Trump Donald

Re: Trump Donald

Messaggioda Berto » ven gen 31, 2020 8:46 pm

Il buon e grande Trump verso l'assoluzione, un uomo che ha reso il mondo migliore
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 7003387674

Gli uomini liberi e responsabili e di buona volontà di tutta la terra ringraziano Trump.
Ti ringraziano gli americani disoccupati che hatto trovato lavoro e le imprese americane per la ripresa economica, ti ringraziano i cristiani perseguitati dai nazi maomettani, ti ringraziano le vittime dei regimi comunisti, ti ringraziano gli ebrei del Mondo e di Israele, ti ringraziano tutti coloro che in ogni paese difendono il loro diritti umani naturali e universali e i loro diritti civili e politici per aver
dato il buon esempio in mille occasioni:
contro l'invasione dei clandestini,
contro le politiche parassitarie demenziali dei demo sinistri,
contro l'invasione e il pericolo nazi maomettano dell'Islam in generale e in particolare, dell'ISIS, dell'Iran, dei Palestinesi;
ti ringraziamo per aver preso posizione contro questa Europa sovietica e a favore della Brexit,
contro l'imperialismo cinese e i suo capitalismo comunista di stato,
contro il massacro dei bambini nell'utero delle donne,
contro i liberal progressisti antidemocratici che di veramente e positivamente liberale e progressista non hanno proprio nulla;
ti ringraziamo per la difesa degli ebrei e di Israele farò di umanità e di civiltà nelle tenebre orientali islamiche.



Impeachment, naufraga la mozione dem: Trump verso l'assoluzione
Roberto Vivaldelli - Ven, 31/01/2020

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/im ... AU-gEg-Vks


La procedura di impeachment per Donald Trump si avvia a rapida conclusione, forse oggi stesso potrebbe esserci il voto. Destinato a fallire il tentativo dei democratici di chiamare a testimoniare John Bolton

Quella di oggi potrebbe già essere la giornata decisiva per Donald Trump e l'indagine sull'impeachment. Un'indagine che al Senato si avvia, come avevano auspicato i repubblicani, verso una rapida conclusione e senza nuovi testimoni.

Già nella giornata di ieri si era allontanata l'ipotesi dell'inserimento all'interno del processo di testimoni aggiuntivi, come l'ex senior adviser alla sicurezza nazionale di Trump John Bolton, e della pubblicazione di documenti tenuti fino a oggi riservati, come le telefonate e le registrazioni del capo dello staff della Casa Bianca, Mick Mulvaney. Come riporta Fox News, il senatore repubblicano Lamar Alexander, ha annunciato ieri sera in tarda serata che non avrebbe votato a favore di ulteriori testimoni nel processo di impeachment del Senato del presidente Trump, ponendo sostanzialmente fine alle speranze dei democratici di ascoltare la testimonianza dell'ex consigliere per la sicurezza nazionale e spianando così la strada all'imminente assoluzione del presidente già questa sera. Affinchè la mozione dei dem passasse, erano necessari almeno quattro voti dei repubblicani e Lamar Alexander era sembrato uno dei pochissimi disponibili a votare a favore.

Il Gop può contare su una maggioranza di 53-47 al Senato e può permettersi fino a tre defezioni. Anche nel caso di un pareggio (50 a 50), la mozione sui testimoni aggiuntivi non passerebbe. Ma con il voto contrario di Lamar Alexander, i repubblicani non dovrebbero avere grossi problemi. "Se questo impeachment superficiale, frettoloso e del tutto partigiano dovesse avere successo, farebbe a pezzi il Paese, versando benzina sul fuoco delle divisioni culturali che già esistono", ha detto Alexander. "Creerebbe l'arma del perpetuo impeachment da usare contro i futuri presidenti ogni volta che la Camera dei rappresentanti è di un diverso partito politico".

Se la mozione dei dem sui testimoni non passerà, il Senato voterà sugli articoli dell'impeachment tra questa sera e domani e Donald Trump verrà assolto. Per condannare e rimuovere il presidente in carica servirebbero 2/3 dei voti del Senato e, quindi, una larga maggioranza, che non c'è. Trump è accusato di abuso di potere e ostruzione al Congresso nell'ambito dello scandalo Ucrainagate.


Trump scatenato: "Impeachment? È un periodo felice"

Nel frattempo, Donald Trump, durante un comizio a Des Moines, in Iowa, ha usato il consueto sarcasmo per prendere di mira i suoi avversari. "Probabilmente stiamo vivendo gli anni migliori della storia del nostro Paese, e sono appena stato messo sotto accusa. Riuscite a crederci?" ha sottolineato davanti a una folla di sostenitori. "Vogliono rovesciare l'intero sistema di governo, ma non sta accadendo. I democratici di Washington hanno trascorso gli ultimi tre anni cercando di rovesciare le ultime elezioni".

Questo, ha poi aggiunto Trump, "è un periodo felice per noi. Lo sai, Crazy Schiff? Oggi ho raggiunto i consensi più alti nei sondaggi da quando sono stato eletto. Il popolo americano, e le persone in tutto il mondo, sanno che [l'impeachment] è una bufala".



Ecco come il giornalacci anti Trump falsificano le notizie fino all'ultimo momento, per ingannare la provera gente che li legge e alimentare il clima, l'ignoranza e il pregiudizio antitrump.
Questo è uno dei peggiori giornali che esistano in Italia




Via libera del Senato, con 53 sì e 47 no, al voto sugli articoli di impeachment contro il presidente Donald Trump mercoledì prossimo alle 16 locali, le 22 in Italia. Le dichiarazioni conclusive di accusa e difesa sono previste per lunedì a partire dalle 11 con quattro ore a testa a disposizione.
Ucrainagate, mercoledì voto finale su impeachment. Trump: "Dem imbrogliano l'America"
I democratici chiedevano di poter chiamare a deporre l'ex consigliere per la Sicurezza nazionale John Bolton ed altri testimoni sulle pressioni che il presidente Trump avrebbe esercitato sull'Ucraina per colpire il suo avversario politico Joe Biden
di ALBERTO CUSTODERO
01 febbraio 2020

https://www.repubblica.it/esteri/2020/0 ... 247299632/


Via libera del Senato, con 53 sì e 47 no, al voto sugli articoli di impeachment contro il presidente Donald Trump mercoledì prossimo alle 16 locali, le 22 in Italia. Le dichiarazioni conclusive di accusa e difesa sono previste per lunedì a partire dalle 11 con quattro ore a testa a disposizione.

Si profila dunque per mercoledì l'assoluzione di Trump rispetto alle accuse di abuso d'ufficio e intralcio delle indagini del Congresso sull'Ucrainagate al centro dell'impeachment.

Esteri
Impeachment, senatore chiave è contrario ai testimoni. Trump forse oggi assolto

La decisione dopo il voto con il quale i repubblicani hanno respinto con 51 voti contro 49 la richiesta dei democratici di convocare nuovi testimoni per provare le accuse di abuso di potere contro il presidente.
Trump: "Dem stanno imbrogliando l'America"
"I dem stanno imbrogliando l'America". Così il presidente Donald Trump via Twitter torna all'attacco a proposito del processo d'impeachment in Senato che dovrebbe chiudersi mercoledì prossimo con la sua assoluzione.


"La sinistra radicale, i democratici nullafacenti continuano a cantare equità quando loro hanno messo in piedi la più ingiusta caccia alle streghe della storia del Congresso americano - ha tuonato il Tycoon - loro hanno avuto 17 testimoni. Noi zero consentiti e nessun avvocato. Non hanno fatto il loro lavoro. Non c'è nessun caso".

La guerra dei testimoni
I democratici chiedevano di poter chiamare a deporre l'ex consigliere per la Sicurezza nazionale John Bolton ed altri testimoni sulle pressioni che il presidente Trump avrebbe esercitato sull'Ucraina per colpire il suo avversario politico Joe Biden.

Esteri
Impeachment, Casa Bianca diffida Bolton: "Non pubblichi il libro"

Due repubblicani, la senatrice del Maine Susan Collins e Mitt Romney dell'Utah hanno votato insieme ai 47 senatori democratici. Altri due potenziali 'franchi tiratori', come i senatori Lamar Alexander e Lisa Murkowski, hanno invece rispettato la disciplina di partito, portando alla sconfitta dei democratici.

Il voto odierno rappresenta una vittoria per il leader della maggioranza repubblicana al Senato, Mitch McConnell, e per Trump. Entrambi avevano fatto appello ai repubblicani per respingere la mozione dei democratici e concludere il processo per impeachment.



Ecco invece come correttamente dà la notizia l'ANSA



Impeachment, il giorno della verità per Trump - Nord America
Agenzia ANSA
31 gennaio 2020

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/n ... e79bc.html

Il Senato Usa ha detto no a nuovi testimoni e nuove carte nel corso del processo per impeachment nei confronti di Donald Trump, di fatto spianando la strada per l'assoluzione del presidente americano. "Una vergogna. Nessun testimone, nessun documento, il Senato si è sottratto alle sue responsabilità. L'assoluzione di Donald Trump così non avrà alcun valore. L'America ricorderà questo sciagurato giorno", ha commentato a caldo il leader della minoranza democratica in Senato Chuck Schumer. Per Donald Trump, che proprio nel momento in cui si votava si imbarcava sull'Air Force One per recarsi in Florida, nella sua Casa Bianca d'Inverno di Mar-a-Lago, potrebbe essere dunque il giorno della verità.

In una giornata drammatica, in apertura d'udienza era arrivata la notizia che ha fatto tirare un sospiro di sollievo al presidente e alla leadership del Grand Old party, gelando le speranze dell'opposizione: la senatrice repubblicana dell'Alaska Lisa Murkowski non avrebbe votato a favore della richiesta dem di convocare nuovi testimoni, a partire dall'ex consigliere per la sicurezza John Bolton. "La Camera ha scelto di inviare articoli d'impeachment che sono frettolosi e carenti. Ho considerato attentamente la necessità di ulteriori testimoni e documenti, per sanare le lacune del processo, ma alla fine ho deciso di votare contro", ha spiegato. Questo dopo che anche un altro senatore repubblicano incerto, Lamar Alexander, aveva annunciato la stessa scelta, pur con motivazioni diverse: "Non c'è necessità di ulteriori evidenze per provare qualcosa che è già stato provato ma che non arriva al livello di un'illecito da impeachment".

