Xendal, veło, tagelmust, hijab

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Messaggioda Berto » dom ago 09, 2015 4:38 pm

Xendal, veło, tagelmust, hijab
viewtopic.php?f=141&t=1776

Velo
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 0147022373


I nostri avi del pałeołetego no łi gheva el veło

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... lahari.jpg


Il velo non è una prescrizione divina come la pelle umana, senza la quale l'uomo morirebbe, il velo è soltanto un elemento del vestiario umano, vestiario che varia da popolo a popolo, da terra a terra, dalla preistoria alla storia, dai deserti ai monti, dal mare alle foreste. Dio non ha mai ordinato un vestito unico per tutti gli uomini della terra e per tutti i tempi a parte la pelle che oltre tutto varia di colore anch'essa come il cielo e la terra.
El veło no łè na prescrision divina come ła pełe omàna, ke sensa l'omo el moraria, el veło lè lomè n'ełemento on cào del vestiario omàn.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Xendal, veło, tagelmust, hijab

Messaggioda Berto » dom ago 09, 2015 4:39 pm

Xendal veło venetego


Anca łe nostre have veneteghe łe gheva łi xendals ke łi fea anca da vełi:

Dal disco de Montebeluna:

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... ngv9xl.jpg

Serci o diski de bronxo veneteghi
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... hhTFE/edit
viewtopic.php?f=43&t=194


Lamenete veneteghe catà soto na çexa in çentro a Viçensa

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... i8y5ft.jpg

Santuaro venetego de Viçensa
https://picasaweb.google.com/pilpotis/S ... oDeVicensa

Viçensa
viewtopic.php?f=151&t=680


Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... stiala.jpg

Dona etrusca
Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... Chiusi.jpg
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Re: Xendal, veło, tagelmust, hijab

Messaggioda Berto » dom ago 09, 2015 4:44 pm

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Re: Xendal, veło, tagelmust, hijab

Messaggioda Berto » lun ago 10, 2015 7:37 am

Xendal (zendal)


Zendàłe (anche cendale, zendado e sendałe) (etimołoja)
viewtopic.php?f=26&t=136

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... -zenda.jpg
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Re: Xendal, veło, tagelmust, hijab

Messaggioda Berto » lun ago 10, 2015 7:38 am

Veło

Immagine
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/ ... Coiffe.jpg

https://it.wikipedia.org/wiki/Velo
Con velo si intende una stoffa sottile o rada che, pur coprendo e nascondendo, lascia intravedere ciò che sta sotto. La parola deriva dal latino velum, con lo stesso significato.

Storia del velo femminile

La prima traccia dell'uso femminile del velo è attestata in un documento legale assiro del XIII secolo a.C. all'interno del quale l'uso del velo è permesso esclusivamente a donne nobili ed è proibito a prostitute e donne comuni. Anche documenti antichi greci e testimonianze scultoree mostrano come il velo sia considerato un modo per proteggere le donne e rendere visibile il loro status sociale.
Fino al 1175, le donne anglosassoni e anglo-normanne, con l'eccezione delle giovani nubili, indossavano veli che coprivano interamente i capelli e spesso anche collo e mento. Solo a partire dai Tudor (1485), il velo diventa meno comune e l'uso di cappucci si fa più frequente.
Oggigiorno, nel mondo occidentale l'uso del velo è limitato quasi solamente a suore e monache cattoliche, tanto che in italiano l'espressione prendere il velo significa entrare in un ordine o congregazione femminile.
In altri contesti, comunque, sono gli uomini a velarsi: in Mauritania, per esempio, è diffusa l'abitudine maschile di coprirsi il capo con la tagelmust.


