Comounisti, nasicomounisti e de torno

Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » mer mag 11, 2016 4:52 am

Centri sociali, Rocchetta contro Bitonci
2014-06-19
Pubblicato da Staff "Christus Rex" in MANI PULITE

http://www.agerecontra.it/public/press40/?m=20140619

LE DELIRANTI VISIONI STORICO-POLITICHE DEL “VENETISMO” ATEO, CHE STRIZZA L’OCCHIO AL PEGGIO DEL PEGGIO DELLA SINISTRA EXTRAPARLAMENTARE

Sono espressione di necessità oggettive, grave pensare di chiuderli». Gallob: «Se vogliono farci la guerra noi siamo qui»

«I centri sociali sono espressione e concretizzazione di necessità oggettive. Trovo grave e poco confacente allo spirito della Repubblica Veneta l’idea del neo sindaco di chiuderli senza cercare il dialogo».

Franco Rocchetta, fondatore e ideologo della Liga Veneta, alza la bandiera dell’indipendentismo contro il proposito della nuova giunta di chiudere il Pedro. Ieri pomeriggio l’ex sottosegretario agli Esteri era davanti a palazzo Moroni con Tommaso Cacciari, Max Gallob, Vilma Mazza e altri ragazzi del Pedro. Una presenza che non deve stupire: nel 1999 Rocchetta (che nella sua lunga militanza politica è stato iscritto anche al Pri Veneto, al Pci e a Lotta Continua) ha partecipato alla missione «di pace e dialogo» a Belgrado e nel sud della Serbia organizzata da Beppe Caccia, Luca Casarini, don Vitaliano Della Sala e Gianfranco Bettin. Certo, solo un paio di mesi fa a difesa di Rocchetta e degli altri secessionisti veneti arrestati il 2 aprile con l’accusa di terrorismo e poi scarcerati, si era mobilitata l’intera Lega con il segretario Salvini in prima linea. Ma per il fondatore della Liga Veneta quella del Carroccio è una parentesi chiusa. «Un forza di liberazione non può diventare centralista».

Ed è così che dietro il gonfalone della Serenissima, ma dove il leone di San Marco ha un passamontagna calato sul muso di zapatista memoria, Rocchetta ha definito l’esperienza dei centri sociali «perfettamente in linea con la storia veneta» bollando come «grave» il proposito espresso da Bitonci. «Non capisco le ragioni del nuovo sindaco». Anche Cacciari e Gallob hanno fatto riferimento alla storia. Anche se più recente. «Se ci vogliono fare la guerra noi siamo qui» ha detto Gallob. «Bitonci sappia che noi c’eravamo (ha detto il portavoce del Pedro indicando una foto che ritrae la delegazione veneta che nel maggio del 2012 ha partecipato a occupy Francoforte, manifestazione contro l’Europa della finanza), ci siamo e ci saremo. Noi siamo per l’autonomia, l’indipendenza e la libertà. Prosegui la lettura »
Chi l’avrebbe mai detto!
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » mer mag 11, 2016 10:40 am

La posta in gioco
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
10.05.2016

http://www.informazionecorretta.com/mai ... A.facebook

Cari amici,

a parte le polemiche e le invettive, che qualche volta ci vogliono, è necessario riflettere su quel che sta accadendo al nostro continente in questo momento che è decisivo non solo per la cronaca politica, ma davvero anche per la storia. Per questa ragione vi invito a leggere un articolo con cui non concordo affatto, ma che almeno pone il problema, quello di Robert Kaplan pubblicato sulla “Stampa” di domenica. Ecco il link: http://www.lastampa.it/2016/05/08/ester ... agina.html . Per chi non lo sapesse, Kaplan è un politologo americano con larghe esperienze giornalistiche, che predica una sorta di realismo machiavellico e geopolitico per quanto riguarda il rapporto degli Stati Uniti col resto del mondo; ha appoggiato la Seconda guerra del Golfo per poi pentirsene, è stato amico sia di “neocon” come Wolfowitz, sia di personaggi controversi di sinistra come Mearsheimer, l’autore del libro criticatissimo sulla “Israeli Lobby”. Insomma è uno che pensa trasversalmente e spesso sbaglia, un provocatore di idee che vale la pena di leggere.

Kaplan parte da un fatto ben noto, che è stato oggetto di un celebre libro del grande storico Henry Pirenne già pubblicato nel 1937 (Maometto e Carlo Magno, in italiano da Laterza): la fine del mondo antico è stata determinata dall’imperialismo musulmano che fra Settimo e Ottavo secolo si impadronì di tutta la sponda Sud del Mediterraneo, che almeno dalla caduta di Cartagine era stata per un millennio del tutto inclusa nel mondo grecoromano. A guardare le mappe incluse nell’articolo si capisce benissimo quanto fu decisiva la prima spinta militare dell’Islam (che arrivò immediatamente dopo anche a conquistare la Spagna e la Sicilia e poi dopo seicento anni con una seconda spinta turca distrusse l’Impero Romano d’Oriente, prendendo completamente l’Anatolia, il Mar Nero, i Balcani fino ad assediare due volte Vienna). Le controffensive cristiane furono lente e poco utili; il regno cristiano in Terra d’Israele durò un secolo, la Reconquista della penisola iberica fu lenta e faticosa; i Balcani e la Grecia furono liberati solo nell’Ottocento. La Sponda Sud del Mediterraneo, con la sola eccezione di Israele è in mano ai conquistatori arabi. Dunque la rottura è stata permanente, senza possibilità di integrazione e ha definito l’identità dell’Europa. Purtroppo Kaplan cita a questo proposito le affermazioni ideologiche e spesso infondate di Said e non gli storici seri alla Pirenne. Ma non è questo il punto.


