Comounisti, nasicomounisti e de torno

Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » sab apr 23, 2016 7:46 pm

Francesco Giordano, dall’omicidio Tobagi alla propaganda antisionista per il 25 aprile
23 aprile 2016 Riccardo Ghezzi
http://www.linformale.eu/2859-2

“Noi vogliamo che quest’anno, e per i prossimi, la bandiera di Israele non debba e non possa sfilare nei nostri cortei… Quest’anno Israele NON sarà presente, tante bandiere porteranno tante ne bruceremo”.
Così scriveva Francesco Giordano sul suo profilo facebook, in attesa delle celebrazioni del 25 aprile 2015 a Milano. Un anno fa.
Quelle che lui definiva “bandiere di Israele” erano ovviamente le bandiere della Brigata Ebraica, che ha avuto un ruolo fondamentale nelle Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Ma alcune associazioni filopalestinesi che a vario titolo partecipano al corteo del 25 aprile, non si sa in nome di cosa, evidentemente non erano disposte a tollerare la presenza della Brigata Ebraica. Meglio le bandiere della Palestina, assai significative in una giornata come quella della Liberazione.

Com’è finita è noto: la Brigata Ebraica, fischiata a Milano, non ha partecipato al corteo di Roma, preferendo aderire all’evento alternativo organizzato dal Comune in Campidoglio. L’Anpi di Roma si era schierato con le associazioni filopalestinesi, quello nazionale ha tentato, imbarazzato, di mediare. Ma, si sa, buona parte delle organizzazioni sedicenti antifasciste non tollera l’esistenza di Israele, va da sé che pure le bandiere della Brigata Ebraica siano mal digerite il 25 aprile. Nonostante la storia.

L’anno scorso era andata così e il buon Francesco Giordano si era limitato alla minaccia di bruciare le bandiere. Quest’anno si è spinto oltre, pubblicando la foto del pullman fatto esplodere da Hamas a Gerusalemme, atto terroristico che ha provocato il ferimento di 21 persone, tra cui due in modo grave. E una promessa: “la Lotta Continua”. Motto che ricordi anni bui e certe campagne stampa che hanno provocato scie di sangue.

Francesco Giordano, tra i promotori del 25 aprile di Milano, è come avrete capito un attivista filo-palestinese. Firma i suoi articoli su vari siti, tra cui Palestinarossa.it, aggiungendo il nome di un’associazione: “Rete di solidarietà con la Palestina – Milano”. Suoi contributi appaiono anche su Frontepalestina.it e Radio Onda d’Urto.
Un pacifista? Un antifascista? Un militante che considera Israele uno stato fascista e odia guerre e armi?
In realtà, lo stesso Giordano non ha disdegnato in passato la violenza. Ha fatto parte della Brigata 28 marzo, responsabile dell’omicidio di Walter Tobagi il 28 maggio 1980 a Milano. Condannato a 30 anni e otto mesi per aver fatto da copertura al gruppo di fuoco, è uscito di prigione nel 2004, scontando l’intera pena ridotta a 21 anni in Appello. Non ha mai voluto ammettere la partecipazione al commando che ha assassinato Tobagi né ha mai collaborato con la giustizia, condannando però l’esperienza del terrorismo e la sua affiliazione al gruppo.
È stato inoltre condannato a 13 anni al termine del processo alle Unità Comuniste Combattenti.
Un redento, forse, che però ancora oggi parla di “Lotta Continua”. E nei suoi comunicati sostiene apertamente il movimento Bds, oltre ad incitare su facebook a bruciare bandiere ed esultare per i pullman incendiati a Gerusalemme.
Ecco, a chi è in mano il 25 aprile a Milano. Stupiti che la Brigata Ebraica cerchi eventi alternativi?
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » dom apr 24, 2016 8:32 pm

"Tornate a casa vostra". Quando la sinistra sputava sui profughi istriani
Il Pci non conobbe la parola "accoglienza". Per gli italiani di Pola e Fiume solo odio. L'Unità scriveva: "Non meritano la nostra solidarietà né hanno diritto a rubarci il pane"
Giuseppe De Lorenzo - Gio, 10/09/2015

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 69028.html

"Poi una mattina, mentre attraversavamo piazza Venezia per andare a mangiare alla mesa dei poveri, ci trovammo circondati da qualche centinaio di persone che manifestavano.

Da un lato della strada un gruppo gridava: 'Fuori i fascisti da Trieste', 'Viva il comunismo e la libertà' sventolando bandiere rosse e innalzando striscioni che osannavano Stalin, Tito e Togliatti". Racconta così Stefano Zecchi, nel suo romanzo sugli esuli istriani (Quando ci batteva forte il cuore), il benvenuto del Pci agli italiani che abbandonarono la Jugoslavia per trovare ostilità in Italia. Quella che fino a pochi attimi prima era la loro Patria.

Quando alla fine della seconda guerra mondiale, il 10 febbraio 1947 l'Italia firmò il trattato di pace che consegnava le terre dell'Istria e della Dalmazia alla Jugoslavia di Tito, la sinistra non conobbe la parola 'accoglienza'. Tutt'altro. Si scaglio con rabbia e ferocia contro quei "clandestini" che avevano osato lasciare il paradiso comunista.

Trecentocinquantamila profughi istriani e dalmati. Trecentocinquantamila italiani (???) che la sinistra ha trattato come invasori, come traditori. Ad attenderli nei porti di Bari e Venezia c'erano sì i comunisti, ma per dedicargli insulti, fischi e sputi. Nel capoluogo emiliano per evitare che il treno con gli esuli si fermasse, i ferrovieri minacciarono uno sciopero.

Giorgio Napolitano ha ragione: il Pd è davvero l'erede del Pci. La sinistra italiana, che di quella storia è figlia legittima, dimentica tutto questo. Ora si cosparge il capo di cenere e chiede a gran voce che l'Italia apra le porte a tutti i migranti del mondo. Predica l'acccoglienza verso lo straniero che considera un fratello. Quando per anni ha considerato stranieri i suoi fratelli. Gli unici profughi che la sinistra italiana ha rigettato con violenza erano italiani. Istriani e Dalmati. "Sono comunisti. Gridano 'fascisti' a quella povera gente che scende dalla motonave (...). Urlano di ritornare da dove sono venuti".

Non sono le parole di Matteo Salvini. "Tornate da dove siete venuti" era lo slogan del Partito Comunista di Napolitano, Violante, D'Alema, Berlinguer e Veltroni.

L'Unità, nell'edizione del 30 novembre 1946, scriveva: "Ancora si parla di 'profughi': altre le persone, altri i termini del dramma. Non riusciremo mai a considerare aventi diritto ad asilo coloro che si sono riversati nelle nostre grandi città. Non sotto la spinta del nemico incalzante, ma impauriti dall'alito di libertà che precedeva o coincideva con l'avanzata degli eserciti liberatori. I gerarchi, i briganti neri, i profittatori che hanno trovato rifugio nelle città e vi sperperano le ricchezze rapinate e forniscono reclute alla delinquenza comune, non meritano davvero la nostra solidarietà né hanno diritto a rubarci pane e spazio che sono già così scarsi".

Oggi invocano l'asilo per tutti. Si commuovono alla foto del bambino riverso sulla spiaggia. Lo pubblicano in prima pagina. Dedicano attenzione sempre e solo a chi viene da lontano. Agli italiani, invece, a coloro che lasciatono Pola, Fiume e le loro case per rimanere italiani, la sinistra riservò solo odio. Lo stesso che gli permise di nascondere gli orrori delle Foibe.