???

http://www.etimo.it/?term=velo
Immagine

http://www.etimo.it/?term=vello
Immagine

dixonaro "veło" # tradur "veło"
http://xref.w3dictionary.org/index.php?fl=it&id=21726

afrikaans kopdoek
bielorusso платок
catalano vel
ceco šátek
danese tørklæde
tedesco Kopftuch
greco μαντίλα
inglese headscarf
spagnolo velo
estone pearätt
francese foulard
galiziano veo
croato marama za glavu
ungherese fejkend
italiano velo
lituano galvos
macedone марама
malese tudung
olandese hoofddoek
polacco głowę
portoghese véu
russo головной платок
slovacco šátek
sloveno rute
albanese facoletë
traduzione "velo"
serbo марама за главу
svedese huvudduk
turco türban
ucraino головний хустка

yiddish העאַדסקאַרף

persiano روسری
arabo الحجاب

giapponese ヘッド
cinese (cina) 头巾
cinese (taiwan) 頭巾
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Re: Xendal, veło, tagelmust, hijab

Messaggioda Berto » lun ago 10, 2015 7:38 am

Tagelmust

Immagine
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/ ... Targui.jpg

https://it.wikipedia.org/wiki/Tuareg
I Tuareg (con g dura) o Tuaregh sono un popolo berbero, tradizionalmente nomade, stanziato lungo il deserto del Sahara (principalmente nel Mali e nel Niger ma anche in Algeria, Libia, Burkina Faso e perfino nel Ciad dove sono chiamati Kinnin).
...
Ai Tuareg spetta il merito di aver introdotto l'utilizzo dei dromedari, animali resistenti, ideali per lunghi trasferimenti e utili fornitori di latte. Essi sono anche soprannominati "Uomini Blu", con riferimento alla tradizione degli uomini di coprirsi il capo ed il volto con un velo blu (la tagelmust), del cui colore rimangono alcune tracce sulla pelle. Portano un velo sulla testa di colore diverso secondo la casta da cui provengono: esso è indaco per i nobili e ricchi, nero per la gente comune e bianco per i servi e per gli schiavi[senza fonte]. Gli uomini della comunità hanno imparato a mangiare e a bere senza togliersi la tagelmust (il velo). Il velo è d'obbligo solo per gli uomini, mentre per le donne è necessario un velo che copra solo la testa. Usano in abbondanza i cosmetici, anche a scopo medico contro le malattie dell'apparato visivo. I giovani, abitualmente, si rasano la testa, mentre gli adulti, maschi e femmine, portano i capelli lunghi e intrecciati. Gli uomini, tradizionalmente, fanno crescere la barba ma sono privi di baffi, le donne curano l'estetica della pelle usando belletti e ocra rossa a scopo protettivo.

https://it.wikipedia.org/wiki/Tagelmust
La tagelmust (in francese chèche o, con grafia alternativa, taguelmoust) è una lunga fascia di cotone, lunga di solito tra i 3 e i 5 metri, ma che può arrivare anche a 10 metri, tinta di indaco ed avvolta sul capo e sul viso dei Tuareg in modo da formare al contempo un turbante ed un velo che copre il volto lasciando libera solo una fessura per gli occhi.

È il copricapo tradizionale degli uomini presso i Tuareg, ma all'occasione può essere indossato anche da altre popolazioni. In tempi recenti si è preso ad usare anche tigelmas (plurale di tagelmust) di diversi colori, ma quelle tinte di indaco vengono riservate per le grandi occasioni.

La tagelmust è un indumento molto adatto al clima della regione (vale a dire il Sahara), poiché da una parte ripara la testa dal sole e dall'altra impedisce di respirare sabbia portata dal vento. Molti di coloro che indossano la tagelmust ritengono che l'indaco, oltre ad essere esteticamente bello, sia dotato di virtù salutari, e di norma si considera che l'indaco lasciato sulla pelle di chi lo indossa sia un'ottima cosa. Dal momento che, per la scarsità d'acqua, la tagelmust viene spesso tinta immergendola nell'indaco in polvere anziché secondo i metodi consueti, spesso la tinta finisce per aderire in modo permanente alla pelle del portatore di tagelmust. È da qui, sembra, che deriva la denominazione "uomini blu" per riferirsi ai Tuareg.