L'espansione dell'islam nel VII-VIII secolo
Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... lamega.jpg


Quel che accade oggi, come scrive Kaplan è che “ora l’Islam sta contribuendo a distruggere ciò che aveva contributo a creare. La geografia classica si sta riaffermando sotto la spinta delle forze del terrorismo e della migrazione che riunificano il bacino del Mediterraneo, Nord Africa e Oriente compresi, con l’Europa. [...] Oggi, centinaia di migliaia di musulmani che non hanno alcun desiderio di diventare cristiani si stanno riversando negli Stati europei, economicamente stagnanti, minacciandone la fragile pace sociale.”

Kaplan a questo punto abbraccia delle tesi terzomondiste: “Anche se le élite europee per decenni hanno usato la retorica idealista per negare la forza della religione e dell’etnia, sono stati proprio questi i collanti che hanno garantito la coesione interna degli Stati europei. L’Europa ha risposto ricostruendo artificialmente identità culturali e nazionali di estrema destra ed estrema sinistra, per contenere la minaccia portata dalla civiltà un tempo dominata.” Il risultato è secondo lui catastrofico e richiede una “nuova integrazione”: “L’Europa ora deve trovare qualche altro modo di incorporare dinamicamente il mondo dell’Islam [...] Se non riesce ad evolvere nella direzione dei valori universali, resteranno solo la demenza delle ideologie e i più biechi nazionalismi a riempire il vuoto.”

Insomma, il fatto che l’immigrazione selvaggia costituisca un evento storico che va messo in connessione con la grande conquista dell’Ottavo secolo e le spinte imperialiste successive Kaplan li vede, ma non capisce o non vuole capire che si tratta di un nuovo sfondamento a Nord del vecchio imperialismo musulmano. In questo è allineato con il papa, con Obama, con i vertici dell’Unione Europea. Quel che non vede è l’imperialismo islamico, il fatto che dovunque sia arrivata la conquista islamica, anche se inizialmente sostenuta da una piccolissima minoranza di soldati, nel corso dei secoli ogni altra cultura, etnia e religione è stata distrutta e soppiantata. Quel che oggi chiamiamo Maghreb fino al VII secolo era cristiano, non musulmano. E così la Siria, la Mesopotamia, l’Egitto: erano i luoghi centrali del cristianesimo antico. Oggi resistono sparute minoranze, che sono in via di essere eliminate del tutto, come i turchi hanno fatto in Anatolia e sulla costa meridionale del Mar Nero. Nel Maghreb c’erano i berberi, in Siria e Iraq c’erano aramei e assiri, in Anatolia armeni in Egitto i discendenti degli antichi egizi. Ora a ovest di Siria e Iraq restano quasi solo arabi e in Anatolia solo turchi. E’ stata una pulizia etnica, religiosa e culturale sistematica e spaventosa, paragonabile solo alle peggiori imprese del colonialismo in America e Australia.

L’Europa ha resistito per secoli a questo imperialismo arabo (e turco) musulmano. Non lo ha fatto come afferma Kaplan con Said per un presunto “senso di superiorità culturale”, ma per pura volontà di sopravvivenza. Oggi questa barriera è caduta e ci sono politici (da papa Bergoglio alla Boldrini in Italia) e intellettuali (fra cui lo stesso Kaplan) che ci incitano a costruire un mondo “senza muri” e ad accogliere l’Islam “con amicizia”. Il pubblico non capisce che un mondo senza frontiere e dunque senza nazioni è esattamente l’ideale della “umma” islamica (in cui conta solo la fede e la sottomissione) e dell’”internazionalismo” comunista, che non a caso nel momento del suo declino politico e culturale ha trovato naturale appoggiare l’Islam.

Questo è il futuro che ci prospettano: un mondo in cui l’unità del Mediterraneo sia ristabilita, sì, ma in senso opposto al mondo antico, dal Sud al Nord, dove gli invasori islamici finalmente potranno compiere il disegno millenario di impadronirsi di Roma. Andranno così le cose? Fra venti, cinquanta, cento anni l’Europa sarà privata della sua identità per diventare un pezzo del “Dar el Islam” (il territorio della sottomissione) come Tunisia (già Cartagine) e Turchia (già Grecia e Armenia)? I nostri monumenti culturali saranno come i resti romani che punteggiano la Siria e la Libia? Se dipendesse dai Kaplan e dai Bergoglio e dalle Merkel certamente sì. Per fortuna molti europei vedono le cose in maniera un po’ diversa.
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » ven mag 13, 2016 7:54 am

???

Roberto Scarpinato: "Compito delle toghe è vigilare sui politici, noi fedeli alla Carta più che alla legge"
Il procuratore di Palermo dissente dal vicepresidente del Csm Legnini: "I magistrati possono partecipare al referendum"
di LIANA MILELLA
11 maggio 2016

http://www.repubblica.it/politica/2016/ ... -139571833

ROMA - "Se non capisci come funziona il gioco grande... sarai giocato". Il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, toga famosa per le sue indagini sulla mafia, è convinto che i magistrati "debbano" esprimersi sul referendum non solo perché "è un nostro diritto ", ma per la futura valenza che la riforma comporta.

Il vice presidente del Csm Legnini (e altri con lui) dice che i magistrati non devono impegnarsi nella campagna referendaria perché finirebbero nella contesa politica. Che ne pensa?
"Mi permetto di dissentire. Forse a tanti non è sufficientemente chiaro quale sia la reale posta in gioco che travalica di molto la mera contingenza politica. A mio parere siamo dinanzi a uno spartiacque storico tra un prima e un dopo nel modo di essere dello Stato, della società e dello stesso ruolo della magistratura. Nulla è destinato a essere come prima".

Cosa potrebbe cambiare nel futuro rispetto al passato?
"A proposito del passato mi consenta di partire da una testimonianza personale. Tanti anni fa ho deciso di lasciare il mio lavoro di dirigente della Banca d'Italia e di entrare in magistratura perché ero innamorato della promessa-scommessa contenuta nella Costituzione del 1948 alla quale ho giurato fedeltà ".

