La viołensa e łe małagràsie de łe done a l'omo

Re: La viołensa e łe małagràsie de łe done a l'omo

Messaggioda Berto » mer gen 10, 2018 5:49 pm

Deneuve, lezione alle donne: "Gli uomini liberi di provarci"
Marta Bravi - Mer, 10/01/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 81451.html

Svolta della Deneuve: «Basta, la galanteria non è un'aggressione»

Difendono il diritto degli uomini a corteggiare e il diritto, o meglio la libertà autentica delle donne, a rispedire al mittente le avance ricevute.

Arriva dalla laica e libertaria Francia l'appello a sollevare il velo di Maya del nuovo puritanesimo made in Usa che ha scatenato una vera e propria caccia alle streghe, dopo lo scandalo del caso Weinstein. «Lo stupro è un crimine, ma tentare di sedurre qualcuno, anche ostinatamente o in maniera maldestra, non lo è, come la galanteria non è un'aggressione machista», si legge nella lettera aperta pubblicata da le Monde, cui hanno aderito scrittrici, artiste e accademiche. Capofila Catherine Deneuve che pur lodando «una legittima presa di coscienza delle violenze sessuali esercitate sulle donne, in particolare in ambito professionale», mette in guardia contro le insidie di una liberazione solo apparente. Una liberazione solo superficiale della parola, che addita le donne «che rifiutano di conformarsi come traditrici e complici», ma anche una illusoria liberazione sessuale che altro non fa che prestare il fianco agli interessi «degli estremisti religiosi - scrivono le firmatarie - dei peggiori reazionari e di quelli che credono che le donne siano esseri umani a parte, bambini con il volto adulto, che pretendono di essere protette».

Ecco allora che donne quanto mai amate, corteggiate, invidiate lanciano un appello che al di là del buon senso, smaschera quello che i provocanti abiti neri della cerimonia dei Golden Globe nascono in tutta la loro ipocrisia. «Come donne, non ci riconosciamo in questo femminismo che, al di là della denuncia degli abusi di potere, prende il volto di un odio per gli uomini e la sessualità». L'immagine delle dive di Hollywood che sfoggiano maliziose scollature e spacchi vertiginosi sul red carpet della premiazione, optando semplicemente per il nero, rimanda esattamente a questa forma di femminismo distorto. Libertà equivale dunque anche a libertà di farsi avanti, di corteggiare e, perché no?, di implorare un bacio che verrà liberamente e apertamente accettato o rifiutato (fatto salvo, ça va sans dire, l'abuso di potere). Senza che questo implichi medioevali cacce alle streghe o odio di genere.


Deneuve e la lettera a 'Le Monde': reazioni sui social e la furia delle femministe
Antonio Dipollina
01/10/2018

http://www.repubblica.it/spettacoli/peo ... -186195376

La lettera aperta pubblicata da Le Monde scuote i social e gli utenti si dividono. Catherine Deneuve è tra le cento firmatarie del testo che condanna la "caccia alle streghe" seguita al caso Weinstein. Uno scandalo che ha coinvolto volti e star a Hollywood ma che ha avuto ripercussioni in tutto il mondo, anche in Italia con il caso Brizzi. Deneuve si unisce alla voce controcorrente rispetto al movimento #MeToo, nato in difesa delle vittime di abusi e violenze sessuali e che ha in Asia Argento la sua 'pasionaria', e sottoscrive che "lo stupro è un crimine, ma tentare di sedurre qualcuno in maniera insistente o maldestra non è un reato, né la galanteria è un'aggressione del maschio". Dichiarazioni che hanno scatenato reazioni e commenti sui social dove accanto alle feroci critiche di chi sostiene che l'attrice francese sia solo una snob viziata e provocatrice, in molti (anche tante donne) si dicono invece d'accordo contro quello che definiscono il "nuovo puritanesimo".

Nella lettera si legge anche che gli uomini sono stati puniti sommariamente, "costretti a dimettersi avendo avuto come unico torto quello di aver toccato un ginocchio, tentato di strappare un bacio, o aver parlato di cose intime in una cena di lavoro, o aver inviato messaggi a connotazione sessuale a una donna che non era egualmente attirata sessualmente".

Ed è proprio Asia Argento una delle prime a commentare con sdegno che "Catherine Deneuve e altre donne francesi raccontano al mondo come la loro misoginia interiorizzata le abbia lobotomizzate fino al punto di non ritorno". L'attrice italiana si rivolge quindi a Marlène Schiappa, segretario di Stato dell'eguaglianza tra gli uomini e le donne (omologo al ministro delle Pari opportunità italiano) chiedendole cosa pensa di questo "articolo deplorevole", e lei risponde su Twitter: "Non sono a conoscenza di un uomo che sia stato licenziato per 'aver toccato il ginocchio di una donna' inavvertitamente in Francia come descritto nella lettera, ma se esiste, presentamelo".
Sui social è in particolare Catherine Deneuve a essere presa di mira e definita "pollastrella". È stato creato l'hashtag "#denuncialafalsafemminista, è stato scritto "se volete molestare sessualmente, violentare, toccare i seni, il sedere, di Catherine Deneuve, andate pure, a priori non dovrebbe darle fastidio".

