Donald Trump o Francesco Bergoglio ?

Re: Donald Trump o Francesco Bergoglio ?

Messaggioda Berto » gio gen 26, 2017 1:01 pm

Trump infiamma il movimento antisistema in Europa - "Quest'anno sarà l'anno dei popoli."
di Soeren Kern
26 gennaio 2017
Pezzo in lingua originale inglese: Trump Fires Up Europe's Anti-Establishment Movement
Traduzioni di Angelita La Spada

https://it.gatestoneinstitute.org/9836/ ... ema-europa

Incitati dall'insediamento del presidente americano Donald J. Trump, i leader dei principali partiti europei antisistema hanno organizzato un raduno paneuropeo volto a coordinare una strategia politica per mobilitare potenziali milioni di elettori disillusi che si recheranno alle urne in Germania, Olanda e Francia.

Apparendo insieme in pubblico per la prima volta, Marine Le Pen, leader del Front National francese, Frauke Petry, di Alternativa per la Germania (AfD), l'olandese Geert Wilders, capo del Partito della Libertà (PVV), Matteo Salvini, segretario della Lega Nord e Harald Vilimsky, segretario del Partito della Libertà austriaco, il 21 gennaio, hanno partecipato a un convegno a Coblenza, in Germania, in cui gli elettori europei sono stati invitati a partecipare a una "primavera patriottica" per rovesciare l'Unione Europea, riaffermare la sovranità nazionale e rendere sicuri i confini nazionali.

I leader dei principali partiti europei antisistema sono apparsi per la prima volta in pubblico, il 21 gennaio, a Coblenza, in Germania (Fonte dell'immagine: Marine Le Pen/Twitter).

La riunione di due ore si è svolta sotto l'egida dell'Europa delle Nazioni e della libertà, un gruppo istituito nel giugno 2015 dagli eurodeputati di nove paesi per opporsi al federalismo europeo e al trasferimento del potere politico dagli elettori ai burocrati non eletti di Bruxelles, la capitale di fatto dell'Unione Europea.

Riferendosi alla decisione del giugno 2016 degli elettori britannici di uscire dall'UE e all'insediamento del presidente Donald Trump negli Stati Uniti, Marine Le Pen ha detto:

"Stiamo vivendo la fine di un mondo e la nascita di un altro. Stiamo assistendo al ritorno degli Stati-nazione. Il 2016 è stato l'anno del risveglio del mondo anglosassone. Il 2017 sarà quello dei popoli dell'Europa continentale".

Wilders ha aggiunto:

"Il mondo sta cambiando. L'America sta cambiando. L'Europa sta cambiando. È iniziata l'anno scorso con la Brexit, ieri c'era Trump e oggi i partiti che hanno a cuore la libertà riuniti a Coblenza prendono posizione. Il genio non rientrerà nella lampada, che vi piaccia o no. I popoli dell'Occidente si stanno risvegliando. Si stanno liberando dal giogo della correttezza politica".

I sondaggi mostrano che l'inversione di rotta politica che interessa gli Stati Uniti sta alimentando i consensi per i partiti antisistema in Europa. Oltre alla rabbia per l'erosione della sovranità, un crescente numero di europei si sta ribellando contro decenni di multiculturalismo imposto dai governi, i codici del discorso politicamente corretto e le ondate di profughi dal mondo musulmano.

In Francia, un nuovo sondaggio Ipsos per Le Monde mostra che Marine Le Pen è ora pronta a vincere al primo turno delle elezioni presidenziali fissate per il 23 aprile 2017. La leader del Front National ha un gradimento del 25-26 per cento, seguita dal candidato del centrodestra François Fillon (Républicains), con il 23-25 per cento delle intenzioni di voto. Nel dicembre scorso, Fillon godeva di tre punti di percentuali di vantaggio sulla Le Pen.

In Olanda, Geert Wilders è ora in testa ai sondaggi, in vista delle elezioni politiche del prossimo 15 marzo. Secondo i sondaggi, il Partito della Libertà (PVV) è accreditato del 29-33 per cento. Al contrario, il Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (VVD) ha registrato un calo dei consensi attestandosi al 23-27 per cento.

In Germania, il partito anti-immigrazione Alternativa per la Germania (AfD) è diventato il terzo partito tedesco, con un consenso di circa il 15 per cento. L'AfD è rappresentato in dieci dei 16 parlamenti regionali della Germania e il partito spera di conquistare seggi in seno al parlamento federale (Bundestag) alle elezioni politiche che si svolgeranno il 24 settembre di quest'anno.

In Europa, i partiti del sistema, lungi dal ridurre le preoccupazioni degli elettori hanno cercato di mettere a tacere le voci di dissenso bollando gli oppositori come xenofobi, islamofobi e neonazisti.

In Germania, ad esempio, il vicecancelliere Sigmar Gabriel, nel tentativo subdolo di mettere a tacere le critiche mosse alla politica migratoria delle porte aperte attuata dal governo, ha chiesto all'intelligence tedesca di monitorare l'AfD.

Il ministero dell'Interno tedesco propone ora di istituire un "Centro di difesa contro la disinformazione" (Abwehrzentrum gegen Desinformation) per contrastare la diffusione di "notizie false". I critici hanno definito l'iniziativa una "mostruosa censura" volta a zittire le opinioni dissenzienti.

Ed ecco che entra in scena Trump. Se un numero sufficiente di elettori europei è preoccupato per la trasformazione politica in atto negli Stati Uniti, l'equilibrio del potere politico europeo potrebbe iniziare a spostarsi a favore dei partiti antisistema. Le élites politico-mediatiche europee di certo vedranno Trump come una minaccia per l'ordine politico europeo stabilito.

In un'intervista del 16 gennaio al Times of London e al tedesco Bild, Trump ha definito la Brexit "una gran cosa", aggiungendo che la cancelliera tedesca Angela Merkel ha commesso "un errore catastrofico nel fare entrare nel paese tutti questi [migranti] illegali".

Nella stessa intervista, Trump ha detto che la NATO, l'alleanza atlantica "è molto importante per me" ma "obsoleta" perché non riesce a contenere la minaccia posta all'Occidente dal terrorismo islamico. Si è anche lamentato del fatto che alcuni paesi "non pagano quello che dovrebbero pagare". Tra i 28 paesi membri dell'alleanza, solo cinque – Gran Bretagna, Estonia, Grecia, Polonia e Stati Uniti – rispettano l'accordo che prevede una spesa minima pari al 2 per cento del Pil da destinare alla difesa.

I giornalisti europei hanno fermamente criticato Trump per i commenti espressi e qualcuno ha accusato gli Stati Uniti di essere un "partner inaffidabile". I leader europei hanno incessantemente sollecitato la creazione di un esercito paneuropeo, un obiettivo di lunga data dei federalisti europei, che comporterebbe un trasferimento di sovranità senza precedenti dagli Stati nazionali europei all'Unione europea.

Il presidente del Gatestone Institute, l'ambasciatore John R. Bolton, ha fornito un indispensabile contesto al dibattito sulla NATO. In un recente articolo apparso sul Boston Globe, egli ha scritto:

"Quest'anno la NATO è stata aspramente criticata da Donald Trump, provocando l'indignazione da parte degli alti papaveri dell'establishment della politica estera. Tuttavia, essi sanno che Trump sta solo usando il suo megafono per dire ciò che loro stessi dicono in modo più pacato: il processo decisionale in seno alla NATO è spesso sclerotizzato; il suo obiettivo non è stato adeguatamente ridefinito dopo la guerra fredda e troppi membri non hanno fatto la loro parte finanziariamente e militarmente per molti anni. (...) Trump ha sottolineato che le sue critiche intendono incoraggiare il dibattito su come migliorare e rafforzare la NATO, e non su come affossarla. Il dibattito è prezioso".


Bolton ha aggiunto:

"Per molti versi, Francia e Germania stanno dimostrando di non capire il significato della Brexit. Stanno seguendo di riflesso, in modo pressoché scrupoloso, il percorso che ha provocato l'attuale crisi esistenziale dell'Unione Europea: ogni fallimento di una più stretta integrazione in seno al 'progetto europeo' induce a chiedere una maggiore integrazione. Che si tratti di introdurre una moneta senza un governo; promettere capacità militari che l'UE collettivamente non è in grado di raggiunge oppure pretendere che l'Unione Europea abbia un ruolo nella scena mondiale che nessuno al di fuori di Bruxelles prende sul serio, la risposta è sempre la stessa: 'più Europa'".

Le reazioni europee all'insediamento del presidente Trump

Il discorso di insediamento del presidente Trump è stato accolto con cortesia formale dai leader europei, la maggior parte dei quali dovrà lavorare con il nuovo leader del mondo libero – e con incontenibile disprezzo da parte dei giornalisti europei e delle élites mediatiche – molti dei quali sembrano non accettare il fervore antisistema che travolge gli Stati Uniti e l'Europa.

Gran parte dei commenti espressi in Europa su Trump sono intrisi di insulti e antiamericanismo, anche se pochissimi analisti europei invocano introspezione e autocritica.

Qui di seguito una breve selezione di commenti espressi in Europa sull'insediamento di Trump.

In Gran Bretagna, le reazioni si sono divise equamente tra i sostenitori dell'adesione britannica all'Unione Europea e coloro che sono contrari. La premier Theresa May ha detto:

"Dalle conversazioni che abbiamo già avuto, ho tratto la convinzione che siamo tutti determinati a far progredire la relazione speciale tra i nostri due Paesi e a lavorare per la prosperità e la sicurezza dei nostri popoli dai due versanti dell'Atlantico".

Il ministro degli Esteri britannico Boris Johnson ha scritto:

"Mi pare che il neopresidente abbia detto molto chiaramente che intende offrire alla Gran Bretagna un nuovo accordo commerciale e ovviamente questo è molto importante ed entusiasmante".

