Ius soli e cittadinanza

Ius soli e cittadinanza

Messaggioda Berto » mer ago 05, 2015 1:41 pm

Ius soli e cittadinanza
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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Ius soli

Messaggioda Berto » mar gen 19, 2016 8:05 am

Sartori contro la Kyenge: “Integrare non è assimilare. Tutti meticci? Mai”
POLITICA martedì, 4, marzo, 2014

http://www.imolaoggi.it/2014/03/04/sart ... eticci-mai

http://www.liberoquotidiano.it/news/115 ... enge-.html

4 mar – Niente più Cécile Kyenge. E il politologo Giovanni Sartori, in un editoriale sul Corriere della Sera, tira un sospiro di sollievo. La Kyenge, “un ministro spuntato dal nulla e manifestamente incompetente in tema di integrazione”, un ministero “inventato per l’occasione” da Enrico Letta. Sartori temeva che Cécile fosse “una super protetta di chissà quanti colli e montagne. Per fortuna mi ero sbagliato, visto che non è stata inclusa nel governo Renzi”. Semmai, oggi, l’ex ministro si presenterà alle Europee. Ma questa è un’altra storia.

Contro lo ius-soli – Sartori non perde l’occasione per prendere la mira e “sparare sul ministro morto”, criticando le sue politiche e le sue idee. Premette che Cécile “non è più (come ha scritto l’autorevole Foriegn Affairs americano) una delle cento donne più potenti al mondo. Al momento si è solo manifestata come dogmatica fautrice dello ius soli e ora con il preannunzio di un libro”. Sartori approfitta dell’occasione per riflettere su ius soli e ius sanguinis, e ricorda: “Giuridicamente parlando, la cittadinanza italiana è fondata sullo ius sanguinis: siamo cittadini italiani se siamo nati in Italia da cittadini italiani”.

La giustificazione – Lo ius soli, la “soluzione opposta”, prevede che “si diventa cittadini del Paese nel quale entriamo e ci insediamo”. Una soluzione adottata storicamente, ricorda, “dai Paesi sotto-popolati”, che “adottano lo ius soli perché hanno bisogno di popolazione”. Per Sartori la “distinzione in questione è logica e storicamente giustificata”. Secondo le statistiche “i Paesi che adottano il criterio dello ius sanguinis sono ancora una maggioranza. Ma molti Paesi – sottolinea – sono oggi piccole isole sperdute nei vari oceani”.

“Tutti meticci? Mai” – Sartori ricorda poi alla Kyenge che “integrare non è lo stesso che assimilare, e che la integrazione in questione è soltanto l’integrazione etico-politica”. Per esempio, “per i musulmani tutto è deciso dal volere di Allah, dal volere di Dio. Qui il potere discende soltanto dall’alto. Per le nostre democrazie, invece, il potere deriva dalla volontà popolare, e quindi nasce dal basso, deve essere legittimato dal demos”. Infine l’ultima bordata: “L’ex ministro Kyenge ha dichiarato che siamo tutti meticci. Si sbaglia. Qualasiasi buon dizionario glielo può spiegare”.


Ius soli, la lezione dimenticata del politologo Sartori
Sartori nel 2013 sosteneva: "Lo ius soli è un errore gravissimo, sarebbe un disastro in un paese con altissima disoccupazione. Aumenterebbe le file dei lavoratori sottopagati e la delinquenza per le strade, aggraverebbe tutti i nostri problemi"
Luca Romano - Sab, 17/06/2017

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 10325.html

Il politogo, ormai defunto, in un articolo del 2013 pubblicato sulle colonne del Corriere della Sera, tuonava contro la Kyenge e lo Ius soli. E scriveva: "Al momento mi occuperò solo di un caso che mi sembra di particolare importanza, il caso della Ministra "nera" Kyenge Kashetu nominata Ministro per l'Integrazione. Nata in Congo, si è laureata in Italia in medicina e si è specializzata in oculistica. Cosa ne sa di "integrazione", di ius soli e correlativamente di ius sanguinis?".

Il politologo poi continuava: "La ministra Kyenge spiega che il lavoro degli immigrati è "fattore di crescita", visto che quasi un imprenditore italiano su dieci è straniero. E quanti sono gli imprenditori italiani che sono contestualmente falliti? I dati dicono molti di più. Ma questi paragoni si fanno male, visto che "imprenditore" è parola elastica. Metti su un negozietto da quattro soldi e sei un imprenditore. E poi quanti sono gli immigrati che battono le strade e che le rendono pericolose? La brava Ministra ha anche scoperto che il nostro è un Paese "meticcio". Se lo Stato italiano le dà i soldi si compri un dizionarietto, e scoprirà che meticcio significa persona nata da genitore di razze (etnie) diverse. Per esempio il Brasile è un Paese molto meticcio. Ma l'Italia proprio no. La saggezza contadina insegnava "moglie e buoi dei paesi tuoi". E oggi, da noi, i matrimoni misti sono in genere ferocemente osteggiati proprio dagli islamici. Ma la più bella di tutte è che la nostra presunta esperta di immigrazione dà per scontato che i ragazzini africani e arabi nati in Italia sono eo ipso cittadini "integrati". Questa è da premio Nobel. Mai sentito parlare, signora Ministra, del sultanato di Delhi, che durò dal XIII al XVI secolo, e poi dell'Impero Moghul che controllò quasi tutto il continente Indiano tra il XVI secolo e l'arrivo delle Compagnie occidentali? All'ingrosso, circa un millennio di importante presenza e di dominio islamico. Eppure indù e musulmani non si sono mai integrati. Quando gli inglesi dopo la seconda guerra mondiale se ne andarono dall'India, furono costretti (controvoglia) a creare uno Stato islamico (il Pakistan) e a massicci e sanguinosi trasferimenti di popolazione. E da allora i due Stati sono sul piede di guerra l'uno contro l'altro".

Sartori poi aveva rincarato la dose a La Zanzara spiegando: "Lo ius soli è un errore gravissimo, sarebbe un disastro in un paese con altissima disoccupazione. Aumenterebbe le file dei lavoratori sottopagati e la delinquenza per le strade, aggraverebbe tutti i nostri problemi. Come idea è demente perché è dei paesi sottopopolati che vogliono nuova popolazione: sarebbe l’ultimo colpo per consentire l’accesso a tutti, migranti e clandestini".
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Re: Ius soli e cittadinanza

