Comounisti, nasicomounisti e de torno

Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » mer ago 08, 2018 7:17 am

Weinstein, colpo di scena al processo: spuntano sms d'amore di un'accusatrice
7 agosto 2018

http://www.tgcom24.mediaset.it/spettaco ... 802a.shtml

In aula a New York, il legale del produttore ha mostrato centinaia di messaggi che hanno spiazzato tutti

La donna, anonima negli atti processuali come le altre che chiedono la condanna dell'ex produttore, accusa Weinstein di averla stuprata in una stanza d'albergo di Manhattan nel marzo 2013.

L'avvocato Benjamin Brafman, che difende Weinstein nella causa in corso a New York, ha presentato in aula il testo di centinaia di messaggi inviati anche anni dopo il fatto. E sempre dopo il presunto stupro l'accusatrice sarebbe andata a incontrare il produttore hollywoodiano insieme alla madre "rimasta molto ben impressionata dall’incontro". A questi messaggi, Weinstein rispondeva sempre in maniera formale e distaccata con un "I miei rispetti".

L'apertura di questo archivio ha avuto un impatto notevole in aula e ha spiazzato tutti. Tanto che Brafman si è spinto a chiedere l’assoluzione del suo cliente e la chiusura del processo.


Messaggini affettuosi a Weinstein: la farsa del porco trasformato in orco
Di Lorenzo Zuppini
13 agosto 2018

https://www.individualistaferoce.it/201 ... to-in-orco


Ammetto di godere selvaggiamente in questo momento. E pare che anche qualcun altro, in passato, abbia goduto a sufficienza. L’avvocato di Harvey Weinstein ha presentato in aula alcuni messaggi inviatigli dalla sua principale accusatrice di violenza sessuale. Alcuni dicono: “mi manchi omone mio”, “ spero di vederti appena possibile”, “apprezzo tutto quello che fai per me” e la ciliegina sulla torta è “ti amo sempre, solo mi dispiace essere una semplice distrazione occasionale”.

Nota per il lettore: i messaggi risalgono ad un periodo successivo alle eventuali violenze sessuali perpetrate e di cui la signorina si lamenta; la signorina risulta anonima nel processo, come molte altre sgallettate che, imitando Biancaneve, si sono svegliate vogliose di riscattare la propria dignità.

L’avvocato dell’ex produttore hollywoodiano ha chiesto l’assoluzione del suo assistito mentre il giudice era ancora a bocca aperta per le rivelazioni riportate. E insomma sono augelli per stitici, altrimenti detti cazzi amari, per l’intero mondo femminista che da mesi marcia sui cadaveri dei non-stupratori delle non-vittime preventivamente massacrati a livello globale. Altra nota: pure noi, dalle nostre italiche parti, abbiamo assistito ad uno scempio: è stata richiesta l’archiviazione per il regista Brizzi, dopo essere stato descritto come “predatore” dalla laccatrice di rottweiler Asia Argento.

E personalmente, per dirla alla Vittorio Feltri, ancora non mi capacito di come una persona possa schifarsi di un suo simile dopo aver limonato duramente con un cane bavoso. Ma, gusti a parte, è doveroso rilevare che l’ondata di puritanesimo sessuofobico si sta clamorosamente infrangendo contro il muro del buon senso e della libertà. Concetti, questi due, che non possono non andare a braccetto: difatti, negare la libertà degli individui, negarne la capacità di autodeterminazione, è contrario al buon senso e all’esperienza comune. Cartesio riteneva il buon senso “la cosa meglio distribuita al mondo”, di cui ovviamente tutti ritengono essere provvisti.

Detto ciò, cosa diavolo sta emergendo. Sta effettivamente emergendo che il movimento denominato MeToo, coi suoi cuginetti tipo Non una di meno, è consistito non nella riscossa delle donne violentate e sottomesse all’uomo predatore bensì nel ghigliottinaggio preventivo di soggetti realmente molestati dalle accuse infamanti dell’intellettualume politicamente corretto. Essendo poi questi folli momenti in cui basta sventolare la bandiera dei buoni sentimenti per veder eretta una statua in proprio onore, le strade sono piene di mezze tacche del pensiero che si dicono indignate per le peggiori idiozie.

Difatti il concetto di misoginia e di maltrattamento si è allargato e ha finito per comprendere qualsiasi cosa: Michela Murgia, che scrive sull’Espresso che vorrebbe sculacciare Marine Le Pen, ha ammorbato per settimane noi twittaroli con le prime pagine dei quotidiani italiani per denunciare la maggior presenza di firme maschili: nessuna accusa precisa, nessun nome fatto, nessuna riflessione sulla meritocrazia, alla femminista del 2018 basta un appiglio insignificante per ergersi a paladina della non-minoranza.

La realtà è che ciò che vorrebbe la Murgia e il codazzo di indignate a gettone non riguarda il maggior rispetto bensì la limitazione della libertà. In quale altro modo dovremmo definire l’obbligo per un imprenditore, in qualsiasi settore egli operi, di assumere un certo numero pre-determinato di donne? Verrebbe calata sulla testa del povero imprenditore una mannaia assurda che non tiene conto delle personalità e delle caratteristiche di tutti noi: quelle assunzioni devono essere comunque effettuate.

Siccome anche col proprio corpo ognuno di noi può cercare di affermarsi nella società (i moralismi lasciamoli ai moralisti), allorquando una persona decide di concedere le proprie grazie ad un potente per ingraziarselo, buon senso vuole che vent’anni dopo non se ne dolga frignando di essere stata, a quel tempo, indotta se non obbligata. Siamo un paese libero – quantomeno sulla carta – e ad ogni persona è riconosciuta la libertà di vivere secondo principi propri senza dover subire ingerenze esterne. Laddove la propria strada conduca a prestarsi anche sessualmente ad altri, è impensabile sfilarsi la veste che volontariamente abbiamo indossato nel tentativo di riformare la propria coscienza. O, magari, nel tentativo di crearsi una nuova opportunità nel mondo dei moralisti d’accatto.

E poi Weinstein, e con lui Brizzi e molti altri personaggi del cinema, è stato massacrato sin da subito senza rispettare minimamente le regole minime che renderebbero decente la convivenza coi consociati. Ma si può ammettere la pretesa delle sgallettate di veder sulla forca il presunto orco (pre-su-nto) ancor prima che egli abbia avuto la possibilità di difendersi? Si dicono difensori della dignità altrui ma non battono ciglio quando c’è da smazzolare sui media asserviti al regime pol. corr. le vittime sacrificali, ignare persone che pensavano di vivere in una fetta di mondo ove la libertà individuale è sempre e in qualunque caso tutelata.

La Argento, che pare non si sia ancora tolta dai piedi dall’Italia, furoreggiava in tivù e dall’amica Bianca Berlinguer: eravamo tutti complici del mostro Weinstein solo perché avanzavamo dubbi sulla sua versione dei fatti e sulla violenza con cui era stato investito il produttore di Hollywood. Oggi si è aperta una finestra di verità sui fatti allora accaduti, ma l’emorragia di dignità formatasi dopo questo periodo del terrore difficilmente potrà essere risanata.

Sarebbe bello poterci interessare, in futuro, di tutti questi personaggetti non tanto per le leccatine ricevute ma per i meriti e le capacità personali. Probabilmente chiediamo troppo.




Vittorio Feltri e Asia Argento: "Chi di coscia ferisce... Sai cosa devi fare adesso?"
21 Agosto 2018

https://www.liberoquotidiano.it/news/op ... isce-.html

Questa è grossa, mi viene da ridere a raccontarla. I lettori ricorderanno il pandemonio suscitato da Asia Argento mesi orsono, allorché denunciò un grande produttore cinematografico americano, Harvey Weinstein, accusandolo di averla molestata negli anni Novanta.
Il fatto fu riassunto così: il cineasta la invitò in una camera di albergo dove lei si recò giuliva. Sennonché egli volle praticare il cosiddetto sesso orale. Asia, per timore di perdere lavoro o per riverenza, acconsentì e si fece baciare la passera. Venti anni più tardi si arrabbiò e mise pubblicamente alla berlina il leccator cortese. Scoppiò uno scandalo tardivo e un po' ridicolo.
Polemiche, dibattiti televisivi, un putiferio giornalistico. Madame Argento si propose quale vittima di molestie e molte le credettero, specialmente le femministe d' accatto. Nulla di strano. Le porcellate divennero un argomento di moda. Varie donne si accodarono all' attricetta e a loro volta si dichiararono prede di uomini vogliosi.
Vabbè, il costume si forma spesso in base a stupidaggini ingigantite dai media.
Ma questo è niente. Ora si scopre che la figlia del regista noir, sempre negli Usa, si è fatta un ragazzotto diciassettenne. Il quale, applicando la legge del contrappasso, per tacere dell' amplesso, le ha chiesto ottendendolo un risarcimento di 380 mila dollari (pari a 330 mila euro). Pagare per le proprie colpe significa ammettere di averle.
Per la fanciulla dedita al piagnisteo trattasi di sputtanamento cosmico. Una che frigna urbi et orbi per uno slinguazzamento subito, o accolto (saperlo), e poi risulta essere andata a letto illegalmente con un minore, dimostra di essere una squilibrata, in senso buono naturalmente. D' altronde, chi di coscia ferisce di coscia perisce.
Noi non auguriamo ad Asia di perire bensì di rinsavire e magari di sparire dalla tivù, andando a riflettere in casa propria. Tra l' altro desideriamo difenderla. Il giovane con cui si è dilettata e che poi ha preteso di essere remunerato è uno sciocco. Spaventarti a causa di una passera che hai gradito e considerarla motivo di turbative psicologhe meritevoli di 330 mila euro, è da idioti o da furfanti.
Argento non doveva dargli un centesimo. Fare l' amore non è una pena ma un piacere. Per lui e per lei. Ipocriti.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » gio ago 23, 2018 7:48 am

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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » gio ago 23, 2018 7:48 am

Pisa, addio Festa dell'Unità. I militanti: "Abbandonati dal popolo"
Gianni Carotenuto - Mer, 22/08/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 67118.html

"La nostra gente ci ha abbandonato". Questo il motivo che ha spinto il circolo Pd di Riglione, frazione di Pisa, ad annullare il classico appuntamento del primo martedì dopo Ferragosto. I militanti: "Stanchi di un partito autoreferenziale"

Dopo avere clamorosamente perso il governo della città della Torre alle ultime amministrative, il Comitato direttivo del circolo Pd di Riglione, frazione di Pisa, ha deciso di annullare il tradizionale appuntamento della Festa dell'Unità, che per tutto il dopoguerra si è svolto il primo martedì dopo Ferragosto.

