Trump Donald

Re: Trump Donald

Messaggioda Berto » gio ago 25, 2016 3:28 pm

Il generale di Trump: «Non è Putin il nemico ma l’Islam radicale»
La visione del mondo del consigliere del magnate (ingaggiato dalla tv del Cremlino): «L’iran è lo sponsor del terrorismo estremista, l’accordo sul nucleare non va rinnovato»
di Viviana Mazza, inviata a Stoughton (Massachusetts)
25 agosto 2016

http://www.corriere.it/esteri/16_agosto ... 7496.shtml

«Tutti questi leader in Europa e, francamente negli Stati Uniti, che continuano a lamentarsi...», dice il generale Michael Flynn al Corriere. Chi continua a lamentarsi? «Questo deve capirlo lei, non è il mio lavoro. Le dirò che do un voto positivo a Hollande in Francia perché almeno ha riconosciuto, anche se tardi, che c’è un problema e che i francesi devono fare di più. Ma gli altri che cercano di essere politicamente corretti sul terrorismo...». E Renzi? Ha un’idea del suo approccio? «No». È Merkel il problema, perché ha voluto accogliere i rifugiati? «Non lo so — sorride — è un errore?».

Michael Flynn, 56 anni, è un generale in pensione rispettato in America per i suoi 33 anni nell’intelligence militare in Iraq e Afghanistan. È stato il capo della Defense Intelligence Agency dal 2012 al 2014 sotto Obama ed è registrato come democratico. Ma è anche il principale consulente di politica estera di Donald Trump nonché l’unica figura della sicurezza nazionale di alto rango ad appoggiare il candidato repubblicano alla Casa Bianca. Candidato osteggiato da decine di ufficiali e definito da un ex capo della Cia «una minaccia» per l’America. Lo abbiamo incontrato a margine di un comizio in una sinagoga di Stoughton, sobborgo di Boston, a 80 chilometri dal paesino del Rhode Island dove Flynn è cresciuto in una numerosa famiglia militare irlandese. Una trentina di persone pagano 175 dollari per cenare con lui e ricevere il suo libro, Field of Fight (Campo di battaglia) scritto con il neocon Michael Ledeen.

Quando Trump ha ricevuto il primo briefing dell’Fbi, al suo fianco c’era Flynn. Quando Trump ha fatto il suo discorso di politica estera, era forte l’influenza di Flynn. «Sconfiggeremo l’islamismo radicale. E sconfiggeremo lo Stato islamico — ci dice l’ex generale —. Sotto la presidenza Trump, ci sarà una strategia coerente». Il miliardario ha dichiarato in passato che la vittoria sarà «così veloce», ma Flynn non nasconde che sarà una guerra lunga. «Richiederà molto più di 4 anni. Ci sono 20-30mila combattenti in Siria e in Iraq». Mentre Trump ha detto che invierà 30mila soldati Usa contro l’Isis, Flynn non dà numeri né parla di truppe di terra. Difende l’ultima proposta di Trump per «un attento esame» sugli immigrati da Siria, Afghanistan e Iraq, ma rifiuta di ammettere che il suo candidato in passato ha detto di voler bandire i musulmani.

Il fulcro della politica estera di Flynn è che i veri nemici dell’America oggi sono il radicalismo islamico e l’Iran. Con la Russia tutto sommato si può dialogare. «Davanti all’ascesa del radicalismo islamico, penso che dovremmo avere un dialogo diverso con Mosca e possibilmente affrontare la sfida insieme. Credo che la Russia, per via del suo rapporto privilegiato con l’Iran, possa portare quest’ultimo a ritirarsi dalle guerre per procura in cui è coinvolto in Medio Oriente. La Russia è in marcia, e gli Stati Uniti con l’attuale leadership hanno fallito nel tenere il passo. Dobbiamo essere duri in modo diverso, dobbiamo dialogare con loro. Non significa diventare migliori amici ma avere interessi in comune».

Secondo il Washington Post, vecchi colleghi incluso il generale McChrystal hanno consigliato a Flynn di moderarsi dopo le accuse a Obama di essere un bugiardo e a Hillary di meritare il carcere. Dubbi etici sono stati sollevati su un suo viaggio a Mosca ad una festa della tv Russia Today dove sedeva vicino a Putin ed è stato pagato per tenere un discorso. «Vengo pagato per i discorsi e per molte cose — si difende —. La gente mi critica perché parlo chiaro ma non mi scuserò, perché ci credo. Sono molto egoista quando si parla degli Stati Uniti d’America, e credo che stiamo andando nella direzione sbagliata».

Per Flynn, tra gli errori più grandi di Obama c’è l’accordo nucleare con l’Iran, «Paese sponsor del terrorismo islamico: non raccomanderò al prossimo presidente di rinnovarlo». Altro errore: leader arabi come Al Sisi in Egitto non sono stati appoggiati abbastanza. I diritti umani? Regeni? «Perché lo cita? Vuol dire che è colpa sua? Al Sisi è una scelta realista: dobbiamo lavorare con i leader arabi pronti ad affrontare l’islam radicale. Al Sisi almeno ha il fegato di parlarne apertamente contro. I leader in Europa se non hanno il fegato di dirlo, non sono dei leader».
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Re: Trump Donald

Messaggioda Berto » dom set 18, 2016 8:36 am

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Re: Trump Donald

Messaggioda Berto » dom set 18, 2016 7:56 pm

Bombe a New York, le reazioni di Trump e Clinton
Il repubblicano: "Una cosa terribile, metteremo fine a tutto questo". La democratica invita alla calma: "Bisogna capire i moventi di queste persone, chi si cela dietro questi incidenti"
Raffaello Binelli - Dom, 18/09/2016

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/bom ... 08023.html

Dopo l'esplosione di Manhattan, a poche settimane dal voto che deciderà il prossimo inquilino della Casa Bianca, la paura torna a dominare la scena.

Inevitabili le ripercussioni sulla politica. Le reazioni dei due candidati alla presidenza sono state immediate. "E' una cosa terribile quella che sta succedendo nel nostro mondo, quello che sta avvenendo nel nostro Paese - ha detto Donald Trump nella notte, appena appresa la notizia - , dobbiamo essere tenaci, intelligenti e vigili. Metteremo fine a tutto questo".

"Prima di giudicare dovremo capire meglio cosa è successo - ha detto Hillary Clinton - avere informazioni precise, capire i moventi di queste persone, capire chi si cela dietro questi incidenti. Dobbiamo essere vicini alle vittime. C'è una indagine in corso, siamo in contatto con diversi funzionari della polizia e vedremo cosa ci diranno. Potremo dire di più quando conosceremo i fatti. Credo sia importante conoscere i fatti prima di tutto, soprattutto quando ci sono incidenti come questo". Quando le hanno chiesto un commento sulla reazione (molto più accesa) di Trump, di fronte ai fatti di New York, la candidata democratica ha risposto in qusto modo: "Credo che sia sempre più saggio aspettare fino a quando non si hanno informazioni precise e dettagliate, siamo appena all'inizio delle indagini".

Per ora il presidente Barack Obama, costantemente informato sui fatti, non ha ancora parlato.