Messaggioda Berto » ven giu 16, 2017 8:35 am

Ius soli, norma approvata. Tutti italiani. Poi la Lega: “Scateniamo il Vietnam”
5 Aug 2015 di BENEDETTA BAIOCCHI

http://www.lindipendenzanuova.com/ius-s ... -della-rai

E’ una novità che rivoluzionerà la società e la cittadinanza. Ma sembra che la politica dorma e non colga il passaggio epocale. Anche i media non danno risalto alla notizia, si parla di più del cda rinnovato della Rai.
“Ius soli per i nati e cresciuti in Italia. Norma approvata in Commissione”. Le agenzie battono l’evento commentato a sinistra: “Molto bene. Ricordare sempre: chi vive tra noi deve godere degli stessi diritti e sottoporsi agli stessi doveri. Rispettare la parità uomo donna, non ricorrere a tribunali alternativi, convincersi che Stato e religione sono entità separate. Sono le conquiste di libertà e di civiltà dei nostri nonni”. Lo scrive sul suo profilo Facebook Riccardo Nencini, segretario Psi. In un panorama agostano desolante, il Psi è il primo titolo. Poi ci pensa il Pd: “Approvato in I commissione testo base su ius soli, cittadinanza per nati e cresciuti in Italia!”. Lo scrive su Twitter, Enzo Lattuca, componente Pd della commissione Affari costituzionali della Camera.
Poi, appena dopo, arriva l’altro commento: “Dopo mesi di discussione finalmente è stato approvato nella commissione Affari costituzionali il teso base sulla riforma della cittadinanza. La nostra proposta prevede uno ius soli temperato per chi nasce o cresce in Italia. È stato molto importante il lavoro di mediazione con gli altri partiti portato avanti con forte convinzione dalla relatrice Marilena Fabbri. Il nostro auspicio è di cercare il massimo consenso possibile quando in autunno il provvedimento arriverà in Aula. Una riforma importante per il Paese che dovrà riconoscere il diritto di cittadinanza per un milione di nuovi bambini italiani”. Lo afferma Khalid Chaouki, deputato del Pd e coordinatore intergruppo cittadinanza.
Infine ancora una voce da sinistra: ”Oggi un buon inizio per la legge sulla cittadinanza. E’ stato adottato il testo base di cui è relatrice Marilena Fabbri, del gruppo Pd, col voto della maggioranza, di Sel e l’astensione dei 5 stelle”. Lo afferma la deputata Barbara Pollastrini, della prima commissione della Camera, che ha licenziato il testo. ”Ora La responsabilità è portare e approvare al più presto la legge in Aula e dare a tanti bambini nati qua ciò che già vivono come un senso di sè: essere italiani. Questo sento anche come un mio impegno. E sono davvero pesanti e gravi le motivazioni della Lega per dire il loro no aggressivo a norma così sagge e umane. Quanto a FI, con la sua opposizione, sembra ormai destinata alla strada di una totale subalternità agli urli di Salvini”, conclude l’ex ministra per le Pari opportunità.
E gli altri? Spiaggiati. Si discute del nuovo cda della Rai appena nominato dalla commissione di vigilanza.
Poi, in serata, la replica guerrigliera della Lega.
Eccola.
“Il Pd prepara il cavallo di troia per l’africanizzazione forzata del paese. Contro lo Ius soli la Lega Nord scatenerà il Vietnam. Siamo pronti a barricate permanenti”. Così il deputato leghista Cristian Invernizzi, componente della commissione Affari costituzionali, dopo il primo ok, nella stessa commissione, al provvedimento che introduce lo Ius soli ‘soft’. E aggiunge: “Il Pd si conferma una pericolosa insidia per questo paese: quella dei parlamentari dem è un’operazione sistemica e scientifica per preparare il terreno all’invasione di immigrati. Forse il Partito democratico vuole andare a prendere in Africa i voti che non ha in Italia. Non possiamo permettere che passino come se niente fosse leggi suicide e ci opporremo con ogni mezzo che ci è consentito”, conclude Invernizzi.
Decisamente più moderato e democristiano l’approccio del centrodestra. “Area Popolare ha votato a favore del testo base per una questione puramente tecnica, ovvero affinché si vada avanti rapidamente e si entri nel vivo della fase emendativa. Sul tema dello ius solichiederemo al Governo e alla maggioranza un confronto ampio ed approfondito che dovra’ avere il suo tempo adeguato di discussione”. Lo dichiara, in una nota, Maurizio Lupi, presidente dei deputati di Area Popolare. Nutriamo numerose riserve nei confronti del testo base adottato ed e’ per questo che, nella fase della discussione e di dibattito in commissione, presenteremo i nostri emendamenti. Riteniamo, infatti, che l’automatismo tra nascita e diritto alla cittadinanza debba essere rivisto e che vada necessariamente legato ad un percorso formativo, una sorta di ius culturae. La cittadinanza e’ innanzitutto appartenenza ai nostri valori e alla nostra cultura: ti senti cioè italiano”, conclude Lupi.

E mi ke so e me sento veneto e no talian?
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Re: Ius soli e cittadinanza

Messaggioda Berto » ven giu 16, 2017 8:38 am

Ius soli, è sostituzione etnica: subito 800mila nuovi "italiani"
La sinistra forza la mano in Aula e prova a far approvare lo ius soli. Così la legge cambierà il voto al Paese: ogni anno 60mila nuovi italiani
Sergio Rame - Gio, 15/06/2017

http://www.ilgiornale.it/news/ius-soli- ... 09527.html

La legge sulla cittadinanza per gli immigrati di seconda generazione in Italia approda nell'Aula del Senato.

Lo fa senza che la commissione Affari costituzionali abbia terminato l'esame del ddl, da due anni fermo al palo, e dunque senza che il relatore abbia ricevuto mandato a riferire all'assemblea sui contenuti del provvedimento. A bloccare lo ius soli sono stati presentati ben ottomila emendamenti. Si è di fronte, insomma, a un macigno che indica quanto il ddl possa essere contrastato da una parte delle forze politiche.

Lo ius soli è "spinto" da Pd, Mdp e Sinistra italiana. A osteggiarlo ci sono Forza Italia e la Lega Nord che denunciano la "sostituzione etnica" degli italiani da parte di stranieri. I numeri danno ragione al centrodestra. Secondo i dati dell'Istat, pubblicati oggi da Repubblica, "al primo gennaio 2016 i minori stranieri nel nostro paese sono circa un milione, oltre un quinto della popolazione straniera complessiva". La maggioranza di questi sono appunto nati in Italia e, se dovesse diventare legge lo ius soli, in men che non si dica ci saranno subito 800mila nuovi "italiani". E non finisce qui. Secondo i ricercatori della Moressa, "l'introduzione dello ius soli temperato e dello ius culturae consentirà inoltre la naturalizzazione di quasi 60mila nuovi italiani ogni anno, sommando i figli degli immigrati nati in Italia e i nati all'estero che completano un quinquennio di scuola".

In parlamento, però, il centrodestra non sarà solo a combattere lo ius soli. Anche alla Camera il Movimento di Beppe Grillo non aveva votato la legge sulla cittadinanza e spiega che si comporterà coerentemente nell'altro ramo del Parlamento. "Tenuto nel cassetto per due anni da una maggioranza contro natura, che temeva scossoni al suo interno - scrivono i pentastellati sul blog di Beppe Grillo - oggi viene tirato fuori per dare un minimo contentino alla sinistra che Renzi torna a blandire". Se dal fronte di Alternativa popolare non sono annunciate criticità, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro, ammonisce: per chiarire, astensione al Senato è voto contrario.
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Re: Ius soli e cittadinanza

Messaggioda Berto » ven giu 16, 2017 8:51 am

???

