Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » gio mar 22, 2018 8:51 pm

Ho visto la serie ‘deep state’ di fox europe (video) - cambridge analytica e trump
Maria Giovanna Maglie per Dagospia

http://m.dagospia.com/maglie-ho-visto-l ... ump-169831

C'è ancora qualche povero di spirito tra i giornalisti italiani in America che sostiene che il termine “Deep State” sia stato inventato dalla destra, e che in realtà non esista? Trattasi di ciuccio e presuntuoso perché in realtà è dal 1961, da uno scritto di Dwight Eisenhower, che il termine viene identificato in una realtà ambigua eppure precisa, che a partire dagli Stati Uniti appartiene sicuramente anche ad altre nazioni sviluppate e non, più o meno democratiche.

Agli scettici, magari sul libro paga di qualche branca del Deep state, si potrebbe mostrare il recente sondaggio nel quale gli americani si dicono certi dell'esistenza delle trame di quella che in campagna elettorale Donald Trump identificò come una palude da prosciugare. La ricerca del Monmouth University Polling Institute, che ha chiesto a un campione di cittadini un'opinione proprio sul cosiddetto Deep State, ovvero l'apparato burocratico, militare e finanziario che avrebbe un peso eccessivo nelle decisioni del governo federale, questo si comporterebbe come un corpo separato, che in alcune situazioni ed occasioni sarebbe pronto a tramare contro il governo.

Solo il 13% conosce il termine, ma una volta saputo cos'è il Deep State, quasi tre cittadini su quattro (74%) hanno detto di credere che questo apparato esista e abbia un grosso peso a Washington; la convinzione è molto diffusa tra tutti gli orientamenti politici, visto che tra repubblicani, democratici e indipendenti la percentuale di chi crede al Deep State è superiore al 70 per cento.

“Deep state” della FOX Europa sarà perciò una serie fantastica, perché fantastica è la fiction televisiva che ci racconta e trasfigura la realtà, mentre il cinema si è rifugiato nella favola, nella ripetizione di commediole che furono, nella satira politica stantia. Deep State non si limiterà, ci scommetto, alle 8 puntate già realizzate che partono il 9 Aprile su Fox. Io ne ho viste due, la seconda è meglio della prima, il che fa intuire che chiuderemo in crescendo come nelle migliori tradizioni.

E speriamo che crescendo sia sul serio che qui la realtà galoppa, per quanto gli autori e sceneggiatori abbiano preparato una storia terribile nella quale un padre torna allo sporco lavoro di spia perché richiamato dal buen retiro dei Pirenei dove fa il falegname con una nuova moglie che nulla sa di lui. Con il pretesto trappola che gli hanno ammazzato il figlio, pure spia, del primo matrimonio, che di lui non ne voleva sapere ma poi ne aveva seguito le orme. Solo per scoprire che tornare indietro da certe vite e da certi destini non è possibile, ti richiamano, ti risucchiano, le cose orribili che sai e che hai fatto, sulle quali hai taciuto e che hai creduto di poter dimenticare, e chi le ha ordite e ordinate detiene le chiavi di un potere e di una costruzione malefica che non si ferma mai.

Ecco, e tiro il fiato, per quanto da Homeland a Scandal, a House of Cards, per citare solo tre grandi fiction in corso, la realtà del business intrecciato alla politica internazionale siano stati tirati per i capelli, sarà necessario un bel crescendo alla storia di “Deep state” in tv, perché quello vero di Deep state si difende e contrattacca, e non è mai stato così protagonista.

Prendete la cronaca di questi giorni sul presunto scandalo nei Mondiali di Cambridge Analytica, roba che già stanno chiedendo alcuni piddini, a corto di idee e ispirati dalla fiction, una commissione parlamentare di inchiesta, perché sarebbero state alterate anche le elezioni italiane il 4 marzo.

Leggetevi i giornaloni e ascoltate le costernate news dei TG e troverete: il genietto dai capelli rosa, oggi improvvisamente «pentito» Christopher Wylie; lo stratega cinico e demoniaco – credi di averlo eliminato dagli States e risorge tra il Vaticano e l'Europa – Steve Bannon; tira i fili della trama il miliardario, affascinato dall'intelligenza artificiale, Robert Mercer, diabolico e incestuoso, con la figlia Rebekah; al servizio di questa spectre alcuni mostri tra i quali si distinguono un manipolatore della psiche, Aleksandr Kogan, mezzo russo mezzo americano che ha preso come cognome nuovo proprio “Spectre”, e il manager factotum, Alexander Nix.

Questa volta per conto di chi agiscono? Quali affari miliardari rappresentano? Profili rubati, tangenti, corruzione, elettori come zombie incantesimati e condotti a votare per spingere la Gran Bretagna fuori dall'Europa, Donald Trump verso la Casa Bianca, Matteo Salvini a Palazzo Chigi, l'altro Matteo verso casa a Rignano. Una grande reporter che non ha paura di niente, inviata da un giornale che non ha paura di niente, Cadwalladr del Guardian, ha scavato per un anno sui retroscena della Brexit, ha convinto l'omino dai capelli rosa Wylie a svelare i misteri della Cambridge Analytica, ha incrociato i dati con gli investigative reporter del New York Times.

Il mostro è nudo, e probabilmente il Deep state è contento, se con una sola mossa ha rimesso sotto accusa, visto che la collusion con la Russia zoppicava, l'odiato Trump, ha minato la fiducia nella volontà dell'Inghilterra di uscire dall'Europa, e ha messo anche a posto i capetti di Silicon Valley come Mark Zuckerberg, che magari pensavano di poter fare a meno di lui, mister Deep, e dei suoi tentacoli, anche in future ambizioni presidenziali.

A Facebook hanno dato una bella botta, finché dura, naturalmente, perché ormai, grazie al fatto che dei giornali non si fida più quasi nessuno, delle Tv figurarsi, e per fortuna che ci sono il web e i social, l'effetto scandalone dura lo spazio di un mattino. Poi, come per i wurstel, torni a mangiarli e non vuoi sapere come sono fatti.

Tornando alla serie della FOX che dal 9 aprile in contemporanea mondiale in 50 paesi, come volete che ci impressioni, se non si diffonderà in rocambolesche avventure, quella specie di James Bond invecchiato e arrugginito e fuori dai giochi da 10 anni, Max Easton (interpretato da Mark Strong),riportato in campo per vendicare la morte di suo figlio, sullo sfondo di una cospirazione internazionale tra intelligence che devono guadagnare dalla diffusione del caos in Medio Oriente?

Ve lo dico io, e con sollievo. Con la forza della narrazione e della buona scrittura, non rinunciando agli effetti speciali ma facendo prevalere il doppio binario del conflitto personale con la pressione schiacciante della politica. Max intonsa che è tutto scritto che sono più forti, ma non rinuncia alla sua seconda chance. E anche quando dice “voi non sapete che cosa sono capaci”, non si dà per vinto.