Solo Mitt Romney e Susan Collins si hanno votato a favore dell'istanza dei democratici, che così sono arrivati a contare 49 voti sui 51 necessari. Se anche la Murkowski si fosse unita a loro, sul 50-50 i dem avevano preannunciato l'intenzione di chiedere al capo della corte suprema, che presiede il dibattimento, di dare il suo voto decisivo. Ma ben difficilmente John Roberts - nominato da George W. Bush - avrebbe fatto un passo del genere, assumendosi la responsabilità di condannare il presidente. Il no ai testimoni e' arrivato nonostante le ultime rivelazioni esplosive del New York Times, basate sul manoscritto del libro di John Bolton: oltre due mesi prima di chiedere al presidente ucraino di indagare i Biden, Donald Trump ordinò al suo consigliere per la sicurezza di aiutarlo nelle sue pressioni su Kiev in una riunione nello studio Ovale cui parteciparono il chief of staff Mick Mulvaney, il suo avvocato personale Rudy Giuliani e l'avvocato della Casa Bianca Pat Cipollone, che guida il team difensivo nel processo d'impeachment. Era l'inizio dello scorso maggio, racconta Bolton, quando Trump gli disse di chiamare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che aveva appena vinto le elezioni, per assicurarsi che avrebbe incontrato Giuliani.

L'avvocato personale del tycoon stava pianificando un viaggio in Ucraina per discutere le indagini che stavano a cuore al tycoon. Ma Bolton non fece mai quella telefonata e quando realizzò la portata e lo scopo delle pressioni cominciò ad obiettare: una versione confermata dalla testimonianza di una sua ex assistente, Fiona Hill, la quale ha riferito alla Camera un monito dello stesso Bolton: Giuliani è "una bomba a mano che esploderà contro tutti".



Trump ha fatto più che bene a suo tempo a licenziare l'inaffidabile e rancoroso Bolton anche se falco


Trump licenzia Bolton. Il consigliere replica: "Mi sono dimesso io"
Washington, 10 settembre 2019

https://www.quotidiano.net/esteri/trump ... -1.4776429

Il presidente americano, Donald Trump, ha licenziato il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Bolton, il "falco" della politica estera. "Ieri sera ho informato John Bolton che i suoi servizi non sono più necessari alla Casa Bianca. Ero in forte disaccordo con molti dei suoi suggerimenti, così come altri nell'amministrazione, e quindi ho chiesto a John le sue dimissioni, che mi sono state presentate stamattina", ha twittato il tycoon. "Ringrazio molto John per il suo servizio. La prossima settimana nominerò un nuovo consigliere per la sicurezza nazionale", ha aggiunto.

"Ho offerto le mie dimissioni ieri sera e il presidente Trump mi ha detto 'parliamo domani'" ha twittato a propria volta l'ex consigliere Bolton replicando all'annuncio "social" di Trump. Un giornalista di Fox News ha dichiarato in diretta che Bolton gli ha scritto un messaggio, in cui afferma: "Siamo chiari, mi sono dimesso io".

Bolton aveva sostituito nel ruolo di consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn, coinvolto nel Russiagate. Negli ultimi tempi erano le voci sui dissidi - soprattutto tra Bolton e il segretario di stato Mike Pompeo- erano sempre più insistenti. Pare che gli scontri fossero soprattutto sulla linea da tenere sui principali dossier di politica estera e di sicurezza nazionale, come l'Afghanistan, l'Iran, il Venezuela e la Corea del Nord. Secondo alcune ricostruzioni, anche il presidente Trump ormai era diventato insofferente nei confronti del falco Bolton, considerato eccessivamente interventista e accusato di non seguire la linea del presidente.
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Re: Trump Donald

Messaggioda Berto » gio feb 06, 2020 4:24 am

Mi chiedo sempre come fanno certuni a preferire Putin e la sua Russia autocratica che sta con tutte le dittature della terra, a Trump e alla sua America USA democratica e liberale che sta con i paesi più democratici e civili?



Da Chernobyl al coronavirus, non possiamo fidarci dei regimi autoritari
Atlantico Quotidiano
Dorian Gray
1 febbraio 2020

http://www.atlanticoquotidiano.it/quoti ... KEZFTkjRQc

In Italia è panico da coronavirus, il nuovo virus influenzale originato in Cina. Dopo qualche giorno di sospetti, sono confermati due casi positivi a Roma, due turisti cinesi in visita nel nostro Paese, e altri sono in osservazioni. Nonostante i tentativi di rassicurazione sia da parte del governo che da parte dell’OMS, come suddetto, si sta diffondendo un certo allarmismo, sfociato in alcuni inaccettabili episodi di razzismo nei confronti di turisti asiatici.

Ma al di là dell’allarmismo, della psicosi e degli episodi di intolleranza, c’è qualcosa che questo coronavirus può insegnarci nel campo delle relazioni internazionali e che, purtroppo, molti dei nostri governanti sembrano ancora ignorare.

Mancanza di trasparenza, ritardi nel dare l’allarme e fornire informazioni, numeri poco credibili di vittime e contagiati: da Chernobyl al coronavirus la storia insegna che non possiamo fidarci dei regimi autoritari, che non rispettano i valori democratici e i parametri basilari dello stato di diritto, e che occorre quindi diffidare di alleanze strategiche con Paesi governati da tali regimi. Nonostante i ripetuti fallimenti, molto politici occidentali faticano ancora ad accettare questa realtà, talvolta per un malinteso senso di realpolitik, talvolta perché catturati da fascinazioni orientaliste, spesso arricchite da offerte di cattedre in questa o quella università cinese.

Esite, infatti, in Occidente una classe intellettuale e politica da anni preda di questa fascinazione, spinta spesso fino alle estreme conseguenze di mettere a repentaglio rapporti decennali con gli Stati Uniti per abbracciare questo o quel sistema autoritario, provando a spiegare che non si tratta di vero autoritarsimo ma di culture politiche diverse e che l’apertura democratica arriverà con il tempo.

È accaduta la stessa cosa con l’Iran degli ayatollah: quando Obama ha aperto le porte a Teheran, il mondo occidentale ha iniziato a creare una narrazione ad hoc, volta a rappresentare quel regime come “moderato”, “un El Dorado economico”, “volenteroso di vivere in pace” e “stabilizzatore della regione”. Wishful thinking che uno ad uno si sono rivelati delle illusioni. Un politically correct in ossequio a Teheran che giunse ad un livello tale da portare un ex presidente del Consiglio italiano a far coprire le statue romane del Campidoglio per non mancare di rispetto ad un clerico khomeinista che, a casa sua, impone il velo alle bambine dai 7 anni e permette legalmente che siano concesse in sposa le ragazzine dagli 11 anni… In un Occidente appena normale, quel regime verrebbe condannato per “legalizzazione della pedofilia”…

Oggi è Trump l’alibi per dimenticare tutte le malefatte di quel regime: per la crisi economica della Repubblica Islamica e per le repressioni che avvengono in quel Paese, basta ora accusare il presidente Usa di essere la causa di tutti i mali. Ma chi da anni segue le vicende iraniane, conosce come stanno realmente le cose: decine di delegazioni di politici e imprenditori occidentali, giunte in quel Paese per siglare accordi economici fantasmagorici, sono rimaste a bocca asciutta, perché l’economia iraniana è controllata dai Pasdaran, orientata al riciclaggio di denaro per finalità di finanziamento del terrorismo internazionale, priva di trasparenza e drammaticamente corrotta. Senza contare gli abusi dei diritti umani che hanno portato, dal 1999 ad oggi, a reprimere nel sangue almeno cinque proteste di massa della popolazione civile e il vergognoso recente caso dell’aereo civile ucraino abbattuto dai Pasdaran, con Teheran che si rifiuta di consegnare le scatole nere.

Con la Cina il problema è sempre lo stesso: la mancanza di trasparenza è la principale fonte dei problemi. Abbiamo permesso che ci venisse raccontata una narrazione su Pechino totalmente distorta, in cui i numerosi lati oscuri dei quel regime restano nascosti per legittimare un abbraccio politico che, in Italia, alcuni pretendono sia anche strategico e culturale.

Ma dai tempi di Marco Polo le cose sono notevolmente cambiante: viviamo in un mondo globalizzato dove, proprio perché tutto è interconnesso e interdipendente, tutto dovrebbe essere trasparente e limpido. Certamente è necessario avere relazioni diplomatiche ed economiche con la maggior parte degli attori internazionali, soprattutto di massimo livello quali la Cina. Ma queste relazioni dovrebbero essere orientate non solo al business costi quel che costi, l’Occidente non dovrebbe mettere da parte la propria identità, i propri principi, e dovrebbe esigere reciprocità e garanzie, sia in termini politici che economici.

Per queste ragioni, quando si tratta di alleanze strategiche, dovremmo restare nel campo degli attori internazionali che condividono i nostri stessi valori e il nostro stesso sistema di diritti. Si tratta di una questione dirimente, sulla quale l’Occidente dovrebbe riflettere attentamente. Fughe in avanti come quelle con la Cina o con l’Iran sono destinate al fallimento, perché prima o poi arriva quel giorno in cui il lato oscuro di quei regimi finisce per spegnere il lumicino che vedevamo o che, molto spesso, ci illudevamo di vedere…
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Re: Trump Donald

Messaggioda Berto » gio feb 06, 2020 4:26 am

Ottimo Trump difendi il tuo paese e la tua gente


Trump estende il «Travel ban» ad altri sei paesi: tutti a maggioranza musulmana
il manifesto
Marina Catucci New York
America First. Nel mirino del nuovo giro di vite soprattutto gli aspiranti immigranti dalla Nigeria e la minoranza islamica del Myanmar

02.02.2020


https://ilmanifesto.it/trump-estende-il ... musulmana/

L’amministrazione Trump ha ampliato il travel ban, la lista nera delle nazioni i cui cittadini che vogliono entrare negli Stati uniti, devono affrontare severe restrizioni.