Io, in Italia da 18 anni, vi spiego perché lo ius soli è una battaglia di civiltà
2017/06/16
di Brahim Maarad

http://espresso.repubblica.it/attualita ... a-1.304417

Giornalista, collaboratore del nostro giornale (per il quale ha seguito il caso Regeni), vive a Rimini da quando era bambino. Qui Maarad racconta cosa vuol dire sentirsi italiano ma non poterlo diventare per via della legge. E cosa cambierebbe per lui, e per altri giovani come lui, se fosse approvata la nuova norma

Le elezioni per ogni giornalista sono uno spasso. Settimane di campagna elettorale, incontri pubblici, scontri politici. I candidati che imparano a memoria il tuo numero. Le pizze in redazione durante lo spoglio. Le conferenze gongolanti dei nuovi sindaci. I comunicati rassegnati dei secondi arrivati. In questi dieci anni da giornalista ne ho seguite tante di campagne. Eppure non sono mai entrato in una cabina elettorale. Non ho mai votato in vita mia. E non di certo perché sono iscritto al partito degli astensionisti. Non voto perché non posso. Non sono italiano. Non ancora. Nonostante vivessi in Italia da diciotto anni. Praticamente una seconda maggiore età. Solo che questa è inutile perché non segna alcun passaggio.

Potrei votare in Marocco, il mio paese d’origine. Ma chi li conosce i candidati? La terra che mi ha dato i natali è per me ormai meta di vacanze da quando ho compiuto i dieci anni. La mia storia è quella di oltre ottocentomila ragazzi di seconda generazione. Nati o cresciuti in Italia ma sempre stranieri. Almeno fino a quando non sarà approvata la legge dello ius soli, approdata ieri al Senato, tra gli spintoni dei leghisti e le barricate dei forzanovisti. Per percorrere il tragitto tra la Camera e Palazzo Madama le ci sono voluti quasi due anni. La frustrante lentezza di un Paese che non vuole vedere il cambiamento.

Non è una legge qualunque. È un atto di civiltà. Un riconoscimento a una generazione di orfani di cittadinanza. Perché spesso quei ragazzi crescono pensando di essere italiani. Di solito scoprono di essere stranieri quando devono salutare i loro compagni di classe che partono in gita perché a loro non serve un visto. E più ci vivono in Italia e più si rendono conto di non essere italiani per lo Stato. Si laureano ma non possono accedere a tante professioni, si allenano ma non saranno mai dei militari. Possono essere tra i più preparati ma difficilmente potranno partecipare ai concorsi pubblici. Ogni loro viaggio deve essere preceduto dalla verifica se sia necessario o meno il passaporto italiano. Poco importa se sia una vacanza o un Erasmus fuori dalla Ue. Vivono sulla loro pelle ogni campagna elettorale, dalle circoscrizioni alle politiche, ma nessuno può avere il loro voto. Invece che davanti ai seggi, loro fanno le file davanti alle questure per rinnovare il permesso di soggiorno. Il documento per eccellenza degli stranieri. Con il rischio di perdere pure quello quando manca un contratto di lavoro o magari non c'è più l'appoggio della famiglia. C'è persino che si è ritrovato clandestino perché non era abbastanza ricco per permettersi un rinnovo. E non erano delinquenti, ma studenti universitari che sognavano un futuro in questo Paese. In tanti casi sono esclusi pure dal diritto di ricevere contributi assistenziali. Perché spesso il "prima gli italiani" è legge.

Sono i miei diciotto anni in Italia. Tanti riconoscimenti, sicuramente, ma troppe rinunce. Sentirsi quotidianamente ospite del Paese che vorresti servire con passione e dedizione. Risultare una possibile minaccia anche quando nessuno può mettere in dubbio la tua integrazione. Sentirsi addosso quell'etichetta di "extracomunitario" perenne. Avere la certezza di non poter mai, nonostante ogni merito, ottenere un posto in prima fila. E questo vale anche per chi in Italia ci è nato e magari nel paese dei propri genitori non ci è mai stato.

È vero, una legge per la cittadinanza c'è già. Se volessi potrei fare domanda e, forse, ottenerla. Dovrei solo compilare una decina di moduli, tornare nel paese dove sono nato e chiedere un certificato che dimostri che durante i miei primi dieci anni di vita non ho commesso alcun reato, autenticare tutto al Ministero degli Esteri, tradurlo e legalizzarlo al Consolato italiano e inviarlo agli Interni. Il tutto dopo aver pagato tasse e marche da bollo per diverse centinaia di euro. Trascorsi tre o quattro anni potrei ricevere la comunicazione per andare a fare il giuramento davanti a un sindaco che ho seguito in campagna elettorale.

Con lo ius soli la politica ha l'ultima occasione per dimostrare di avere quella minima lungimiranza per essere degna di rappresentare l'Italia vera, non solo quella elettorale. Se fallisse anche questa sarei molto indeciso tra fare domanda per diventare italiano come voglio o lasciare definitivamente l'Italia che non mi vuole.

???
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Re: Ius soli e cittadinanza

Messaggioda Berto » ven giu 16, 2017 8:52 am

Nazismo maomettano = Islam = dhimmitudine = apartheid = razzismo = sterminio
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Islam e democrazia
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Democrazia etnica, apartheid e dhimmitudine
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Re: Ius soli e cittadinanza

Messaggioda Berto » ven giu 16, 2017 8:58 am

Diritti Umani Universali che non esistono
viewtopic.php?f=25&t=2584



Non esiste alcun diritto alla cittadinanza del mondo, poiché non esiste alcuna cittadinanza del mondo!

La cittadinanza esiste soltanto legata alle varie città, ai vari paesi, alle varie nazioni e ai vari stati.

L'idea della cittadinanza mondiale è come quella funesta secondo cui la proprietà è un furto;
oppure come quella, altrettanto funesta, che la terra sarebbe in ogni sua parte indistintamente di tutti;
o come quella che le religioni sono tutte uguali e che gli idoli di ogni religione sono D-o;
o come quella che il terrorista assassino Maometto, fondatore del nazismo maomettano sia stato un santo, un uomo buono paragonabile all'ebreo Cristo e che l'Islam è una religione/ideologia politico religiosa che migliora l'umanità, che diffonde l'amore, la pace e la fratellanza.


La proprietà non è un furto e un male ma un bene prezioso e rubare non è un bene ma un male
viewtopic.php?f=141&t=2495

La proprietà può essere un bene pubblico o privato.

Il territorio di uno stato è una proprietà o bene pubblico, di tutti i cittadini, come la terra e la casa di un qualsiasi cittadino è una proprietà e un bene privato.

Violare la proprietà di un privato è un reato, un delitto; allo stesso modo violare il territorio di uno stato è un reato, un delitto contro la proprietà pubblica.
La terra non è proprietà di tutti gli uomini indistintamente ma ogni territorio è proprietà di una qualche comunità particolare e pertanto chi non appartiene a quella comunità non può esercitare alcun diritto di proprietà.

Anche la cittadinanza è un bene pubblico, della città o paese o nazione che appartiene a tutti i suoi cittadini.

La cittadinanza come i suoi diritti e doveri civili di cittadinanza non sono beni umani universali ma beni che appartengono soltanto ai membri di quella comunità, di quella città.
Nell'elenco dei Diritti Umani Universali vi sono anche il diritto alla proprietà e alla cittadinanza ma tali diritti, ogni uomo, li esplica o li può esercitare soltanto nella propria terra e nella propria città o paese o nazione o stato e non in quella degli altri.




??? ???