Non è meglio lui degli zombie convinti al voto da un algoritmo che la realtà di oggi ci vorrebbe propinare?
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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » ven mar 23, 2018 8:38 am

Trump nomina John Bolton consigliere per la Sicurezza Nazionale
paolo cagnan
2018/03/22

http://www.lastampa.it/2018/03/22/ester ... agina.html

John Bolton è il nuovo capo della sicurezza nazionale della Casa Bianca. Ad annunciarlo è Donald Trump in un tweet, nel quale dice che l’incarico sarà effettivo a partire dal 9 aprile. «Sono veramente grato al generale H.R. McMaster», scrive il presidente sul consigliere uscente. «Ha svolto un lavoro egregio e rimarrà sempre un mio amico».
La partenza di McMaster è maturata in seguito a divergenze con Trump su temi chiave come l’Iran. Bolton, falco conservatore ed ex ambasciatore all’Onu, è un aspro critico dell’accordo sul nucleare di Teheran.


Trump ne licenzia un altro: fuori McMaster arriva Bolton
Il presidente ha come al solito annunciato l'avvicendamento via Twitter. Donald si era scontrato varie volte con il generale a tre stelle favorevole ad una linea tradizionale filo atlantica
Rampini, altro avvicendamento alla Casa Bianca: "Al posto di McMaster arriva Bolton, aveva progettato invasione Iraq"
23 marzo 2018

http://www.repubblica.it/esteri/2018/03 ... -191990184

Donald Trump continua il rimpasto della sua amministrazione annunciando licenziamenti e sostituzioni via Twitter: dopo il segretario di Stato Rex Tillerson, rimpiazzato con il capo della Cia Mike Pompeo, questa volta è toccato al consigliere per la Sicurezza Nazionale H.R. McMaster, sostituito con l'ex ambasciatore Usa all'Onu John Bolt.
"Ho il piacere di annunciare che, dal 9 aprile, l'ambasciatore John Bolton sarà il mio nuovo consigliere per la Sicurezza Nazionale. Sono molto grato per il servizio del generale H.R. McMaster che ha fatto uno straordinario lavoro e resterà sempre mio amico. Ci sarà un passaggio di consegne ufficiale il 9 aprile", ha cinguettato proprio mentre la Cnn si apprestava a trasmettere una intervista in esclusiva all'ex modella di Playboy Karen McDougal che voleva parlare della relazione che ha avuto con lui. Bolton sarà il terzo consigliere per la Sicurezza nazionale nei 14 mesi della presidenza Trump.

Il primo era stato Michael Flynn, licenziato sullo sfondo del Russiagate. Trump si era scontrato varie volte con McMaster, un rispettato generale a tre stelle favorevole ad una linea tradizionale filo atlantica e ad un approccio diplomatico alle varie crisi. Trump avrebbe espresso irritazione verso di lui per "differenze di stile e personalità", secondo una alta fonte repubblicana. I due non sarebbero mai andati d'accordo e il tycoon continuava ad essere infastidito dal comportamento del generale quando gli forniva i suoi briefing, con toni burberi e paternalistici, dandogli anche le notizie che Trump non avrebbe voluto sentire.

L'ultimo rimprovero pubblico del commander in chief era stato su Twitter, dove nei giorni scorsi aveva scritto che "il generale McMaster ha dimenticato di dire che i risultati delle elezioni 2016 non sono stati influenzati o cambiati dai russi e che l'unica collusione è stata tra la Russia e la corrotta Hillary i democratici".

Le voci di una sua uscita giravano da tempo. Ora è arrivata all'indomani della fuga di notizie sul Wp secondo cui il tycoon ha ignorato il monito formale del suo team per la Sicurezza Nazionale a non congratularsi con Vladimir Putin per la sua rielezione al Cremlino. Una rivelazione che ha fatto andare su tutte le furie il presidente, aprendo la caccia alla talpa.

In tarda serata è arrivata anche la versione fornita da fonti della Casa Bianca sull'uscita del consigliere per la Sicurezza nazionale: dimissioni concordate.
"Il presidente e il generale H.R. McMaster hanno concordato reciprocamente che il generale McMaster si dimetterà come consigliere per la Sicurezza nazionale", spiegano le fonti, aggiungendo che l'alto ufficiale lascerà l'esercito dopo 34 anni e andrà in pensione.

"I due hanno discusso per un po'. I tempi sono stati accelerati perchè entrambi hanno sentito che è importante avere un nuovo team al proprio posto, invece di costanti speculazioni", hanno aggiunto, assicurando che l'uscita del generale "non è legata ad alcun episodio o incidente" Trump ha chiesto a McMaster di restare sino a metà aprile per assicurare una transizione liscia e il generale ha accettato.

Bolton, 70 anni, conservatore, è un avvocato e un ex diplomatico che ha servito in varie posizioni sotto amministrazioni repubblicane, in particolare con i Bush, prima come sottosegretario di Stato per il controllo delle armi e la Sicurezza Internazionale (dal 2001) e poi come ambasciatore americano all'Onu (2005-2006). E' membro di vari think tank e istituti politici conservatori e legato alla Nra, la potente lobby delle armi.
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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » sab mar 24, 2018 9:49 am

Trump vieta transgender in esercito
Escluse eccezioni. Casa Bianca, a rischio efficacia forze armate
24 marzo 2018

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2 ... 16148.html

(ANSA) - WASHINGTON, 24 MAR - Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha emesso un ordine che bandisce le persone transgender dal far parte dell'esercito americano eccetto che per "circostanze limitate". Lo fa sapere la Casa Bianca spiegando che mantenere soldati che richiedono un sostanziale trattamento medico "presenta un rischio considerevole per l'efficacia" dell'esercito.



Trump vieta transgender nell'esercito, escluse eccezioni. Al via divieto per dispositivi armi
24 marzo 2018

http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... 434ea.html

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha emesso un ordine che bandisce le persone transgender dal far parte dell'esercito americano eccetto che per "circostanze limitate". Lo fa sapere la Casa Bianca.

In una nota della Casa Bianca si sottolinea che mantenere soldati che richiedono un sostanziale trattamento medico "presenta un rischio considerevole per l'efficacia" dell'esercito.

Lo scorso anno il presidente Trump colse il Pentagono di sorpresa dichiarato l'intenzione di revocare la decisione presa dal suo predecessore Barack Obama per consentire l'arruolamento tra i militari di persone transgender. Un annuncio verso il quale diversi tribunali federali si espressero in maniera contraria.

La risposta del Pentagono fu all'epoca di mantenere tra le file dell'esercito coloro già in servizio e consentendo l'arruolamento a partire dal primo gennaio.

Divieto per dispositivi armi

Il ministro americano della Giustizia, Jeff Sessions, ha annunciato che l'amministrazione Usa, attraverso il suo dipartimento, propone la normativa che vieta i dispositivi per trasformare pistole e fucili in armi automatiche, senza aspettare l'intervento del Congresso. L'annuncio di Sessions giunge poco dopo un tweet di Donald Trump con cui il presidente presenta la misura.

Marcia studenti a Washington contro le armi

Al grido di "Mai piu!" oggi un fiume di studenti e non solo si riverserà su Washington. È il coro dell'America che dice "Basta!" alla scia di sangue lasciata dalle armi, chiedendo maggiori controlli e sicurezza, dopo la strage di San Valentino alla Marjory Stoneman Douglas high school di Parkand, in Florida, dove un 19enne ha aperto il fuoco uccidendo 17 persona. 'La Marcia per le Nostre Vite', così hanno chiamato la manifestazione gli studenti di Parkland che l'hanno organizzata e guidano quello che e' ormai un vero e proprio movimento. Le autorita' locali nella capitale Usa hanno autorizzato la dimostrazione per 500mila persone, ma l'affluenza potrebbe essere maggiore, dopo settimane di preparazione, appelli, tam tam via web e raccolte fondi. Autobus e treni pieni di ragazzi e famiglie sono giunti da ieri a Washington, mentre sono decine i cortei previsti in molte città del Paese.



