Legittima difesa umana e cristiana

Re: Legittima difesa umana e cristiana

Messaggioda Berto » ven mar 30, 2018 10:22 pm

Pavia, spara e ferisce ladro: indagato per eccesso di legittima difesa
Antonio Bonfiglio, camionista di 56 anni di Casteggio (Pavia), la sera di martedì 27 marzo aveva sparato ad un ladro che era entrato nel giardino di casa sua
30 marzo 2018

http://milano.repubblica.it/cronaca/201 ... -192574067

Antonio Bonfiglio, il camionista di 56 anni di Casteggio (Pavia) che la sera di martedì 27 marzo ha sparato ad un ladro che era entrato nel giardino di casa sua, è stato iscritto nel registro degli indagati con l'ipotesi di reato di eccesso di legittima difesa e lesioni aggravate.

A condurre le indagini è il sostituto procuratore di Pavia Roberto Valli. E' indagato, per furto aggravato, anche Stef Tuci, il 26enne albanese ferito al torace dal colpo partito dal fucile di Bonfiglio. Il giovane resta ricoverato nel reparto di Rianimazione del Policlinico San Matteo di Pavia, dopo essere stato operato.

Bonfiglio aveva riferito ai carabinieri di avere sparato dopo essere stato minacciato dal ladro. Dalla parte del camionista si sono schierati diversi abitanti di Casteggio (Pavia), lamentandosi per i numerosi furti degli ultimi tempi. L'uomo ha anche incassato la solidarietà del vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli.

I militanti della Lega hanno
organizzato nella zona un presidio di solidarietà con l'uomo che ha sparato. "Attento: se rubi puoi morire", la scritta sui cartelli (e sulle magliette) che l'europarlamentare pavese, Angelo Ciocca, ha portato "come gesto di vicinanza e solidarietà" davanti all'abitazione dell'uomo. "La difesa è sempre legittima e su questo concetto molto chiaro non siamo disposti a scendere a compromessi" ha affermato anche.


Legittima difesa, uomo spara al ladro in giardino. Esplode il caso a Casteggio
Gravi le condizioni del ladro ferito a Casteggio
Giovedì, 29 marzo 2018

http://www.affaritaliani.it/milano/legi ... 32464.html

Rimangono stabili le condizioni del 25enne albanese ferito da una fucilata al torace dal proprietario di un'abitazione di Casteggio (Pavia), in Oltrepò Pavese, che l'aveva sorpreso nel suo giardino con il volto coperto da un passamontagna. Il giovane albanese, che è indagato per furto aggravato in concorso (insieme a lui c'era un complice, attualmente ricercato), è stato sottoposto ad un delicato intervento chirurgico al Policlinico San Matteo di Pavia: attualmente è ricoverato in prognosi riservata in Rianimazione, ma non è in pericolo di vita.

La Procura valuta se indagare il proprietario di casa per eccesso di legittima difesa

I carabinieri stanno conducendo le indagini sul fatto, avvenuto nella tarda serata di ieri. Il proprietario, un uomo di 56 anni, è uscito di casa imbracciando un fucile dopo aver udito dei rumori. Trovatosi di fronte il ladro con il volto coperto (dal quale ha raccontato poi di essere stato minacciato), il 56enne gli ha sparato ferendolo. La Procura di Pavia dovrà ora valutare se per il comportamento del 56enne sia ipotizzabile un eccesso di legittima difesa.

Calderoli: "Sto co chi ha sparato"

"Sono dalla parte dell'autotrasportatore che martedì sera a Casteggio in provincia di Pavia ha sparato nel proprio giardino di casa, con un fucile regolarmente denunciato, ad un malvivente con passamontagna, ferendolo. Io continuo a sostenere che la difesa in casa propria, o nel proprio negozio, debba sempre essere legittima e non possa esserci un reato a riguardo, senza se e senza ma: questa ennesima vicenda, come quella del ristoratore di Casaletto Lodigiano ancora in attesa di capire se dovrà o meno essere processato, conferma la necessità di andare avanti con la proposta di legge popolare della Lega per modificare la legge ed eliminare l'eccesso di legittima difesa per chi si difende a casa propria o nel proprio capannone o esercizio commerciale". Lo afferma il sen. Roberto Calderoli, vice presidente del Senato.



???


«Sparare è una scelta estrema»
Anna Mangiarotti
2018/03/29

http://laprovinciapavese.gelocal.it/pav ... 1.16652536

CASTEGGIO. «L’uso di un’arma deve essere giustificato da un pericolo reale, per la persona che la usa, per le sue proprietà o quelle altrui. Ma questo non significa farsi giustizia da soli. Ovvero, la legittima difesa si configura se sparo per evitare che qualcuno spari a me, o non ci sono altro mezzi per metterlo in fuga ed evitare che rubi. Sparare deve essere l’extrema ratio, l’ultima possibilità da mettere in atto se non ne esistono altre». L’avvocato Massimo Adriatici, docente di Diritto processuale penale all’università del Piemonte Orientale, sede di Alessandria, ha prestato servizio a lungo nella Polizia di Stato.

Il legale parte da una promessa in questo viaggio sull’interpretazione della normativa vigente in tema di legittima difesa:«Non commento ovviamente il caso specifico avvenuto a Casteggio. Ma ci sono dei parametri generali ben precisi, stabiliti dal codice penale in vigore».

La legittima difesa. «L’articolo 52 che disciplina la legittima difesa è stato modificato nel 2006, ampliandone la portata». Ovvero: «In precedenza, si poteva invocare la legittima difesa solo per la tutela delle persone fisiche. Con la modifica della norma, la possibilità di legittima difesa è stata estesa anche ai beni propri e altrui». Tradotto: «In teoria, posso usare un’arma non solo per difendere la mia vita o quella di altri, e per difendere la mia casa o altri beni». Il pericolo, o comunque la percezione del pericolo però deve essere reale, per poter rientrare nella legittima difesa.

Non si spara alla schiena. Nell’ipotesi che qualcuno venga sorpreso in un’abitazione o uno spazio privato, come un cortile come spiega l’avvocato Adriatici, «si devono attuare se possibile altri sistemi per far desistere i ladro dal suo apparente scopo, ovvero quello di rubare». Ma servono cautele. Se mostrare l’arma, che ovviamente deve essere detenuta in modo legale, «fa sì che il ladro volti le spalle e questo ci fa capire che se ne sta andando, non bisogna assolutamente sparare. Neanche se l’intruso va via con un eventuale bottino. Basta mostrare l’arma, che ha un grande valore deterrente».

Sparare alle spalle, infatti, se una traiettoria simile viene accertata dalle successive indagini sul luogo del colpo, «fa passare chi ha sparato dalla parte del torto». Ma anche se il ladro non accenna ad andarsene, «valutare in pochi istanti quali siano le sue intenzioni è difficile, perché può prevalere l’emotività». Non è sempre discriminante che l’intruso a sua volta mostri chiaramente di avere con sé un’arma e di volerla usare. «Se si arriva a temere un contatto fisico, e si ha paura di venire disarmati e poi feriti o uccisi con l’arma che ci viene strappata, allora si è teoricamente legittimati a sparare». Ma ogni situazione va valutata singolarmente nei dettagli. É sufficiente «che lo sconosciuto che mi si para davanti metta repentinamente una mano in tasca, per far temere che stia per prendere una pistola».

Reazione proporzionata all’offesa. Ci deve essere, sottolinea l’avvocato Adriatici, un’adeguata proporzione fra offesa e difesa. «Non si può certo sparare per uccidere e poi invocare la legittima difesa quando, sempre per fare un esempio di scuola, sono stato colpito da un pugno».

Se si vìolano i parametri stabiliti dal codice e dalla giurisprudenza (la casistica che si deduce dalle sentenze emesse dai tribunali), «può essere contestato l’eccesso colposo di legittima difesa, o anche nei casi più gravi il tentato omicidio o l’omicidio volontario, se disgraziatamente la reazione dovesse provocare una vittima».

«No alla giustizia sommaria, armi regolari». «Vale la pena sottolineare che la legittima difesa è un diritto, ma non va certo sfruttato per legittimare una giustizia fai-da-te». Se si usa un’arma, deve essere regolarmente detenuta. «Si può avere il permesso di tenere pistole e fucili in casa per collezionismo, e in questo caso non si possono tenere anche le munizioni. Diverso è il caso del porto d’armi con licenza di avere armi e munizioni in casa, che siano denunciate e custodire adeguatamente».

E ancora, «il porto d’armi con determinate necessità di difesa personale può anche prevedere che si tenga sempre con sé una pistola, anche quando ci troviamo fuori casa». Vanno attuati preventivamente tutti i metodi alternativi di protezione, «come i sistemi d’allarme e le telecamere».

E comunque, «prima di decidere di tenere un’arma nel cassetto, pensiamoci bene. Se non si è certi di saperla gestire, anche a livello emotivo, è molto meglio non averla».



Alberto Pento
Quando una legge impedisce, ostacola, limita la legittima difesa, con il pretesto di impedire la giustizia sommaria o fai date, al punto da rendere la vittima ancora più vulnerabile e indifesa è una legge cattiva e ingiusta che favorisce l'aggressore, il carnefice, il ladro, il rapinatore, il malintenzionato, il criminale, il prepotente, il sopraffattore, l'assassino e va assolutamente cambiata.
La questione non è quella di tutelare l'aggressore ma l'aggredito, la vittima, poiché il valore/bene da proteggere non è quello del soggetto che aggredisce ma quello dell'aggredito difronte al quale l'aggressore perde ogni valore e ogni diritto.
La vittima e l'aggressore non possono essere messi sullo stesso piano e trattati come se avessero il medesimo valore da tutelare.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Legittima difesa umana e cristiana

Messaggioda Berto » sab mar 31, 2018 6:56 am

Spazio vitale o prossemico per le piante, le bestie e gli uomini

http://www.stetoscopio.net/psicologia/m ... zio-vitale

Lo spazio vitale esiste davvero e misura in media circa 30-40 centimetri. A identificarlo concretamente è stato uno studio pubblicato su The Journal of Neuroscience e condotto da due ricercatori italiani Chiara Sambo e Giandomenico Iannetti del College University di Londra che sottolineano come lo spazio vitale in effetti vari da individuo a individuo.
Lo spazio vitale coincide con lo spazio davanti al viso che, inconsciamente, non vogliamo sia invaso da nessuno: consideriamolo pure come uno spazio di difesa e che tende ad essere diverso da individuo ad individuo.
Per misurare lo spazio vitale, i due ricercatori hanno lavorato sulla risposta involontaria di difesa, analizzando cioè la chiusura degli occhi che viene indotta di riflesso dalla stimolazione della mano del volontario.


La distanza interpersonale e i rapporti spaziali tra le persone e l’ambiente giocano un ruolo fondamentale nel sentirsi a proprio agio o a disagio in una certa situazione…

http://www.linguaggiodelcorpo.it/2011/10/20/prossemica
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... semica.jpg


Edward Hall, l’antropologo che ha coniato il termine prossemica, definisce questa discliplina “lo studio di come l’uomo struttura inconsciamente i microspazi – le distanze tra gli uomini mentre conducono le transazioni quotidiane, l’organizzazione dello spazio nella propria casa e negli altri edifici e infine la struttura delle sue città.“

In effetti, come gli animali abbiamo un nostro territorio e lo stabiliamo in ogni luogo in cui ci troviamo: da casa nostra, al nostro ufficio, al nostro banco a scuola o alla nostra scrivania sul lavoro fino al compartimento sul treno o allo spazio che circonda l’ombrellone quando siamo in spiaggia.

La territorialità è un meccanismo istintivo che negli animali consente la regolazione della diffusione della popolazione e della densità di insediamento; il territorio assume per l’animale un luogo sicuro, tanto è vero che un’animale che abbia perso il proprio territorio è più vulnerabile ai predatori.
Parallelamente, nelle dispute tra animali della stessa specie per il possesso di un territorio ha in genere la meglio il possessore del territorio; lo stesso avviene anche per l’essere umano; si sa, ad esempio, che una squadra di calcio che giochi in casa appaia sempre più temibile che se gioca sul terreno avversario.

Gli animali mostrano, quando un altro animale si avvicina ad una certa distanza, un comportamento di fuga: questa distanza é detta Distanza di Fuga e varia da specie a specie: per un antilope è di mezzo chilometro; per una lucertola, meno di due metri
L’animale, se può evita il confronto, per lo meno fin quando ha uno spazio sufficiente: oltre una certa distanza detta Critica, però, procede all’attacco del nemico o dell’invasore.