Nigel Farage, il politico promotore della campagna per l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea, è stato uno dei pochi europei a capire l'importanza dell'ascesa di Trump. Egli ha scritto:

"C'è una vera e propria sensazione che l'arrivo di Trump alla Casa Bianca abbia innescato un movimento globale più ampio. Le critiche mosse, considerando la candidatura di Trump e il suo discorso di ieri, lo definirebbero come un'ascesa del populismo. Io direi che è semplicemente un ritorno alla democrazia e ai valori dello Stato nazionale. Perché questo insediamento non è solo un cambiamento che segna il passaggio dal 44° presidente al 45° presidente degli Stati Uniti. Si tratta di una vera rivoluzione politica.

In Francia, il presidente François Hollande ha consigliato a Trump di non intromettersi negli affari europei – questo pochi giorni dopo che il governo francese aveva cercato di imporre a Israele una "soluzione a due Stati". L'attuale inquilino dell'Eliseo ha detto: "L'Europa sarà pronta a proseguire la cooperazione transatlantica, ma questa si determinerà in funzione dei suoi interessi e dei suoi valori. Non ha bisogno di consigli dall'esterno che le dicano cosa fare".


Marine Le Pen ha così commentato: "Chiaramente, la vittoria di Trump è un ulteriore passo verso l'emergere di un nuovo mondo che aspira a sostituire un ordine vecchio".

Jean-Marie Colombani, ex direttore di Le Monde, ha illustrato la difficile situazione geopolitica, che è la diretta conseguenza del fatto che non sia stata data priorità alle spese militari francesi:

"Da un punto di vista americano, Vladimir Putin è un problema secondario: la Russia è una potenza media, che può senz'altro creare problemi agli Stati Uniti, ma solo marginalmente, come in Siria, ad esempio. La Cina è l'unica potenza in grado di rivaleggiare con gli Stati Uniti. Essa sarà, e già lo è, la sola ossessione dell'America di Trump.

"Vladimir Putin rappresenta un problema, se non una minaccia, per l'Europa. E questo perché il presidente russo si è fissato l'obiettivo di indebolire l'Unione Europea, al fine di ripristinare il ruolo di tutore che l'URSS esercitava nell'Europa dell'Est, a spese di paesi che oggi sono membri dell'UE e della NATO. Ebbene, tutto questo sta a indicare che Trump condivida lo stesso obiettivo: indebolire l'Europa.

"In effetti Trump, per le questioni europee si ispira a Nigel Farage, che ha guidato la campagna per la Brexit e il cui fine politico è ormai di ottenere lo smantellamento dell'Unione Europea. Così si spiegano il pronostico formulato da Trump sulla prossima morte dell'Europa e i suoi toni antitedeschi. Nel nuovo presidente americano ritroviamo gli elementi di linguaggio di tutti i partiti populisti ed estremisti che hanno come comune dottrina l'ostilità nei confronti della costruzione europea. Ecco, dunque, a Est come ad Ovest, che l'Europa è stretta come in una morsa!".


In Germania, che in materia di difesa è completamente dipendente dagli Stati Uniti e che si è sempre rifiutata di onorare il proprio impegno di destinare il 2 per cento del Pil alla spesa militare, la reazione al discorso di Trump è stata prevalentemente negativa.

La cancelliera Angela Merkel si è impegnata a lavorare con Trump per preservare il rapporto transatlantico. "Il rapporto transatlantico non sarà meno importante nei prossimi anni di quanto non fosse negli anni passati", ella ha detto. " E io lavorerò su questo. Anche quando ci sono opinioni diverse, compromessi e le soluzioni possono essere trovate quando ci scambiamo idee con rispetto".

Il vicecancelliere Sigmar Gabriel è stato meno diplomatico e ha detto: "Dobbiamo prendere sul serio quest'uomo. Quello che abbiamo sentito oggi erano toni fortemente nazionalistici. Penso che dobbiamo prepararci a un cammino difficile". E ha invitato gli europei a unirsi per "difendere i nostri interessi".

Nelle colonne di Deutsche Welle, Max Hofmann ha esortato gli europei a smettere di lamentarsi di Trump e a fare piuttosto un esame di coscienza:

"Che cosa fate quando il vostro più stretto alleato sparisce? Fate quello che l'UE avrebbe dovuto fare molto tempo fa: mettere ordine al proprio interno, indipendentemente da ciò che 'Donald' sta facendo negli Stati Uniti. C'è abbastanza lavoro che deve essere fatto in Europa riguardo al 'mettere ordine al proprio interno' – la Brexit, le politiche in materia di immigrazione ed asilo, l'euro. Se gli europei fossero onesti con se stessi e vedessero dalla prospettiva americana ciò che sta accadendo nel Vecchio Continente – e non solo quello – allora la situazione non sarebbe comprensibile per loro. Se i parlamentari americani definissero il dissenso europeo 'follia' o 'assurdità' nessuno potrebbe biasimarli".


L'opinionista Hubert Wetzel ha commentato sul quotidiano Süddeutsche Zeitung che Trump rappresenta una minaccia per la sicurezza europea e ha invocato l'unità europea per superare i prossimi quattro anni. In un saggio intriso di iperboli, Wetzel ha scritto:

"Gli europei dovranno adattarsi a un nuovo tono nei rapporti con l'America. Trump ha chiarito nel suo discorso che perseguirà una politica estera nazionalista e il suo discorso non conteneva alcun riferimento agli alleati americani. [Trump ha detto esattamente: 'Rafforzeremo le vecchie alleanze e ne costruiremo di nuove' e 'Cercheremo amicizia e buoni rapporti con le nazioni del mondo']. La sua disponibilità a spendere soldi per la difesa di altri paesi è limitata. Egli non vede gli Stati Uniti come un potere che tutela i valori democratici nel mondo; ed è il primo presidente americano dalla fine della Seconda guerra mondiale che ha espresso apertamente dei dubbi sul valore dell'unità europea e l'esistenza della NATO. In un momento in cui la Russia sta cercando di indebolire l'Occidente ricorrendo a strumenti diplomatici, d'intelligence e militari, è un atteggiamento che costituisce una seria minaccia per l'Europa unita".

In Spagna, l'analista geopolitico Rafael Bardají ha scritto:

"Il presidente Trump ha promesso che oggi inizia una nuova era. Nel suo discorso inaugurale ha detto molto chiaramente che disprezza Washington e odia il modo in cui l'establishment ha governato il paese fino ad ora, difendendo i suoi privilegi a spese dei cittadini. Sì, è un discorso che può essere definito populista, ma che comunque è vero. In fin dei conti, la democrazia è emersa come il governo del popolo per il popolo, qualcosa che, allo stato attuale, è ben lungi dall'essere una realtà in America come in Europa. Il grande contratto sociale della democrazia liberale, vale a dire, la crescente prosperità, la pace e la sicurezza per i cittadini, non viene più rispettato. Ciò è dovuto all'incapacità delle nostre élites di affrontare la crisi [economica], alla loro ossessione del pacifismo e alla subordinazione degli interessi dei cittadini a favore dei migranti".

In Svizzera, Roger Köppel, direttore del settimanale elvetico Die Weltwoche, ha messo in guardia contro i tentativi delle élites europee di sminuire Trump e ha scritto:

"L'elezione di Trump è stata una scossa salutare. La scossa era necessaria. Non solo il potere delle lobby si sgretola, ma anche la visione del mondo. Questo sconvolgimento è proficuo. Ora si discute delle questioni tabù degli ultimi anni: l'immigrazione clandestina, l'Islam, l'assurdità delle frontiere aperte, l'Unione Europea disfunzionale, la libera circolazione delle persone, l'occupazione, la legalità. I predecessori di Trump non volevano parlarne, ma la maggioranza degli elettori, sì. Questa è democrazia"-

Soeren Kern è senior fellow al Gatestone Institute di New York. È anche senior fellow per la politica europea del Grupo de Estudios estratégicos/Strategic Studies Group che ha sede a Madrid. Seguitelo su Facebook e Twitter.
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Re: Donald Trump o Francesco Bergoglio ?

Messaggioda Berto » gio gen 26, 2017 9:00 pm

Trump pubblicherà una lista con tutti i crimini dei migranti
Il nuovo presidente farà pubblicare anche un elenco delle città che si rifiutano di comunicare i nomi degli stranieri, irregolari e no, che delinquono
Ivan Francese - Gio, 26/01/2017

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/tru ... 56009.html

Il neo presidente Usa Donald Trump farà pubblicare ogni settimana un elenco con tutti i crimini commessi dagli immigrati.

Nell'ordine esecutivo sull'immigrazione, spiega il britannico The Independent, il Segretariato per la Sicurezza interna sarà chiamato a "pubblicare una lista di tutti i crimini commessi dagli stranieri". Nel documento verranno anche indicati i sindaci che si rifiuteranno di fornire tali liste.

Non è stato specificato, precisa il quotidiano londinese, se il provvedimento si applicherà solo ai delitti commessi dagli immigrati irregolari o anche da chi è entrato legalmente nel territorio degli Usa. In campagna elettorale il presidente aveva promesso di espellere undici milioni di immigrati irregolari dal Paese entro il termine di metà mandato, ma già nei primissimi giorni dopo il suo insediamento ha varato diverse norme molto dure contro l'immigrazione incontrollata, a partire dalla costruzione di un muro di confine alla frontiera meridionale con il Messico.

Ora nel mirino finiscono gli immigrati: i casi di stranieri irregolari con precedenti penali sarebbero 820mila in tutto il Paese.