Principi di una vera cittadinanza
Giancarlo
22 novembre 2008

http://notedipastoralegiovanile.it/inde ... i&Itemid=1

Principi di una vera cittadinanza - Tarcisio Bertone

1. Omaggio a Pirandello

È per me un grande onore presenziare a un atto così solenne in questo teatro che porta il nome del vostro illustre concittadino Luigi Pirandello. Premio Nobel per la letteratura nel 1934, Pirandello mi ha sempre colpito per la profondità con cui analizza l’esistenza umana, per l’inquietudine e la solitudine a tratti disperata della sua vita che definiva “l’involontario soggiorno sulla terra”, per la capacità d’introspezione con cui entra in se stesso chiamandosi scherzosamente “figlio del caos” e più in generale per il suo tentativo di penetrare nel mistero dell’uomo. Nel 1926, dieci anni prima della morte, pubblica il suo ultimo romanzo, frutto di una lunga gestazione - il ben noto Uno, nessuno e centomila - intessuto di interrogativi che il protagonista rivolge direttamente al lettore coinvolgendolo in una vicenda universale. Le tematiche che abborda sono di perenne attualità e stimolano una riflessione che in fondo è ricerca della verità, ricerca del senso della vita nella sua complessità umana, sociale e spirituale.

2. Il premio internazionale “Empedocle”

Alla ricerca del senso della vita, ricerca indispensabile per costruire una società solidale e aperta alla speranza, vuole offrire un proprio contributo anche l’Accademia di Studi Mediterranei di Agrigento, che – come mi scriveva la Signora Assunta Gallo Afflitto, Presidente Onorario, che ringrazio per il cortese invito – ha cercato di realizzare il “Bello” attraverso la cultura intesa come trasmissione di saperi e di ideali, coltivati cercando di “capire e di trovare i fili nascosti del passato che conducono al presente”. È in quest’ottica che si colloca ed assume il suo giusto valore il conferimento del premio internazionale “Empedocle” assegnato ogni anno – siamo alla XVIª edizione – a personalità del campo della scienza, della filosofia e della cultura cristiana. Mi sento onorato per essere stato scelto quest’anno come destinatario del premio per le scienze umane. Esso è in memoria di Paolo Borsellino – sono lieto di salutare la moglie Donna Agnese, qui presente -, nobile esempio di magistrato al servizio dello Stato, caduto sulla breccia il 19 luglio del 1992 insieme agli uomini della sua scorta, 57 giorni appena dopo la strage di Capaci che segnò la morte di un altro magistrato amico di Borsellino, Giovanni Falcone. Grazie pertanto per questo alto riconoscimento; grazie per l’affetto e la stima con cui mi avete accolto in questa vostra Città di Agrigento che Pindaro, poeta greco del V secolo a.C, definì: “la più bella città dei mortali” e che nell’antichità era ritenuta una delle tre metropoli accanto ad Atene e Siracusa.

3. La Cittadinanza onoraria

Come allora non sentirmi profondamente emozionato per la scelta dell’Amministrazione comunale di associarmi alla vostra comunità come cittadino onorario? Grazie di cuore anche per questo gesto, che considero un atto di omaggio non tanto alla mia persona quanto al ruolo che la Provvidenza mi ha chiamato a ricoprire al servizio diretto del Santo Padre Benedetto XVI. Di lui mi preme trasmettervi il saluto cordiale e l’apostolica benedizione che invia a voi qui presenti ed estende all’intera popolazione di Agrigento. Con questi sentimenti saluto Lei, Signor Sindaco, e gli altri Amministratori locali, provinciali e regionali presenti; saluto l’Arcivescovo, i sacerdoti, le autorità e le personalità che sono intervenute; saluto con affetto tutti voi, cari amici, che affollate questo teatro in una circostanza così significativa. E’ per me un vero piacere trovarmi in mezzo a voi, attorniato dalla cordialità tipica dei siciliani, insieme a tanti illustri rappresentanti delle istituzioni della cultura, della politica, della vita civile ed ecclesiale. Ricevere un premio porta con sé la responsabilità e l’impegno a tradurre in atti concreti le motivazioni che lo giustificano, tanto più quando è promosso da un’Accademia come la vostra che ha così nobili ed alti ideali. Il premio che oggi mi viene conferito è per me stimolo ad un ulteriore sforzo nel servire la causa dell’uomo, a difenderne la vita e la dignità per costruire una società libera e solidale; è ragione per contribuire con il mio servizio di Segretario di Stato di Sua Santità ad improntare la comunità mondiale ai valori della giustizia e della pace, incrementando la diffusione di quella che già Paolo VI, ed ancor più Giovanni Paolo II e l’attuale Pontefice Benedetto XVI ripetutamente hanno definito la “civiltà dell’amore”.

4. Principi su cui radicare la propria cittadinanza

Sono così giunto, cari amici, al tema che vorrei affrontare in questo nostro incontro, alla riflessione che mi piacerebbe condividere con voi e che concerne i “principi su cui radicare e vivere la propria cittadinanza” per dar vita appunto a un mondo più giusto e solidale, vivificato da una speranza che si traduca in operosità quotidiana al servizio del bene comune.
Fra non molti giorni , il 10 dicembre p.v., commemoreremo il 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, occasione quanto mai propizia per domandarci quanta strada l’umanità abbia percorso in questi 6 decenni rispetto a un reale riconoscimento dei diritti umani in ogni parte del mondo; quanto cammino resti da fare perché ogni essere umano si senta a pieno titolo cittadino del nostro pianeta; quale sforzo sia necessario nell’epoca della globalizzazione per dar vita a un dialogo capace di sfociare in una pace duratura, per concretizzare una giustizia non solo formale e una solidarietà che sia effettiva condivisione delle disponibili risorse materiali, umane e culturali. Ci si può infine chiedere quale futuro sia possibile costruire insieme e come costruirlo. Tutti questi interrogativi mi affollano la mente in questo momento.

5. L’onestà è un bene a vantaggio di tutti

Mi torna alla memoria una illuminante affermazione di Giovanni Paolo II contenuta nell’enciclica Centesimus annus del 1991: “L’uomo tende verso il bene – scriveva Papa Woytjla – ma è pure capace di male; può trascendere il suo interesse immediato e, tuttavia, rimanere a esso legato”. “L’ordine sociale sarà tanto più solido – egli proseguiva – quanto più terrà conto di questo fatto e non opporrà l’interesse personale a quello della società nel suo insieme, ma cercherà piuttosto i modi della loro fruttuosa collaborazione” (n.25). Intravediamo qui un criterio realistico di fondo molto efficace: puntare cioè sui comportamenti virtuosi dell’uomo è non solo un valore, ma un bisogno. Poiché la corruzione e la carenza di onestà, a qualsiasi livello della vita sociale ed economica si registri, non sono solo un male, ma hanno pure un grave costo sociale ed economico. Pertanto, rifiutare comportamenti disonesti è un bene che reca vantaggi effettivi per tutti. Ecco perché vanno incentivati i comportamenti onesti e puniti quelli disonesti. Esprimo la mia ammirazione per il coraggio dimostrato nei giorni scorsi da un gruppo di imprenditori, che hanno risentito e tradotto in impegno concreto, il grido-denuncia di Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi. Illuminante è al riguardo una nota del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace di due anni or sono che tratta un tema sempre attuale, quello della “lotta alla corruzione” (Nota La lotta contro la corruzione, 21 settembre 2006). Occorre scardinare una idea di fondo che spesso sembra guidare il pensare e l’agire della società contemporanea impregnata di un pervasivo individualismo che porta a un pericoloso relativismo culturale ed etico. Il vantaggio personale ricercato e costruito in modo disonesto, non va solo a danno della società, ma finisce per danneggiare lo stesso individuo. La beata Madre Teresa di Calcutta, che con le sue attività a servizio dei poveri più poveri toccava il cuore di molti, amava ripetere che non si può essere felici da soli, che non è pensabile raggiungere una vera felicità dimenticando, peggio sfruttando gli altri.