E quale sarebbe questa "promessa-scommessa "?
"Quella scritta nell'articolo 3 di "rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese". Era uno straordinario programma di lotta alle ingiustizie e un invito a innamorarsi del destino degli altri. La Repubblica si impegnava a porre fine a una secolare storia nazionale che Sciascia e Salvemini avevano definito "di servi e padroni" perché sino ad allora intessuta di disuguaglianze e sopraffazioni che avevano avuto il loro acme nel fascismo e nella disfatta della seconda guerra mondiale".

Sì, però l'attuale riforma costituzionale si occupa solo della seconda parte della Costituzione e lascia intatta la prima sui diritti. Cosa la turba lo stesso?
"La seconda parte è strettamente funzionale alla prima. Proprio per evitare che la promessa costituzionale restasse un libro dei sogni e per impedire che il pendolo della storia tornasse indietro a causa delle pulsioni autoritarie della parte più retriva della classe dirigente e del ritardo culturale delle masse, i padri costituenti concepirono nella seconda parte della Costituzione una complessa architettura istituzionale di impianto antioligarchico basata sulla centralità del Parlamento e sul reciproco bilanciamento dei poteri".

E perché tutto questo coinvolgerebbe le toghe? Realizzare la promessa non era compito della politica?
"All'interno di questo disegno veniva affidato alla magistratura il ruolo strategico di vigilare sulla lealtà costituzionale delle contingenti maggioranze politiche di governo".

Un'affermazione forte... Ma di quale vigilanza parla?
"I giudici, tra più interpretazioni possibili della legge ordinaria, devono privilegiare quella conforme alla Costituzione e, se ciò non è possibile, devono "processare la legge", cioè sottoporla al vaglio della Consulta. La magistratura italiana quindi è una "magistratura costituzionale" e, in quanto tale, la sua fedeltà alla legge costituzionale è prioritaria rispetto a legge ordinaria. È una rivoluzione copernicana del rapporto tra politica e legge di tale portata che a tutt'oggi non è stata ancora metabolizzata da buona parte della classe politica che continua a lamentare che la magistratura intralcia la governabilità sovrapponendosi alla volontà del Parlamento".

Con la riforma Renzi questo equilibrio potrebbe saltare?
"Alcune parti di questa riforma si iscrivono in un trend più complesso. Oggi tutto ciò rischia di restare solo una storia terminale della prima Repubblica, perché quello che Giovanni Falcone chiamava "il gioco grande", si è riavviato su basi completamente nuove. Alla fine del secolo scorso, a seguito di fenomeni di portata storica e mondiale, sono completamente mutati i rapporti di forza sociali macrosistemici che furono alla base del compromesso liberal-democratico trasfuso nella Costituzione del 1948. Lo scioglimento del coatto matrimonio di interessi tra liberismo e democrazia ha messo in libertà gli "animal spirits" del primo che ha individuato nelle Costituzioni post fasciste del centro Europa una camicia di forza di cui liberarsi".

Un attimo: cosa si sarebbe rimesso in moto?
"Si è avviato un complesso e sofisticato processo di reingegnerizzazione oligarchica del potere che si declina a livello sovranazionale e nazionale lungo due direttrici. La prima è quella di sovrapporre i principi cardini del liberismo a quelli costituzionali trasfondendo i primi in trattati internazionali e trasferendoli poi nelle costituzioni nazionali. Esempio tipico è l'articolo 81 della Costituzione che imponendo l'obbligo del pareggio di bilancio impedisce il finanziamento in deficit dello Stato sociale e trasforma i diritti assoluti sanciti nella prima parte della Costituzione in diritti relativi, cioè subordinati a discrezionali politiche di bilancio imposte da organi sovranazionali spesso di tipo informale e privi di legittimazione democratica. La seconda direttrice consiste nel trasferimento dei centri decisionali strategici negli esecutivi nazionali incardinati ad esecutivi sovranazionali, declassando i Parlamenti a organi di ratifica delle decisioni governative e sganciandoli dai territori tramite la selezione del personale parlamentare per cooptazione elitaria grazie a leggi elettorali ad hoc. Il gioco dialettico tra maggioranza- minoranza viene disinnescato grazie a premi di maggioranza tali da condannare le forze di opposizione all'impotenza".

Questo è uno scenario politico. Perché ciò dovrebbe interessare la magistratura?
"Se muta la Costituzione, cioè la Supernorma che condiziona tutte le altre, rischia di cambiare di riflesso anche la giurisdizione. La magistratura già oggi è sempre più spesso chiamata a farsi carico della cosiddetta legalità sostenibile, cioè della subordinazione dei diritti alle esigenze dei mercati, e quindi delle forze che governano i mercati. L'articolo 81 della Costituzione ha costituzionalizzato il principio della legalità sostenibile che si avvia a divenire una norma di sistema baricentrica del processo di ricostituzionalizzazione in corso. La conformazione culturale della magistratura al nuovo corso potrà essere agevolata dalla possibilità di minoranze, trasformate artificialmente in maggioranze grazie al combinato disposto dell'Italicum e di alcune delle nuove norme costituzionali, di selezionare i giudici della Consulta e la componente laica del Csm".

Cosa direbbe a un giovane magistrato oggi indeciso se impegnarsi nella campagna referendaria?
"Che se non capisci come funziona il gioco grande, sarai giocato. Da amministratore di giustizia rischi di trasformarti inconsapevolmente in amministratore di ingiustizia".
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » mer mag 18, 2016 9:28 pm

Venezuela in crisi, Maduro: occupare le fabbriche e arrestarne i proprietari
Nicolas Maduro
Lunedì 16 Maggio 2016

http://www.ilmessaggero.it/primopiano/e ... 36639.html

Nell'ambito della proroga dello 'stato di emergenza economica' annunciata qualche ora fa, il presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, ha ordinato di occupare le fabbriche che sono paralizzate a causa della crisi e di mandare in carcere gli imprenditori che «stanno boicottando il paese». Con questa dichiarazione Maduro si è riferito a quattro stabilimenti della 'Cerveceria Polar', tra le principali fabbriche di birra del Venezuela, che una ventina di giorni fa ha fermato la propria produzione nell'impossibilità di poter accedere alle valute estere senza le quali non può importare le materie prime necessarie.