"Non dovevamo dimenticare che eravamo clandestini, anche se eravamo italiani (???) in Italia".
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » mar apr 26, 2016 10:37 pm

Anarkiçi?
No, bruta xente ensemenia ke ghe jera torno a ła sanca estrema

Firenze, oltraggio al 25 aprile Scritte e offese sui muri in Oltrarno Poi il sindaco va a pulire
Firenze, oltraggio al 25 aprile
Scritte e offese sui muri in Oltrarno
Poi il sindaco va a pulire

http://corrierefiorentino.corriere.it/f ... b2b0.shtml

FIRENZE - Mura dell’Oltrarno completamente imbrattate. Una lunga sequenza di offese e di minacce alle forze dell’ordine, ai preti, a tutti. Frasi inneggianti alla liberazione dei tre anarchici arrestati dopo la rissa di fronte al Melograno della settimana scorsa, anche uno striscione dello stesso tenore appeso in piazza Santo Spirito, dove la manifestazione si è conclusa. E nella stessa piazza, per tutta la giornata, c’erano anche i banchini dei Carc (i comitati per il comunismo) e anarchici vari con scritte di solidarietà ai soliti indagati. «Fatti vergognosi e inaccettabili», dice da Palazzo Vecchio l’assessore alla polizia municipale Federico Gianassi sugli imbrattamenti. Ma è anche preoccupato per quei messaggi di solidarietà in piazza: «È gravissimo sostenere chi è indagato per reati così pesanti, cozza con i principi di democrazia e libertà del 25 aprile».
Il corteo era stato indetto per il pomeriggio da Firenze Antifascista, sigla che organizza da anni eventi per la Liberazione. Ma a vergare quelle scritte gravi e blasfeme — ovunque lungo il percorso del corteo, da piazza Tasso a via del Leone passando da piazza della Piattellina a via Sant’Agostino — non sarebbero stati quei manifestanti ma trenta persone che, scese dalla casa occupata in via del Leone, hanno iniziato a imbrattare le mura di palazzi e chiese con gli spray. A loro si sono uniti altri anarchici, che tenevano un presidio in piazza Tasso. E quando gli abitanti del quartiere, tra cui anche due ragazzini, hanno provato a fermarli, sono stati insultati, spintonati e due di loro picchiati.
Dopo i due ragazzi picchiati, anche due adulti hanno rischiato di fare la stessa fine. David Boldrini, organizzatore degli eventi nella chiesa di Santa Monaca — tutti i muri imbrattati con bestemmie — racconta: «Erano una trentina, gli ho detto di smettere, hanno provato a picchiarmi. Mi hanno dato del fascista di merda: a me, che sono antifascista da sempre. Domani presenterò una denuncia ai carabinieri». Stessa sorte per Elena, una sua collaboratrice: «Nella chiesa c’era un concerto: ho sentito il corteo arrivare e sono uscita. Ho visto che stavano scrivendo sulle mura della chiesa, ho provato a fermarli, e per poco non mi sono beccata un pugno in faccia». Una residente è disperata: «Abbiamo rifatto da poco la facciata del nostro palazzo, non si festeggia così il 25 aprile, questa non è libertà».

La sera in piazza Santo Spirito, durante il concerto organizzato nell’ambito delle iniziative chieste dall’Anpi Oltrarno, c’erano almeno 2 mila persone. Tra i banchini, oltre ai Carc e agli anarchici di Carrara che distribuivano panini e vino, anche altri con vendita di libri: su diversi di questi c’erano le scritte di solidarietà agli anarchici indagati. Aria di festa tra i 2 mila (almeno) presenti (molti incuranti dei messaggi politici sulle inchieste) ma anche di inciviltà: i bidoni della spazzatura si sono riempiti già nel pomeriggio e le bottiglie di vetro e i rifiuti erano ovunque. In una piazza affollatissima, senza che nessuno avesse pensato a un bagno chimico, le mura e le stradine sono diventati orinatoi. Gli imbrattatori saranno denunciati. Così come gli anarchici del presidio in piazza Tasso e quelli di via del Leone per manifestazione non autorizzata.(M. Fatucchi, A. Passanese)
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » mer apr 27, 2016 7:59 am

Pansa: tutte le falsità sulla Resistenza
Giampaolo Pansa
di Giampaolo Pansa
25 Aprile 2015

http://www.liberoquotidiano.it/news/opi ... sulla.html

Gli anniversari dovrebbero essere aboliti. Soprattutto quando celebrano un evento politico che si presta a una giostra di opinioni non condivise. Accade così per il settantesimo del 25 aprile 1945, la festa della Liberazione. Una cerimonia che suscita ancora contrasti, giudizi incattiviti e tanta retorica. A volte un mare di retorica, uno tsunami strapieno anche di bugie e di omissioni dettate dall' opportunismo politico. Per rendersene conto basta sfogliare i quotidiani e i settimanali di questa fine di aprile. È da decenni che studio e scrivo della nostra guerra civile. Ma non avevo mai visto il serraglio di oggi. Una fiera dove tutto si confonde. Dove imperano le menzogne, le reticenze, le pagliacciate, le caricature. È vero che siamo una nazione in declino e che ha perso la dignità di se stessa. Però il troppo è troppo.

Per non essere soffocato dalla cianfrusaglia, adesso proverò a rammentare qualche verità impossibile da scordare. La prima è che la guerra civile conclusa nel 1945, ma con molte code sanguinose sino al 1948, fu un conflitto fra due minoranze. Erano pochi i giovani che scelsero di fare i partigiani e i giovani che decisero di combattere l' ultima battaglia di Mussolini. Il «popolo in lotta» tanto vantato da Luigi Longo, leader delle Garibaldi, non è mai esistito. A perdere furono i ragazzi di Salò, i figli dell' Aquila repubblicana. Ma a vincere non furono quelli che avevano preso la strada opposta. L' Italia non venne liberata da loro. Se il fascismo fu sconfitto lo dobbiamo ad altri giovani che non sapevano quasi nulla di un Paese che dal 1922 aveva obbedito al Duce e l' aveva seguito in una guerra sbagliata, combattuta su troppi fronti. La vittoria e la libertà ci vennero donate dalle migliaia di ragazzi americani, inglesi, francesi, canadesi, australiani, brasiliani, neozelandesi, persino indiani, caduti sul fronte italiano. E dai militari della Brigata Ebraica, che oggi una sinistra ottusa vorrebbe escludere dalla festa del 25 aprile.

Gli stranieri e gli italiani si trovarono alle prese con una guerra civile segnata da una ferocia senza limiti. Qualcuno ha scritto che la guerra civile è una malattia mentale che obbliga a combattere contro se stessi. E svela l' animo bestiale degli esseri umani. Tutti gli attori di quella tragedia potevano cadere in un abisso infernale. Molti lo hanno evitato. Molti no. Eccidi, torture, violenze indicibili non sono stati compiuti soltanto dai nazisti e dai fascisti. Anche i partigiani si sono rivelati diavoli in terra.

In un libro di memorie scritto da un comandante garibaldino e pubblicato dall' Istituto per la storia della Resistenza di Vercelli, ho trovato la descrizione di un delitto da film horror. Una banda comunista, stanziata in Valsesia, aveva catturato due ragazze fasciste, forse ausiliarie. E le giustiziò infilando nella loro vagina due bombe a mano, poi fatte esplodere.
La ferocia insita nell' animo umano era accentuata dalla faziosità ideologica. La grande maggioranza delle bande partigiane apparteneva alle Garibaldi, la struttura creata dal Pci e comandata da Longo e da Pietro Secchia. È una verità consolidata che tra le opzioni del partito di Palmiro Togliatti ci fosse anche quella della svolta rivoluzionaria. Dopo la Liberazione sarebbe iniziata un' altra guerra. Con l' obiettivo di fare dell' Italia l' Ungheria del Mediterraneo, un Paese satellite dell' Unione Sovietica.

I comunisti potevano essere più carogne dei fascisti e dei nazisti? No, perché chi imbraccia un' arma per affermare un progetto totalitario, nero o rosso che sia, è sempre pronto a tutto. Ma esiste un fatto difficile da smentire: le stragi interne alla Resistenza, partigiani che uccidono altri partigiani, sono tutte opera di mandanti ed esecutori legati al Pci.
La strage più nota è quella di Porzûs, sul confine orientale, a 18 chilometri da Udine. Nel pomeriggio del 7 febbraio 1945, un centinaio di garibaldini assalgono il comando della Osoppo, una formazione di militari, cattolici, monarchici, uomini legati al Partito d' Azione e ragazzi apolitici. Quattro partigiani e una ragazza vengono soppressi subito. Altri sedici sono catturati e tutti, tranne due che passano con la Garibaldi, saranno ammazzati dall' 8 al 14 febbraio. Un assassinio al rallentatore che diventa una forma di tortura.
In totale, 19 vittime.