6. Obblighi e doveri di ogni cittadino

La realizzazione di ogni diritto comporta la consapevole applicazione dei relativi doveri: non c’è insomma diritto reale senza corrispettivo dovere. A questo proposito mi sia permesso semplicemente accennare al fatto che oggi si parla spesso più che di diritti “umani” di diritti “individuali” trasformando desideri da soddisfare in diritti senza un vero fondamento ontologico e quindi universale. Ecco perché mi pare quanto mai opportuno riaffermare che i diritti umani sono universali non perché approvati e riconosciuti da maggioranze parlamentari o della pubblica opinione, bensì perché poggiano sulla natura dell’essere umano, che resta inalterata pur nel mutare delle condizioni sociali e storiche. Proprio per tale ragione, tutti i cittadini membri di una medesima comunità, hanno diritti correlati a corrispondenti doveri. La parola chiave è in proposito: responsabilità. Un'autentica democrazia non può in effetti costituirsi senza una forte assunzione, individuale e collettiva, di condivise responsabilità. Ed è in questa stessa direzione che occorre promuovere ed educare le nuove generazioni, contrastando quelle tendenze egoistiche che spingono a preoccuparsi unicamente dei propri interessi presenti senza tener conto del bene comune di oggi e di domani.

7. Carta dei doveri del cittadino

Il nostro secolo è stato giustamente definito «il secolo dei diritti», perché l'uomo ha preso coscienza di essere titolare di fondamentali esigenze che l'ordinamento giuridico è tenuto a riconoscere e a garantire, e perché la stessa comunità ha superato la nozione di sudditanza per approdare a quella di cittadinanza, mettendo in positiva discussione quel “progetto” di organizzazione dei rapporti tra cittadini e istituzioni, quel “sistema integrale ed integrato di diritti e di doveri, che ha costituito e deve tuttora costituire la misura e insieme il terreno di sviluppo di una convivenza solidale e responsabile nel Paese” (Doc. Stato sociale ed educazione alla socialità, n. 1). Si spiega così, in questo contesto, il fiorire - anche a livello internazionale - di Carte dei diritti del cittadino e di Carte dei diritti riguardanti soggetti particolarmente deboli, quali le donne, i minori, gli handicappati, gli anziani, ecc. Sarebbe però, oggi, assai opportuno porre mano alla stesura di una Carta dei doveri del cittadino, che integri le carte dei diritti e richiami ad ogni cittadino le sue responsabilità in ordine alla costruzione di una società – città, nazione e comunità internazione - che sia autentica “casa comune” di tutti, nessuno escluso.
Non si tratta certo di enfatizzare i doveri nei confronti della collettività, e delle istituzioni, per restringere o eliminare la sfera dei diritti del singolo. Si tratta invece di richiamare i doveri, affinché l'intero corpo sociale possa adeguatamente svolgere le proprie funzioni. Di fronte ai pericoli di un reale svuotamento della cittadinanza effettiva – intendendo per cittadinanza l’abilitazione di ogni persona a sentirsi compartecipe a pieno titolo delle sorti della propria comunità – , appare essenziale che ogni cittadino, cosciente della propria dignità di compartecipe della vita sociale, attivi tutte le sue potenzialità e costruisca insieme con gli altri una migliore casa comune. Più in profondità occorre rilevare che non si può costruire una comunità più giusta ed umana senza un disegno organico, senza una chiara visione dello “Stato” e della società di cui si è parte, e senza una visione lucida ed integrale della dignità dell’uomo e dei suoi complessi rapporti sociali. Indubbiamente una «Carta dei doveri del cittadino» non si esaurisce in una formale elencazione dei doveri del singolo nei confronti delle istituzioni e della società; è piuttosto un’educazione ad accettare la sfida indispensabile di assumersi in prima persona, con coraggio, le proprie responsabilità.

8. Doveri su cui radicare la cittadinanza

Ciò che più interessa è allora individuare alcuni principi e doveri su cui radicare e vivere la propria cittadinanza. Ed allo scopo di stimolare una approfondita riflessione a questo riguardo, vorrei qui indicarne alcuni.

A. Il dovere della partecipazione
Un primo fondamentale dovere del cittadino è quello della partecipazione alla costruzione di una buona convivenza per tutti. Nella “Nota dottrinale circa l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica”, pubblicata dalla Congregazione della Dottrina della Fede nel gennaio del 2003, proprio al n. 1 si legge che: “La vita in un sistema politico democratico non potrebbe svolgersi proficuamente senza l’attivo, responsabile e generoso coinvolgimento da parte di tutti, sia pure con diversità e complementarità di forme, livelli, compiti e responsabilità”. Si parla qui del coinvolgimento responsabile di ciascuno nel pieno rispetto di ogni specifica competenza, per il fatto che l'uomo si realizza compiutamente solo nella relazione con gli altri e anche perché è del tutto illusorio pensare di riuscire a preservare la propria vita rifugiandosi nel privato, dal momento che i problemi della collettività condizionano pesantemente anche l'esistenza del singolo. È invece indispensabile che il cittadino si riappropri della politica, la quale soprattutto oggi, per essere adeguata alle accresciute esigenze collettive, deve essere espressione di un impegno insieme personale e sociale. Va ricordato infatti che, accanto alle scelte alle quali si è chiamati alle scadenze elettorali, non si fa politica solo nei partiti e prendendo parte alle dinamiche interne che li segnano; al contrario si può e si deve fare politica anche nella società civile, impegnandosi per leggi giuste e attente ai reali bisogni della gente, per scelte condivise che rispettino e promuovano il vero ed autentico bene comune.
Che cosa significa accogliere il punto di vista dell’etica del bene comune? Per rispondere conviene chiarire che il tema centrale della dottrina sociale della Chiesa, cioè il fine cui essa mira, è quello dell’ordine sociale non solamente giusto, ma anche fraterno. In un mio saggio sull’etica del bene comune, facevo presente che a nulla gioverebbe, infatti, ridistribuire equamente una ricchezza che fosse stata ottenuta in modo efficiente ma offendendo la dignità di coloro che hanno concorso a produrla. Cosa ce ne faremmo di una società civile come sfera d’azione separata dalla società politica? Ecco perché l’agire socio-politico non può essere riduttivamente concepito nei termini di tutto ciò che serve ad assicurare la convivenza sociale (istituzioni, regole, strumenti), ma deve anche, e soprattutto, assicurare la vita “fraterna” in comune… Ne deriva che l’impegno socio-politico appartiene alla concezione cristiana della vita umana e quindi una critica morale alla vita politica va giudicata pertinente, non giustapposta, all’argomentazione politica (cfr L’etica del bene comune nella dottrina sociale della Chiesa, LEV 2008, pp.57-61).
A tale riguardo, rivolgendosi specialmente ai fedeli cattolici chiamati a testimoniare il Vangelo in ogni ambito della società, il Papa Giovanni Paolo II, rifacendosi all’insegnamento del Concilio Vaticano II, nell’Esortazione apostolica Christifideles laici, al n. 42, afferma che: “i fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla ‘politica’, ossia alla molteplice e varia azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune”.
Per i cristiani poi la carità, che taluni intendono esclusivamente come aiuto e sostegno al singolo sofferente, è in realtà una virtù che punta a incidere positivamente nella società e al suo reale miglioramento. Lo ha ben ricordato Benedetto XVI nella sua prima enciclica Deus caritas est, dove nella seconda parte approfondisce gli aspetti concreti dell’amore di Dio da tradurre in gesti di servizio all’uomo e alla comunità. L’amore è risposta ai bisogni delle persone e questo comporta necessariamente cambiamenti nella società e nelle istituzioni. La carità è anche lotta per la rimozione delle «strutture sociali di peccato», è lotta alla corruzione e all’ingiustizia. Impegno questo che non può essere delegato esclusivamente a chi fa politica in senso stresso: è piuttosto una responsabilità che interessa tutti; una responsabilità che trova nella giustizia e nella carità i suoi stimoli più forti ed efficaci.