Il nuovo stop riguarda sei Paesi ed è finalizzato principalmente a bloccare l’immigrazione dalla nazione più popolosa dell’Africa, la Nigeria. E dal Myanmar, dove la minoranza musulmana rohingya è in fuga dal genocidio. Il ban riguarda poi altri tre paesi africani, l’Eritrea, il Sudan e la Tanzania. E vari gradi di restrizioni riguardano il Kirghizistan. I visti di immigrazione saranno addirittura banditi per Nigeria, Myanmar, Eritrea e Kirghizistan. Mentre i cittadini del Sudan e della Tanzania che vogliono trasferirsi negli Usa non avranno più accesso alla lotteria della green card, il permesso di lavoro che ogni anno apre le porte del Paese a ben 50.000 persone.

I sei paesi hanno popolazioni prevalentemente musulmani e con questa mossa il numero totale di paesi i cui cittadini sono invisi a Trump è salito a 13.

Le nuove restrizioni entreranno in vigore il 22 febbraio ma non valgono per coloro che otterranno il visto prima di quella data. I visti temporanei, compresi quelli per studenti e per alcuni tipi di lavoro, nonché i visti riservati a potenziali dipendenti con competenze specializzate, non sono inclusi nel divieto.

L’estensione del travel ban e lo stop imposto per l’allarme coronavirus alla maggior parte dei cittadini stranieri provenienti dalla Cina, combinati insieme sembrano realizzare il sogno non troppo segreto di Trump di chiudersi all’interno di un paese popolato il più possibili da bianchi autctoni, e se provenienti da altre nazioni quanto meno ricchi, viste le restrizioni ai visti per coloro che, una volta entrati potrebbero aver bisogno di sostegni economici statali come i buoni pasto o le case popolari.

La mossa arriva alla vigilia del voto per le primarie democratiche che si terrà il 3 febbraio in Iowa, dove Trump sta inanellando comizi, e poco prima del discorso sullo stato dell’unione del 4, nonché della sua assoluzione al processo di impeachment prevista per il 5 febbraio. Per Trump è un modo di rimarcare chi comanda in America e che tipo di nazione rappresenta, molto lontana da quella meticcia dell’amministrazione precedente.

Nelle stesse ore Trump ha anche annullato la decisione di Obama di vietare l’uso di mine antiuomo fuori dalla penisola coreana, in quanto, secondo la nuova amministrazione, le restrizioni potrebbero mettere le forze statunitensi «in grave svantaggio in caso di conflitto».




Firmato l'USMCA. Esulta il settore manifatturiero americano!
Il presidente Donald Trump firma l’accordo di libero scambio USMCA, un nuovo trattato commerciale che andrà a rimpiazzare il NAFTA.
1 febbraio 2020

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... sNEcVFAU5Q


Il 29 gennaio il presidente Donald Trump ha firmato l’accordo di libero scambio USMCA (“USA-Mexico-Canada Trade Agreement”) un nuovo trattato commerciale che andrà a rimpiazzare il NAFTA. Ci sono molte novità che riguardano diversi settori, primo tra tutti è sicuramente il manifatturiero.

Il presidente dell’associazione National Association of Manufacturers ha ringraziato il Presidente e i leader del Congresso, dichiarando che questa è una vera e propria vittoria per il settore industriale americano.
I benefici riguardano diversi settori

Per il settore Metalmeccanico: il CEO dell’American Iron and Steel Institute, Thomas Gibson, presente alla firma del trattato, ha dichiarato che l’USMCA:

… promuove la condivisione delle informazioni anche tra i tre governi del Nord America e previene pratiche commerciali scorrette. Questo aiuterà Stati Uniti, Messico e Canada a bloccare le importazioni da Nazioni che praticano il dumping commerciale (vedi Cina n.d.r.)

L’accordo infatti prevede che il 70% dell’acciaio e dell’alluminio delle automobili debba provenire dai tre paesi coinvolti nel trattato.

Per l’Impiantistica: aziende come Caterpillar, Komatsu, Blount, Volvo hanno lodato quanto fatto dal Presidente:

… con questo accordo commerciale l’ambiente economico diventa molto più prevedibile e stabile, due fattori fondamentali per la stabilità della filiera.

ha affermato il presidente della Motor & Equipment Manufacturers Association, Bill Long.

Per le Case Automobilistiche: il sindacato più potente d’ America, lo United Automobile Workers, ha semplicemente dichiarato che vigilerà sul rispetto delle regole, onde evitare festeggiamenti anticipati.

In questo settore l’USMCA si concentra principalmente sul cosiddetto “Level Playing Field”: il 40-45% delle componenti di una singola automobile deve provenire da industrie che pagano i propri lavoratori almeno 16$ l’ora. Viene inoltre previsto che il 75% delle automobili venga prodotto nei tre stati del Trade Agreement (- il vecchio NAFTA prevedeva il 62,5%) disincentivando l’importazione di componenti da paesi come la Germania e la Cina.

Lo USMCA apre il mercato dei prodotti caseari canadese ai produttori statunitensi. Inoltre, estende la protezione dei diritti di proprietà intellettuale e prevede delle norme sul commercio digitale.

Il nuovo accordo, secondo quanto riportato da Bloomberg, permetterà una crescita aggiuntiva all’economia statunitense dello 0,35% in 6 anni.
Trump firma l’Usmca: “Mettiamo fine all’incubo del Nafta”

Finalmente stiamo mettendo fine all’incubo NAFTA. Questa è una colossale vittoria per i nostri agricoltori, allevatori, operai e tutti i lavoratori americani in tutti e 50 gli Stati.

Ha dichiarato il Presidente Donald Trump, alla cerimonia per la firma sull’USMCA.





Stato dell'Unione, Trump a tutto campo: il meglio deve ancora venire. E Pelosi strappa il discorso
5 febbraio 2020

http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... 6f4c3.html


"Il meglio deve ancora venire": Donald chiude con questa promessa il suo terzo discorso sullo stato dell'Unione da quando è alla Casa Bianca, lanciando davanti a un Congresso letteralmente spaccato in due la sfida per la sua rielezione il prossimo novembre. "Io ho mantenuto le mie promesse", rivendica il presidente, in quello che trasforma ben presto in una sorta di comizio, infiammando il clima. "Abbiamo fatto il nostro lavoro, abbiamo sconfitto il declino dell'America e ne abbiamo fatto di nuovo un Paese forte e rispettato nel mondo. E non lasceremo che l'America venga distrutta dal socialismo", scandisce in quella stessa aula dove è stato messo in stato di accusa dai democratici e parlando per la prima volta davanti ai suoi accusatori, tutti in prima fila. Consapevole che nelle prossime ore sarà assolto dal Senato e che l'incubo dell'impeachment sarà una volta per tutte alle sue spalle.

I repubblicani applaudono ad ogni passaggio del discorso in cui il tycoon, invece di tornare ad attaccare il tentativo di rimuoverlo dall'incarico, snocciola tutti i suoi successi: dall'accordo commerciale con la Cina ("abbiamo utilizzato la giusta strategia"), al boom dell'economia fino alla realizzazione del muro col Messico. Le promesse mantenute, appunto, di fronte al quale si levano i cori "Usa! Usa!" e "4more years", altri quattro anni alla Casa Bianca. Mentre i membri democratici del Congresso restano immobili.

Il clima è lontano anni luce dall'essere bipartisan. A testimoniarlo anche la mancata stretta di mano, poco prima dell'inizio del discorso, tra Trump e la terza carica dello stato, la speaker della Camera Nancy Pelosi, più volte inquadrata alle spalle del tycoon mentre scuote la testa o sembra deridere le parole del presidente. Del resto - fanno notare molti osservatori - lei lo aveva accolto in aula senza ricorrere alla consueta formula "è un mio onore e privilegio introdurre il presidente degli Stati Uniti". E, fatto ancor più clamoroso, Pelosi con un gesto di stizza viene inquadrata mentre strappa la copia del discorso sullo stato dell'Unione che le era appena stata consegnata dal presidente. "L'ho strappata? È stata la cosa più cortese, considerando quali potevano essere le alternative", ha detto ai cronisti alla fine della serata, alimentando ulteriormente la tensione.

Solo due i momenti bipartisan della serata: il tributo al leader dell'opposizione venezuelana Juan Guaidò, a sorpresa sul palco degli ospiti non distante dalla first lady Melania, e il commovente conferimento della Medal of Freedom, la più alta onorificenza civile, a Rush Limbaugh, il popolare conduttore radiofonico e opinionista conservatore che nelle scorse ore ha annunciato di avere un cancro in stadio avanzato. La replica al discorso di Trump viene affidata a due donne: la governatrice del Michigan Gretchen Whitmer e alla deputata Veronica Escobar.



Dal caos primarie in Iowa alla crisi di nervi della Pelosi: Democratici Usa allo sbando
Atlantico Quotidiano
Michele Marsonet
6 gennaio 2020

http://www.atlanticoquotidiano.it/quoti ... 1pNGTFYBiE

Già si sapeva che il Partito democratico americano non versa in buone condizioni. Manca – almeno finora – una figura carismatica in grado di riunire intorno a sé le varie anime del partito, del resto più impegnate a combattersi l’un l’altra che a fornire un’immagine (e un programma) in grado di convincere un elettorato quanto mai incerto e confuso.

È caduto nel vuoto l’appello dell’ex presidente Barack Obama a smorzare i toni del dibattito interno e, soprattutto, a non “spaventare” gli elettori moderati i quali, a quanto pare, restano pur sempre in maggioranza. Era, quello di Obama, un invito ragionevole a prendersi cura degli elettori che, per usare la terminologia italiana, si possono definire “centristi”.

Il problema, tuttavia, è proprio questo. Gli sviluppi della campagna per le primarie inducono infatti a chiedersi se il centro democratico esista ancora, e la risposta è tutt’altro che scontata.

La figura di riferimento di quest’area è Joe Biden, politico di lungo corso e già vicepresidente con Obama. Biden, che usa toni soft e si sforza sempre di non andare sopra le righe, ha preso una sonora sberla nelle primarie dell’Iowa. Continua inoltre a essere fragile nei sondaggi ed è pure indebolito a causa del ruolo del figlio Hunter nello scandalo Ucrainagate. E debole appare pure la possibile candidatura di John Kerry, anch’egli nello staff di Obama come segretario di Stato.

A questo punto il candidato moderato di maggior successo è il giovane (38 anni) Peter Buttigieg, ex sindaco di South Bend nell’Indiana. Abile nei dibattiti e con un programma progressista moderato, Buttigieg è tuttavia relativamente poco conosciuto sul piano nazionale. Inoltre la sua giovane età, e la connessa mancanza di esperienza, possono nuocergli.