Ma a capeggiare la rivolta femminista è la militante francese Caroline De Haas, che ha raccolto una trentina di firme per denunciare l'iniziativa delle cento donne. Intervistata da France Info, De Haas ha detto fra l'altro: "Le firmatarie della tribuna su Le Monde sono per la maggior parte delle recidive in materia di difesa di pedocriminali o di apologia dello stupro". "Questa tribuna - si legge nel testo delle femministe - sembra un po' quel collega fastidioso, quello zio noioso che non capisce quello che sta succedendo. Appena si fa un passo avanti nell'eguaglianza, anche se di mezzo millimetro, delle anime pure ci mettono subito in guardia sul fatto che rischiamo di cadere nell'eccesso. Ma nell'eccesso ci siamo in pieno, in Francia ogni giorno centinaia di migliaia di donne sono vittime di molestie, decine di migliaia di violenze, centinaia di stupri. Ogni giorno. La caricatura è questa". Insomma, "i maiali e i loro alleati/e si preoccupano - concludono le femministe - e fanno bene. Il loro vecchio mondo sta per scomparire.

Lentamente, troppo lentamente, ma inesorabilmente. Qualche reminiscenza polverosa non cambierà niente, anche se pubblicata su Le Monde".

Tra i vari commenti su Twitter, a sostegno delle cento donne, c'è anche quello di Samantha Geimer, la donna che il regista Roman Polanski ha ammesso di aver stuprato nel 1977 quando aveva 13 anni: "Sono d'accordo con la signora Deneuve. Le donne hanno bisogno di uguaglianza, rispetto e libertà sessuale, otteniamo ciò sostenendo noi stesse e noi stessi" scrive su Twitter, "non chiedendo agli altri di proteggerci e definire cosa sia 'permesso' alle donne".
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Re: La viołensa e łe małagràsie de łe done a l'omo

Messaggioda Berto » mer gen 10, 2018 9:43 pm

Harvey Weinstein aggredito in un ristorante in Arizona
10 gennaio 2018

http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... 84ae6.html


Harvey Weinstein è stato aggredito in un ristorante di Scottsdale, in Arizona, dove stava cenando in compagnia di un "coach" del centro di riabilitazione dove da mesi è in cura, dopo lo scandalo delle molestie sessuali che lo ha travolto.

"Sei un pezzo di m... per quel che hai fatto a quelle donne", ha urlato un cliente che, evidentemente alticcio, ha affrontato il produttore cinematografico e lo ha schiaffeggiato.

Weinstein ha perso l'equilibrio e per poco non è caduto. Una persona che aveva filmato l'episodio sul cellulare ha chiesto a Weinstein se volesse far denuncia, ma l'ex capo di Miramax ha rifiutato e ha lasciato il locale.

L'aggressione arriva 3 giorni dopo la protesta delle donne in nero contro le molestie sessuali alla premiazione dei Golden Globes.

Harvey Weistein è l'uomo da cui lo scandalo è partito il 5 ottobre scorso, grazie allo scoop del New York Times. L'aggressione è avvenuta dopo che Weinstein aveva finito di cenare nel locale 'Elements'. Un ragazzo si è inizialmente avvicinato all'ex re Mida di Hollywood, ormai sinonimo di 'predatore sessuale seriale' di decine e decine attrici e dipendenti nel corso di oltre 30 anni, chiedendogli di scattare una foto. Il giovane ha raccontato che Weinstein era scontroso ed ha risposto di no. Quando poi i due sono usciti quasi contemporaneamente è avvenuta l'aggressione.

Il giovane ha ammesso di "aver bevuto un po' troppo" e per questo di aver chiesto ad un amico di girare il video, cosa che che Weinstein e l'accompagnatore, si vede nelle immagini, cercano di impedire, meno preoccupati dei ceffoni e degli insulti.
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Re: La viołensa e łe małagràsie de łe done a l'omo

Messaggioda Sixara » gio gen 11, 2018 7:45 pm

142 mila rexultà pa la viołensa de le dòne a l òmo e
170 mila pa la viołensa di òmeni a la dòna.
Parte i nùmari, ca sémo sènpre n bòn, ghe xele de le difarenze fra la viołensa de le femene e cuea di mas-ci? secondo mi - sì.
E cuei ke i dixe de nò, i se lèze i 142 mila+ 170 mila circa e pò i me sà dire. :)
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Re: La viołensa e łe małagràsie de łe done a l'omo

Messaggioda Berto » ven mar 09, 2018 5:54 am

Papà e figli sempre più vittime nelle separazioni conflittuali
Davide Testa

https://www.universomamma.it/papa-nelle ... asi-sempre


È risaputo che quando una coppia si separa spesso a pagarne le conseguenze sono i figli, a meno che i genitori non si impegnino in tal senso, ponendo il benessere e la tranquillità dei figli come loro comune priorità.

In realtà, leggendo un articolo del Fatto Quotidiano sulle separazioni conflittuali si rimane sorpresi apprendendo alcuni dati in merito alle dispute legali. Accade infatti che in una grossa percentuale di separazioni conflittuali si assiste spesso all’eliminazione della figura paterna. In che modo? Sparando la cosiddetta pallottola d’argento, ossia lanciando false accuse di abusi sessuali e maltrattamenti, ma che possono davvero uccidere.

Negli ultimi anni sono infatti drammaticamente aumentate le denunce di abuso nel corso delle cause di separazione o dopo, in caso di conflitti tra ex-coniugi per decisioni riguardanti i figli, come il mantenimento, la residenza, ecc.

Si tratta di un fenomeno non solo italiano, ma secondo la denuncia del Telefono Azzurro, il numero di false accuse di abuso risulta essere maggiore di quelle di abusi reali.
La “pallottola d’argento” sparata sui papà

La “pallottola d’argento”, la falsa accusa di abuso sessuale, è così chiamata perchè basta il sospetto per allontanare il genitore accusato, per periodi oltretutto lunghi considerando i tempi della giustizia. Inoltre anche se alla fine dell’iter giudizionario viene provata l’innocenza e l’accusato viene assolto, rimane nell’opionione pubblica (parenti, amici per primi) il sospetto o il dubbio.