I Tuareg vengono anche denominati Kel Tagelmust "il popolo del velo", "i velati", e questa usanza deve essere piuttosto antica dal momento che già gli storici arabi del medioevo definivano alcuni gruppi di Berberi nomadi Mulatthamun, cioè "velati", muniti di litham, il nome arabo della tagelmust.

La tagelmust è un indumento tipico dei maschi adulti, e questo costituisce un aspetto che incuriosisce non solo i turisti ma anche gli antropologi, dal momento che invece le donne in questa società sono solite tenere il viso scoperto, con una situazione che è "invertita" rispetto all'uso di tante società islamiche in cui è alle donne che spetta il velo sul volto. Gli uomini indossano sempre la tagelmust in presenza di estranei, e possono toglierla solo quando sono con i famigliari stretti. Presso i Tuareg viene considerato vergognoso mostrare la bocca e il naso, che devono sempre restare coperti. Anche durante i pasti, in presenza di estranei, la tagelmust non viene levata e chi l'indossa introdurrà il cibo in bocca passandolo sotto il lembo inferiore della tagelmust (amawal wan ares; il lembo superiore è amawal wan efella)
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Re: Xendal, veło, tagelmust, hijab

Messaggioda Berto » lun ago 10, 2015 7:39 am

Hijab

https://it.wikipedia.org/wiki/Hijab
Il termine hijab (Arabo حِجَاب, ḥijāb, pronuncia /ħiˈʒæːb/, derivante dalla radice ḥ-j-b, "rendere invisibile, celare allo sguardo, nascondere, coprire") indica qualsiasi barriera di separazione, posta davanti a un essere umano o a un oggetto, per sottrarlo alla vista o isolarlo. Acquista quindi parimenti il senso di "velo", "cortina" o "schermo".
Normalmente, però, il termine ḥijāb viene usato in riferimento ad un particolare capo di abbigliamento femminile, il "velo islamico", e in particolare a quella foggia di velo che adempie almeno alle norme minime di velatura delle donne, così come sono sancite dalla giurisprudenza islamica.

Immagine
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/ ... _Islam.jpg


Ciò che in Occidente viene chiamato "velo" ed erroneamente si pensa sia stato introdotto dall'Islam esiste in realtà ben prima di esso. Una legge del XII secolo a.C. nella Mesopotamia assira sotto il regno del sovrano Tiglatpileser I (1114 a.C. — 1076 a.C.) rendeva di già obbligatorio portare il velo all'esterno a ogni donna sposata. Esso appariva anche nel mondo greco, tant'è vero che, nell'Iliade, si dice che Elena, moglie di Menelao, si velava per uscire.
Questa situazione si riscontrava in tutto il Mediterraneo, tanto che ancora nel Medioevo si hanno notizie di tre donne (Accursia, Bettisia Gozzadini e Novella d'Andrea) che nel XIII e XIV secolo ebbero la possibilità di tenere delle lezioni di Diritto all'Università di Bologna, ma soltanto a condizione che tenessero il corpo e il volto completamente velati per non distrarre gli studenti.
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Re: Xendal, veło, tagelmust, hijab

Messaggioda Berto » lun ago 10, 2015 5:58 pm

El veło no łè na prescrision divina come ła pełe omàna, ke sensa l'omo el moraria, el veło lè lomè on elemento on cào del vestiatrio omàn.
Il velo non è una prescrizione divina come la pelle umana, senza la quale l'uomo morirebbe, il velo è soltanto un elemento del vestiario umano e varia da popolo a popolo, da terra a terra, dalla preistoria alla storia, dai deserti ai monti, dal mare alle foreste. Dio non ha mai ordinato un vestito unico per tutti gli uomini della terra e per tutti i tempi a parte la pelle che oltre tutto varia di colore come il cielo e la terra.