In realtà è stata la sinistra del Partito democratico a prevalere sino a questo punto. Bernie Sanders, che nelle precedenti primarie aveva conteso sino alla fine la nomination a Hillary Clinton, proclama apertamente di essere socialista e tale caratterizzazione, negli Usa, è un problema. È noto infatti che tantissimi americani vengono colti dal mal di pancia appena sentono il termine “socialismo”. La vittoria finale di Sanders, insomma, appare difficile, nonostante gli venga riconosciuta l’onestà personale e goda di un certo supporto giovanile.

Né miglior sorte tocca a Elizabeth Warren che ha fatto di tutto per accreditarsi come una “pasionaria” che sostiene posizioni estreme in ambito politico e sociale. Atti come quello di Nancy Pelosi (molto vicina alla Warren), e cioè strappare il discorso presidenziale mentre Trump parlava sullo stato dell’Unione, certamente attirano consensi a sinistra, ma rischiano pure di allontanare ancor più l’elettorato centrista come Obama aveva paventato.

Può darsi, giunti a questo punto, che il tycoon democratico (ma ex repubblicano) Michael Bloomberg, che ha scelto di entrare in gioco solo in marzo, riesca a conquistare spazio autoproclamandosi rappresentante legittimo dei democratici moderati. Anche questa, tuttavia, è un’incognita, poiché Bloomberg non ha finora chiarito sul serio quale sarebbe la sua politica in caso di vittoria.

Siamo insomma in presenza di un partito allo sbando, il che favorisce parecchio la corsa alla rielezione di Donald Trump, abilissimo a sfruttare puntualmente le debolezze degli avversari. E non ha mancato, The Donald, di irridere subito i democratici per il disastro tecnologico-informatico nel caucus dell’Iowa, chiedendo ironicamente se anche questa volta i Democratici intendano spiegare tutto con l’intervento degli hacker di Putin.

Dunque si può prevedere che Trump, nonostante la procedura di impeachment, abbia buone probabilità di ottenere il secondo mandato. È riuscito nell’impresa di ricompattare attorno a sé il Partito repubblicano, il cui establishment ha continuato a contestarlo sino a tempi recenti. E gioca a suo favore anche il buon andamento dell’economia Usa che è in crescita. Ancora una volta si dimostra che, per vincere, non basta essere “contro qualcuno” e, dei Democratici, l’opinione pubblica ha percepito proprio questo: il loro essere anti-trumpiani e basta. Si tratta di una lezione sulla quale anche molti politici italiani dovrebbero riflettere.
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Re: Trump Donald

Messaggioda Berto » gio feb 06, 2020 4:29 am

ll Senato ha assolto il presidente Donald Trump dall'accusa di abuso di potere, votando non colpevole sul primo articolo di impeachment mercoledì con 52-48 voti.
https://edition.cnn.com/2020/02/05/poli ... index.html

he Senate has acquitted President Donald Trump on the charge of abuse of power, voting not guilty on the first article of impeachment Wednesday in a 52-48 vote.
But the guilty votes had a pinch of bipartisanship: Sen. Mitt Romney voted to remove Trump from office on the charge, making the Utah Republican the first senator in US history to vote to convict a president from the same party in an impeachment trial. Every Democrat voted to convict the President.
Romney said on the Senate floor that Trump was "guilty of an appalling abuse of public trust" when he pressured Ukraine to investigate former Vice President Joe Biden while withholding US security aid.



ll Senato ha assolto il presidente Donald Trump dall'accusa di abuso di potere, votando non colpevole sul primo articolo di impeachment mercoledì con 52-48 voti.
Ma i voti colpevoli hanno avuto un pizzico di bipartitismo: Il senatore Mitt Romney ha votato per rimuovere Trump dall'incarico con l'accusa, rendendo il repubblicano dello Utah il primo senatore nella storia degli Stati Uniti a votare per condannare un presidente dello stesso partito in un processo di impeachment. Ogni democratico ha votato per condannare il Presidente.
Romney ha detto al Senato che Trump era "colpevole di un terribile abuso di fiducia pubblica" quando ha fatto pressione sull'Ucraina per indagare sull'ex vice presidente Joe Biden, negando gli aiuti alla sicurezza degli Stati Uniti.

Tradotto con www.DeepL.com/Translator (versione gratuita)


I dementi del Sole24Ore hanno la demenza di scrvere che l'impeachment per Trump è stato approvato dal Senato quando invece è accaduto il contrario

Usa, Senato approva la procedura di impeachment per Trump
https://www.ilsole24ore.com/art/romney- ... e-ACu7FUHB

Romney rompe con Trump: voterà a favore di una condanna per abuso di potere
Il senatore repubblicano sarà l'unico a spezzare il fronte del partito di maggioranza, che si prepara a assolvere il Presidente. Trump chiede la sua espulsione
di Marco Valsania
Usa, Senato approva la procedura di impeachment per Trump

https://www.ilsole24ore.com/art/romney- ... e-ACu7FUHB

Un senatore repubblicano sfida il suo partito - e la Casa Bianca - e annuncia il voto a favore di una condanna e rimozione di Donald Trump dalla Presidenza per abuso di potere. Mitt Romney, senatore dello Utah ed ex candidato alla presidenza, è il primo e con ogni probabilità rimarrà il solo esponente repubblicano a spezzare la disciplina di partito: l'assoluzione di Trump, in queste ore, appare assicurata dalla maggioranza repubblicana al Senato. Una condanna e rimozione richiede due terzi dei consensi dei senatori.

Romney, che in passato ha criticato Trump ma meno di frequente lo ha sfidato apertamente, ha adesso rotto gli indugi. L'assoluzione di Trump sarà così macchiata da un voto mancante all'unanimità del partito.
Parlando in aula Romney ha pubblicamente dichiarato che «l'obiettivo del Presidente era personale e politico». Un riferimento alle pressioni esercitate da Trump sull'Ucraina per ottenere inchieste e informazioni che potessero imbarazzare il rivale democratico Joe Biden in cambio dello sblocco di aiuti militari in funzione anti-russa e di un incontro alla Casa Bianca. «Di conseguenza il Presidente è colpevole di un terribile abuso della fiducia del pubblico», ha concluso.

Il Presidente, ha aggiunto Romney, «ha premuto sul un governo straniero per corrompere il nostro processo elettorale. E corrompere un processo elettorale in una repubblica democratica è l'abuso più grave e evidente contro la Costituzione - e il proprio giuramento su di essa - che io possa immaginare. È cio che fanno gli autocrati».
Romney voterà contro il secondo articolo di impeachment, ostruzione del Congresso, ma è il suo voto sull'accusa principale a tenere banco.
Trump ha subito replicato via Twitter a Romney, che fu il candidato repubblicano nel 2012, scomunicandolo. «È amareggiato dal fatto che non sarà mai presidente», ha affermato. È «un debole». E ha chiesto l'immediata «espulsione» dal partito del senatore. Il voto in Senato sugli articoli di impeachment è in arrivo in serata.



Impeachment, Trump assolto: "Sarò presidente per sempre"
Federico Giuliani - Mer, 05/02/2020

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/im ... AgpO_OwyOs

Sono 48 i senatori che hanno dichiarato Trump "colpevole", 52 quelli che invece lo hanno dichiarato "non colpevole". Donald Trump è stato assolto dall'accusa di abuso di potere. Finisce la tenelovela impeachment

Donald Trump è stato assolto dall'accusa di abuso di potere e di ostruzione al Congresso. Il Senato ha prosciolto il presidente degli Stati Uniti, dando una chiara indicazione sull'impeachment; la telenovela termina così in un nulla di fatto, dopo aver provocato lo stesso effetto di un buco nell'acqua.

Nel primo dei due voti di impeachment, sono stati 48 i senatori che hanno dichiarato Trump "colpevole", 52 quelli che invece lo hanno dichiarato "non colpevole". Ogni singolo senatore ha votato alzandosi in piedi e pronunciando la propria decisione di fronte agli altri. Per la condanna sarebbero serviti 76 voti a favore.

Ebbene il caso è chiuso: Trump non è colpevole di aver abusato dei suoi poteri, come invece sosteneva l'accusa della Camera dei Rappresentanti. Al termine della votazione, il capo della Corte Suprema, John Roberts, lo stesso che ha presieduto il processo, ha dichiarato che “non avendolo definito colpevole i due terzi dei senatori presenti, il Senato ritiene che Donald John Trump, presidente degli Stati Uniti, non è colpevole del primo articolo di impeachment”.

Trump prosciolto dal Senato

The Donald ha quindi incassato l'assoluzione anche dal secondo articolo dell'impeachment, ovvero quello relativo all'ostruzione del Congresso nell'inchiesta sul Kievgate. In quest'ultimo caso hanno votato contro l'assoluzione tutti i senatori democratici e a favore tutti i repubblicani, compreso Mitt Romney, che si era invece espresso a favore della condanna di Trump per abuso di potere. Il computo conclusivo è stato di 53-47 in favore del presidente Usa.

A proposito di Romney, quest'ultimo ha detto di considerare Trump “colpevole di un terribile abuso della fiducia pubblica”. L'ex candidato Repubblicano alla Casa Biancasi si è detto convinto, un paio di ore prima del voto, che il tycoon possa aver violato il potere del suo ufficio presidenziale chiedendo a un governo straniero, quello ucraino, di indagare su un rivale politico, l'ex vicepresidente Joe Biden. Per questo motivo, come fa notare la Cnn, Mitt Romney è diventato il primo senatore nella storia Usa a esprimersi contro un esponente del proprio partito in un processo di impeachment.

A quanto pare il processo non ha nuociuto al sostegno di Trump. Un sondaggio Gallup ha rivelato, lo scorso martedì, l'approvazione al 49% nei confronti del presidente, con record di polarizzazione di partito. The Donald sarebbe appoggiato dal 94% degli elettori repubblicani, il 42% degli indipendenti e il 7% dei democratici. Per il 50% degli intervistato il tycoon meriterebbe di essere rieletto per altri quattro anni, soprattutto grazie all'ottimismo per la florida situazione economica del Paese.

La vendetta di The Donald

La reazione di Trump non si è fatta attendere. The Donald ha postato sul proprio profilo Twitter un ironico video in cui la sua figura è ritratta in primo piano, sulla copertina del Time, sempre a petto gonfio nonostante il passare degli anni. Il messaggio è chiaro: "Donald Trump presidente per sempre".