La strage ha un responsabile: Mario Toffanin, detto "Giacca", 32 anni, già operaio nei cantieri navali di Monfalcone, un guerrigliero brutale e un comunista di marmo. Ha due idoli: Stalin e il maresciallo Tito. Considera la guerriglia spietata il primo passo della rivoluzione proletaria. Ma l' assalto e la strage gli erano stati suggeriti da un dirigente della Federazione del Pci di Udine. Di lui si conosce il nome e l' estremismo da ultrà che gioca con le vite degli altri.

È quasi inutile rievocare le imprese di Franco Moranino, "Gemisto", il ras comunista del Biellese. Un sanguinario che arrivò a uccidere i membri di una missione alleata. E poi fece sopprimere le mogli di due di loro, poiché sospettavano che i mariti non fossero mai giunti in Svizzera, come sosteneva "Gemisto". Il Pci di Togliatti difese sempre Moranino e lo portò per due volte a Montecitorio e una al Senato. Anche lui come "Giacca" morì nel suo letto.

Tra le imprese criminali dei partigiani rossi è famoso il campo di concentramento di Bogli, una frazione di Ottone, in provincia di Piacenza, a mille metri di altezza sull' Appennino. Dipendeva dal comando della Sesta Zona ligure ed era stato affidato a un garibaldino che oggi definiremmo un serial killer. Tra l' estate e l' autunno del 1944 qui vennero torturati e uccisi molti prigionieri fascisti. Le donne venivano stuprate e poi ammazzate. Soltanto qualcuno sfuggì alla morte e dopo la fine della guerra raccontò i sadismi sofferti.
A volte erano dirigenti rossi di prima fila a decidere delitti eccellenti. Le vittime avevano comandato formazioni garibaldine, ma si rifiutavano di obbedire ai commissari politici comunisti. Di solito questi crimini venivano mascherati da eventi banali o da episodi di guerriglia.

Uno di questi comandanti, Franco Anselmi, "Marco", il pioniere della Resistenza sull' Appennino tortonese, dopo una serie di traversie dovute ai contrasti con esponenti del Pci, fu costretto ad andarsene nell' Oltrepò pavese.

Morì l' ultimo giorno di guerra, il 26 aprile 1945, a Casteggio per una raffica sparata non si seppe mai da chi.
Negli anni Sessanta, andai a lavorare al Giorno, diretto da Italo Pietra che era stato il comandante partigiano dell' Oltrepò. Sapeva tutto del Pci combattente, della sua doppiezza, dei suoi misteri.

Quando gli chiesi della fine di Anselmi, mi regalò un' occhiata ironica. E disse: «Vuoi un consiglio? Non domandarti nulla. Anselmi è morto da vent' anni. Lasciamolo riposare in pace».
Un' altra fine carica di mistero fu quella di Aldo Gastaldi, "Bisagno", il numero uno dei partigiani in Liguria. Era stato uno dei primi a darsi alla macchia nell' ottobre 1943, a 22 anni. Cattolico, sembrava un ragazzo dell' oratorio con il mitragliatore a tracolla, coraggioso e altruista. Divenne il comandante della III Divisione Garibaldi Cichero, la più forte nella regione. Era sempre guardato a vista dalla rete dei commissari comunisti della sua zona.

Nel febbraio 1945, il Pci cercò di togliergli il comando della Cichero, ma non ci riuscì. Alla fine di marzo Bisagno chiese al comando generale del Corpo volontari della libertà di abolire la figura del commissario politico. E quando Genova venne liberata, cercò di opporsi alle mattanze indiscriminate dei fascisti.

Non trascorse neppure un mese e il 21 maggio 1945 Bisagno morì in un incidente stradale dai tanti lati oscuri. In settembre avrebbe compiuto 24 anni. Ancora oggi a Genova molti ritengono che sia stato vittima di un delitto. Sulla sua fine esiste una sola certezza.

Con lui spariva l' unico comandante partigiano in grado di fermare in Liguria un' insurrezione comunista diretta a conquistare il potere. Scommetto mille euro che nessuno dei due verrà ricordato nelle cerimonie previste un po' dovunque. Al loro posto si farà un gran parlare delle cosiddette Repubbliche partigiane. Erano territori conquistati per un tempo breve dai partigiani e presto perduti sotto l' offensiva dei tedeschi. Le più note sono quelle di Montefiorino, dell' Ossola e di Alba.

Nel 1944, Montefiorino, in provincia di Modena, contava novemila abitanti. Con i quattro comuni confinanti si arrivava a trentamila persone. L' area venne abbandonata dai tedeschi e i partigiani delle Garibaldi vi entrarono il 17 giugno. La repubblica durò sino al 31 luglio, appena 45 giorni. Fu un trionfo di bandiere rosse, con decine di scritte murali che inneggiavano a Stalin e all' Unione Sovietica.

Vi dominava l' indisciplina più totale. Al vertice c' era il Commissariato politico, composto soltanto da comunisti. Il caos ebbe anche un lato oscuro: le carceri per i fascisti, le torture, le esecuzioni di militari repubblicani e di civili.

Ma nessuno si preoccupava di difendere la repubblica. Infatti i tedeschi la riconquistarono con facilità.

La repubblica dell' Ossola nacque e morì nel giro di 33 giorni, fra il settembre e l' ottobre del 1944. Era una zona bianca, presidiata da partigiani autonomi o cattolici. E incontrò subito l' ostilità delle formazioni rosse. Cino Moscatelli, il più famoso dei comandanti comunisti, scrisse beffardo: «A Domodossola c' è un sacco di brava gente appena arrivata dalla Svizzera che ora vuole creare per forza un governino pur di essere loro stessi dei ministrini».

La repubblica di Alba venne descritta così dal grande Beppe Fenoglio, partigiano autonomo: «Alba la presero in duemila il 10 ottobre e la persero in duecento il 2 novembre 1944». Durata dell' esperimento: 23 giorni, conclusi da una fuga generale. Sentiamo ancora Fenoglio: «Fu la più selvaggia parata della storia moderna: soltanto di divise ce n' era per cento carnevali. Fece impressione quel partigiano semplice che passò rivestito dell' uniforme di gala di colonnello d' artiglieria, con intorno alla vita il cinturone rossonero dei pompieri...».
In realtà la guerra civile fu di sangue e di fuoco. Con migliaia di morti da una parte e dall' altra. Dopo il 25 aprile ebbe inizio un' altra epoca altrettanto feroce. L' ho descritta nel libro che mi rende più orgoglioso fra i tanti che ho pubblicato: Il sangue dei vinti. Stampato da un editore senza paura: la Sperling e Kupfer di Tiziano Barbieri. Un buon lavoro professionale. Dal 2003 a oggi, nessuna smentita, nessuna querela, ventimila lettere di consenso, una diffusione record. Ma le tante sinistre andarono in tilt. E diedero fuori di matto.

Più lettori conquistavo, più venivo linciato sulla carta stampata, alla radio, in tivù. Mi piace ricordare l' accusa più ridicola: l' aver scritto quel libro per compiacere Silvio Berlusconi e ottenere dal Cavaliere la direzione del Corriere della Sera. Potrei mettere insieme un altro libro per raccontare quello che mi successe. Qui preferisco ricordare i più accaniti tra i miei detrattori: Giorgio Bocca, Sandro Curzi, Angelo d' Orsi, Sergio Luzzatto, Giovanni De Luna, Furio Colombo, qualche firma dell' Unità, varie eccellenze dell' Anpi, del Pci e di Rifondazione comunista.

Tutti erano mossi dalle ragioni più diverse. Se ci ripenso sorrido.

La meno grottesca riguarda l' ambiente legato al vecchio Pci. Dopo la caduta del Muro di Berlino e la svolta di Achille Occhetto nel 1989, gli restava poco da mordere.
Si sono aggrappati alla Resistenza.

E hanno inventato uno slogan. Dice: la Resistenza è stata comunista, dunque chi offende il Pci offende la Resistenza. Oppure: chi offende la Resistenza offende il Pci e gli eredi delle Botteghe oscure.