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... lahari.jpg


Mi, par mi, a prefariso vedar ła dona come ke el ła ga fata el creator, al natural e sensa vełi:

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... museto.jpg

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... A-ARMI.jpg
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Re: Xendal, veło, tagelmust, hijab

Messaggioda Berto » mer ago 12, 2015 9:12 pm

Le islamiche europee considerano il velo una conquista femminista e la sinistra le corteggia

http://www.ioamolitalia.it/blogs/ps-pol ... eggia.html

Da un articolo comparso il 6 agosto 2015 nell’edizione on line del Corriere della sera si capisce, per l’ennesima volta, quanto il giornale di via Solferino tenti in tutti i modi di fare il lavaggio del cervello ai propri lettori sull’argomento islam e, di riflesso, su immigrazione, integrazione, moschee e correlati vari.

Sul blog “la 27.a ora”, infatti, la giornalista politicamente corretta Viviana Mazza si occupa di una ragazza inglese di origini somale, Hanna Yusuf, che ha realizzato un video (diffuso da The Guardian) appositamente per dire che lei indossa il velo islamico per scelta e non per imposizione.

L’articolo (per chi volesse leggerlo, http://27esimaora.corriere.it/articolo/ ... femminista ) è anche corredato del video “recensito” dalla zelante giornalista Mazza.

In esso compare la protagonista ed autrice velata che, dopo aver premesso di essere esperta di letteratura femminista, rivendica con sprezzo del ridicolo la sua scelta di indossare il velo sulla basata sull’adesione al pensiero di Virginia Woolf.

Per rafforzare la sua tesi la Yusuf ripesca ammuffiti stereotipi vetero-femministi quale la mercificazione capitalista (sì, pronunzia proprio la parola capitalismo) del corpo femminile e, dimostrando una certa perizia tecnica nel montaggio dei filmati, tenta una maldestra manipolazione delle coscienze occidentali alternando la propria immagine di suffragette in hijab a foto di modelle poco vestite o in bikini. E dimostrando, altresì, di saper lisciare il pelo ad una certa sinistra mutuandone linguaggio e luoghi comuni da tempo riposti in soffitta ma pur sempre capaci di risvegliare, negli occidentali politicamente corretti e corrotti, un “come eravamo” che si traduca, alla fine, in una produttiva captazio benevolentiae.

La brain-washed sembra non capire che tra velo e bikini vi sono innumerevoli sfumature intermedie, e che pertanto non ha il minimo senso confrontare un abbigliamento abitualmente utilizzato dalle islamiche in pubblico ad uno che nessuna donna occidentale sana di mente, per quanto emancipata e disinibita, oserebbe sfoggiare per la strada, sia pure per ragioni pratiche e climatiche. Perché allora contrapporre una donna velata ad una modella che indossa una lingerie de La Perla?

Peraltro la brain-washed indossa una maglietta attillata e, probabilmente, jeans aderenti; non si rende conto che, così vestita, sia pure con la stoffa in testa, fa immaginare tutte le sue forme?

Ma, anche ammesso che esista una certa mercificazione del corpo femminile, vi sono certamente altri sistemi molto più efficaci del velo per denunciare tale (presunta) degenerazione occidentale. Per esempio, basterebbe che le contestatrici andassero in giro vestite con lunghe ed informi tuniche, senza necessariamente nascondere i capelli.

Anche in Italia vediamo per le strade tantissime adolescenti e ragazze con i vestiti attillati e l’immancabile hijab: possibile che esse siano giunte ad un tale vuoto di raziocinio da ritenere che la forza di attrazione femminile risieda quasi esclusivamente nelle chiome al vento?

Mi rifiuto categoricamente di crederlo. Non posso concepire che un uomo, mussulmano o non, provi un irrefrenabile desiderio di assalire una donna perché sessualmente turbato dal suo capo scoperto: diversamente, avrebbero ragione i razzisti.