"C'è stanchezza tra i militanti per come sono andate le cose. Siamo stanchi di un partito autoreferenziale", scrivono dal Comitato. Parole che rispecchiano lo stato di crisi in cui versa tutto il Pd, come dimostrano i fischi subiti ai funerali di Stato delle vittime del ponte di Genova per non parlare poi degli ultimi sondaggi.

Tolto un preve periodo negli anni Sessanta, la Festa dell'Unità di Riglione, frazione di Pisa, ha rappresentato per tutto il dopoguerra un appuntamento fisso per i militanti della sinistra. Ma per la prima volta dopo 50 anni, la festa è stata annullata. A deciderlo è stato il Comitato direttivo del locale circolo del Pd, che ha affidato a un lungo comunicato le ragioni dietro a una scelta difficile ma a lungo ponderata. Nel mirino dei militanti dem i tanti errori commessi dalla classe dirigente del partito.

Come riporta PisaToday, dopo avere elencato i motivi tecnici dietro all'annullamento della Festa dell'Unità - "Ci sono la necessità di ottemperare a nuove norme sulla sicurezza [...] e l’urgenza di fare interventi igienico-sanitari, complicati e costosi, alle nostre strutture, in modo da adeguarle alle normative vigenti" - ecco spiegate le ragioni di una decisione difficile ma inevitabile. "C'è stanchezza tra i militanti per come sono andate le cose. Le ripetute sconfitte degli ultimi anni, vissute come il risultato di un’incapacità del partito a stare dalla parte giusta. Uguaglianza e democrazia. Misurarsi con i bisogni reali delle persone, assillate quotidianamente dai tanti problemi generati dalla società delle incertezze sociali che finisce per generare insicurezze e paure crescenti. Non si può fare con le agenzie e la propaganda", scrive il segretario Biagio De Presbiteris.

Il comunicato lascia spazio all'autocritica per la sconfitta alle amministrative. "Si è perso perché nei quartieri popolari, là dove si annidano disagi e diritti sociali ampiamente negati, la nostra gente ci ha abbandonato. Si è perso perché una parte importante dei ceti produttivi pisani, piccole imprese e professionisti, solitamente orientata, almeno alle elezioni amministrative, verso il centro sinistra, ha scelto di andare a destra". "È del tutto evidente - si continua a leggere nel comunicato del circolo di Riglione - che la proposta del centro-destra è apparsa più credibile e coerente della nostra. Nonostante tutto ciò, il Pd pisano non ha ritenuto indispensabile approfondire queste e altre ragioni per tentare di ripartire".

Ma nel mirino dei militanti dem pisani c'è soprattutto il gruppo dirigente nazionale del Pd, accusato di non avere discusso pubblicamente le ragioni della sconfitta e di non avere coinvolto i circoli locali. "L’obiettivo - proseguono con tono critico - era di eleggere un segretario subito, senza discussione, a qualsiasi costo, anche con interpretazioni discutibili delle norme statutarie. Molti nostri militanti non hanno capito le ragioni della forzatura. Non si tratta di un problema personale ma politico. Che fretta c’era? Perché si è voluto evitare una discussione nel merito, anche accesa, finendo per alimentare la percezione di un male oscuro che si aggrava, togliendo a tanti militanti la speranza che questo partito si possa riformare dall’interno? Perché non sono stati coinvolti i circoli che rappresentano l’asse portante del partito, dal quale ripartire per ricostruire un radicamento indispensabile a farci avvicinare ai bisogni e alle attese dei cittadini?", le domande con cui si chiude la nota dei militanti pisani.
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » lun set 03, 2018 7:12 am

IL COMUNISMO HA PERDUTO LA SUA STORICA BATTAGLIA COL CAPITALISMO.
MA NON È MORTO: SI È SOLO TRASFORMATO IN CAPITALISMO DI RELAZIONE


https://www.facebook.com/groups/8991042 ... 6777334338

È un fenomeno storico che ritengo evidente.
L' URSS è crollata e la Cina lo ha formalmente abbandonato; la Cuba di Castro Jr. e il Venezuela di Maduro ne sono una tragica parodia, ma lo confermano.

Come sistema politico di fondo, il collettivismo è storicamente fallito. Non ci crede più nessuno che abbia un minimo di cultura.
Ma cosa è successo negli ex Paesi comunisti dopo il crollo del Muro di Berlino?
Preso atto della disfatta nei confronti del capitalismo, si è accettata finalmente la legittimità del diritto di proprietà privata, ma - in gradi diversi, a seconda dello sviluppo culturale che preesisteva nei popoli al momento della presa del potere da parte dei comunisti - non è cambiata la logica relazionale dell'epoca comunista, in cui i leader e i loro amici, e a scendere nella gerarchia del potere, gli amici degli amici, erano tutti collegati (e controllati) in quanto funzionari del partito, e costituivano la classe dominante (nomenklatura).
Quando lo Stato onnipresente crollò sotto il suo stesso peso, chi lo rappresentava in quel momento diede luogo a quella che in diritto viene chiamata interversione del possesso: da semplice gestore della cosa pubblica di sua competenza, ne divenne proprietario esclusivo. Privatizzazione d'ufficio, senza mercato, ossia concorrenza.
Nacque così il fenomeno degli oligarchi russi.

I cinesi, invece - in linea col loro carattere - sono stati più pragmatici e hanno attuato una soluzione meno traumatica; per cui lo Stato è rimasto e la sua burocrazia si è identificata completamente col partito unico, ma la società ha accettato il sistema capitalistico; ne è derivata una coincidenza naturale tra oligarchi e grandi funzionari, attuando un mandarinato 2.0. .

Insomma, in funzione delle proprie peculiarità culturali, ogni Paese ex comunista è passato a un capitalismo non democratico, ossia di relazione. La piena liberalizzazione, la concorrenza LIBERA, l'autentico capitalismo di mercato, fa fatica ad affermarsi.
Il fenomeno, seppure di portata minore, si è verificato anche nei Paesi occidentali in cui il partito comunista era fortemente presente, strutturato ed economicamente robusto, come in Italia.
Sono infatti pronto a scommettere che se ci si prendesse la briga di controllare la posizione economica personale di tutti coloro che hanno rivestito cariche di rilievo nell'ex PCI, la regola del passaggio al capitalismo di relazione troverebbe piena conferma ...


La proprietà non è un furto e un male ma un bene prezioso e rubare non è un bene ma un male
viewtopic.php?f=141&t=2495



LA PROPRIETA' PUBBLICA E' UN IMBROGLIO, NON ESISTE!
SOLIDARIETÀ di GUGLIELMO PIOMBINI

https://www.movimentolibertario.com/201 ... U.facebook

La vita e l’opera di Milovan Gilas (1911-1995) è strettamente legata alla storia del comunismo nell’ex Jugoslavia. Per molti anni infatti Gilas fu l’incarnazione perfetta del dirigente comunista ortodosso e intransigente. Durante la seconda guerra mondiale divenne il braccio destro di Tito nella resistenza contro i tedeschi, che sfocerà nella conquista del potere al termine del conflitto. Nel 1948 Gilas assunse un ruolo politico di primissimo piano, spingendo Tito a rompere con l’Unione Sovietica di Stalin e a proclamare la via nazionale al comunismo. Nel 1953 divenne vicepremier e poi presidente del Parlamento jugoslavo. A questo punto tutto lasciava pensare che Gilas sarebbe diventato il successore naturale di Tito, ma improvvisamente, tra lo stupore generale, cominciò a criticare il regime, invocando una maggiore libertà d’opinione, denunciando la deriva burocratica e condannando il sistema a partito unico.

Gilas cadde ben presto in disgrazia. Non solo perse ogni carica politica, ma venne arrestato e condannato per deviazionismo. Nel 1957 pubblicò all’estero il suo capolavoro, La nuova classe (edita in Italia dalla casa editrice Il Mulino), che gli costò altri due anni di carcere. Nel 1966 venne scarcerato definitivamente con il permesso di continuare la sua attività di scrittore, ma col divieto di pubblicare in patria le sue opere. Gilas è stato forse l’unico alto dirigente nella storia del comunismo che abbia conquistato ed esercitato il potere, e l’abbia poi volontariamente rifiutato. Sono casi più unici che rari anche nelle nostre “democrazie”.