Ecco un' altra delle menzogne spacciate ogni 25 aprile. Insieme alla bugia delle bugie, quella che dice: le grandi città dell' Italia del nord insorsero contro i tedeschi e li sconfissero anche nell' ultima battaglia. Non è vero. La Wehrmacht se ne andò da sola, tentando di arrivare in Germania. In casa nostra non ci fu nessuna Varsavia, la capitale polacca che si ribellò a Hitler tra l' agosto e il settembre 1944. E divenne un cumulo di macerie. In Italia le uniche macerie furono quelle causate dai bombardamenti degli aerei alleati.
Che cosa resta di tutto questo?

Di certo il rispetto per i caduti su entrambe le parti. Ma anche qualcos' altro. Quando viaggio in auto per l' Italia, rimango sempre stupito dalla solitaria immensità del paesaggio. Anche nel 2015 presenta grandi spazi vuoti, territori intatti, mai violati dal cemento.

È allora che ripenso ai pochi partigiani veri e ai figli dell' Aquila fascista. E mi domando se avrei avuto il loro stesso coraggio se fossi stato un giovane di vent' anni e non un bambino. Si gettavano alle spalle tutto, la famiglia, gli studi, l' amore di una ragazza, per entrare in un mondo alieno, feroce e sconosciuto. Erano formiche senza paura e pronte a morire. L' Italia di oggi merita ancora quei figli, rossi, neri, bianchi? Ritengo di no.
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » gio apr 28, 2016 9:00 am

Pervarsion de ła cosiensa e stra'olxemento dei Diriti Omani

Raccolgono cibo per italiani poveri: bastonati da anarchici e immigrati
Claudio Cartaldo - Mar, 29/03/2016

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... tect=false

Stavano realizzando una raccolta di cibo per italiani in difficoltà a Rimini. Il motto, semplice, era: “Prima gli italiani”.

Per questo un gruppo di militanti di Forza Nuova sono stati aggrediti con un arsenale di bastoni e spranghe da una banda di antagonisti del centro sociale “Casa Madiba” che, tra le altre cose, difende i diritti dei migranti.

Il tutto è successo alla vigilia di Pasqua a Rimini, di fronte ad un supermercato Conad. Poco prima delle 11 di mattina, più di 30 antagonisti hanno accerchiato e aggredito i militanti di Forza Nuova intenti nell’opera di volontariato. Alla fine della rissa sono stati tre i militanti della destra feriti, di cui alcuni anche gravemente con 40 giorni di prognosi. Esponenti del centro sociale, invece, sono stati accompagnati in Questura dai carabinieri, intervenuti poco dopo la rissa.

In un primo momento, con un comunicato, gli antagonisti hanno cercato di addossare la colpa su Forza Nuova, asserendo che si sarebbero presentati di fronte al supermarket armati solo di scope. Ma le indagini della polizia e della digos pare portino su un’altra pista. “Questo quello che emergerebbe dalla visione dei filmati e dalle prime testimonianze - scrive Rimini today - apparirebbe chiaro chiaro che a dare fuoco alle polveri siano stati gli appartenenti al centro sociale che, in maniera del tutto repentina e ingiustificata, dagli sfottò sono passati direttamente al pestaggio”. Non solo. Infatti la polizia in alcuni cassonetti intorno al luogo del pestaggio hanno trovato l’arsenale composto da bastoni e catene. I militanti di Forza Nuova avevano infatti denunciato che “più di 30 esponenti del centro sociale Casa Madiba, spalleggiati da alcuni immigrati, hanno aggredito violentemente 4 forzanovisti riminesi impegnati nella raccolta alimentare, a favore degli italiani bisognosi, con l'associazione SolidarietàNazionale”.

Le vittime stavano solo raccogliendo il cibo per le persone in difficoltà. Italiane. Ma per gli antagonisti di “Casa Madiba”, mettere prima di tutti gli italiani, è un atto di “razzismo e xenofobia”.

Sulla vicenda è intervenuto anche il segretario nazionale di Forza Nuova: “Mi domando se si stia entrando in una fase storica in cui il politically correct imperante preveda che chi aiuti il prossimo debba essere punito e chi, invece, accecato dall'odio aggredisce venga, come nel caso dei centri sociali riminesi, protetto e tutelato, solo perché allineato alla mentalità dominante” buonista.
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » ven apr 29, 2016 7:47 pm

Bertinotti si confessa a "Libero": "Non sono più comunista e vi spiego perché ho scelto"
intervista di Luca Telese
26 Aprile 2016

http://www.liberoquotidiano.it/news/per ... -pure.html


Presidente Bertinotti, lei ha stupito tutti con l’intervista al Corsera in cui ha rivelato la sua apertura verso Comunione e Liberazione.
«Su questo punto non ho da aggiungere nulla, ho già detto».

Sembra seccato.
«Ho raccontato di aver trovato in Cl molto di più e di diverso di quel che mi aspettavo, in primo luogo il suo popolo».

L’ha stupita il popolo di Cielle?
«Guardi, non aggiungo altro: ho subito un’offensiva mediatica e una campagna di strumentalizzazione. Sono abituato. Ho ricordato che per Gramsci l’intellettuale può rappresentare il popolo solo se ha con lui “una connessione sentimentale”. Questo sentimento, tra loro, l’ho trovato».

Però la sento arrabbiata.
«Anche lo scontro politico più duro dovrebbe partire dai fatti, e non dalle invettive. Ma lasciamo perdere. Io dico cose sgradevoli per la destra e per la sinistra, ne sono consapevole».

Ad esempio?
«Sostengo che la storia politica nata col movimento operaio del Novecento si è esaurita».

E a chi dà fastidio?
«A molti: è un terreno di lotta politica a sinistra».

Ma perché ci tiene così tanto a sottolinearlo proprio lei che ha lavorato per venti anni alla Rifondazione del comunismo?
«Mi interessa costruire. Se non si prende atto dolorosamente di una sconfitta irrevocabile della sinistra storica non si può riprendere il cammino, in nessuna direzione».

E chi altro scontenta?
«Ovviamente la sinistra liberista. Ormai, a tenere alto il livello di criticità contro la dittatura del mercato è rimasta, praticamente sola, la Chiesa di Papa Francesco».

È un Fausto Bertinotti che stupisce. L’ex presidente della Camera non ha mai smesso il suo lavoro di riflessione sulla sua rivista, Alternative per il Socialismo. Però un conto è il passo del saggista, un altro sono le sue opinioni contundenti, spesso spiazzanti, e le sue uscite pubbliche. Oggi Bertinotti si dedica soltanto alla ricerca intellettuale, ma le sue posizioni sono più radicali di quando - una vita fa - era un leader politico. «La democrazia rappresentativa, in Occidente - sostiene oggi - non esiste più. È stata disarticolata, svuotata di ogni significato».

Bertinotti, se un compagno di Rifondazione la sentisse elogiare Cielle, dichiarare esaurita la storia del movimento operaio, o che la democrazia è finita dubiterebbe di lei.
«Io dico che a sinistra le piste sono esaurite: le due anime che conosciamo non hanno più nulla da dire».

Quali piste?
«Sia l’anima nuovista che quella che si rifugia nella tutela identitaria come se nulla fosse accaduto».

I “nuovisti” sono i socialdemocratici e i renziani del Pd?
«Sono quelli che io considero letteralmente trascinati - nel mio linguaggio - dal nuovo capitalismo».

Ci sono esperienze che lei trova molto interessanti, in Europa?
«Sì: quelle di chi si mette sul terreno del nuovo, senza rapporti con la storia del Novecento: Siryza e Podemos sono esperienze estranee alla storia del movimento operaio».

Podemos non è di sinistra?
«Non la definisco una formazione di sinistra. Vale quello che dice il suo leader Pablo Iglesias: “Io sono gramsciano, di sinistra. Il mio partito no”».

Cosa vede di nuovo in Europa?
«Sono vive solo le formazioni politiche che interpretano il conflitto fra l’alto e il basso».

I populismi?
«I cosiddetti populismi nascono dalla contesa tra alto e basso, poveri e ricchi. Ci sono anche quelli di tipo trasversale, come Grillo. Ma sia a destra che a sinistra il nodo è questo. Podemos e Syriza sono un esempio clamoroso di popolo contro le élite».

Lei considera élite, indistintamente, sia la Merkel che Hollande?
«Sì. Le élite di sinistra sono più inclusive di quelle liberiste, ma entrambe individuano la critica al mercato come una critica alla modernità».