Nel frattempo il manager della campagna elettorale del tycoon, Brad Pascale, ha diffuso online una netta dichiarazione sull'assoluzione relativa all'impeachment. "Il presidente è stato totalmente vendicato ed è tempo di tornare a occuparsi del popolo americano - ha spiegato Pascale - I democratici fannulloni sanno che non possono batterlo, quindi volevano l'impeachment e invalidare il voto del 2016". Questa truffa rimarrà il peggior errore di calcolo della storia americana".
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Re: Trump Donald

Messaggioda Berto » sab feb 08, 2020 10:36 pm

Trump assolto e trionfa sulle macerie dei Democratici
Stefano Magni
6 gennaio 2020

https://lanuovabq.it/it/trump-assolto-e ... Y.facebook


Dopo quattro mesi di inchiesta e processo, che hanno tenuto letteralmente in ostaggio i media in tutto il mondo, l’impeachment di Trump è finito con un’assoluzione. Il presidente degli Usa è stato assolto ieri pomeriggio dalla maggioranza in Senato. Finisce così il terzo procedimento di impeachment in tutta la storia degli Usa

Nancy Pelosi strappa la sua copia del discorso di Trump

Dopo quattro mesi di inchiesta e processo, che hanno tenuto letteralmente in ostaggio i media in tutto il mondo, l’impeachment di Trump è finito con un’assoluzione. Il presidente degli Usa è stato assolto ieri pomeriggio (sera, in Italia) dalla maggioranza in Senato. Finisce così il terzo procedimento di impeachment in tutta la storia degli Usa che arriva alla fine del suo iter, al voto in Senato dopo quello alla Camera.

Il Senato ha assolto il presidente degli Usa da entrambe le accuse: abuso di potere e ostruzione del Congresso. Piccolo, ma necessario ripasso: la prima accusa riguardava il caso ucraino. L’inquilino della Casa Bianca era accusato di aver fatto pressione sul presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, perché investigasse su Hunter Biden, figlio di Joe Biden (ex vicepresidente di Obama e attuale candidato democratico favorito nelle primarie), sospetto di un caso di corruzione nel Paese ex sovietico, dove era membro del consiglio d’amministrazione della compagnia Burisma Holdings. L’accusa si basava sul fatto che, in una telefonata del 25 luglio scorso, Trump aveva spronato esplicitamente Zelensky a investigare sul figlio del candidato rivale. E sul sospetto, corroborato da diverse testimonianze eccellenti, che il presidente Usa avesse ricattato il suo omologo ucraino: se non fosse partita l’investigazione, non sarebbero stati elargiti nuovi aiuti militari (previsti per quell’anno, del valore di 400 milioni di dollari). L’accusa, nonostante le 17 testimonianze e le centinaia di documenti raccolti, era comunque fragile per tre motivi: l’inchiesta su Hunter Biden non è partita, gli aiuti militari sono stati elargiti, Zelensky, che teoricamente è la parte lesa, non ha mai denunciato un ricatto, anzi ha sempre dichiarato di non aver subito pressioni. Quanto all’altra accusa, ostruzione del Congresso, si basava sul fatto che Trump non avesse collaborato all’indagine su se stesso, non autorizzando i dipendenti della Casa Bianca a testimoniare. Ma la difesa ha considerato questa accusa come una violazione del principio della divisione dei poteri: un’invasione di campo del legislativo sull’esecutivo, in questo caso.

Il voto è avvenuto su linee di fazione partitica, sia alla Camera che al Senato. Nella prima (che è a maggioranza democratica) ha prevalso l’impeachment, con 2 diserzioni fra i Democratici. Ieri in Senato, al contrario (visto che è a maggioranza repubblicana), i 47 Democratici e 1 solo Repubblicano hanno votato per la deposizione del presidente sul capo d’accusa dell’abuso di potere, mentre i 47 Democratici hanno votato contro Trump sul capo d’accusa dell’ostruzione al Congresso. La maggioranza richiesta era di 67 voti, dunque il presidente è stato assolto. Chi è quell’unico senatore repubblicano che ha votato contro il presidente del suo partito? Una vecchia conoscenza: Mitt Romney, candidato presidenziale del 2012, battuto da Barack Obama. “Il presidente si è reso colpevole di un terribile abuso della fiducia pubblica”, ha dichiarato il senatore. E’ una scelta storica, nel suo genere: il primo senatore che vota per cacciare il presidente del suo stesso partito. “Dirò ai miei figli e ai figli dei miei figli di aver fatto al meglio il mio dovere per il mio Paese”, ha detto successivamente.

Il processo di impeachment, benché abbia monopolizzato l’attenzione delle cronache politiche dei media americani, non ha avuto effetti rilevanti sull’elettorato. Secondo un sondaggio Wall Street Journal/NBC, uscito domenica, il pubblico americano è rimasto fino all’ultimo spaccato a metà sull’impeachment, con un leggero vantaggio a favore di Trump: il 49% era contro la destituzione del presidente, il 46% era a favore. Quanto al tasso di approvazione sull’operato di Trump, il dato di gennaio è fermo al 46%, in linea con gli altri risultati nel corso dei tre anni di presidenza. Se l’impeachment non è riuscito neppure a spostare l’opinione pubblica, per i Democratici si è trattato di un clamoroso autogol.

E siccome le disgrazie non capitano mai da sole, il giorno dell’assoluzione del presidente repubblicano capita proprio assieme al disastro organizzativo del primo voto delle elezioni interne democratiche: il caucus dell’Iowa è stato ritardato di un giorno intero, con ri-conteggio di voti e polemiche annesse. In teoria si è trattato solo di un problema tecnico, non ha funzionato la app che avrebbe dovuto accelerare le operazioni. In pratica, il problema tecnologico si sovrappone a quello ideologico: gli elettori estremisti di Bernie Sanders, sconfitto da Pete Buttigieg in questo caucus, non accettano alcun confronto con le componenti “centriste” del partito. I supporter di Sanders accusano i moderati di tradimento e stanno iniziando a bullizzarli, dal vivo e online, stando alle accuse di chi, questi attacchi, li subisce ormai quotidianamente. Al contrario, gli estremisti ritengono di essere vittime, come nel 2016, dello strapotere dell’apparato del partito che privilegia Biden. Alla fine c’è tanta polarizzazione dentro i Democratici massimalisti e moderati, quanta ve ne sia fra Democratici e Repubblicani. In Iowa questo scenario è emerso con forza, all’attenzione dei media di tutto il mondo e il partito dell’asinello ne è uscito con le ossa rotte.

Sapendo di essere assolto e gongolando per la figuraccia dei rivali nell’Iowa, Trump ha pronunciato un discorso dello Stato dell’Unione, il 4 febbraio, che potrebbe benissimo essere il primo della campagna per la rielezione. Il tema era “Il grande ritorno dell’America”. “In tre anni – ha detto – abbiamo distrutto la mentalità del declino americano e abbiamo respinto la riduzione del destino americano. Stiamo muovendo verso il futuro a una velocità che era inimmaginabile soltanto poco fa. Non torneremo mai indietro”. Ha attaccato di nuovo l’Obamacare, la riforma sanitaria del predecessore: “Non permetteremo mai che il socialismo distrugga il sistema sanitario statunitense”. Ha attaccato i Dems anche sulla politica di immigrazione, dichiarando che i “santuari” dei clandestini, soprattutto in California (Los Angeles) non saranno tollerati. Ha vantato il mantenimento delle promesse sull’accordo commerciale con Canada e Messico: “Molti altri avevano promesso di seppellire o rifare il Nafta, ma nella loro legislatura non hanno fatto nulla”. Per quanto riguarda le missioni spaziali, l’inquilino della Casa Bianca ha chiesto al Congresso di finanziare il programma Artemis, così da assicurare che sia la bandiera americana la prima a essere piantata su Marte. Poca la politica estera, ma Juan Guaido, presidente democratico del Venezuela riconosciuto dagli Usa era in aula e a lui Trump ha rivolto la promessa: “Nicolas Maduro è un tiranno che fa del male alla sua gente: gli americani sono a fianco al popolo venezuelano nella sua giusta battaglia per la libertà”.

Si è trattato dello Stato dell’Unione meno unificante di sempre, con i Repubblicani in piedi ad applaudire e i Democratici che restavano seduti, rumoreggiavano o abbandonavano l’aula. Ma il protagonista si è goduto lo spettacolo, potendosi permettere di non citare mai, nemmeno in una frase, il processo di impeachment da cui sarebbe stato assolto di lì a un giorno. Visibile il nervosismo di Nancy Pelosi, presidente democratica della Camera, promotrice dell’impeachment: per vendicarsi della mancata stretta di mano di Trump, ha platealmente strappato in pubblico il testo del suo discorso. Un gesto di rabbia, ai confini dell’eversione, ma che, in questo contesto, appare come il sintomo di una sconfitta.








L'assedio a Trump è fallito: crolla il mito dell'impeachment
Francesco Boezi
6 febbraio 2020

https://it.insideover.com/politica/lass ... kEw2CxJWfE

L’assedio a Donald Trump è terminato. Nella tarda serata di ieri, la procedura di impeachment, che era in precedenza stata approvata dalla Camera, è stata ricusata dal Senato degli Stati Uniti. Era pronosticabile: per giudicare colpevole The Donald era necessario che i due terzi dei senatori lo ritenessero tale.

La maggioranza della Camera alta è colorata di rosso repubblicano. Il Gop, insomma, avrebbe dovuto tradire una sua diretta espressione politica, fornendo un assist agli storici avversari. Alle soglie di un’elezione presidenziale, nonostante il distacco tra i vertici partitici ed il magnate, non conviene. Gli asinelli non avevano i numeri sufficienti per impensierire davvero il presidente Trump. Ci hanno provato lo stesso. Un po’ perché non possono fare altro. Un po’ perché questa storia di provare a scavalcare il voto popolare mediante cavilli giuridici sta diventando una costante nel campo progressista.