Il leader 'bolivariano' ha preso parte ieri in una piazza di Caracas ad una manifestazione organizzata dal 'chavismo', nella quale si è tra l'altro riferito alla necessità di «radicalizzare la rivoluzione» in campo economico. Maduro si è anche rivolto alle forze armate, alle quali ha ordinato di essere pronte ad «esercitazioni militari», sottolineando la necessità di prepararsi a «qualsiasi scenario» di fronte alle «minacce di intervento» nel paese.

Maduro ha prorogato per altri 60 giorni lo stato di emergenza economica che gli assicura poteri speciali nei confronti del Parlamento controllato dall'opposizione. Ed ha puntato il dito, come tante altre volte, contro gli Stati Uniti su più fronti. In vigore ormai dallo scorso gennaio, lo stato di eccezione ed emergenza economica punta a «sconfiggere il colpo di stato e la guerra economica, in modo di stabilizzare il paese e affrontare le minacce contro la nostra patria», ha sottolineato Maduro, precisando che Washington sta d'altro lato «attivando richieste promosse dalla destra venezuelana».

Ma le mosse di Maduro in queste ore non si fermano qui: ha richiamato l'ambasciatore venezuelano in Brasile, Alberto Castelar, a seguito dell'impeachment contro Dilma Rousseff e l'insediamento del nuovo presidente, Michel Temer, che ha definito «un golpe». Quindi, legando quanto sta avvenendo a Caracas con il caso Brasile, il leader bolivariano ha commentato che l'obiettivo di fondo Usa è quello di «porre fine alle correnti del progressismo in America Latina».

Sullo sfondo di questi annunci resta la grave crisi economica: il Venezuela dà la sensazione di essere sull'orlo di un abisso a causa di un'inflazione inarrestabile, la mancanza di alimenti nei supermercati e il crollo dei prezzi del petrolio. Ma al centro dell'emergenza c'è anche un problema tutto politico, e cioè il braccio di ferro tra Maduro, sconfitto pesantemente nelle elezioni di dicembre, e l'opposizione sul referendum con cui l'antichavismo punta a revocare il mandato del presidente. Lo scontro è totale, mentre la tensione sale a Caracas, Maracaibo e in altre città.

Ieri in una avenida della capitale c'è stata un'ennesima manifestazione dell'opposizione contro le frenate che Maduro sta facendo per rallentare il corso del referendum: in un modo o in un altro, il presidente cerca di farlo fallire, o quanto meno di ridurne l'impatto. Se infatti la revoca del mandato presidenziale avviene nella prima metà dell'incarico, in questo caso prima di gennaio 2017, si deve andare a nuove elezioni. Nel caso in cui invece si scavalli tale data è solo il presidente a dover lasciare, sostituito dal vice presidente.
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » mer giu 08, 2016 6:09 pm

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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » mer giu 08, 2016 6:18 pm

Centri sociali, il leader Luca Casarini va in carcere
Tre mesi al noto attivista padovano per aver occupato abusivamente una casa. Respinta la richiesta di misura alternativa di Ugo Dinello
07 giugno 2016

http://mattinopadova.gelocal.it/padova/ ... 1.13619652

PADOVA. Tre mesi di carcere, senza attenuanti o pene alternative, per il padovano Luca Casarini, ”anima” della sinistra antagonista nel Veneto e in Italia.

La pena gli è stata inflitta per l’occupazione abusiva di una casa sfitta dell’Ater a Marghera e si è cumulata con altre per manifestazioni non autorizzate come quella contro i prodotti Ogm e i pesticidi. Ad annunciarlo lo stesso Casarini sul suo profilo social.

«Ci siamo. Ho da scontare una condanna a tre mesi di carcere per il reato di occupazione di una casa sfitta da anni dell'Ater di Venezia, la casa a Marghera nella quale ho abitato per una vita».

Casarini aveva proposto un affidamento in prova, misura alternativa al carcere, ma la questura di Palermo ha dato parere negativo, accusandolo di legami con la criminalità organizzata, un particolare questo, che ha fatto indignare Casarini e i suoi conoscenti, dato che proprio lui è uno dei referenti della lotta sociale contro le mafie.

«Avevo fatto istanza di affidamento sociale, proponendo un progetto messo a punto con il centro diaconale Valdese di Palermo», spiega Casarini, «Proponevo di rendere utili a qualcuno, oltre che a me, questi tre mesi, nel caso specifico a migranti ospitati nella Casa del Mirto. La questura di Palermo, anzi l'ufficio misure di prevenzione, ha inviato su di me una relazione pessima, che si concludeva con "non si escludono contatti con la criminalità organizzata e non". Sarà formula di rito nel caso di in pregiudicato come il sottoscritto, ma detta da Palermo mi ha fatto impressione. Qui la criminalità organizzata è una cosa seria, coincide con una montagna di merda».

Per Casarini dunque si prospetta il carcere o gli arresti domiciliari.

«Oggi l'avvocato mi ha informato che la richiesta è stata rigettata, e sono stati disposti gli arresti domiciliari. Dunque a giorni o ore arriveranno i carabinieri e mi metteranno agli arresti a casa. Espresso divieto di comunicare all'esterno, di avere contatti con persone che non siano i miei familiari. Motivazione: sono pieno di condanne e di reati. Ora, i miei 4 anni sono relativi all'attivismo politico e sociale che ho sempre praticato e a violazioni di leggi ingiuste che mille e mille volte rifarei. Bloccherei seduto sui binari ancora una volta quel treno carico di armi per la guerra in Iraq per il quale ho preso un anno di reclusione. Manifesterei contro la fiera del Biotech a Genova ancora con Don Gallo, come allora, anche se mi è costato un altro anno. Disobbedirei ai centri di detenzione per migranti ancora e ancora, come feci a Trieste nonostante l'anno e mezzo di condanna. Occuperei e ristrutturerei con autorecupero come ho fatto con centinaia di altri organizzati nell'Agenzia Sociale per la Casa, altre abitazioni pubbliche tenute vuote e fatiscenti mentre tantissime persone ne hanno bisogno».