Da qui il suo avvicinamento alle correnti critiche che nascono all’interno della Chiesa?
«“Laudato sii” è una lettura preziosa per capire questo tempo, riconoscendo al Pontefice la sua autonomia dalla politica e il suo carisma».

Qual è il discrimine, per lei, se non è più quello tra destra e sinistra tradizionale?
«Semplice: tra chi è per l’inclusione e per l’eguaglianza e chi invece è per l’esclusione e per la disuguaglianza».

In questo campo lei mette tutte le sinistre socialdemocratiche?
«In Europa si è strutturato un soggetto nuovo e sovranazionale che ha come obiettivo la conservazione degli attuali rapporti di forza, l’idea di far pagare la crisi ai più poveri».

Chi fa parte di questo soggetto?
«Un soggetto che chiamo, molto semplicemente, governo. Non importano le facce, i leader: quelle passano. Il governo resta e persegue i suoi obiettivi di stabilizzazione del sistema».

E come fa?
«Questi tempi hanno partorito una filosofia politica - la “governamentabilità” - e una pratica politica, la “governabilità”. Parliamo dell’Italia e delle politiche economiche: non vedo sostanziali differenze tra Monti, Letta e Renzi».

Se fosse così votare sarebbe inutile!
«E infatti si inventano parole complesse per definire un fenomeno semplice. Si parla di “democrazia funzionale” o “democrazia autoritaria”. Ma l’essenza è che non c’è più democrazia, possibilità di cambiare direzione alle politiche dei governi per effetto della volontà popolare».

Mi faccia un esempio.
«Io le ho parlato di élite, ma potremmo dire: oligarchie. Prenda Renzi, Monti, Valls, Hollande e Merkel, le istituzioni europee, il fondo monetario. Fanno tutti, in modo diverso, una cosa sola: austerità».

Cos’è? Bilderberg? La Spectre?
«Nulla di misterioso, complottistico o segreto: è sotto gli occhi dei cittadini. Questi leader fanno parte di un sovragoverno: banche centrali, esecutivi, istituzioni internazionali».

Ma sono paesi diversissimi fra di loro, spesso in conflitto!
«Oggi Le Monde parla del ministro del tesoro francese che ha come idea cardine il superamento della differenza tra gauche e droite. Non lo sentiamo in Italia da dieci anni?».

Anche in altri paesi.
«La Merkel infatti c’è riuscita a tal punto che governa con i socialdemocratici che per molti versi sono alla sua destra».

Addirittura.
«Sulla vicenda greca è stato così. Nella sostanza il governo dell’Europa è questo: Verdini e il Partito della Nazione sono variabili nazionali pittoresche e quasi trascurabili».

Facciamo un altro esempio.
«In Francia i socialisti godono di un monocolore in parlamento e non hanno bisogno nemmeno di escamotage come Ncd o Ala».

Già.
«Ma dopo tre anni precipitano dal 49% al 12% e Hollande non arriva al ballottaggio. Quello che determina il corso della politica è la governabilità. Se si sostituisce Hollande si cerca di fare in modo che nulla cambi negli equilibri e nelle politiche».

Facciamo un altro esempio.
«Nessuno ha dissentito quando si è trattato di strangolare il governo greco. I presunti leader di sinistra, se possibile, sono stati i più subalterni e feroci. Oggi, che si prepara un nuovo giro di vite, nessuno protesta.

Perché?
«Semplice: perché l’austerità mina il consenso, lo divora. Annichilisce i sorrisi e l’ottimismo dei premier. Dopo un anno o due sono già da buttare, e si prepara una nuova operazione di camuffamento».

Così è sicuro che la governabilità tenga?
«Per nulla. Infatti si procede verso una progressiva riforma delle istituzioni, una democrazia neo autoritaria».

Riesce?
«L’altro escamotage è questo: determinare e accentuare un conflitto politico con forze che non possono governare. Così connotate in senso radicale che nel momento della sfida per il governo è impossibile che vincano».

Esempio?
«In Italia è facile, Grillo. Ma anche Farage in Gran Bretagna».

Lei non cita la Le Pen
«È un fenomeno di populismo più complesso, più strutturato, viene da una tradizione politica solida».

È uno scenario apocalittico.
«Il flusso della governabilità è stabile, ma le società sono impoverite ed instabili: i banchieri centrali tengono le redini perché sono i sacerdoti di questa economia perdente, ma ancora capace di incantare i credenti».

La governabilità, come la chiama lei, non si può battere?
«Non lo penso. Ma dopo sette anni di crisi, non è accaduto. La nuova Conventio ad escludendum, come accadeva per il Pci degli anni Settanta, dice che non può esserci un governo diverso. Se cade questo ce n’è sempre un altro, e magari un presidente che nel momento di crisi non fa votare».

Lei pensa che ci sia un leader in cui questa politica si identifica?
«Il vecchio Marx diceva: se guardi il singolo capitalista, non capisci il capitalismo. Guarda l’intero fenomeno, in modo scientifico, e lo vedrai».

Noto quasi ammirazione in lei.
«Non ammirazione, ma osservo: nessun altro sistema di consenso avrebbe retto ad un crollo così drastico di ricchezza. Ad una sottrazione di risorse così ampia per i popoli».

C’è ancora speranza di cambiare.
«Ricordo una storica citazione di uno dei miei maestri, Riccardo Lombardi: “Guardate l’indice di disoccupazione. Se finisce sopra il 10% la democrazia è a rischio”».

Bella, ma siamo oltre il 10%.
«Nella prima repubblica era così. Ma la profezia di Lombardi si è avverata. Infatti le regole di gioco sono cambiate».

Quali?
«Quelle fondamentali. La democrazia l’hanno già uccisa. Ne discutiamo come se esistesse ancora».

Cosa cambia?
«Nel tempo della governabilità la coppia giusto-sbagliato viene sostituita da funzionale-non funzionale».

Cosa conta ora?
«Se le regole danno noia ai manovratori cambia le regole. Non a caso il dibattito ci dice che serve un ministro delle Finanze unico, un ministro della Difesa unico, un governo dei governi unico. C’è chi teorizza di non votare per periodi di emergenza economica. Il sistema attuale è irriformabile».

Questo è nichilismo cosmico!
«La speranza di riforma può arrivare solo da fuori dal recinto. Solo dai barbari oggi esclusi!».

Ha simpatia per i barbari, ora?
«Oh, certo. Machiavelli considerava Roma superiore alle altre civiltà perché ammetteva la rivolta e si rigenerava attraverso di essa. La rivolta reintroduceva nel sistema le forze escluse».

Dove le vede queste possibili rivolte?
«Nelle forme inedite dei movimenti sociali. Lei sorride: ma gli Indignandos spagnoli hanno partorito Podemos e Occupy Wall street: Bernie Sanders».

Ma non sono forme vincenti.
«Per ora. Oggi studio le esperienze di auto-produzioni, di mutuo soccorso. Quello che chiamo il sottobosco».

Facciamo un altro esempio.
«Leggo su Repubblica che i vaucher aiutano il sommerso. Il vaucher è lo strumento di un nuovo caporalato. Di nuovo le regole stravolte: la legge legalizza l’illegalità. In Francia la nuova legge sul lavoro è una fotocopia del Jobs act».

Sa già da dove arriveranno i barbari?
«La nuova sinistra non nascerà da una costola della vecchia: finché vive il movimento operaio il nuovo nasce sempre per “spirito di scissione”. Ovvero: tornare alle ragioni originarie per sanare un tradimento».

E oggi?
«Non c'è più nulla da cui scindersi. Tu sei un’altra storia, non hai più una casa dove tornare».

Bertinotti, lei cosa vota?
«Riconosco che risponderò con un trucco: “Sono un militante comunista. Non ho nulla da dichiarare”».

Non vota più?
«Voto per scegliere il meno peggio. Per governare la città. Ma non credo che la rinascita della sinistra passi per una campagna elettorale».
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » dom mag 01, 2016 6:26 am

Ke orror!