Inoltre, una falsa accusa non tocca solo il genitore accusato, ma anche e soprattutto i figli.

Anna Oliverio Ferraris docente di Psicologia dello sviluppo alla Sapienza di Roma, spiega i motivi per cui un bambino potrebbe mentire, tra cui:

la paura di ritorsioni
il rapporto tra i genitori separati
il bisogno di attirare su di sé l’attenzione
ricordi contaminati da interpretazioni e suggerimenti forniti dall’altro genitore.

La dottoressa fornisce anche un esempio dello scenario tipico di come si possa “generare” un falso abuso, parlando di costruzione progressiva:”Il bambino mostra un disagio che sembra aumentare prima e dopo le visite dal padre. Come spiega Yves-Hiram Haesevoets (1999), la madre è convinta che questo malessere sia la conseguenza di approcci malsani e comunica un sentimento di allarme al figlio (o figlia), senza considerare che il malessere può essere causato dalla separazione dei genitori e non da motivi ulteriori. Parlando con il figlio, o di fronte a lui, la madre insinua dubbi su certi comportamenti “inadeguati” del padre e il bambino viene man mano contagiato dalle domande che lei gli pone dopo le visite, dalle reazioni di lei, dalla maniera in cui lei lo guarda, cosicché, alla fine, può arrivare a dire ciò che lei si attende da lui. Le affermazioni del bambino potranno sembrare spontanee a chi in seguito dovrà interrogano, in realtà lui (lei) dirà a sua insaputa ciò che la madre, con i suoi atteggiamenti e le sue ansie, ha insinuato nella sua mente.”


Le conseguenze nei bambini delle denunce di falsi abusi

Dopo che un genitore ha denunciato l’ex compagno, è il bambino che deve però provare i fatti, diventando così l’accusatore e di conseguenza il “distruttore” del genitore accusato. Egli dovrà affrontare discorsi su argomenti scomodi, ascoltare termini nuovi e cambierà quindi il suo approccio alla sessualità.

Anche in caso di esito favorevole al genitore accusato, rimane nei figli il segno del percorso vissuto: la tensione, le domande, le confidenze vere e quelle inventate. La dottoressa parla addirittura di ricerche secondo le quali le conseguenze a livello psicologico per i bambini divenuti “accusatori” di falsi abusi sessuali sono le stesse subite dai bambini vittime di reali abusi sessuali

Di fronte ai numeri (in Italia nel 2007 ben l’80% delle vittime di accusa di abuso sessuale è rappresentato dai papà separati, risultanti poi innocenti nel 92,4% dei casi) la Presidente del Tribunale dei Minorenni di Roma, Melita Cavallo, ha dichiarato: “ Purtroppo molte madri accusano i padri di tali condotte così allarmanti quando vogliono che si interrompa il rapporto con il padre, perché all’inizio il Giudice non sa e deve accertare, e molto spesso si ha l’interruzione dei rapporti. E quindi è uno strumento nelle mani di alcuni avvocati che suggeriscono questa strategia di intervento per distanziare il bambino dal padre”. Basterebbe che la magistratura trattasse questa linea di condotta come un sistema criminale perché vengano scoraggiati ad usarlo sedicenti avvocati matrimonialisti e mogli ansiose di distruggere l’ex.

In un Paese dove la donna fatica ad affermare un suo ruolo sociale, oltre i confini del ruolo genitoriale, si rimane perplessi davanti a tanta iniquità nei divorzi. Ci sono padri che vengono esautorati dal ruolo solo per colpa dei conflitti insanabili con la moglie, grazie ad un retaggio culturale datato che vede la donna come unica figura in grado (e in diritto) di poter crescere da sola i figli in caso di divorzio. In un’epoca di discussione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso (e non c’è nessun tono discriminatorio in questa affermazione) è giunto il momento di cambiare registro anche nelle separazioni conflittuali.

E voi cari Unigenitori che ne pensate? Credete sia giusto e soprattutto sano segnare 2 esistenze per sempre?





Un’accusa ingiusta che sconvolge la vita (n. 3/12) ‹ Istituto di Studi sulla Paternità
Anna Oliverio Ferraris

http://lnx.ispitalia.org/unaccusa-ingiu ... vita-n-312


“I maltrattamenti in famiglia stanno diventando un’arma di ritorsione per i contenzioni civili durante le separazioni. Solo in 2 casi su 10 si tratta di veri maltrattamenti il resto sono querele enfatizzate e usate come ricatto nei confronti dei mariti durante le separazioni”. Questa dichiarazione fu fatta dal PM Carmen Pugliese nel gennaio del 2009, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Nell’aprile del 2010 – nel corso di un convegno dell’Associazione Nazionale familiaristi Italiani – la psicologa giuridica Sara Pezzuolo dichiarò che le false accuse di maltrattamenti, percosse, abusi sessuali e violenze di vario genere costruite al solo scopo di eliminare l’ex marito dalla vita dei figli oscillano da un minimo di 70 a un massimo di 95 per cento. A queste dichiarazioni ne sono seguite altre, tutte volte a segnalare un progressivo incremento di questo tipo di denunce nel corso delle cause di separazione o nei conflitti tra ex coniugi per le decisioni che riguardano i figli, le spese, la collocazione ecc. Il fenomeno non riguarda soltanto l’Italia, ma anche altri paesi.

Tra i falsi abusi, quello a carattere sessuale è il più temibile sia perché crea tensioni e sofferenza nella persona ingiustamente accusata, sia perché il solo sospetto di pedofilia ha l’effetto di separare il genitore dai figli per un lungo periodo. Poiché i tempi della giustizia sono lunghi, anche quando il sospettato e ingiustamente accusato alla fine viene assolto, in parenti, amici e conoscenti può restare il dubbio che “qualcosa sia accaduto”. Una falsa accusa di abuso sessuale rappresenta quindi un colpo molto duro all’immagine dell’accusato che sconvolge quasi sempre la sua vita, avvelena i rapporti familiari e non lascia indenni i figli.