B. Una prudenza sociale e politica
Per svolgere adeguatamente questa funzione di concreta partecipazione politica si richiede poi un’intelligenza critica - potremmo dire una prudenza sociale e politica - capace di individuare e di comprendere i reali rapporti esistenti nella comunità, gli effettivi schieramenti degli interessi in conflitto, le forze reali - anche se occulte - che operano nel tessuto sociale e che spesso lo condizionano, come pure i pericoli di manipolazione a cui si è purtroppo sottoposti. Senza un'adeguata vigilanza e un'attenta valutazione delle situazioni e dei problemi, la partecipazione rischia di divenire meramente declamatoria e il cittadino, sostanzialmente suddito, corre il pericolo di essere incanalato - specie nell'attuale società telematica e della comunicazione di massa - in una democrazia formale, che è l'antitesi di una vera democrazia diffusa. Questo dovere di discernimento impone la ricerca di strumenti di conoscenza, di analisi e di controllo, che aiutino a valutare in modo oggettivo la realtà che i vari poteri sono spesso tentati di rappresentare in modo interessato o deformato. Per questo i singoli avranno il compito di vigilare affinché anche lo Stato, per il fatto che si compone di persone ed è chiamato ad essere una comunità solidale, si adoperi per far rispettare, favorire ed esigere che vengano attuate tutte quelle condizioni che permettono alle persone di realizzarsi armonicamente: sia nella dimensione di autonomia, creatività e responsabilità personali, sia nella dimensione di interdipendenza e di solidarietà sociale.

C. L’esercizio effettivo dei propri diritti
Da ciò consegue che è dovere del cittadino esercitare effettivamente i suoi diritti, sia individuali che sociali. Vi è un dovere di denuncia delle ingiustizie e delle illegalità; un dovere di vigilanza sull'adempimento delle pubbliche funzioni e sul loro corretto esercizio; un dovere di esigere costantemente che i propri diritti siano rispettati, perché ogni violazione di un proprio e singolare diritto individuale facilita e incrementa la violazione dei diritti degli altri. Atteggiamenti di rinuncia e di paura spesso si traducono - al di là delle intenzioni - in sostanziale copertura e omertà.

D. Impegno per lo sviluppo dei diritti
È ancora dovere del cittadino impegnarsi in prima persona per lo sviluppo della propria sfera di diritti. Il cittadino non può in effetti aspettare che altri, privati o istituzioni, si preoccupino di dare risposte ai suoi problemi e di promuovere il superamento delle sue difficoltà. Il cittadino responsabile sa attivare le proprie potenzialità positive per divenire sempre più soggetto libero e artefice della storia propria e collettiva.

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E. Aprirsi alla dimensione universale
Nel pianeta, diventato oggi un “villaggio globale”, è dovere di ogni persona non solo preoccuparsi della propria comunità sia essa locale e nazionale, ma aprirsi ai problemi dell'intera comunità umana. Per le profonde interconnessioni ormai esistenti si è infatti cittadini del mondo intero – ed io lo sperimento ogni giorno a 360° nella missione che svolgo - e va contrastata la tendenza a chiudersi in sterili localismi condizionati da una visione miope della vita sociale. Ciò non impedisce certo la giusta valorizzazione delle autonomie locali, che al contrario vanno salvaguardate perché il cittadino non diventi un anonimo abitante di un mondo spersonalizzato.

F. Aprirsi al futuro
Infine è dovere del cittadino non chiudersi nel presente, dimenticando il suo passato e disinteressandosi del futuro. Vi sono doveri nei confronti non solo di coloro che vivono con noi, bensì pure verso chi verrà dopo di noi; siamo responsabili del nostro e dell’altrui avvenire e non possiamo pregiudicare la vita delle nuove generazioni, ad esempio, con un selvaggio sfruttamento delle risorse ambientali. Quanto meriterebbe di essere approfondito questo discorso, considerando i disastri ecologici, i dissesti ambientali causati proprio da un uso egoistico delle risorse attuali dell’umanità! Indubbiamente potremmo ancor più addentrarci nell’argomento che è di grande attualità. Mi limito a queste semplici riflessioni e a poche indicazioni da integrare e sviluppare nella vita di tutti i giorni, tenendo sempre ben chiaro alla mente quel principio che enunciavo all’inizio e cioè: il perseguimento dei propri diritti e di quelli degli altri, passa attraverso la personale e comunitaria piena assunzione delle proprie responsabilità, secondo le regole dell’umana convivenza e dei dettami della democrazia improntata a principi e valori etici e morali.

9. I principi di responsabilità, di sussidiarietà e di solidarietà

Prima di concludere questo mio intervento, mi sia permesso di ribadire il principio di responsabilità, strettamente legato ai principi di sussidiarietà e di solidarietà. Questo principio implica che ogni cittadino, sentendosi responsabile, è portato ad assumere in prima persona il dovere di una attiva e creativa partecipazione alla costruzione del bene comune.
Il principio di responsabilità richiama, ad esempio, il pubblico amministratore o il funzionario a svolgere i suoi compiti e ad utilizzare i beni pubblici e le risorse collettive a lui affidate con la diligenza che il «paterfamilias» adotterebbe nei confronti delle cose di casa sua, e a ritenersi responsabile verso il cittadino che si rivolge a lui. Richiama anche l'operatore dei mezzi di informazione a rispettare la verità dei fatti e ad essere leale nei confronti della comunità e della buona fede dei cittadini, a salvaguardarne con un servizio imparziale la dignità e ad essere rispettoso di ogni persona coinvolta nell’ambito di ogni singola notizia ed informazione.
Il principio di responsabilità chiede anche ad ogni cittadino l'osservanza delle leggi, non solo e non tanto per timore delle sanzioni, quanto principalmente per dovere di partecipazione e di solidarietà. Esso invita anche chi si sente portatore di fondate ragioni di dissenso, ad esprimerle con chiarezza e nei modi previsti dalle regole della convivenza, consapevole che spesso nella storia l'obiezione aperta e argomentata e l’obbedienza a principi più alti della legge naturale scritta nel cuore (cf. Rm 2,14-15) hanno fatto da guida all’innovazione creativa e al cambiamento.
Da parte loro lo Stato e le istituzioni hanno il compito di creare le strutture giuridiche e favorire le condizioni culturali adatte che rendano possibile ai cittadini l'esercizio di questo principio. In proposito Giovanni Paolo II, nell’enciclica Sollicitudo rei socialis, al n. 44, affermava che “la «salute» di una comunità politica in quanto si esprime mediante la libera partecipazione e responsabilità di tutti i cittadini alla cosa pubblica, la sicurezza del diritto, il rispetto e la promozione dei diritti umani, è condizione necessaria e garanzia sicura di sviluppo di «tutto l'uomo e di tutti gli uomini”.

