Restano le idee (purtroppo). L’ultimo comunista26 novembre 2016 Niram Ferretti
http://www.linformale.eu/restano-le-ide ... -comunistaSe ne è andato. Piange già, probabilmente, il suo addetto stampa qui in Italia, Gianni Minà e insieme a lui il detronizzato reuccio del pensiero debole che fu, Gianni Vattimo. E non saranno solo dei due Gianni castristi le lacrime per la dipartita del Comandante Fidel Castro, ultimo monumento vivente della revolucion dalla quale sarebbe emerso attraverso una diligente opera di palingenesi sociale l’uomo nuovo finalmente affrancato dalle diseguaglianze ingenerate dal capitalismo. Castro è stato per quasi sessanta anni uno dei feticci dell’internazionale di sinistra, una vera e propria divinità, costituente insieme al natural born killer Ernesto Che Guevara e al martire Salvator Allende, la santissima trimurti sudamericana a cui inginocchiarsi con ardore. Naturalmente, Castro è stato l’edificatore del più sanguinario e occhiuto Grande Fratello tropicale nato sotto il sole (dell’avvenire), una realtà che non avrebbe certo meravigliato George Orwell né per questo Arthur Koestler, ma che qui da noi e altrove è sempre stata dipinta come un paradiso di eguaglianza e di magnifico progresso. Spartito vecchio, già suonato con Stalin, Tito e Mao, tutti alfieri buoni, aedi dell’umanità futura disalienata per la quale era necessario pagare un prezzo.
D’altronde, non era forse lo psicopatico argentino di buona famiglia trasformatosi in rivoluzionario a decretare, “La violenza è inevitabile! Per stabilire il socialismo devono scorrere fiumi di sangue! Se i missili nucleari fossero rimasti a Cuba li avremmo lanciati contro il cuore degli Stati Uniti, New York inclusa. La vittoria del socialismo vale bene la morte di milioni di vittime!”?
Le vittime di Castro non sono state milioni, ma decine di migliaia tra ammazzati, imprigionati ed esiliati, anche se qui in Italia non si poteva dire senza suscitare ostracismo e disprezzo. Lo ricorda bene Omero Ciai “In Italia la sinistra ha sempre girato la testa dall’altra parte. Più con il silenzio che con l’appoggio aperto. In nome dell’antiamericanismo hanno sempre perdonato tutto a Fidel Castro. Gli intellettuali e i politici della sinistra hanno sempre saputo bene qual era la situazione dei diritti umani a Cuba ma quando con altri dissidenti andavamo a chiedere una firma di condanna a Fidel Castro ci sbattevano la porta in faccia. Mi ricordo il 1971. Fidel Castro aveva fatto arrestare un poeta, Heberto Padilla, e Luigi Nono scrisse una lettera di protesta che l’Unità si rifiutò di pubblicare”.
Non si poteva certo scalfire l’immagine di chi lavorava indefessamente, giorno e notte, per il bene dell’umanità, innanzitutto del proprio pueblo, finalmente liberato da giogo del corrotto Fulgencio Batista e dagli interessi americani, un po’ come sarebbe accaduto molti anni dopo con un altro liberatore salutato con entusiasmo dall’intellighenzia di sinistra, l’ayatollah Khomeyni, che avrebbe affrancato il suo popolo dallo Scià di Persia e, ancora una volta, dai brutali interessi yankee.