Secondo alcune statistiche, la maggior parte delle false accuse di abuso sessuale proviene dalle madri (tra l’85 e il 95%) le quali possono essere in cattiva fede, ma anche in buona fede. Ecco uno scenario tipico di una madre “in buona fede”. Il bambino mostra un disagio che sembra aumentare dopo le visite dal padre. La madre è convinta che questo malessere sia la conseguenza di approcci malsani e comunica un sentimento di allarme al figlio/a senza considerare che il malessere può essere causato dalla separazione e non da motivi ulteriori. Parlando con il figlio/a, o di fronte a lui, insinua dubbi su certi comportamenti “inadeguati” del padre e il bambino viene man mano contagiato dalle domande che ella gli pone dopo le visite e dalle reazioni di lei, cosicché, alla fine, può arrivare a dire ciò che lei si attende da lui. In questo progredire graduale, un passaggio critico si verifica quando la mamma, nel fargli il bagno, nota un rossore nelle parti genitali: invece di pensare ad una attività automanipolatoria il pensiero va subito ad un contatto malsano.

E’ utile sapere che gli studi e le ricerche che hanno messo a confronto gruppi di bambini vittime di reali abusi sessuali con gruppi i bambini al centro di denunce infondate hanno evidenziato che, al termine dell’iter giudiziario, i sintomi e i problemi psicologici sono simili in entrambi i gruppi (Fonagy e Sandler, 2002). Al termine di una ricerca su 70 bambini (Camerini et al. 2010), 50% vittime di abuso sessuale e 50% coinvolti in false denunce gli autori hanno concluso: “I procedimenti penali sono in grado di incrementare i fattori di stress dovuti al rapporto con il sistema giudiziario e con i servizi sociosanitari in entrambi i gruppi; nel gruppo delle denunce infondate aumenta significativamente la probabilità di sviluppare veri e propri sintomi psicopatologici nei bambini coinvolti”.

Professore di Psicologia dello sviluppo,
Università “La Sapienza”, Roma.



Quando il padre non è l'orco e la madre è malevola

http://www.opsonline.it/psicologia-3234 ... evola.html

Non è infrequente che alla separazione tra coniugi facciano seguito false accuse di abusi riferite ai padri per penalizzarli rispetto all’affidamento dei figli. Anche questo è un abuso che peserà sulla vita psichica e relazionale dei figli!

Nel complesso e sofferto universo delle separazioni coniugali e della frequente conflittualità genitoriale che si riverbera sull’affidamento dei figli minori, si assiste in questi ultimi anni, verosimilmente a seguito della Legge n. 54 del 2006 sull’affidamento condiviso della prole, al progressivo incremento di due opposti fenomeni che affondano le loro radici nei mutamenti di ordine sociale e legislativo che hanno investito la famiglia e i suoi componenti.

Da una parte si registra l’aumento dei padri separati che, consapevoli del ruolo fondamentale che anche la figura paterna riveste nella vita dei figli e sinceramente interessati al loro armonico sviluppo, lottano per ottenerne l’affido condiviso, per esercitare cioè il diritto/dovere di frequentare con assiduità la prole con la concreta possibilità di attivare il proprio ruolo genitoriale pienamente ed efficacemente e non “col contagocce”.

Dall’altro si assiste a una epidemia di denunce sporte da moglie separande nei confronti di ex mariti e padri dipinti come degeneri, accusati, fra l’altro, di maltrattamenti ed abusi sessuali sui loro stessi figli. Una minima parte di queste accuse sono, purtroppo, fondate ma la maggior parte di esse, spesso le più infamanti, si dimostrano, dopo un iter doloroso, certamente non breve e grandemente nocivo soprattutto per i figli, false o inattendibili.

Le denunce “false” si fondano su un’ampia gamma di resoconti non corrispondenti alla verità/realtà dei fatti, che vanno dalle dichiarazioni menzognere sostenute con la precisa volontà e finalità di danneggiare l’ex marito-padre, alle dichiarazioni erronee a causa dell’interpretazione distorta dei messaggi e/o dei comportamenti del minore, in alcuni casi corroborata da pareri molto superficiali forniti dagli esperti consultati.

A tale proposito, come ben indicato dalla SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza), occorre precisare che non esistono indicatori comportamentali assolutamente specifici dell’abuso sessuale, ma che le liste presenti nella letteratura specialistica o divulgativa sull’argomento vanno intese unicamente come segnali di possibile abuso.

Questi indicatori, inoltre, sono presenti e rintracciabili in numerose situazioni a carattere traumatico che il minore può trovarsi a vivere, come ad esempio una grave conflittualità familiare, la recente separazione dei genitori con la “scomparsa” di uno di essi, la morte o la grave malattia di un membro della famiglia, l’esperienza di un grave incidente stradale o di un disastro naturale come un terremoto.

Per quanto riguarda quegli indicatori ritenuti in passato più “pesanti”, come i comportamenti sessualizzati e le conoscenze sulla sessualità non adeguati all’età, le ricerche attuali inducono a grande cautela nella loro valutazione come sicuri effetti di un abuso, in quanto esse hanno dimostrato come il minore si relazioni con la sua sessualità in graduale sviluppo in modo molto più attivo e precoce di quanto si credesse fino a pochi anni fa, anche grazie ai numerosi e spesso incongrui stimoli e messaggi che i media o la navigazione in Rete veicolano, e a cui il bambino/a si trova esposto.