La proprietà pubblica non esiste

La nuova classe di Milovan Gilas è stato giudicato dal New York Times uno dei cento libri più influenti del ventesimo secolo. L’aspetto rilevante del libro è la descrizione del comunismo come dominio di classe. Applicando una sorta di “teoria liberale della lotta di classe”, Gilas considera il collettivismo statalista come una forma di sfruttamento parassitario della classe politico-burocratica ai danni delle classi produttive.

Tutte le rivoluzioni comuniste, appena giungono al potere, operano una profonda modificazione dei rapporti di proprietà, sopprimendo la proprietà privata a vantaggio di quella collettiva. Il potere della “nuova classe” burocratica si fonda sulla gestione e amministrazione di questa proprietà statale. «L’apparizione improvvisa di una nuova classe – spiega Gilas – è stata celata sotto la fraseologia socialista, e, ciò che è più importante, sotto le nuove forme collettive di possesso di proprietà. La cosiddetta proprietà socialista è un travestimento della proprietà reale da parte della burocrazia politica» (p. 56).

Il problema fondamentale è che il concetto di proprietà pubblica (o socialista) nasconde un imbroglio semantico, dato che “pubblico” e “collettivo” sono concetti astratti, o metafore. Solo gli individui vivono, pensano, agiscono, possiedono e hanno bisogni. Dato che in ultima analisi sono sempre gli individui singoli ad appropriarsi di qualcosa, nella realtà la proprietà pubblica non esiste: tutta la proprietà è sempre e solo privata. Aldilà delle denominazioni formali, proprietario di un bene è colui che decide sui modi di utilizzazione di un bene e che gode dei suoi frutti. I beni in “proprietà pubblica” sono allora, di fatto, in proprietà privata della classe politico-burocratica, che decide come usarli e che si appropria dei benefici della loro amministrazione sotto forma di stipendi, poltrone, prebende.

Nei regimi socialisti il popolo non era “proprietario di tutto” come diceva la propaganda, ma proprietario di niente: i veri proprietari delle ricchezze del paese erano i membri della nomenklatura. Secondo la definizione giuridica romana, ricorda Gilas, la proprietà costituisce l’uso, il godimento e la disponibilità dei beni materiali. Ebbene, la burocrazia politica comunista usa, gode e dispone della proprietà nazionalizzata, e quindi né è la reale proprietaria: «questo è quanto appare all’uomo comune, il quale considera il funzionario comunista molto ricco e come individuo che non ha bisogno di lavorare».

Gilas osserva anche che la proprietà privata ostacola il potere burocratico: «La proprietà privata, per molte ragioni, si è dimostrata poco propizia all’instaurazione dell’autorità della nuova classe, [che] ottiene il suo potere, i suoi privilegi, la sua forza ideologica e le sue abitudini da una forma particolare di proprietà – quella collettiva – che la classe amministra e distribuisce in nome della nazione e della società» (p. 53)

L’analisi di Gilas è perfettamente applicabile anche ai nostri sistemi a economia mista. Il fatto che nessuno possa vendere la propria “quota” delle ferrovie statali, delle aziende sanitarie o della scuola pubblica, né decidere come usarla, dimostra che in verità il cittadino è un proprietario nominale, con il solo dovere di pagare i debiti di gestione accumulati dai membri della classe politico-burocratica, che sono i reali proprietari della cosa pubblica.

Una teoria liberale della lotta di classe

La proprietà collettiva serve dunque a fornire un’indispensabile base materiale alla nuova classe burocratica salita al potere. Si spiegano così le guerre sanguinose che i regimi comunisti hanno sempre scatenato contro i contadini, i quali nei paesi non industrializzati costituiscono la stragrande maggioranza dei ceti produttivi. L’obiettivo della “collettivizzazione” era quello di sottrarre la proprietà delle ricchezze ai produttori e ai legittimi proprietari, per trasferirla alla “nuova classe” parassitaria dei rivoluzionari di professione.

La presenza dello stato genera sempre una divisione di classe tra coloro che beneficiano delle risorse “pubbliche” (i consumatori di tasse, cioè la classe politico-burocratica e le loro clientele) e coloro che sono chiamati a saldare il conto (i pagatori di tasse, cioè i lavoratori autonomi e dipendenti del settore privato). Sotto questo punto di vista la differenza tra il comunismo orientale e la socialdemocrazia occidentale è solo di quantità, perché là era più esteso il settore statale dell’economia.

L’economia gestita collettivamente dalla burocrazia conduce però inevitabilmente a uno«spreco di fantastiche proporzioni», anche perché la proprietà “di tutti” sembra non appartenere a nessuno. «I capi comunisti trattano la proprietà nazionale come propria, ma nello stesso tempo la sperperano come se fosse di altri». Lo spreco maggiore, però, è quello del potenziale umano: «L’opera lenta, improduttiva di milioni di persone prive di interesse, insieme con la prevenzione e l’impedimento di ogni lavoro non considerato “socialista”, rappresenta lo sperpero incalcolabile, invisibile e gigantesco che nessun regime comunista ha mai potuto impedire» (p. 134). Nonostante l’economia pianificata sia forse «l’economia più rovinosa nella storia della società umana», la nuova classe non può rinunciarvi senza minare se stessa, perché «spogliare i comunisti dei loro diritti di proprietà equivarrebbe ad abolirli come classe».

Anche queste parole di Gilas si adattano perfettamente alla descrizione dei nostri attuali sistemi, con la cronica inefficienza del settore statale, gli sprechi di denaro pubblico e gli ostacoli burocratici e fiscali alla libertà d’impresa. Ma soprattutto spiegano perché le classi politiche dei paesi occidentali sono tanto restie a privatizzare o liberalizzare, e tanto disponibili a estendere l’area pubblica a danno di quella privata. La gestione dei beni e del denaro pubblico è infatti la fonte di ogni loro privilegio e potere.

Anche le socialdemocrazie occidentali sono destinate al crollo

Gilas osserva poi che la burocrazia comunista trae vantaggio dalla statalizzazione dell’economia anche quando provoca il crollo della produzione e il caos economico generale. Un tipico caso fu la collettivizzazione dell’agricoltura in Unione Sovietica, totalmente ingiustificata dal punto di vista economico, ma politicamente indispensabile perché la nuova classe doveva insediarsi con tutta sicurezza nel suo potere e nei suoi possessi. «Si possono calcolare le perdite delle produzioni agricole e dell’allevamento, ma le perdite di manodopera, dei milioni di contadini gettati nei campi di lavoro forzato, sono incalcolabili. La collettivizzazione – osserva Gilas – fu una guerra spaventosa e devastatrice che somigliò a una folle impresa, se si esclude il profitto che ne trasse la nuova classe assicurandosi l’autorità» (p. 66-67).

È proprio quello che osserviamo oggi nelle crisi dei “debiti sovrani” che assillano tanti paesi europei, compresa l’Italia. Queste crisi hanno tutte una sola origine: l’eccessiva pressione esercitata daitax−consumers sui tax−payers. In altre parole, la struttura produttiva di molti paesi in crisi non è in grado di sopportare il livello di spesa pubblica stabilito dai governi.

In nessun paese, però, le categorie che traggono profitto dall’intervento dello stato sono disposte a ridurre la spesa pubblica e la tassazione. In Grecia come in Italia queste classi parassitarie, proprio come le ex nomenklature comuniste, preferiscono di gran lunga il default dello stato, l’aggravamento della crisi economica o i suicidi degli imprenditori rovinati all’ipotesi di allentare la presa sui ceti produttivi.

È chiaro, tuttavia, che i nostri attuali sistemi politici, basati sull’espansione all’infinito della spesa pubblica, della tassazione e dell’indebitamento statale sono insostenibili, e non possono reggere nel tempo. Probabilmente non sono neanche riformabili dall’interno. La loro fine sarà, verosimilmente, la stessa che Gilas aveva predetto per i sistemi comunisti, a meno che non intervenga un fattore dirompente esterno al sistema, come una rivolta fiscale di massa o una separazione di alcune parti del territorio.


Gino Quarelo
Sì esatto e oggi i comunisti aggiornatisi come cattocomunisti o progressisti, sono divenuti i manipolatori della "proprietà pubblica o comune o condivisa costituita dai diritti umani e civili dei cittadini".
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » sab set 08, 2018 6:34 am

Casa d'intolleranza
Marcello Veneziani
MV, Il Tempo 7 settembre 2018

http://www.marcelloveneziani.com/artico ... tolleranza

La sinistra è oggi la principale casa d’intolleranza funzionante a pieno regime. Benché sconfitta nelle urne e minoritaria nel Paese, esercita la sua intolleranza sui vivi e sui morti, sugli eletti e sui non allineati al politically correct, usa il passato come un’arma per colpire il presente, pone veti e divieti, minaccia chi esprime opinioni difformi presentandole come reati, grazie a leggi ad hoc che risalgono ai suoi governi. Si serve delle truppe d’assalto dei media e delle forze corazzate dei magistrati per mettere sotto scacco e fuori legge i suoi nemici. È una casa d’intolleranza che istiga alla prostituzione ideologica.

