degli Esami di Stato si ripropone la stessa litania: le agenzie di stampa rilanciano la notizia rimarcando il record di "super meritevoli" nelle regioni meridionali, i governatori leghisti delle regioni del nord protestano citando i risultati dei test Invalsi e sui social si scatenano i commenti con le spiegazioni più fantasiose. Ma perché gli studenti del Sud ottengono voti più alti?
Come ogni anno, il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca ha pubblicato il rapporto preliminare sugli esiti dell’Esame di Stato della scuola secondaria di II grado per l’anno 2015/2016. [1]
Anche quest’anno si è confermato il trend che vede un’Italia spaccata in due, con le regioni del Sud che ottengono i risultati migliori, sia come voto medio, sia come numero di eccellenze, e quelle del Nord che si attestano su valori notevolmente inferiori. Particolarmente clamorosa è la situazione di Puglia e Calabria in cui circa un diplomato su dieci si è diplomato con un voto di 100/100 e dove moltissimi studenti (934 in Puglia e 334 in Calabria) sono riusciti ad ottenere addirittura la lode.
Puntuali, all pubblicazione dei dati, sono seguite le polemiche di Luca Zaia, Presidente della Regione Veneto. [2]
«Come è possibile che vi siano tanti 100 e lode nelle province del Sud quando queste ultime sono costantemente sotto la media nei Test Invalsi? O i test non funzionano o c’è qualche lassismo di troppo negli esaminatori».
Al Governatore del Veneto si è contrapposto l’ex Ministro dell’Istruzione Beppe Fioroni, che in un’intervista a Lettera43.it [3] ha definito come «bislacca» la tesi «di un Nord rigoroso e di un Sud che i voti li regala».
Chi ha ragione? Per rispondere, vediamo di analizzare cosa dicono i dati a nostra disposizione.
Test Invalsi
Con il nome di Test Invalsi andiamo a indicare diverse prove standardizzate che vengono proposte agli studenti durante varie tappe del loro percorso scolastico. Per la nostra analisi ci rifaremo ai test di matematica e di italiano che vengono somministrati ogni anno agli alunni delle classi seconde della scuola secondaria di II grado. [4]
Ho elaborato i risultati dei test andando a calcolare, per ogni macro-regione, lo scostamento rispetto alla media nazionale. Com’è molto evidente, e non da oggi, in entrambe le materie si evidenzia una netta divisione lungo l’asse Nord-Sud, con gli studenti settentrionali che ottengono i risultati migliori mentre quelli meridionali, pur con qualche progresso, raggiungono risultati di apprendimento significativamente inferiori alla media italiana.
Test Ocse-Pisa
Il Programme for International Student Assessment o PISA (Programma per la valutazione internazionale dell’allievo), è un’indagine promossa dall’Ocse per valutare il livello d’istruzione degli studenti quindicenni dei paesi OCSE. A questo scopo, ogni tre anni vengono somministrate, in classi campione di tutti i paesi OCSE, delle batterie di test per valutare le competenze linguistiche, matematiche e scientifiche. L’Invalsi ha analizzato i risultati dei test e ha pubblicato un report in cui questi vengono disaggregati e analizzati anche a livello regionale. [5] Ho elaborato questi dati per ricavare, nuovamente, lo scostamento delle singole macro-regioni rispetto alla media nazionale. Anche qui riemergono le stesse dinamiche già evidenziate dai Test Invalsi.
Lo stesso rapporto dell’Invalsi, analizzando ad esempio i risultati di matematica, evidenzia come:
«Gli studenti del Nord Ovest (509) e del Nord Est (514) si collocano al di sopra sia della media nazionale (485) che della media OCSE (494), con una differenza statisticamente significativa; il Centro (485) è in linea con la media italiana ma sotto la media OCSE, mentre Sud e Sud Isole si collocano significativamente al di sotto delle due medie di riferimento con un punteggio medio rispettivamente di 464 e 446 così come le regioni dell’Area convergenza (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia) con un punteggio di 454».