La maggior parte delle false denunce origina nel contesto della conflittualità collegata alle vicende legali della separazione, e vede un genitore che si sente ferito, oltraggiato o rifiutato dall’ex partner intenzionato a vendicarsi attraverso la costruzione dell’accusa più infamante: l’abuso sessuale nei confronti dei figli, con l’obiettivo di alienarglieli ed eliminarlo dalla loro vita, senza tener conto dei gravi danni che anche ai minori ne deriveranno.

Questi ultimi vengono spesso resi “complici” di questo progetto, vuoi esercitando su di loro inaudite pressioni psicologiche per affermare cose non vere o, forse peggio, inducendo in quelli più piccoli falsi elementi di memoria relativi ad abusi sessuali subiti.

Sono state identificate alcune tipologie genitoriali “costruttrici” di false denunce, che anche gli operatori di polizia che si occupano di reati contro i minori dovrebbero conoscere per meglio orientare le loro attività di indagine e di ricerca degli elementi probanti un’accusa di abuso, con l’avvertenza di evitare pericolose generalizzazioni e semplificazioni di una realtà molto complessa e difficile da catalogare in schemi esaustivi.

Una prima tipologia è costituita da individui con veri e propri disturbi psichici – più frequentemente disturbi di personalità di tipo isterico o borderline – che interferiscono con la capacità di interpretare correttamente la realtà, distinguendola dalla propria fantasia o dai propri esagerati timori.

Una seconda tipologia è rappresentata da soggetti che, di fronte a manifestazioni del minore che possono prestarsi a diverse interpretazioni, e quindi ambigue (ad esempio un rossore in area genitale al ritorno da una visita al padre), si rivolgono ad un esperto che in maniera avventata propende per l’abuso sessuale, determinando di fatto, con la sua autorevolezza, la conseguente denuncia.

Un terzo gruppo raccoglie persone che vivono con la costante ossessione che il proprio figlio/a possa essere oggetto di abuso sessuale. Questa idea “fissa” li determina ad interrogare ripetutamente il bambino sull’argomento, ad esaminare e controllare costantemente i genitali quando torna a casa, e specialmente se è stato dall’ex partner, a sottoporlo a continue visite mediche per la stessa verifica, fino a quando un rilievo interpretato in modo distorto, magari per l’incauto commento di qualche professionista, non giunge a confermare il sospetto determinando così la denuncia. Il motore dell’ossessione in questi casi può condurre nel tempo a reiterate denunce di abuso.

La quarta tipologia, la più frequente, annovera soggetti – che possono essere o meno portatori di disagio psichiatrico – pervasi dall’odio e dal desiderio di vendetta nei confronti dell’ex partner, tanto da disporsi a strumentalizzare il minore pur di distruggere il ‘nemico’, senza chiedersi se la prima vittima di questa guerra totale non sia proprio quella più indifesa: loro figlio.

In tutti questi casi, anche quando la falsa denuncia viene finalmente ad essere dichiarata infondata, si determina la vittimizzazione di figli e padre, a causa del tempo – spesso lungo – in cui non è stato permesso loro di frequentarsi, della vergogna e dell’imbarazzo di entrambi che consegue ai casi in cui il minore è stato manipolato per rivelare abusi mai subìti, della stigmatizzazione subìta dal genitore ad opera dei media e che nessuna sentenza di assoluzione potrà mai completamente cancellare, del terribile effetto confusivo sullo sviluppo psicologico del minore che l’induzione di falsi ricordi determina.

Tutto ciò richiede che l’operatore (psicologico, di polizia, legale, ecc.) si disponga in modo emotivamente neutro di fronte ad una denuncia di abuso sessuale, senza ipotesi pregiudiziali che orientino in modo distorto, in un senso o nell’altro, l’approccio con l’indagine e con il minore in particolare, nel più rigoroso rispetto di una metodologia comunicativa e relazionale garante della massima possibilità di raccogliere dalle presunte vittime resoconti veritieri, grazie a modalità di conduzione del colloquio rigorose e scientificamente fondate.

Pertanto il fenomeno delle false denunce impone agli operatori che si occupano di abuso ai minori un ulteriore incremento di professionalità, nella consapevolezza della gravità delle conseguenze sia di un abuso non riconosciuto, che di un abuso erroneamente convalidato, perché le tracce che resteranno nella psiche dei minori saranno comunque indelebili.




Il rischio ignorato. Emergenza separazioni: sempre più i figli plagiati
Luciano Moia mercoledì 2 dicembre 2015

https://www.avvenire.it/attualita/pagin ... -plagiati-

Conseguenze anche patologiche quando un minore finisce coinvolto nell’addio conflittuale dei genitori