10. Conclusione: ritrovare l’unità tra fede e ragione

Sorge qui spontanea una domanda: è possibile tutto questo semplicemente facendo appello a risorse umane? La vostra Accademia di Studi Mediterranei intende rilanciare un messaggio più “alto”, che senza nulla togliere alle capacità umane, richiami il “Bene” e il “Bello”, la verità e l’amore che si intrecciano nell’incontro tra Dio e l’uomo perché senza Dio l’uomo non può realizzare appieno se stesso. Per questo, come ripete Benedetto XVI, in ogni campo del vivere umano è necessario ritrovare l'unità tra fede e ragione, tra la dimensione materiale e quella spirituale in una visione integrale dell’uomo e del mondo. Si tratta, a ben vedere, di una necessità vitale in quanto il dramma della loro separazione ha portato e continua a portare ancora oggi a conseguenze nefaste. La ben nota enciclica Fides et Ratio di Giovanni Paolo II, al n. 45, ricorda che tra le conseguenze della separazione tra fede e ragione verificatesi nel corso dei secoli c’è anche quella di una diffidenza sempre più forte nei confronti della stessa ragione. “Alcuni – osserva il Papa - iniziarono a professare una sfiducia generale, scettica e agnostica, o per riservare più spazio alla fede o per screditarne ogni possibile riferimento razionale”. Non posso non chiudere senza rilanciare un appello soprattutto ai credenti perché siano testimoni con la vita di questa verità, recuperando l’unità profonda che rende la fede e la ragione capaci di essere coerenti con la loro natura nel rispetto della reciproca autonomia. Alla parresia della fede deve corrispondere l’audacia della ragione” (Fides et Ratio, n. 48). Soltanto se si impegna a sviluppare la propria vocazione nel mondo lasciandosi rinnovare nel cuore da Dio, il cristiano diviene testimone e costruttore della speranza che è in noi (cfr. 1Pt. 3, 15). Ecco la sfida che tutti ci interpella; la missione che tutti ci accomuna.
La presenza del cristiano nel mondo non potrà mai essere ridotta a un mero fatto privato, perché ciò in cui crede non è da nascondere, ma, invece, da partecipare. I valori che appartengono alla fede non sono estranei a quelli che la natura conserva e la ragione raggiunge; sono condivisibili con tutti.
Igino Giordani, deputato della prima generazione democristiana, costituente, ora Servo di Dio - nel suo saggio “Le due città”, scriveva: «Ora, la Chiesa che compie questa missione di vita contro la morte, non sta solo in chiesa (quella fatta di mura) né in canonica, né in convento, sta anche in casa e per istrada, nell’officina e nei campi, persino in banca e in parlamento… E’ la storia, è la vita che s’incarica di dar ragione all’universalità cristiana, la quale lotta, tra vessazioni e incomprensioni, da secoli, per abbattere i settori, onde è frantumata l’unica famiglia» (Città Nuova 1961, p. 490-491).
Giuseppe Tovini (1841-1897), avvocato e banchiere, padre di dieci figli, recentemente beatificato da Giovanni Paolo II, preoccupato della difesa della fede, ebbe ad affermare durante un congresso: «i nostri figli senza la fede non saranno mai ricchi, con la fede non saranno mai poveri».
Impegniamoci a incarnare e a trasmettere anche questi messaggi.


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Io aggiungerei la libertà di vivere la spiritualità universale fuori dalle fedi delle varie religioni ove essa è costretta; e la libertà di pensiero e di critica a tutte le idolatrie religiose o religioni.
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Re: Ius soli e cittadinanza

Messaggioda Berto » ven giu 16, 2017 9:19 pm

Cinque "no" allo ius soli
Le tutele esistono già, la norma non ha senso. Ben 160 Paesi nel mondo non la applicano o la hanno edulcorata
Riccardo Pelliccetti - Ven, 16/06/2017

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 09848.html

L a sinistra forza la mano ed è scontro durissimo al Senato sullo ius soli. Perché tutta questa bagarre? Cosa si nasconde dietro questa legge che i progressisti vogliono approvare a tutti i costi? Cominciamo col dire sinteticamente che lo ius soli è di fatto la concessione automatica della cittadinanza a chiunque nasca nel nostro Paese, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori.

Ma cerchiamo di chiarire il perché non possa funzionare in Italia e quali rischi si correrebbero trasformando lo ius soli in legge.


LE MOTIVAZIONI ASSURDE

Le motivazioni addotte per giustificare questo colpo di mano sono essenzialmente due, depurate naturalmente dai tanti deliri buonisti: il diritto all'uguaglianza e la presenza di troppi immigrati in attesa di diventare cittadini. Ebbene, sono entrambe ragioni che non stanno in piedi. La prima è addirittura una fandonia perché in Italia non viene violato alcun principio di uguaglianza: tutti i minori, a prescindere dalla cittadinanza, godono degli stessi diritti, dall'istruzione alle cure sanitarie fino all'iscrizione a società sportive o ad altre associazioni. La seconda motivazione, invece, è inaccettabile perché di fatto affermerebbe il principio della scorciatoia (con tutte le conseguenze che vedremo nel caso ius soli), negato ad esempio a milioni di italiani in attesa di una sentenza civile o penale, di un ricorso fiscale, di riscuotere un credito dallo Stato, di ricevere una cura sperimentale eccetera.


PERCHÉ NESSUN PAESE LO ADOTTA

Se 160 Paesi nel mondo non applicano lo ius soli ci sarà un motivo o vogliamo definirli tutti xenofobi? Detto che lo ius soli è tipico dei Paesi anglosassoni, soprattutto il Nord America, territorio d'immigrazione, bisogna ricordare che la Gran Bretagna e l'Eire, dove era in vigore, hanno deciso di abolirlo, rispettivamente nel 1983 e nel 2005. Anche la Germania, che applica lo ius soli, ha messo dei rigidi paletti: cittadinanza ai nuovi nati solo se i genitori hanno un permesso di soggiorno da tre anni e risiedano nel Paese da almeno otto anni. Perché nel mondo allora nessuno lo adotta? Semplice: per tutelare la cultura e l'identità della popolazione e, quindi, la sua sopravvivenza, messa a rischio da uno sbilanciamento etnico e demografico con generazioni che per cultura e fede difficilmente potranno integrarsi nella comunità nazionale.