Il silenzio sul Leader Maximo era la cortina di ferro invalicabile per tutti coloro i quali, come Carlos Franqui, cercavano di raccontare la verità, “Cercai di raccontare quello che succedeva a Cuba, di mettere in guardia la sinistra. Di spiegare il settarismo con cui si governava il partito comunista cubano. I processi ai dissidenti, le fucilazioni. Sono trentacinque anni che combatto per far conoscere la mostruosità del sistema castrista. Ma in Italia non mi ascoltava nessuno. All’inizio ero un poveraccio che aveva perso il lavoro al quale bisognava pagare il pranzo. Così tanto per dimostrare un po’ di umana solidarietà. Poi diventavo una zanzara, un fastidio da scacciare”. Ma certamente. L’odio per gli Stati Uniti, il terzomondismo “stracciaculo” e quello salottiero chic della sinistra italiana non potevano permettere di scalfire l’immagine di chi, nella loro immaginazione, lottava per opporsi al Male occidentale. Se a Cuba l’economia non fioriva non era certo colpa delle magnifiche ricette stataliste di Castro ma dell’embargo ameriKano, così come oggi, per fare un balzo in Medioriente, è Israele il responsabile del conflitto arabo-israeliano e i palestinesi non sono altro che le vittime. La fabula per gonzi è sempre la medesima. Rivisitato canovaccio brechtiano in cui da una parte ci sono gli “oppressori” bianchi e occidentali e dall’altra le “vittime” (non più i proletari ma i puebli colonizzati, i “neri”) Cambiano solo gli attori sul proscenio, il testo è rimasto invariato nei decenni. Il lord of terror Yasser Arafat, grande ammiratore di Castro, lo aveva capito assai bene quando sposò, a fine anni ’60, la causa rivoluzionaria e travestitosi da guerrigliero cubano con la kefiah iniziò il suo tour in giro per il mondo, mietendo molti applausi ovunque.
Sì, se ne è andato il vecchio guerrigliero dittatore, ma come ha dichiarato nella sua ultima apparizione pubblica, “Restano le idee”. Il rancidume criogenizzato dell’opposizione al liberismo e all’economia di mercato in nome di un futuro migliore di eguaglianza nella povertà, come in Venezuela, ultimo esperimento sudamericano di felice e rigogliosa economia statalista da imitare.
Castro, il dolore degli irriducibili: "Perché è giusto omaggiarlo"Giorgio Napolitano: "Fidel Castro è stato protagonista storico di grande rilievo sul piano mondiale del secolo scorso"
Franco Grilli - Sab, 26/11/2016
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 36094.html"Fidel Castro è stato protagonista storico di grande rilievo sul piano mondiale del secolo scorso, e si è caratterizzato come un costruttore di un esperimento di stato fondato sulla mobilitazione e il sostegno popolare, fin quando non sono balzate in primo piano e divenute contraddizioni fatali le componenti autoritarie e la subordinazione agli schemi sovietici e al blocco ideologico-militare guidato da Mosca".
Lo scrive in una nota l'ex capo dello Stato, Giorgio Napolitano.
"Castro -sottolinea Napolitano- è stato nel contempo mito ideale e politico per grandi masse di militanti della sinistra nel mondo, nella stessa Europa e nel nostro paese. Anche per il suo straordinario carisma personale ha ispirato movimenti rivoluzionari, in particolare nell'America Latina, e alimentato speranze immaginando un futuro libero dal dominio capitalistico. La Cuba di Castro è stata anche al centro in vari momenti di tensioni tra le maggiori e più pericolose tra i blocchi dell'Est e dell'Ovest nel periodo della guerra fredda e oltre". "La sua rivoluzione contro il regime di Batista -rimarca Napolitano- non era stata guidata da ostilità verso gli Stati Uniti, ma piuttosto da vicinanza alle grandi tradizioni di libertà di quel paese. È giusto rendere omaggio oggi alla sua figura per l'esperienza complessa e drammatica che ha rappresentato nelle sue luci e nelle sue ombre, e per la lungimirante apertura con cui negli ultimi anni ha assecondato un processo di avvicinamento all'Occidente e di superamento delle barriere che avevano a lungo tenuto isolata la sua Cuba".
E ad esaltare Castro anche Paolo Ferrero di Rifondazione Comunista: "Immenso dolore per la morte di Fidel Castro, rivoluzionario vittorioso a cavallo di due secoli, che ha difeso l'umanità dalla barbarie". "Fidel -assicura- ha saputo guidare la lotta per la liberazione di Cuba dalla dittatura di Batista e l'ha saputa trasformare in una rivoluzione socialista. Fidel è stato protagonista della difesa della rivoluzione cubana dagli attacchi degli Usa, da quelli militari come quelli economici tutt'ora in vigore con il bloqueo. In questa difficile situazione ha saputo trovare la strada per la costruzione del socialismo, dell'eguaglianza, della dignità e della libertà del popolo cubano. Ciao compagno Fidel, comunista non pentito, grazie per quel che hai fatto, riposa in pace. Continueremo la tua lotta per la dignità dei popoli, la giustizia e la libertà", afferma. Sulla stessa linea anche Marco Rizzo: "Muore il comandante Fidel Castro, ma la sua idea vive! La volontà e la lotta del grande rivoluzionario cubano ha trasformato il suo popolo ridando dignità e uguaglianza contro la mercificazione dell'imperialismo. Centinaia di volte hanno provato ad assassinarlo senza riuscirci. I popoli e le nazioni delle Americhe, dell'Africa e del mondo intero lo ricordano come portatore di idea, lotta e solidarietà. Il Partito Comunista in Italia abbassa le sue bandiere in onore del Comandante Fidel. L'idea che non muore. Con Cuba Socialista Sempre".