Gender una schifosa violazione dei diritti umani
viewtopic.php?f=181&t=1634
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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » mar mar 27, 2018 10:28 am

APPROVATA LA LEGGE TAYLOR FORCE

Il Taylor Force Act, che prende il nome dall’ex soldato americano assassinato da un terrorista palestinese a Jaffa nel 2016 e che è stato controfirmato venerdì scorso dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, afferma un principio semplice: i soldi faticosamente guadagnati dai contribuenti americani non devono essere utilizzati per fomentare il terrorismo, tanto meno il terrorismo diretto contro cittadini americani.


Taylor Force Act alla Knesset
7 marzo 2018

http://www.italiaisraeletoday.it/taylor ... la-knesset

Nel 2018 l’Autorità Palestinese ha aumentato di quasi 56 milioni di dollari i pagamenti a terroristi e loro famiglie. Lo ha detto lunedì il presidente della commissione esteri e difesa della Knesset, Avi Dichter, in occasione dell’approvazione in prima lettura di un disegno di legge volto a ostacolare tale pratica.

Dichter ha sottolineato che il presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha autorizzato domenica il bilancio 2018 dell’Autorità Palestinese e ha ricordato che vige una legge che obbliga l’Autorità Palestinese a destinare il 7% del budget a vitalizi per terroristi incarcerati e per le famiglie di quelli morti compiendo attentati.
Nel 2017 l’Autorità Palestinese ha destinato a questo scopo oltre 347 milioni di dollari. I “salari” ai terroristi sono tanto più consistenti quanto più gravi gli attentati commessi. Se approvato in via definitiva, il disegno di legge richiederebbe al governo israeliano di detrarre dalle tasse e tariffe che Israele riscuote per conto dell’Autorità Palestinese un importo pari a quello versato dall’Autorità Palestinese ai terroristi.

La proposta è ispirata al Taylor Force Act, un disegno di legge Usa (che prende il nome da una vittima americana del terrorismo palestinese) che taglierebbe gli aiuti degli Stati Uniti all’Autorità Palestinese fino a quando non cesseranno i pagamenti ai terroristi.

“Il nostro disegno di legge – ha spiegato il parlamentare di Yesh Atid Elazar Stern, uno dei firmatari – non intende solo promuovere la sicurezza dei cittadini dello stato di Israele, ma anche promuovere la pace” osteggiando quello che attualmente funziona come un forte incentivo al terrorismo. Secondo Stern, infatti, in molti casi i terroristi interrogati hanno detto d’aver compiuto attentati per il denaro destinato a loro e alle loro famiglie.
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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » gio mar 29, 2018 1:05 pm

La nomina di John R. Bolton e il Vello D’Oro dei due Stati
Niram Ferretti
23 marzo 2018

http://www.linformale.eu/la-nomina-di-j ... -due-stati

“L’unica logica sottostante la richiesta di uno stato palestinese è l’imperativo politico degli avversari di Israele di indebolire e circondare lo stato ebraico, riducendo di conseguenza il suo potenziale di stabilire confini difendibili e sicuri. L’ironia crudele è che usando il popolo palestinese come la punta della lancia contro Israele, i suoi supposti sostenitori hanno causato ai palestinesi una protratta sofferenza. Il loro benessere economico, il loro potenziale per lo sviluppo e la prospettiva di vivere sotto un governo rappresentativo non corrotto sono andati persi nel tentativo di mettere in mora lo stesso diritto all’esistenza di Israele”.

Così scriveva John R. Bolton, una delle più brillanti intelligenze politiche e strategiche in circolazione, in un articolo apparso nel 2014 sul Washington Times. Oggi Bolton è diventato il nuovo Consigliere per la Sicurezza Nazionale al posto del generale McMaster. Per Israele la scelta non potrebbe essere migliore. L’ex ambasciatore americano all’ONU, già interno all’amministrazione di George W. Bush, è un ulteriore passo avanti verso il realismo che sempre più contraddistingue le decisioni di Donald Trump relative al Medioriente.

Dalla dichiarazione su Gerusalemme capitale di Israele, ai tagli dei fondi all’UNRWA, al Taylor Force Act, il disegno di legge inserito nella manovra di bilancio, il cui scopo è quello di sospendere all’Autorità Palestinese i fondi utilizzati per pagare i terroristi incarcerati, l’amministrazione Trump si sta muovendo con risoluta determinazione per smantellare uno dopo l’altro alcuni dei pilastri su cui per decenni si è appoggiato il governo di Ramallah.

In realtà, la stessa opzione dei due stati, feticcio inossidabile di tutte le presidenze americane dai primi anni ’90 ad oggi, e che John R. Bolton considera defunta, non è mai stata l’opzione rilanciata da Donald Trump. Di fatto, non si sa ancora, al di là di indiscrezioni, quale sia la forma definitiva del piano di pace ancora in cantiere alla Casa Bianca, e sul quale, inesorabilmente, l’ex ambasciatore Bolton esprimerà il suo parere. Da tempo egli è un promotore della soluzione dei “tre stati” la quale prevede l’annessione della popolazione palestinese in Cisgiordania alla Giordania e il ritorno di Gaza all’Egitto.

Sempre sul Washington Times nel 2014, Bolton scriveva “Per molti, mettere fine alla ricerca della ‘soluzione dei due stati’ sarà come rinunciare alla ricerca del Vello D’Oro…Nonostante ciò la nostra esperienza nell’arco degli ultimi decenni prova in modo conclusivo che né i palestinesi, né Israele, né gli Stati Uniti possano ottenere alcun beneficio nel continuare a perseguire un’illusione”.

Difficile dargli torto, soprattutto quando si pensa come lui che la diplomazia nei confronti di stati canaglia o gruppi terroristici funziona solo fino a un certo punto come ebbe a specificare in un suo articolo del 2009 apparso su The Commentary, in cui scriveva, “La diplomazia è uno strumento, non è una politica. È una tecnica, non un fine in se stesso. Premere, per quanto onestamente, affinchè ci confrontiamo con i nostri nemici, non ci dice nulla di quello che accadrà dopo le cortesie iniziali…Una diplomazia efficace deve essere un aspetto di uno spettro strategico più ampio che includa confronti pubblici brutali. Senza la minaccia di sanzioni dolorose, dure condanne, e anche dell’uso della forza, la diplomazia rischia di trasformarsi in un gioco per perdenti, in cui una parte resterà seduta per sempre nell’ingenua speranza di giungere a un accordo mentre l’altra parte agirà secondo la propria volontà”. In questo senso, Bolton non ha mai fatto mistero delle sue posizioni interventiste, sia al tempo della Seconda Guerra del Golfo, sia in merito all’Iran e alla Corea del Nord.