La riflessione mi è maturata ieri in seguito a un piccolo ma ennesimo episodio significativo. Mi hanno telefonato dalla Rai per chiedermi di partecipare a un programma sulla destra, l’estremismo e l’intolleranza. Occhio al tema, già dice tutto. Volevano che io facessi il salame di destra in un sandwich di sinistra, avendo un tema che già da sé suggerisce la soluzione. Si parla di destra e l’associazione di idee diventa associazione a delinquere. Eppure la destra è politicamente maggioranza nel paese, la destra è storicamente senso dello Stato e della Nazione, la destra è culturalmente tradizione e civiltà, ordine e sicurezza. Poi può essere cento altre cose, belle, brutte, accettabili, pessime. Ma per loro invece la destra è quella, estremismo e intolleranza. Punto. A parti rovesciate io non avrei mai pensato di invitare un pensatore di sinistra a un programma dedicato al tema sinistra, estremismo e intolleranza, perché so bene che non si possono ridurre le categorie politiche a stereotipi negativi e assoluti; bisogna distinguere, capire, paragonare. Ma quando ti trovi per una vita invitato a parlare di destra dopo un episodio di violenza, in relazione al razzismo e all’intolleranza, a proposito di estremisti o da stadio, allora anche tu, che ritenevi di essere mite e civile, dialogante e rispettoso, ti togli gli occhiali e cominci a mandarli ferocemente a farsi fottere.

Ma basta con questi processi sommari. Suonatevela e cantatevela tra voi, nella vostra setta. Basta a considerare chi non la pensa come voi come un delinquente. Perché a questo punto delinquenti siete voi che usate la legge e l’illegalità a intermittenza, quando vi serve l’una o vi serve l’altra; che usate la democrazia quando vi fa comodo, salvo negarla quando vi dà torto a suon di voti; che usate la storia per stabilire una linea di demarcazione tra la razza dei giusti (la vostra) e la razza dei criminali (la destra). Voi che riducete i vostri avversari a criminali. Per voi è democratico Macron che ha gli indici di consenso più bassi nella storia della repubblica francese, e non è democratico Orban che ha accresciuto ancora i suoi consensi popolari alle ultime votazioni.

So già l’obiezione: non è vero, noi stimiamo quelli di destra per bene. Quali sono i criteri per definire uno di destra “per bene”? E’ uno che vive con senso di vergogna o di colpa l’essere di destra, lo dice chiedendo indulgenza come se avesse un handicap; uno che è perdente nel confronto con la sinistra o uno di destra che è contro la destra vigente. Allora per voi è uno per bene. Vi faccio un esempio. Da giorni leggo elogi funebri per il conservatore McCain. Era perfetto per loro. Aveva perso contro la sinistra di Obama, era nemico della destra vincente di Trump. Ed è morto. L’uomo di destra ideale per loro.

Basta, non voglio più partecipare ai vostri dibbbattiti, non voglio fare la foglia di fico alle vostre porcate. Da anni fingete che non esistono idee di destre, autori di destra, libri di destra – e uso la parola destra solo per semplificare, so che spesso non è quella giusta – e viceversa vi occupate di destra solo se si parla di leggi razziali, busti del duce, intolleranza, estremismo, via i negri e gli zingari, ecc. E allora io non vengo a farvi da alibi e da conferma che il tema della destra è questo. Quando imparerete a capire che la destra non è solo paura dello straniero e ostilità verso il clandestino ma è amor patrio e rispetto per la civiltà, senso dello Stato e della Nazione, difesa della lingua e dell’educazione, senso del diritto unito a senso del dovere, ordine e libertà, sicurezza e responsabilità; e quando capirete che a destra c’è chi pensa, chi scrive e non mena mazzate alla cieca o fa rutti e scoregge, allora potremo riprendere a parlare. Quando nei festival di filosofia, di pensiero e di politica riterrete utile confrontarvi, allora io verrò. Per i fatti di cronaca nera o giudiziaria chiamate al mio posto il maresciallo o uno spacciatore.

Riprenderemo a parlarci quando chiuderete le vostre case d’intolleranza.
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » sab set 08, 2018 7:28 pm

Comitato di Ventotene

Ieri abbiamo consegnato la nostra prima tessera onoraria a Marco Cappato
Le battaglie di Marco non solo hanno avuto un impatto reale sulla vita di ognuno di noi, ma hanno anche ispirato molte persone a perseguire gli ideali di libertà e giustizia, sfidando convenzioni e ostacoli con coraggio e dignità.
Con questo gesto simbolico si consolida un’alleanza di princìpi e di persone, che guarda al futuro del nostro Paese e dell’Europa.
https://www.facebook.com/ComitatoVentot ... 8989035583


Gino Quarelo
Marco potrebbe migliorare passando o evolvendosi dall'Europa sovietica di Ventotene e di Spinelli a quella liberale, democratica di Kalergi che fu il primo e vero animatore dell'Unione Europea.

Comitato Ventotene
"La caduta dei regimi totalitari significherà per interi popoli l'avvento della "libertà" sarà scomparso ogni freno ed automaticamente regneranno amplissime libertà di parola e di associazione.
Sarà il trionfo delle tendenze democratiche. Esse hanno innumerevoli sfumature che vanno da un liberalismo molto conservatore, fino al socialismo e all'anarchia"
(Il Manifesto di Ventotene)



Gino Quarelo
Peccato che il Manifesto di Ventotene scritto nel 1941, abbia trascurato di inserire tra i regimi totalitari da combattere quello europeo comunista e a livello europeo e mondiale quello maomettista o islamico.

Infatti è un manifesto incoerente e contradittorio perché contiene al suo interno l'elemento socialista che è alla base di tutti i regimi statalisti totalitari e ademocratici: fascista e nazista che si propone di combattere ma anche comunista;
germe socialista che predomina nella UE odierna e che la sta trasformando in un regime parassitario, statalista, burocratico, ademocratico ed elitario, antisemita-antisionista-antisraeliano e per una sorta di attrazione fatale tra simili aventi visioni totalitarie e dogmatiche, la UE è divenuta sostenitrice dei regimi autoritari islamici come l'Iran e in generale del nazismo maomettano.

Kalergi invece era un liberale e un democratico vero che avversava tutti i regimi compreso il social-comunismo.

Spinelli e certi radicali di radice socialista come la Bonino sono la rovina dell'Europa.



Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi
viewtopic.php?f=92&t=1475
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » sab set 08, 2018 7:28 pm

La sinistra di nuovo in marcia verso il nulla
L'Opinione delle Libertà
Giuseppe Basini
2018/09/07

http://www.opinione.it/editoriali/2018/ ... ly-correct

Il dramma storico del comunismo, russo e internazionale, fu sintetizzato da uno striscione inalberato dalla folla di studenti e operai scesi in piazza nei giorni delle ultime convulsioni del blocco sovietico. C’era scritto: “Settant’anni di marcia verso il nulla”, una marcia che, nella sola Urss, lasciava dietro di sé molti milioni di morti. In quei giorni la Russia e i Paesi dell’Europa orientale finalmente riprendevano, faticosamente, il viaggio verso il progresso, l’umanità e la libertà.

Penso a questo, oggi, perché preoccupato dall’ormai chiara involuzione della sinistra occidentale, che, pur tra mille contraddizioni, sta assumendo sempre più le caratteristiche di quella rabbiosa intolleranza che fu propria del comunismo e senza neanche quella fiducia nel progresso, che, seppur rozza e fideistica, almeno nel comunismo c’era.

Ma vediamo cosa la sinistra occidentale, che solo in parte fu legata alla storia del comunismo, abbia determinato o contribuito fortemente a determinare, dal dopoguerra ai giorni nostri. Anzitutto il problema della libertà di espressione e di pensiero. Sono diventate sempre di più, negli anni, le leggi che pongono limiti alla libertà di pensiero e alla sua esternazione e per di più applicate nelle interpretazioni più estensive, tali da essere dilatabili fino a comprendere anche atti e fenomeni che poco avrebbero a che fare con il loro dettato. E, si badi bene, non stiamo parlando di leggi democratiche e di validità generale contro la violenza, da chiunque praticata; no, si tratta di leggi mirate contro una parte o scuola di pensiero, indipendentemente dal merito e dalle sue infinite articolazioni. Si è cominciato, in alcuni Stati, con il divieto di ricostituzione del partito fascista, giustificato con l’allora fresco ricordo di quella dittatura, si è continuato con la sanzione della sua propaganda apologetica, si è proseguito con la messa al bando di ogni concezione etnica anche quando non tale, ma puramente e solo identitaria e, col recente reato di negazionismo, si è arrivati al divieto di mettere in dubbio, anche su un piano puramente tecnico-documentale, la verità storica dei campi di sterminio, verità in tal modo però assolutizzata e sottratta alla ricerca (la verità deve essere tale semplicemente perché vera e non per dogma) e fino al punto di provare a sanzionare non solo chi negava quella verità, ma anche chi semplicemente criticava una legge che limitava la libertà degli studi storici. Si è arrivati poi a lambire autoritariamente tutti i campi, nessuno escluso. Qualunque critica agli omosessuali e alle loro monomaniacali lobbies è diventata “incitazione all’odio” verso i diversi e rischia la sanzione di un’apposita legge, la critica all’azione di penetrazione “politica” di talune religioni diviene discriminazione religiosa condannabile, mentre, in Italia, il “sospetto” di infiltrazioni mafiose può condurre allo scioglimento d’autorità di amministrazioni comunali che, democraticamente elette, possono così essere non democraticamente sciolte, mentre, senza attendere il giudizio penale finale, si confiscano molto facilmente beni e proprietà private dei sospettati di mafia.