Parole di dolore arrivano anche dalla Spagna: "Condoglianze" al governo e alle autorità cubane per la morte di Fidel Castro sono arrivate dal capo del governo di Madrid, Mariano Rajoy. "Una figura di importanza storica" scrive Rajoy su Twitter. "Segnò una svolta nell'evoluzione del paese ed ebbe una grande influenza in tutta la regione ", scrive inoltre il governo spagnolo in un comunicatop diffuso dal Ministero degli Esteri.
L'esecutivo di Rajoy ricorda quindi "gli stretti legami" di Castro con la Spagna "come figlio di spagnoli". Era molto attaccato "ai suoi legami di sangue e di cultura. Pertanto, la Spagna si unisce in particolare al dolore del governo e delle autorità cubane". Il governo spagnolo esprime inoltre la sua "volontà di continuare a lavorare intensamente nel rafforzamento dei legami bilaterali e delle relazioni di profonda amicizia che uniscono i nostri due popoli". Cordoglio anche dalla Francia: "Fidel Castro ha incarnato la rivoluzione cubana" "nelle sue speranze e nelle sue disillusioni. Attore della guerra fredda, rispecchiava un'epoca storica conclusasi con il crollo dell'Unione Sovietica. Ha rappresentato per Cuba l'orgoglio del rifiuto della dominazione straniera". "La Francia ha denunciato le violazioni dei diritti umani ", ma "ha sempre contestato l'embargo imposto dagli Stati Uniti a Cuba" e "ha accolto la sua apertura e il dialogo ristabilito tra i due paesi". Hollande ha tenuto poi a inviare a Raul Castro, alla sua famiglia e al popolo cubano le sue condoglianze.
Le rivelazioni dei dossier russi su Castro: “Vuole una guerra nucleare, Fidel è un pazzo”Cosa emerge dalle carte desecretate dal Politburo
lucia sgueglia
http://www.lastampa.it/2016/11/27/ester ... agina.html«Un amico sincero della Russia», la sua Cuba «libera e indipendente» un «esempio di ispirazione per molti Paesi»: così Putin ha omaggiato il leader della rivoluzione cubana, da decenni alleato di Mosca. Una leggenda per generazioni di sovietici il comandante che portò la rivoluzione alle porte dell’America, dai versi di Evtushenko alla canzone «Cuba, amore mio!». Alimentato dal primo viaggio di Castro nell’Urss nel 1963 che durò un mese, circondato da folle.
Ma Fidel non diventò subito il «migliore amico»: la storia dei rapporti, basata sulle garanzie delle esigenze di sicurezza di Cuba verso gli Usa, fu minata da screzi e diffidenze. Lo rivelano alcuni documenti desecretati del Politburo e scoperti dal quotidiano «Kommersant». Castro avrebbe cercato di spingere Mosca verso un conflitto militare con gli Usa, in barba alla deterrenza che garantiva l’equilibrio nella Guerra fredda. Il 26 ottobre 1962, culmine della crisi dei missili, Kruscev al suo cerchio più stretto: «Una persona incredibile Castro, ieri ci ha inviato una proposta per iniziare una guerra nucleare. Non è messo bene. Che a novembre a Cuba ci sarà un’invasione... Cos’è? Pazzia o mancanza di cervello? Per noi questa operazione è terminata, ha raggiunto l’obiettivo prefissato, abbiamo strappato agli americani la promessa che non invaderanno e terranno a bada altri dall’invasione di Cuba». Nikita decise senza consultare Castro.
Il supporto economico-militare sovietico garantiva la sopravvivenza all’isola della Libertà. In cambio dello zucchero cubano. Ma Castro era insoddisfatto: uno scandalo esplose dopo il viaggio a Cuba del giornalista Usa Herbert Matthews nel 1967, che scrisse le parole del líder: «I Paesi comunisti come la Russia stanno diventando sempre più capitalisti, sempre più basati su stimoli materiali». I dirigenti sovietici confusi lo condannarono come «propaganda imperialista ostile».