La vittima | La psicologa

Separazioni sempre più conflittuali. Bambini sempre più vittime dell’egoismo e della rabbia di genitori incapaci di valutare le conseguenze dei loro gesti. Accuse e contro- accuse segnate spesso da un concetto tanto aspro quanto dibattuto, quello di alienazione genitoriale. Madri e padri cioè che manipolano i propri figli per usarli come strumenti offensivi contro il coniuge separato. Succede molto più spesso di quanto ci si immagini. Ma è un problema reale? Qualcuno vorrebbe liquidare la questione quasi come una scelta ideologica da parte dei soliti maschi prevaricatori, un’esagerazione che rischia di danneggiare le stesse donne. Coloro che, vittime di un compagno violento o presunto tale, finiscono poi per essere ingiustamente accusate con questa 'inesistente' arma giuridico-scientifica. Ma è davvero 'inesistente'? Per tantissimi esperti è vero il contrario. Siamo di fronte – si spiega – a un autentico disturbo mentale. A una vessazione patologica che, nei casi di separazione, sfocia nell’abuso psicologico della volontà dei figli minori. Al di là delle diverse opinioni e del lessico che divide, l’alienazione genitoriale nei confronti dei bambini è una prassi deviante in costante aumento tra i genitori separati che si lasciano in modo conflittuale. Per questo c’è chi, come l’avvocato Giulia Bongiorno, con la sua associazione 'Doppia difesa', ha sentito il bisogno di presentare una proposta di legge in tema «di abuso delle relazioni familiari o di affido» che va a punire proprio quei genitori – in 8 casi su 10 si tratta di madri – che usano i figli minori come strumenti di attacco nei confronti del coniuge separato. Difficile valutare numericamente questi casi. Se è vero che le separazioni giudiziali sono meno del 20 per cento del totale – per i divorzi si arriva al 23 per cento – gli avvocati matrimonialisti fanno notare come le situazioni ad alto rischio siano sempre più numerose. Probabilmente il 10 per cento delle circa 17mila separazione giudiziali che si registrano ogni anno nel nostro Paese. Numeri che in ogni caso sono imponenti. In Italia ci sarebbero cioè quasi duemila famiglie in cui, ogni anno, un genitore separato tenta di manipolare la volontà di un figlio per accusare il coniuge. A farne le spese, evidentemente, sono sempre i bambini, non solo contesi, ma troppo spesso usati, manipo-lati, sottoposti a veri e propri lavaggi del cervello con un unico obiettivo: trasformare una storia fallita in un’occasione di vendetta che lascia spazio ai sentimenti e alle azioni peggiori. Vittorio Vezzetti, pediatra, presidente dell’Associazione 'Figli per sempre' che da anni si occupa del tema, invita a distinguere tra il nome scientifico del problema e i suoi effetti: «L’Apa, American psychiatric association, su pressione di importanti lobby vetero-femministe negli Usa, ha deciso di non elencare testualmente il concetto controverso di alienazione genitoriale nell’ultima edizione del catalogo dei disturbi mentali. Evidentemente questo non significa che l’alienazione, il condizionamento parossistico del minore da parte di genitori patologici, non esista: non esisterebbero neppure il mobbing o lo stalking su cui tanti Stati hanno elaborato dettagliate leggi». Difficile comprendere quale differenza esista concretamente tra il definire un problema – comunque preoccupante – sindrome o 'solo' disturbo relazionale. «Si tratta di un distinguo più politico che scientifico – prosegue Vezzetti – basti pensare che per evitare la parola alienazione, si ricorre a perifrasi come 'ostilità o biasimo dell’altro', oppure 'sentimenti ingiustificati di estraneamento'». Eppure le ricerche parlano chiaro. E non solo nei Paesi anglosassoni, dove il problema è da tempo dibattuto. In un recente studio pubblicato sulla Rivista della società italiana di psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, è stato messo in evidenza come il 92% delle denunce di violenza (nella stragrande maggioranza dei casi mosse dalle madri contro i padri separati) è risultata infondata, mentre analoga ricerca svolta in Olanda ha raggiunto il valore del 95%. «Peraltro occorre rilevare – prosegue l’esperto – che nei Paesi anglosassoni, dove notoriamente una denuncia falsa può avere, a differenza che in Italia, grosse ripercussioni sia in sede di affidamento della prole che in ambito risarcitorio, la percentuale di false denunce risulta mediamente molto più bassa che da noi, a dimostrazione che leggi e costumi giudiziari possono influenzare notevolmente i comportamenti delle persone».
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: La viołensa e łe małagràsie de łe done a l'omo

Messaggioda Berto » ven mar 09, 2018 5:55 am

Non leggono la perizia e lo condannano: «Orco!»
LA TRAGEDIA DI UN PAPÀ ANNIENTATO DALLA GIUSTIZIA. ORA LA GIUDICE AMMETTE...

SIMONA MUSCO

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Una perizia sconfessata dalla comunità scientifica e prove mai analizzate. Sono questi gli elementi che hanno portato alla revisione del processo per un imprenditore di 45 anni, condannato in via definitiva a sette anni e mezzo con l’accusa infamante di aver abusato della propria figlia. Oggi per l’uomo si terrà la prima udienza del processo di revisione davanti alla Corte d’Appello di Brescia, chiamata a decidere se analizzare o meno le nuove prove che la difesa ha presentato convinta della sua innocenza. Tutto parte dalle dichiarazioni di Claudia Squassoni - presidente del collegio di Cassazione che rigettò il ricorso presentato da quel padre mettendo in cassaforte la condanna -, che durante un convegno all’università Bicocca ha detto, rispondendo alle incongruenze sul caso segnalate da un pediatra: «Se nel ricorso in Cassazione fossero state fatte le eccezioni che ha fatto il dottore, naturalmente avrebbe avuto un risultato diverso». Ma nel fascicolo c’era tutto, contesta l’avvocato Cataldo Intrieri che ha riscritto un’articolata richiesta di revisione del processo, «basata sull’acquisizione di decisive prove scientifiche». Una richiesta accolta a luglio scorso e che contiene, tra le altre cose, la prova che la perizia che ha inchiodato l’uomo in tribunale non era scientificamente credibile.

OGGI LA PRIMA UDIENZA PER LA REVISIONE DEL PROCESSO DAVANTI ALLA CORTE D’APPELLO DI BRESCIA

Il giudice dimentica la perizia che scagiona il “ papà pedofilo”

SIMONA MUSCO

Una perizia sconfessata dalla comunità scientifica e prove mai analizzate. Sono questi gli elementi che hanno portato alla revisione del processo per un imprenditore di 45 anni, condannato in via definitiva a sette anni e mezzo con l’accusa infamante di aver abusato della propria figlia, all’epoca dei fatti di soli due anni. Oggi per l’uomo si terrà la prima udienza del processo di revisione davanti alla Corte d’Appello di Brescia, chiamata a decidere se analizzare o meno le nuove prove che la difesa ha presentato convinta della sua innocenza.