Alla stregua degli animali anche l’uomo ha un qualcosa di assimilabile alla Distanza di Fuga e a quella Critica; la reazione umana ad una violazione dello spazio personale è però più contenuta e alle volte non da luogo nemmeno all’azione.

La distanza in base a cui l’uomo regola i rapporti interpersonali è detta Spazio Vitale o Prossemico: potremmo rappresentarcela come una bolla di sapone che ci avvolga; ogni violazione dello spazio vitale, che nella nostra cultura si estende in ogni direzione per circa 70 cm. – 1 metro, porta ad un aumento dello stato di tensione; come dire che ogni tentativo di entrare nella bolla, provoca una pressione che viene avvertita come fastidiosa o sgradevole; questo possiamo verificarlo, quando siamo in ambienti affollati, in cui lo spazio prossemico si riduce, al punto di arrivare al contatto fisico; in quel caso, sopportiamo di essere messi “al muro”; non così se qualcuno ci si avvicina troppo quando c’è “spazio da vendere”!

In modo analogo, se entriamo su un treno, non andiamo nel primo scompartimento che troviamo, ma andiamo a cercarcene uno libero: se ci troviamo già nello scompartimento possiamo compiere atti che dissuadano gli altri ad entrare o a sedersi vicino a noi: ad esempio, mettendoci in piedi e rovistare nei bagagli sulle cappelliere proprio al momento in cui treno sosta nelle stazioni, oppure disseminando borse e valigie su tutti i posti disponibili.

Anche a tavola esprimiamo l’istinto del possesso territoriale; senza accorgecene, dividiamo il tavolo in due metà: se qualcuno, ad esempio, beve e nel poggiare il bicchiere, lo mette nella nostra ipotetica metà, avvertiamo un senso di stizza.

Tornando al concetto di spazio prossemico, va precisato che la “bolla” non è sferica: infatti, una violazione prossemica fatta sul fianco crea meno tensione di una fatta faccia a faccia, o per alcuni, se eseguita da dietro: la bolla ha, in definitiva, i contorni irregolari.
Inoltre, lo Spazio prossemico personale varia da cultura a cultura: è molto ridotto nei popoli dei paesi caldi (e tra i marocchini, gli arabi), in cui arriva quasi al contatto fisico; è, invece, molto ampia nei paesi freddi (ad es. tra gli inglesi è di circa 2 metri); da questa diversità, nascono dei problemi nei rapporti interetnici; l’uno può trovare l’altro appiccicoso e il secondo ritenere il primo freddo.

Distinguiamo 4 distanze prossemiche, in ogni distanza abbiamo una fase di vicinanza e una di lontananza:

– Distanza intima:da 0 cm. a 45 cm.
– Distanza personale: da 45 cm. a 70 cm./1 m.
– Distanza sociale: da 120 cm. a 2 m.
– Distanza pubblica: da 2 m. ad oltre i 2 m.

La Distanza Intima é la distanza dei rapporti intimi (es. tra partner) e sconfina nel contatto fisico; a questa distanza, si può sentire l’odore, il calore dell’altro e si possono avvertire le sue emozioni; gli sguardi diretti poco frequenti; il tono delle voce é più basso, così come il volume.

La Distanza Personale é la distanza adottata da amici o da persone che provano attrazione per l’altro: a questa distanza, si può toccare l’altro, lo si guarda più frequentemente che nel caso della distanza intima, ma non se ne sente l’odore.

La Distanza Sociale è una distanza formale adottata nei rapporti formali: con impiegati negli uffici, con commercianti, con professionisti.
La Distanza Pubblica è la capacità di percepire una persona o di farsi percepire a distanze superiori a due metri; normalmente, a questa distanza siamo percepiti come parte dell’ambiente. È presente solo in chi ha personalità pubblica: così, se passa Mario Rossi a dieci metri da noi, non lo notiamo, ma se quell’individuo é Michael Jackson avvertiamo immediatamente l’eccitazione della sua presenza.
Quando le persone si avvicinano l’una all’altro, modificano tutto il loro comportamento; così si riducono gli sguardi, la voce si fa più bassa e debole e gradatamente spariscono le gesticolazioni e aumentano i contatti fisici.
La Percezione prossemica si ribalta nei rapporti intimi: viene vissuto con piacere un avvicinamento e con sofferenza un allontanamento: se il mio partner ad una festa mantiene le distanze e parla con tutti, trascurandomi, lo vivo come un rifiuto. È per ribadire l’unione che coniugi, fidanzati o parenti stretti, costretti a tenersi a distanza dalle circostanze, si scambiano sguardi, qualche parola e a volte, fuggevoli contatti; alle volte, si assiste nel caso di legami stretti al comportamento di partner che, pur distanti, producono all’unisono e inconsapevolmente, variazioni di postura e movimenti sincronici ad esempio nell’annuire; inoltre, possono tendere mani e gambe l’uno verso l’altro o tenere le mani scostate come se si tenessero per mano
Lo status di un individuo influenza la dimensione della zona personale: tanto più elevata è la posizione sociale o lavorativa, tanto più ampia sarà la sua sfera prossemica; inoltre, dirigenti, graduati dell’esercito spesso reputano di essere in diritto di violare la distanza intima dei propri subordinati.
La distanza prossemica è influenzata da diversi fattori: etnici, di temperamento (una persona estroversa viola più facilmente lo spazio prossemico di una introversa); dallo stato d’animo (un individuo nervoso o furioso mostra di tollerare meno degli altri la violazione dello spazio personale; un depresso può anche non percepirla), dalla storia personale: se una donna ha subito uno stupro, può diventare particolarmente suscettibile all’avvicinamento di un uomo.
Un altro fattore che indice sulla percezione della distanza interpersonale è il sesso; una donna gradisce meglio un avvicinamento frontale e meno se qualcuno le si approssima da lato; per un uomo invece è l’esatto contrario.
Un ambiente particolarmente opprimente e minaccioso rende le persone più circospette e aggressive quando qualcuno si avvicina loro:in un esperimento sui carcerati è stato dimostrato come gli individui violenti abbiano un ampio spazio prossemico attorno, circa tre volte di più rispetto ai prigionieri non violenti; per altro, questi ultimi, mostrano un aumento della percezione prossemica posteriore: questo perchè, come è stato confermato dagli stessi reclusi, temono un attacco fisico o omosessuale da tergo.


https://it.wikipedia.org/wiki/Kurt_Lewin


http://www.sapere.it/enciclopedia/campo ... ia%29.html

Quando siamo ansiosi necessitiamo di maggiore spazio vitale
Jennifer Delgado
http://www.angolopsicologia.com/2014/07 ... mo-di.html
Che l'ansia sia una pessima compagna lo sappiamo tutti, ma ora un nuovo studio getta nuova luce sul tema scoprendo che le persone ansiose hanno bisogno di un maggiore spazio vitale intorno a loro.
Lo spazio vitale, per chi non lo sapesse, è lo spazio tra noi e gli altri di cui abbiamo bisogno per sentirci comodi. Come potete immaginare, la quantità di spazio vitale di cui si ha bisogno varia da una cultura all'altra a seconda di come viene considerato il contatto fisico. Così, nelle culture latine lo spazio interpersonale socialmente accettato è più piccolo rispetto alla cultura anglosassone, per esempio.
Tuttavia, in generale, le persone hanno bisogno tra i 20 ei 40 centimetri di spazio vitale per non sentirsi minacciate. Ma ora uno studio condotto dai ricercatori dello University College di Londra, ha rivelato che quando si soffre di ansia, abbiamo bisogno di maggiore spazio vitale intorno a noi.
Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno analizzato un gruppo composto da 15 giovani. L'esperimento consisteva nell’applicare uno stimolo elettrico ad un nervo della mano per fare in modo che questa oscillasse. Questo riflesso non si controlla in maniera cosciente e, inoltre, si è dimostrato che aumenta quando lo stimolo viene indotto all’interno dello spazio vitale della persona.
I ricercatori si sono limitati a stimolare le mani dei partecipanti da diverse distanze (a 4 cm, 20 centimetri, 40 cm e 60 cm). Ovviamente, ogni persona ha dovuto completare un test per valutarne i livelli di ansia.
Dopo aver monitorato le risposte, gli scienziati hanno scoperto che le persone affette da ansia percepivano gli stimoli come più pericolosi e necessitavano di un maggiore spazio vitale intorno a loro per sentirsi a proprio agio.

A cosa sono dovuti questi risultati?
Possiamo ipotizzare che le persone ansiose sono molto più sensibili agli stimoli ambientali e quindi tendono a reagire più rapidamente, anche prima che sia stato invaso il loro spazio vitale. Ma potrebbe anche essere dovuto al fatto che l'ansia ci rende più apprensivi e ci fa reagire in modo eccessivo agli stimoli.
In un modo o nell'altro, questo studio ci aiuta a mantenere le distanze adeguate; cioè, se avete a che fare con persone che soffrono d’ansia, è meglio non avvicinarsi troppo a loro, in modo da evitare che si sentano a disagio.


Prossemica: il rapporto con lo spazio
http://beneconse.forumfree.it/?t=19719263
Riguarda il rapporto dell’uomo con lo spazio; secondo quanto espresso da E. T. Hall (1968 – “La dimensione nascosta”), essa comprende i concetti di:

1. dimensione psicologica
2. territorio
3. distanza interpersonale

La grandezza psicologica del nostro corpo. La nostra grandezza fisica è nota ed intuitiva, meno ovvio e intuitivo è il concetto di dimensione psicologica della quale occorre essere consapevoli per posizionarci correttamente rispetto agli altri.
Il bambino che indossa abiti o scarpe dei suoi genitori non si sente ridicolo ma grande; da adulto l’uomo continua ad indossare abiti e scarpe che abbiano la stessa funzione che svolgono per il bambino: rimodellare l’immagine complessiva del nostro corpo per conformarlo all’idea che noi abbiamo in mente. La nostra percezione viene modificata e fa si che quando indossiamo un abito o un qualsiasi capo di abbigliamento, questo viene vissuto non come un oggetto estraneo ma come un’estensione del nostro corpo. Un abito in un certo senso rappresenta per noi ciò che è il guscio per una tartaruga. Non è solo una protezione ma una parte dell’organismo stesso.

Quanto detto vale per:

* i vestiti che indossiamo
* il modo in cui ci muoviamo nello spazio
* il vigore e l’ampiezza delle nostre gesticolazioni
* ecc
Se vogliamo sentirci più grossi potremmo indossare abiti larghi, con spalline e imbottiture; questo cambiamento di immagine non ha effetto solo su di noi ma anche su chi ci guarda e, sorprendentemente, anche se siamo a conoscenza del “trucco” questo continua, seppure in modo mitigato, a fare effetto su di noi.
Stesso principio per i colori dell’abbigliamento; a parte il dato ormai noto che il nero smagrisce e il bianco allarga, altri colori influiscono sull’impressione che diamo agli altri; se siamo schivi e timidi tenderemo ad indossare abiti dai colori spenti (gonne verde opaco, giacche a quadrettoni marroni = abbigliamento da camaleonti, servono per mimetizzarsi con l’ambiente circostante); non a caso le persone che indossano abiti dai colori spenti sono quasi sempre le stesse che ad una festa si mettono nei posti isolati o in una tavolata si siedono agli angoli.
Alcune persone in soprappeso, indossano maglioni ampi per nascondere i chili di troppo; questo potrebbe avere un senso se si volesse nascondere una parte del corpo più grassa ma se si avesse nel complesso un fisico magro; un maglione abbondante indossato su un fisico abbondante non fa che farlo sembrare ancora più grosso.
Desmond Morris (etologo, 1977) fa rivelare che nel periodo dell’adolescenza le donne hanno uno sviluppo delle gambe di gran lunga maggiore rispetto agli uomini; la “gamba lunga” diventa così un tratto distintivo femminile. Le scarpe con il tacco, le cinture alte vengono utilizzate dalle donne proprio per accentuare la lunghezza delle gambe. La gonna a tubo costringe le ginocchia a stare vicine e quindi esalta la parte dei fianchi e del fondoschiena.
L’altezza maschile è un tratto che attrae l’altro sesso; di conseguenza l’uomo che mette le scarpe con un po’ di tacco per essere più alto è comprensibile, non altrettanto scontato è il fatto che uomini molto alti possano indossare calzature senza tacco per dare l’impressione di essere più bassi e quindi “nella norma”.
Le posizioni che assumiamo nello stare ritti, nel camminare, nello stare seduti, nell’appoggiarsi a un muro o ad un bancone sono un altro modo per modificare la percezione della nostra dimensione psicologica. Le adolescenti che vedono spuntare il seno o le donne che hanno un seno molto grande, spesso incurvano le spalle in avanti per “nascondere” questa caratteristica.
Tutti conoscono lo stereotipo dell’uomo di mezza età che, al passaggio di una bella ragazza, tira indietro la pancia e gonfia il petto.