È probabile però che la nuova misura varata da Trump incontri l'opposizione delle amministrazioni locali di colore democratico, fra cui i sindaci liberal di New York, Chicago e Seattle. Ed è proprio contro di loro che è probabilmente diretta l'introduzione delle liste di "città aperte" per i migranti che delinquono.


Bravo, bravisimo!
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Re: Donald Trump o Francesco Bergoglio ?

Messaggioda Berto » ven gen 27, 2017 7:44 am

El pexo del pexo! - Le caste politiche, finanziarie, religiose e sociali ademocratiche e parassitarie contro Trump


Effetto Trump: Papa Francesco e i muri d’America
11 novembre 2016

http://www.unita.tv/focus/papa-francesc ... i-damerica

Otto anni fa gli Stati Uniti eleggevano il primo presidente afroamericano della storia, il quasi outsider Barack Obama, senatore dell’Illinois, e anche la Santa Sede venne contagiata dall’entusiasmo che percorse il mondo nelle ore successive al diffondersi della notizia. Un telegramma di congratulazione da parte di Benedetto XVI venne inviato in tempi rapidissimi al neoeletto, rompendo la prassi diplomatica in base alla quale il Vaticano si complimentava con il nuovo presidente in occasione dell’insediamento. Ben altro clima è quello che si respira in questi giorni dalle parti di San Pietro mentre prende corpo quello che la stampa mondiale ha chiamato lo ‘shock Trump’ : l’elezione alla Casa Bianca del multimiliardario la cui campagna elettorale è stata contrassegnata da slogan xenofobi e razzisti, e dall’odio verso gli immigrati. Trump si è lanciato verso la presidenza proponendo di rafforzare la barriera che divide il Messico dagli Stati Uniti, una frontiera non solo fra due Paesi, ma fra due mondi: il nord e il sud, i poveri dell’America Latina e la terra della ricchezza – vera o presunta poco importa –, gli Stati Uniti.

Francesco, nel febbraio scorso, tornando dal Messico, non esitò a dire che chi costruiva muri semplicemente non poteva definirsi cristiano: la disumanità nei confronti dei disperati pronti ad attraversare il confine fra Ciudad Juarez e El Paso, lungo il corso del Rio Grande, veniva condannata con la massima durezza. “Costruire ponti”, del resto, è sempre stato il messaggio di Francesco, ponti fra culture, popoli, realtà sociali, nazioni. E Trump è sempre stato – senza nasconderlo, va detto – la negazione di questo principio di fondo che già fu di Giovanni Paolo II. Francesco, di suo, ci aggiunge una leadership chiara assunta a nome del sud del mondo, dell’America Latina, di un cristianesimo che si rinnova facendo suo il tema degli esclusi e “degli scartati” dai processi di una globalizzazione finanziaria non più in grado di redistribuire la ricchezza.

Il muro fra Messico e Stati Uniti, le barriere fra poveri e ricchi, il muro letterale e simbolico di Wall street, nel cuore pulsante della finanza mondiale, i muri che dividono esclusi e integrati anche nelle città dell’occidente, sono altrettante divisioni che il papa vuole abbattere con la forza di un Vangelo concretamente vissuto. Trump è, al contrario, il leader-simbolo di chi, nel precipitare della crisi, pensa a chiudere le porte della cittadella in una visione dichiaratamente egoistica e anti-soldiale. La differenza non potrebbe essere più totale; non si dimentichi, fra l’altro, che Bernie Sanders, il candidato di sinistra alle primarie democratiche, esterno al partito, fu ospite in Vaticano proprio mentre il suo confronto con Hillary Clinton per la candidatura alle presidenziali entrava nel vivo. Hillary, da parte sua, è stata una leader mai amata dalle gerarchie ecclesiali come del resto il marito, e non solo per motivi geopolitici: troppo evidente era la cultura liberal e laica dei Clinton, troppo evidente che il cristianesimo non faceva parte più di tanto del loro background (a differenza anche di Obama, cristiano battista).

Di certo tuttavia Trump rappresenta la negazione del cristianesimo inteso come accoglienza dell’altro propugnato e praticato dal papa argentino. Così, prudenti sono state le prime parole del Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, a commento del risultato elettorale; Parolin ha invitato ad attendere i fatti, a vedere insomma se Trump metterà in pratica per davvero quanto promesso in campagna elettorale. Poi ha aggiunto: “assicuriamo anche la nostra preghiera perché il Signore lo illumini e lo sostenga al servizio della sua patria, naturalmente, ma anche a servizio del benessere e della pace nel mondo”. Già, perché le nubi scure sono davvero tante.

D’altro canto non si può dimenticare che Francesco è in questo momento il più importante leader mondiale latinoamericano e buona parte dell’America Latina ha tremato quando l’elezione di Donald Trump è diventata una realtà. In Messico la moneta locale, il peso, ha subito un tracollo senza precedenti storici nei confronti del dollaro. Non si dimentichi che Trump aveva annunciato nel suo programma la cancellazione del trattato di libero scambio (il Nafta), l’accordo commerciale che ha cambiato l’economia messicana negli ultimi decenni. Da lì sono scaturite la privatizzazione di aziende nazionali e la cessione a multinazionali estere di moltissime industrie mentre l’interscambio con gli Usa cresceva a dismisura in virtù dell’abbattimento di ogni barriera doganale.

Di conseguenza prima il Paese è stato vincolato all’economia del potente vicino confinante a nord, e ora questo stesso legame rischia di diventare il pozzo dentro il quale il Messico può affogare. “La paura è grande in Messico – ci spiega da Mérida, Yucatàn, il giornalista Eduardo Lliteras Senties – il nostro Paese esporta circa l’80% di quello che produce negli Stati Uniti, importanti sono pure gli investimenti che arrivano dall’America, senza contare le rimesse degli emigranti che vivono negli Usa”. Si teme, inoltre, il rimpatrio di almeno due milioni di messicani, il Paese rischia il tracollo: “quello che funziona molto bene sono i cartelli della droga che continuano a vendere la loro merce negli Stati Uniti”.

Più in generale con l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, quella di Mauricio Macri in Argentina, e l’ascesa al potere di Michel Temer in Brasile – dopo l’impeachment e le dimissioni di Dilma Rousseff in Brasile – si delinea un asse tutto fondato sul potere della grande finanza che ha certo diverse strategie al suo interno (un elemento critico da non sottovalutare), ma che ha un punto in comune: la cancellazione del capitolo ‘poveri’ e welfare state dalle agende dei governi. Francesco, dunque, vede ridurre il numero dei suoi interlocutori istituzionali nella sua terra d’origine (tuttavia prosegue la mediazione vaticana in Venezuela), cosa che ha fatto stappare lo champagne alle correnti tradizionaliste interne alla Chiesa le quali ora manifestano un entusiasmo pro-Trump fino a pochi giorni fa trattenuto a stento. Lo scontro, insomma, si acuisce, e tuttavia Bergoglio ha già mostrato di saper parlare ai popoli del suo continente e anche oltre, mentre le sfide che attendono i governi in carica si dimostrano ogni giorno più ardue, anche perché dopo gli slogan sta arrivando l’ora, decisiva, dei fatti.



Economia, protesionixmo e globałixasion, Trump e Xvisara
viewtopic.php?f=94&t=2465


I protezionismi dannosi, in ogni paese della terra, sono quelli che proteggono i monopoli statali e parastatali castuali e parassitari inefficenti e irresponsabili e le relative caste sociali arroganti, presuntuose, ignoranti e ademocratiche che sono anche manipolatrici e ladre di verità, ladre di libertà, ladre di giustizia, ladre di vita, di speranza e di futuro, ladre e manipolatrici dei Diritti Umani Universali.
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Re: Donald Trump o Francesco Bergoglio ?

Messaggioda Berto » ven gen 27, 2017 7:58 am

Trump e la Marcia per la Vita, uniti contro l'aborto
di Benedetta Frigerio27-01-2017

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-tru ... -18762.htm

Dopo otto anni di feroce anticlericalismo, di scomparsa della fede dall’agone pubblico, di silenzio sui cosiddetti “principi non negoziabili”, ci si era quasi rassegnati e sembrava impossibile l'opposto. Invece, nel giro di una settimana, dopo la firma del decreto presidenziale per togliere i fondi internazionali alle Ong che promuovono l’aborto (che per la prima volta include anche i fondi delle agenzie Onu e tutti i programmi di salute), alla Camera è stata approvata persino una legge che rende permanente il divieto di finanziamenti per il “controllo delle nascite” anche all’interno del paese (239 voti contro 183). Nello stesso tempo il team di Trump ha rilasciato interviste sulla difesa della vita e sulla centralità della fede nell’agone pubblico e il presidente stesso ha dato un forte appoggio alla Marcia per la vita che si terrà oggi a Washington. Il tutto all'uscita di un’inchiesta che dà l’ennesimo colpo al colosso delle cliniche abortive americane Planned Parenthood.

Quello passato alla Camera questa settimana è un provvedimento, il No Taxpayer Funding of Abortion Act, che rende permanente il Hyde Amendment. Anche in questo caso si tratta di una svolta dato che quest’ultimo, oggetto di scontro costante fra repubblicani e democratici, doveva essere ratificato ogni anno affinché l’aborto non fosse finanziato con i soldi dei contribuenti nei programmi sanitari pubblici. Al contrario il neoeletto presidente, rispettando la promessa fatta in campagna elettorale, ha confermato che se la legge passerà anche al Senato il divieto sarà permanente e non più passibile di discussioni. Così facendo Trump non solo ha dato voce al sentire di oltre il 60% degli americani, contrari, secondo l’ultimo sondaggio di Maristal Pool di questo mese, al finanziamento dei business abortisti con le loro tasse, ma lo ha fatto mentre l’inchiesta su Planned Parenthood smentiva le menzogne sostenute in campagna elettorale: la lobby degli aborti aveva cercato di dipingere il presidente come un misogino che non vuole contribuire ai servizi per l’aiuto alle donne, ma martedì scorso Live Action ha appunto dato prova del fatto che ai dipendenti dei centri abortivi della donna non interessa proprio nulla.