Si trovava a Washington al momento dell'esplosione e stava partecipando a una cena, durante la quale "è stato informato dell'esplosione. L’esplosione è avvenuta alla vigilia del suo arrivo nella Grande Mela per l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
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Re: Trump Donald

Messaggioda Berto » lun ott 03, 2016 10:12 pm

Un plico nella posta del Times: il mistero sulle tasse di Trump
Chi ha consegnato quelle carte che cercavano? Il mistero di un metodo "antico"
Lucio Di Marzo - Lun, 03/10/2016

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/pli ... 13729.html

Un plico spesso, consegnato nella casella postale in redazione. Un metodo "antico", in fondo inusuale per il giornalismo di questi tempi, ha portato il New York Times, e la sua cronista Susanne Craig, a svelare un mistero sulla dichiarazione dei redditi di Donald Trump di cui i reporter di diverse testate erano a caccia da tempo.

È la stessa giornalista del quotidiano newyorchese a parlarne, in un articolo pubblicato nella sezione Insider, che racconta i meccanismi interni alla macchina del Times, soprattutto per le storie più importanti che finiscono in pagina.

"I miei colleghi si prendono gioco di me per la mia devozione alla mia casella postale", scrive la cronista della sezione metropolitana, che se ammette un amore un po' esagerato per quel sistema di fatto consunto, spiega che proprio lì ha trovato - il 23 settembre - i documenti che hanno consentito al Times di fare luce su una vecchia dichiarazione dei redditi, quella del 1995, anno in cui il suo impero economico aveva dovuto affrontare perdite non indifferenti.

Sono state quelle carte a svelare un rosso da 916 milioni di dollari, dovuto alla mala gestione dei suoi casino di Atlantic City e a uno sfortunato esordio nel mondo delle compagnie aeree, ma anche probabilmente all'acquisto del Plaza di Manhattan.

Un rosso che aveva azzerato i contribuiti fiscali dovuti dal miliardario allo Stato federale, in uno stratagemma - tuttavia legale - per eludere il fisco, potenzialmente anche negli anni successivi, anche se su questo punto il mistero resto.

Mistero che va necessariamente a legarsi al secondo punto poco chiaro in questa questione: chi ha inviato al Times quei documenti? Perché se la conclusione del quotidiano, che per 18 anni Trump potrebbe avere eluso le tasse, è ancora da provare con certezza, la notizia avrà comunque avere un peso nella lotta per le elezioni presidenziali, che si rivelasse del tutto fondata o solo in parte.

Fosse riuscito davvero a non pagare le tasse per 18 anni, hanno commentato nel frattempo due advisor della sua campagna, Trump sarebbe un "genio". "Questa - ha detto Chris Christie a Fox News - in realtà per lui è una storia molto, molto positiva".
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Re: Trump Donald

Messaggioda Berto » lun ott 10, 2016 7:45 am

La sorpresa pre-dibattito del candidato repubblicano: 4 donne accusano Bill e Hillary Lei difende il pluralismo Usa, ma lui riesce a spostare l’attenzione dagli scandali
di Viviana Mazza

http://www.corriere.it/esteri/16_ottobr ... 99eb.shtml

Quello della scorsa notte a St. Louis, in Missouri, è stato un dibattito «cattivo», pieno di colpi bassi e con pochi contenuti veri. Trump è stato abile nel contrattaccare sugli scandali (dal suo ultimo video sessista alle email della rivale): a chi credeva che un fuorionda del 2005 potesse distruggere ogni sua chance per la presidenza ha dimostrato di essere un esperto nell’arte del «comeback», del ritorno clamoroso in scena. Clinton ha vinto di nuovo sui contenuti veri, ma stavolta in modo meno brillante rispetto al suo primo dibattito.

L’effetto sorpresa

Tutto è iniziato ancor prima del dibattito, con una mossa a sorpresa di Trump. «Bill Clinton mi ha stuprata, Hillary Clinton mi ha minacciata», ha detto Juanita Broaddrick in una conferenza stampa organizzata dal candidato repubblicano un’ora prima del «duello». Al suo fianco c’erano altre due donne — Paula Jones e Kathleen Willey — che hanno dichiarato l’ex presidente responsabile in passato di abusi sessuali nei loro confronti, mentre una quarta accusatrice — Kathy Shelton — che aveva 12 anni quando fu violentata in Arkansas nel 1975 ha ricordato che Hillary Clinton era l’avvocato difensore dello stupratore 41enne. Poco dopo, i due candidati sono entrati nella sala del dibattito, dove non si sono nemmeno stretti la mano prima di iniziare a rispondere alle domande. Il regolamento prevedeva che fossero i cittadini a porre i quesiti (e così è stato), ma i moderatori sono stati molto più attivi del previsto nei follow-up e anche nel proporre nuovi temi. Trump li ha accusati di lasciare più tempo alla rivale, di non farle le domande giuste, di interrompere sempre lui. In realtà, Martha Raddatz e Anderson Cooper hanno sollevato temi «sensibili» e critici per entrambi i candidati.

Lo scandalo del video «sessista» del 2005

Si partiva dal fuorionda del 2005 che nel weekend ha fatto scandalo per le dichiarazioni misogine e volgari di Trump. Era il momento che Hillary Clinton aspettava: ha scelto di attaccarlo non solo a nome delle donne, ma di tutti gli americani da lui offesi (inclusi gli immigrati, gli ispanici, le persone disabili). Non è riuscita però a infliggergli il colpo del KO. La conferenza stampa pre-dibattito organizzata a sorpresa dal rivale, spostando l’attenzione sull’ex presidente, è sembrato innervosirla. Ha tentato di essere «superiore», come «consigliato da Michelle Obama» ma cambiare discorso non è sempre una mossa efficace.

Trump è riuscito a salvarsi. Ha sminuito i contenuti del fuorionda dicendo che si tratta solo di «discorsi tra uomini». Ha riconosciuto di «non esserne fiero», ma ha sostenuto che non è ciò che conta per gli elettori in un’era in cui «hai l’Isis, guerre terribili e massacri nel mondo». Risposta imbarazzata e insoddisfacente. Ma il suo più grande successo è stato quello di trasformare lo scandalo che sembrava destinato a distruggere ogni sua chance di diventare presidente in uno dei tanti temi del lungo dibattito. È passato al contrattacco, giocando sull’effetto sorpresa, provocando la candidata sui suoi punti deboli e scandali. Dopotutto sull’arte del «comeback» ha scritto libri e costruito la sua fortuna.

Le email di Hillary

Trump è stato abile nel portare il discorso sulle accuse per le email «scomparse» e «cancellate» quando Hillary Clinton era segretario di Stato. Ha promesso un’inchiesta, se eletto presidente, e ha accusato i repubblicani che siedono al Congresso per non aver fatto di più: proprio quello che chiede la «base» del partito, che affolla i suoi comizi, frustrata con l’establishment. Il pubblico è scoppiato in un applauso quando Trump ha dichiarato che Clinton dovrebbe essere in galera. Ma la mossa di minacciare la rivale è senza precedenti e decisamente non «presidenziale». La candidata democratica si è ritrovata sulle difensive. La scelta di gestire le email in un server privato quand’era segretario di Stato è uno dei temi su cui è più vulnerabile: ha negato che ci sia alcuna prova che le sue mail siano state oggetto di attacchi hacker di potenze straniere ma il New York Times l’ha corretta («Affermazione ingannevole»). Se la strategia di Donald era quella di provocarla, lei pareva determinata a cercare in ogni modo di non lasciarglielo fare e a mantenere una comunicazione con il pubblico, evitando che tutto si riducesse a un battibecco con lui.