Insomma, sempre più spesso si nega alla radice l’impianto generale di uno stato di diritto liberale. Nella prassi, se possibile, ancora peggio, si sono moltiplicate le richieste di scioglimento di partiti politici di destra, così come sono aumentati i presidi aggressivi contro le libere manifestazioni di partito, anche moderate, di quella parte, le contestazioni di qualunque vittoria elettorale conservatrice sono divenute immediate e rabbiose e spesso pretestuosamente giudiziarie, accompagnate con un disprezzo dichiarato, coltivato e veicolato, dai grandi mezzi di informazione radical-chic. Basta vedere come reagiscono, dagli Stati Uniti all’Italia, dalla Polonia all’Ungheria, a libere scelte elettorali che a loro piacerebbe tanto poter interdire su di un piano mondiale. Tutto questo sta diventando (o ritornando) un carattere distintivo delle sinistre, sia italiane che internazionali, il “politically correct” è ormai il sigillo della nuova intolleranza e tende ormai a estendersi a tutto, dalla larvata criminalizzazione del corteggiamento uomo-donna, alle paranoiche accuse di “assassinio” degli animali lanciate da molti animalisti vegani, mentre contemporaneamente si mina il concetto di unicità e inviolabilità della vita umana, dal concepimento alla morte. E tutto questo in un mondo in cui il villaggio elettronico globale ha certamente aperto la strada a nuove opportunità, ma anche a enormi nuovi rischi, col Grande Fratello divenuto informatico. E il bello è che “i nuovi compagni” più diventano intolleranti, più amano definirsi liberali o almeno liberal, quando sono la più sfacciata negazione della liberal-democrazia, sempre più assente dalla loro concezione ed incompatibile coi loro comportamenti. Il divieto e la sanzione, al posto del confronto delle idee, il proibire quasi tutto e ciò che non è proibito renderlo obbligatorio. Ancora peggio quando si passa dalla politica all’economia e ai comportamenti individuali.

Del tutto incapaci di comprendere veramente il ruolo della libertà in economia, con diligenza da neoconvertiti, si dedicano però allo struscio coi grandi capitalisti per sentirsi parte del salotto buono, mentre affondano l’iniziativa privata in un mare di regole e ne chiedono sempre di nuove, confondendo il capitalismo di stato con il libero mercato. Come lo studente che copia senza capire, sono diventati solo “mercatisti” senza darsi la fatica di intelligere, di comprendere che non esistono formule “prêt-à-porter” facili da applicare e che, ad esempio, una limitata e concordata politica di dazi doganali, può talvolta evitare le pericolose monocolture agricole o industriali (e penso al Cile di Allende pesantemente dipendente dai corsi del rame o al Giappone privo di risorse alimentari, senza contare i Paesi petroliferi) in favore di una situazione più diversificata e meno dipendente dai rischi di crisi del commercio internazionale (il risultato sarebbe un po’ come con le assicurazioni, che costano, ma attutiscono le catastrofi). Lo stesso sul piano dell’energia e dell’ambiente, si dà per già completamente dimostrata la responsabilità umana nel riscaldamento globale per effetto serra e poi si combatte la forma di energia che meno di tutte lo provoca: quella nucleare.

Sul piano dei diritti individuali, poi, la sinistra ha portato a una compressione violenta delle libertà personali, dal giustizialismo che con la cultura del sospetto e il carcere preventivo ha indebolito lo stato di diritto e con esso le garanzie dei cittadini, alla vanificazione del diritto di proprietà, oggi reso precario dai troppi poteri abusivi attribuiti alle autorità locali, che, con il “vincolismo selvaggio” autoritario e le troppe tasse sugli immobili, anche non destinati a reddito, stanno riportandoci all’alto medioevo del signoraggio del potere sulle proprietà private altrui.

Ma dove la sinistra ha dato il peggio di sé è nell’aver annullato la speranza del futuro. Lungo tutti gli anni Cinquanta e Sessanta, lo spirito della vecchia Europa, sposato all’ottimismo americano, fu il motore che continuò a spingere i pionieri “sempre più ad Ovest”. Il desiderio di libertà sopravviveva infatti intatto e vitale nella Nuova Frontiera di John Fitzgerald Kennedy e Wernher von Braun. Quello spirito, quell’eterno, irrequieto, spirito occidentale, ci portò sulla Luna. Pensavamo al Futuro, non solo per idearlo e costruirlo, ma soprattutto per realizzare le condizioni per poterlo avere, un futuro. Penso a questo, oggi che quello spirito va ritrovato, oggi che non riusciamo a uscire da una crisi di fine millennio, ancora ripiegati in noi stessi, in preda a dubbi, angosce e prediche catastrofiche di bigotti, guaritori, nichilisti e santoni. Penso a questo oggi, che è più che mai necessario riprendere il nostro cammino, per continuare a vivere da uomini.

Non sbarcammo sulla Luna solo per un sogno (come dissero i poeti), per le ricadute economiche (come scrissero miopi economisti) o per motivi di puro prestigio (come sostennero gli agit-prop, i distratti e alcuni imbecilli) ma essenzialmente per questo: per assicurarci un futuro. Quel giorno agimmo per assicurarci l’unico futuro non solo auspicabile, ma realisticamente possibile: un futuro di libertà. Non credo che potremmo avere un futuro col numero di figli stabilito per legge, le professioni, i costumi, le attività economiche sempre più strettamente regolate, lo spazio individuale a disposizione rigidamente fissato, una standardizzazione e massificazione dei comportamenti sempre più accentuata, una fine di tutte le differenze e le tradizioni, una pesante tutela internazionale contro le nazioni, i popoli e i loro “populisti” (tutte cose che, per i limiti finiti del nostro pianeta, ci dicono di doverci imporre e sempre più ci imporranno), senza provocare una crisi di follia generalizzata, che sola, oggi, potrebbe condurre a una guerra totale, a massicce invasioni o a un perenne stato insurrezionale. Perché questo è il pericolo insito nella “crescita zero” (che non solo non esiste in natura, dove tutto invece cresce o decresce, ma è forse la più pericolosa utopia mai concepita dal pensiero di sinistra), il pericolo di considerare l’uomo solo come una perturbazione di un preconcetto ordine naturale – preconcetto perché nella natura l’uomo invece c’è – o addirittura come un peccatore degno di scomparire o almeno da irreggimentare e comprimere, prescindendo completamente dalle sue inclinazioni e tendenze, aspirazioni e paure, fino a farne un “uomo diverso”, eterna e sciagurata tentazione di tutte le dittature, vecchie e nuove, dal nazismo, alle teocrazie, al comunismo. Ecco perché lo Spazio, allora. Lo Spazio assicurerà la crescita futura e con essa la prosecuzione della nostra avventura di esseri umani, ma già da oggi dobbiamo cominciare a prepararci, sia per essere pronti quando assolutamente servirà, sia per avere – da subito – il beneficio di sapere che c’è una prospettiva di futuro per le prossime generazioni, nostra necessità psicologica e nostro dovere morale.

È solo e unicamente in questa prospettiva che la conservazione dell’ambiente, la lotta agli sprechi, la moderazione dei consumi, diventano vero buon senso, perché servono a darci il tempo di preparare la grande avventura, invece di essere il prologo di una futura immensa galera. E la storia umana, cominciata con la lotta al fuoco, al freddo, alla fame, continuerà. Non è compito di noi, semplici cittadini di oggi, colonizzare i pianeti, i figli dei nostri figli lo faranno, ma nostro compito è creare le premesse scientifiche, tecniche e industriali, perché essi lo possano fare quando diverrà insieme possibile, necessario e urgente. Saranno pionieri spinti dall’interesse e dall’avventura i colonizzatori, oppure deportati, perseguitati e galeotti? Anche questo dipenderà da noi, dalla nostra capacità di avere o no difeso e sviluppato la liberal-democrazia e le libere istituzioni. E questo è il nostro secondo grande compito, che dovrebbe essere di tutti, perché di tutti sono i problemi. A tutto ciò invece si oppone, tradendo le ipotesi di socialismo nella libertà, la sinistra occidentale (e purtroppo in quasi tutte le sue articolazioni) ormai ricaduta nel clericalismo della sostituzione della ragione con la Dea Ragione, rifiutando il dubbio e la ricerca come metodo.

La sinistra ormai non è più solo un pericolo per la sopravvivenza della nostra concezione liberale del mondo, il che comunque ci dispiacerebbe e molto, la sinistra ormai è un pericolo potenziale per la semplice convivenza nel mondo stesso, con la sua intolleranza e il suo giacobinismo, con le destabilizzazioni internazionali manichee che provoca e con l’oscurantismo irrazionale che evoca, col radicalismo esagitato delle sue troppe guerre sante finte e la sua mal dissimulata sottovalutazione delle troppe guerre sante vere. La sinistra non solo non aiuta certo la soluzione dei problemi, ma ne crea di nuovi e falsi. La sinistra, purtroppo, si è di nuovo messa in marcia verso il nulla.
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » dom set 09, 2018 8:17 pm

Galantino sfida ancora Salvini: "Io comunista? Seguo il Vangelo"
Claudio Cartaldo - Mar, 04/09/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 71748.html

Tornano gli scontri tra Salvini e monsignor Nunzio Galantino. Il segretario della Cei da Venezia: "Salvini mi definisce comunista? Non me la prendo"

Che monsignor Nunzio Galantino e Matteo Salvini non si amino non è forse un mistero.

Quando il segretario della Cei era più in primo piano sulla questione migranti non mancavano gli scontri con il leader della Lega. Poi il segretario del Carroccio è diventato ministro dell’Interno e gli screzi sono diminuiti di numero. Ma ogni tanto non mancano di tornare a galla.