POSIZIONE DELLE GAMBE.
Valutiamo il modo in cui da fermi e in posizione eretta teniamo le gambe. Esistono due posture fondamentali delle gambe: divaricate o chiuse.
Posa a gambe divaricate. Frequente in individui dominanti, vincenti, in posizione di potere, donne emancipate a volte mascoline. Comportamento che riflette uno status elevato. Perché? È la posizione che permetteva all’uomo “guerriero” di stare ben saldo al suolo per non cadere durante la caccia o i combattimenti. L’assunzione attuale di questa posizione sarebbe un’”eredità” di questa funzione. Un’altra spiegazione per questa postura, valida per le donne che la assumono, ha un riferimento più attuale; infatti solo in tempi recenti le donne hanno goduto di quell’indipendenza che prima era un appannaggio solo maschile. Quindi una donna che tiene le gambe larghe, inconsciamente, vuole rimarcare una posizione di “parità” con l’uomo in un certo modo “sfidandolo”.
Un’altra considerazione: la postura eretta a gambe divaricate è quella del maschio quando fa pipì; l’uomo in questa posizione ricorda la sua virilità e il suo essere dominante. Se è una donna a tenere questa posizione è come se dicesse: “non invidio il pene” (ricordiamo che già in antichità il pene era considerato il simbolo del potere maschile).
Posa a gambe vicine o chiuse. Postura tipicamente femminile, perché mette in evidenza le curve. Un significato particolare hanno le gambe di una donna quando un ginocchio si sovrappone all’altro e le gambe sono ravvicinate: l’atto diventa un segnale di corteggiamento perché valorizza la linea dei fianchi.
Di valore diverso è l’atto di accostare le ginocchia divaricando le estremità delle gambe e portando la punta dei piedi verso l’interno (più spesso quando la donna è seduta e ancora più spesso negli adolescenti). Questo segnale ricalca la difficoltà a stare in piedi tipico dei cuccioli e serve a suscitare in chi la guarda sentimenti teneri e parentali o a segnalare, soprattutto se a farlo è un’adolescente, la sua condizione di bambina timida e inerme.


GAMBE E BRACCIA. POSIZIONE SEDUTA.
L’impressione che diamo stando seduti viene modificata a seconda della posizione di gambe e braccia. Anche qui con diverse combinazioni avremo due principali modalità contrapposte: braccia e gambe possono essere tenute aperte o chiuse.
Braccia aperte e gambe larghe. Posizione del “leader”: esporre queste regioni vulnerabili (ascelle = dalle quali si raggiunge facilmente il cuore, e genitali) significa essere molto sicuri di se. Inoltre tenere gambe e braccia aperte ci fa occupare uno spazio maggiore di quanto non avvenga quando le estremità sono vicine al corpo. A chi assume questa posizione viene più facilmente attribuita un’ampia dimensione psicologica; l’inconscio infatti valuta la dimensione psicologica di una persona come la quantità di spazio occupato.
Chiudere o stringere braccia o gambe. La tendenza a mantenersi raccolti fa trapelare il desiderio di non essere notati, di non essere presi in considerazione. Questa posizione diminuisce la dimensione psicologica. Una posizione particolarmente raccolta può essere dovuta a timore, alla sensazione o alla constatazione di sentirsi colpiti (a parole); indice di una sorta di chiusura difensiva.
Braccia larghe e gambe unite. Più esattamente braccia larghe e gambe allungate con incrocio delle caviglie (ma anche gambe larghe e mani in grembo); è la posizione di chi vuole mostrarsi dominante ma non lo è. Spesso (ma non sempre) questi segnali contraddistinguono un impostore o una persona che normalmente è dominante ma si trova in un ambiente in cui non è a proprio agio e così egli prova contemporaneamente i due impulsi opposti (= esibire il suo ruolo dominante; proteggersi perché si sente vulnerabile)
Posture abituali. Spesso non appena viene meno l’autocontrollo assumiamo posture abituali, che vengono riprese automaticamente.


I MOVIMENTI NELLO SPAZIO.
Un altro modo per ampliare o ridurre la propria dimensione psicologica è muoversi, soprattutto se l’ambiente dove ci troviamo è limitato (es. una stanza). È questo il motivo per cui i politici ad un ricevimento passano incessantemente da una persona all’altra e i conferenzieri di successo non parlano dietro una scrivania ma muovendosi tra il pubblico. In questo modo costoro vengono percepiti come capaci di occupare spazi molto ampi. I presentatori, i conferenzieri, gli attori fanno gesti più ampi e più numerosi di altre persone perché devono spiccare nettamente su uno sfondo ampio come un palcoscenico o una sala conferenze; più muovono il loro corpo e più stimolazioni forniscono, venendo percepiti di conseguenza in maniera più distinta e intensa.


Il territorio. Gli uomini, come gli animali, hanno un proprio territorio, lo circoscrivono, lo difendono e lo “conquistano” in ogni ambiente o situazione in cui si trovano.
Noi abbiamo modi più sottili e civilizzati (a volte!) di delimitare il nostro spazio territoriale, ma il nostro comportamento non differisce di molto da quello degli animali.

Perchè abbiamo necessità di un territorio?
Ci dà forza, sicurezza, intimità e stabilità. È noto che una squadra di calcio è più temibile se gioca in casa, il fatto di trovarsi sul proprio terreno la rende più tenace e, per contro, intimidisce l’avversario. Chi si reca in altre città per studio o lavoro cerca frequentemente un alloggio, non è solo comodità ma spesso è l’esigenza di sentirsi a “casa propria”, di rigenerarsi, di trovarsi in un ambiente sicuro e protetto. È quindi comprensibile il senso di precarietà dei senzatetto o dei terremotati o alluvionati. Ad ogni modo anche i barboni tendono a ricoverarsi sulla stessa panchina o collocano gli scatoloni nello stesso angolo di strada: è la necessità di un territorio.

La marcatura dello spazio.
Spesso su pali, cortecce di alberi, tavolini dei bar, banchi di scuola, porte delle toilette si trovano scritte, nomi, graffiti… si tratta di un bisogno ancestrale (e di cattiva educazione); queste persone non resistono all’impulso inconscio di affermare la loro proprietà (questo è mio). Naturalmente esistono anche modi più civili e socialmente accettabili di delimitare il territorio: si erigono muretti, si recingono i terreni, si mette il nome sul campanello della porta. Il senso del possesso del territorio è forte in noi e lo possiamo notare quando qualcuno tocca le nostre cose o si siede sulla nostra poltrona o entra in giardino. All’interno della nostra abitazione abbiamo spazi più o meno personali; spesso tendiamo a non fare entrare nessuno in camera da letto a meno che non sia molto vicino a noi.

Gli adolescenti spesso “marcano” la propria stanza attaccando poster, adesivi, fissando striscioni; a volte anche lasciare i propri indumenti sulle sedie o sul letto può avere a che fare con la definizione del proprio territorio. Secondo Morris D. (1977 – “L’uomo e i suoi gesti”) la camera da letto è la parte del territorio di casa “più nostra” perchè è il luogo in cui mediamente trascorriamo più tempo, impregnandola del nostro odore più degli altri ambienti.

La difesa.
Anche all’interno di un ambiente poniamo delle barriere (rappresentate dall’arredamento) che definiscono i limiti del nostro territorio (scrivania, bancone, cattedra). Un insegante che quando spiega si muova nell’ambiente o rimanga arroccato in cattedra comunica rispettivamente una maggiore o minore apertura e disponibilità. Un professionista dietro ad una scrivania può, attraverso i movimenti del suo corpo, mitigare o ampliare il senso di distanza trasmesso dal tavolo; se si appoggia allo schienale si allontana di più. Avvicinando invece il busto al bordo della scrivania diminuisce l’impressione del distacco e mostra maggiore partecipazione. Alcuni psicologi adottano setting privi di scrivania, scegliendo di condurre la seduta su due poltrone poste una di fronte all’altra. Rimuovere una barriera fisica, però, non significa essere completamente disponibili, il nostro corpo può cosituire un ostacolo. Possiamo attestare un possesso territoriale appoggiandoci, e quindi toccando oggetti o arredi di nostra proprietà; spesso ci comportiamo in questo modo quando c’è la minaccia di “un’invasione”. Se ci appoggiamo alla porta appoggiandoci agli stipiti (sbarrando il passo) probabilmente non gradiamo che la persona che ha bussato entri in casa; un negoziante che, alla visita di un rappresentante, appoggia le braccia sul bancone e tenda il busto in avanti è in posizione di sfida, probabilmente lo trova invadente. Toccare significa possedere, ci sono persone che, dopo l’acquisto dell’auto nuova, si fanno fotografare con la mano appoggiata alla carrozzeria.

La conquista.
Il bisogno di possedere un territorio ci caratterizza ovunque siamo; per esempio, se ci troviamo su un treno non entriamo nel primo scompartimento che capita, ma proseguiamo nella ricerca di uno libero. Un modo comune per delimitare il territorio in una sala d’attesa, su un autobus, ecc, è mettere tra se e l’altro o sul posto a fianco al nostro un libro, la borsetta, ecc. Se invece siamo seduti su un divano possiamo scostare le braccia dal corpo, appoggiandole qualche decina di centimetri più in là: la zona circoscritta dalla posizione delle nostre mani segnala il nostro territorio. Una spiaggia o un prato possono diventare un luogo di spartizione dei lotti. Osservando la disposizione delle stuoie, lettini o asciugamani possiamo valutare il tipo di rapporto che c’è tra gli individui. Oltre i 3 metri si collocano gli sconosciuti, fra i 3 metri e il metro e 25, conoscenza abbozzata o formale. Tra il metro e 25 e i 40 centimetri possiamo ritenere che gli individui siano buoni amici. Se stuoie o lettini sono accostati abbiamo a che fare con ottimi amici, con partner o parenti (quanto appena detto vale se l’area non è super affollata). La biblioteca è un altro di quei posti dove fissiamo i limiti del nostro territorio per esempio utilizzando le sedie per appoggiare borse e giacche anziché appenderle. Il tavolino del bar è spesso terreno di contesa territoriale; in genere due persone dividono il tavolo in due settori e pongono bicchieri, tazze, pacchetti di sigarette o portachiavi in modo tale da formare una sorta di perimetro che delimita i confini del territorio. Se una persona mette il suo bicchiere sull’angolo del tavolino, significa che ha limitate pretese territoriali, il che va interpretato come indice di una personalità schiva, timida e, in un certo senso, rinunziataria. La scelta dei posti a sedere è anche influenzata dal calore residuo che la persona lascia sulla sedia che ha occupato. La maggior parte delle persone prova forte avversione e disgusto nei confronti di una temperatura non familiare; per contro è esperienza gradevole trovare il letto caldo se scaldato dal partner o, nei bimbi, dalla mamma (Hall, 1968). Al contrario qualcuno può disporre oggetti su tutta la superficie del tavolo come se lo spazio fosse tutto a sua disposizione: si tratta di individui invadenti e soffocanti, che tendono a prevaricare sull’altro e a non lasciargli letteralmente spazio.

Le distanze.
Quando ci troviamo con altri cerchiamo di mantenere una distanza che rappresenti il punto di equilibrio tra il desiderio di mantenere la vicinanza e quello di evitare il contatto (Argyle e Dean, 1965; Argyle e Cook, 1976). Acquisiamo fin da piccoli un codice che regola la distanza interpersonale: impariamo a non stare troppo vicino agli altri e apprendiamo come modificare altri parametri non verbali, quando la distanza tra noi e il nostro interlocutore subisce variazioni. Sembra quasi una danza; è come se fossimo circondati da una bolla di sapone, nel momento in cui l’altro si avvicina comprime la bolla e noi avvertiamo un senso di pressione, che ci spinge un po’ più lontano. Quindi estendiamo, come con gli abiti o gli oggetti, la nostra sensibilità ad un perimetro invisibile che ci circonda.

Questo perimetro è definito “spazio prossemico” e ha contemporaneamente due radici: una innata che trae origine dalla nostra appartenenza al regno animale e l’altra culturale che dipende dall’ambiente in cui viviamo (Hall, 1963 e 1968).

Gli animali.
Dispongono di 4 tipi di distanza (E.T. Hall) che regolano i rapporti tra individui della stessa specie o di specie diverse:
1. distanza di fuga
2. distanza di attacco
3. distanza personale
4. distanza sociale
Le prime due sono attive tra specie diverse, le restanti hanno significato all’interno della stesse specie e dello stesso branco.