Assistenza sanitaria

La seconda domanda di uno dei cittadini in sala riguarda «Obamacare», la riforma sanitaria di Obama, che Trump ha attaccato: «Dobbiamo cancellarla e sostituirla con qualcosa di poco costoso e che funziona». «Tenere i costi bassi ed estendere l’assistenza sanitaria» invece sono le priorità di Hillary, una risposta argomentata, più di quella di Donald, ma dati i problemi del sistema in questo momento resta da vedere quanti ne saranno persuasi. Non è riuscita, soprattutto, a citare storie di persone in carne e ossa influenzate positivamente dalla riforma.

I musulmani, l’immigrazione, la sicurezza

La terza domanda è giunta da una cittadina musulmana, e riguarda il problema dell’islamofobia. Trump ha risposto a lei, ma anche (e forse soprattutto) al pubblico a casa, spiegando che c’è un problema e i musulmani devono essere più disposti a denunciare i «terroristi islamici». Ha accusato Hillary e Obama di non avere il coraggio di pronunciarne il nome. Clinton ha definito «di vedute ristrette e pericoloso» il razzismo del rivale, se davvero si vogliono includere i musulmani americani e le nazioni del Medio Oriente nella lotta contro «gli estremisti violenti e jihadisti». Ha sottolineato: «Non siamo in guerra con l’Islam». Alla domanda della moderatrice se il bando sull’ingresso dei musulmani nel Paese, Trump ha cercato di cambiare discorso difendendo a sorpresa il veterano musulmano Hymayun Khan del quale mesi fa aveva criticato i familiari, ma costretto a rispondere ha replicato che «un attento esame» degli immigrati è necessario contro il terrorismo.

Wikileaks, poi le tasse

Difficile per Hillary la domanda su Wikileaks le cui rivelazioni mostrano che ha detto che è importante per i politici avere posizioni private e pubbliche diverse sulle questioni in gioco. Ma il suo rivale non ha saputo usare la questione per attaccarla in modo efficace. Difficile per Trump l’argomento delle tasse, dato che non ha pubblicato la dichiarazione dei redditi. Ha per la prima volta ammesso che, come rivelato dal New York Times, grazie ad una perdita di oltre 900 milioni ha evitato di pagarle per anni ma poi ha comunque promesso che cambierà la legge anche se questo lo danneggerà. Ha accusato Clinton di non averlo fatto quando era senatrice perché anche «i suoi amici» approfittano delle debolezze del sistema per pagare di meno. Clinton ha replicato che lui taglierà le tasse per i ricchi e le corporation, ma non per i cittadini comuni.

La guerra in Siria

Una domanda sulla Siria e la politica di Obama ha messo in difficoltà Hillary, poiché non era d’accordo con la visione del presidente, ma non può contraddirlo apertamente. «Armare i curdi», è una risposta trita e ritrita. Trump invece ha sorpreso tutti i commentatori dicendo di non essere d’accordo — anzi di non aver nemmeno parlato — con Mike Pence, il suo vice, sulla strategia per la Siria (Pence aveva detto di voler colpire Assad e criticato Putin). Trump ha chiarito invece che la priorità è distruggere l’Isis e in questo momento Assad, la Russia e l’Iran stanno colpendo l’Isis.

Unire o dividere il Paese

Solo a dieci minuti dalla fine, Hillary Clinton ha chiamato in causa la prima storia personale di un bambino, figlio di immigrati etiopi, che le ha chiesto se Trump lo rimanderebbe in Etiopia. Ma i commentatori l’hanno portata sulle affermazioni sui sostenitori di Trump che lei in passato ha definito «deplorevoli». «Mi dispiace per aver parlato così — si è scusata la candidata democratica — perché in realtà non ce l’ho con i suoi sostenitori ma con lui, per la campagna piena d’odio che ha condotto».. «Abbiamo un paese diviso», ha ribattuto Trump. «Credetemi, lei ha un grande odio nel cuore, ha usato la parola deplorevoli e ha detto di peggio: che non possono dirimersi».

Sulle nomine dei giudici della Corte suprema (argomento importante per molti elettori), Clinton ha spiegato che sceglierà persone con esperienza che limitino l’influenza incontrollata del denaro delle corporation sulle elezioni, che difendano il diritto all’aborto e al matrimonio (anche gay) e ha aggiunto che crede nel secondo emendamento (il diritto alle armi) - su cui il suo rivale ha concentrato la sua risposta — ma ha sottolineato: «Dobbiamo avere più controlli sulle armi». L’ultima domanda di un cittadino in sala — che chiede se ci sia qualcosa che Clinton e Trump rispettano l’uno dell’altra, la candidata democratica ha replicato: «Rispetto i suoi figli, capaci e devoti e non sono d’accordo con nient’altro di quel che dice ma questo lo rispetto. Come madre e nonna è importante per me», ma ha ricordato che quel che è in ballo in questa elezione è cruciale. Le ha fatto il complimento migliore. «Non molla, è una combattente, anche se non sono d’accordo con quello per cui lotta e i suoi criteri di giudizio credo che questa sia un’ottima dote».
10 ottobre 2016
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Re: Trump Donald

Messaggioda Berto » mar ott 18, 2016 9:47 pm

???


TRUMP VINCE. ECCO PERCHE’ SARA’ GUERRA
Maurizio Blondet 18 ottobre 2016

http://www.maurizioblondet.it/trump-vin ... ara-guerra


In modo sempre più incalzante, Donald Trump concentra la sua oratoria sul tema: le elezioni saranno truccate (rigged).

Una parte notevole dell’opinione pubblica americana ormai sa – dai blog alternativi – che Smartmatic, la ditta che fornisce le macchine per votare a 16 stati della federazione, è posseduta da un agente operativo di Soros, il britannico (e Lord) Mark Malloch-Brown.

https://www.linkedin.com/pulse/smartmat ... -cj-wilson

Elezioni truccate, ma non basterà

Un sondaggio di Politico/Morning Consult Poll ha confermato che il 41 per cento dei cittadini che si sono registrati per votare dichiara che le elezioni possono essere “rubate”. Fra i cittadini repubblicani, la percentuale sale al 73%.

Ma una cosa importante è accaduta: Donald Trump, in quest’accusa, non può essere più dipinto come un isolato folle che vede fantasmi . Pezzi molto grossi del partito repubblicano – un partito che per la sua campagna non ha stanziato nemmeno un dollaro, in una ostentata manifestazione di ostilità – hanno denunciato i brogli e le distorsioni mediatiche della campagna.


Uno è stato Newt Gingrich. Dirigente nazionale del partito, speaker della Camera bassa durante la presidenza di Bill Clinton, già vicino ai neocon che poi ha abbandonato accusandoli della dissennata politica di destabilizzazione in Medio Oriente, pelo sullo stomaco quanto basta, qualche scappatella sessuale che ha fatto sì che il partito gli chiedesse di dimettersi, inopinatamente si è convertito al cattolicesimo nel 2009 (è uno dei conservative converts), oggi tutti gli riconoscono la saggezza del politico sperimentato, che le ha viste tutte ed è fuori dalla politica attiva.

Ebbene: qualche sera fa, intervistato dal presentatrice Martha Raddatz della ABC News, alla donna che prendeva in giro l’idea fissa di Trump sui brogli possibili, Gingrich ha lasciato basita la presentatrice:

“Quello che accade oggi in Usa è un colpo di stato in corso”, ha scandito. “Se i media lavorassero normalmente, Trump avrebbe 15 punti di vantaggio e vincerebbe a valanga”. Aggiungendo: “Trump è la sola figura nella politica americana contemporanea, che ha attaccato frontalmente questo meccanismo corrotto e colluso”.