A partire dalle dichiarazioni di Claudia Squassoni presidente del collegio di Cassazione che rigettò il ricorso presentato da quel padre mettendo in cassaforte la condanna -, pronunciate durante un convegno all’università Bicocca il 14 ottobre 2016. Durante quel dibattito, Vittorio Vezzetti, pediatra ed ex consulente del condannato, parlò del caso e delle sue incongruenze, facendo saltare sulla sedia il giudice. «Se nel ricorso in Cassazione fossero state fatte le eccezioni che ha fatto il dottore disse Squassoni -, naturalmente avrebbe avuto un risultato diverso». Ma nel fascicolo c’era tutto. E ora tutto è stato riscritto nell’articolata richiesta di revisione firmata dall’avvocato Cataldo Intrieri, «basata sull’acquisizione di decisive prove scientifiche». Una richiesta accolta a luglio scorso e che contiene, tra le altre cose, la prova che la perizia che ha inchiodato l’uomo in tribunale non era scientificamente credibile. A stabilirlo una sanzione disciplinare inflitta il 26 gennaio 2017 dall’ordine degli psicologi della Lombardia al perito nominato dal tribunale di Como, censurato proprio per il suo lavoro in questo processo. La bambina, che oggi ha 9 anni, non ha infatti confermato nessun elemento dell’accusa durante l’incidente probatorio, definito perciò dal tribunale «deludente ed al di sotto delle aspettative, un insuccesso». I magistrati, dunque, chiedono un’altra perizia. Il nuovo consulente stila una relazione che ruota attorno alla fatidica domanda «dove ti ha fatto male papà?». Ma per l’ordine degli psicologi è inaccettabile, un manuale di tutto ciò che non andrebbe fatto. E dunque punisce il perito, che con quel documento, di fatto, ha accertato un disturbo clinico nella bimba giustificabile con un abuso. Il dottore, nel corso dell’audizione davanti all’ordine, fa un passo indietro, smentisce la sua relazione, ammette di non essere riuscito a effettuare una «intervista cognitiva» della piccola. Impossibile, dunque, dire cosa sia successo tra lei e il padre. E così tenta di sminuire il peso della sua perizia nel processo. Quella stessa perizia, sostiene Intrieri, che ha invece fatto condannare l’uomo.

Ma non solo: i giudici che lo hanno giudicato sono gli stessi del caso Renato Sterio, accusato dalla moglie e dalla suocera e condannato nel 2005 per i presunti abusi sulla figlia di 4 anni. Scontò l’intera condanna prima di una revisione del processo e prima di essere riconosciuto innocente. Una coincidenza strana, per Intrieri: «Molto difficilmente diversi giudici avrebbero assunto le stesse decisioni».

Gli abusi si sarebbero consumati nel 2010, nel periodo in cui i genitori della bambina decidono di separarsi. La situazione è ingarbugliata e conflittuale e i due si contendono l’affidamento della piccola. A luglio 2010 madre e nonna materna riferiscono alcune frasi che sarebbero state pronunciate dalla bimba e che testimonierebbero l’orrore: gli abusi compiuti dal padre utilizzando anche delle torce elettriche, sulle quali, però, non sono mai state eseguite analisi per rintracciare residui biologici. A supportare l’orribile tesi c’è la visita della pediatra di famiglia, che dopo aver «osservato - per sua stessa ammissione - “con un’occhiata” i genitali ne constatava la tumefazione ritenendola “compatibile”» con un abuso. Un esame avvenuto senza alcun criterio scientifico, senza referti né foto e senza nessuna esperienza pregressa del genere. «L’aspetto fondamentale di questa vicenda - spiega Intrieri - è che da un lato c’è la scienza, della quale non si tiene conto, dall’altra i giudici, che decidono di valutare secondo i propri parametri, svalutando il primo perito, che aveva evidenziato l’assenza di segni di trauma, e accogliendo le deduzioni del secondo, poi sconsacrato dal suo stesso ordine, fatto di scienziati. La cosa più drammatica - conclude - è il rifiuto che si possa mettere in dubbio la credibilità della parte offesa, sacrificando le garanzie costituzionali della difesa. Ad essere negata è ogni astratta possibilità di rigettare le accuse, basate su una perizia che crollando smonta tutto. Come se le prove scientifiche, in questo tipo di processi, non contassero nulla».

L’AVVOCATO INTRIERI: «LA COSA DRAMMATICA È IL RIFIUTO DA PARTE DEI GIUDICI CHE SI POSSA METTERE IN DUBBIO LACREDIBILITÀ DELLA PARTE OFFESA, SACRIFICANDO COSÌ LE GARANZIE DI DIFESA»
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Re: La viołensa e łe małagràsie de łe done a l'omo

Messaggioda Berto » lun mar 12, 2018 9:43 am

L'ISTAT RIVELA CHE IL FEMMINICIDIO NON ESISTE
Parlare di femminicidio in tv e sui giornali serve solo a svilire la figura maschile, dipingendola come violenta e pericolosa, con l'intento di andare a intaccare il legame uomo/donna e distruggere dall'interno la famiglia
di Alba Mustela
28/02/2018

http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5042

Il problema del femminicidio, così come ce lo hanno dipinto, non esiste. Esiste l'omicidio, che è un'azione gravissima a prescindere dal fatto che porti alla morte di un uomo oppure di una donna.
Il cosiddetto "femminicidio", che ha meritato pure l'introduzione di un neologismo coniato da Maria Marcela Lagarde, è un fenomeno massmediatico creato ad hoc: si parla con insistenza di un argomento, al fine di far credere alla gente che sia un'urgenza nazionale. E solitamente la gente ci crede. È lo stesso stratagemma utilizzato con le vaccinazioni: bisogna convincere li italiani dell'urgenza di introdurre i vaccini obbligatori? Parliamo a più riprese di persone che contraggono il morbillo o simili...