L’uomo.
Per la specie umana alcune distanze si sono pressoché “atrofizzate” o solitamente non hanno modo di essere sperimentate.
Per noi esistono 4 distanze o “zone interpersonali”:
1. distanza intima
2. distanza personale
3. distanza sociale
4. distanza pubblica
Il fatto di vivere in società e di differenziare ruoli diversi all’interno di questa ha portato però l’uomo a diversificare e ampliare la dimensione e i comportamenti della sfera personale. Ogni distanza, a propria volta, ha una fase di lontananza.

La zona intima.
Va da 0 centimetri (contatto fisico) a 40 centimetri. È lo spazio che contrassegna i rapporti intimi; possiamo percepire il calore dell’altro, il suo odore, le variazioni emotive più sottili. Entro questo spazio (sia per ridurre la tensione indotta dalla distanza ravvicinata, sia per contrassegnare l’intimità della situazione) il comportamento è caratterizzato da: voce più bassa (sia per il tono che per il volume, le gesticolazioni sono pressoché assenti, gli sguardi fortemente ridotti, gli argomenti di conversazione sono più personali e delicati (Argyle e Dean, 1965; Cappella, 1981).

La zona personale.
Si situa tra i 40 e i 120 cm. È una distanza che ha un estremo ai confini con la zona intima e l’altro ai margini della zona sociale. Quanto più ci si avvicina alla zona intima tanto maggiore sarà la confidenza tra chi interagisce; la distanza personale è quella che mantengono gli amici. Le interazioni con amici e conoscenti (nella nostra cultura) avvengono di norma attorno ai 70 centimetri una distanza tale che permette di ritirarsi nel caso l’altro si faccia troppo insistente e fastidioso, ma che sottolinea altresì l’informalità e la gradevolezza della relazione. In questa zona: aumentano gli sguardi reciproci, i gesti fanno la loro comparsa ma sono contenuti, la voce ha tono e volume medi, l’odore e il calore dell’altro diventano più rarefatti e al limite esterno di questa zona non riescono più ad essere percepiti. Questo spazio tra se e l’altro può essere indice di attrazione; una riduzione della distanza interpersonale che induca due interlocutori ad avvicinarsi (a penetrare nelle reciproche sfere personali) accompagna il momento in cui la discussione si fa accesa, appassionata, coinvolgente. La riduzione di questa distanza può diventare un segnale di minaccia, soprattutto se accompagnata da un volume di voce più forte e da un tono più duro, che segnala l’impulso ad aggredire l’altro. Il passaggio dalla zona personale a quella intima è, generalmente, indice di un rapporto stretto tra le due persone; quando però queste ultime camminano fianco a fianco distanti poco più di mezzo metro questo non va necessariamente inteso come segnale di un rapporto. La posizione fianco a fianco, è vissuta come la meno minacciosa e, quindi, è quella a cui si acconsente all’altro di avvicinarsi di più.

La distanza sociale.
Tra il metro e 20 e i 2 metri. È lo spazio che viene mantenuto tra persone sconosciute, con cui si intende mantenere la distanza e nelle relazioni molto formali (es. ufficio aperto al pubblico).

La distanza pubblica.
Oltre i 2 metri. Le persone che si collocano in questa zona non sono in genere vissute come entità. La temperatura è uno dei fattori che maggiormente influenzano la percezione della distanza pubblica, in particolare nei casi di affollamento. La sensazione di trovarsi in un ambiente affollato è direttamente proporzionale all’aumento di temperatura; in poche parole più fa caldo e meno sopportiamo la vicinanza delle altre persone (pensiamo a quanto sia fastidioso toccare anche solo un braccio o una gamba del nostro partner se siamo al mare sotto al sole cocente, contatto altrimenti gradevole, Hall 1968). Purtroppo l’affollamento dei mezzi pubblici è una realtà con la quale dobbiamo convivere quotidianamente.

Come si reagisce quando si sale su un autobus assiepato?
* eseguiamo mille contorsioni per evitare di toccare ed essere toccati
* se l’ambiente è talemente affollato da non potere evitare il contatto irrigidiamo il nostro corpo in modo da potere ridurre al minimo la superficie di contatto
* se tutto ciò non è ancora sufficiente ci proteggiamo con uno schermo psicologico che ci porta a considerare l’altro come un oggetto inanimato o parte dell’arredamento, né più né meno di un sedile o di un passamano (D. Morris 1977).

L’influenza dell’ambiente culturale.
Secondo E. T. Hall esistono due tipi di culture: quella “del contatto” e quella del “non contatto”, a seconda che si viva in uno di questi due ambiti prevarrà un’inclinazione alla vicinanza o alla lontananza. La nostra come quella americana o tedesca è una cultura del “non contatto”. Nel mondo occidentale la cultura che esprime in maniera più marcata il valore del “non contatto” è quella anglosassone (distanza personale: 2 metri); all’estremo opposto nella cultura araba lo spazio personale praticamente non esiste, sconfinando nel contatto con l’altro.
Le differenze tra uomini e donne.
La “bolla” che rappresenta il nostro confine invisibile è sferica per le donne mentre per gli uomini assomiglia a un uovo. Gli uomini tendono ad avere una bolla interpersonale più grande e a mantenere la stessa distanza sia con individui dello stesso sesso sia con le donne. Le donne tendono a stare più vicine alle altre persone e la distanza sarà ancora minore se l’interazione avviene con un’altra donna (Leibman, 1970). Un’altra differenza tra uomini e donne sta nel modo con cui ci si avvicina a qualcuno. Le donne preferiscono avvicinare gli altri di fronte, i maschi tendono a porsi di lato. Una donna mostra maggiore fastidio se qualcuno si siede al suo fianco (es. in biblioteca) e meno se le si accomoda di fronte). Per l’uomo è l’opposto, se qualcuno si siede di lato quasi non lo nota mentre è infastidito se si pone davanti o alle spalle (Fisher e Byrne, 1975).

Il carattere, la posizione sociale e lo stato d’animo.
La distanza a cui ci lasciamo avvicinare è in relazione anche al nostro umore, alla nostra personalità e alla nostra posizione sociale. Se siamo felici ci lasceremo avvicinare più di quanto solitamente saremmo soliti tollerare; se invece siamo di umor nero ci irrita qualsiasi avvicinamento anche ad una distanza superiore al limite esterno della nostra zona personale. Se qualcuno ci fa arrabbiare facilmente invaderemo il suo spazio personale; però se la nostra aggressività è inibita o se non possiamo manifestarla apertamente tenderemo a prendere le distanze (comportamento che serve a tenere sotto controllo il rancore oppure a comunicare all’altro che vogliamo evitarlo; Meisels e Carter, 1970). È tipico che quando due partner litigano uno si tenga a distanza per punire l’altro negandogli il proprio contatto. Chi è ansioso tende a tenersi vicino ai propri interlocutori (bisogno di sentirsi accettato); in questi casi chi subisce la violazione del proprio spazio tende a ripristinare le distanze facendo un passo indietro; la “danza” prosegue fino a che l’altro si addossa ad una parete e manifesta segni di stizza. Anche l’introversione e l’estroversione influenzano sia la distanza alla quale si accetta di essere avvicinati o la tendenza ad avvicinarsi (gli estroversi violano e lasciano violare le distanze con maggiore disinvoltura). Lo status incide a sua volta nel determinare i confini dello spazio interpersonale e la frequenza e la profondità delle violazioni (es. il capo viola più frequentemente lo spazio dei collaboratori e la distanza a cui si avvicina è inferiore alla media. Questo modo di regolare la distanza prossemica serve al capo per attestare e riaffermare la posizione di superiorità).

Fonti
- Argyle M., Il corpo e il suo linguaggio, Zanichelli, Bologna 1978
- Birkenbihl V.F., Segnali del corpo, Angeli, Milano 1998
- Hall E.T., La dimensione nascosta, Bompiani, Milano 1968
- Nanetti F., La comunicazione trascurata, Armando, Roma 1996
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Re: Legittima difesa umana e cristiana

Messaggioda Berto » sab mar 31, 2018 7:03 am

La difesa del territorio del proprio paese (città, nazione, stato) e dei suoi confini, coincide con la difesa del proprio domicilio, della propria casa, della proprietà privata e tutto ciò corrisponde alla difesa dello spazio vitale nelle sue varie estensioni a tutela e a difesa della propria persona, del proprio corpo e della propria vita.
La difesa dei propri confini è un'estensione naturale, sociale e politica della legittima difesa personale.



Muri, termini, confini e barricate, segni naturali e sacri di D-o
viewtopic.php?f=141&t=1919



Il discrimine tra il caos e il cosmo, tra il disordine e l'ordine, tra l'informe e la forma, tra la non vita o morte e la vita, tra la prepotenza la sopraffazione e il diritto, tra l'ingiusto e il giusto, tra il regresso e il progresso
è il limite, il confine, la frontiera, la barriera, il muro che separa, che contiene, che da sostegno e forma a ogni struttura organizzata dell'universo e della vita.


Favorire l'immigrazione e l'emigrazione clandestina è un crimine universale
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Re: Legittima difesa umana e cristiana

Messaggioda Berto » sab mar 31, 2018 7:56 pm

???

Legittima difesa, come funziona negli altri paesi europei
2015/11/25

http://www.lettera43.it/it/articoli/cro ... esi/157517


Ancora una rapina finita nel sangue. A Rodano, nel Milanese, Rodolfo Corazzo, gioielliere 60enne, ha sparato ai tre malviventi che si erano introdotti nella sua villetta aggredendolo di ritorno dal lavoro. Di fronte alle minacce dei ladri, l'uomo non ci ha pensato un attimo a estrarre la pistola e a fare fuoco, uccidendo uno dei rapinatori, Valentin Frrokaj, ergastolano già evaso due volte.

INTERROGATIVI E PAURE.
Solo l'ultimo episodio di cronaca, dopo i casi del pensionato milanese Francesco Sicignano e del gioiellierie napoletano Giuseppe Castaldo, che alimenta nell'opinione pubblica interrogativi e paure che le forze politiche non disdegnano di cavalcare.

LEGITTIMA DIFESA, QUALI LIMITI?
Ma quali sono i limiti posti alla legittima difesa da parte dei Paesi membri dell'Unione europea? L'ordinamento italiano è davvero troppo garantista nei confronti dei microcriminali? E ampliare le maglie della legge, rischia realmente di farci piombare in un clima da Far West?
Dopo aver chiarito come funziona la legittima difesa in Italia, ecco un confronto basato sulle legislazioni nazionali dei nostri vicini.

Inghilterra: la discriminante dell'«uso ragionevole della forza»

In Inghilterra la legittima difesa rientra nella cosiddetta private defense, la dottrina secondo cui il cittadino può agire in modi che altrimenti sarebbero illegali al fine di evitare danni alla propria o all'altrui incolumità. Si tratta di una concezione che affonda le sue radici sia nella Common Law, sia nel Criminal Law Act del 1967.
L'autodifesa, nel diritto inglese, è legittima quando la forza viene usata in maniera «ragionevole» per contrastare una minaccia ingiusta. Invocare la legittima difesa significa quindi affermare che gli atti di autodifesa compiuti dal cittadino non sono in alcun modo perseguibili come atti criminali.
IL NODO DELLA PROPORZIONALITÀ. Sul significato concreto dell'espressione «uso ragionevole della forza», le opinioni giuridiche divergono.
In ogni caso, la valutazione della proporzionalità spetta alla giuria e non all'imputato, che potrebbe sempre sostenere di aver agito in maniera «ragionevole» e dunque non risultare mai colpevole per eccesso di legittima difesa.
La giuria è chiamata a stabilire l'uso ragionevole della forza tenendo conto delle specifiche circostanze di ogni singolo episodio, caso per caso. In generale, si considera rilevante il fatto che l'imputato abbia agito sotto la pressione di un'aggressione imminente e non abbia quindi avuto il tempo di prendere decisioni del tutto razionali. In ogni caso, però, la quantità di forza utilizzata dev'essere valutata in rapporto all'importanza dei beni giuridici protetti (la vita e/o l'incolumità dell'aggressore) e al danno causato dal suo uso.