Vendola: "Abbracciamo i nostri fratelli rom e i nostri fratelli musulmani"
https://www.youtube.com/watch?v=5VfuhMTPHKc
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » mar mag 03, 2016 8:12 am

Immagine

Cooperativa de Radio Gama 5
http://www.radiogammacinque.it/blog

Radio łebara? A no credo tanto! Lebara da prejudisi e da dogmi, no ma piena ...

on covo de comounisti statałisti e nasionałisti tałiani

atei, anticristiani, antisemiti, antiebrei, antiixraełiani

fiło pałestinexi e fiło xlameghi

anti endependensa veneta

conplotisti, strighe kemeghe



Le teorie del complotto sull'attentato al World Trade Center dell'11 settembre 2001 sono una serie di teorie del complotto che sostengono come argomento centrale il fatto che gli attentati dell'11 settembre 2001 siano da imputare a soggetti diversi dal terrorismo islamico.

https://it.wikipedia.org/wiki/Teorie_de ... embre_2001
Dopo l'11 settembre sono stati pubblicati diversi saggi, articoli e documentari di matrice complottista, spesso con fini commerciali, in merito a ipotetiche incongruenze nella ricostruzione tecnica e giudiziaria dei fatti, ivi compresa la dinamica esatta che ha condotto al crollo delle due Torri Gemelle.
La tesi cospirazionista del presunto coinvolgimento "israeliano", o comunque sostenente il fatto che alcuni israeliani che lavoravano presso il World Trade Center fossero stati preventivamente avvertiti degli attentati, è stata spesso sostenuta da gruppi o singoli autori conosciuti per il loro antisionismo ed è stata poi ampiamente sconfessata e dimostrata falsa.

11 settembre: confessione di un complottista pentito
di Alessandro Martorana
http://it.ibtimes.com/11-settembre-conf ... to-1415764

11 settembre: anche dopo 13 anni le bufale complottiste sono più vive che mai
di Alessandro Martorana 11.09.2014
http://it.ibtimes.com/11-settembre-anch ... ai-1355904

Usa, in dieci anni le teorie complottiste sull’11 settembre si sono moltiplicate
Nessun evento dall'assassinio di Kennedy ha fatto sorgere un numero così elevato di ricostruzioni alternative alla versione ufficiale. Dal ruolo di Israele, al complotto interno, fino all'imbottitura di esplosivo dei grattacieli
di Roberto Festa | 8 settembre 2011
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/09 ... ate/156165

Le Torri gemelle sono state abbattute con un’esplosione controllata, piano dopo piano. Il Pentagono è stato colpito da un missile, e non da un aereo. Gli aerei dirottati erano imbottititi di esplosivo (e i loro passeggeri, rapiti, sono stati uccisi altrove e gettati nell’Oceano). Il building 7 del World Trade Center, accanto alle Twin towers, è stato demolito intenzionalmente e non è crollato per effetto del fuoco. Israele ha concepito e organizzato l’attacco, per provocare un conflitto globale tra Stati Uniti e mondo arabo (e il Mossad avvertì gli ebrei che lavoravano nelle Due Torri di starsene a casa la mattina dell’11 settembre).

Nessun evento, dai tempi dell’assassinio a Dallas di JFK, ha fatto sorgere così tante idee e teorie complottiste. Secondo molte di queste, largamente presenti in Rete, l’11 settembre sarebbe frutto di una cospirazione del governo americano per imporre un regime autoritario e ridare ossigeno, attraverso le spese militari e il controllo delle fonti energetiche, al capitalismo declinante. I primi dubbi circa la versione ufficiale dell’attentato sono d’altra parte antichi, e risalgono ai momenti immediatamente successivi al crollo dei grattacieli. Come raccontato da Robbyn Swan e Anthony Summers, autori di The Eleventh Day: The Full Story of 9/11 and Osama bin Laden, già nel pomeriggio dell’11 settembre un ragazzo di nome David Rostcheck lasciò la poltrona davanti al televisore, dove aveva assistito al disastro, si mise al computer. In una chatroom scrisse: “Sembra che non si sia trattato di un incendio ma di una demolizione controllata. Se non ci dicono qualcosa di più nei prossimi giorni, allora c’è davvero qualcosa di strano”.

Da quel pomeriggio le teorie complottiste si sono moltiplicate. Se alcuni ambienti propizi alla diffusione hanno scarsissima credibilità (la teoria del complotto sionista è stata per esempio rilanciata da autori che negano l’Olocausto, e non ha alcun fondamento: un morto su dieci dell’11 settembre era ebreo), in molti altri casi l’idea della cospirazione è cresciuta negli ambienti accademici, tra ex-funzionari della Cia e dell’Fbi e tra le stesse fila dell’esercito Usa. Uno tra i più conosciuti propagatori di dubbi circa la versione ufficiale è per esempio un professore di teologia, David Griffin, che ha scritto nove libri per dimostrare che gli attentati “furono concepiti all’interno dell’apparato statale americano” per giustificare davanti all’opinione pubblica internazionale la guerra in Medio Oriente.

Con gli anni questo genere di teorie si sono estese ben al di là dei circoli ristretti dell’accademia e degli esperti ed appassionati di intelligence. Un sondaggio del 2006 indicava che un americano su tre riteneva che l’amministrazione Bush avesse in qualche modo mentito (o progettando direttamente gli attentati, o non facendo nulla per evitarli, in modo da poter invadere l’Iraq). Il fenomeno ha assunto dimensioni tali da condurre il governo americano a pubblicare nel 2009 un documento sul suo sito per chiarire i principali dubbi. Senza molto successo. I truthers, i sostenitori del complotto, continuano a diffondere le loro tesi e a seminare dubbi (grazie anche allo straordinario volano offerto dalla Rete). Ecco dunque quattro delle tesi complottiste più accreditate (e le ragioni che le rendono poco credibili).

Il vicepresidente Dick Cheney ordinò all’aviazione militare americana di non alzarsi in volo e di non intercettare gli aerei dirottati. Questo spiegherebbe il ritardo nella capacità di reazione dell’amministrazione Bush. La versione ufficiale ruota invece sulla mancanza di coordinamento tra organi di controllo del traffico aereo civile (Faa) e aviazione militare. Il carattere multiplo degli attacchi, un sistema contraereo concepito ai tempi della Guerra Fredda e rivolto all’esterno del Paese, la disattivazione degli strumenti di identificazione a bordo, sarebbero gli altri elementi capaci di spiegare la lentezza nella reazione.
Una delle teorie complottiste più diffuse (sostenute per esempio nei libri di Steven Jones, un fisico della Brigham Young University) riguarda la possibilità che le Due Torri siano state abbattute attraverso una serie di cariche esplosive coordinate (tesi che sembrerebbe accreditata dalle immagini delle esplosioni nei piani alti degli edifici). In realtà, ogni demolizione controllata di un edificio avviene facendo brillare i piani inferiori. Di più. Una ricerca del National Institute of Standards and Technology ha concluso che l’impatto degli aerei contro le Due Torri danneggiò in modo definitivo le colonne portanti. 10 mila galloni di benzina, distribuiti su più piani, fecero scoppiare gli incendi. Sotto l’effetto di temperature altissime, i pavimenti cominciarono a curvarsi, mentre anche le colonne perimetrali si piegavano e mettevano in atto una serie di processi dinamici che portarono al definitivo collasso.
In 9/11. The Big Lie, il francese Thierry Meyssan ha sostenuto che il Pentagono fu distrutto da un missile, e che resti di un aereo furono portati sul luogo per simulare il disastro. In realtà, decine di corpi di passeggeri e membri dell’equipaggio furono trovati nella zona dell’impatto. L’aereo fu visto volteggiare sopra il Pentagono, e fu fotografato da molti. Nessuna prova che indichi la distribuzione dei resti di un aereo sul luogo del disastro è mai stata trovata.
Alcuni truthers sostengono che gli aerei dirottati erano imbottiti di esplosivo, e che furono fatti esplodere con un meccanismo telecomandato a distanza. I presunti passeggeri a bordo sarebbero stati uccisi altrove, e i loro corpi poi scaricati nell’Oceano. Anche qui ci sono prove che dimostrano in modo inequivocabile la presenza dei passeggeri a bordo degli aerei dirottati. Le telefonate partite dai velivoli, e dirette a familiari e amici dei passeggeri, furono fatte con i telefoni presenti sul retro delle poltrone.