Casarini quindi non rinnega ma si chiede come mai molti autentici criminali delle mafie non hanno lo stesso trattamento: «I quattro anni, adesso questi tre mesi, i fogli di via, la sorveglianza speciale, le espulsioni da israele, Colombia e Messico, non sono niente. C'è chi sta molto peggio ed è in carcere per le sue idee o perché si è ribellato. Io i reati che mi attribuiscono li ho compiuti, e posso andarne fiero. Ma questi tre mesi avrebbe avuto più senso dedicarli ad altri piuttosto che stare chiusi in casa. Ma evidentemente a questi giudici interessava di più la vendetta che la funzione sociale della pena. Oppure coincidono in una società come la nostra».


Çentri soçałi łi fasisti rosi vargogne del Veneto come i fasisti neri
viewtopic.php?f=25&t=653
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » mer giu 15, 2016 7:25 pm

CHE GUEVARA ORGANIZZÒ IL PRIMO CAMPO DI CONCENTRAMENTO PER GAY
CheHigh
2014/10/14

http://www.veja.it/2014/10/14/guevara-o ... to-per-gay

Il medico argentino che condusse la rivoluzione cubana organizzò i lager per i dissidenti e gli omosessuali. Questi ultimi furono da lui perseguitati in quanto tali: il “Che” non fu secondo nemmeno ai nazisti.

Ecco un ritratto che Massimo Caprara, ex segretario di Palmiro Togliatti, ha descritto del rivoluzionario.

Con la fuga del dittatore Fulgencio Batista e la vittoria di Fidel Castro, nel 1959, il Comandante militare della rivoluzione, Ernesto “Che” Guevara, ricevette l’incarico provvisorio di Procuratore militare.

Suo compito è far fuori le resistenze alla rivoluzione. Lasciamo subito la parola a Massimo Caprara (*), ex segretario particolare di Palmiro Togliatti:

“Le accuse nei Tribunali sommari rivolte ai controrivoluzionari vengono accuratamente selezionate e applicate con severità: ai religiosi, fra i quali l’Arcivescovo dell’Avana, agli omosessuali, perfino ad adolescenti e bambini”.

Nel 1960 il procuratore militare Guevara illustra a Fidel e applica un “Piano generale del carcere”, definendone anche la specializzazione. Tra questi, ci sono quelli dedicati agli omosessuali in quanto tali, soprattutto attori, ballerini, artisti, anche se hanno partecipato alla rivoluzione.

Pochi mesi dopo, ai primi di gennaio, si apre a Cuba il primo “Campo di lavoro correzionale”, ossia di lavoro forzato. È il Che che lo dispone preventivamente e lo organizza nella penisola di Guanaha. Poi, sempre quand’era ministro di Castro, approntò e riempì fino all’orlo quattro lager: oltre a Guanaha, dove trovarono la morte migliaia di avversari, quello di Arco Iris, di Nueva Vida (che spiritoso, il “Che”) e di Capitolo, nella zona di Palos, destinato ai bambini sotto ai dieci anni, figli degli oppositori a loro volta incarcerati e uccisi, per essere “rieducati” ai principi del comunismo.

È sempre Guevara a decidere della vita e della morte; può graziare e condannare senza processo. “Un dettagliato regolamento elaborato puntigliosamente dal medico argentino – prosegue Caprara, sottolinenado che Guevara sarebbe legato al giuramento d’Ippocrate – fissa le punizioni corporali per i dissidenti recidivi e “pericolosi” incarcerati: salire le scale delle varie prigioni con scarpe zavorrate di piombo; tagliare l’erba con i denti; essere impiegati nudi nelle “quadrillas” di lavori agricoli; venire immersi nei pozzi neri”. Sono solo alcune delle sevizie da lui progettate, scrupolosamente applicate ai dissidenti e agli omosessuali.

Il “Che” guiderà la stagione dei “terrorismo rosso” fino al 1962, quando l’incarico sarà assunto da altri, tra cui il fratello di Fidel, Raoul Castro. Sulla base del piano del carcere guevarista e delle sue indicazioni riguardo l’atroce trattamento, nacquero le Umap, Unità Militari per l’Aiuto alla Produzione (vedi il dossier di Massimo Consoli in queste pagine), destinati in particolare agli omosessuali.

Degli anni successivi, Caprara scrive: “Sono così organizzate le case di detenzione “Kilo 5,5″ a Pinar del Rio. Esse contengono celle disciplinari definite “tostadoras”, ossia tostapane, per il calore che emanano. La prigione “Kilo 7″ è frettolosamente fatta sorgere a Camaguey: una rissa nata dalla condizioni atroci procurerà la morte di 40 prigionieri. La prigione Boniato comprende celle con le grate chiamate “tapiades”, nelle quali il poeta Jorge Valls trascorrerà migliaia di giorni di prigione. Il carcere “Tres Racios de Oriente” include celle soffocanti larghe appena un metro, alte 1.8 e lunghe 10 metri, chiamate “gavetas”.

La prigione di Santiago “Nueva Vida” ospita 500 adolescenti da rieducare. Quella “Palos”, bambini di dieci anni; quella “Nueva Carceral de la Habana del Est” ospita omosessuali dichiarati o sospettati (in base a semplici delazioni, ndr). Ne parla il film su Reinaldo Arenas “Prima che sia notte”, di Julian Schnabel uscito nel 2000″. Anni dopo alcuni dissidenti scappati negli Usa descriveranno le condizioni allucinanti riservate ai “corrigendi”, costretti a vivere in celle di 6 metri per 5 con 22 brandine sovrapposte, in tutto 42 persone in una cella. Il “Che” lavora con strategia rivolta al futuro Stato dittatoriale.