Francia: tre limiti alla legittima difesa

In Francia la legittima difesa è disciplinata dall'articolo 122-5 del codice penale, che recita: «Non è penalmente responsabile chi, di fronte a una minaccia ingiusta per la propria o altrui incolumità, produca, nel medesimo tempo, un atto comandato dalla necessità di autodifesa, a meno che non ci sia una sproporzione tra le modalità della difesa e la gravità dell'offesa». Il secondo comma aggiunge: «Non è penalmente responsabile chi, per interrompere l'esecuzione di un crimine o di un reato contro il patrimonio, compia un atto di difesa, eccezion fatta per l'omicidio, strettamente necessario a conseguire il fine perseguito, a condizione che i mezzi utilizzati siano proporzionati alla gravità del reato» da sventare.
REAZIONE IMMEDIATA E PROPORZIONATA ALL'OFFESA. In sostanza, la legge francese pone tre limiti al diritto di legittima difesa: la reazione dev'essere compiuta nell'imminenza della minaccia (ciò significa che, per esempio, se l'aggressore è in fuga non può essere legittimamente colpito); deve sussistere una condizione di pericolo per l'incolumità personale; la difesa dev'essere proporzionata all'offesa.
Il secondo comma si riferisce in particolare al caso di chi voglia fermare un reato contro il patrimonio. Anche qui valgono per il cittadino francese gli stessi tre vincoli, con in più l'esplicito divieto di ricorrere all'omicidio.


Spagna: il codice penale parla di «offesa ingiusta»

Anche in Spagna il diritto di legittima difesa è sottoposto ad alcune condizioni essenziali, specificate nel codice penale all'articolo 8, comma 4.
Il cittadino che si difende può farlo solo in presenza di un'offesa ingiusta, la sua reazione dev'essere ragionevole rispetto alla gravità dell'aggressione, chi si difende non deve aver provocato lui stesso l'aggressione.
VALE ANCHE PER DIFENDERE GLI ESTRANEI. Ricorrere alla legittima difesa è lecito per difendere se stessi, i propri diritti legali tra cui la proprietà, l'incolumità dei propri familiari oppure degli estranei.


Germania: l'eccesso di difesa non è sempre perseguibile

Anche secondo il codice penale tedesco chi compie un atto di legittima difesa non viola la legge, intendendo con tale termine qualsiasi azione difensiva necessaria a scongiurare un'aggressione imminente che minacci la propria o l'altrui incolumità.
Cosa succede però al cittadino tedesco in caso di eccesso di legittima difesa? Se il soggetto supera il limite in preda a uno stato di «confusione, paura o terrore», non può essere ritenuto penalmente responsabile dei suoi atti.
LA VARIABILE DEL 'BILANCIAMENTO'. Tutto però dipende dal bilanciamento degli interessi in gioco. La difesa, in altre parole, è legittima a patto che il bene giuridico protetto 'superi' sostenzialmente quello violato dall'atto compiuto per difenderlo.
La legittima difesa, inoltre, si applica «solo se e nella misura in cui l'atto commesso è un mezzo adeguato per scongiurare il pericolo».



Legittima difesa, le regole all’estero, in Europa
Giovanni Negri
2017-05-05

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=AE2it3GB


Si gioca sul confine sfumato della valutazione affidata ai magistrati il confronto in materia di legittima difesa tra i Paesi dell’Unione europea.

È in Francia (articoli 122-5 e 122-6 del Codice penale) la soluzione più vicina alla nostra: si prevede infatti che non risponde penalmente la persona che, a fronte di un attacco ingiustificato contro di sé o un’altra persona, compie, nello stesso momento, un atto imposto dalla necessità della legittima difesa per se stesso o un’altra persona, a condizione che non ci sia sproporzione tra i mezzi impiegati per la difesa e la gravità dell’attacco. Non risponde penalmente la persona che, per interrompere l’esecuzione di un crimine o di un delitto contro un bene, commette un atto di difesa, diverso da un omicidio volontario, quando questo atto è strettamente necessario allo scopo perseguito, fin quando i mezzi sono proporzionati alla gravità dell’infrazione.

In Germania la disciplina della legittima difesa è disciplinata ai paragrafi 32 e 33 del Codice penale. Secondo queste norme si definisce «legittima difesa» quella necessaria per respingere da sé o da altri un attacco presente. Non è punito chi eccede i limiti della difesa per turbamento, paura o panico. In base a tali norme, dunque, si richiede che l’aggressione sia presente e attuale; ciò significa che essa deve essere immediatamente imminente oppure che essa avvenga precisamente nel momento dell’atto di difesa o anche che essa può continuare nel tempo. Non si fa alcun riferimento alla proporzionalità fra difesa e offesa; d’altra parte, si prevede che non possa essere punito chi ha oltrepassato i confini della legittima difesa per turbamento, paura o panico.

Nel Regno Unito, da ultimo, la nozione di legittima difesa è stata delimitata nel 2012 (Legal Aid, Sentencing and Punishment of the Offenders Act), che ha incluso, negli elementi costitutivi della fattispecie della legittima difesa, l’esimente generalmente riconosciuta dalla giurisprudenza penale per i comportamenti posti in essere a difesa dei propri beni. D’altra parte, tra le circostanze da considerare per l’applicazione dell’esimente, la legge fa esplicito riferimento al comportamento dell’aggressore in relazione alla sua fuga o desistenza. Nel 2013 l’ultimo intervento, per inserire tra le finalità legittime di un uso anche non proporzionato della forza anche la difesa del proprio luogo di residenza dall’intrusione non autorizzata di terzi.



???
Legittima difesa, perché non possiamo far scrivere la legge alle vittime
Mauro Grimoldi
Criminologo, coordinatore scientifico Casa dei Diritti Comune di Milano
2017/05/06

https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/0 ... me/3566129

Chissà perché tutti quelli che argomentano a favore dell’impunità per chi eccede nella legittima difesa utilizzano argomenti personali. Se succedesse a te, se vedessi violentare tua moglie o tua figlia, se assistessi mentre ustionano con un ferro da stiro una nonnina indifesa, come del resto recentemente accaduto nel caso di Rosina Fracasso terminato con la lode del governatore Zaja alle forze dell’ordine che hanno catturato gli autori dell’odiosa rapina. Quello della sicurezza è anzitutto, e da sempre, un tema politico. Anzi, il tema politico per eccellenza di una parte.

È un argomento efficacissimo, emotivo, di pancia. Non serve spiegare troppo, anzi meno si spiega e meglio è. Eppure ben sanno i giuristi che il principio retributivo, la vendetta sociale, l’occhio per occhio dente per dente da tempo non è l’unico principio e forse non è neanche quello prevalente che la legge applica quando giudica un reo.

E Foucault, che inizia “sorvegliare e punire” con il racconto di una terribile tortura medievale, punizione cruentissima e pubblicamente somministrata nella fede mal risposta nel suo valore dissuasivo smonta un secondo miro sociale. La vendetta sociale anche violenta non ha mai insegnato molto, la sua funzione dissuasiva è più debole di quanto la logica suggerisca. La paura però è e rimane uno strumento demagogico straordinario.

Guai però – e tutti gli addetti ai lavori lo sanno – se facessimo scrivere la legge alle vittime. Chi è stato toccato nella propria carne, nei propri interessi, nelle proprie emozioni non può essere un buon giudice, non ha più il metro per giudicare con equità e misurare il bene e il male e comminare al ladro, al rapinatore, al criminale in genere una punizione giusta. Ma l’argomento retorico-demagogico che trasla tutta la questione sulla carne del cittadino-elettore è efficace e chiude gli occhi a chi dovrebbe ragionare sul concetto di difesa legittima, che è tale poiché è proporzionata all’aggressione, decretando – da sempre – la non punibilità di un’azione tesa alla difesa della propria proprietà e dei propri cari.

Se c’è “resistenza”, e c’è pericolo da sempre si può sparare. Così non è se il ladro sta già scappando e non esiste pericolo alcuno, anche se era illegittimamente entrato per appropriarsi dei beni di qualcuno. Creare aree di impunità assoluta, non relativa, ovvero non commisurata alle circostanze è sempre pericoloso. Se in certe circostanze tutto diventa possibile si rischia grosso.

Non può scomparire la colpa, sia pure sfumata, di un eccesso sia pure imputabile al “grave turbamento psichico”, amplissimo concetto citato nella proposta di legge in cui ci sta di tutto, inclusa la rabbia, la furia, la vendetta, non solo la paura. In caso di impunità ci può ben stare anche il caso di dolo per chi non vedeva l’ora di avere un’occasione per sfruttare l’opportunità di estrarre l’arma da tempo acquistata e che magari nei più o meno riposti abissi del subconscio sognava venisse il giorno di usare.

Quale occasione migliore per il piccolo possidente armato di arroganza prima che di fucile, per il guerrafondaio frustrato che si allena nei poligoni nelle cittadine del Bel Paese di imbattersi da domani, con la nuova proposta di legge in un ragazzino straniero in fuga notturna dal magazzino merci della propria piccola media impresa trovandosi così nella condizione della più totale impunità, e poter sfogare le fantasie aggressive più riposte?

Questo il vero pericolo nell’andare a toccare un concetto di legittimità e di proporzionalità tra offesa e difesa per sostituirlo con elementi circostanziali, “se succede di notte” non importa se c’è pericolo, non importa la desistenza, si può uccidere serenamente il tizio in fuga e magari di questo passo c’è pure il caso che qualcuno ci provi gusto a mirare e fare fuoco.

Finora a dirla tutta un ragionamento serio che metta in discussione proprio la proporzione tra offesa e difesa, forse anche per modificarla in direzione di maggiore tutela delle vittime io francamente non l’ho ancora sentito. Nemmeno oggi. Specie se non ci dimentichiamo che i diversi Signori Corazzo, Stacchio, Birolo hanno tutti ucciso dei rapinatori e sono tutti stati alla fine assolti, mentre il più famoso dei vendicatori, Francesco Sicignano ci ha pure guadagnato pure una candidatura. Una carriera politica come omaggio del destino per qualcuno di cui senza il discutibile merito di avere ucciso il rapinatore entrato in casa sua ben pochi avrebbero probabilmente sentito parlare.





Negli Stati Uniti la casa è inviolabile ma le leggi variano
Rolla Scolari - Dom, 25/10/2015

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 86633.html

Il domicilio è sacro, la reazione violenta però non è ammessa ovunque. In Texas si può sparare anche in ufficio. A New York si rischia il carcere

Negli Stati Uniti la chiamano «Castle Doctrine». È un'espressione che deriva dalla common law inglese e dalla frase: «La casa di un inglese è il suo castello».

È alla base dell'approccio legale in caso di legittima difesa all'interno di un'abitazione.

In breve, la «Castle Doctrine» garantisce ai cittadini americani all'interno delle proprie case il diritto di proteggere loro stessi e gli altri anche attraverso l'utilizzo della forza, in alcuni casi letale. Non si tratta di una legge ma in alcuni Stati dell'Unione rappresenta un principio spesso incorporato nelle leggi stesse. L'uso della forza per legittima difesa all'interno della propria abitazione, quindi, è giustificato o no a seconda degli Stati, e segue comunque la norma generale per la quale la forza utilizzata deve essere proporzionata alla situazione, ai fatti, al tipo di assalto.

Un articolo del 2011 della rivista della South University degli Stati Uniti entra bene nel dettaglio di una questione dibattuta, spiegando come «quello che può essere considerato legittima difesa in uno Stato, può portare in un altro a una condanna a omicidio o strage». La Castle Doctrine è legata a un altro concetto legale importante negli Stati Uniti, il duty to retreat , applicato da molti tribunali locali. La persona aggredita, prima di reagire con l'utilizzo della forza, anche se si sente minacciata e a rischio della vita, deve fare di tutto per evitare il confronto, tentare di ritirarsi dalla situazione. È il contrario di un'altro concetto legale, lo stand your ground , che non richiede invece a un individuo che si sente aggredito o minacciato di evitare a ogni costo lo scontro. Di questo approccio si è parlato molto nel 2012, quando il diciassettenne disarmato Trayvon Martin in Florida, uno Stato che secondo il sito di inchieste americano Pro Publica «ha allargato in maniera esplicita il diritto di usare la forza letale per difesa personale», è stato ucciso da un colpo di pistola da George Zimmerman durante un litigio. L'uomo non fu condannato perché disse di essersi sentito minacciato e di aver agito per difesa personale, in uno Stato in cui vige lo stand your ground .

Per quanto riguarda case e abitazioni, spiega la rivista della South University, ci sono Stati in cui la Castle Doctrine è applicata in maniera più «forte»: in alcuni casi al padrone di casa non è richiesto di tentare di «ritirarsi» dal confronto prima di usare la forza. In Texas per esempio la Castle Doctrine si applica perfino alle automobili e ai luoghi di lavoro. Non è richiesto un tentativo di defilarsi dalla situazione ed è giustificato l'uso immediato della forza anche letale quando qualcuno tenta di entrare illegalmente usando la forza, in caso di tentativi di stupro, omicidio e furto. Altri Stati con leggi simili sono Georgia, Alabama, Arizona, Louisiana, Montana, Nevada, Oklahoma, Tennessee, Utah, Washington, Kentucky.