Per farsi apprezzare ed accettare meglio la brain-washed si lamenta degli zelanti integralisti orientali che la criticano perché, pur indossando il velo, si trucca e si veste all’occidentale. Hanna replica dicendo che ama vestirsi alla moda, dimenticando così che la moda è un prodotto dell’odiato capitalismo mercificatore-nudista-antifemminista che ha appena terminato di condannare. Ma non possiamo pretendere troppo quando il nitore del ragionamento si offusca.

Ora, anche ammesso che delle musulmane portino volontariamente il velo, lo fanno solo a causa di condizionamenti: da quelli più espliciti e pesanti di mariti, padri o fratelli, a quelli più morbidi e subdoli di tipo culturale e sociale. Potrebbe però esserci anche un’altra possibilità: che alcune giovani islamiche, come Hanna Yusuf, indossino l’hijab (e realizzino filmati di pessima qualità) unicamente per trovare sbocchi professionali nel giornalismo o nella politica. Di sinistra, naturalmente.

Tornando all’articolo di Viviana Mazza, esso è totalmente privo di commenti e riporta, quasi integralmente, le farneticazioni della sedicente femminista velata. La prima considerazione che mi sorge spontanea è: qual è la novità che merita tanto risalto? Poiché è da almeno 15 anni che giovani islamiche cresciute e pasciute in occidente a spese nostre ripetono sino alla nausea tale tiritera, la giornalista ha evidentemente intenti diversi da quello dell’informazione.

È chiaro come il sole che la signora Mazza vuole contribuire al nostro lavaggio del cervello proponendoci un’islamica di seconda generazione, apparentemente integrata, che parla perfettamente la lingua del paese di cui ha la cittadinanza (la Gran Bretagna), che si dice esperta di letteratura femminista e che, addirittura, sostiene che la scelta di indossare il velo sia femminista!

L’aspetto più preoccupante non è che ci sia una donna velata in più, ma che la sinistra, minoritaria numericamente ma maggioritaria mediaticamente (e giudiziariamente, purtroppo), per mero calcolo politico e rinnegando propri princìpi una volta universali e non negoziabili, per una manciata di voti stia portando l’Occidente al tracollo grazie alla massiccia iniezione di immigrati nella quasi totalità islamici e refrattari all’integrazione. Ma la mancata integrazione è una situazione che le torna assai utile, dal momento che i non-integrati sono più facilmente manipolabili dai loro capi religiosi, e pertanto il consenso politico di quei nuovi cittadini-elettori è assicurato.

Questa è la sinistra, signori miei. Qualunque cosa per un voto.

Non sono mai stato un fan delle femministe, pur apprezzandone alcune iniziative. Ma auspico che irrompa sulla scena del nostro Occidente, ammorbato dal buonismo irresponsabile ed interessato delle sinistre, una nuova, vera, femminista, combattiva, Virginia Woolf. Femminista e combattiva da far paura.

di Pier Luigi Melis 11/08/2015
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Re: Xendal, veło, tagelmust, hijab

Messaggioda Berto » gio ago 13, 2015 6:55 am

Spiaggia senza uomini a Tangeri in Marocco

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/don ... 60056.html

Un gruppo di donne marocchine ha lanciato da Tangeri una campagna per ottenere dal governo e dal sindaco, come riporta La Stampa, una “spiaggia senza uomini per poter nuotare in conformità con la legislazione islamica che impedisce alle donne di mostrare in pubblico parti del proprio corpo“.
Il gruppo ha postato un’immagine su Facebook che mostra alcune donne vestite con il chador che saltano sulla sabbia di una spiaggia assolata. Le donne di Tangeri affermano la necessità “di un posto dove rilassarci senza mischiarci agli uomini“. Questa richiesta è legata soprattutto “all’aumento allarmante di molestie sessuali nelle strade“. Ma c’è anche un aspetto ideologico dietro questa proposta: una maggior presa di coscienza di Tangeri come “città conservatrice dove anche nelle feste e nei matrimoni donne e uomini restano separati“.
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