L’altro è Rudolph Giuliani, il duro e discutibile sindaco di New York quando avvenne l’11 Settembre, tutt’altro che una mammola.

Ebbene: alla CNN ha sibilato: “se mi volete far dire che le elezioni a Chicago e Philadelphia saranno limpide, sarei un idiota”. I democratici, ha spiegato, “portano pullman di persone da un seggio elettorale all’altro dove votano quattro, cinque, sei, sette otto, nove volte…Lasciano gente morta negli elenchi, e poi pagano delle persone per votare al posto di questi morti quattro, cinque, sei, sette…..nove volte. I morti generalmente votano per i Democratici”. Una precisa accusa alla amministrazione Obama.

Come abbiamo già spiegato, in 19 Stati (dove abita il 38% della popolazione) non è richiesto un documento d’identità con foto per votare. Ma se ben ricordo (potrei sbagliare) mai prima l’assurdo, disonesto sistema elettorale è stato così denunciato da personaggi politici di questo livello, che sanno benissimo come funziona, e ne hanno pure approfittato loro. Se lo fanno adesso, vuol dire che la dimensione dei brogli messa in atto dai democratici per far vincere Hillary è scandalosa (“un colpo di stato in marcia”), ma anche per un motivo, credo, più profondo.

Un cambiamento epocale dell’opinione pubblica americana. “Questa elezione non è solo su Donald Trump. E’ sullo scontento verso la nostra democrazia, e come gli risponderemo…chiunque vinca avrà a che fare con questo scontento”: così Stephen Hadley, che è stato, ricordiamolo, un consigliere di sicurezza nazionale di Dubya Bush. E precisa il motivo di questo scontento: “La globalizzazione è stata un errore”, e “le classi dirigenti hanno portato ciecamente gli Usa in pericolo”. Invece del benessere, la deindustrializzazione , il degrado della classe media, i trilioni (migliaia dimiliardi) spesi nelle guerre lontane, mentre il 62% degli americani non hanno in banca nemmeno mille dollari, e 35% hanno debiti non pagati da sei mesi; e la mancanza di crescita economica reale, ormai da un decennio.

Tutto ciò ha minato la – come definirla? – lealtà dell’americano verso il sistema. E’ una lealtà che ho avuto modo di constatare dopo l’11 Settembre: allora quando mi capitava di dire a un americano che a fare l’attentato erano stati “loro”, il Pentagono, l’Amministrazione Bush, i neocon, me ne facevo un nemico.

La reazione era di revulsione eccessiva: non volevano ascoltare. Non perché non credessero, ma proprio perché temevano fosse vero – io credo. Agiva in loro, fortissima, la Civic Religion americana, la credenza religiosa nella grandiosità e impeccabilità delle istituzioni. Non erano pronti a riconoscere che la democrazia americana, la “città luminosa sulla collina”, la “più grande democrazia”, la “nazione favorita” da Dio, l’Impero del Bene – era in realtà uno stato criminale, capace di massacrare i suoi stessi cittadini per fare guerre sotto falsi pretesti.

Oggi, invece, almeno 44 americani su cento sono sono pronti a riconoscere: sì, siamo governati da criminali, corrotti fino al midollo. Quando Trump proclama che Hillary dovrebbe essere in galera, parla a questo cuore profondo della nazione che si sente tradita nella sua relazione civile: e questa parte della nazione lo applaude. E’ uno spirito di rivolta o di rivoluzione, che l’Establishment sente di non saper manipolare.
Sentono il cappio al collo

Questo spiega il panico paranoico, e il terrore, che ha suscitato Trump in quei precisi circoli: il terrore di gente che sa di rischiare non il posto di potere ben pagato, ma il nodo scorsoio per i suoi delitti atroci e l’alto tradimento, a cominciare dall’11 Settembre. Una presidenza Trump “può significare la fine dell’Occidente come lo conosciamo”, ha strillato Anne Applebaum, columnist ebreo-polacca del Washington Post, custode orwelliana del verbo neocon nel grande quotidiano: “la fine della NATO, la fine dell’Unione Europea, forse la fine dell’ordine liberista occidentale”, ossia della globalizzazione dei commerci: vi si riconosce il tono spaventato di chi sente il nodo scorsoio al collo.

Per questo i media sono così monoliticamente, con una foga paranoica e persino ridicola, schierati con la Clinton, sopprimendo informazioni per gli elettori. Non possono permettere che l’opinione pubblica sia messa al corrente di email come la seguente, spifferata da Wikileaks:

[Qatar] would like to see WJC [William Jefferson Clinton] ‘for five minutes’ in NYC, to present $1 million check that Qatar promised for WJC’s birthday in 2011.”

— Ami Desai, director of foreign policy for the Clinton Foundation, wrote in a 2012 e-mail.

Traduzione-esplicazione del testo telegrafico: “Il Katar vuol vedere Bill Clinton ‘per cinque minuti’ a New York, per omaggiarlo dell’assegno di 1 milione di dollari che il Katar aveva promesso per il compleanno di Bill Clinton”: l’ha scritta Ami Desai, direttore della politica estera per la Fondazione Clinton, in una mail del 2012. Allora Hillary era ministra degli esteri. A che scopo il Katar omaggiava il marito con un milione di dollari, se non per storcere la potenza americana a proprio favore, grazie all’influenza della coppia?

Il punto è che questa e le altre mail incriminanti – ciascuna vale un processo per alto tradimento – sono state pubblicate. Dal New York Post, e dai blog alternativi. Hanno “bucato” ormai il muro dell’omertà mediatica…
L’errore di Obama, per terrore

Dev’essere stato il terrore a far commettere ad Obama un errore fondamentale nel campo mediatico: egli ha alluso (senza nominarlo) a Alex Jones e agli attacchi che costui ha rivolto al presidente e alla Clinton. “Ha detto che io e Hillay siamo demoni. Sentite odore di zolfo? Andiamo, ragazzi…”.

E’ un’uscita che il New York Times ha disapprovato: così, il presidente “ha legittimato”, e ha riconosciuto l’esistenza, di una non-persona, un complottista che per comune accordo media e politici avevano concordato di non parlare mai, di lasciar ammuffire nel silenzio.


E’ una tecnica che il vostro redattore-complottista ha subito in proprio. Alex Jones, come complottista, è più veemente che preciso. Ma il New York Times rivela che la non-persona non ufficialmente esistente è una potenza mediatica: “L’Alex Jones Show è ritrasmesso da 160 stazioni radio, ma la sua influenza è forse ancor più forte su internet”, lamenta il grande giornale: “Oltre 1,6 milioni di persone han sottoscritto il suo canale su YouTube,in cui i suoi video sono stati guardati un miliardo di volte dal 2008. Un altro 1,2 milioni di persone hanno dato il ‘like’ alla sua pagina Facebook e oltre 470 mila lo seguono su Twitter (..) Il presidente Obama può ridere delle vulcaniche farneticazioni di mr. Jones, ma molta gente non ne ride. Egli è una figura conservatrice influente, anche se di frangia, le cui trasmissioni radio, video e i siti web forniscono teorie del complotto d un pubblico di milioni”.

Milioni che il New York Times nemmeno si sogna, tra parentesi.

Dunque Obama ha commesso un “errore di comunicazione” grave nel ‘sistema di comunicazione’ corrotto dalle censure e dai silenzi collusivi dei media ufficiali col Sistema; ha suscitato a vita mediatica un avversario che i media s’erano accordati ad affondare nella clandestinità, semplicemente non rispondendo alle sue accuse e informazioni perché “complottiste”. Inutile dire che Donald Trump è stato spessissimo ospite di Alex Jones.
Mettono Mosca spalle al muro ( L’han già fatto con Tokio).