Non accade lo stesso nello Stato di New York, dove la forza è giustificata soltanto se si ha la certezza di non poter spingere un intruso a lasciare la proprietà senza andare allo scontro. Lo stesso in California, dove non si sarà condannati per l'uso della forza nel proteggere la propria abitazione soltanto se si prova di essere stati in estremo pericolo di vita. Il tentativo di furto non è una giustificazione per l'uso della forza in difesa personale per tutti i tribunali locali. Leggi simili sono adottate da Pennsylvania, New Hampshire, New Mexico, Virginia, Vermont, District of Columbia.
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Re: Legittima difesa umana e cristiana

Messaggioda Berto » sab mar 31, 2018 8:03 pm

???

Legittima difesa. In America sparano e i furti aumentano. Il diritto è meglio del Far West
2017/03/11

http://ildubbio.news/ildubbio/2017/03/1 ... l-far-west

È urgente correggere la legge sulla legittima difesa? A me non pare. L’articolo 52 del codice penale, che regola questa materia, è stato modificato una decina di anni fa dal governo di centro- destra

È urgente correggere la legge sulla legittima difesa? A me non pare. L’articolo 52 del codice penale, che regola questa materia, è stato modificato una decina di anni fa dal governo di centro- destra, quando ministro della Giustizia era il leghista Castelli, allo scopo di rendere più esteso il diritto a usare armi, anche da fuoco, per difendersi dai ladri. L’articolo 52 afferma dei principi molto chiari e piuttosto ragionevoli. Dice che che il cittadino che spara al ladro non è punibile se «ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionale all’offesa». Cosa vuol dire proporzionale? L’articolo 52 precisa che «sussiste la proporzionalità» se chi usa l’arma ( legittimamente posseduta) lo fa all’interno di una sua proprietà ( abitazione o negozio, o garage) e lo fa per difendere «la propria o l’altrui incolumità, i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione». Proviamo a dirlo con parole più semplici: puoi sparare se ti senti direttamente aggredito, o se se sorprendi un ladro mentre ruba, a meno che il ladro non stia scappando e non abbia rinunciato al furto.

A me sembra una legge molto liberale nei confronti di chi esercita la legittima difesa. Che semplicemente pone un limite concettuale: che si tratti effettivamente di difesa e non di vendetta. Perché la difesa e la vendetta sono cose molto diverse, anzi, forse, opposte. Puoi usare un’arma per impedire un reato non per punirlo.

Quali sono le obiezioni di chi ritiene che la legge attuale non sia sufficiente a difendere i cittadini? La prima è la necessità di combattere l’aumento dei furti avvenuta negli ultimi anni. La seconda è il principio che ciascuno è padrone in casa sua, e dunque che bisognerebbe consentire l’uso libero delle armi per “reagire” a un reato che avviene in questo ambito.

Pongo due domande. La prima è questa: concedere il dritto di fuoco in casa propria, e dunque incentivare l’aumento del possesso e dell’uso di armi da parte dei privati, aiuterebbe a risolvere il problema sociale dei furti in appartamento?

Poi c’è una seconda domanda, meno pratica, più di tipo, diciamo così, “etico”: possiamo considerare che l’uccisione di una persona sia un prezzo accettabile da pagare per evitare un furto? E dunque possiamo mettere sullo stesso piano, da un punto di vista ideale, il diritto alla vita e il diritto alla proprietà? O addirittura dobbiamo pensare che comunque questi due diritti siano relativi, cioè variabili, e il loro peso aumenti o diminuisca a seconda di chi lo eserciti o lo perda? (Cioè, ad esempio, che il diritto alla proprietà di un cittadino incensurato è più alto del diritto alla vita di un cittadino che sta commettendo un reato?).

Cominciamo dalla prima domanda. Io non credo, sulla base dei dati sperimentali che si conoscono, che l’aumento delle armi e del diritto di fuoco possa ridurre i furti. In molti Stati dell’America del Nord – dove circa un terzo dei cittadini è armato, e dove è legittimo sparare contro chi viola il proprio domicili – il numero dei furti è molto superiore ( sia in cifra assoluta, naturalmente, ma anche in proporzione) al numero dei furti in Italia; e il numero di omicidi è incomparabilmente superiore.

Negli Stati Uniti, nel corso del 2013, sono stati commessi circa 8 milioni di furti ( dati Fbi) contro il milione e cento circa commessi in Italia. Siccome gli Stati Uniti sono solo 5 volte più popolosi dell’Italia, vuol dire che lì ci sono circa un terzo di furti più che da noi.

E gli omicidi, o comunque i morti provocati dalle armi da fuoco? Negli Stati Uniti sono circa 33 mila all’anno ( approssimato per difetto ???) da noi circa 400, compresi tutti gli omicidi di mafia e camorra ( come anche in Francia, in Germania, in Spagna). Il rapporto tra loro e noi, considerata la differenza di popolazione, è di 1 a 15. Da brividi. Non credo che ci sia qualcuno in grado di sostenere la tesi che non esiste una relazione diretta tra possesso di armi da parte dei privati e numero di morti.

Per avere un’idea più chiara del problema si può paragonare il numero dei morti da armi da fuoco e il numero dei morti da incidenti stradale. Da noi i morti da incidente sono circa 3500 all’anno, quindi più o meno otto volte e mezzo più dei morti da arma da fuoco. Negli Stati Uniti i morti su strada sono lo stesso numero di quelli uccisi a revolverate.

La seconda domanda che mi sono posto ( quella “etica”) è più semplice, e richiede meno dati. Non credo che sia possibile porre sullo stesso piano vita e proprietà.
Né che si possa mettere in discussione lo Stato di diritto, che prevede diritti uguali per tutti i cittadini, a prescindere dalla loro onestà, dai loro meriti o dalle loro colpe. Significherebbe stabilire che lo sviluppo della civiltà e dei suoi principi, che ha reso grande l’Europa e il nostro paese, è un bene secondario e commerciabile, e che può essere sospeso.
Io penso che se noi accettassimo questa possibilità politica accetteremmo il rischio della barbarie. Ps. Sulla base di questa considerazione io mi permetto casomai di mettere in discussione l’articolo 52 del codice penale, perché eccessivamente permissivo nei confronti ci chi spara. Non ho obiezioni a rendere legale l’uso dell’arma contro l’aggressore e contro chi minaccia l’incolumità delle persone. Mi pare non del tutto convincente mettere sullo stesso piano il diritto all’incolumità e difesa del patrimonio. Come è attualmente.
Ma può darsi che questo mio dubbio sia un “estremismo” dovuto all’influenza fortissima che il cristianesimo ha avuto su tutta la cultura italiana, e anche su di me.


Quanti omicidi avvengono ogni anno in Canada, Stati Uniti ed Europa?
2017/09/02

https://www.tpi.it/2017/09/02/omicidi-c ... opa-russia

Questa mappa mostra quanto la violenza sia diffusa nei paesi e nelle aree del mondo più sviluppate. I dati provengono dalle Nazioni Unite e mostrano come la situazione, in particolare nel sud degli Stati Uniti, in Alaska, nel nord del Canada, in Russia e nell’est Europa risulti preoccupante in termini di violenza mortale tra gli esseri umani.

L’agenzia delle Nazioni Unite sulle droghe e il crimine (Unodc) cura infatti un progetto denominato Global Study on Homicide, un sito web in cui raccoglie tutte le statistiche sulle persone uccise nel mondo e pubblica periodicamente un rapporto sulla violenza nel mondo.

Questa mappa mostra mette dunque a confronto i dati provenienti dal nord America, dall’Europa e dalla Russia. Il tasso di omicidi in rapporto agli abitanti risulta particolarmente alto nella federazione russa.

Mosca infatti risulta essere il 38esimo paese più violento del mondo da questo punto di vista, con un tasso di omicidi ogni 100mila abitanti di 11,31. Questo significa che nel 2015, su una popolazione di quasi 145 milioni di abitanti, sono state uccise almeno 16.232 persone.

La situazione è migliore ma non certo rosea negli Stati Uniti. Washington infatti presenta un tasso di omicidi ogni 100mila abitanti di 4,88 un risultato piuttosto basso rispetto al rivale russo, ma ancora lontano dalle statistiche europee.

Negli Stati Uniti infatti sono stati 15.696 i morti ammazzati nel 2015, a fronte di una popolazione di oltre 300milioni di abitanti. Il vicino canadese è certamente più in linea con l’Europa riguardo questi dati. (Non 33 mila come riportato nell'articolo precedente ma menio della metà).

In Canada infatti il tasso di omicidi ogni 100mila abitanti è di 1,68. Sono stati infatti 604 gli omicidi compiuti nel territorio canadese nel 2014, un risultato non molto alto considerando una popolazione di poco più di 35 milioni di abitanti.

Qual è invece la situazione nel vecchio continente? La peggiore nazione d’Europa da questo punto di vista è la Lituania, con un tasso di 5,98 omicidi ogni 100mila abitanti, che significa 172 omicidi commessi nel 2015 su una popolazione di soli due milioni e ottocentomilia residenti.

Poi c’è l’Ucraina che con un tasso di omicidi di 4,36 ogni 100mila abitanti e quindi 1.988 persone assassinate nel 2010, risulta la 102esima nazione più violenta del mondo secondo questa tragica classifica.

Al terzo posto delle nazioni con più omicidi in Europa si trova ancora una nazione dell’est, la Lettonia, con un tasso di omicidi di 4,11 ogni 100mila abitanti e quindi 81 persone uccise nel 2015 su meno di due milioni di abitanti.

Se l’est Europa risulta piuttosto violento, per quanto riguarda i grandi paesi occidentali del continente, è la Francia quella in cui vengono commessi più assassinii.

Parigi ha visto infatti 1.017 uccisioni nel 2015, complici anche gli attentati del 13 novembre e l’ondata di terrorismo che il paese ha affrontato negli ultimi anni, a fronte di una popolazione di quasi 65 milioni di abitanti, che le consegna un tasso di 1,58 omicidi ogni 100mila abitanti.

Va meglio nel Regno Unito, Londra infatti ha visto commettere nel 2014, 594 omicidi, così rispetto a una popolazione di oltre 65 milioni di abitanti, presenta un tasso di omicidi ogni 100mila abitanti pari a 0,92.

A seguire troviamo la Germania, il 190esimo paese più violento del mondo da questo punto di vista. Berlino presenta un tasso di omicidi ogni 100mila abitanti di 0,85, con 682 assassinii commessi nel 2015 su una popolazione di oltre 82 milioni di abitanti.

A seguire troviamo proprio l’Italia, che occupa la 192esima posizione in questa tragica classifica. Nel nostro paese, nel 2015, sono state uccise 469 persone, portando il tasso di omicidi ogni 100mila abitanti allo 0,78, praticamente la metà di quello francese e un sesto di quello statunitense. (469 omicidi e non 400 come riportato nell'articolo precedente)

Tralasciando stati particolarmente piccoli come Andorra, Città del Vaticano, San Marino, Liechtenstein e il principato di Monaco, dove ufficialmente non si sono registrati assassinii negli ultimi anni, qual è però la nazione più pacifica d’Europa da questo punto di vista?

Lo scettro di stato con il minor tasso di morti ammazzati nel vecchio continente spetta all’Austria, con un tasso di omicidi dello 0,51 per 100mila abitanti e sole 44 persone assassinate nel 2015 su una popolazione di otto milioni e 700mila abitanti.





Difesa Personale: differenze fra legge Italiana e quella USA

https://www.motoclub-tingavert.it/t690070s.html


Risultati del sondaggio

PREFERISCO LA LEGGE ITALIANA: la Difesa non Deve mai Superare l'offesa 21% [ 14 ]
PREFERISCO LA LEGGE AMERICANA: se un Criminale mi attacca, gli mostro subito tutta la mia Potenza
78% [ 52 ]

Voti Totali : 66

Una Notte di Ottobre del 2010 un Uomo, padre di 3 figli, si sveglia nel sentire dei rumori provenire dall'esterno della sua casa situata a Jasper, GA... spiando dalla finestra, nota 3 Uomini Armati che si stanno aggirando attorno casa sua: 2 armati di pistola ed uno armato di fucile.

L'Uomo ha immediatamente preso dall'Armadio il suo Fucile Automatico di derivazione Militare chiamato "Barrett M240" un fucile progettato per sparare proiettili di Calibro 50 in grado di trapassare muri di Cemento e lastre di Acciaio spesse 120mm, ma sopratutto capace di funzionare in modalita` automatica sparando 4 colpi al secondo.