Quindici anni fa, allora sottosegretario di Stato, esprimeva il suo dissenso alla politica negoziale di Bill Clinton nei confronti di Kim Jung II. Gli era chiaro che non avrebbe portato a nulla di buono. Successivamente è stato uno strenuo oppositore dell’accordo sul nucleare iraniano. A gennaio di quest’anno dichiarava al Wall Street Journal, “Trascorrere i prossimi 120 giorni negoziando tra di noi lascerà l’Occidente impantanato in una stasi. Trump vede correttamente che l’accordo voluto da Obama è un errore madornale, ma i suoi consiglieri, incomprensibilmente, lo hanno persuaso a non uscirne”.

Sicuramente non sarà quello che lui gli consiglierà. Per Bolton, come per il nuovo Segretario di Stato, Mike Pompeo, al deal con l’Iran voluto da Barack Obama si può rimediare solo in un modo, affossandolo. Su questa posizione è perfettamente allineato con Benjamin Netanyahu e oggi anche con l’Arabia Saudita pronta a dotarsi di armi nucleari nel caso in cui l’accordo con l’Iran dovesse rimanere in piedi.

Con la nomina di John R. Bolton, Trump ha messo a segno una tripletta formidabile. Insieme a Mike Pompeo e a Nikki Haley all’ONU, il presidente americano ha ora accanto a sé tre figure fortemente dalla parte delle ragioni di Israele, e convinte come lui, che la priorità in Medioriente sia il contenimento dell’espansionismo iraniano il quale viaggia di pari passo con il suo depotenziamento come minaccia nucleare. Dopo Pompeo e ora con l’arrivo di Bolton diventa difficile scommettere che da qui al 12 di maggio, la deadline fissata da Trump all’Europa per emendare l’accordo sul nucleare con clausole più restrittive nei confronti di Teheran, quest’ultimo possa sopravvivere.



Dart Fener alla Casa Bianca
Niram Ferretti
2018/03/25

http://caratteriliberi.eu/2018/03/25/in ... asa-bianca

Come era prevedibile, ci risiamo. La nomina da parte di Donald Trump, di John R. Bolton, ex ambasciatore all’ONU sotto l’amministrazione Bush, a Consigliere per la Sicurezza Nazionale al posto del pluridecorato generale McMaster ha dato il via al cannoneggiamento da parte dell’orda liberal e progressista.

Il baffuto Bolton, falco ben noto, è il nuovo supercattivo nel Manga degli orfani di Obama. E allora è tutta una gara a chi suona il medesimo spartito denunciando la sua pericolosità, il suo estremismo, la sua predilezione per Marte, dio della Guerra. Su di lui si sovrappone cupa e nera l’immagine di Dart Fener, come, prima di lui, su Steven Bannon si era sovrapposta quella di Rasputin.

Su “La Repubblica”, il cabarettista Vittorio Zucconi scrive uno dei suoi pezzi di avanspettacolo più gustosi, in cui Bolton null’altro è se non “il settantenne incendiario della destra più bellicosa” e non come è in realtà, una delle intelligenze più affinate della politologia americana, mentre sul “Guardian” viene riportato il parere di Adam Mount, esperto di armi nucleari e membro della Federazione degli Scienziati Americani, il quale ci informa allarmato che “Uno sguardo più da vicino mostra che si tratta di una delle voci più irresponsabili e pericolose del paese”.

Commenti del genere si susseguono a ritmo serrato, l’isteria monta, l’apocalisse è dietro l’angolo, e non può che essere così, alla corte del Demone Maggiore, Donald Trump non possono che aggregarsi altri demoni, forse persino più paurosi. Bolton corrisponde al canone, sembra, al momento, essere il peggiore.

Su “Commentary”, a proposito di questa nuova puntata della saga della esecrazione programmata contro l’amministrazione Trump, Sohrab Ahmari scrive

“L’unanimità delle reazioni ci induce a supporre se queste centinaia di reporter ed esperti abbiano tutti ricevuto lo stesso memo che gli ordinava di denunciare Bolton nei termini più apocalittici possibili. La triste realtà, tuttavia, è che nessun memo del genere era necessario. Buona parte dell’establishment di Washington che si occupa di politica estera è debitore a una serie di miti cortesi sul transnazionalismo, il ‘soft power’ la guerra e la pace. Che le idee di Bolton infrangano sovente questi miti è sufficiente per trasformarlo in un facile bersaglio per ogni tipo di calunnia e di attacco isterico”

Ma quale è la colpa dell’uomo che Trump ha scelto nel delicatissimo ruolo di consigliere per la sicurezza nazionale? Semplice, quella di non credere nelle illusioni, nella leggenda della diplomazia come panacea per risolvere i contrasti, nell’ottimismo illuminista perseguito dall’amministrazione Obama, incardinato sulle magnifiche sorti e progressive da perseguirsi attraverso il blandimento ragionevole degli stati canaglia, dei nemici della democrazia e del liberalismo, dei perseveranti assertori di altri modelli di società in aperto contrasto con quello incarnato dagli Stati Uniti.

Bolton è un hobbesiano perché sa bene che la stabilità degli assetti, l’ordine costituito, lo spazio in cui possono fiorire la democrazia e la liberta, è sempre a rischio e può durare solo se è protetto dall’ombra della potenza e della forza, le due sole cose di cui i suoi avversari hanno rispetto. La diplomazia funziona fino a un certo punto, perché, come ha scritto, “È uno strumento, non è una politica. È una tecnica, non un fine in se stesso. Premere, per quanto onestamente, affinché possiamo confrontarci con i nostri nemici, non ci dice nulla di quello che accadrà dopo le cortesie iniziali”.

Le “cortesie iniziali” nascondono spesso inganni, doppi giochi, soprattutto quando vengono utilizzate da attori politici adusi alla massima spregiudicatezza, abituati alla violenza e all’omicidio. È il motivo per il quale Bolton, fin dal principio, ha considerato un errore madornale l’accordo sul nucleare iraniano voluto da Barack Obama, ritenendo l’Iran del tutto inaffidabile e intenzionato a utilizzare unicamente a proprio vantaggio le concessioni americane. L’Iran, la Corea del Nord, la Russia, la Turchia, sono, per il nuovo consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, manifestazioni perverse e brutali di uno stesso male, non metafisico ma banale, quello di potenze tiranniche, brutali, antidemocratiche.

Gli attacchi preventivi, gli interventi militari, rappresentano una estrema ratio non dovuta all’impazienza per gli insuccessi diplomatici, ma una deterrenza nei confronti di rischi assai maggiori. Di nuovo, la diplomazia funziona fino a dove può funzionare, fino, in altre parole, a quel punto di rottura in cui non è più possibile proseguire se non con il fragore delle armi.

Dunque, al di là della caricatura in cui lo si vuole imprigionare da parte della stampa di sinistra, c’è uno smaliziato osservatore della realtà il quale non coltiva alcuna illusione sulla possibilità di riplasmare la creta guasta di autocrati, tiranni e dittatori e sa guardare lontano con occhio lucido invece di trastullarsi con fantasie ireniste. Con quasi un decennio di anticipo aveva previsto chiaramente lo scenario mediorientale attuale, in cui gli stati arabi avrebbero avuto convenienza a convergere verso gli Stati Uniti e Israele per proteggersi dalla sempre più incombente minaccia iraniana.