Il numero due, in questa storia, è un protagonista. Due erano le accuse mosse nei confronti dell’inquilino della Casa Bianca: una relativa ad un presunto abuso di potere, l’altra relativa ad un’altrettanta presunta ostruzione nei confronti dell’attività del Congresso. Armi spuntate, che non hanno funzionato. Due sono anche i Biden: uno è Joe, che ha preso una scoppola niente male alle primarie in Iowa, dove è arrivato quarto, l’altro è Biden jr, su cui Trump avrebbe chiesto agli ucraini d’indagare.

L’impeachment non ha fondamento. I rapporti tra Biden Jr. e certe oligarchie ucraine chissà. Due, ancora, sono i nomi su cui gli elettori democratici hanno riposto per ora le loro speranze: Bernie Sanders, candidato di rottura e proveniente dalla sinistra massimalista che perderebbe molto terreno utile al centro, favorendo Trump, e Pete Buttigieg, cui è richiesto una sorta di miracolo obamiano. Due, infine, le frecce rimaste nella faretra democratica: concentrarsi sulle primarie o studiare altre mosse simili a quella della messa in stato d’accusa. L’ultima boutade, intanto, è già finita nel dimenticatoio delle cose inutili. Con buona pace della Speaker della Camera e dei suoi siparietti.

Nancy Pelosi e gli altri, se vorranno, torneranno alla carica. Ma il responso di questi giorni dovrebbe servire da indicazione. Da qualche anno a questa parte, però, c’è una fetta, che è composta da alcuni ambienti politici e da certa stampa mainstream, che non comprende o fa finta di non comprendere un dato palese: i millenials, i radical chic di Tom Wolfe, Harvard, i pro choice, i post sessantottini, gli scandalizzati da Trump e quelli che David Brooks ha chiamato “bobo”, che sta per bourgeois bohémien, non rappresentano gli Stati Uniti. A ben vedere, i termini appena esposti sono tutti sinonimi di “fighetti” o quasi. Il ragionamento vale per gli Stati Uniti, ma anche per la Brexit del Regno Unito e per altre statistiche riguardanti fenomeni elettorali che stanno attecchendo nelle nazioni occidentali. La riluttanza è una costante: i “fighetti” fanno fatica ad accettare certi responsi elettorali. Lo snobismo continua ad accompagnare le analisi dei benpensanti. Le anime belle non riescono proprio a spiegarsi cosa si sia messo in testa il “popolo”.

L’elezione di Donald Trump, ancor più della Brexit, rappresenta una pietra miliare di quella che per i “limousine liberal” – in questo articolo di Rivista Studio è possibile rintracciare un elenco molto esteso di modi buoni per dire “radical chic” – , rimane una “sospensione della incredulità”. Un film, che va in onda, ma a cui in fin dei conti si crede soltanto fino ai titoli di coda. Quelli che prima o poi arriveranno, no? Forse. Perché il quadro che abbiamo davanti, condito dal disastro democratico in Iowa, prelude ad un’altra sconfitta. E non c’è molto altro da dire. Trump può gongolare. I Dem non solo non sono in grado di portare a termine una procedura d’impeachment, ma non sono neppure riusciti a comunicare nei tempi previsti i risultati di una tornata interna.

La chiamavano “superiorità manifesta”. A mano a mano sta diventando sì “manifesta”, ma alla stregua di una superiore “incapacità”.




Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 06/02/2020, a pag.15, con il titolo "Il difensore star: 'Una condanna ci avrebbe tramutati in un Paese europeo' ",
l'intervista di Viviana Mazza con Alan Dershowitz.

http://www.informazionecorretta.com/mai ... w.facebook

Come avvocato di Trump, Alan Dershowitz ha sostenuto che l'impeachment di un presidente possa aver luogo solo per crimini previsti dal codice penale (l'abuso di potere e l'ostruzione del Congresso non lo sono). Diversi storici e studiosi dicono che l'assoluzione di Trump su queste basi renderà più difficile in futuro chiamare in causa un presidente per la sua condotta e sarà più facile per l'esecutivo evitare la sorveglianza del Congresso. «Non credo — replica Dershowitz —. Penso invece che, se Trump fosse stato condannato con un voto politico basato su criteri non costituzionali, questo avrebbe abbassato la soglia per l'impeachment e stabilito un terribile precedente. Potrebbe essere usato contro ogni presidente che si ritrovi il Congresso controllato dal partito d'opposizione. Avrebbe normalizzato l'impeachment e trasformato gli Stati Uniti in una democrazia parlamentare di stile europeo, dove un presidente può essere rimosso con un semplice voto di sfiducia.
Io voglio preservare la Costituzione piuttosto che un particolare presidente».

Altri esperti ritengono che il riferimento ad «alti misfatti" nella Costituzione si applichi a un ambito più esteso di comportamenti dannosi per la società. «Non penso che fosse questo l'intento. Abbiamo sottoposto a impeachment solo tre presidenti, quattro se contiamo Nixon; in 90 sono stati accusati di abuso di potere — Washington, Adams, Jefferson, Lincoln, Roosevelt...—ma nessuno di loro è stato messo in stato d'accusa.
Si vuole cambiare il significato originario dell'impeachment per renderlo più facile per ragioni politiche».

Lei è stato criticato per questa frase: «Se un presidente fa qualcosa che ritiene possa aiutarlo ad essere rieletto, nel pubblico interesse, questo non può essere il tipo di "do ut des" che conduce all'impeachment». L'hanno accusata di dire che può fare qualunque cosa. Lei ha replicato che la frase è stata tolta dal contesto, e che se commette un crimine, un presidente può essere messo sotto impeachment. «Esatto».

Ma se non è un crimine, qualunque cosa faccia, non può essere messo sotto impeachment?
«Si, il mio criterio è che se non si tratta di un comportamento criminale simile ad alto tradimento e corruzione, non può esserci impeachment».

Così non si dà all'esecutivo potere quasi illimitato?
I poteri del presidente Giusto contenerli, non vanno estesi. Ma l'impeachment è un'altra cosa, è straordinario «II presidente non può fare tutto ciò che vuole. Il Congresso può fermarlo in vari modi, con mozioni di condanna, rifiutando di autorizzare finanziamenti... ma può metterlo sotto impeachment solo con quei criteri. Se non siete d'accordo, litigate con Madison (uno dei Costituenti ndr), non con me».

Lo studioso Jonathan Turley, chiamato a testimoniare dai repubblicani, ha obiettato che «ogni volta che un presidente chiede informazioni contro un rivale, solleva gravi preoccupazioni sull'abuso del suo ruolo». «Si sbaglia, ogni presidente cerca informazioni negative sui rivali, con fonti nazionali e estere. Ogni premier e politico mondiale lo fa. Si può giudicare sbagliata la condotta di Trump, come lo sono molte sue politiche — sull'immigrazione, l'ambiente, la sanità, le armi, l'aborto, i transgender — ma non sono passibili di condanna attraverso l'impeachment».

Trump dice che l'articolo II della Costituzione, che conferisce al presidente il potere esecutivo, gli dà «il diritto di fare tutto quello che voglio». «Non è così. L'articolo II limita i poteri del presidente. Ma anche il potere di impeachment non consente al Congresso di fare qualunque cosa. La deputata Maxine Waters ha detto: "Possiamo mettere in stato d'accusa chi vogliamo per i motivi che vogliamo". In tal caso il Congresso sarebbe al di sopra della legge. Sono due visioni estreme, l'equilibrio è la Costituzione».

Il ministro della Giustizia William Barr ritiene che ci siano pochi limiti ai poteri del presidente, un po' come Dick Cheney al tempi di Bush. Barr crede che l'autorità della Casa Bianca sia stata «progressivamente corrosa» dopo le dimissioni di Nixon, ma che l'intento dei rivoluzionari americani che fondarono gli Stati Uniti fosse di ridimensionare «l'esagerato potere legislativo», non l'esecutivo. «In realtà volevano ridimensionare entrambi. Quella di Barr e di Cheney è una visione che disapprovo completamente, per questo ho votato contro i loro presidenti. Ma una cosa sono i poteri del presidente, un'altra l'impeachment che è un rimedio straordinario, per casi estremi. È stato usato correttamente solo una volta: contro Nixon, ma non contro Andrew Johnson, Bill Clinton o Trump».


Il Presidente Donald J. Trump fa una dichiarazione sul suo impeachment al Senato.
https://www.facebook.com/FoxNews/videos ... 229460932/
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Re: Trump Donald

Messaggioda Berto » sab feb 08, 2020 10:36 pm

Usa, la vendetta di Trump, silurati Vindman e Sondland: testimoniarono sull'impeachment
Alexander Vindman (reuters)
Il primo era alla Casa bianca nel consiglio nazionale per la sicurezza. Il secondo era ambasciatore Usa presso la
07 febbraio 2020

https://www.repubblica.it/esteri/2020/0 ... 247984223/

Alexander Vindman e Gordon Sondland, due dei testimoni chiave alla Camera nel procedimento di impeachment, sono stati rimossi dal loro incarico, il primo alla Casa Bianca, dove sedeva nel consiglio nazionale per la sicurezza. Il secondo come ambasciatore Usa presso la Ue. Cacciato anche il fratello gemello di Vindman, Yevgeny, consulente legale alla Casa Bianca.
"Gli è stato chiesto di lasciare per aver detto la verità", ha detto il legale di Vindman. Le voci su un siluramento di Vindman da parte del presidente Donald Trump erano nell'aria da tempo.
Licenziato anche ambasciatore Sondland
Donald Trump ha silurato anche l'ambasciatore Usa presso la Ue Gordon Sondland, poche ore dopo la cacciata di Alex Vindman. Sondland, come Vindman, è stato uno dei testimoni chiave nell'inchiesta della Camera che ha portato all'impeachment del presidente. Ad annunciare il benservito lui stesso.
"Sono stato informato oggi del fatto che il presidente intende richiamarmi con effetto immediato come ambasciatore degli Stati Uniti presso l'Unione europea", ha dichiarato Sondland in una nota.
Sia Sondland e sia Vindman avevano sfidato l'ordine di Trump a non testimoniare alla Camera nell'ambito dell'inchiesta sull'impeachment.