L'Uomo ha invitato la Moglie a nascondersi dietro il Letto, mentre lui si posizionava con il Fucile sopra al letto posizionando la sicura in modalita` automatica, in quel momento, i rumori sono iniziati a provenire da dentro la casa, lui senza esitare ha premuto il Grilletto puntando a circa 1 metro da terra (i figli dormivano al piano di sopra) e sventagliando da destra a sinistra e da sinistra a destra, scaricando in meno di 2 minuti, 400 colpi.

I proiettili del potente fucile hanno tranquillamente traforato svariate pareti interne in legno della casa ed anche trapassato il rivestimento esterno in Mattoni dell'Abitazione facendone crollare una parte della facciata.

2 dei malviventi sono rimasti uccisi, un terzo e` sopravvissuto miracolosamente, ma perdendo entrambe le Gambe.

---


L'UOMO, PADRONE DI CASA, HA CHIESTO IL RISARCIMENTO DANNI ALL'ASSICURAZIONE

IL PROCESSO
l'Uomo ha appunto vinto la Causa, il Giudice ha infatti stabilito che l'Uomo non ha agito di sua spontanea volonta`, ed e` stato forzato dai Malviventi ad agire come ha agito per difendere l'incolumita` sua e della sua famiglia e quindi i danni alla Casa dovevano essere risarciti dall'assicurazione al pari di come dovrebbe essere risarcito se li avessero fatti i malviventi stessi perche` in fin dei conti, sono loro la causa della sua azione.


NON E` STATA FORMULATA NESSUNA ACCUSA DI OMOCIDIO

Fin dal primo istante, gli Agenti di Polizia accorsi sul posto pochi minuti dopo la sparatoria, hanno appurato che l'Uomo ha agito per pura necessita` di difesa dell'Incolumita` di se stesso e della sua famiglia... come ulteriore prova di cio` il fatto che uno dei malviventi sia soppravissuto e non sia stato ammazzato dall'Uomo che si e` solo assicurato di bloccare l'azione criminale dei malviventi.

---


A mio modo di vedere le cose, il sistema Americano va ammirato e trovo giustissimo il modo in cui l'Uomo debba essere risarcito per atti vandalici causati dall'azione criminale dei malviventi che hanno provocato l'azione di difesa che ha distrutto la casa.





L'opinione: ha sparato ma non è un assassino

di FERDINANDO CAMON

C’è un ladro morto, a 40 metri dal negozio di un tabaccaio, e c’è il tabaccaio lì vicino, ha una pistola in mano, ha sparato. Chi è l’assassino? Alcuni di voi risponderanno: il tabaccaio. Io dico no, l’assassino è il ladro.

L’uccisione è un attimo: la frazione di secondo in cui vien premuto il grilletto e parte il colpo. Ma quell’attimo rientra in un lavoro che dura a lungo, giorni e notti. È il tempo dello studio del colpo, la sua preparazione, le ricognizioni delle strade e del negozio, lo studio dei personaggi, le esercitazioni. I ladri fanno tutto questo lavorìo. Qui sono due, di cui uno morto e uno preso, più altri due che sono scappati. Sappiamo tutti che i ladri scappati stan leggendo questo articolo, dunque scrivo anche per loro, e gli dico: siete voi gli assassini, non quello che vi ha sparato. Voi siete colpevoli della morte di chi è morto e siete responsabili di aver costretto un onesto commerciante a scendere con l’arma in mano e fare fuoco. Voi, con la vita che conducete, le imprese che fate, questa ed eventualmente quelle che vi sono andate bene finora, avete nel vostro cervello un sistema valoriale in cui ci sta il delitto, il morto o i morti.

L’altro, il tabaccaio che è sceso per difendere se stesso e il suo lavoro, che in questo momento è come dire la sua vita e quella della sua famiglia, ha in testa un sistema opposto, in cui ci sta solo il lavoro, il risparmio, i conti in regola, l’apertura all’alba e la chiusura alla sera, per dar da vivere alla famiglia.

Nel sistema del tabaccaio una giornata passata lavorando e risparmiando è una giornata spesa bene. Lui vorrebbe spendere così tutte le giornate della sua vita. Voi che vi siete salvati, quello che c’è rimasto secco, e quello che è stato preso, avete in testa un sistema opposto. Certo, se non siete idioti, mettete in conto che qualcosa possa andare storto, che ci scappi la sparatoria e ci resti il cadavere per terra. Nel lavoro che fate tutto questo può succedere. Ma quel lavoro voi lo fate lo stesso, in piena coscienza. Allora è nel vostro sistema che ci sta il morto, il ferito, o la strage.

Indagare il tabaccaio per “omicidio volontario” è incomprensione totale. La volontà del tabaccaio è di vivere nella legge. Siete voi che vivete contro la legge. Tutto quello che accade contro la legge accade perché voi lo fate accadere.

Non voglio dire che bisogna aspettare i ladri nei nostri negozi e fulminarli appena entrano. Non sto teorizzando il libero omicidio. Sto dicendo un’altra cosa: che “essere assassino” è un concetto morale, comprende la morale degli assassini, e in chi ruba di notte nelle case altrui questa morale c’è, in chi dorme per recuperare le energie e tornare al lavoro questa morale non c’è.

Non conosco nei dettagli l’azione, è possibile che la legge veda nel comportamento del tabaccaio un eccesso di difesa, e che lo condanni per questo. Ma se il tabaccaio prende una condanna, anche la colpa di questa condanna è vostra.

E poi, non ha senso che a giudicare questi delitti sia lo Stato, che ne è il primo responsabile. Perché chi ha un negozio ha il diritto di trovarlo alla mattina come l’ha lasciato alla sera. Non deve vivere col terrore che alla sera lo lascia pieno di roba da vendere, e alla mattina lo trova svuotato dai ladri. Uno Stato che non garantisce la sicurezza ha fallito. La sicurezza dei cittadini è il primo dei suoi doveri. E non ha il diritto morale di scaricare sui cittadini le conseguenze dei suoi fallimenti.

Direte: ma il proprietario di un negozio non può sparare così facilmente. Sì, che il derubato non spari è l’augurio di tutti, compreso chi scrive questo articolo. Ma il derubato trova i ladri in negozio, se la fanno franca non li troverà mai più, quel che ha perso è perso per sempre. E poi siamo in un momento in cui abbiamo cervello e nervi scossi dalle difficoltà economiche, non riusciamo a far quadrare i conti, se tolleriamo che ci rubino in casa siamo spacciati.

Il derubato mi fa pena. Il morto pure, perché la vita umana vale immensamente di più di un bottino. Ma il giovane arrestato mi fa rabbia: non sa un’acca d’italiano, sa una sola parola e la spara in faccia alla polizia: «Io minorenne». Non lo è, ma sputa quella parola per tornare libero per ricominciare da capo, sa soltanto rubare. Spero che prenda una condanna doppia, perché moralmente è già recidivo.
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Re: Legittima difesa umana e cristiana

Messaggioda Berto » sab mar 31, 2018 8:24 pm

La legislazione prevalente negli USA è quella che mi sembra corrispondere maggiormente al valore primario da tutelare che è non solo la vita dei cittadini, delle persone, ma anche la loro proprietà, il loro bene materiali, lo spazio fisico e vitale delle loro case e ambienti di lavoro.

Bisognerebbe estendere il concetto di legittima difesa oltre il bene della incolumità personale, anche alla difesa dei beni materiali personali e aziendali, alla difesa bene della proprietà privata e dello spazio vitale costituito dal domicilio, dalla propria casa e attività;
e la pericolosità fisica dell'aggressione /aggressore andrebbe concepità/configurata indipendentemente dalla presenza di armi come bastoni, coltelli, pistole, ecc. nelle disponibilità dell'aggressore, le quali caso mai costituirebbero solo un'aggravante, un aumento esponenziale della pericolosità che deve essere ritenuta sempre potenzialmente letale e tale da giustificare la reazione violenta e l'uso delle armi anche se comportasse il ferimento e l'uccisione dell'aggressore che è da considerarsi sempre l'unico responsabile delle conseguenze innescate dalla sua aggressione.

Violare il domicilio, entrare di frodo, furtivamente e in circostanze particolari come la notte, nella casa altrui, nella proprietà privata altrui, con modalità palesemente offensive e pericolose è di per sé un'agressione violenta, la sola presenza fisica dell'aggressore, il suo solo corpo costituisce di per sé un'arma che può nuocere e che mette in pericolo di vita la vittima dell'aggressione; la presenza di ulteriori oggetti atti ad offendere e uccidere, armi vere e proprie come bastoni, coltelli e pistole è solo un'estensione aggravante.
Il corpo dell'aggressore come arma:
aggressore giovane con vittima anziana; aggressore avvezzo alla violenza contro una persona noviolenta, inerme, imbelle; aggressione nei confronti di vecchi, donne, bambini, malati, disabili ...
sono tutti casi dove la sola prestanza fisica costituisce un'arma di per sé in grado di minacciare, intimidire, offendere , oltraggiare, soggiogare, costringere, sequestrare, ferire, uccidere.

...
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Re: Legittima difesa umana e cristiana

Messaggioda Berto » gio giu 21, 2018 2:27 pm

Il caso Birolo in Veneto

Due anni e 8 mesi a Birolo, il tabaccaio di Correzzola che uccise un rapinatore
Dovrà anche risarcire 325mila euro alla famiglia del giovane moldavo che rimase ucciso di Cristina Genesin
28 gennaio 2016

http://mattinopadova.gelocal.it/padova/ ... ?ref=fbfmp

PADOVA. Condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione Franco Birolo, 47 anni, il tabaccaio di Correzzola che esplose un colpo con la sua pistola e ferì a morte il giovane moldavo Igor Ursu, reagendo all'assalto notturno di una banda di ladri moldavi. La sentenza è stata pronunciata nel pomeriggio dal giudice di Padova Beatrice Bergamasco. L'imputato dovrà anche risarcire 325mila euro alla famiglia del giovane che rimase ucciso: 225mila euro alla madre, 100mila alla sorella. Confiscate inoltre le cose che gli erano state sequestrate in negozio, fra cui il registratore di cassa di cui Birolo aveva chiesto la restituzione, in sede di dichiarazioni spontanee, prima che il giudice si ritirasse in camera di consiglio.

Era la notte del 26 aprile 2012. Birolo fu indagato per omicidio volontario, poi il pm Benedetto Roberti chiese il processo per eccesso colposo di legittima difesa. In aula lo stesso magistrato sollecitò l'assoluzione dell'imputato perché, Se anche fosse andato oltre i limiti di legge, lo avrebbe fatto inconsapevolmente. Il difensore, il penalista Luigino Martellato, ha insistito su una reazione comprensibile da parte di Birolo, in stato di forte stress dovuto a una aggressione in atto. Urso, ha ribadito il legale, stava scagliando addosso al tabaccaio il registratore di cassa, come dimostrato dalle perizie. Non a caso uno su fu colpito al fianco all'interno del locale, salvo poi percorrere una trentina di metri e accasciarsi.

El ga fato ben a coparlo e sta judega ła ga fato mal a condanarlo.


Il giudice: «Birolo ha sparato al ladro mentre scappava»
Depositate le motivazioni della sentenza. Il tabaccaio non avrebbe subito nessuna aggressione: un colpo mortale. "E poi dopo aver ucciso non si è pentito" di Cristina Genesin
10 febbraio 2016
http://mattinopadova.gelocal.it/padova/ ... hfmppdel-1

CORREZZOLA. «Quando Ursu fu attinto dal colpo letale, si trovava nei pressi dell’uscita della tabaccheria, in procinto di uscire e in atteggiamento di fuga, sulla porta o nella parte esterna adiacente la porta... Nemmeno la consulenza della difesa indica una differente dinamica del fatto... evidentemente condivisa, ma si limita a far leva sulle condizioni emozionali in cui versava Birolo al momento dello sparo, supponendone un “sequestro emotivo”».

Ecco perché è stato condannato a 2 anni e 8 mesi di carcere, oltre al pagamento di un risarcimento di 325 mila euro, Franco Birolo, il 50enne di Civè che sparò e uccise il ladro (Igor Ursu, 23enne moldavo) durante l’assalto alla sua tabaccheria nella notte fra il 25 e il 26 aprile 2012.