Alla vigilia delle elezioni del 4 marzo, lo ricorderete, Salvini mostrò fiero un Vangelo e un crocifisso dal palco del comizio in piazza Duomo a Milano. Apriti cielo. Il leghista fu attaccato da ogni parte e alla fine anche Galantino bollò la trovata come atto di sciacallaggio "per quattro voti in più".

Oggi però il segretario della Cei è tornato all’attacco. “Salvini mi definisce comunista? - ha detto in una intervista a Corriere Tv - Non me la prendo, perché se per 'comunista’ intende una persona che guarda negli occhi la gente, ascolta le loro storie e non sta con le mani in mano ma cerca di fare qualcosa, allora quello significa seguire il Vangelo".

Nunzio Galantino era alla mostra del Cinema di Venezia e non ha lesinato critiche nei confronti dell’inquilino del Viminale. "Ho sentito parlare dei migranti come di persone che non fanno nulla - ha detto il monsignore -. Invece di fare strada ai poveri, corriamo il rischio di farci strada con i poveri. In Italia ci sono 26mila persone accolte dagli istituti ecclesiali e non da oggi”. Forse Galantino non ricorda che, come rivelato dal Giornale, gran parte di quei migranti ospitati dalle associazioni e parrocchie in realtà vengono finanziati con soldi pubblici. Di contribuenti italiani.

Certo, dopo la soluzione al caso Diciotti tra la Chiesa e la Lega è tornato un po’ di dialogo in seguito a tanto gelo. Ma Galantino insiste: “Quando si dice 'aiutiamoli a casa loro’ - ha detto - noi abbiamo missionari che da secoli stanno lì a fare promozione umana oltre che evangelizzazione. È questione di informazione, conoscenza, storia, non di propaganda".




Galantino è noto per le sue menzogne e demenzialità eretiche
https://www.corrispondenzaromana.it/la- ... -galantino

La menzogna e l’eresia di mons. Nunzio Galantino - CR
16-22 minuti

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31 agosto 2016 - 14:33

(di Paolo Pasqualucci) La grande stampa non sembra essersi accorta della cosa. D’altronde, non è mai apparsa troppo ferrata in materia di conoscenza dei nostri Testi Sacri. Peccato, perché si è trattato di uno scandalo enorme, anche se nessuno nel clero ha ritenuto opportuno farlo rilevare, per quanto ne so. Ma cos’è successo? È presto detto. Nella sua “omelia per i giovani italiani alla GMG 2016”, alla Messa di Domenica 24 luglio scorso, mons. Nunzio Galantino, segretario della Conferenza Episcopale Italiana, ha disinvoltamente alterato la Scrittura.

Anzi, l’ha addirittura capovolta con l’affermare che l’intercessione di Abramo aveva salvato Sodoma dalla distruzione. Proprio così! Esattamente il contrario di quello che affermano i Sacri Testi! Una cosa pazzesca, a ben vedere, forse mai accaduta prima nella storia della Chiesa.

Il testo dell’Omelia si può leggere nel blog personale di mons. Nunzio Galantino.

Contro la Bibbia mons. Galantino afferma che Sodoma si è salvata per l’intercessione di Abramo. Il prelato vi ripropone la grande importanza della preghiera, «che ci collega a Dio permettendoci di ascoltarlo, di chiedergli perdono, di sperimentare la sua vicinanza, la sua paternità». Il testo dell’Antico Testamento riportato nella Messa Novus Ordo (o Rito Ordinario) di quel giorno come Prima Lettura, ci proponeva la preghiera di Abramo a Dio, quando intercedette vanamente per evitare il giusto castigo dell’intera città di Sodoma. Così lo commentava mons. Galantino. La preghiera a Dio «è fatta di ascolto e risposta, mediante la quale con Dio si instaura un rapporto autentico che spinge ad esser audaci, come audace è la preghiera di Abramo a favore di Sodoma. Una città sulla quale nessuno avrebbe scommesso niente, eccetto Abramo. La sua preghiera di intercessione e la sua voglia di osare salvano Sodoma. La città è salva perché ci sono i giusti, anche se pochi, ma la città è salva soprattutto perché c’è Abramo uomo di preghiera, che non fa da accusatore implacabile, non parla contro ma parla a favore. Abramo, uomo di preghiera, non denuncia i misfatti, ma annuncia la possibilità di qualcosa di nuovo. Abramo, uomo di preghiera, annuncia e invita a guardare alle possibilità positive. Abramo, uomo di preghiera, è un instancabile cercatore di segni di speranza da presentare al Signore perché li valorizzi».

Questo dunque il testo dello scandalo. La logica dell’argomentazione di mons. Galantino sembra esser la seguente: otteniamo da Dio quanto chiediamo nella preghiera se siamo audaci nelle nostre richieste, come audace fu Abramo. La sua audacia fu premiata e Sodoma fu salva [sic]. La salvezza ottenuta da Abramo per Sodoma [sic] dimostra che bisogna sempre «parlare a favore» e mai «contro».

Non si è sempre insegnato così? Bisogna sempre intercedere per il peccatore pur condannando senza tentennamenti il suo peccato: dobbiamo giudicare il peccato non il peccatore («non giudicate, per non esser giudicati», Mt 7, 1), dato che anche noi siamo peccatori. Anche noi come lui necessitiamo della divina misericordia e dell’aiuto cristiano degli altri per pentirci dei nostri peccati e cambiar vita, in obbedienza ai comandi di Gesù Cristo Nostro Signore. Però, ci è sempre stato insegnato, sulla base dei Testi e della Tradizione, che il peccatore che non si penta, nonostante le correzioni fraterne e gli ammonimenti dell’autorità ecclesiastica, insomma quello che si suol chiamare il peccatore indurito, scientemente pervicace sino alla fine nel suo peccato, se ne andrà in perdizione. Il Giorno del Giudizio sarà dannato per sempre da Nostro Signore in persona (e ancor prima, subito dopo la sua morte, sarà dannata dal Signore la sua anima, nel giudizio individuale). Sodoma e Gomorra, a causa del loro indurimento nel peccato contronatura furono distrutte all’improvviso da una pioggia di fuoco e di zolfo scatenata dall’ira divina su di esse. Questo il terribile evento testimoniato nella Bibbia.

Il testo della “Genesiˮ proposto nella Prima Lettura della Messa del giorno era mutilo dell’apocalittico finale. Mi sono chiesto: come ha potuto mons. Galantino inventarsi un lieto fine per le due città, verbatim per la sola Sodoma, contro l’evidenza del testo della Genesi che ne testimonia il tremendo castigo? In realtà, andando a controllare la Prima Lettura della Messa della XVII Domenica del Tempo Ordinario, che si celebrava quel 24 luglio a Cracovia, si vede che il testo biblico è riportato in modo tronco, fermandosi esso a Gn 18, 32, ossia alla promessa di Dio ad Abramo, che non l’avrebbe distrutta, la città, se vi avesse trovato almeno dieci giusti. Ma non li trovò, ce n’era uno solo, Lot con la sua famiglia: troppo poco. Ora, dobbiamo forse ritenere che le migliaia di giovani italiani che stavano assistendo alla Messa, fossero tutti dei conoscitori dell’Antico Testamento, sì da rendersi conto della falsità di quanto il vescovo stava loro dicendo? Penso sia realistico affermare che solo una piccola parte se ne sia resa conto. Rileggiamo quindi il testo nella sua integrità, esponendo sinteticamente l’intero racconto.
Cosa ha veramente detto la Bibbia in Gn 18-19. Riassumo brevemente. Un giorno, Abramo vide improvvisamente tre uomini all’ingresso della sua tenda, «nell’ora più calda del giorno» (Gn 18, 1 ss.). Egli capì che si trattava di Dio accompagnato da due angeli. Li accolse con tutti gli onori dell’ospitalità e ricevette l’annunzio che sua moglie Sara avrebbe avuto un figlio, nonostante non fosse più in età fertile. Dopo di che i tre uomini e Abramo partirono da lì e andarono verso Sodoma. Abramo accompagnandoli (per rispetto) camminava con loro. Giunsero a contemplare la città da lontano e dall’alto e il Signore dichiarò ad Abramo che il peccato di Sodoma e Gomorra era «molto grave». Ma, prima del castigo, voleva «scendere e vedere» se era proprio così. Mentre i due angeli in sembianze umane scendevano verso Sodoma, per andare «a vedere», Abramo, che aveva capito cosa stava per succedere, cominciò ad intercedere per la città. Giunto alla promessa che l’avrebbe risparmiata se vi avesse trovato solo «dieci giusti», il Signore «se ne andò e Abramo ritornò alla sua abitazione».

Il cap. 19 ci narra cosa accadde a Sodoma all’arrivo dei due angeli in sembianza umana. Accolti in casa di Lot, uomo pio e straniero in Sodoma, la casa fu circondata da una folla di sodomiti che volevano impadronirsi di loro per abusarne sessualmente. Lot si rifiutò, piazzandosi davanti alla porta sbarrata della sua abitazione. Offrì addirittura le sue due figlie vergini alle loro aberranti voglie, purché lasciassero stare i suoi due ospiti, ma inutilmente.