“Un Iran con le armi nucleari è un rischio palpabile non solo per Israele e gli stati arabi lo sanno. Questo è il motivo del misterioso silenzio da parte del mondo arabo nel settembre del 2007, quando Israele bombardò il quasi completato reattore nucleare nord coreano sul fiume Eufrate in Siria. Israele espose e ridusse al nulla un altro programma nucleare Mediorientale clandestino, che non poteva essere sorto senza un supporto iraniano. La mancanza di protesta da parte araba fu assordante” scriveva il 1 maggio del 2009 su “Commentary”

Sempre nello stesso pezzo, una scintillante analisi politica, imputava all’Europa la propria malattia senile, la convinzione di essersi definitivamente collocata “oltre la storia”, in altre parole oltre l’era dei conflitti transnazionali. Con sottile disprezzo le imputava la convinzione che la minaccia alla coesistenza pacifica internazionale non venga da forze ostili, ma da paesi amici come Israele e gli Stati Uniti. “Credono, (gli europei) di essere messi in pericolo da quelle nazioni che fino ad oggi hanno deciso di non potersi permettere di finire preda dei falsi sogni di riuscire a districarsi dai pericoli del mondo restando in uno stato di torpore o inginocchiandosi al cospetto di un attacco“.

Dunque non un piromane, non un irresponsabile, o un Dottor Stranamore privo di protesi meccanica, tutte proiezioni denigratorie e buffonesche partorite dalla mente di denigratori e di buffoni, ma un realista al cubo che sarebbe piaciuto a Von Clausewitz, perché, come scriveva Carlo M. Santoro nella sua prefazione al “Clausewitz” di Raymond Aron, “Il metodo della guerra, per quanto stigmatizzato ed esorcizzato da tutti, resta purtroppo ancora il più valido ordigno per dirimere le controversie internazionali”.

Con buona pace degli irenisti da salotto.
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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » gio mar 29, 2018 1:36 pm

Quando bisogna colpire il 'puzzone', si va sempre a rovistare nelle sue mutande
1 - È UNA PORNOSTAR L'IDOLO DELLA SINISTRA MONDIALE
Giovanni Sallusti per “Libero quotidiano”

http://m.dagospia.com/quando-bisogna-co ... nde-170188

Zitti che le sinistre mondiali in arretramento ovunque, quando non a rischio sparizione come nel Belpaese, hanno trovato l'icona a cui rimanere aggrappate per sperare ancora. Trattasi di Stephany Gregory Clifford, trentanovenne americana, in arte "Stormy Daniels".

L' arte diversamente nobile in questione è la pornografia, ambito dell' espressione umana in cui la signora ha indubitabilmente mostrato di essere ferrata, non solo animando con la sua generosa presenza pellicole come "Missionary Impossible" e "Internal Affairs" (che sospettiamo non si riferisse al Dipartimento di Giustizia), ma trasformandosi anche in sceneggiatrice e regista del settore, in brand di se stessa.

Adesso, però, il grande salto, il ruolo più importante della sua carriera, e senz'altro il meno faticoso, dal momento che richiede solo la posizione seduta, fronte telecamera. La Grande Accusatrice dell'Orco, di Donald Trump, l'incubo delle élite progressiste internazionali, o di quel che ne resta, il padre putativo di tutti i populismi, questa parolaccia che si sono inventati per designare le libere scelte dei liberi popoli.

"Stormy" ha intrattenuto gli spettatori di "60Minutes", celebre talk della Cbs, sui dettagli di «un unico rapporto sessuale», che è stato «consensuale» e «non protetto» (particolare quest' ultimo fondamentale per le sorti della democrazia americana) con l' attuale presidente. La copula risale al 2006 e «il dettaglio scabroso», nota il sito di Repubblica dove non si registava un simile tasso di arrapamento dalla sbobinatura dell' affaire Ruby, è che risale a «quando Trump era sposato con Melania».

Un'ordinaria storia di corna, insomma, che permette di tenere vivo il sogno molto confessato dei segugi su entrambe le sponde dell'Atlantico: l'impeachment. È del resto una buona pratica della sinistra dai tempi dello stalinismo: vuoi battere il tuo avversario? Non perdere tempo a contrastarne le idee, delegittima la persona, distruggila nel privato, scava nelle lenzuola, nelle debolezze, nell' uomo.

Stormy ci trasmette quindi la notizia di notevole rilevanza pubblica per cui ha «sculacciato» Trump con una copia di Time dedicata a Trump stesso, perversione innocua che lo riduce quasi alla stregua di un'educanda, rispetto a una giornata media del vecchio Bill Clinton nello Studio Ovale. Ma agli occhi della centrale del Politicamente Corretto, con sede negli attici di Manhattan e diramazioni in tutte le redazioni, gerarchie di senso, gusti privati, irrilevanza politica della tragicommedia che va in scena nella camera da letto di ciascuno, non contano.

Il punto è montare disperatamente uno scandalo purchessia contro l'uomo a cui guardano tutte le destre in ascesa nel mondo occidentale, per evitare che si parli della ritirata ormai evoluta in rotta epocale delle sinistre, e delle sue ragioni (a naso, il culto acritico della globalizzazione e l'incentivazione dell' immigrazione selvaggia c'entrano qualcosa, ma comprendiamo siano spunti meno accattivanti del décolleté di Stormy Daniels).

Con tutte le proporzioni del caso, per disarcionare il Berlusconi all'apogeo batterono la stessa strada: il saccheggio gossipparo della sua casa e delle sue notti. Furono i quarti d'ora di celebrità delle D'Addario, delle Ruby, fu l'epopea del bunga bunga e della cronaca giudiziaria ridotta a inserto di Playboy, con lunghe digressioni su «lap dance» e «toccamenti reciproci».

Una saga che non si è ancora esaurita, nonostante l'irreversibile declino politico del Cav, visto che è di ieri l'ennesimo rinvio a giudizio nell'ambito del "Ruby Ter", una delle tante sottotrame del canovaccio erotico-processuale antiberlusconiano. Quando non sa più cosa fare, la sinistra la butta in vacca.

Letteralmente: riduce il corpo delle donne a mero strumento animalesco da consumare nella lotta contro il Tiranno, ovvero colui che ha avuto l'imperdonabile colpa di prendere i voti senza iscriversi al club. Ma ormai il gioco è scoperto, e tutto questo pendere dalle labbra carnose di Stormy rischia di rivelarsi per quello che è. Un grande caso di onanismo collettivo, l' ultimo momento di sollazzo autoreferenziale che un establishment in decadenza concede a se stesso.



2 - LA PORNOSTAR CHE ACCUSA IL TEAM DI DONALD TRUMP "FECI SESSO CON LUI E FUI MINACCIATA PER NON DIRLO"
Francesco Semprini per “la Stampa”

Un rapporto solo, consensuale e non protetto. I riferimenti alla figlia come minaccia velata. Il silenzio in cambio di 130 mila dollari. Tenta di scatenare la tempesta perfetta sul presidente degli Stati Uniti, Stormy Daniels, l'ex pornodiva che sostiene di avere avuto una relazione sessuale con Donald Trump poco dopo le nozze con Melania. Era il 2006 e quello che presumibilmente accadde tra i due è divenuto di domino pubblico dopo l'intervista concessa dalla protagonista del film «Operation Desert Stormy», ad Anderson Cooper, per il programma di Cbs «60 Minutes».