Mai e poi mai questi lasceranno entrare Trump alla Casa Bianca: temono per il proprio collo, sanno che rischiano un processo di Norimberga 2.0 . E non bastando nemmeno i brogli e la manipolazione dei “grandi elettori” pro Hillary (Giuliani ha detto: “Se non viene eletto, sarà un bagno di sangue”) , la guerra alla Russia pare a loro la via d’uscita possibile. Sanno che la potenza Usa, enormemente superiore, può vincere una guerra totale, mentre sta perdendo la guerra parziale in Medio Oriente.

Attenzione alla escalation degli atti di ostilità bellica – ultimi, il conto bancario di Russia Today (la tv che trasmette in inglese, estremamente pericolosa per lorsignori) nella Royal Bank of Scotland; il taglio dell’accesso internet a Julian Assange nell’ambasciata dell’Equador (di cui s’è sparsa la notizia della morte) per ordine degli Stati Uniti, che ha minacciato l’Equador di “gravi conseguenze” altrimenti; e i movimenti di terroristi pagati dagli occidentali sia da Dabiq in Siria (dove sono evacuati senza colpo ferire) e presto da Mossul per concentrarli a rinforzare le forze anti-Assad in Siria. Aggiungiamoci pure il concentramento di forze NATO ai confini baltici della Russia.

Sono tutti atti di gravità crescente e irreversibile. Mirano a rendere impossibile ogni de-escalation – essendo comunque la de-escalation di tali tensioni il compito più difficile per ogni diplomazia – onde mettere la Russia con le spalle al muro. E’ una tecnica storica, che gli Stati Uniti hanno sperimentato più volte contro stati che intendevano incenerire. Il Giappone imperiale, oggi lo sappiamo, offri segretamente a Roosevelt di uscire dall’Asse se gli Usa alleviavano le sanzioni (vedi nota 1) , specie le petrolifere. Roosevelt rispose bloccando i conti giapponesi in Usa, come oggi la Gran Bretagna ha fatto alla RT. Il Giappone restava con sei mesi di carburante: i militari convinsero l’imperatore che non restava altra speranza che un colpo di mano.

Obama farà lo stesso. Potrà proclamare che le elezioni di novembre sono state falsate dagli “hacker di Putin”, adesso nemici bellici, ed annullarle – instaurando le stato di emergenza con la dittatura di fatto della legge marziale. La satanizzazione mediatica di Putin è ovviamente parte della strategia.

Come partecipano i nostri media
“Le cupole di Putin oscurano la Tour Eiffel”
E' colpa di Putin

Alla satanizzazione, i media italiani danno un contributo non so se più ridicolo o pietoso: ma hanno ricevuto ordini.

Repubblica ha dato notizia dell’inaugurazione del centro ortodosso con cattedrale a Parigi, in cui Putin non verrà. Titolo: “Parigi. Le cupole di Putin oscurano la vista della Tour Eiffel”. Autrice Anais Ginori. Ebrea. Poveretta.

Ma ha superato tutti su La Stampa, il giornalista Quirico. In un articolo dove ha parlato dell’IS che si rivende i tesori archeologici siriani nei mercati occidentali. Glieli porta a Gioia Tauro la mafia cinese, glieli prende in consegna la ‘ndrangheta – ma tutto il traffico è “diretto dai servizi russi, eredi del Kgb”. Chi glielo ha detto, a Quirico? “Due consulenti internazionali in materia di sicurezza, Shawn Winter, militare proveniente dalle forze armate degli Stati Uniti e l’italiano Mario Scaramella”:

http://www.lastampa.it/2016/10/16/ester ... agina.html

Mario Scaramella!? Il faccendiere, disinformatore e contapalle a pagamento italiano che si impicciò nella vicenda Litvinienko (la spia uccisa dal Polonio a Londra nel 2006) facendo fesso Paolo Guzzanti, il papà dei due comici, che Berlusconi aveva fatto votare e messo incautamente a capo della Commissione Mitrokhin? Andatevi a legge su Scaramella Wikipedia, ché io non ho tempo da perdere a spiegarvi chi è. E il “giornalista Quirico” lo prende come testimone credibile? Giusto per poter scrivere un articolo dove ventila una complicità fra Daesh e Putin? Senza altre prove che quelle di Scaramella? Ma poveretto, poveretto. E non risulta nemmeno ebreo, il Quirico. Poveretto, che duri padroni hai.

NOTA

1 Ora dovrebbe essere chiarissimo qual è il vero scopo politico della globalizzazione, della demonizzazione dell’autarchia e dell’interdipendenza economica fra gli stati: le sanzioni. La potenza egemone della globalizzazione impone il divieto di scambi allo stato che prende di mira come nemico, e tutti i vassalli obbediscono; lo stato colpito, non avendo una produzione autarchica, deve cedere o morire Nel ’35, quando le sanzioni furono imposte all’Italia, gli Usa non vi aderirono e continuarono a venderci carburanti. I tempi non erano maturi.
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Re: Trump Donald

Messaggioda Berto » mer ott 26, 2016 8:56 pm

Il Programma Di Trump (Che Vi Hanno Nascosto)
ottobre 25, 2016

http://mondolibero.org/2016/10/programm ... i-nascosto

Vi hanno informato di come insulta le donne, i messicani, gli immigrati – e i giornalisti. Conoscete le signore che ha palpato 35 anni orsono. Ma del suo programma politico non vi hanno detto niente. Anzi, vi han fatto credere che un pagliaccio come quello non ha alcun programma. Ecco i punti che Donald Trump ha delineato nel suo recente discorso a Gettysburg, che Newt Gingrich ha definito “il più importante discorso politico della storia recente americana”.

1 Metterà un termine (ciò richiede un emendamento costituzionale) al numero di volte in cui un parlamentare può essere rieletto: l’assenza di tale limite ha reso il Senato Usa una casta di inamovibili. John McCain per esempio è senatore ininterrottamente da 16 anni, e prima è stato parlamentare dal 1983 al 2000. Quarant’anni sulla scena politica.

2 – Blocco delle assunzioni di dei dipendenti federali (tranne forze armate, sanità pubblica e polizia) allo scopo di ridurne il numero per attrizione.

3- Istituire un divieto di cinque anni per i dipendenti della Casa Bianca e del Congresso che lasciano il servizio, prima che possano impiegarsi come lobbisti. Il divieto sarà a vita per i dirigenti della Casa Bianca che fanno lobby per uno stato estero.

4 – Vietare ai lobbisti esteri di dare fondi per le elezioni americane.

5 – Rinegoziare il trattato commerciale NAFTA, o ritirarsene..

6 – Annunciare il ritiro dal Trans-Pacific Partnership (zona commerciale di cui fanno parte 12 paes i: Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Nuova Zelanda, Perù, Singapore, Stati Uniti, Vietnam).

7 – Dare al Segretario al Tesoro le direttive per accusare la Cina di manipolare la sua valuta (esportando di fatto sottocosto). Direttive al Segretario al Tesoro e allo US Trade Representative di identificare tutti gli abusi delle nazioni estere esportatrici che si traducono in un danno ingiusto ai lavoratori americani, e perché mettano fine immediatamente a tali abusi.