Gino Quarelo
Trump ha fatto bene a licenziare queste zecche che lo hanno pugnalato alle spalle.
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Re: Trump Donald

Messaggioda Berto » sab feb 15, 2020 8:50 am

Trump da incognita a garanzia di stabilità, mentre tra i Dem regnano confusione e socialismo
Atlantico Quotidiano
Roberto Penna
15 febbraio 2020

http://www.atlanticoquotidiano.it/quoti ... 4mplY7P4ms

Donald Trump rappresenta una figura politica destinata a rimanere nella storia. Anzi, senza timore di esagerare, pensiamo che il 45° presidente degli Stati Uniti d’America stia già facendo la storia, giorno dopo giorno, e questa verità dovrà essere riconosciuta prima o poi anche dai più feroci critici dell’ex-tycoon newyorchese. Durante l’inizio della sua avventura politica, ovvero le primarie repubblicane del 2016, conquistava progressivamente la maggioranza della base del partito, ma allo stesso tempo veniva visto come un marziano o un intruso dall’establishment del Gop e da quei repubblicani, per così dire, più tradizionali, abituati, per esempio, alla famiglia Bush. Molti conservatori e liberali classici, questi ultimi da non confondere con i liberal, si trovavano in parte spaesati di fronte alla dirompenza di un personaggio che andava oltre i consueti canoni del conservatorismo liberale ereditato da Ronald Reagan.

Una volta conquistata la nomination, ben pochi ritenevano che l’eccentrico milionario dalla bizzarra capigliatura potesse battere la ben navigata Hillary Clinton, e un certo scetticismo circa le possibilità di vittoria del candidato Trump non riguardava solo i radical chic di tutto l’Occidente, noti per la loro sicumera ma anche per le previsioni sballate, bensì diversi ambienti conservatori. Invece l’outsider Donald Trump, come ormai sappiamo, è riuscito a ribaltare tutti i pronostici, umiliando l’ex first lady democratica, la quale probabilmente aveva già organizzato il proprio trasloco nello Studio Ovale. Trump si è rivelato una sorpresa anche espletando il proprio mandato da presidente non in maniera negativa, almeno finora. Non ha tradito le promesse dei comizi, come al contrario può capitare ai politici, abituati a dirne una in campagna elettorale e a farne un’altra al raggiungimento della stanza dei bottoni. Donald Trump ha semplicemente adattato, con una coerenza di fondo, i toni di piazza alle complessità di una nazione particolare come gli Stati Uniti. Smentendo chi vedeva in questo leader, per molti aspetti inedito, quasi un fascista autarchico, l’isolazionismo trumpiano si è caratterizzato invece non per l’affossamento tout court della globalizzazione, bensì una ridiscussione di regole, e di qualche consuetudine squilibrata e sfavorevole all’America, con i principali competitor come la Cina, ma anche con gli alleati storici europei e i vicini Canada e Messico.

Lo stesso discorso può essere ripetuto per quanto riguarda la Nato, che non ha mai corso il rischio di subire un colpo di spugna da parte di Trump. Richiamare l’Europa, spesso distratta e dormiente, alle proprie responsabilità, anche economiche, verso l’Alleanza Atlantica, significa semmai volere più Nato, e non auspicarne lo scioglimento. L’America di Trump non si è affatto ritirata dal resto del mondo, e quando serve, (pensiamo all’eliminazione del generale iraniano Soleimani e alla costante salvaguardia della sicurezza di Israele), sa come ricordare la propria presenza ai nemici del mondo libero. In economia Donald Trump ha varato uno storico taglio delle tasse e ridotto il ruolo dello Stato. Grazie a questo la locomotiva a stelle e strisce non è mai stata forte come negli ultimi anni, a livello di Pil e di occupazione, e in tal modo è stato possibile rincuorare anche chi, giustamente, non vuole gettare alle ortiche gli insegnamenti reaganiani. Nemmeno l’assai presunto razzismo trumpiano, sventolato perlopiù dalla Cnn e dai commentatori liberal, può essere più un’arma credibile per screditare l’attuale presidente, visto che proprio la classe lavoratrice afroamericana vive meglio oggi che durante gli anni di Barack Obama.

L’imprevedibile outsider degli inizi ha dimostrato insomma di essere in grado di far politica e di saperla fare anche piuttosto bene, quindi, già solo a partire da questo, non è da escludere la sua rielezione. Ma il famoso “Four more years” diventa indispensabile se pensiamo al livello rasoterra a cui sono giunti gli avversari democratici. Trump potrebbe puntare ad essere riconfermato per i propri meriti, ma i demeriti altrui fanno del presidente in carica una garanzia di continuità e stabilità per gli Usa in primo luogo, ma anche per il resto del mondo, considerato il ruolo globale della democrazia americana.

I mainstream media ci hanno annoiato con le prediche riguardanti i metodi rozzi e spicci del presidente americano, ma non vi è mai stato nulla di più volgare ed offensivo, nella storia politica recente degli Stati Uniti, del comportamento di Nancy Pelosi alla fine del discorso di Trump sullo stato dell’Unione. La speaker democratica, strappando platealmente i fogli contenenti il testo del discorso del presidente, ha pugnalato uno dei tratti distintivi della democrazia d’oltreoceano. Le campagne elettorali americane sono piuttosto dure e non mancano di certo i colpi bassi, ma dinanzi al vincitore, che diviene ormai il presidente di tutti gli americani, si palesa il rispetto istituzionale degli avversari, eppure la Pelosi ha ritenuto di calpestare tutto ciò. Lo stordimento ed una certa disperazione politica, che stanno caratterizzando in questo momento il partito dell’Asinello, possono portare evidentemente a gesti poco nobili. L’impeachment è finito in barzelletta e le primarie democratiche in Iowa si sono rivelate ancora più comiche. Non si riesce ad individuare un candidato forte da contrapporre a Trump, e per ora si agitano solo figure di vecchi socialisti come l’arcinoto Bernie Sanders o fragili come Pete Buttigieg. Si può obiettare che vi sia anche Michael Bloomberg, per ora impegnato a scaldare i motori dietro le quinte, e che le primarie Dem in Iowa e New Hampshire siano solo le prime e molto parziali prove. L’ex sindaco di New York ha anch’egli, riteniamo, più di una debolezza. Anzitutto, per quanto voglia rappresentare un’alternativa al trumpismo, rischia di esserne una copia sbiadita, con il conto corrente e l’età anagrafica simili a quelli del presidente uscente, e si sa, alle fotocopie si preferisce quasi sempre l’originale. Inoltre, non sarà facile per il “moderato” Bloomberg aggregare attorno a sé la base di un partito democratico che negli ultimi anni si è spostato molto a sinistra ed è caduto ostaggio dei vari Sanders e delle varie Ocasio-Cortez. I Democratici Usa, che ebbero in passato riferimenti del calibro di Roosevelt e Truman, oggi sembrano essere animati solo più da socialisti e pasticcioni di varia natura.
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Re: Trump Donald

Messaggioda Berto » dom mar 08, 2020 12:24 pm

Usa, Trump dà inizio alla raccolta del Dna degli immigrati clandestini
Gerry Freda - Sab, 07/03/2020

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/us ... 3cNFpxM2iw

Con l’avvio dei prelievi di Dna dei clandestini, Trump dà attuazione a una legge del 2005, pressoché inapplicata durante il governo Obama

L’amministrazione Trump dà il via al prelievo di campioni di Dna degli stranieri detenuti negli Usa per essere entrati illegalmente in territorio americano e in attesa di espulsione.

Con questa mossa, il tycoon dà piena attuazione a una legge risalente al 2005, il DNA Fingerprint Act, che ha appunto prescritto la raccolta dei dati genetici di soggetti arrestati, condannati o semplicemente indiziati di reati, tra cui appunto ci sono anche gli immigrati clandestini. Tale legge, durante la presidenza Obama, non era stata applicata in maniera rigorosa, in quanto le agenzie federali a tutela dell’ordine pubblico avevano allora più volte lamentato carenza di risorse e di uomini. Attualmente invece, grazie alle politiche di The Donald, i medesimi dipartimenti governativi avrebbero fondi e personale adeguati a effettuare i prelievi di Dna su tutto il territorio nazionale.

A confermare l’avvio del programma di estrazione dei dati genetici di coloro che hanno violato la legge Usa sono stati due funzionari della medesima amministrazione Trump, citati ieri da Euronews. I vantaggi di tali prelievi di massa sono stati quindi evidenziati, per la precisione, da una nota ufficiale dell’esecutivo di Washington, riportata dall’emittente, secondo cui i campioni di Dna in questione saranno “essenziali per le indagini e per la soluzione dei casi di cronaca verificatisi o che potrebbero verificarsi negli Stati Uniti”.

In particolare, prelevare del materiale genetico ai clandestini detenuti nelle carceri americane aiuterà da oggi in poi, rimarca il network rifacendosi alle parole di un rappresentante del dipartimento di Giustizia, le investigazioni sugli stranieri che sono accusati di avere perpetrato reati sessuali o di sangue in territorio statunitense.

Tutte le informazioni ottenute nel quadro di tali estrazioni di Dna verranno custodite e analizzate dall’Fbi ed entreranno poi a fare parte di una banca-dati chiamata Combined DNA Index System (Codis), simile a quella messa a punto anni fa dalla medesima agenzia raccogliendo le impronte digitali di indagati e di condannati.

La volontà del tycoon di procedere con la raccolta dei dati genetici dei clandestini ha subito causato, sottolinea Euronews, l’indignazione dell’opposizione democratica. Ad esempio, i deputati Rashida Tlaib, Veronica Escobar e Joaquin Castro hanno bollato la mossa di The Donald come suscettibile di “rafforzare la leggenda xenofoba per cui gli immigrati irregolari sono portati a commettere reati”.
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Re: Trump Donald

Messaggioda Berto » gio mar 12, 2020 4:08 pm

Messico, sui rimpatri la Corte Suprema dà ragione a Trump
Roberto Vivaldelli - Mer, 11/03/2020

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/me ... Vw0n3kboSo

Vittoria per Donald Trump sul tema migranti: la Corte Suprema ha stabilito che l'amministrazione Usa ha il diritto di rimandare in Messico i richiedenti asilo in attesa che le loro domande vengano esaminate

Donald Trump può esultare. Come riporta Nbc News la Corte suprema ha dichiarato che l'amministrazione Trump può continuare la sua pratica di rimpatrio dei richiedenti asilo in Messico lungo l'intero confine meridionale mentre le autorità vagliano le richieste.