I sodomiti stavano per sopraffarlo e avevano cominciato a demolire la porta quanto dall’interno i due angeli, con un prodigio, riportarono Lot in casa, richiusero il battente e «colpirono con un abbaglio accecante» gli uomini che stavano al di fuori «così che essi non riuscirono a trovare la porta» (Gn 19, 11). All’alba i due angeli fecero premura a Lot e quasi lo costrinsero a fuggire («Fuggi, per la tua vita. Non guardare indietro e non fermarti dentro la valle: fuggi sulle montagne, per non esser travolto!» – Gn 19, 17). E Lot così fece. Era l’unico giusto in Sodoma e il Signore, «ricordandosi di Abramo», lo volle salvare. «Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Zoar, quand’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sodoma e Gomorra zolfo e fuoco proveniente dal Signore. Distrusse questa città e tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo. Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale. Abramo, alzatosi al mattino nel luogo ov’era stato prima col Signore, guardò Sodoma e Gomorra, e tutta la terra di quella regione, e vide le faville che ne salivano come il fumo d’una fornace» (Gn 19, 24-27).

Fu salva, dunque, Sodoma, mons. Galantino? Non prova rimorso, lei, un vescovo della Santa Chiesa, ad aver mentito a tutti quei giovani, stravolgendo nella sua omelia il senso del brano dell’Antico Testamento presente quel giorno nella Liturgia della Parola, anzi capovolgendone addirittura il significato? Se i suoi ricordi dell’Antico Testamento, auspice la “Liturgia della Parola” della montiniana Messa del Novus Ordo, sono diventati poco chiari e addirittura a rovescio, forse si ricorderà del Nuovo Testamento, del Vangelo di S. Giovanni; di quel passo nel quale Nostro Signore ci ammonisce a guardarci dal «falso pastore», quello che «non entra per la porta nell’ovile del gregge, ma vi sale da un’altra parte, ed è ladro e brigante» (Gv 10, 1 ss.). Viene «per rubare, uccidere e distruggere» (ivi, 10). Ladro di anime, si capisce, distruttore del gregge che invece ha il dovere di guidare e conservare, facendolo entrare per la “porta” che è Gesù Cristo («Io sono la porta. Chi entrerà per me, sarà salvo» – ivi, 9). Se lei non farà pubblica ammenda, mons. Galantino, della sua falsa ermeneutica, non avremo il diritto di considerarla un falso pastore, uno di quelli che entra furtivamente nell’ovile per distruggere il gregge?
Nella Liturgia “riformata” in seguito al Concilio, sono numerosi i Sacri Testi presentati in modo edulcorato. Forse qualcuno si chiederà, a questo punto, perché questa Prima Lettura della Messa abbia proposto una versione del colloquio tra Abramo e Dio troncata al punto del racconto biblico che ancora non fa apparire la condanna della città colpevole. A proposito di questo modo edulcorato di presentare testi difficili o scabrosi delle Sacre Scritture nella Liturgia del Novus Ordo, Romano Amerio annotava:

«La riforma (della Liturgia) ha fatto nei testi biblici quello che fu fatto per i classici latini nelle edizioni espurgate ad usum Delphini, ma non fu mai osato per il sacro testo. La riforma ha infatti stralciato dai Salmi cosiddetti imprecatori i versicoli che sembravano incompatibili colle vedute ireniche del Concilio, mutilando il sacro testo e sottraendolo per così dire alla cognizione di tutti, chierici e laici. Ha inoltre espunto interi versicoli dai testi del Vangelo nelle Messe in 22 punti che toccano il giudizio finale, la condanna del mondo, il peccato». A questi ventidue punti e ai tagli dei Salmi bisognerebbe forse aggiungere “tagli” o citazioni tronche o parziali dell’Antico Testamento, tali da suggerire un’interpretazione ammorbidita o difforme del testo o comunque di un fatto doloroso o crudele in esso testimoniato. E la citazione incompleta della vicenda di Sodoma e Gomorra potrebbe essere proprio uno di questi.

La falsa salvezza di Sodoma enunciata da mons. Galantino è manifestamente contraria alla Scrittura, deve pertanto ritenersi “sententia haeretica”? Sì, a mio modesto avviso di semplice credente. La “sententia” galantiniana dà una rappresentazione del tutto falsa dell’effettivo contenuto della Scrittura, addirittura capovolgendolo: al castigo di Sodoma osa sostituire la salvezza di Sodoma, traendo in inganno i fedeli. Ciò che dice, spacciandolo per Sacra Scrittura, è invece integralmente contrario alla Scrittura. E dovrebbe ritenersi eretica proprio per questo motivo, poiché il contrario del testo, da essa affermato, viola una verità di fede. Quella secondo la quale bisogna credere alla inerranza assoluta del testo biblico riconosciuto dalla Chiesa, sia dell’Antico che del Nuovo Testamento. Tale “inerranza” è stata affermata dal Tridentino e ribadita, sempre dogmaticamente, in modo ancor più preciso dal Vaticano Primo.

Assoluta perché concernente non solo le verità rivelate sulla religione e la morale ma anche i fatti storici in esso narrati. I libri sacri dei due Testamenti ammessi dalla Chiesa nel Canone, “presi integralmente in tutte le loro parti,” si considerano scritti sotto l’ispirazione dello Spirito Santo perché hanno Dio per autore. Si deve pertanto credere che dicano il vero in tutto ciò che dicono, anche nelle parti storiche o cronachistiche. Questa verità (sempre creduta) è stata anche definita formalmente come verità di fede, deve pertanto esser creduta come dogma di fede, chi la negasse incorrerebbe nell’anatema, esplicitamente previsto dal Vaticano Primo. Trattandosi di una verità dogmaticamente definita, chi la negasse incorrerebbe pertanto in un’eresia. La sententia mostruosa di mons. Galantino nega oggettivamente il dogma dell’inerranza della Scrittura. Se Sodoma si è salvata, allora la testimonianza della sua dannazione offertaci dalla Genesi è falsa e l’autore del testo sacro ci ha ingannato! Tale negazione ha carattere oggettivo, poiché prescinde dalle intenzioni del suo autore, sulle quali nessuno può pronunciarsi; provengano esse da ignoranza del testo (per quanto poco credibile, trattandosi di un vescovo) o da proterva intenzione o da un mal riposto desiderio di apparire misericordiosi.

La sententia scandalosa del segretario della CEI nega oggettivamente anche l’inerranza del Nuovo Testamento, in quei luoghi nei quali si riferisce a Sodoma; nei Vangeli di Matteo e Luca, nella seconda Epistola di S. Pietro: Mt 10, 15; 11, 24; Lc 10, 12; 17, 28-29 e 32-33; 2 Pt 2, 6-11. Dovrebbe esser noto a tutti che la distruzione di Sodoma e Gomorra fu citata per ben tre volte da Gesù Cristo Nostro Signore quale esempio di punizione divina esemplare per tutti coloro che si ostinano nel peccato, in sfida aperta a Dio. Citata sempre come fatto storico effettivamente avvenuto, non come mero apologo.

Nell’ammonire sul retto comportamento da tenere nell’imminenza del suo ritorno come Giudice finale, Nostro Signore fece addirittura l’esempio del castigo che colpì la moglie di Lot, la quale disobbedì al comando dell’Angelo e si volse a guardare da lontano quel luogo di peccato, come se volesse ritornarvi, almeno col cuore: «Ricordatevi della moglie di Lot. Chi vorrà salvare la sua vita la perderà, ma chi la perderà la custodirà» (Lc 17, 32-33). (Paolo Pasqualucci)


Galantino nega lo scontro di civiltà: "Attacchi? Non c'entra la fede"
Claudio Cartaldo - Mar, 20/12/2016

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 44420.html

Il segretario della Conferenza episcopale italiana, Nunzio Galantino, commenta gli attentati di Berlino e Ankara: "Non c'è scontro di civiltà"

Dopo l'uccisione dell'ambasciatore russo a Berlino al grido "Allah Akbar" e la strage di Berlino, dove un camion guidato - probabilmente - da un rifugiato pakistano ha sventrato il Natale tedesco e ucciso 9 persone, il segretario della Cei, Nunzio Galantino, non crede che alla base di tutto ciò ci sia la religione.

Non è colpa dell'islam, dice il vescovo, ma del denaro.

In una intervista al Corriere, infatti, ha detto che "ogni violenza è ingiustificabile e inaccettabile, tanto più per motivi religiosi. Ma lo scontro di civiltà è ciò che si propongono i violenti. Se anche ci fosse questo, e io non lo credo, al fondo c’è soltanto egoismo e sopraffazione". Nessuno scontro di civiltà insomma: dagli attentati e le guerre ci "guadagna chi ha interessi di potere o denaro, chi commercia in armi. Alla fine, nelle guerre, va a morire la povera gente. I signori si arricchiscono".