8 – Togliere tutte le restrizioni (volute dagli ecologisti) che limitano l’estrazione delle riserve energetiche americane; dare il via ai progetti infrastrutturali come l’oleodotto Keystone (dall’Alberta, Canada, al Texas), bloccato da Obama per motivi ambientalisti.

9 – Cancellare i miliardi dati all’ONU per far avanzare i programmi di cambiamento climatico, e dirigere quei fondi a rammodernare la rete idrica e le strutture ambientali dell’America.

10 – Abolire tutti gli atti esecutivi incostituzionali emanati dalla presidenza Obama.

11 – Iniziare le procedure per sostituire il giudice della corte suprema Antoni Scalia (cattolico, conservatore, bestia nera dei LGBT), da poco defunto: Trump ha dichiarato di avere “una sua lista di venti giudici che difenderanno la Costituzione”.

12 – Cancellare ogni finanziamento federale alle “Città Santuario” (Sanctuary Cities): sono una dozzina di grandi città (New York, Chicago, San Francisco) dove il Comune, progressista, vieta alle sue polizie locali di collaborare con le autorità federali di repressione dell’immigrazione clandestina, per esempio non richiedendo mai i documenti ad un individuo per accertarne lo stato di immigrante illegale.

13 – Cominciare l’espulsione dei due milioni di immigrati illegali che hanno commesso reati; cancellare i visti d’entrata in Usa agli stati esteri che non si riprendono indietro questi immigrati; sospendere l’immigrazione da aree del mondo dove pullula il terrorismo, e dove la selezione non può avvenire con sicurezza.

14 – Lavorare col Congresso ad una Legge di Alleviamento e Semplificazione Fiscale per la Classe Media: un piano ecnomico di forti riduzioni e semplificazioni fiscali specificamente destinato alle classi medie. Una famiglia di classe media con due figli avrà un taglio fiscale del35%. Il numero di scaglioni fiscali sarà ridotto dagli attuali 7 a 3. L’aliquota per le imprese, ridotta dal 35 al 15 per cento. Le migliaia di miliardi che le multinazionali americane hanno all’estero, saranno rimpatriati con una tassazione del 10%.

15 – Lavorare col Congresso per cancellare lo Offshoring Act, la legge che facilita le aziende a delocalizzare la produzione all’estero (licenziando i lavoratori americani) e importare i loro prodotti esenti da tasse. Anzi, imporre tariffe che scoraggino questi metodi.

16 – Lavorare col Congresso per una Legge sulle Infrastrutture che, attraverso partnership pubblico-private, e incentivi fiscali ai privati, mobiliti mille miliardi di dollari in 10 anni per la riparazione delle infrastrutture (oggi del tutto trascurate) del paese. Sarà “revenue neutral”, lo Stato non preleverà imposte da questo programma.

17 – Lavorare col Congresso ad una legge scolastica che ridiriga i fondi per la pubblica istruzione alle scopo di restituire ai genitori la scelta in quali scuole mandare i propri figli. Dare la supervisione delle scuole alle comunità locali. Espandere la istruzione tecnica. Rendere il college (2- 4 anni) più abbordabile.

18 – Lavorare col Congresso all’abolizione totale dello Obamacare (la “riforma della previdenza sanitaria” di Obama, rivelatasi disastrosa) e sostituirla con Conti di Risparmio Sanitari, la possibilità di scegliere assicurazioni sanitarie al di fuori del proprio Stato, e dare agli Stati il compito di gestire i fondi Medicaid. Snellire la FDA.

19 – Lavorare col Congresso ad una Legge per cure mediche sostenibili per Bambini e anziani. Permettere di dedurre le spese sanitarie per bambini e anziani dalle imposte; incentivare datori di lavoro a fornire asili-nido aziendali; create Conti di Risparmio per la Sanità di giovani e anziani “a carico”, esenti da tasse, con contributi per adeguare la partecipazione delle famiglie a basso reddito.

20 – Lavorare col Congresso ad una Legge per finire l’immigrazione illegale. Finanziare la costruzione di un muro nel confine meridionale, con l’intesa che sarà il Messico a rimborsarne il costo (sic); decretare due anni di prigione minimo per il rientro illegale in Usa dopo un’espulsione, e di minimo 5 anni se chi rientra è stato già condannato per reati gravi. Aggravare le pene per chi supera il periodo di soggiorno indicato nel visto d’entrata.

21 – Lavorare col Congresso per costituire una task force sui crimini violenti, accrescere i fondi per programmi di addestramento.

22 – Lavorare col Congresso per una legge di Riabilitazione della Sicurezza Nazionale. A Gettysburg, Trump ha parlato soprattutto ai reduci delle mille guerre americane, lasciati spesso nella miseria e nelle strade, malati, senzatetto. Ma è noto che vuole una revisione della NATO, e in genere degli obblighi degli Stati Uniti all’estero; gli alleati non devono contare su una difesa automatica da parte di Washington; e vuole un’intesa con Mosca.

Al di là delle esagerazioni (dopotutto, alla Berlusconi o Beppe Grillo), il filo demagogico e sbruffonerie (si noti quante volte gli occorrerà “lavorare col Congresso”, la cui simpatia non è affatto garantita, per attuare le sue riforme), una cosa è chiara: il programma di Trump ha cura delle classi medie ed operaie, umiliate dalla globalizzazione.

Quando parla di “60 mila fabbriche che hanno dovuto chiudere negli ultimi quindici anni e i cinque milioni di lavori industriali distrutti”, non s’inventa niente – e dice una verità che i politici non hanno mai pronunciato a così alta voce, e scalda i cuori degli umiliati. Dice chiaro che la globalizzazione economica è stata una sciagura per l’America lavoratrice.

Protezionista senza complessi, Trump propone di aumentare i dazi sui prodotti importati – e fino al 40% sulle merci cinesi. Ha applaudito al Brexit (Nigel Farage è suo grande amico), è contro tutti i trattati mondializzatori, TTP, Accordo di Libero Scambio conla UE e con gli asiatici, “colpo mortale all’industria manifatturiera degli Stati Uniti”. Ha ventilato addirittura l’uscita deglii Ua dalla World Trade Organisation, Organizzazione Mondiale del Commercio, gendarme e poliziotto del liberismo globale, “un disastro”. Anatema per lorsignori di Washington, teorici economisti, e i profittatori di Wall Street, ma che riempiono il cuore di speranze nella Rust Belt, la vasta zona delle aree industriali dismesse dove gli impianti arrugginiscono e la disoccupazione e la povertà dilagano.

Siccome parla a questi cuori di lavoratori e disoccupati, Trump – al contrario dei repubblicani – non vuole tagliare le spese di previdenza sanitaria e di assistenza pubblica:molti elettori repubblicani, senza lavoro, di 65 anni hanno bisogno della Social Security (la pensione di vecchiaia) e Medicare (l’assistenza malattia, minima, dei poveri) ampliata da Obama. Ha promesso la riduzione dei prezzi dei farmaci, e proposto la riduzione di una imposta federale che tocca i 73 milioni di famiglie di reddito modesto.

Per contro, aumenterà il carico fiscale – ha giurato – suitraders degli hedge funds che guadagnano fortune, sugli speculatori di Wall Street; ha promesso il ripristino della Glass-Steagall Act (la legge che vietava la commistione banca di risparmio e banca d ‘affari speculativa, votata nel 1933 e abrogata da Clinton nel 1990 – causa della crisi Lehman e Subprime del 2007.


Protezionista lui? Guardate la Merkel.