https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_de ... e_chimiche
La teoria del complotto sulle scie chimiche (in inglese chemtrails conspiracy theory) sostiene che alcune scie di condensazione visibili nell'atmosfera terrestre rilasciate dagli aerei non siano scie di vapore acqueo, ma siano composte anche da agenti chimici o biologici, spruzzati in volo per mezzo di ipotetiche apparecchiature montate sui velivoli, per varie finalità.
Il diffondersi di questa teoria nel mondo attraverso i mass media, in particolare internet, ha fatto sì che enti governativi si siano trovati a ricevere, da parte di varie persone, richieste di spiegazioni in merito a questo presunto fenomeno. Gli stessi enti governativi e la comunità scientifica hanno ripetutamente dimostrato l'assoluta inconsistenza e incoerenza scientifica di tali asserzioni. Analoghe risposte sono state date dai diversi governi italiani alle relative interrogazioni parlamentari, oltre che da numerosi piloti ed esperti di meteorologia. Anche riviste e programmi di divulgazione scientifica hanno definito la teoria "una bufala".
Il presunto rilascio di "scie chimiche" non deve essere confuso con la tecnica detta cloud seeding (inseminazione delle nubi), che consiste nello spargere nuclei di condensazione nelle nubi per stimolare le precipitazioni piovose, tecnica che però ha sempre fornito scarsi effetti e che oggi nel mondo viene quindi poco utilizzata.
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » sab mag 07, 2016 7:46 am

Esclusivo: Parlamento Fiammingo, Bernard Daelemans: “Le Fiandre saranno indipendenti”
Su Stefania Vedi tutti gli articoli diStefania
di LUCA POLO
6 May 2016

http://www.lindipendenzanuova.com/esclu ... dipendenti

Bernard Daelemans, anno 1966, fornisce il suo contributo a Bruxelles nel board della VVB ( Vlaamse Volksbeweging / Movimento Popolare Fiammingo www.vvb.org ) come vice-presidente. Dalla sua base operativa, la “Flemish House” nei pressi del Parlamento fiammingo, Bernard è attivo su innumerevoli fronti. La maggior parte delle persone in patria probabilmente lo conosce come la forza trainante dietro la rivista “Meervoud” ( www.meervoud.org) su cui egli stesso scrive. È attualmente in carica sia come portavoce per le Fiandre del coordinamento internazionale ICEC, sia come membro del board. Bernard è un attivista instancabile nella battaglia dell’applicazione del diritto di autodeterminazione.

Negli ultimi decenni abbiamo visto il nazionalismo fiammingo aumentare di molto il suo peso politico e raggiungere un punto in cui la governabilità del Belgio è stata seriamente minacciata (2010-2011) quando cioè il Belgio restò senza un governo per più di un anno. Ma nessun grande passo è stato fatto di recente nel senso dell’autonomia fiamminga, e la crisi è poi rientrata. Come ci puoi spiegare tutto questo?

“Di fatto per prima volta nella storia avevamo raggiunto il punto in cui i partiti indipendentisti non erano così lontani dalla maggioranza assoluta di seggi all’interno delle Fiandre. I partiti nazionalisti stanno diventando la corrente principale, il che è un fatto nuovo. Dal momento della creazione dello Stato belga nel 1830 il nazionalismo fiammingo ha sempre fatto parte della politica belga, ma i partiti nazionalisti – anche se avevano influenza – erano sempre una piccola minoranza nel panorama politico. La maggior parte dei Fiamminghi si sentiva a proprio agio riponendo la fiducia nei partiti tradizionali per difendere il punto di vista dei Fiamminghi, dal momento che siamo la maggioranza nello Stato belga (più o meno il 60% contro il 40% dei francofoni Valloni e Brussellesi).

L’autonomia è come sospesa?

“Anche se si sono avuti progressi nel campo del riconoscimento della lingua e della cultura e anche altri passi sono stati fatti per costruire un sistema di autonomia in cui gestiamo la nostra istruzione e decidiamo delle nostre infrastrutture (autostrade, porti, etc…), ci mancano ancora i veri strumenti per la politica economica come l’autonomia fiscale. Nel mentre che una maggiore autonomia ci veniva garantita, dovevamo pagare per queste grandi concessioni, ovvero la maggioranza demografica fiamminga venne politicamente annullata da un diritto di veto: qualsiasi decisione di una maggioranza fiamminga può sempre essere bloccato dai partiti francofoni”.

La crisi finanziaria è stata l’alibi?

“A mio avviso, quando la crisi finanziaria è arrivata nel 2008, ed ha interessato anche seriamente le banche belghe, si è ritenuto che il nostro benessere fosse seriamente minacciato e così è diventato evidente a molti Fiamminghi che sono necessarie riforme profonde per proteggere il nostro benessere e il sistema sociale, ma i politici valloni si sono sempre opposti a quelle riforme.

L’ostruzionismo politico permanente e l’atteggiamento arrogante dei politici francofoni ha reso chiaro che gli interessi fiamminghi sarebbero meglio serviti da una maggiore autonomia, il che spiega il motivo per cui i partiti indipendentisti sono andati così bene nelle elezioni del 2014. L’attuale Ministro-Presidente del governo fiammingo è un nazionalista, questo è un fatto storico nuovo.

E ancora il nazionalismo non è abbastanza forte per realizzare l’indipendenza delle Fiandre. Il principale partito (N-VA) ha anche accettato una moratoria sulle questioni istituzionali: sono entrati nel governo belga, con la promessa che cambiamenti istituzionali non dovevano essere effettuati nei prossimi cinque anni”.daelemans fiandre.

Con l’indipendenza si risolve anche la questione economica?

“Le rivendicazioni fiamminghe sono ora congelate, perché dicono che le riforme economiche sono troppo urgenti, e nello stesso tempo vogliono dimostrare in primo luogo che essi sono amministratori e governanti affidabili. In questo modo, la loro strategia sembra essere quella di consolidare la loro posizione nelle istituzioni e nella società, piuttosto che spendere 5 anni all’opposizione e lasciare che il loro “slancio”, il loro “momentum” politico passi via. Il VVB, come un movimento sociale indipendente, è critico verso questa strategia politica, ma è disposto a dargli una possibilità. Naturalmente ci sono rischi, perché se questo corso dimostra che il Belgio può essere efficacemente governato e le riforme economiche possono essere fatte, il “desiderio” fiammingo può sembrare possa essere soddisfatto all’interno della costellazione del Belgio, allora che necessità ci sarebbe di rivendicare ancora l’indipendenza delle Fiandre? Il VVB è naturalmente convinto che l’indipendenza delle Fiandre è l’unico modo per ottenere ciò che il Popolo fiammingo vuole, l’unico modo per avere decisioni democratiche e l’unico modo per realizzare i necessari cambiamenti socio-economici”.

Gli attentati di Bruxelles hanno mostrato il lato debole del governo?

“Gli attentati di Zaventem e della stazione del metro di Maalbeek a Bruxelles rivelato anche molte disfunzioni nella governance belga. Anche nella stampa mondiale il Belgio è stato puntato come ‘Stato fallito’. Soprattutto il complesso deserto istituzionale di Bruxelles, dove così tanti livelli politici competono sullo stesso territorio e dove nessuno è alla fine responsabile, è stato nettamente criticato. Abbiamo infatti 19 comuni, 6 polizie, 1 governo regionale, 2 governi della comunità e, naturalmente, anche lo stato federale a governare una città di 1 milione di abitanti. Gli osservatori internazionali, nonché l’opinione pubblica fiamminga rivendicano una semplificazione delle istituzioni, ma i partiti francofoni vogliono mantenere lo ‘status quo’ e vedono nelle riforme richieste una minaccia per il loro potere”.

Il mondo ha anche scoperto la municipalità di Molenbeek, una sorta di ghetto musulmano vicino al centro di Bruxelles, dove molti jihadisti coinvolti negli attentati di Parigi e di Bruxelles sono stati in qualche modo coperti e possono anche nascondersi per diversi mesi dopo che una imponente operazione di ricerca è stata lanciata per trovare questi criminali.