L’unico pallino è il bambino in grembo, da eliminare con conseguenti ricavi pecuniari. Il gruppo pro life lo ha dimostrato visitando circa 97 cliniche Planned Parenthood di tutti gli States. Alle attrici, che rappresentavano madri incinte e bisognose di supporto per la gravidanza, le dipendenti dell’industria della morte (già travolta dalla precedente inchiesta che ha mostrato il commercio illegale di organi di bambini abortiti) rispondevano che il termine “Planned Parenthood” (“pianificazione delle nascite”) è “ingannevole” perché lì si praticano solo aborti. Lila Rose, leader di Live Action, ha sottolineato che "Planned Prenthood dice di essere un campione nel campo della salute delle donne, eppure la cura prenatale, un servizio essenziale per le madri in attesa, è praticamente inesistente”. Insomma o una donna vuole abortire o è invitata ad andarsene. Non ci sono altri “servizi” o consulenze al di fuori di quelle che portano all’omicidio del bambino.

Tutto questo accadeva appunto mentre da ogni parte degli Stati Uniti migliaia di persone si preparavano a partire per l'annuale Marcia per la vita di Washignton con una speranza nuova e diversa da quella degli ultimi anni. La manifestazione che si terrà oggi è stata infatti salutata così dal capo ufficio stampa della Casa Bianca Sean Spicer: “Penso che non sia un segreto che il presidente ha fatto campagna da presidente pro life. Questa è una questione molto importante per lui, come evidenzia la reintegrazione della Mexico City Policy”. Perciò alla marcia, “ovviamente, ci sarà una presenza massiccia di questa amministrazione”. Parlando con i giornalisti Spicer ha infine ribadito che Trump “farà tutto quello che può per combattere a favore della vita” e che se non sarà presente alla marcia manderà certamente un messaggio. Intervistato mercoledì dalla Abc sulla marcia delle femministe in protesta contro di lui, Trump ha poi fatto notare che esiste un'altra marcia in suo favore, anche se i media la ignorano completamente. Identificandosi in questo modo con il popolo della Marcia per la vita ha risposto così al giornalista che gli domandava se aveva ascoltato o meno le proteste: “Le ho sentite ma c'è un altra marcia (...). Ci saranno molte persone che verranno venerdì, e le dico, non lo sapevo, ma mi è stato detto che sarà una folla molto grande. Non so, se così (come quella delle donne, ndr) grande o di più – alcuni dicono più grande. La gente pro life. E dicono che la stampa li ignora”.

Non solo perché dopo il giuramento alla Casa Bianca del vice presidente Mike Pence (che parlerà alla Marcia per la vita), Spicer, ha dichiarato che Dio sarà rimesso al centro dell’attività del presidente: “Quando sono entrato nel mio ufficio questa mattina c’era un verso sulla mia scrivania di Isaia 40,31 “ma coloro che sperano nel Signore acquistano nuove forze, s’alzano in volo come aquile, corrono e non si stancano, camminano e non si affaticano”. Mentre intervistato all’inizio del mese dalla Ewtn ha specificato: “Penso che il presidente abbia capito che per dieci anni la gente di fede si è sentita messa ai margini (…) hai menzionato Kellyanne (militante pro life nominata consigliera della Casa Bianca, ndr), ma ci sono molti altri con diverse appartenenze religiose (…) c’è Reince Priebus (capo di gabinetto) un greco cristiano ortodosso, Steve Bannon (consigliere presidenziale critico del secolarismo, ndr) un cattolico e altre persone messe ai vertici dell’amministrazione, che sono molto orgogliosi della loro fede e religione e questo ci aiuterà a fare le scelte giuste per questo paese”. Sempre all’inizio della settimana è stata confermata la nomina a capo della Cia di Mike Pompeo, cristiano evangelico, figura di rispetto della sicurezza nazionale e avvocato pro life, che nel 2015 aveva dichiarato che i fondamentalisti islamici mirano “a far scomparire i cristiani dalla faccia della terra”. E che dunque occorre “pregare, alzarsi in piedi, combattere e assicurarsi che sia chiaro che Gesù Cristo è il nostro salvatore e che è l’unica vera soluzione per il nostro mondo”.
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Re: Donald Trump o Francesco Bergoglio ?

Messaggioda Berto » ven gen 27, 2017 8:08 am

Trump spiazza tutti: è di destra. Ma anche di sinistra
26 gen 2017

http://blog.ilgiornale.it/foa/2017/01/2 ... i-sinistra

Ricevo diversi messaggi di amici e lettori intelligenti e aperti di spirito che, talvolta da destra e talaltra di sinistra, sono interdetti di fronte a Trump: non riescono a collocarlo.

I liberisti non apprezzano le possibili barriere tariffarie, quelli di sinistra temono che possa diventare un dittatore. La mia impressione è che, per una volta, sbaglino tutti, per una ragione in fondo semplice: Trump è il primo vero presidente “liquido” per riprendere la citatissima definizione di Bauman ovvero un presidente che esce dagli schemi politici tradizionali.

Vediamo:

è il primo inquilino della Casa Bianca che ammette l’esistenza di importanti sacche di povertà nella società americana e si propone di risolverle. Nel suo orizzonte economico la creazione di posti di lavoro negli Stati Uniti è una priorità che antepone agli interessi, finora prevalenti, dei gruppi multinazionali. È il primo presidente ad accogliere a poche ore dall’insediamento i sindacati e a promettere migliori opportunità di lavoro in America per le classi più disagiate. Questi sono discorsi di sinistra, che però la sinistra sia europea sia americana nemmeno considera.

Trump al contempo non vuole creare un nuovo Stato assistenzialista ma ritiene di indurre l’America a riscoprire le proprie virtù ovvero a generare una crescita economica e sociale basata sullo sviluppo e la prosperità degli Stati Uniti. Confida che siano i privati a creare nuovi posti di lavoro, proponendo un baratto: basta delocalizzazioni in cambio di sgravi fiscali e deregulation. Questo è un discorso di destra che però la destra mainstream non contempla considerandoli eretici.

Trump dice basta all’esportazione di democrazia e agli interventi militari all’estero, che hanno accomunato Bush e Obama. Promette un esercito forte ma da usare a fini difensivi. Il suo è un discorso pacifista che però la sinistra non riconosce.

Trump, al contempo, propone la linea dura contro l’estremismo islamico e l’immigrazione clandestina, non sostiene le campagne con fondi pubblici a favore dell’aborto e quelle di sostengo alla LGBT. In questo caso è ovviamente di destra e per una volta sono tutti d’accordo.

Poi ci sono posizioni estreme sull’ecologia, che piacciono a pochi (incluso il sottoscritto). Ci sono le contraddizioni aperte, come la presenza di uomini della Goldman Sachs nel suo governo, che stride con le promesse formulate in campagna elettorale di introdurre una nuova versione del Glass Steagall Act. O come lo strabismo nella lotta al fondamentalismo islamico, che trasuda diffidenza nei confronti dell’Iran ma ignora finora il ruolo di Paesi sponsor dell’Isis come Arabia Saudita e Qatar.

Mettete tutto assieme e ne viene fuori un quadro contrastato, che impedisce una sua caratterizzazione precisa. Sì, certo è di destra ma il partito repubblicano non lo ama. Per certi versi è di sinistra, ma nemmeno il partito democratico lo sopporta. E questo per la ragione che lo contraddistingue più di ogni altra: non appartiene all’establishment che ha governato l’America e il mondo negli ultimi 30 anni. Non ne condivide gli obiettivi di politica estera, non ammette che i diritti e le sovranità nazionali siano schiacciati e svuotati da organismi internazionali onnipotenti ma nella loro essenza non democratici. Non ama la globalizzazione senza freni e aborrisce l’idea di un Governo Mondiale; di conseguenza osteggia le aziende che non esitano a depauperare il tessuto economico nazionale per conseguire esclusivamente il profitto. Difende una società radicata nei valori (famiglia, no all’aborto, identità) e la preferisce a quella multietnica e omologata che è stata incoraggiata e diffusa dalle precedenti amministrazioni democratiche e repubblicane, le cui divergenze erano più di facciata che sostanziali.

Trump è un liberale e al contempo si dimostra sensibile agli interessi della classe lavoratrice a cui desidera ridare prospettiva e benessere; è un fan dell’economia di mercato che, però, da patriota qual è, vuole compatibile con gli interessi strategici ed economici del proprio Paese; difende una società stabile, sovrana ma in cui l’ascensione sociale sia una possibilità concreta e non uno slogan retorico.

Non è detto, sia chiaro, che riesca nei suoi intenti. Oggi nessuno può dire se sarà un grande o un pessimo presidente. Ma rappresenta la prima risposta originale alla grande crisi della società moderna occidentale, una crisi a cui fino ad oggi i partiti tradizionali di destra o di sinistra non hanno saputo dar soluzione.
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Re: Donald Trump o Francesco Bergoglio ?

Messaggioda Berto » ven gen 27, 2017 6:39 pm

Muro, Vaticano contro Trump: "Altri Stati non lo seguano"
Il cardinale Turkson sull'iniziativa di Trump: "La Santa Sede è preoccupata per il segnale che si dà al mondo con la costruzione del muro tra Usa e Messico”
Alessandra Benignetti - Ven, 27/01/2017

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/tum ... 56473.html

All’indomani della firma dell’ordine esecutivo per dare il via alla costruzione del muro lungo il confine tra Messico e Stati Uniti, la Santa Sede ribadisce la propria preoccupazione per la costruzione della “barriera fisica” che proteggerà un ulteriore tratto del confine statunitense con il Messico.