Nel corso dei due anni passati come responsabile della Seguridad del Estado, della Sicurezza dello Stato, parecchie migliaia di persone hanno perduto la vita fino al 1961 nel periodo in cui Guevara era artefice massimo del sistema segregazionista dell’isola.

Il “Che”, soprannominato “il macellaio del carcere-mattatoio di La Cabana”, si opporrà sempre con forza alla proposta di sospendere le fucilazioni dei “criminali di guerra” (in realtà semplici oppositori politici) che pure veniva richiesta da diversi comunisti cubani. Fidel lo ringrazia pubblicamente con calore per la sua opera repressiva, generalizzando ancor più i metodi per cui ai propri nuovi collaboratori.

Secondo Amnesty International, più di 100.000 cubani sono stati nei campi di lavoro; sono state assassinate da parte del regime circa 17.000 mila persone (accertate), più dei desaparecidos del regime cileno di Pinochet, più o meno equivalente a quelli dei militari argentini.

La figura del “Che” ricorda da vicino quella del dottor Mengele, il medico nazista che seviziava i prigionieri col pretesto degli esperimenti scientifici.

Enrico Oliari

Fonte: visto su Qelsi del 17 maggio 2014

Link: http://www.qelsi.it/2014/che-guevara-or ... o-per-gay/

ernesto-che-guevara

Che Guevara: scomode verità

Nel 2004 Bernal interpretò il Comandante Guevara ne “I Diari della motocicletta” […] Quel film coglieva un momento esaltante della vita del “Che”, che assumeva tratti eroici addirittura quasi cristiani.

C’è dell’altro, però, nella rocambolesca storia di Ernesto Guevara […] E’ una storia che in pochi raccontano e che le stesse associazioni omosessuali solo a tratti hanno avuto voglia di sottolineare, perché stona con una certa idea di sinistra militante amica che, ahimè, nella storia si è spesso scontrata con una realtà di oppressione altrettanto atroce di quella esercitata dalle dittature di destra.

Con il passaggio di poteri da Batista a Castro, nel 1959, Ernesto Guevara assunse un ruolo di assoluto primo piano nel regime e venne nominato provvisoriamente Procuratore Militare con il compito di reprimere gli oppositori della rivoluzione.

Nelle maglie dei Tribunali finiscono per sua espressa volontà molti religiosi, tra cui lo stesso Arcivescovo de L’Avana, e moltissimi “maricones” cioè omosessuali.

Guevara elabora una sorta di piano di razionalizzazione delle carceri, decidendo di specializzarne alcune nella rieducazione dei gay, tra i quali si contano innumerevoli artisti cubani.

Il “Che” realizza campi di lavori forzati ed elabora personalmente i regolamenti penitenziari, che fissano le punizioni corporali per i più facinorosi: taglio dell’erba con i denti, immersione nei pozzi di raccolta dei liquami di fogna, lavori agricoli eseguiti nudi. E’ su questi regolamenti che nascono le “Unità Militari per l’Aiuto alla produzione”, dei veri e propri lager, tra cui la “Nueva Carceral de la Habana del Est”, che ospita gli omosessuali, riconosciuti anche solo tramite delazione. Secondo le descrizioni che alcuni dissidenti hanno dato di queste prigioni i detenuti erano stipati in celle di 6 metri per 5 nelle quali venivano montate 22 brandine, ciascuna occupata da due detenuti.

Venne persino realizzato un campo di rieducazione per i gay tra i 12 ed i 15 anni, allontanati dalle scuole per evitare contaminazioni della nascente gioventù rivoluzionaria.

Un noto poeta cubano omosessuale, Reinaldo Arenas, subì l’esperienza del carcere sotto la dittatura castrista, erede di questo sistema elaborato da Guevara, nel corso degli anni ’70.

Ne racconta l’esperienza un film che ha avuto un certo successo nel 2000 “Before night falls”.

[…] Perché è così difficile sentir parlare di questo disumano Ernesto Guevara? Su internet alcuni reduci raccontano dei “maricones” uccisi personalmente, con colpi di pistola alla tempia, dal grande “Che”, ma se poi si leggono le sue biografie ufficiali di tutto ciò non resta traccia.

Persino Wikipedia glissa sul tema e afferma, con grande distacco, che esistono giornalisti e storici che hanno sostenuto che egli abbia avuto un ruolo nella creazione del sistema carcerario cubano e nulla aggiunge invece sulle atrocità di cui quel sistema si è reso protagonista anche contro i gay.

Soltanto di recente il regime castrista, pur non avendo abolito l’articolo 303 del codice penale che proibisce le manifestazioni pubbliche dell’omosessualità, appare ammorbidito nei toni nei confronti del tema gay, ma molti ritengono si tratti di un maquillage effettuato per intenti di buona pubblicità.

Di molto altro ci sono soltanto “rumors” (si parla di campi di raccolta delle persone sieropositive, realizzati negli anni’80 e ’90), che non potranno trovare conferme o smentite prima della fine della dittatura.

Per il momento direi che è il caso di dimenticarsi il “Che” Bernal, e di goderselo nei film di Almodovar.

Fonte: visto su SEBASTIAN del 24 marzo 2009



Fidel Castro chiede scusa ai gay «Perseguitati, la colpa è mia»
31 agosto 2010

http://www.unita.it/mondo/fidel-castro- ... o-1.160929

Fidel Castro chiede scusa agli omosessuali per averli perseguitati a Cuba negli anni '60 e '70. «Se qualcuno è responsabile, sono io. Non darò la colpa a nessuno», ha dichiarato Castro, 84 anni, in un'intervista al quotidiano messicano La Jornada, rilanciata dai media cubani. «Personalmente non ho pregiudizi», ha dichiarato l'ex presidente secondo cui l'aver inviato i gay in campi di lavoro agricolo-militari, sia stata «una grande ingiustizia».