Per fare un confronto, 514 è il punteggio in matematica della Finlandia, mentre 448 e 453 sono rispettivamente i punteggi di Turchia e Grecia.
Mele con pere?
Un’obiezione è immediata: se compariamo i risultati degli alunni quindicenni (Invalsi, Pisa) con quelli dei loro colleghi diplomati, non stiamo forse paragonando le mele con le pere? Non stiamo, cioè, confrontando dati disomogenei?
L’obiezione, in sé, non è infondata. In via del tutto teorica è possibile che nel triennio successivo alla somministrazione dei Test Invalsi, gli studenti del Sud abbiano migliorato i loro risultati di apprendimento in modo tale da raggiungere e superare i loro colleghi. Se così, fosse, però, dovremmo trovarne traccia non solo all’Esame di Stato ma anche nelle altre rilevazioni riferite ai loro coetanei e così non è.
Analizzando ad esempio i risultati dell’indagine Ocse-Piaac sulle competenze degli adulti [6] ed esaminando, in particolare, [pp. 120-121] le performance della fascia 16-24 anni, composta in gran parte da studenti, possiamo notare come non vi siano differenze significative rispetto ai risultati di Invalsi e Pisa. Ma se tutte le evidenze empiriche provenienti da studi indipendenti ci prospettano un certo scenario e l’Esame di Stato ne offre un altro, è molto più probabile che queste differenze di performance siano dovute non tanto agli studenti, quanto alla natura dell’esame e alle commissioni giudicatrici.
L’Esame di Stato è un esame oggettivo e uniforme sul territorio nazionale?
Dal punto di vista strettamente teorico e normativo [7], l’Esame di Stato dovrebbe essere una prova tendenzialmente oggettiva e uniforme su tutto il territorio. È composto, infatti, da tre prove scritte di cui due sono preparate direttamente dal Ministero, la maggioranza dei commissari d’esame, tra cui il presidente, sono scelti tra professori esterni alla scuola e il punteggio finale scaturisce dalla somma delle valutazioni delle singole prove, ottenute con l’uso di griglie di valutazioni oggettive, allegate ai verbali d’esame.
La realtà è molto diversa. Un quarto del punteggio finale (25 punti) viene attribuito in base ai risultati scolastici ottenuti nell'ultimo triennio e ogni commissione ha una diversa “sensibilità” nel correggere le prove: spesso le griglie di valutazione vengono compilate ex post e nell’attribuzione dei giudizi entrano in gioco fattori che nulla hanno a che vedere con la prova che si sta esaminando. In sostanza, una stessa prova, in mano a commissioni differenti, può vedersi attribuiti punteggi molto variabili tra loro.
Nessuno scandalo, sia chiaro. Chi, come me, fa questo mestiere sa benissimo che valutare uno studente non significa applicare burocraticamente una griglia per ricavare un punteggio. Però dobbiamo essere consapevoli che, a differenza dei Test Invalsi e Pisa, negli Esami di Stato l’attribuzione del punteggio massimo a una prova non significa che questa sia completa e tantomeno corretta.
Il giudizio potrebbe essere non assoluto ma relativo. Ad esempio, nell’ultimo esame di maturità la correzione della prova di matematica del Liceo Scientifico [8] era demandata a uno dei membri interni [9]. Vista la difficoltà della prova, che ha suscitato non poche polemiche, è molto probabile che sia stato premiato con un punteggio di 15/15 non solo chi è riuscito a completare correttamente tutte le consegne, ma anche chi ha svolto in modo corretto solo i quesiti che riguardavano parti del programma effettivamente svolte in classe.
Ma perché le commissioni d’esame delle regioni meridionali si sono comportate in modo così diverso da quelle del Nord?
Al Sud vengono dati volti alti in virtù delle condizioni di disagio sociale in cui vivono molte famiglie?