Secondo il vescovo non bisogna farsi sopraffarre dal desiderio dei terroristi di paralizzare le nostre vite. "Non è un segno di incoscienza dire: non possiamo fare il loro gioco e dare a queste persone il potere di annientare qualsiasi voglia di vivere, di andare avanti, di cambiare". In che modo? Galantino crede sia necessario "essere tutti più uniti, più tolleranti. E guardarsi dalla violenza, anche nell’uso del linguaggio". Le parole, insomma, pericolose come un terrorista islamico. "Io non voglio mettere tutto insieme - aggiunge - Però la volgarità e l’aggressività del linguaggio alimentano un clima che incattivisce le persone e allontana gli sforzi di convivenza pacifica. Esiste anche un terrorismo del linguaggio, si uccide anche con la calunnia. Guardi nei media, in tv, la politica". E comunque non è uno scontro di civiltà: "Io non ci credo".
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » ven set 14, 2018 7:46 am

"Il Pci, oggi, verrebbe definito sovranista". Intervista al prof. Carlo Galli: "Condanna a Orban è controproducente"
2018/09/13

https://www.huffingtonpost.it/2018/09/1 ... mg00000001

Il cortocircuito si innesca guardando al passato: "Il Pci, oggi, verrebbe definito sovranista". Storico delle dottrine politiche all'Università di Bologna, interprete del pensiero moderno e contemporaneo, il professor Carlo Galli sostiene che, dopo il crollo del muro di Berlino, l'adesione entusiastica alla globalizzazione dei partiti ex comunisti, socialisti e laburisti europei li abbia "impiccati" a un modello che si è "sfasciato", facendogli perdere il senso dell'orientamento: "La sovranità è un concetto talmente democratico che è richiamato nel primo articolo della nostra Costituzione. Oggi, invece, chiunque contesti la mondializzazione viene considerato una fascista. Storicamente, però, la sinistra ha sempre avversato il trasferimento del potere fuori dai confini dello Stato, basti pensare alla critica che i comunisti italiani opposero alla Nato e, per molti anni, al Mercato comune europeo".

Secondo Galli, la notizia della scomparsa della distinzione tra destra e sinistra è fortemente esagerata, e sabato 15 settembre, a Lecce, in occasione delle Giornate del Lavoro 2018 organizzate dalla Cgil, terrà una lectio magistralis – che anticipa ad HuffPost – per dimostrarlo: "Il diavolo per prima cosa nega che il diavolo esista. Così accade per la differenza tra destra e sinistra: la destra nega che esistano differenze. E la sinistra cade in questo tranello. Ci sarà sempre una differenza di potere tra chi controlla il capitale e chi dal capitale è controllato. Tra chi produce valore lavorando e chi di quel valore si appropria. Per questo la distinzione tra destra e sinistra non scomparirà mai".

La contrapposizione tra popolo ed élite è falsa?

È vera, ma si aggiunge alla tradizionale frattura tra destra e sinistra, attraversando entrambi i fronti. Ci sono movimenti cosiddetti populisti che, infatti, sono più di destra; e altri che sono più di sinistra.

Perché la sinistra è più in difficoltà allora?

Perché la sua pigrizia mentale le fa considerare la richiesta di protezione – che c'è nella società – come un istinto razzistico, o xenofobo.

Non ci sono queste pulsioni?

No, ci sono anche queste pulsioni nella società: ma è scellerato dare questo nome alle legittime richieste di sicurezza sociale che vengono da quelle persone le cui vite sono state sempre più esposte all'incertezza dalla crisi.

Perché la sinistra non intercetta più queste domande?

Perché, soprattutto la sinistra italiana, ha smesso di analizzare la realtà: preferisce nascondersi dietro il vecchissimo copione dell'antifascismo moralistico e considerare più della metà dei cittadini italiani barbari che stanno assaltando le fondamenta della civiltà. Ma quello che sta accadendo – l'abbiamo visto alle elezioni del 4 marzo – non è una sventura divina che viene dal cielo: è il prodotto di fenomeni che si sono verificati dentro la nostra società.

La destra è più capace di comprendere la realtà?

No, ma non ne ha bisogno, perché le basta essere spregiudicata. La destra politica riconosce e dà un nome alle inquietudini del nostro tempo, ma fornisce dei capri espiatori: gli immigrati, i complotti internazionali, il politicamente corretto. E se, a volte, la destra si spinge ad accusare il capitalismo finanziario, non giunge mai a una critica del capitalismo in quanto tale.

Perché il capitalismo dovrebbe essere considerato un nemico?

Il capitalismo, lasciato a se stesso, tende a distruggere la società. Compito della politica è costringerlo ad adattarsi alle esigenze della democrazia, regolandolo, mettendo dei limiti, tutelando gli interessi dei suoi cittadini, lasciando che il conflitto sociale si manifesti.

A volte, però, gli stati hanno meno forza delle multinazionali.

Ma spesso nemmeno provano a scontrarsi con questi colossi. Cedono preventivamente. Anche se non è detto che siano sempre destinati a perdere il duello.

Un Europa più sovrana avrebbe più potere negoziale?

In teoria, sì.

E in pratica?

In pratica, nessuno stato europeo ha veramente in agenda la costruzione di una sovranità europea. Anche perché la costruzione della sovranità è uno dei processi più distruttivi della storia umana. Le sovranità degli stati si sono formate nel sangue della guerra civile o nel furore delle rivoluzioni. Mai una sovranità è nata perché qualcuno intorno a un tavolo ha trasferito pacificamente a un soggetto terzo il diritto di tassare, di formare un esercito, detenere il monopolio della violenza, individuare gli interessi strategici di una comunità.

Senza sangue l'Europa politica non nascerà mai?

È molto difficile che la formazione di una sovranità europea si possa formare senza conflitto; anzi, se si guarda alle carneficine che sono avvenute nella storia, è difficile augurarsi che ciò accada.

Eppure, il parlamento europeo ha condannato uno dei suoi membri, l'Ungheria di Viktor Orbán.

Orbán è un leader detestabile, degno erede della tradizione autoritaria ungherese. Tuttavia, la condanna europea è controproducente, e perciò sbagliata. Ogni volta che una entità sovranazionale ha giudicato e punito uno Stato – pensi alle sanzioni inferte dalla Società delle Nazioni al regime fascista – non ha ottenuto altro risultato che compattare la nazione intorno al proprio capo. Anche nel caso del giudizio espresso dall'Onu sull'Italia ("è un Paese razzista"), sarebbe meglio evitare di cadere nel ridicolo.

Qualcuno l'ha mai accusata di essere un populista?

No, ma in compenso sono stato spesso tacciato di scellerato elitismo.

Nella scorsa legislatura è stato eletto con il Pd.

Ne sono uscito dopo due anni e mezzo per entrare prima nel gruppo di Sinistra italiana, poi di Articolo 1, dal momento che nel Partito Democratico è rimasto assai poco della tradizione di sinistra.

Lei, invece, che cosa conserva?

Il metodo di analisi della realtà che viene da Gramsci, che utilizzo senza dogmi e arricchendolo di altri apporti.

In cosa consiste?

Nel comprendere i fenomeni politici e sociali – e loro contraddizioni – senza dare giudizi etici e morali, poiché la politica non si fa con i padre nostri.
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » sab set 22, 2018 8:44 am

Fico apre il fronte anti-Lega: "Porti aperti e no pace fiscale"
Claudio Cartaldo - Ven, 21/09/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 78982.html


Roberto Fico va alla festa di Mdp e torna a parlare di immigrazione: "L'Italia deve salvare tutte le vite in mare"

Continua ad aprirsi il divario, forse potremmo chiamarla voragine, che divide Roberto Fico da Luigi Di Maio.

Non è una novità che i due abbiano posizioni diverse, soprattutto sul tema immigrazione. Più a sinistra il presidente della Camera, maggiormente pragmatico il vicepremier. Che intende mantenere vivo l’accordo con la Lega per far durare il governo.

Dopo gli scontri già avuti in passato, le dichiarazioni con cui Fico si è guadagnato la nomina a nuova guida del fronte anti-leghista del M5S, oggi tra i due c’è stato l’ennesimo scontro a distanza. Tutto ha inizio questa mattina, quando Di Maio prende la parole in una intervista e afferma che "per fortuna oggi non ci sono più Ong nel mediterraneo perché le operazioni devono farle le autorità competenti".

Il collega di Movimento resta silente tutto il giorno, finché non deve prendere il microfono di fronte alla platea della festa di Mdp, il partito di Speranza&co(mpagni). "L'Italia deve salvare tutte le vite in mare - ha detto il grillino - Se è in grado bene, se no deve chiedere aiuto a tutti. Per Fico "oggi la Libia non è in grado" di gestire i flussi migratori, "ci vogliono le elezioni, il percorso è ancora lungo". Quindi bisogna accogliere tutti?

Chissà. Di certo pare che il presidente della Camera sia ben visto nelle kermesse dei partiti di sinistra. Ricordate gli applausi alla festa dell’Unità? Ecco: all’evento di Mdp Speranza è arrivato - chissà quanto ironicamente – a drgli che sta tenendo da parte una tessera per lui.

In fondo Fico ha accarezzato il sentire della platea che aveva di fronte e non solo quando ha parlato di Ong. Prima ha evocato "la legge sul conflitto di interessi e la legge sui tetti pubblicitari", rivolgendosi a Salvini e dicendogli che "fatto questo, può andare a Arcore tutta la vita". "I Paesi di Visegrad e Orban non fanno gli interessi dell'Italia – ha detto - Noi dobbiamo distribuire i migranti perché tutta l'Europa sia accogliente" .E poi la stoccata buonista: "Siamo un Paese storicamente accogliente e l'Europa ha una tradizione sociale".

Non sono mancati, ovviamente, critiche a diversi punti della linea di governo di Matteo Salvini. E l'affondo è stato non solo a livello di immigrazione: "L'ho detto sempre sia sulla Diciotti che su situazioni di questo tipo, le navi devono entrare nei porti e le persone sbarcare - ha spiegato il presidente - Il punto è la contrattazione con l'Europa". Poi una stilettata anche sulla pace fiscale. A chi gli chiede se, anche con questo nome, sarà comunque un condono, Fico risponde così: "Le truffe semantiche sono state tante in queste Paese, come le missioni di pace che missioni di pace non erano. Sono contrario a ogni tipo di condono fiscale, comunque si chiami questo condono fiscale".
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