L'approccio con l'allora tycoon ha inizio con una conversazione circa la copertina di un magazine a lui dedicata. Poi l'incontro ravvicinato in una camera d'albergo di proprietà di Trump a Lake Tahoe, dove durante la performance Stormy avrebbe «anche sculacciato» il futuro presidente con la suddetta rivista. Era il 2006 appunto, il rapporto fu consensuale e unico nel senso che non ce ne furono altri.

In quell' occasione - questo emerge dal racconto - Trump paragonò Daniels alla figlia Ivanka e le confidò che con Melania dormivano «in stanze separate». Subito dopo, però, alla tempestosa Daniels, al secolo Stephanie Gregory Clifford, inizia a salire l'angoscia. «Mi resi conto esattamente in cosa mi ero cacciata», spiega l'ex pornostar, affermando che i due non usarono precauzioni e che lei non gli chiese di prenderle.

Secondo Stormy Daniels il tycoon la chiamò diverse volte dopo quell' incontro e i due si rividero un anno dopo, nel luglio 2007, al Beverly Hills Hotel di Los Angeles, per discutere di una sua possibile partecipazione al programma «Celebrity Apprentice», ipotesi che Trump aveva ventilato durante l'incontro intimo.

«In quell' occasione si comportò come se avesse voluto avere un altro rapporto, ma non accadde», spiega Stephanie. Poi più nulla sino al 2011, quando uno sconosciuto le si avvicina in un parcheggio di Las Vegas dicendole: «Lascia stare Trump. Dimenticati la storia». La donna spiega che con lei c'era sua figlia, verso la quale l'uomo si rivolse dicendo: «È una bimba bellissima, sarebbe un peccato se accadesse qualcosa alla sua mamma».

Nel 2016 a farsi sotto è Michael Cohen, il legale di Trump, con cui Stormy Daniels stipula l'accordo del silenzio pagato: «L' ho firmato perché non avevo scelta», dice precisando però che non vi furono minacce fisiche. Perché parlare adesso? «Perché è molto importante per me potermi difendere».

«Tante fake news. Mai così tante e approssimative», tuona Trump su Twitter, mentre Cohen chiede che l'ex pornodiva si scusi con lui per aver lasciato intendere che fosse dietro le minacce subite nel 2011. «Il presidente ha sempre negato quelle accuse, è stato coerente, lei non lo è stata», dice il portavoce della Casa Bianca, Raj Shahri. E circa le minacce: «Non c' è nulla che le avvalori». Melania si affida alla sua portavoce che lancia un appello a tenere il più possibile Barron, il figlio 12enne della coppia presidenziale, fuori da questa storia.

Intanto però la First Lady è rimasta a Mar-a-Lago, in Florida, dove il presidente la raggiungerà per Pasqua. Un segnale, secondo i maligni, che se non tira aria di tempesta, quanto meno nella First Couple c' è un po' di maretta.
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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » ven mar 30, 2018 10:00 am

Il rapporto tra Obama e Cambridge analytica - Kim-Trump, l’incontro che cambia la storia
Maria Giovanna Maglie per Dagospia

http://m.dagospia.com/maglie-il-rapport ... ria-170392

Vi interessano di più i racconti tardivi di una pornostar che forse ha toccato il record di compenso per un One night stand con Donald Trump molti anni fa? Preferite riflettere direttamente su come porta le corna sbattute in prima serata TV Melania Trump? Siete in trepida attesa dell'audizione al Congresso il 10 aprile di Mark Zuckerberg perché gli Intoccabili in difficoltà vi eccitano come poche cose al mondo, e nel caso vi interessa di più quel che ha venduto a una società probabilmente vicina a Trump nel 2016, o preferite notizie inedite sulle informazioni che ha regalato direttamente a Barack Obama nel 2012 violando così la legge federale sui contributi alle campagne elettorali?

Il pentito di Cambridge analytica coi capelli rosa appena ascoltato dai parlamentari inglesi, che si sono sentiti dire che Facebook registra per riutilizzarle le nostre conversazioni private, vi fa sganasciare dalle risate o vi appare la spaventosa realizzazione del Big Brother?

Ci sarebbe poi lo storico viaggio del dittatore nordcoreano Kim jong-un a Pechino, dove insieme a quegli altri fiorellini di campo dei comunisti cinesi hanno fatto un comitato di preparazione del summit che quasi sicuramente si terrà entro un paio di mesi, in luogo da decidere , con il presidente americano. In ballo c'è robetta come il nucleare ormai in stadio avanzato in mano al dittatore più pazzo del mondo, c’è l’egemonia cinese in Asia ma non solo, perché intorno alla guerra sul commercio e dazi si gioca una partita mondiale che Donald Trump dopo anni di inerzia e vigliaccheria ha deciso di giocare accettando il rischio.

Cos'è più importante nell'ordine? La graduatoria e la gerarchia delle notizie dagli Stati Uniti continua a essere rivoluzionata dall'effetto Trump. La storia di Cambridge analytica ci viene propinata a tonnellate già da alcuni giorni e potrebbe avere un momento di vera importanza quando il fondatore e padrone di Facebook comparirà di fronte ai parlamentari americani, ma l'idea che alcuni di loro gli chiedano conto, invece che delle collusioni dirette e indirette con Donald Trump di quelle con Obama, vedrete che farà impallidire la rilevanza della notizia. Infatti secondo Carol Davidsen, ex direttore dei rapporti con i media di Obama for America 2012.

Facebook diede diretto accesso ai dati personali dei suoi scritti in violazione del proprio regolamento facendo un'eccezione. Il Daily Mail pubblica una dichiarazione della signora nella quale si conferma che i dirigenti di Facebook visitarono il quartiere generale della campagna e spiegarono esplicitamente che “avevano ricevuto autorizzazione di fornire materiale che non avrebbero avuto il permesso di fornire a nessun altro perché erano dalla nostra parte”.

Gratis e per amore, insomma, mentre gli altri 4 anni dopo hanno pagato a caro prezzo i servizi che una società ha fornito loro. Il bello è che quella spesa è regolarmente documentata nell'elenco delle spese complessive della campagna elettorale compilata e consegnata alla Federal electoral Commission. Strana scelta per una mega truffa, vero?

Si potrebbe concludere, a voler essere obiettivi, che del caso di Donald Trump a violare le regole della privacy dei suoi utilizzatori è stata facebook, nel caso di Obama tutti quanti allegramente hanno violato la legge federale perché quello era un contributo non accettabile. Vedremo, Mark Zuckerberg è atteso come neanche il tacchino nel giorno del ringraziamento. E vedremo anche se si capirà chi è perché gli ha tirato questa fregatura colossale, trasformandolo da nuovo Walt Disney in capo di Spectre, che ci ascolta maligna anche se parliamo di come cucinare le salsicce con la mamma.