Più volte, Papa Francesco, ha fatto appello "all’abbattimento dei muri", in favore della "costruzione di ponti". E oggi, nuove parole di preoccupazione sull’iniziativa del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, volta a limitare l'immigrazione nel Paese, arrivano dal cardinale Peter Turkson, presidente del Dicastero per la promozione dello sviluppo umano integrale.

Il cardinale Turkson, a margine di un convegno in corso alla Pontificia Università Lateranense, ha detto ai giornalisti del Sir, che la Santa Sede “la Santa Sede è preoccupata per il segnale che si dà al mondo con la costruzione del muro tra Usa e Messico”. Il cardinale si è quindi augurato che altri Stati, anche europei, “non seguano l’esempio” di Trump.

“Noi ci auguriamo che il muro non sia costruito ma conoscendo Trump forse si farà. La Santa Sede è preoccupata perché non riguarda solo la situazione con il Messico ma il segnale che si dà al mondo”, ha detto il cardinale Turkson ai microfoni del Sir. “Non sono solo gli Usa che vogliono costruire i muri contro i migranti, accade anche in Europa”, ha proseguito il cardinale, “mi auguro che non seguano il suo esempio”.

“Un presidente può anche costruire un muro ma può arrivare un altro presidente che l’abbatterà”, ha aggiunto, infine, il cardinale Turkson, mentre in America continua il braccio di ferro tra Trump e il presidente messicano, Enrique Peña Nieto. Dopo che Peña Nieto ha cancellato il vertice in programma il 31 gennaio prossimo alla Casa Bianca, Donald Trump ha attaccato, infatti, nuovamente, il governo messicano, in un tweet pubblicato poco fa. "Il Messico ha approfittato degli Stati Uniti per troppo tempo. Il deficit commerciale enorme e il poco aiuto sul confine più debole devono cambiare, ORA!", ha scritto Trump su Twitter.


Alberto Pento
E noi, ormai da anni, siamo preoccupati, molto preoccupati della politica anticristiana, anti nativi occidentali e filo islamica del nazismo maomettano, di questo Papa e del Vaticano.
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Re: Donald Trump o Francesco Bergoglio ?

Messaggioda Berto » sab gen 28, 2017 12:19 pm

Le donne che hanno marciato contro Trump
https://www.facebook.com/silvana.demari ... 6361343510

Le donne non hanno marciato per le sorelle condannate a morte dai Talebani per aver mostrato una caviglia scoperta da una folata di vento.
Le donne non hanno marciato per la dodicenne lapidata in Iran.
Le donne non hanno marciato per le bambine cristiane e yazide stuprate a Mosul, vendute come oggetti sessuali per pochi dollari.
Le donne non hanno marciato per lo stupro di Colonia.

Tre milioni di donne sono scese in strada perché qualcuno ha osato dire la verità: c'è una notevole percentuale di donne, che è molto sensibile al denaro di un uomo. Questo fa parte non solo di un interesse immediato, se un uomo mi dà un po' del suo denaro campo meglio, ma di precise regole etologiche. Il denaro è il corrispettivo del territorio: per il maschio umano il denaro è quello che è il territorio per il leone e l'orso maschio.

Nel bel testo Neuromarketing di Martin Lindstrom si spiega come i maschi siano molto più bravi di noi a guadagnare denaro perché il piacere che loro provano a guadagnare denaro è enorme, ed è sulle stesse aree che danno il piacere sessuale: infatti solo un maschio che ha territorio può accedere ai genitali femminili.
Un termine brutale e violento, ma etologicamente corretto, è sfigato. Nel branco chi è basso di rango non ha accesso ai genitali femminili. Una donna può essere miserabile e molto sexy (Cenerentola), mentre un uomo quando resta disoccupato è ferito nella sua virilità: ricordo a questo proposito il bellissimo film Full Monty.
I maschi sono più bravi di noi a guadagnare denaro, regola che ha eccezioni, ovviamente, ma che sui grandi numeri funziona, e, soprattutto, provano più piacere di noi a guadagnarne. Noi proviamo più piacere a spenderne. Quindi che una donna si appoggi a un uomo che guadagna più facilmente di lei e che le dia il suo territorio, il denaro, è nell'ordine naturale delle cose.
Molte donne detestano essere mantenute ed è giusto che non lo siano, ma non si può stigmatizzare il comportamento biologicamente vincente: un uomo mi mantiene mentre metto al mondo e tiro su i figli di entrambi. O se dei bambini non ne vogliamo sapere, se un uomo accede al corpo di una donna deve gratificarla. L'uomo che dopo essere venuto a letto con te, ti porta in pizzeria e ti propone di pagare alla romana, non è un campione della liberazione femminile, ma un violatore di regola etologiche, scaricalo.

Quindi tre milioni di donne che non hanno mosso ciglio davanti ai crimini compiuti nell'islam contro le donne, anzi hanno anche guardato con disprezzo e compatimento Oriana Fallaci, Ida Magli e le poche altre paladine della dignità umana, marciano contro Trump per avere detto una banalità mentre pensava di non essere immortalato.
Ripenso a tutto quello che ho ascoltato negli spogliatoi femminili di palestre e piscine, peccato che nessuno abbia mai registrato quello che molte donne dicono in questi luoghi: non sono tutte campionesse di correttezza. Tra l'altro se le donne sono indignate all'idea che il denaro le compri, chi diavolo ha acquistato 50 milioni di copie di 50 sfumature di sadomaso?

E torniamo ai tre milioni di marciatrici.
In realtà Trump oltre a pronunciare la banalità che un uomo ricco ha più probabilità di convincere una donna che un uomo povero, ha fatto ben di peggio. Ha tolto i finanziamenti a Planned Parenthood: una donna che voglia abortire al nono mese di gravidanza, con il forcipe che schiaccia la testa del feto mentre è ancora nella vagina , e gli occhietti che schizzano fuori dalle orbite, dovrà farlo a spese proprie e sarà consentito ai singoli stati di vietare l'aborto oltre il quinto mese. Questa è la colpa.
L'obamacare garantiva una pasticciata assistenza a meno del 10% della popolazione USA, con enormi guadagni di denaro pubblico delle case farmaceutiche e imponeva a tutte le cliniche, incluse quelle cattoliche , di somministrare la pillola abortiva. Ora è stato ristabilito il diritto all'obiezione di coscienza dei medici. Thank you president Trump.
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Re: Donald Trump o Francesco Bergoglio ?

Messaggioda Berto » sab gen 28, 2017 3:01 pm

Trump chiude agli immigrati: stop agli ingressi da sette Paesi islamici
Trump vieta l'ingresso agli immigrati provenienti da sette paesi islamici. Nel 2017 l'America accoglierà 50mila profughi: priorità a cristiani. Varato anche il rafforzamento dell'esercito
Sergio Rame - Sab, 28/01/2017

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/tru ... 56642.html

Una stretta di centoventigiorni agli immigrati che vengono da quei Paesi a rischio terrorismo, "nuovi controlli in profondità" nella lotta al radicalismo islamico e, soprattutto, priorità ai rifugiati cristiani.

Come già promesso in campagna elettorale, il neo presidente Donald Trump si dimostra a dare un giro di vite a quell'accoglienza indiscriminata imposta agli americani dall'ex presidente Barack Obama. Nell'ordine esecutivo in materia di immigrazione, che mira a impedire l'ingresso di terroristi islamici negli Stati Uniti, è stata così prevista la sospensione per tre mesi del programma di ammissione dei rifugiati, e l'ingresso, fino a ulteriore comunicazione, di quelli siriani.

Pochi giorni dopo il via libera al rafforzamento del muro con il Messico, Trump ha messo a segno una nuova misura per difendere il Paese dagli immigrati. Ieri ha, infatti, ha firmato un ordine esecutivo per "tenere i terroristi dell'islam radicale fuori dagli Stati Uniti". Si tratta dell'annunciato decreto sui "controlli accurati" per i rifugiati che arrivano da Paesi considerati a rischio. La firma è avvenuta al dipartimento della Difesa, dove si è svolta la cerimonia formale del giuramento del nuovo capo del Pentagono, James Mattis. "Non vogliamo terroristi nel nostro Paese - ha detto Trump - non dimenticheremo la lezione dell'11 settembre, non solo a parole ma anche con azioni". L'ordine esecutivo è stato denominato "Protezione della nazione dall'ingresso di terroristi stranieri negli Stati Uniti". Nell'ordine esecutivo il presidente americano ha dato disposizione affinché siano rafforzati i controlli nei confronti degli aspiranti immigrati e dei profughi. Questo allo scopo di "tenere gli elementi radicali fuori dagli Stati Uniti d'America". Per questo, ieri, ha anche firmato un ordine esecutivo per "ricostruire le forze armate" e aumentare il numero di "aerei, navi e risorse" per la difesa del Paese.

In particolare l'ordine esecutivo sospende per tre mesi l'ingresso negli Stati Uniti per i cittadini di sette Paesi musulmani: Siria, Libia, Iran, Iraq, Somalia, Sudan, Yemen. Trump ha, poi, incaricato il segretario di Stato, Rex Tillerson, durante i centoventigiorni giorni di sospensione, di rivedere il programma dei rifugiati, al fine di essere sicuri che le persone alle quali viene concesso lo status di rifugiato "non rappresentino una minaccia per la sicurezza e il benessere degli Stati Uniti". In questo quadro, come annunciato in una intervista al Christian Broadcasting Network, i cristiani avranno una trattamento privilegiato. "I cristiani sono stati trattati in modo orribile", ha osservato il presidente americano indicando quanto fosse difficile per un siriano cristiano entrare in Stati Uniti come rifugiato. "Se eri un musulmano potevi entrare ma se eri un cristiano no, era quasi impossibile - ha concluso Trump - venivano tagliate le teste a tutti e soprattutto ai cristiani. Per questo abbiamo deciso di aiutarli".