In una sorta di contrappasso la nipote, Mariela Castro, psicologa di 47 anni, figlia del presidente Raul, capeggia la lotta contro la discriminazione dei gay. L'omosessualità è stata depenalizzata a Cuba solo nel 1997.
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » gio lug 07, 2016 9:57 pm

Clandestini stuprano una giovane attivista, lei risponde: "Grazie di esistere"
di Fabio Montoli- 6 Luglio 2016 alle 21:14

http://www.ilpopulista.it/gallery/6-Lug ... s.facebook

Era arrivata ad accusare dei connazionali tedeschi pur di coprire il gruppo di clandestini che avevano abusato di lei. Quello che lascia scioccati è che, la giovane Selin Goren, lanci appelli come "la mia porta è aperta" o "tu sei una persona meravigliosa", o ancora peggio "Danke, dass es dich gibt, und schön, dass du da bist". Riassumendo, "grazie di esistere".

A gennaio la Goren aveva sporto denuncia alla polizia di Mannheim, nel land del Baden-Wuttember, per violenza sessuale. Agli agenti disse di essere stata aggredita da uomini che parlavano tedesco, ma solo a luglio ha confessato allo Spiegel che gli autori di quella violenza, in realtà, erano stranieri.

Immigrati clandestini probabilmente arabi o iraniani, che lei avrebbe coperto per non alimentare ostilità e pregiudizi contro i richiedenti asilo, che in Germania sono da tempo oggetto di diversi attacchi razzisti da parte di estremisti di destra. La Goren, peraltro, lavora a Mannheim come portavoce del movimento giovanile di sinistra Solid, e attivista a favore dei diritti degli immigrati.

Solo ora, però, Selin Goren ha preso coraggio e ha scritto su Facebook una lettera a un immaginario immigrato: "Mi spiace molto che il tuo atteggiamento sessista e prevaricatore nei miei confronti possa fomentare il razzismo verso gli immigrati - scrive sulla sua pagina la giovane politica - non me ne starò più in silenzio a guardare, e sì, può succedere che cittadini razzisti e preoccupati facciano di te il problema. Tu non sei il problema. Tu sei un essere umano meraviglioso che merita come chiunque altro di vivere una vita sicura e libera. E io non me ne starò in silenzio a guardare che altri cittadini razzisti e preoccupati facciano di te il problema. Grazie di esistere".

Il motivo che, ad uno stupro di gruppo una attivista reagisca con un "siete meravigliosi, grazie di esistere", ce lo possiamo anche immaginare, ma ci rifiutiamo di scriverlo. Quello che crediamo è che, l'eccessivo buonismo di chi finge di non capire che questi atteggiamenti non mettono in pericolo solamente il singolo individuo che, per scelta decide di omettere una denuncia di violenza, di aggressione o di furto che sia, mettono in pericolo, in realtà, l'intera comunità e l'intera "vera accoglienza".


http://www.liberoquotidiano.it/gallery/ ... ista-.html

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/mig ... 79562.html

http://www.spiegel.de/spiegel/selin-goe ... 00990.html


Selin Goren non lè purpio na nativa todesca
https://www.facebook.com/sgoeren
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » sab ago 13, 2016 9:29 am

Un terrorista cittadino di Napoli
Il sindaco De Magistris accoglie in città il palestinese Bilal Kayed
di Redazione | 12 Agosto 2016

http://www.ilfoglio.it/cronache/2016/08 ... e_c298.htm

Roma. Nel curriculum filopalestinese e islamofilo del sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, mancava ormai soltanto la cittadinanza onoraria a “un terrorista palestinese”. “Una decisione che lede l’immagine di Napoli”, ha detto la neopresidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni, assieme alla presidente della comunità ebraica di Napoli Lydia Schapirer. Bilal Kayed è tutto fuorché un uomo di pace. E’ un pericoloso terrorista palestinese che ha trascorso quattordici anni nelle carceri israeliane per le sue azioni violente e gode del sostegno di un’organizzazione terroristica come Hamas, che non esita a uccidere donne, anziane e bambini israeliani.

Nel frattempo, come ha ricordato due giorni fa l’ex ministro Mara Carfagna, capogruppo di Forza Italia nel comune di Napoli, il consiglio comunale ha contestato l’ordine del giorno proposto per concedere la cittadinanza onoraria al rabbino di Gerusalemme. L’amministrazione di Napoli evidentemente ha fatto un’ altra scelta. Di stare dalla parte dell’odio. Non è la prima volta che De Magistris dà prova di militanza antisraeliana. Il comune di Napoli ha concesso una sala al documentario “Israele – Il Cancro”, per la cui proiezione De Magistris ha dato addirittura la sala comunale in piazza del Gesù Nuovo, intitolata a Tommaso Campanella. De Magistris ha poi ricevuto la cittadinanza palestinese, ha dato quella di Napoli ad Abu Mazen e la sua città ha fornito patrocinio alla Freedom Flotilla per Gaza.
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » dom ago 14, 2016 7:04 am

La casta comunista

Il deputato comunista contro il taglio degli stipendi dei parlamentari: "Non siamo mica metalmeccanici". La sua fuga dalla realtà offende
12 agosto 2016

http://notizie.tiscali.it/cronaca/artic ... rlamentari

di Giovanni Maria Bellu

Un giorno d’agosto del 2016, nella sede del Parlamento italiano, un deputato di Sinistra, ecologia e libertà, già consigliere regionale in Puglia per Rifondazione comunista, intervenendo contro un ordine del giorno che chiedeva di dimezzare l’indennità di carica dei deputati (da 10mila a 5mila euro), per chiarire “in modo oggettivo e non demagogico”, come ha tenuto a precisare in seguito, che i deputati sono appunto deputati, si lascia sfuggire la frase: “Non siamo lavoratori subordinati dell'ultima categoria dei metalmeccanici!”.