“Vedete, il caso Molenbeek illustra molto bene i punti di vista completamente diversi del partito politico fiammingo e del partito politico francofono in materia di immigrazione e integrazione. Mentre dal 1990 nelle Fiandre la critica in materia di immigrazione è entrato nel dibattito politico ed diventato il tema principale di un partito indipendentista (Vlaams Belang) che aveva sempre più successo, i partiti francofoni hanno rifiutato di rafforzare la gestione dell’immigrazione e sembravano essere più interessati nella valorizzazione dei voti dei migranti. Dovete sapere che la popolazione belga è cresciuta negli ultimi due decenni, da 9 a 11 milioni di abitanti e questo è ovviamente dovuto alla massiccia immigrazione. Circa 1/3 di tutti i migranti vengono a Bruxelles, dove ora la grande maggioranza della popolazione ha radici straniere (67% secondo le statistiche ufficiali). I partiti politici di lingua francese hanno visto questa come un’opportunità, in quanto ci si aspettava che la maggior parte dei nuovi arrivati si sarebbe spontaneamente integrata nella lingua dominante a Bruxelles, il francese, in modo che la popolazione fiamminga a Bruxelles e dintorni sarebbe diventata minoritaria”.daelemans arque fiandre

Integrazione, immigrazione, che prospettiva?

“Nelle Fiandre da anni i partiti hanno elaborato una politica di integrazione con lezioni di lingua obbligatori e forte stimolo per i nuovi arrivati a sviluppare le competenze necessarie per rendersi pronti alla partecipazione economica. I partiti francofoni hanno rifiutato questa “acculturazione imposta” dei “Fiamminghi razzisti”. Naturalmente speravano che, spontaneamente, i migranti avrebbero scelto di far parte della comunità francofona. Inoltre, hanno installato una sorta di politica “clientelare”, dove ai migranti sono state assicurate le abitazioni sociali, un lavoro nel settore pubblico, e tutti i tipi di prestazioni sociali (finanziato dal contribuente fiammingo) per ottenere i loro voti. I candidati sono stati messi nelle liste elettorali per attrarre quei voti, indipendentemente dai possibili punti di vista radicali islamici. Naturalmente ogni voce critica dei Fiamminghi era un segno orribile di razzismo”.

Stai dicendo che i partiti francofoni hanno creato il mostro jihadista?

“Beh, certo possiamo vedere che anche in altri paesi dell’Europa occidentale ci sono i jihadisti che vanno a combattere in Siria e commettono attentati e altre crudeltà, ma il numero di jihadisti provenienti da Belgio è molto più grande (in proporzione al numero dei musulmani) che in altri paesi, e da anni già ci sono legami con gli attacchi terroristici, anche quelli della stazione di Atocha, per esempio. A Molenbeek, sotto il governo socialista francofono è stato creato un ghetto, e la correttezza politica che è molto forte nei media e nei politici francofoni, ha fatto in modo che nessuno volesse vedere questa realtà così scomoda. Fortunatamente i punti di vista si stanno rivalutando anche nella comunità francofona, e solo poche settimane fa, il parlamento della comunità francofona ha approvato una legge per “integrazione obbligatoria”, proprio come i Fiamminghi hanno fatto quasi 15 anni fa”.


Ero a Madrid il giorno dell’attentato ed avrei dovuto essere proprio ad Atocha a prendere il treno per Cordoba quella mattina, ma per un caso fortuito un cliente mi spostò l’appuntamento la sera prima. Credo che dopo questa intervista avrò ancor meno simpatia di prima per i politici valloni! Bernard, credi quindi che il problema della immigrazione sia un tema centrale del dibattito indipendentista nelle Fiandre, potrebbe essere il vero innesco per la scissione del Belgio?

“Direi che è solo una delle tante questioni in cui Fiamminghi e Valloni hanno molto diversi punti di vista, che porta sempre a una situazione di stallo politico in modo che nulla è deciso in conformità con quanto i Fiamminghi pensano riguardo la questione. In sostanza abbiamo un problema democratico, a causa del diritto di veto dei Valloni sulle Fiandre, che nulla vorrebbero mai decidere. E, naturalmente, qualsiasi decisione che colpisca potenzialmente interessi valloni o privilegi dei francofoni, è annullata dalla loro comunità. Ed alla fine, non puoi nominare un qualsiasi argomento dove non ci sia un qualche interesse coinvolto, sia che si parli di investimenti della società ferroviaria belga, del finanziamento delle cure mediche e degli ospedali oppure dell’organizzazione del sistema giudiziario”.
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Re: Comounisti, nasicomounisti e de torno

Messaggioda Berto » sab mag 07, 2016 7:47 am

Il pacco dell’Eurosoviet sull’immigrazione
La retorica dell'accoglienza, dalle parti di Bruxelles, sta sfuggendo di mano: per finanziare il "Migration Compact", l'Ue da una parte multa chi non spalanca le porte ai rifugiati, dall'altra tassa chiunque voglia visitare il Vecchio Continente. Siamo alla follia...
di Federica Venni

http://www.lintraprendente.it/2016/05/i ... migrazione

Ci siamo chiesti diverse volte a cosa servisse l’Europa. L’Eurocrazia, soprattutto, ovvero quello strano agglomerato di alti funzionari sempre pronti ad alzare il ditino e a dettar regole. Ecco, oggi abbiamo la risposta: serve ad invadere gli Stati che ne fanno parte con quell’odiosa quanto dannosa marea di buonismo immigrazionista, a punire chi non si piega alla melassa francescana e a fare cassa per alimentarne la crescita. Il tutto in una cornice in cui il singolo Stato conta come il due di picche, depauperato com’è di ogni facoltà liberale di decidere chi debba o meno fare ingresso nei propri confini e in che modalità. Un capolavoro di ideologia sovietica da far invidia ai tempi della Guerra Fredda.

In questi giorni, a Bruxelles, le menti dell’Ue stanno studiando tutte le norme che andranno a formare il cosiddetto “Migration Compact“: un pacco di sòle made in Italy – l’ideona è di Matteo Renzi che in principio era partito con la ricetta dei bond – da recapitare a tutti i paesi membri nelle prossime settimane. Il tutto con vari contorni. Il primo: se non accogli ti multo. Anzi, ti bastono: perché il salasso da pagare, se ti rifiuti di ospitare, è di 250.000 euro per ciascun immigrato che dovrà essere, giocoforza, ricollocato da qualche altra parte. Resta un mistero, tra l’altro, l’unico rovescio positivo della medaglia punitiva, cioè dove vanno a finire i proventi delle sanzioni. Sarebbe troppo bello per essere vero, e probabilmente non lo sarà, se i suddetti fondi finissero direttamente nelle tasche di quegli stati che, anche contro la propria volontà, vedi alla voce Italia, sono diventati l’imbuto di tutta l’immigrazione – rifugiati e non – dall’Africa. Se così fosse, il nostro Paese avrebbe le tasche piene di euromulte. Probabilmente invece, c’è da scommetterci, finiranno nelle casse di Bruxelles, in qualche fondo da redistribuire. O gettati in qualche Mare Nostrum d’emergenza. In sostanza, soldi persi. Il secondo, forse, riesce ad essere ancora più gustoso del primo: per finanziare il “Migration Compact”, cioè la mancetta all’Africa per tenersi i rifugiati, arriva l’Eurotassa di soggiorno. Cinquanta euro a testa, per chiunque, extra Ue, voglia approdare sul Vecchio Continente: un’allegra gabella da sborsare sia per turisti che per potenziali lavoratori. È il nuovo eurofisco – come se quello dei singoli stati membri non bastasse – che specula sulla pelle dei migranti, e di chi li accoglie. Una misura statalista e anti liberale che non solo rappresenta un attentato alla libertà di ogni singolo stato che, a seconda della legittima utilità deve poter decidere come gestire le proprie risorse e il proprio territorio, nonché le politiche di accoglienza, ma è estremamente dannoso per l’economia e il turismo di tutti i paesi membri.

Il concetto, in sintesi, è questo: se sei un ospite regolare, devi pagare per finanziare chi viene in Europa, nella maggior parte dei casi, irregolarmente. Non fa una grinza. Di questo passo, grazie all’illuminismo buonista dei nostri eurodecisori, dopo essere diventati il salvadanaio del Terzo Mondo, ne prenderemo addirittura il posto.
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