È una tesi che ha molti sostenitori. Ad esempio l’ex Ministro Beppe Fioroni nella già citata intervista a Lettera43.it ha dichiarato:
«non mi iscrivo al club che taccia i professori del Mezzogiorno di dare voti alti con leggerezza. Bisogna considerare anche la situazione di partenza, lo spaccato sociale. La scuola deve considerare nella valutazione complessiva anche l'apprendimento rispetto alle relazioni di partenza. Voglio dire che ci sono ragazzi che trovano nella famiglia rapporti che li arricchiscono anche nell'apprendimento. Altri, basta pensare ai ragazzi di Scampia o del rione Sanità, che la scuola accoglie e per i quali deve fare tutto».
È certamente una tesi affascinante, che suona più o meno così. Al Sud le condizioni sociali disagiate fanno sì che molti ragazzi siano a rischio dispersione scolastica. Per trattenere questi ragazzi a scuola ed evitare che imbocchino brutte strade, si preferisce abbassare l’asticella della sufficienza, rimodulando verso l’alto le valutazioni degli altri studenti, che quindi raggiungono facilmente valori di eccellenza.
Questa tesi è però smentita dai dati.
A complemento delle ottime considerazioni dell’articolo di Maria de Paola pubblicato su Lavoce.info [10] lo scorso anno, voglio aggiungere questa: se la tesi fosse vera, la discrepanza di votazioni tra Nord e Sud dovrebbe evidenziarsi maggiormente proprio in quelle scuole che accolgono alunni proveniente da situazioni disagiate, cioè negli istituti professionali. Invece l’analisi degli Open Data del Miur rivela una storia completamente diversa: la frattura Nord-Sud esiste ed è significativa nei licei, in particolare in quelli ad indirizzo classico, mentre è praticamente assente negli istituti tecnici e in quelli professionali.
Conclusione
Oggigiorno un voto di 100/100 alla maturità non è più garanzia di un facile accesso al mondo del lavoro, ma è d’aiuto se l’obiettivo è proseguire gli studi all’università. Sebbene il voto della maturità non contribuisca più al punteggio dei test di accesso alle università a numero chiuso, tuttavia ottenere un buon voto alla maturità continua a portare dei vantaggi.
Innanzitutto molte facoltà [12] offrono esenzioni, totali o parziali, agli studenti diplomati con il massimo dei voti. Inoltre, gli studenti che riescono a meritare la lode beneficiano di un bonus aggiuntivo [13] erogato dal Miur come premio al merito scolastico. Poiché, come emerge dagli studi di AlmaDiploma [14], la scuola italiana resta ancora estremamente classista, lungi dall’essere un premio e un sostegno per i ragazzi meritevoli provenienti da famiglie in difficoltà, la generosità dei voti nelle scuole meridionali è piuttosto un sussidio per i giovani delle famiglie benestanti, che frequentano il liceo classico e proseguiranno gli studi all’Università.
Note
[1] Miur, Esiti esami di Stato scuole secondarie di II grado 2015/2016 [link]
[2] “Zaia: Voti a scuola, ci sono due Italie. Così danneggiati studenti del Nordest”, Corriere del Veneto, 12/08/2016 [link]
[3] Faggionato Giovanna, “Scuola, Fioroni: Voti regalati al Sud? Tesi bislacca”, Lettera43, 11/08/2016 [link]
[4] Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione – Rilevazioni precedenti [link]
[5] OCSE-PISA 2012, Rapporto Nazionale 2012 [link]
[6] PIAAC-OCSE, Rapporto nazionale sulle competenze degli adulti 2014 [link]
[7] LEGGE 11 gennaio 2007, n. 1, Art. 6 [link]
[8] Esame di Stato 2016, seconda prova di matematica, Liceo Scientifico [link]
[9] Materie oggetto della II prova scritta e materia affidate ai commissari esterni 2015/2016 [link]
[10] Maria De Paola, “Se il voto di maturità non è uguale per tutti”, Lavoce.info [link]
[11] Dati Aperti della Scuola – Scuola in Chiaro [link]
[12] Università del Salento – Manifesto degli studi [link]
[13] Miur – Valorizzazione delle eccellenze [link]
[14] Almadiploma - Profilo dei diplomati – Indagine 2015 [link]