I REALI CONFINI DEL FENOMENO

Sulle colonne di ProVita abbiamo parlato molto del femminicidio, chiarendo i reali (... numerici!) confini del fenomeno e specificando come il numero degli omicidi riguardasse per circa i due terzi uomini - talvolta anche uccisi da donne, ma il "maschicidio" pare non abbia appeal mediatico... - e come, al tempo stesso, non tutti gli omicidi compiuti nei confronti di donne potessero rientrare nella fattispecie del "femminicidio" compiuto per mano violenta di un partner o ex partner che lo fa per motivi legati al sesso di appartenenza.
Forse per molti, nel fare questo, eravamo degli insensibili visionari, poco inclini alle quote rosa. Eppure in questi giorni sono stati pubblicati i numeri dell'Istat e, ohibò!, avevamo ragione.
Già l'UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime), nell'ambito del Global Study on Omicide, nel 2005 le donne uccide erano state "solo" il 22,3% del totale e, nel complesso, l'Italia è tra le nazioni più sicure per il gentil sesso.
I dati Istat ci dicono che nel 2012 le donne vittime di omicidio erano state il 30,3%; nel 2013 il 35,7%; nel 2014 il 31,1% e nel 2015 il 30,1%. La percentuale, comunque sempre attorno a un terzo del totale, è dunque in calo. Entrando ancora più nel dettaglio, nel 2015 le donne uccise sono state 156.

LE MOTIVAZIONI

Se poi si va a vedere le motivazioni alla base dell'omicidio e chi ne è stato l'autore, si scopre che a poter rientrare nella categoria del femminicidio sono 74 casi. Sono tanti, non dovrebbero assolutamente esserci, ma sono un numero pari al 15% del totale degli omicidi compiuti in Italia nel corso dell'anno 2015. Quindi perché parlare con così tanta insistenza del fenomeno femminicidio?
Quel che si vede è un continuo tentativo di svilire la figura maschile, dipingendola come violenta e pericolosa, con l'intento di andare a intaccare il legame uomo/donna. Divide et impera, come ci insegna la storia da qualche secolo a questa parte. Si crea una società di persone sole, isolate, che non si fidano l'una dell'altra. Una persona singola è maggiormente "manovrabile", consuma di più, ma soprattutto è innocua, non può fare nulla di incisivo.
Di fronte a questo occorre tornare a puntare sulla famiglia, prima e vera comunità educante che aiuta e sostiene i cittadini del domani a diventare veri uomini e vere donne.
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Re: La viołensa e łe małagràsie de łe done a l'omo

Messaggioda Berto » dom lug 28, 2019 5:56 pm

Catanzaro, ex carabiniere Placanica prosciolto dalle accuse di violenza sessuale
Lucio Musolino
2017/10/28

https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/1 ... le/3942074

La violenza sessuale “non sussiste” e per questo Mario Placanica è stato assolto. Lo ha deciso il Tribunale di Catanzaro al termine del processo nei confronti dell’ex carabiniere che sparò e uccise Carlo Giuliani durante il G8 di Genova nel 2001 (fatto per il quale era già stato prosciolto dal tribunale di Genova con una sentenza sul tema condivisa anche dai giudici di Strasburgo). Un processo per il quale Placanica, difeso dagli avvocati Antonio Ludovico e Salvatore Sacco, era stato rinviato a giudizio nel 2012 con l’accusa di aver abusato della figlia minorenne della sua ex convivente. Cinque anni di udienze concluse con una richiesta di assoluzione non solo avanzata dal collegio della difesa ma anche dallo stesso pubblico ministero Deborah Rizza.

L’inchiesta sull’ex carabiniere era partita nel 2008 quando la sua ex compagna Sveva Mancuso ha denunciato gli abusi subiti dalla figlia che, all’epoca, aveva 11 anni. Le violenze, secondo l’accusatrice, sarebbero avvenute nel 2007. Durante il processo, nel quale l’ex compagna e la figlia si sono costituite parti civili, su richiesta degli avvocati di Placanica, i giudici disposero una perizia che accertò la capacità di stare in giudizio dell’ex carabiniere. Che venerdì era in aula quando i giudici sono usciti dalla camera di consiglio e hanno letto la sentenza. Non solo Placanica è stato assolto ma il Tribunale ha trasmesso gli atti di nuovo in Procura per valutare se l’ex compagna e altre due persone abbiano commesso il reato di calunnia denunciando e testimoniando il falso.

“Finalmente torno a casa da innocente”, sono le uniche parole pronunciate prima di lasciare il palazzo di giustizia. “È finito un incubo – hanno detto i difensori di Placanica – durato quasi dieci anni. Abbiamo ottenuto un parziale risarcimento rispetto alle sofferenze e alle accuse infamanti subite dal nostro assistito e che gli hanno causato profonde sofferenze. Ci riserviamo di agire nelle sedi opportune contro gli accusatori di Placanica che da domani forse saranno sul banco degli imputati”. In attesa di conoscere le motivazioni della sentenza, alle parole degli avvocati dell’ex carabiniere, risponde la sua ex convivente Sveva Mancuso. “Intendo procedere – dice la donna – per difendere i miei diritti e quelli di mia figlia nelle dovute sedi, visto che mi ritrovo indagata solo per aver difeso i diritti di mia figlia all’epoca minorenne”.
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