Più comunista dei sovietici, si sentiva Fidel nella via tutta per il socialismo, diversa dalla variante est-europea. Orgoglioso di una Cuba che non aveva mai conosciuto uno Stalin, ribatté nell’89 a Gorbaciov che voleva convertirlo alla perestrojka: «Se io sono Stalin, allora i miei nemici sono in ottima salute».
Mosca inizialmente lo sottovalutò. Cercarono di consigliarlo su quando e dove viaggiare per il mondo, quanto assentarsi da Cuba. Lo ritenevano ingenuo. Castro vuole recarsi a Mosca già nel 1960, il Cremlino gli chiede di rinviare. 1964, Ernesto Che Guevara: «Per noi non è un segreto che in Urss ci sono persone che non mostrano entusiasmo per la rivoluzione cubana, perché oltre al peso economico Cuba è un potenziale focolaio di guerra termonucleare globale». Breznev aspettò il ’74 prima di visitare Cuba. Col crollo dell’Urss Mosca smette di fornire aiuti e chiede la restituzione del vecchio debito di 20 miliardi di dollari. È Putin a condonarlo al 90% nel 2014, volando da Fidel dopo l’annessione della Crimea. E ora vorrebbe riaprire la base militare russa di Lourdes, chiusa nel 2001.
Esultano i dissidenti. Tutti i numeri del gulag cubano di Castrodi Giulio Meotti
2016/11/26
http://www.ilfoglio.it/esteri/2016/11/2 ... tro-107602Un grande personaggio della sinistra latino americana, Jacobo Timerman – l’ex direttore del giornale La Opinion di Buenos Aires che aveva testimoniato l’inferno dei generali argentini nel suo bellissimo libro “Prigioniero senza nome, cella senza numero” – parlò di “una persuasione che diventa un rifiuto, non so se egoistico o inconsapevole, ad aiutare Cuba, povera, sola, muta, ultima isola stalinista, in un mondo che si è quasi del tutto liberato”. La vera storia di Cuba, che non si è ancora liberata, si è dissolta nel sogno di mezza estate costruita abilmente dai suoi estimatori in occidente. Poi c’è la vera storia dell’isola-regime, quella del poeta Armando Valladares, condannato a trent’anni, una paralisi gli ha bloccato le gambe, nel 1974, dopo che i dirigenti del carcere de La Cabana gli hanno rifiutato il cibo per 46 giorni, non avendo egli accettato di sottoporsi alla “rieducazione”.
La vera Cuba è quella dei dissidenti, come Guillermo Farinas, psicologo e giornalista indipendente, e di Oscar Biscet, eroico medico nell’isola dove ci sono più aborti che nuovi nati. Mezzo milione di cubani sono passati attraverso il gulag di Fidel Castro a Cuba. Paragonandola alla popolazione totale dell’isola che è di undici milioni, la dittatura castrista ha vantato il più alto tasso di carcerazione politica pro capite al mondo. Secondo il Cuba Archive Project, definito dal Wall Street Journal il più accurato database della repressione politica a Cuba, fino al 2005 sull’isola ci sono state 9.240 “morti politiche” (la fucilazione è il metodo preferito dai fratelli Castro).
Armando Lago, economista di Harvard e vicepresidente del Cuba Archive Project, stima in 78 mila le persone morte per cercare di fuggire dall’isola caraibica (il venti per cento della originaria popolazione cubana vive all’estero). 5.600 i cubani giustiziati, 1.200 quelli eliminati nelle “esecuzioni extragiudiziarie” (al Líder máximo è addebitabile un numero di delitti almeno cinque volte superiore rispetto a quelli dell’ex dittatore cileno Pinochet). Difficilmente quantificabile il numero di omosessuali rinchiusi nei lager, dei giornali chiusi e dei libri censurati e seppelliti negli archivi (il metodo preferito sotto il comunismo, mentre i nazisti li bruciavano). Numeri dimenticati a favore del ballo nelle strade di L’Avana. Perché come ha detto una volta Carla Fracci, “Castro è un dittatore, lo so, ma io non dimentico che nei paesi socialisti il balletto gode di grande considerazione”. Il balletto...