Programma impraticabile? Protezionismo dannoso e irrealizzabile, come proclamano i sacerdoti del liberismo globale? Attenzione all’aria che cambia. Ieri il governo tedesco ha bloccato l’acquisto da parte di una finanziaria cinese (Fujan Grand Chip Investment) della Axtron, una ditta che fà chips elettronici per la produzione di LED: e lo fa’ per motivi strategici, non economici: non dare alla Cina le competenze, i brevetti e le intelligenze che questa piccola ditta possiede, e che servono nei programmi futuri di eccellenza della Germania. Con tanti saluti alla dogmatica di “attrarre investimenti esteri” che la UE e l’Italia impongono come grande soluzione globali sta: in questa fase in cui si può comprare qualunque cosa con denaro preso a prestito a tassi zero, il buon senso impone di “vietare gli investimenti esteri invece di “attirarli”: equivalgono infatti a svendere competenze tecniche a basso costo. E una settimana fa Berlino ha emanato una direttiva che proibisce l’acquisizione da parte di stranieri di ditte di Stato, a partecipazione statale, o comunque sovvenzionate dal settore pubblico. “Non siamo protezionisti, ma per la concorrenza leale”, ha detto il Ministero federale dell’Economia. Esattamente ciò che dice Trump sulle merci cinesi. E ciò che dicono i valloni – sputacchiati dai sacerdoti del politicamente corretto – che si oppongono da soli all’accordo col Canada.

Il punto, non del tutto chiaro ai timonieri politici e finanziari, è che la “crescita” è finita – forse anche per sempre – e che la fine della crescita comporta l’arretramento della globalizzazione. Dopo dieci anni di crisi economica che le banche centrali non riescono a vincere con le loro stampe di trilioni, dopo il collasso del commercio mondiale mostrato dal crollo del Baltic Dry Index ormai da anni, dopo la deflazione che si aggrava e la disoccupazione di durata indefinita di intere generazioni in Occidente, è inevitabile che gli occidentali comincino a ribellarsi alla ricetta globalizzatrice e ultra-liberista. E ascoltino chi propone riforme profonde del governo economico, con la cura primaria ai propri cittadini anziché ai profitti delle Borse.

I padroni del vapore hanno ancora la globalizzazione, che è finita, nella loro dogmatica. E fanno di tutto per fermare il tempo. In Olanda, dove si vota nel marzo 2017, hannno dovuto mettere sotto processo per “insulti razzsti” Geert Wilders, il capo del Partito della Libertà, anti—UE, anti-Islam, anti-immigrati, per un semplice motivo: nei sondaggi è il partito pigliatutto, mentre i partiti tradizionali spariscono. E i padroni del vapore dovrebbero invece chiedersi come mai c’è tanta rivolta in Olanda che, si badi, sta nel cuore ricco d’Europa, l’economia va molto bene in confronto, poniamo a Grecia, Portogallo, Italia. In Francia, Hollande ha il favore del 6 per cento dell’elettorato(mai nessun politico è stato così basso) tanto che il suo stesso partito socialista lo prega di non presentarsi per un altro mandato,e le elezioni sono in aprile. In Italia Renzi può perdere già a dicembre, e per effetto della legge elettorale da lui stesso voluta, al governo può andare il 5 Stelle, partito che ha la maggioranza relativa. Il fatto che possa essere una esperienza di governo ‘disastrosa’, come han subito strillato i media dell’esperienza della giunta romana, a questo punto non è l’essenziale. Anche Trump, ci dicono, sarà un presidente “disastroso”.

Il fatto è che gli elettorati possano esser tentati di adottare politici “disastrosi”, su questo ci si deve interrogare. Vuol dire che hanno capito c he le strutture di governo esistenti, i suoi dogmi e le sue promesse, sono obsolete; e la loro durata rende gli stati sempre meno governabili.

Anche se vince Hillary, avrà in mano una macchina strutturalmente intaccata, e lei stessa è vista dalla metà della popolazione come delinquenziale e illegittima. Se Truump perde, le istanze che ha posto non se andranno in silenzio: quando dice che “non riconoscerà” il risultato delle elezioni, se non vince lui, ha posto una novità assoluta, politicamente scorrettissima, rivoluzionaria: non giochiamo più con le vostre regole, è il sistema che è truccato fino alla radice, è il sistema che va’ cambiato.


Homer Simpson profeta? (O quale servizio gli suggerisce?)

Questa vignetta non ha nulla di strano, se non la data: risale al 2000, a un episodio della famiglia Simpson di 16 anni fa. E non è tutto. In un episodio del 1997 (titolo: The city of New York vs. Homer Simpson), Lisa Simpson mostra una rivista con la scritta, “New York, $ 9,11”. Ma 9/11, Undici settembre, è la sigla che gli americani adottano per la memoria del grande attentato. In un episodio del 2001 appare per un momento la bandiera del Free Syrian Army, i cosiddetti “ribelli moderati” che combattono Assad (coi soldi sauditi e armi Usa) In un altro episodio, “Bart to the future”, che si svolge in un fantascientifico 2030, Lisa nota che la presidenza Trump “ci ha lasciato un bel buco di bilancio”.

(Un lettore mi avverte che l’episodio di Trump è del 2015, non del 200o. La fonte è qui: http://www.bufale.net/home/bufala-i-sim ... ufale-net/)
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Re: Trump Donald

Messaggioda Berto » lun nov 07, 2016 7:54 am

Usa 2016, tentata aggressione a Donald al comizio del Nevada, fermato l’attivista anti-Trump
Il candidato repubblicano reagisce: “Vi avevo detto che non sarebbe stato facile”
Gianni Riotta

http://www.lastampa.it/2016/11/06/ester ... agina.html

Un improvviso trambusto irrompe nel comizio che Donald Trump sta tenendo a Reno, la baruffa, intervengono gli agenti del Secret Service e il candidato repubblicano viene allontanato dal palco. E’ il fuori programma che ha interrotto per alcuni concitati istanti la festa della «maggioranza silenziosa» riunita nella capitale del Nevada per ascoltare il tycoon in una delle sue ultime apparizioni prima del voto. Sono passate da poco le 17, l’una di notte in Italia, quando Trump sale sul palco di Reno penultima tappa del «coast-to-coast» che lo ha portato in quattro Stati contesi in meno di 12 ore.

La scena si consuma in pochi istanti, un individuo si avvicina al palco determinato a raggiungere il tycoon, le intenzioni non sembrano delle migliori. Viene intercettato dagli agenti del Secret Service, due di loro afferrano il candidato alla Casa Bianca e lo portano via di corsa, dietro le quinte. Gli altri si avventano sul presunto aggressore, lo bloccano a terra. L’uomo viene ammanettato e arrestato. Si tratta di un giovane portato via e isolato da un capannello di poliziotti, alcuni dei quali sono in assetto anti sommossa. L’intenzione sembra fosse quella di aggredire fisicamente Trump. Dopo alcuni minuti il tycoon torna davanti ai suoi fan e riprende il comizio: «Nessuno ha mai detto che sarebbe stato facile per noi. Ma non ci fermeranno mai». L’episodio sottolinea il clima di grande tensione che caratterizza la corsa presidenziale giunta alle battute finali.

Paura per Trump durante il suo comizio in Nevada. Mentre stava parlando un improvviso trambusto in sala, proprio sotto il palco, blocca tutti. Poi le immagini mostrano arrivare due agenti del Secret Service, afferrare concitatamente il candidato alla Casa Bianca e portarlo via di corsa dietro le quinte. Successivamente gli agenti hanno bloccato un attivista.