All'indomani della firma di trump, l'Onu ha chiesto agli Stati Uniti di mantenere la "lunga tradizione" di accoglienza e protezione nei confronti di coloro che fuggono dai conflitti, ma ha evitato di criticare apertamente la nuova politica di restrizione all'entrata di rifugiati e migranti nel Paese, varata dall'amministrazione americana. "Speriamo - hanno detto in un comunicato congiunta l'Agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr) e l'Organizzazione Mondiale delle Migrazioni (Oim) - che gli Stati Uniti continueranno nella loro chiara leadership e nella lunga tradizione di protezione per coloro che fuggono da conflitti e persecuzioni".



Trump, stop a iraniani in Usa. Teheran: “Applicheremo principio di reciprocità. Dono agli estremisti”
Il presidente Usa sospende per tre mesi l'ingresso dei cittadini di 7 Paesi musulmani, tra cui anche l'Iran. Che risponde: "Politiche ostili del governo Usa" che così dimentica il ruolo dei "suoi alleati regionali nello sviluppo di gruppi come l'Isis". L'Austria annulla 300 visti di cittadini iraniani diretti negli Usa
di F. Q. | 28 gennaio 2017

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01 ... ta/3347163

“La decisione del governo degli Stati Uniti di colpire il popolo iraniano è un affronto a tutte le persone di questa grande nazione”, per questo il governo iraniano “per proteggere la sacralità e la dignità di tutti i cittadini dell’Iran in patria e all’estero” e “per proteggerne i diritti”, “attua il principio di reciprocità”. In un comunicato diffuso questa sera e anticipato dalla tv pubblica Irib, il ministero degli Esteri di Teheran risponde a Donald Trump, che ha deciso di sospendere il programma di ammissione dei rifugiati di Obama e l’ingresso negli Stati Uniti ai cittadini di sette paesi musulmani per tre mesi. Tra questi, c’è anche l’Iran insieme a Siria, Libia, Iraq, Somalia, Sudan e Yemen. Il governo iraniano ha inoltre annunciato “un attento monitoraggio degli effetti a breve e medio termine” sui cittadini della decisione del governo degli Stati Uniti di sospendere i visti ai cittadini iraniani assieme a quelli di altre nazioni musulmane. Il tutto rimarcando il “rispetto per il popolo d’America“, facendo “distinzione tra esso e le politiche ostili del governo Usa”. Per Teheran, la decisione di bloccare l’ingresso nel paese ai cittadini di alcuni paesi musulmani è “un grande dono agli estremisti e ai loro sostenitori” e in questo modo Trump dimentica il ruolo dei “suoi alleati regionali nello sviluppo di gruppi estremisti come l’Isis“.

Al fine di “monitorare l’attuazione della decisione e sviluppare strategie appropriate e coerenti con gli interessi nazionali in circostanze particolari”, il governo iraniano – riferisce la nota del ministero degli Esteri – ha creato un organismo presso il ministero degli Esteri con la partecipazione delle autorità interessate. Allo stesso tempo “sono state impartite direttive a tutte le missioni diplomatiche e consolari all’estero”. E a seguito dell’ordine esecutivo, l’Austria sta annullando i visti per gli iraniani diretti negli Stati Uniti, compresi i membri delle minoranze non musulmane. “I visti 300 persone, tra cristiani ed ebrei, hanno dovuto essere annullati”, ha detto Thomas Schnoell, portavoce del ministero degli Esteri austriaco. Fino ad ora, l’Austria ha agito come una sorta di intermediario per gli Stati Uniti, che non ha un’ambasciata in Iran. Utilizzando il visto, i migranti prima arrivavano in Austria, per poi proseguire verso la loro destinazione finale negli Usa. “In tutto sono circa 30 le persone già in Austria, che saranno interessate dalla nuova politica degli Stati Uniti”, ha aggiunto Schnoell.


???

Allarme Onu. Hollande: "L'Europa risponda a Trump". Appelli da Malala a Zuckerberg
Le reazioni alla decisione del presidente americano di sospendere il programma di accoglienza dei rifugiati. Nazioni Unite: "Non chiudere le porte a chi ha bisogno di aiuto". L'attivista pakistana premio Nobel per la Pace: "Mi si spezza il cuore". Il fondatore di Facebook: "Anche i clandestini sono il nostro futuro". Presidente Iran, Rohani: "Non è tempo di alzare muri". Francia e Germania: "Preoccupante"
di AGNESE ANANASSO
28 gennaio 2017

http://www.repubblica.it/esteri/2017/01 ... -157046995

La decisione del presidente americano Donald Trump di sospendere il programma di accoglienza dei rifugiati nel Paese, nell'ambito di misure per la lotta al terrorismo islamico, ha immediatamente provocato la reazione della comunità americana e internazionale. L'Onu ha rivolto un appello a Trump per proseguire la tradizione americana di accoglienza dei rifugiati e di non operare restrizioni di razza, nazionalità e restrizione. In una dichiarazione congiunta l'Organizzazione internazionale per le migrazioni e l'Alto commissariato per i rifugiati hanno ricordato come "il programma americano di reinsediamento sia uno dei più importanti del mondo" e ribadito l'impegno a collaborare con il governo statunitense, come fatto finora, per "proteggere le persone che ne hanno più bisogno".

Tra i primi a manifestare la propria seria preoccupazione per il decreto anti rifugiati è Malala Yousafzai, la giovane attivista pakistana vincitrice del Premio Nobel per la Pace nel 2014: "Mi si spezza il cuore nel vedere che l'America sta voltando le spalle a una storia gloriosa di acccoglienza di immigrati e rifugiati, persone che hanno contribuito a costruire il Paese, disposti a lavorare duramente in cambio di una chance di vita migliore" scrive la ragazza sulla pagina Facebok del 'Malala Fund'.

Trump "sta chiudendo la porta in faccia a bambini, madri e padri in fuga dalla violenza e dalla guerra", ha aggiunto. "In questo momento di incertezza e inquietudine in tutto il mondo, chiedo al presidente Trump non voltare le spalle ai bambini e alle famiglie più indifese del mondo".

Si appella ai valori del Vecchio Continente François Hollande: "Quando le dichiarazioni del presidente americano indicano la Brexit come modello per altri paesi, credo che si debba rispondere", ha sottolineato il presidente francese, aggiungendo che l'Ue dovrebbe avviare un "dialogo fermo" con Washington. La dichiarazione di Hollande arriva a poche ore dalla telefonata che titolare dell'Eliseo avrà con Donald Trump, oggi.

Mark Zuckerberg, il creatore di Facebook, ricorda al Presidente che gli Usa sono "una nazione di immigrati. I miei nonni arrivarono da Germania, Austria e Polonia. I genitori di Priscilla (la moglie) erano rifugiati provenienti da Cina e Vietnam. Gli Usa sono una nazione di immigrati e dovremmo esserne orgogliosi", ha scritto nel suo profilo Fb. "Come molti di voi, sono preoccupato dall'impatto dei recenti ordini esecutivi firmati dal presidente Trump", ha aggiunto. Per il fondatore di Facebook, gli Usa dovrebbero "mantenere le porte aperte ai rifugiati e a quelli che necessitano aiuto. Questo è quello che siamo. Se avessimo voltato loro le spalle decenni fa, la famiglia di Priscilla non sarebbe oggi qui". Zuckerberg si dice fiducioso per le parole del presidente sui 'dreamers', i 'sognatori', i giovani senza documenti entrati nel Paese da bambini e per i quali ha promesso di lavorare a una soluzione; e ha ricordato che gli Usa devono continuare a giovarsi degli stranieri "con grande talento". "Anni fa, feci lezione in una scuola secondaria e alcuni dei miei migliori studenti erano clandestini. Anche costoro sono il nostro futuro".

Anche l'Iran è tra i 7 paesi per cui gli Stati Uniti sono diventati "off limits", ma per il presidente iraniano, Hassan Rohani, "questo non è il momento di costruire muri tra le nazioni. Hanno dimenticato che il Muro di Berlino è crollato molti anni fa. Anche se ci sono muri tra le nazioni, essi devono esser rimossi", ha detto parlando a un convention dedicata al turismo, a Teheran.

Il ministro degli Esteri francese, Jean-Marc Ayrault, definisce "preoccupante" la decisione di Trump. "Accogliere i rifugiati che fuggono dalla guerra e dall'oppressione è parte del nostro dovere", ha aggiunto parlando a Parigi in conferenza stampa congiunta con il collega tedesco, Sigmar Gabriel.



Trump, stop alla immigrazione dai Paesi islamici. Impronte digitali per chi viaggia negli Usa
28 Gennaio 2017

http://www.liberoquotidiano.it/news/est ... i-usa.html

In attesa del muro con il Messico, Donald Trump chiude (temporaneamente) le porte degli Stati Uniti a tutti i rifugiati provenienti dai paesi a maggioranza islamica, trasformando la politica di asilo in una parte fondamentale della strategia anti-terroristica e di difesa della nuova amministrazione americana.

Il presidente ha scelto la sua visita al Pentagono di ieri per annunciare e siglare, circondato dalla leadership militare, un nuovo ordine esecutivo sulla immigrazione, con l'obiettivo di "proteggere il Paese dall'ingresso di terroristi stranieri". "Vogliamo fare in modo di non ammettere nel Paese la medesima minaccia che vivono i nostri soldati che combattono al fronte - ha spiegato Trump -. Vogliamo solo accogliere coloro che appoggiano il nostro Paese e amano profondamente il nostro popolo". Soprattutto, scrive il presidente, "l'ingresso di cittadini e rifugiati siriani è dannoso per gli interessi degli Stati Uniti e per questo sospendo tali ingressi".