Per la CNN però non c'è alcun dubbio che la vera notizia è Stormy Daniels, pornostar fantasticamente trasformatasi in vittima di Trump il cattivo senza doversi neanche chiudere un bottone della camicetta sulla sesta misura. La copertura mediatica della signora da parte di CNN durante il fine settimana è stata di 4 volte superiore al passaggio della finanziaria, la Daniels è stata menzionata 312 volte, seguita a ruota da Karen McDougal, ex coniglietta di Playboy anche lei vittimizzata da Donald Trump tanti anni fa, e citata 290 volte.

Viste le scelte, che volete che sia la preparazione di uno storico incontro tra Stati Uniti e Corea del nord, auspice la Cina comunista. Twitta Trump che:

For years and through many administrations, everyone said that peace and the denuclearization of the Korean Peninsula was not even a small possibility. Now there is a good chance that Kim Jong Un will do what is right for his people and for humanity. Look forward to our meeting!

Per molti anni e con molte amministrazioni tutti dicevano che la pace e la denuclearizzazione della penisola coreana non era minimamente possibile. Ora c'è una buona possibilità che Kim jong-un faccia ciò che è giusto per il suo popolo e per l'umanità. Aspettate il nostro incontro.

Prosegue con un altro Tweet :

Received message last night from XI JINPING of China that his meeting with KIM JONG UN went very well and that KIM looks forward to his meeting with me. In the meantime, and unfortunately, maximum sanctions and pressure must be maintained at all cost!

Ho ricevuto un messaggio la notte scorsa dal cinese Xi Jin Ping, il suo incontro con Kim jong-un è andato molto bene e Kim si aspetta di incontrarsi con me. Al tempo stesso anche se mi rincresce il massimo di sanzioni di pressione deve essere mantenuto a qualunque costo.

Retroscena dell'incontro a sorpresa, è definito clamoroso, tra i due dittatori, Partendo dal presupposto che senza l'appoggio e il sostegno economico e militare della Cina, la dittatura dei Kim finirebbe in una notte. Ma anche che la Cina in questo momento è in un rapporto di crisi delicata con gli Stati Uniti perché Donald Trump sì e stufato di un rapporto commerciale che penalizza pesantemente gli Stati Uniti, peraltro fanno così anche con l'Europa, ha imposto dazi avviandosi una autentica guerra commerciale.

Domande. L'incontro ha più il senso di facilitare il summit e mostrare buona volontà a Trump in cambio di buona volontà sua sul commercio? Oppure ha come la maggior parte degli osservatori occidentali è sembrato, uno scopo di velata minaccia e intimidazione, ovvero mostrare al lo spavaldo presidente americano che tutto in quell'area del mondo passa attraverso la volontà e l'intermediazione della Cina, anche una catastrofe nucleare futura, e quindi segnalargli che sarà il caso di addivenire a più miti pretese su lavatrici e pomodori?

Vista la qualità democratica dei due leader e le condizioni politiche delle due nazioni, sia pur un gigante e un nano, chi si fida che non stiano preparando una pagliacciata destinata solo a ravvivare il consenso interno? Per fare un esempio che scotta, vogliamo fare il bis delle Olimpiadi a Pechino?

Le risposte le scopriremo solo vivendo. Per ora stiamo ad alcuni fatti.

Pretendendo che Kim andasse in visita in Cina, Xì ha chiarito che Kim deve tenerlo informato di tutto, anche dello stato dei colloqui con la Corea del Sud che cominciano ora in preparazione di un vertice nel mese di aprile.

Veniamo al vertice con trump. L'agenzia di Stato cinese riferisce che Kim Jong un ha detto: la questione della denuclearizzazione della penisola coreana può essere risolta se Corea del Sud e Stati Uniti rispondono ai nostri sforzi con buona volontà creano un'atmosfera di pace e stabilità diplomatico assumendo misure sincrone e progressive per la realizzazione della pace”.

Sfrondiamo dal linguaggio della diplomazia comunista. Che cosa intendono Kim jong-un e Xi jinping per misure sincrone e progressive? Che cosa vogliono dagli Stati Uniti e dalla Corea del sud in cambio della rinuncia al nucleare?

In ballo ci sono le forze americane che sorvegliano la penisola coreana; la possibilità per ispettori internazionali di entrare in Corea del Nord e verificare che adempia agli accordi eventualmente raggiunti; che l'accordo comprenda tutti gli impianti e i siti, i programmi missilistici e gli armamenti chimici.

Siamo alla parte più delicata di una trattativa che riguarda, detto senza esagerare, le sorti del mondo. Oppure siamo a Stormy Daniels e alle nostre chiacchiere rubate da Facebook per rivenderle chissà a chi.
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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » mar apr 03, 2018 6:43 pm

Trump impone le quote ai giudici dell'immigrazione: "Esaminino almeno 700 casi all'anno"
: "Passo senza precedenti che rischia di minare l'indipendenza della giustizia"
03 aprile 2018

http://www.repubblica.it/esteri/2018/04 ... -192825735

NEW YORK - L'amministrazione Trump imporrà ai giudici dell'immigrazione un sistema di quote per velocizzare l'espulsione e il rimpatrio forzato degli immigrati clandestini.
In base alle nuove direttive messe a punto dal dipartimento di Giustizia, ognuno dei circa 350 magistrati che si occupano di questa materia dovrà risolvere almeno 700 casi all'anno per ricevere un giudizio "soddisfacente". Se ne risolverà più di 560 ma meno di 700 il "voto" sarà "necessita di miglioramento". "Bocciato" il giudice che rimarrà sotto i 560 all'anno. Uno standard che i rappresentanti della categoria hanno definito "un passo senza precedenti" che rischia di minare l'indipendenza della giustizia.

Saranno penalizzati anche i giudici che rimandano più del 15 per cento dei casi a corti superiori o quelli che fissano le udienze a distanza ritenuta eccessiva. L'obiettivo dichiarato dell'amministrazione è garantire che "i casi siano risolti in tempo e in modo efficiente ed efficace". Secondo i dati diffusi dal dipartimento alla Giustizia, attualmente i giudici risolvono in media 678 casi l'anno, ma alcuni ne esaminano anche più di mille l'anno.

Alcuni immigrati a rischio rimpatrio, ricorda il Washington Post, aspettano mesi prima che venga stabilita una data per l'esame del loro caso e solitamente viene consentito loro di lavorare negli Stati Uniti per mantenersi durante quel periodo, cosa criticata da alcuni come incentivo all'immigrazione illegale. E pare sia proprio questo che il ministro della Giustizia Jeff Sessions intende evitare, cioè che la mole di lavoro arretrato dei giudici consenta a coloro che dovrebbero essere espulsi di continuare a rimanere negli Usa.

Sono 600mila i casi in attesa di essere esaminati dall'Executive Office for Immigration Review, un sistema che non fa capo alla magistratura ma alla rete di agenzie per l'attuazione della legge anche se viene riconosciuta ai giudici la piena indipendenza.