The Donald è amatissimo dal suo popolo ma scatena antipatie e ostilità tra i detrattori. E la sua galoppata nei sondaggi ai danni della rivale Hillary Clinton non fa altro che acuire il risentimento. Una reazione, quella di Reno, che tuttavia rafforza la sua immagine agli occhi dei sostenitori e rischia di trasformarsi in un boomerang per chi gli rema contro. Hillary per ora non ha commentato ma poche ora prima, in una mail inviata ai suoi sostenitori, aveva spiegato che «farsi prendere dal panico non serve a nulla». In favore della ex First Lady arrivano però gli ultimi dati sul voto anticipato secondo cui nel weekend c’è stata una mobilitazione massiccia di elettori ispanici. Un’ondata che riguarda anche gli Stati in bilico, in particolare la Florida, su cui la candidata democratica scommette il tutto per tutto con uno schieramento in grande stile capeggiato dal presidente Barack Obama. E il New York Times già parla di «scatto di Hillary».

Trump da parte sua continua a cavalcare il momentum iniziato con l’«effetto Fbi», e non si fa intimidire da niente e da nessuno. Nemmeno dalle intimidazioni fisiche, risale sul suo aereo alla volta di Denver dove in tarda serata incontra i suoi elettori. E da dove oggi ripartirà per l’offensiva finale tra Rust Belt ed East Coast, quando mancano appena 48 ore a uno dei voti più incerti e controversi della recente storia americana.
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Re: Trump Donald

Messaggioda Berto » mar nov 08, 2016 8:17 am

Perché tifare Trump di Giovanni Sallusti
http://www.lintraprendente.it/2016/11/p ... fare-trump

Dobbiamo credere in quest’uomo, perché la situazione domestica e quella mondiale (due facce della stessa medaglia, in era glocal) raramente sono state così incendiarie. Dobbiamo credergli in senso non fideistico, ovviamente, attorno a Donald Trump non va costruita nessuna mistica del capo, dobbiamo con molta più modestia e intelligenza credere politicamente alla sua agenda, ce lo impongono otto disastrati anni firmati Barack Obama.

La voce dell’America, di una certa America, medioborghese, produttiva, impegnata nelle proprie attività e diffidente verso la pervasività del governo federale, tendenzialmente Wasp, ci sta urlando chiaramente qualcosa, urlando The Donald. Lo urla a se stessa, lo urla ai discendenti dei padri fondatori, troppo mortificati da politiche obamiane troppo europee, e lo urla al mondo, in quanto checché ne dicano vecchi e nuovi anti-americani (molto attiva la sottospecie destrorsa dei neomoscoviti) la bilancia della potenza mondiale indica ancora chiaramente Washington. Basta ideologia. Basta vuotaggini multiculti, spesso riempite dai proiettili che continuano a lasciare sul posto anche americani, vedi San Bernardino, Orlando e dintorni. Basta sensi di colpa e vergogna per quel che siamo, basta chiedere scusa (un’accusa che Trump gira giornalmente all’attuale amministrazione) in giro per il mondo, visto che il mondo libero siamo noi. Rifacciamo grande l’America, con citazione reaganiana esplicita, che vuol dire rianimiamo un’idea di Occidente fiero di sé oggi pericolosamente sepolta da tutte le sottomissioni che già pratichiamo quotidianamente, dalla metro di Londra a una sperduta parrocchia valdostana. Rispondiamo alla guerra commerciale, avversario Cina, con la guerra commerciale. Rispondiamo alla guerra militare, primo avversario oggi Isis, ma più correttamente l’intero totalitarismo islamista (che può essere sunnita o sciita, vedasi ripetute minacce iraniane all’esistenza stessa di Israele) con la guerra militare. Neghiamo, come accade sempre in tempo di guerra, l’invasione migratoria indiscriminata e teniamo sotto controllo le comunità a rischio in casa, ma davvero, schedature e perquisizioni, lo fece pesantemente Roosevelt coi giapponesi trapiantati in loco durante il secondo conflitto mondiale, ed è giustamente giudicato come un campione della democrazia, non come un barbaro “populista”.

Ecco, quest’aggeggio mediatico nostrano del “populismo” è veramente misero, oltre che oggettivamente fallace, mischia The Donald con fenomeni che non c’entrano nulla, da Putin alla Le Pen, che anzi su parecchi temi non secondari (la finanza, il mercato, i diritti civili) si collocano al suo esatto opposto. Sì, perché tra le altre cose Trump è un repubblicano libertario, tra i suoi sostenitori della prima ora, non interessati, figurano Clint Eastwood e Rudolph Giuliani, ha scelto come candidato vicepresidente Mike Pence, governatore dell’Indiana, un liberalconservatore come si deve che piace molto anche all’anima teapartysta del partito. The Donald è tutto, insomma, fuorché il caudillo un po’ tocco che ci propina la stampa liberal, è addirittura qualcuno che potrebbe fornire al Gop una nuova sintesi in grado di affrontare le sfide globali. In ogni caso, è qualcuno di cui abbiamo dannatamente bisogno, in un mondo dove è sempre più complicato dire che i terroristi islamici sono islamici, e gli autocrati islamisti sono islamisti. Per cui, che lo spettacolo abbia inizio, stupiscici, Donald.
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Re: Trump Donald

Messaggioda Berto » mer nov 09, 2016 7:16 am

VENETO SERENISSIMO GOVERNO

Ufficio di Presidenza

AL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI DONALD TRUMP

Il Veneto Serenissimo Governo, erede e continuatore della storia, cultura e tradizioni della Veneta Serenissima Repubblica, si felicita per questo risultato, nonostante i sabotaggi messi in atto dai media, dai poteri forti, ovviamente dal Partito Democratico, ma anche da settori del Partito Repubblicano; questo fa di Lei il rappresentante del popolo americano e non delle lobbyes politico-economiche, che fino adesso hanno guidato la politica statunitense.

Il Veneto Serenissimo Governo non ha mai nascosto le sue preferenze e tramite la pagina facebook "I veneti for Donald Trump" ha invitato i veneto-americani a dare il loro voto e ad appoggiare la sua candidatura.

I popoli europei si aspettano non solo l'allentamento della guerra fredda, voluta e perseguita dalla coppia Obama-Clinton, ma anche il riconoscimento del loro diritto all'autodeterminazione.

Siamo certi che la Sua Presidenza darà una svolta decisiva alla lotta contro il terrorismo islamico, insieme a tutte le nazioni e i popoli che già lottano con determinazione e senza tentennamenti contro questi criminali.

Il Veneto Serenissimo Governo le augura buon lavoro, anche se siamo consapevoli delle grandi difficoltà e pericoli da far tremare i polsi.

Il Veneto Serenissimo Governo è pronto ad aprire colloqui, anche informali, con la sua amministrazione, o con suoi emissari, nell'interesse dei nostri rispettivi popoli.

Auguri Presidente!


Venezia, 09 novembre 2016

Per il Veneto Serenissimo Governo
Il Presidente Luca Peroni
Il Vicepresidente Vicario Valerio Serraglia
Il Vicepresidente Andrea Viviani
Il Vicepresidente Demetrio Shlomo Yisrael Serraglia
Veneto Serenissimo Governo
pepiva@libero.it- kancelliere@katamail.com
Tel. +39 328 7051773 - +39 349 1847544 - +39 340 6613027
www.serenissimogoverno.eu
www.radionazionaleveneta.org
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