Bocciata la l'iniziativa di alcune corti d'appello che avevano ordinato a Donald Trump di sospendere la politica di rimpatrio. La pratica sui migranti dell'amministrazione americana, denominata "Rimani in Messico", è stata lanciata a gennaio 2019: durante i 13 mesi in cui è stata pienamente operativa, il Dipartimento per la sicurezza nazionale ha rimandato più di 60.000 immigrati in Messico in attesa dell'esito sulle domande di asilo.

Migranti, vittoria per Trump: la Corte Suprema boccia la richiesta delle Corti d'Appello

Secondo il Dipartimento di Giustizia, la pratica di rimpatrio in vigore rappresenta "uno strumento enormemente efficace e indispensabile nell'affrontare la crisi migratoria sul nostro confine sud-occidentale". Secondo I giudici del nono circuito la misura dell'amministrazione Trump, tuttavia, metteva in pericolo la vita dei richiedenti asilo, i quali "rischiano un danno sostanziale, persino la morte, mentre attendono di veder giudicate le loro domande di asilo". L'American Civil Liberties Union aveva esortato la Corte suprema a bloccarne l'applicazione. I richiedenti asilo tornati in Messico, secondo l'American Civil Liberties, "sono esposti a rapimenti, aggressioni, stupri e altri attacchi violenti a causa del fatto che sono migranti non messicani". Secondo l'organizzazione, inoltre, tale la politica viola i requisiti federali esponendo i migranti a possibili persecuzioni o torture.

“La corte d'appello ha dichiarato questa politica illegale in maniera inequivocabile. Anche la Corte suprema dovrebbe fare lo stesso. I richiedenti asilo affrontano gravi pericoli e danni irreversibili ogni giorno", ha dichiarato Judy Rabinovitz, consulente speciale del Progetto Aclu Immigrants Rights, dopo la sentenza della Corte Suprema. La sentenza della Corte Suprema è una grande vittoria per l'amministrazione Trump, che aveva avvertito nei giorni scorsi che ci sarebbe una "corsa al confine" se la politica sui migranti, che è in vigore da un anno, fosse stata bloccata dai tribunali. "Grandi gruppi di migranti dal Messico hanno iniziato ad arrivare in più punti d'ingresso lungo il confine sud-ovest in cerca di un ingresso immediato nel Paese" aveva spiegato il Dipartimento di Giustizia.

Migranti, Trump raccoglie il Dn dei migranti irregolari

Come riportato da IlGiornale.it nei giorni scorsi, l’amministrazione Trump ha dato il via al prelievo di campioni di Dna degli stranieri detenuti negli Usa per essere entrati illegalmente in territorio americano e in attesa di espulsione. Con questa mossa, il tycoon dà piena attuazione a una legge risalente al 2005, il DNA Fingerprint Act, che ha appunto prescritto la raccolta dei dati genetici di soggetti arrestati, condannati o semplicemente indiziati di reati, tra cui appunto ci sono anche gli immigrati clandestini.



Alberto Pento
Grazie USA, grazie Trump! Questo è diritto e scienza giuridica sensata e responsabile!
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Re: Trump Donald

Messaggioda Berto » dom mar 29, 2020 3:41 am

Emanuel Segre Amar
14 marzo 2020

https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 2748085149


Corbyn, che, dopo la sonora sconfitta subita nelle ultime elezioni, si è guardato bene dal cedere la propria poltrona come normalmente succede in Gran Bretagna, dimostra ancora una volta quanto è antidemocratica la sua politica, (infatti appunto non se ne va) e ce lo illustra, tanto per cambiare, Giulio Meotti.

"La tirannia si presenta spesso come un colpo alla porta nel mezzo della notte. Ma anche nella lingua arida dell'avvertimento di un burocrate: ritrattate, pentitevi, denunciate i vostri compagni devianti e potreste salvarvi". Si apre così l'articolo sul Times di Trevor Phillips, politico e giornalista di origine guyanese, con famigliari musulmani Fulani e Mandinka, già presidente del Nus (il sindacato nazionale degli studenti che Phillips guidava in scioperi e manifestazioni su tutto, dai diritti umani alla lotta contro l'apartheid), poi volto della Bbc, infine "zar" della Commission for Racial Equality, l'ente paragovernativo che dal 1976 promuove politiche per le pari opportunità. E' di sinistra, Phillips, ed è appena stato sospeso dal Labour, la sua casa politica. "Quando ho dato un'occhiata alla lettera di undici pagine che mi ha inviato il Partito laburista, la frase `sospensione amministrativa' ha attirato la mia attenzione. Queste parole segnalano l'esilio da una comunità che ho abitato per decenni: amici, colleghi, persino la mia famiglia. In sostanza, dopo oltre trent'anni di promozione della causa laburista, sono accusato di eresia e minacciato di scomunica". Phillips ha accusato il Labour corbynizzato di essere una "setta brutale e autoritaria". E' stato sospeso per avere denunciato anni fa che gang di pakistani hanno abusato indisturbati su bambini nelle città del nord inglese (era vero, il caso Rotherham è stato una pagina nera della recente storia britannica). Poi per avere sostenuto che i musulmani in Gran Bretagna "stanno diventando una nazione all'interno di una nazione". Phillips aveva scritto come dai dati emerga "una frattura tra i cittadini musulmani e non musulmani attorno ad alcune tematiche fondamentali come il matrimonio, i rapporti tra uomo e donna, la scuola, la libertà di espressione e persino l'ammissione della violenza in difesa della religione". Il Consiglio musulmano della Gran Bretagna ha accusato Phillips di avere rilasciato "dichiarazioni incendiarie sui musulmani che sarebbero inaccettabili per qualsiasi altra minoranza". Phillips aveva ricevuto il premio "Islamofobo dell'anno" dalla Commissione islamica per i diritti umani (Ihrc). E' la stessa organizzazione che ha assegnato, in maniera a dir poco macabra, il titolo postumo ai giornalisti di Charlie Hebdo. Ma nel Labour non tutti ci stanno a processare Phillips. Khalid Mahmood, un deputato laburista, ha dichiarato: "Le accuse sono così stravaganti da portare discredito a tutti coloro che sono coinvolti e temo che aumentino ulteriormente la sensazione che abbiamo perso la nostra strada". In precedenza, Phillips aveva realizzato anche un documentario sul multiculturalismo e ora presiede l'Index on Censorship, un gruppo che fa campagne per la libertà di espressione. In questi due anni, decine di politici e dirigenti del Labour sono stati colti in fallo nelle peggiori nefandezze ideologiche, dall'antisemitismo più sfacciato al flirt con i movimenti islamisti per motivi elettorali. Jeremy Corbyn ha coperto quanto ha potuto (lui stesso ne ha combinate molte). Per il Labour era però intollerabile che non un bianco di destra, ma uno dei propri uomini, un giornalista di colore e di sinistra, lanciasse simili accuse al multiculturalismo inglese. Il "traditore".



Bernie Sanders nomina la figlia di un leader dei Fratelli Musulmani come copresidente della sua campagna elettorale in Virginia

Commento di Stefano Piazza

Risultato immagini per Abrar Omeish sanders
Bernie Sanders, Abrar Omeish


http://www.informazionecorretta.com/mai ... 0&id=77701


Mentre sulla campagna elettorale americana inizia a pesare il fattore Covid-19 e il candidato dei Democratici Joe Biden appare in grande ripresa anche grazie all’aiuto dell’ex Presidente Barack Obama, il candidato dell’estrema sinistra Bernie Sanders ha appena nominato la figlia di un leader della Fratellanza musulmana come co-presidente della sua campagna elettorale in Virginia. Si tratta della 24enne Abrar Omeish figlia del noto esponente della Fratellanza Esam S. Omeish, medico chirurgo ed ex Presidente della “Muslim American Society” (MAS). Abrar Omeish che porta rigirosamente un hijab è la più giovane candidata che abbia mai ricoperto questo incarico in Virginia ma non è il solo record che ha battuto, eletta nel 2019 nel consiglio scolastico della contea di Fairfax con 161.108 voti è la persona più giovane che abbia mai ricoperto la carica in Virginia, è la prima musulmana donna ed è anche la prima libica-americana eletta a livello nazionale. La mossa del 78enne Bernie Sanders Senatore per lo Stato del Vermont e che ha un debole per l’icona degli islamisti americani Linda Sarsour, e che è già stato componente della Camera dei rappresentanti, e che non perde mai occasione per attaccare Israele benchè sia ebreo di discendenza polacco-russa, non è certo casuale perché le reti islamiche sunnite comprese quelle estremiste, sono molto organizzate negli Stati Uniti. A far si che si affermassero il padre di Abrar Omeish, Esam S. Omeish che nel 2007 dovette dimettersi dalla “Commissione statale per l’immigrazione” dopo che vennero pubblicati dei suoi video che mostravano mentre teneva un discorso infuocato contro Israele e invitava l’uditorio alla via della jihad”, ha giocato un ruolo molto importante. Esam S.Omeish è una vecchia conoscenza dell’FBI e della CIA visto che negli anni ha fatto parte del consiglio di amministrazione della moschea “Dar al Hijrah” definita “ una moschea che funge da facciata per gli agenti di Hamas negli Stati Uniti”, e associata ad estremisti islamici”, che si trova a Fall Church in Virginia e che ha una lunga storia fatta di finanziamenti opachi e legami con il terrorismo fin dai tempi del predicatore americano- yemenita Anwar Al Awlaky che qui predicava. La giovane Abrar Omeish che sta seguendo le orme paterne, mantiene stretti legami con l’Istituto Internazionale di Pensiero Islamico (IIIT), think tank islamista fondato nel 1981 e che nonostante le indagini federali sui suoi legami con Hamas e le raccolte fondi a favore della Jihad islamica palestinese, continua ad operare all’interno della comunità politica di Washington (4) ma non solo, è stata presidente dell’Associazione degli studenti musulmani fondata dalla Fratellanza musulmana. Mentre era all’Università di Yale la 24enne si è distinta per aver organizzato le proteste contro la nemica giurata degli islamisti l’attivista saggista e giornalista somala Ayaan Hirsi Ali, ex musulmana che era stata invitata dall’Università a a parlare a favore dei diritti delle donne. Abrar Omeish non è che l’ultimo esempio di come ormai i democratici e i socialisti americani puntino molto “sul voto islamico”. E per farlo si affidano alle potenti reti della Fratellanza musulmana capace di infiltrarsi nelle istituzioni americane ormai da decenni.
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