Sannicandro subisce una lapidazione mediatica

Scandalo. Il deputato in questione, Arcangelo Sannicandro, non è un politico di primo pelo (ha 73 anni) ed è uno che conosce perfettamente il significato delle parole (è un avvocato). Che un esponente dell’estrema sinistra contrapponga il proprio status a quello della categoria che simboleggia la classe operaia italiana, suscita un’enorme impressione. Non appena il video dell’intervento comincia a circolare nel Web, l’onorevole Sannicandro subisce la prevedibile lapidazione mediatica. Forte è l’imbarazzo all’interno di Sel. Un imbarazzo aggravato dal fatto che se Sannicandro è parlamentare lo deve, oltre che agli elettori, anche al leader dell’organizzazione, Nichi Vendola, al quale è subentrato nel 2013 dopo la rinuncia di questi (che preferì restare alla guida della Regione Puglia).

Un lunghissimo post chiarificatore su Facebook

Urge un chiarimento. Che arriva attraverso un lunghissimo post su Facebook. Un post dove l’onorevole Sannicandro si mette addosso la toga da avvocato e svolge una dettagliata arringa a propria difesa. Chiarendo perfettamente il senso tecnico della sua affermazione e, contemporaneamente, rafforzando l’impressione che a volte entrare nei Palazzi del Potere comporti un trasferimento in altre galassie. L’onorevole Sannicandro spiega che da parte di quanti hanno avanzato la proposta di dimezzare l’emolumento c’è un uso improprio, e demagogico, delle parole. I 5 Stelle - come d’altra parte la generalità dei cittadini – parlano di “stipendio”: lo “stipendio dei deputati” (o dei senatori). Invece, chiarisce l’onorevole, non è affatto uno “stipendio” ma una “indennità di carica”. “I deputati e i senatori – scrive nel suo post-arringa - non sono lavoratori subordinati né autonomi . E cioè non sono operai, impiegati, artigiani, commercianti o liberi professionisti”.

"Non siamo l'ultima categoria dei metalmeccanici"

Verissimo. Infatti, per chiarire il concetto, l’onorevole Sannicandro avrebbe potuto dire “Non siamo lavoratori subordinati come i dirigenti della pubblica amministrazione”. Oppure: “Non siamo lavoratori autonomi come i titolari di una pasticceria”. O come i proprietari di uno studio dentistico, o notarile. O di un supermercato. L’onorevole Sannicandro, insomma aveva a disposizione una lista pressoché infinita di esempi. Ma, tra tutti, gli è venuto in mente proprio quello dei metalmeccanici. Anzi, quello della “ultima categoria dei metalmeccanici”.

L'emolumento non soddisfa l'onorevole

Ora, siccome il tema del dibattito non era l’inquadramento giuslavoristico dello status di parlamentare ma la riduzione, anzi il dimezzamento, dell’indennità, la scelta dell’esempio non è irrilevante. Indicare i metalmeccanici significa indicare una categoria di lavoratori che percepisce - a seconda del livello d’inquadramento - stipendi che vanno dai 1200 ai 2000 euro al mese. E’ quindi evidente che dire - mentre si discute di un’indennità pari al quintuplo dello stipendio massimo di questa categoria di lavoratori - “non siamo metalmeccanici”, significa anche affermare: “Non è pensabile che noi rappresentanti del popolo possiamo essere retribuiti con un emolumento (indennità, stipendio, salario, retribuzioni, comunque lo si chiami) così miserabile”.

Per i rappresentanti del popolo servono più denari

Sicuramente l’onorevole Sannicandro respingerà questa sintesi. La riterrà lesiva della sua storia politica etc etc. Ma siamo certi che se potesse tornare indietro nel tempo e ripetere l’intervento, i metalmeccanici li terrebbe fuori. E siamo, se possibile, ancora più certi del fatto che se in questi ultimi mesi e anni l’onorevole Sannicandro avesse avuto i metalmeccanici, e in generale i lavoratori a basso reddito, tra i suoi interlocutori politici, quella gaffe non l’avrebbe proprio fatta. Ma, purtroppo, non è tutto. Perché in un passaggio della sua interminabile precisazione, l’esponente di Sinistra, ecologia e libertà introduce un concetto che ribadisce questa idea del denaro, del livello di reddito, come elemento costitutivo dello status di rappresentante del popolo. Polemizzando con la “demagogia” dei rappresentanti del Movimento 5 stelle, fa notare che molti di loro entrando in Parlamento hanno fatto “un triplo salto in alto in termini di reddito e status sociale”. E invita a consultare sul sito della Camera le dichiarazioni dei redditi relativi al 2013 e agli anni seguenti.

La professione del parlamentare ancora va bene

A farlo si constata che un gran numero di deputati con l’ingresso in Parlamento ha cominciato a guadagnare (anche al netto dei versamenti all’organizzazione di appartenenza e di altre forme di restituzione parziale) molto più di quanto guadagnava prima. E’ il caso di tanti parlamentari 5 stelle e anche di un senatore di Sel, Giovanni Barozzino, che non appartiene nemmeno all’ultima delle categorie dei metalmeccanici perché è stato licenziato dalla Fiat. Non è il caso, invece, dell’onorevole avvocato Sannicandro che, nel 2014, ha dichiarato un reddito di 400mila euro. Complimenti, la professione evidentemente va bene. E l’onorevole Sannicandro ritiene di poter parlare ancora più autorevolmente dell’indennità perché a lui quei soldi non hanno cambiato la vita. Potrebbe anche farne a meno. Ma non era questo uno degli argomenti rassicuranti della discesa in campo di Silvio Berlusconi?

Sorprende il distacco dalla realtà che l’ingresso nel Palazzo produce

“Comprendo la malafede e la disonestà intellettuale degli avversari politici – scrive alla fine dell’interminabile post - ma mi sorprende la superficialità con cui vengono recepite le strumentalizzazioni da parte di coloro che dovrebbero essere adusi ad avvertirle immediatamente”. Già. Ma sorprende ancora di più il distacco dalla realtà e dalla sua percezione che a volte l’ingresso nel Palazzo produce. E comunque ci sono modi molto meno arzigogolati per perdere le elezioni.
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