La notizia di questo provvedimento giunge dopo giorni di tweet al vetriolo con cui il presidente Donald Trump ha rilanciato la questione immigrazione. Il presidente avrebbe voluto un accordo con il Congresso che garantisse il finanziamento della costruzione del muro con il Messico in cambio della regolarizzazione dei circa 700mila dreamers, cioè i giovani beneficiari del programma Daca voluto da Barack Obama, che l'attuale capo della Casa Bianca ha promesso di smantellare. Ma l'accordo non è stato raggiunto, cosa della quale Trump accusa i democratici. "Basta Daca", ha affermato nel fine settimana, minacciando il Messico di prendere di mira il Nafta, cioè l'accordo di libero scambio North American Free Trade Agreement, se il Paese vicino non si impegnerà per la costruzione del muro alla frontiera.
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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » gio apr 05, 2018 7:37 pm

Trump ordina, 'Guardia nazionale a confine con Messico'
2018/04/04

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2 ... d4c73.html

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha disposto che il dipartimento della Difesa e quello per la Sicurezza Interna lavorino con i governatori per procedere con il dispiegamento della Guardia Nazionale alla frontiera sud con il Messico per rafforzane la sicurezza e firmerà oggi il relativo ordine. Lo ha annunciato la segretario per la Sicurezza Interna Kirstjen Nielsen: "La sicurezza delle frontiere riguarda la sicurezza interna che è a sua volta è sicurezza nazionale. La minaccia è reale, è il momento di agire".

L'auspicio - ha sottolineato il segretario per la sicurezza Interna Nielsen - è che la Guardia Nazionale possa essere dispiegata "immediatamente" alla frontiera sud. Non è al momento chiaro però quante truppe verranno impiegate né quanto a lungo resteranno in servizio al confine o quanto l'operazione costerà. Il mandato della Guardia Nazionale sarà di supporto alle autorità di frontiera e non ha competenza nella detenzione e gestione degli immigrati che attraversano il confine illegalmente.




Immigrazione dal Messico, Trump firma l'ordine: la guardia nazionale schierata ai confini
Sostegno dai governatori di Texas e Arizona, entrambi repubblicani: "Misura necessaria per contenere il massiccio flusso migratorio".
05 aprile 2018

http://www.repubblica.it/esteri/2018/04 ... -193012521

Immigrazione dal Messico, Trump firma l'ordine: la guardia nazionale schierata ai confini
I governatori del Texas e dell'Arizona, stati confinanti con il Messico, hanno espresso il loro sostegno alla decisione del presidente degli Usa Donald Trump di schierare la Guardia nazionale alla frontiera. Il governatore dell'Arizona, Doug Ducey, e quello del Texas, Greg Abbott, entrambi repubblicani, hanno concordemente definito la misura disposta da Trump "necessaria" per contenere il "massiccio" flusso migratorio verso gli Stati Uniti e mantenere la sicurezza delle loro comunità.

Da parte sua Abbott ha ricordato che da quando ha assunto nel 2015 il suo incarico ha mantenuto "una presenza continua" della Guardia nazionale al confine, assieme a militari del Dipartimento della pubblica sicurezza. "L'odierna azione dell'amministrazione Trump rafforza l'impegno del Texas per la sicurezza della nostra frontiera e per la difesa dello Stato di diritto, e per questo esprimo il mio ringraziamento e il mio appoggio. Ducey ha dato il "benvenuto" alla decisione di Trump, e ha osservato che "Washington ha ignorato questo problema per troppo tempo" e che "c'è bisogno di aiuto".

Dopo il calo registratosi con l'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca l'immigrazione dal Messico negli Usa è aumentata e nel giorno in cui il presidente annuncia l'invio della Guardia nazionale al confine messicano i dati dicono che è tornata ai livelli precedenti. I migranti irregolari fermati alla frontiera sono stati nel gennaio e febbraio di quest'anno 72.517, a fronte dei 66.018 dei primi due mesi del 2017. "Abbiamo recentemente visto i numeri degli attraversamenti illegali del confine risalire ai livelli precedenti dopo il minino degli ultimi 40 anni registrato in aprile dell'anno scorso", ha riconosciuto la segretaria alla Sicurezza interna, Kirstjen Nielsen.

Nell'aprile del 2017 i migranti fermati erano stati 15.766, meno di un terzo dello stesso mese dell'anno prima. Insomma, quello che era stato chiamato 'effetto Trump', e agitato come uno dei successi dell'amministrazione, sembra finito. Oggi, secondo il Diparimento della Sicurezza interna, un migrante ogni 10 fermati alla frontiera fa subito domanda d'asilo sostenendo di rischiare la vita nel suo Paese di provenienza.
Nel 2013 faceva domanda solo uno ogni cento. "I trafficanti sanno che queste persone non possono, per legge, essere facilmente rimandante nei loro Paesi", ha detto Nielsen, che ha assicurato: "Non permetteremo che i precedenti livelli d'immigrazione diventino la norma".



Alberto Pento
I paesi civili e i loro governanti responsabili proteggono i confini dei loro paesi dagli ingressi clandestini, illegali, non richiesti e non permessi.
Sono un dovere e un diritto umano e civile fondamentali quelli di difendere i confini del proprio paese, il suo territorio, i suoi cittadini, la sua civiltà, il suo lavoro, la sua sicurezza, il suo ordine sociale, il suo welfare, ...



Confine Usa-Messico, Trump: ''Mai così tanti stupri, non possiamo far entrare chiunque''
6 aprile 2018
https://video.repubblica.it/mondo/confi ... 10-S2.6-T1

Durante il suo intervento a White Sulphur Spirngs, nella West Virginia, Donald Trump ha attaccato la carovana di migranti che nei giorni scorsi ha tentato di raggiungere a piedi la frontiera con gli Stati Uniti partendo dal Messico.
Circa mille persone si erano messe in marcia per sfidare il blocco all'immigrazione voluto da Trump. ''Nei viaggi verso gli Usa le donne vengono stuprate come mai prima. Non possiamo sapere se chi sta entrando nel nostro Paese sia un assassino'', ha commentato il tycoon, insistendo sulla necessità di costruire il muro al confine con il Messico''.
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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » sab apr 07, 2018 9:56 am

Usa, Trump ordina lo stop al rilascio dei clandestini in attesa del processo
2018 aprile 07

http://www.corriere.it/esteri/18_aprile ... 1e1a.shtml

Donald Trump ha firmato un memorandum per mettere fine alla prassi del `catch and release´ (cattura e rilascia), in base alla quale gli immigranti illegali sono liberati dopo l’arresto in attesa dell’udienza sul loro status. Lo rende noto la Casa Bianca. Nel memo, il presidente ha chiesto una lista dettagliata di tutte le strutture, comprese quelle militari, che potrebbero essere usate per detenere i clandestini. Intanto Arizona e il Texas hanno resto noto di essere sono pronti a inviare la Guardia Nazionale al confine con il Messico già dalla prossima settimana in linea con quanto richiesto dal presidente Donald Trump per contrastare l’immigrazione clandestina. Il governatore dell’Arizona, Doug Ducey, ha annunciato, via Twitter che invierà 150 uomini mentre il Texas Military Department, dal quale dipendono le guardie nazionali dello Stato, ha annunciato una conferenza stampa sull’invio di truppe al confine. Trump ha firmato mercoledì scorso un memorandum ordinando al capo del Pentagono, James Mattis, di sostenere con le sue truppe il dipartimento per la Sicurezza Nazionale per «l’impennata di attività illegale» e ha dichiarato di voler dispiegare al confine tra 2.000 e 4.000 uomini. Anche gli ex presidenti George Bush nel 2006 e Barack Obama bel 2010 avevano inviato la Guardia Nazionale al confine con il Messico.
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