La misura, che la Casa Bianca ha poi illustrato nel dettaglio, ordina la sospensione di tutto il programma di accoglienza di rifugiati per 120 giorni, per permettere di esaminare i meccanismi di accoglienza e assicurarsi che i "terroristi radicali" non mettano piede sul territorio americano. Dopo i 120 giorni, l'ordine esecutivo prevede di dare priorità ai richiedenti asilo appartenenti a minoranze perseguitate per motivi religiosi. In una intervista alla televisione cristiana Cbn, Trump aveva spiegato che la decisione è volta a proteggere soprattutto la minoranza cristiana. Il piano dimezza inoltre il numero dei rifugiati che gli Stati Uniti prevedevano di accettare quest'anno, portandolo a 50mila rispetto agli 85mila previsti dall'amministrazione Obama.

Inoltre, è prevista la sospensione per 90 giorni della concessione dei visti per alcuni Paesi a maggioranza musulmana (oltre alla Siria, Iraq, Sudan, Libia, Somalia, Yemen e Iran) fino a quando non verrà adottato un sistema di "controllo estremo", che alcune organizzazioni in difesa dei diritti umani vedono già come il preludio della messa al bando della migrazione musulmana. Eccezione per alcuni tipi di visti come quelli diplomatici o di membri delle Nazioni Unite. Trump ha poi ordinato di velocizzare il sistema biometrico per tracciare, attraverso le impronte digitali, le entrate e le uscite di tutti i viaggiatori negli Usa. L'amministrazione Obama voleva avviare l'attuazione di controlli biometrici all'uscita negli aeroporti più grandi del Paese entro il 2018.



Federal judge grants stay to allow those with visas to remain, 10 still detained at JFK

http://www.foxnews.com/us/2017/01/28/cu ... ports.html

Un giudice federale di Brooklyn sabnato notte a New York ha emesso un permesso di soggiorno di emergenza che blocca temporaneamente l'ordine delgoverno degli Stati Uniti di espellere le persone dopo che sono atterrati in un aeroporto degli Stati Uniti con visti validi.

L'ordine sbarrato gli agenti di frontiera degli Stati Uniti di rimuovere tutti coloro che sono arrivati negli Stati Uniti con un visto valido da Iraq, Siria, Iran, Sudan, Libia, Somalia e Yemen. Ha inoltre ricoperto chiunque con un'applicazione di rifugiati approvato. Il Department of Homeland Security ha detto che più di 170 persone sono state negato l'ingresso degli Stati Uniti a partire dal Sabato sera, secondo la Reuters.

La sentenza dal giudice Ann Donnelly del Distretto Stati Uniti Courtfor il Distretto Orientale di New York è venuto nel corso di un'audizione chiamato dopo che il presidente Donald Trump ha emesso un ordine esecutivo il blocco persone provenienti da sette a maggioranza musulmana di entrare negli Stati Uniti e mettendo un arresto temporaneo di ammissione dei rifugiati

Dodici i rifugiati sono stati arrestati all'aeroporto JFK a poche ore dalla fine limitare l'immigrazione di Trump da sette nazioni a maggioranza musulmana - ma due sono stati rilasciati nel corso della giornata - come centinaia di manifestanti hanno continuato ad accumulare in aeroporto occupato per tutto il giorno e la sera .

Uno degli iracheni, Hameed Jhalid Darweesh, 53, è stato rilasciato a mezzogiorno Sabato. "Ho sofferto di trasferirsi qui, per ottenere la mia famiglia qui .... Non posso tornare indietro ", ha detto Darweesh poco dopo il suo rilascio, secondo il New York Post. Alla domanda se fosse stato ucciso in Iraq, ha risposto: "Sì, sì".
I manifestanti si riuniscono al John F. Kennedy International Airport di New York, Sabato 28 gennaio 2017 dopo due rifugiati iracheni sono stati arrestati mentre cercavano di entrare nel paese. Venerdì scorso, 27 gennaio, il presidente Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo che sospende tutta l'immigrazione da paesi con problemi di terrorismo per 90 giorni. Paesi inclusi nel divieto sono l'Iraq, la Siria, l'Iran, Sudan, Libia, Somalia e Yemen, che sono tutte le nazioni a maggioranza musulmana. (AP Photo / Craig Ruttle) Espandi / contract

I manifestanti si riuniscono all'aeroporto JFK dopo due rifugiati iracheni sono stati arrestati. (AP)

Hameed Khalid Darweesh, un interprete dell'esercito in Iraq, era stato fermato mentre viaggiava con la moglie e tre figli quando gli agenti lo prese da parte, secondo il New York Times.
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Re: Donald Trump o Francesco Bergoglio ?

Messaggioda Berto » dom gen 29, 2017 10:47 am

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Berto
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Re: Donald Trump o Francesco Bergoglio ?

Messaggioda Berto » dom gen 29, 2017 10:48 am

Proposta a Trump sulle banche

Lo Stato di Washington per la legge Glass-Steagall
sabato 28 gennaio 2017

http://movisol.org/lo-stato-di-washingt ... s-steagall

Il seguente memoriale è stato letto ed approvato dal Senato dello Stato di Washington il 24 gennaio 2017:

ALL’ONOREVOLE DONALD TRUMP, PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI, AL PRESIDENTE DEL SENATO E AL PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI RAPPRESENTANTI, E AL SENATO E ALLA CAMERA DEI RAPPRESENTANTI DEGLI STATI UNITI, RIUNITI IN CONGRESSO: I sottoscritti autori del presente memoriale, membri del Senato e della Camera dei Rappresentanti dello Stato di Washington, riuniti in sessione congiunta, dichiarano e chiedono con rispetto quanto segue:

GIACCHE’ la crisi bancaria prosegue negli Stati Uniti, come esemplificano le pratiche fraudolente della Banca Wells Fargo e altre; le azioni criminali in corso di JP Morgan Chase, di Citibank, di HSBC e di altre banche too-big-too-fail che hanno comportato multe nell’ordine dei miliardi di dollari; le banche assicurate dal governo federale hanno ancora sui propri libri contabili oltre duecentocinquanta migliaia di miliardi di dollari in derivati, gli stessi che fecero scoppiare la crisi economica nel 2008; e

GIACCHE’ la crisi finanziaria ha provocato il collasso della nostra industria e delle nostre infrastrutture, il prodotto interno lordo della nazione è cresciuto di un anemico 1-2 percento annuo per quasi un decennio e la produttività è cresciuta a un tasso anche inferiore dello 0,5 %; e

GIACCHE’ un ritorno a una ripresa economica industriale duratura richiederà l’adozione di politiche bancarie nazionali simili a quelle di Alexander Hamilton, John Quincy Adams, Abramo Lincoln e Franklin D. Roosevelt; il credito federale all’industria, agli Stati e ai Comuni per costruire l’economia nazionale e una nuova Banca Nazionale potrebbe investire migliaia di miliardi di dollari nelle nostre infrastrutture creando milioni di nuove occupazioni e incrementando la produttività della nazione;

PERTANTO, gli autori del presente memoriale chiedono con rispetto che il Congresso degli Stati Uniti adotti immediatamente il seguente programma di “Ripresa Americana”:

(1) Ripristinare le norme del Glass-Steagall Act; adottare la risoluzione HR-381 presso la Camera dei Rappresentanti e la risoluzione S 1709 presso il Senato, che mirano a ripristinare immediatamente la separazione tra le banche d’affari e le banche ordinarie (commerciali). Il Glass-Steagall Act è stato in vigore per sessantasei anni e ha impedito il genere di crac che colpì nel 2008. Il Senato dello Stato di Washington fu uno dei corpi elettorali che presentarono la risoluzione SJM 8005 a favore della Glass-Steagall e la Glass-Steagall è stata inserita questa estate nelle piattaforme elettorali dei partiti democratico e repubblicano.

(2) Ritornare alla banca nazionale e al sistema di credito federale sull’esempio dei principii della Prima Banca degli Stati Uniti di Alexander Hamilton, che costruì tutte le prime infrastrutture della nazione. Abramo Lincoln fu un eminente difensore della nuova Banca Nazionale e adottò la politica di emissione di dollari greenback per costruire la potenza industriale della nazione. La stessa politica di credito fu incorporata nella Reconstruction Finance Corporation (RFC) di Franklin D. Roosevelt, che finanziò il gigantesco programma infrastrutturale del New Deal. Lo Stato di Washington è stato uno dei principali beneficiari dei finanziamenti della RFC per progetti come le dighe Bonneville e Grand Coulee, il ponte galleggiante del Lago Washington e il Parco Nazionale Olimpico. Una nuova Banca Nazionale può essere capitalizzata con duecentoventicinque migliaia di miliardi senza il denaro dei contribuenti e può sostenere finanziariamente un nuovo programma infrastrutturale.

(3) Usare il sistema di credito federale per costruire una rete moderna di ferrovie ad alta velocità, sistemi di generazione di potenza elettrica, progetti idrici, come quelli ritenuti urgenti nei territori del Sud-Ovest. I trasporti ad alta velocità potrebbero trasformare tutti gli Stati occidentali dell’Unione.

(4) Ricostruire il nostro programma spaziale, cominciando dallo sfruttamento industriale della Luna; esplorare il sistema solare e ispirare le future generazioni; lanciare infine un programma d’urto per sviluppare la fusione nucleare quale chiave di volta per risolvere i problemi energetici di lungo periodo.