CONSEGUENZE SOCIO ECONOMICHE

Se la legge entrasse in vigore, immediatamente quasi un milione di stranieri diventerebbero cittadini italiani. La «cittadinanza facile», provocherebbe un'altra spinta all'immigrazione, già a livelli insostenibili, aumentando il peso sul sistema sanitario, sulla previdenza e sull'occupazione. Nel 2016 quasi 200mila stranieri hanno ottenuto la cittadinanza italiana senza ius soli e il ritmo cresce di anno in anno. Di fronte a questi numeri si comprende quanto sia inutile una maggiore apertura. Nelle classifiche mondiali del net immigration rate (che tiene conto di immigrati ed emigrati), l'Italia figura fra i Paesi in vetta, davanti a Londra, Madrid, Lisbona. Un tasso elevato, come rilevano questi istituti di statistica, può provocare crescente disoccupazione e conflitti etnici. E la riduzione di forza lavoro in settori chiave, se continuasse la fuga all'estero dei giovani italiani.


NON INTEGRAZIONE MA INVASIONE

L'introduzione dello ius soli, come dicevamo, invece di favorire l'integrazione aprirebbe la strada a un'ulteriore immigrazione senza alcuna integrazione. Quanti stranieri approfitterebbero subito della politica delle porte aperte per far nascere i figli in Italia? Consapevoli degli scarsi controlli, sarebbero incoraggiati dalle nostre stesse leggi. Non esiste un'immigrazione contingentata e proporzionata alle necessità dell'Italia. Ma non solo. I migranti che sbarcano negli ultimi anni provengono in stragrande maggioranza da Paesi musulmani, con una fede e una cultura del diritto troppo lontana da quella occidentale che, è sotto gli occhi di tutti, sono pochi a voler far propria. La stessa Istat, nelle recenti proiezioni demografiche dei prossimi 40 anni senza lo ius soli, ha rilevato che la popolazione straniera potrebbe attestarsi a 20 milioni di persone. Che succederebbe con lo ius soli in vigore? Probabilmente in 20-30 anni, gli stranieri supererebbero la popolazione italiana e, acquisendo cittadinanza e diritto di voto, cambierebbero totalmente non solo gli equilibri sociali ma anche quelli politici.


IL RISCHIO TERRORISMO

Concludiamo con il rischio più grave, quello che minaccia la nostra sicurezza: il terrorismo. Lo ius soli diventerebbe il grimaldello per aprire anche le porte al terrore. Nel giro di pochi anni l'Italia si ritroverebbe inerme di fronte all'offensiva jihadista perché questa legge impedirebbe il ricorso alle espulsioni, che oggi ci permettono di neutralizzare la minaccia, rimpatriando quegli stranieri sospettati di fiancheggiare il terrorismo. A questo si aggiungerà quel fenomeno, ormai tristemente noto in Francia, Gran Bretagna e altri Paesi europei, delle seconde e terze generazioni di immigrati musulmani considerate terreno fertile per la diffusione dell'integralismo islamico. La possibilità di espellere potenziali terroristi negli ultimi due anni è stata decisiva: dal 2015 a oggi sono stati infatti espulse 175 persone sospettate di collusione con il terrorismo.
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Re: Ius soli e cittadinanza

Messaggioda Berto » sab giu 17, 2017 6:23 am

Paolo Diop: "Io, immigrato e italiano. Perché dico no allo ius soli"
Paolo Diop, responsabile immigrazione del "Movimento nazionale sovranità" si schiera contro lo ius soli, la legge sulla cittadinanza in discussione al Senato
Giuseppe De Lorenzo - Gio, 15/06/2017

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 09769.html

Cittadino italiano, nato in Senegal e arrivato nel Belpaese quando aveva appena due mesi, Paolo Diop dovrebbe essere uno spot vivente allo ius soli.

E invece lo combatte. "Proprio perché io ho atteso tanto per ottenere la cittadinanza - dice - penso che la legge in approvazione sia un enorme errore".

Paolo la richiesta per il passaporto - seguendo la legge fino ad oggi in vigore- l'ha presentata con 4 anni di ritardo (a 22 anni anziché a 18) perché "credevo fosse necessario chiudere un percorso". "L'italianità è una cosa seria - spiega - Una questione di identità e cultura". Così, mentre al Senato è in corso una bagarre infinita sull'approvazione dello ius soli Temperato, presentato da Pd, Mdp e Sinistra Italiana, lui scende in piazza per gridare il suo "no" alla "svendita dell'Italia".

Paolo Diop, la legge prevede che possano ottenere il passaporto italiano i minori nati qui con genitori stranieri in possesso di un permesso di soggiorno illimitato. Perché non le piace?
"Per tanti motivi".

Me ne dica alcuni.
"Innanzitutto perché non farà altro che favorire i trafficanti di esseri umani. Ogni giorno sono in cerca di nuove motivazioni per convincere i potenziali migranti a partire per l’Europa. E quale miglior leva del sogno della cittadinanza per convincere una donna a partire? Gli scafisti ne approfitteranno per raccontare che 'basta partorire in Italia per ottenere la cittadinanza'. Per troppo tempo si è sottovaluto il network dei mercanti di esseri umani, un'organizzazione capillare con un fatturato si centinaia di milioni di dollari l’anno e che sfrutta la disperazione per arricchirsi. Non possiamo fargli un regalo del genere".

Ad essere cittadini italiani sarebbero i figli, però, non chi approda in Italia.
"E questo è il secondo punto. È impensabile pretendere di concedere la cittadinanza a un bambino nato qui senza darla anche ai suoi genitori. Si verrebbe a creare un'enorme distorsione nel Diritto di famiglia: il figlio cittadino italiano, il padre e la madre no. Siamo alla follia".

Terzo punto?
"I matrimoni imposti. In moltissime culture, specie quella indiana, pakistana e più in generale quella islamica, vige l’usanza di imporre alle donne un marito scelto dalla famiglia, spesso per ragioni di interesse. Oppure la donna viene raggirata con promesse mirabolanti di vita agiata in Italia, convincendola così a maritarsi. Pensate per un attimo quale 'valore contrattuale' avrà l'uomo usando il miraggio della cittadinanza per la moglie e per i figli".

Il centrodestra si è ribellato a questa norma tanto desiderata dal Pd, parlando di "grande sostituzione". Ha ragione?
"Nel Belpaese c’è questa visione distorta dell’integrazione secondo la quale non sono gli immigrati a doversi adeguare alle leggi e alle usanze italiane, ma gli italiani a dover tollerare le usanze degli stranieri. Lo ius soli diventerà un grimaldello per introdurre in Italia idee, leggi e tradizioni completamente contrarie alla nostra concezione di Diritto. In sostanza verrebbe meno proprio quella motivazione, l’integrazione, che è alla base dell’idea stessa di cittadinanza".

Eppure la legge prevede anche una sorta di ius culturae, con la cittadinanza data a quei ragazzi under 12 che hanno frequentato almeno 5 anni di scuola.
"Si, ma la norma ha una lacuna fondamentale: manca un esame di Stato finale che attesti che quel ragazzo è culturalmente legato alla nostra società. Ci sono esempi di giovani che dopo un percorso di studi completo non hanno incamerato nulla. L'italianità non è una questione di passaporto, ma di identità. Dobbiamo distinguere tra chi è italiano perché ama il Paese e chi invece mantiene la propria ideologia culturale senza incamerare la nostra, anche se ha studiato qui".

Perché la sinistra ha accelerato così i tempi di approvazione?
"Lo ius soli porterà voti per il futuro, visto che gli italiani non li voteranno più. E non mi stupisce che la più accanita sia la Boldrini, parte integrante del piano di sostituzione degli italiani".
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Re: Ius soli e cittadinanza

Messaggioda Berto » sab giu 17, 2017 6:25 am

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