SI RISOLVE che copie del presente Memoriale vengano immediatamente trasmesse all’On. Donald Trump, Presidente degli Stati Uniti, al Presidente del Senato degli Stati Uniti, al Presidente della Camera dei Rappresentanti, e ciascun membro del Congresso dello Stato di Washington.



https://nicolaoliva.pressbooks.com/fron ... troduction
Negli anni Novanta la Legge Glass-Steagall venne abrogata e furono abbattuti i muri che dividevano i due tipi di banche.
Fu Bill Clinton nel 1999, come ultimo atto formale prima di lasciare la Casa Bianca, a promulgare la legge Gramm-Leach-Bliley Act con cui abrogò le disposizioni della Legge Glass-Steagall (nella foto all’atto della firma).
L’abrogazione ha permesso la costituzione di gruppi bancari che al loro interno hanno consentito di esercitare sia l’attività bancaria tradizionale sia l’attività di banca d’investimento e assicurativa.
In Italia riuscimmo addirittura ad anticipare tutti per responsabilità di Mario Draghi, il padre del Testo unico bancario del 1993 che ha, di fatto, rimesso in piedi una pericolosa commistione fra banche commerciali e banche d’affari, abolendo la Legge bancaria del 1936 con cui fu introdotto in Italia lo standard americano della Legge Glass-Steagall.


Le analogie tra la crisi del '29 e la crisi del 2008 non possono non evidenziare la miopia storica dell'abolizione del Glass-Steagall Act che, per "modernizzare" il sistema finanziario, ne ha minato la stabilità dal profondo
di Benedetta Scotti - 10 giugno 2014

http://www.lintellettualedissidente.it/ ... eagall-act


Mentre in Italia esplode il caso Mps, arriva la risposta dell'Eurotower alla proposta finlandese di dividere le due attività. Non siamo ancora a un via libera, ma Draghi premettendo che la direzione è segnata: “In generale, l'Eurosistema ritiene opportuno separare alcune attività ad alto rischio degli istituti finanziari che non sono associati alla fornitura di servizi relativi ai clienti
di Marco Infante | 29 gennaio 2013
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01 ... one/482636

Sarà forse l’effetto Monte dei Paschi, ma la Banca centrale europea accelera sulla proposta di separazione tra banca di investimento e banca commerciale. L’obiettivo è chiaro: sollevare i contribuenti da ulteriori salvataggi e vietare alle banche di mettere mano ai depositi dei risparmiatori per finanziare operazioni rischiose. In un documento pubblicato ieri l’Eurotower risponde al rapporto Liikanen (dal nome del suo ideatore, il governatore della Banca di Finlandia) che propone la separazione bancaria.

Dalla Bce non è arrivato un sì a priori ma la direzione è segnata: “In generale, l’Eurosistema ritiene opportuno separare alcune attività ad alto rischio degli istituti finanziari che non sono associati alla fornitura di servizi relativi ai clienti”, si legge nel documento. Favorevole al documento anche il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble. Il tema non è solo europeo. Negli Stati Uniti, Sandy Weill, architetto dell’abrogazione di Glass-Steagall (la legge che prevedeva la separazione bancaria) mesi fa, ammettendo “l’errore” auspicava il ritorno “alla completa separazione tra banche commerciali e banche d’affari”. Usa e Gran Bretagna sono corse ai ripari con nuovi regolamenti, forse ancora troppo timidi, sull’attività bancaria.

L’Europa finora ha latitato. Gli ostacoli, infatti, sono in seno alla stessa Banca centrale. Mario Draghi, governatore della Bce, è considerato, insieme a Giuliano Amato, uno dei fautori che portò anche in Italia la banca universale. Ed entrambi in questi giorni sono nell’occhio del ciclone proprio per l’esplosione del caso delle operazioni di finanza speculativa portate avanti da Mps, con il primo che era a capo della vigilanza bancaria italiana all’epoca dei fatti e il secondo che rappresenta il principale padrino politico di Giuseppe Mussari.

Ora Draghi sembra prendere tempo, consapevole che una simile riforma rischia di togliere benzina alle banche in un momento di piena crisi finanziaria, soprattutto in Italia. Non è un caso che, negli ultimi anni, è scoppiata la moda dei conti deposito. Con il mercato dei bond bancari praticamente congelato fino a poco tempo fa, le nostre banche si sono finanziate attingendo liquidità dai correntisti e promuovendo appunto i conti deposito a tassi interessanti.

Gli ostacoli non si fermano qui. La Bce ammette che una riforma “richiede un’ulteriore analisi” sia sugli strumenti che sugli obiettivi. Il documento richiama la necessità di un intervento in grado di affrontare anche il tema del “too big too fail” ovvero contrasti la formazione di banche troppo grosse per fallire e che negli Usa, Inghilterra (Northern Rock e Barclays ), Francia e Belgio (Dexia) hanno richiesto l’intervento dello Stato. Ora è tutto in mano alla Bce e si preannuncia un nuovo scontro interno tra tedeschi e paesi nordici più propensi alla riforma e il governatore Draghi.


Secondo il rapporto Liikanen, la divisione tra le due attività è indispensabile per prevenire future crisi economiche. Ma l'obiettivo, allo studio della Commissione europea, appare sempre più lontano
di Alessio Pisanò | 7 gennaio 2014
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/01 ... rta/833546

Separare le banche d’investimento da quelle di risparmio? Sì ma non troppo. Secondo alcune indiscrezioni trapelate a Bruxelles e riprese dal Financial Times, la proposta di divisione tra queste due attività bancarie allo studio della Commissione europea sembra a dir poco sbiadita viste le molte limitazioni e discrezionalità previste. Eppure, secondo il rapporto Liikanen pubblicato nel 2012, una netta separazione tra trading e risparmio è indispensabile per prevenire futuri terremoti finanziari come quello che ha scosso l’Europa negli ultimi anni. Secondo le 150 pagine del dossier, dal titolo “Mai più la crisi”, una separazione legale tra attività di credito e di trading finanziario è fondamentale perché “è ora di porre fine al sistema in cui si privatizzano i profitti e si socializzano le perdite”.

Sono parole pronunciate alla presentazione del documento dallo stesso Erkki Liikanen, il governatore della Banca centrale finlandese a capo del gruppo di undici esperti incaricato dalla Commissione europea di studiare le mosse per prevenire eventuali future crisi del settore finanziario e le conseguenti ricadute sulle casse pubbliche, i risparmi dei contribuenti e il finanziamento dell’economia reale. Solo dal 2008 al 2011, infatti, il soccorso europeo alle banche del continente è costato ben 4500 miliardi di euro di fondi pubblici, ovvero il 36,7 per cento del Pil europeo. Una cifra da capogiro che è stata finanziata sostanzialmente con le tasse dei contribuenti, i tagli alla spesa sociale e la sottrazione di capitali a imprese e aziende. Gli esperti raggruppati dal Commissario Ue al Mercato Interno Michael Barnier avevano scritto nero su bianco quanto fosse fondamentale separare una volta per tutte le attività di trading da quelle di credito. Questa divisione dovrebbe riguardare l’attività di compravendita in proprio, i derivati, prestito ed esposizione non garantite verso gli hedge fund, investimenti strutturati e in private equity. Una separazione che dovrebbe scattare qualora gli asset bancari impiegati nel trading superino il 15-25% di quelli totali della banca o eccedano i 100 miliardi di euro.

Secondo il rapporto, non si tratta di bandire le cosiddette “banche universali” perché la divisione tra queste due attività potrebbe essere fatta in seno allo stesso istituto. Ma tutto questo rischia di rimanere sulla carta. Secondo le indiscrezioni, la nuova proposta della Commissione europea – che sarà ufficializzata verso la fine di gennaio primi di febbraio – consisterà in una versione edulcorata delle raccomandazioni Liikanen. Prima di tutto il trading speculativo sarà separato dal risparmio solo per una trentina di banche e poi ai supervisori nazionali sarà lasciata ampia manovra di decisione. Insomma niente di obbligatorio a livello centrale. Si tratta di una grande vittoria delle grandi banche che negli ultimi quindici mesi hanno frenato a più non posso su questa separazione, in particolare gli istituti tedeschi e francesi, che preferiscono le norme adottate recentemente a livello nazionale con ampi poteri discrezionali per i propri supervisori. Regole più soft sono accolte con favore da migliaia di istituti di credito europei, viste le eccezioni possibili sulla divisione delle attività bancarie e perfino sul divieto del cosiddetto “proprietary trading”, ovvero gli investimenti realizzati con obbligazioni, valute, materie prime, derivati e altri strumenti finanziari che una banca fa per realizzare un profitto per se stessa e non per i propri clienti.

Eccezioni potrebbero essere previste anche per le grandi banche mutualistiche come la francese Crédit Agricole e le tedesche DeKa e DZ Bank. Eppure il rapporto Liikanen specificava che le proprie raccomandazioni avrebbero dovuto essere applicate “a tutte le banche senza alcuna distinzione di modello d’affari, comprese le mutualistiche e cooperative”. Scomoda la posizione del Commissario Ue Michael Barnier responsabile del dossier, lo stesso che nel giugno 2012 tuonava contro i miliardi pubblici spesi per salvare le banche ma che già nel gennaio 2013, al World Economic Forum di Davos, precisava di non volere “penalizzare le banche che stanno lavorando nell’interesse dell’economia e dell’industria”. Ma, a dover applicare la proposta finale della Commissione europea, non sarà lui. Si parla infatti del 2020 per l’entrata in vigore della separazione delle attività bancarie e il prossimo luglio cambierà la composizione dell’intero collegio di Commissari Ue. Laconiche le parole pronunciate da Liikanen alla presentazione del rapporto nell’ottobre 2012: “Sono sicuro che le nostre raccomandazioni, se adottate, contribuiranno a costruire un sistema bancario più sicuro e stabile al servizio dei cittadini, l’economia europea e il mercato interno”.
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