È uno dei punti fondamentali contenuti nelle motivazioni della sentenza (42 pagine) firmata dal giudice Beatrice Bergamasco e depositata ieri mattina. Per il giudice va esclusa anche «la scriminante delle legittima difesa...». Il motivo? L’«assenza di aggressione (ai danni di Birolo)...». E rammenta una sentenza della Cassazione secondo la quale «“non ogni pericolo che si concretizza nell’ambito del domicilio giustifica la reazione difensiva”... Di conseguenza la reazione... è legittima solo quando... sussista un pericolo attuale per l’incolumità fisica dell’aggredito o di altri». In questa vicenda «il pericolo per l’incolumità fisica di Birolo o dei familiari era escluso dalla fuga dei malviventi, uno dei quali è stato fermato e legato proprio dall’imputato per essere consegnato alle forze dell’ordine. Nessuna aggressione risulta mai essere stata posta in essere, tantomeno dall’Ursu...».

La consulenza balistica. Sulla sentenza ha pesato la ricostruzione del consulente balistico della procura, Marco Piovan: «La ricostruzione peritale è del tutto esaustiva e sconfessa la versione difensiva» si legge nelle motivazioni, «Se Ursu avesse posto in essere un’aggressione nei confronti di Birolo di sorpresa, visto che lo stesso ha dichiarato di non essersi accorto della sua presenza..., quest’ultimo non avrebbe potuto sottrarsi all’aggressore, schivandolo in arretramento, prima di sparare il colpo». Nessun dubbio: «La posizione della vittima, adiacente alla porta o subito all’esterno del locale, è indicativa della fuga».

Ladro in fuga. Mortalmente ferito, Ursu ha percorso trenta metri prima di accasciarsi sulla strada colpito da un proiettile (esploso da una Glock modello 19 calibro 9x21) entrato nell’ascella destra, dal basso verso l’alto. E fu ferito mentre «si trovava di lato e non rivolto verso Birolo come sarebbe stato se si fosse trovato in procinto di aggredirlo». Il giudice cita la ricostruzione del medico legale, il dottor Claudio Rago, che eseguì l’autopsia: «Il dottor Rago evidenzia come la persona offesa (Ursu) si presentasse con le braccia retro-ante poste (come nella corsa) e non, come suggestivamente proposto dalla difesa, alzate a aggredire Birolo». Dalla consulenza balistica non emerge che Ursu – era l’ipotesi della difesa e del pm – stesse scagliando il registratore di cassa contro il tabaccaio: i cassetti sono stati trovati nel locale, il resto all’esterno. Per il giudice «la ricostruzione esclude che vi fosse un’aggressione in atto ai danni di Birolo e colloca Ursu in stato di fuga... È probabile che l’imputato abbia sparato per evitare la sottrazione del registratore di cassa...». Birolo avrebbe potuto fare altro. «Avrebbe potuto... fermarsi sui gradini (delle scale provenienti dall’appartamento al piano superiore dove la famiglia dormiva) pronto a evitare le conseguenze peggiori... » si legge, «Viceversa scese le scale a evidente difesa dei beni di sua proprietà. Scelta legittima, ma che avrebbe potuto determinare l’esposizione a aggressione personale fino ad allora nemmeno paventata». C’è di più. Dopo lo sparo mortale, Birolo non si placa: «Incurante delle possibili conseguenze occorse a Ursu, si diresse verso Neagu (il complice), riservandogli un trattamento (legato con lo scotch e incappucciato sul viso, brandendo l’arma) che richiede volontà e fermezza certo non comuni». Continuano le motivazioni: «Anche la versione di aver sparato per errore non convince... L’accidentalità del colpo è esclusa... La forza da imprimere sul grilletto è rilevante... Nemmeno condivisibile la tesi del tunnel emotivo», una tesi sul piano scientifico «ancora da validare».

Difesa colpevole. Alla fine il giudice, sia pure non azzerando una pesante ombra («il grave sospetto della volontarietà dell’omicidio»), riconosce ai fini del calcolo della pena la legittima difesa putativa che si verifica quando un soggetto reagisce supponendo, in maniera errata, di essere esposto a un pericolo. In quel momento concitato c’era scarsa luce e i due erano molto vicini («è possibile che il tabaccaio abbia avvertito nella penombra la presenza dell’Ursu, che pur scappava verso la porta, alla stregua di aggressore»). Fu «una reazione difensiva pur senz’altro colpevole». I motivi? L’imputato «avrebbe potuto e dovuto ponderare più appropriatamente la situazione prima di esplodere il colpo... La stanza non era buia... Il soggetto è stato attinto alla porta e Birolo era nelle condizioni di sapere che cosa eventualmente avesse in mano» perché nello stesso momento «aveva potuto osservare il complice trafugare la merce». In più la vittima non era armata: «Birolo ha sparato per aver visto passare vicino a lui Ursu, reputando che potesse avere qualcosa in mano, non perché ci fosse davvero un pericolo di aggressione». E cita la frase del tabaccaio dell’8 maggio 2012 durante un sopralluogo: «Può essere che avesse qualcosa in mano, non ricordo bene».

Reazione sproporzionata. La legittima difesa impone una proporzione tra l’uso dell’arma e il pericolo attuale di un’aggressione: se manca, «la punibilità non è esclusa quando il fatto è previsto dalla legge come delitto colposo... Non ogni pericolo che si concretizza nell’ambito del domicilio giustifica la reazione difensiva» insiste il giudice, citando la giurisprudenza. Quanto a Birolo, «avrebbe ben potuto e dovuto evitare l’utilizzo dell’arma... ponendo in essere condotte più consone rispetto al pericolo (per esempio esplodere dei colpi in aria prima di mirare verso Ursu... al limite sparare verso zone non vitali)». La difesa di Birolo è stata «sconfessata dagli atti del processo... Ecco perché deve essere chiamato a rispondere del reato di eccesso colposo di legittima difesa».

Nessun pentimento. E le spontanee dichiarazioni pronunciate dall’imputato alla fine del processo? Un boomerang che si è ritorto contro di lui. Una conferma della «mancata resipiscenza...». E del fatto che Birolo non ha compreso «l’illiceità della propria condotta e nemmeno la sofferenza impartita ad altri». La pena (il calcolo è partito dai 4 anni) è stata ridotta in seguito al riconoscimento delle attenuanti generiche (il 50enne è incensurato) e di un corretto comportamento processuale.

Il maxi-ristoro. Pesantissimo il risarcimento di 325 mila euro concesso alla parte civile (la madre e la sorella del ladro morto): è il risultato dell’applicazione delle tabelle in vigore nel tribunale di Milano, previste in caso di perdita di un congiunto. Nella quantificazione della somma si è tenuto conto dell’età del morto e delle congiunte, della modalità violenta dell’uccisione e del rapporto parentale. Ora la parola passerà ai giudici d’appello.



Tabaccaio uccise il ladro, il vescovo contro giudice: «Civè, pena esagerata»
Intervento di monsignor Tessarollo sulla condanna di Franco Birolo a 2,8 anni e 325 mila euro di risarcimento: «Un padre, un lavoratore non deve vedere la sua casa violata» di Elisabetta B. Anzoletti
Il vescovo di Chioggia, monsignor Adriano Tessarollo

CHIOGGIA. Un vitalizio per aver esercitato il “lavoro di ladro”.

http://nuovavenezia.gelocal.it/venezia/ ... 1.12933340

Non manca di qualche cenno ironico il vescovo di Chioggia, monsignor Adriano Tessarollo, nel commentare la recente sentenza del giudice Beatrice Bergamasco che ha condannato il tabaccaio di Civè di Correzzola, Franco Birolo, a due anni e otto mesi e un risarcimento di 325 mila euro per aver ucciso il ladro moldavo che voleva derubarlo.

Il vescovo ha commentato la sentenza nell’editoriale del numero 5 del settimanale diocesano “Nuova Scintilla”, uscito domenica scorsa, prendendo le difese di Birolo, suscitando subito ondate di commenti. Tutti positivi. Che un alto prelato si metta nei panni di un uomo che per difendere il proprio lavoro e le proprie fatiche è arrivato anche ai mezzi estremi piace alla gente che da giorni critica la sentenza del giudice padovano.

I fatti. La notte del 26 aprile 2012 il giovane moldavo Igor Ursu si introduce nella tabaccheria di Birolo, a Civè di Correzzola, per portare via l’incasso. Il titolare, che vive con la famiglia sopra l’attività, sente dei rumori, scende, viene aggredito dal bandito e spara colpendolo a morte.
Monsignor Tessarollo accende il dibattito sulla sentenza per eccesso di legittima difesa che ha condannato il tabaccaio Franco Birolo: "Pena esagerata". La giudice: "Ucciso un uomo in fuga".

Il 28 gennaio 2016 il giudice Beatrice Bergamasco condanna Birolo a due anni e otto mesi e accoglie la richiesta dei parenti della vittima di un risarcimento, stimato in 325 mila euro. Una sentenza che provoca subito forti contestazioni nella gente comune, che crede nel diritto di legittima difesa. La giudice riceve minacce via web e viene posta sotto scorta, provocando nuova indignazione tra le gente.

Il vescovo interviene. Il peso della sentenza non ha lasciato indifferente nemmeno il vescovo di Chioggia, che ha affidato all’editoriale del settimanale diocesano il suo pensiero. «Volevo stimolare una riflessione su questo episodio», spiega monsignor Tessarollo, «e credo di esserci riuscito perché in molti mi hanno contattato. Credo che il giudice non abbia tenuto conto di tutti gli elementi. Si sia messa molto nei panni del ladro e della sua famiglia, ma poco in quelli del tabaccaio e della sua famiglia. C’è stata di sicuro una sproporzione di legittima difesa, dato che il ladro non era armato, ma vi è una sproporzione anche nella sentenza".

"Nella pena reclusiva e in quella monetaria: 325 mila euro sono mille euro al mese per 27 anni, un bel vitalizio ottenuto dai familiari per l’incidente accadutogli nel suo “lavoro notturno di ladro e scassinatore”. Il sentire della gente parte da un altro punto di vista. Un padre di famiglia, un imprenditore, un lavoratore, che sta a casa sua ha diritto di non vedere violata la sua casa, derubati i suoi beni, minacciata la quiete e tranquillità sua e dei suoi familiari. La vita delle persone non è solo vita fisica, ma un complesso di realtà come anche la casa, l’attività, la libertà, lo spazio vitale, il progetto di vita e la propria sicurezza, in una parola l’insieme dei propri diritti umani e civili. Basta che uno si presenti senza armi perché gli sia assicurata l’incolumità, mentre lui viola palesemente i diritti

Appello ai giudici. «La vita comprende un insieme di condizioni», continua Tessarollo, «e tutte devono essere rispettate e protette. Certi valori sono importanti quanto la vita fisica e sarebbe ora che entrassero nella valutazione dei giudici. Non ha diritto uno di vivere in pace senza sentirsi oggetto di violenze, ruberie e aggressioni? Senza pensare di dover barricarsi in casa, di porre allarmi, di vivere nell’ansia che, se non oggi, domani certamente subirà un furto o rapina? E tutti sanno che gli eventuali danni non te li risarcisce nessuno, che quei malviventi vivono sulle fatiche degli altri, che per portare via 10 fanno danni per 100 e non gli importa niente. Credo che la legge sulla legittima difesa, così come aveva proposto qualche giudice un paio di anni fa, dovrebbe essere rivista. Forse abbiamo a che fare ancora con leggi scritte 30-40 anni fa, in un certo clima culturale e politico, ci vuole il coraggio di dirlo e di cambiare».



Caso Birolo, i magistrati pensano di querelare il vescovo di Chioggia
Anm: parole inopportune, saremo con il giudice se denuncerà il prelato
11 febbraio 2016

http://mattinopadova.gelocal.it/regione ... 1.12939762

VENEZIA. «Rappresentanti istituzionali non dovrebbero dare giudizi sull'attività di altri organi, come quello giudiziario, senza avere la completa conoscenza dei fatti». Non usa mezzi termini il magistrato Lorenzo Miazzi, referente per il Veneto dell'Anm, per criticare l'intervento del vescovo di Chioggia, monsignor Adriano Tessarollo, che dalle pagine del settimanale Nuova Scintilla si era rivolto al giudice Beatrice Bergamasco commentando la condanna inflitta al tabaccaio padovano Franco Birolo. Il commerciante aveva sparato nel 2012, uccidendolo, a un rapinatore che stava dando l'assalto al suo negozio.

Rivolgendosi al giudice, il vescovo aveva detto: «Mi permetta un'ironia, signora giudice: quello che non era riuscito forse a rubare il ladro da vivo, glielo ha dato il giudice, completando il furto alla famiglia, un bel vitalizio ottenuto per i suoi familiari, con l'incidente accadutogli nel suo "lavoro di ladro"!».

Nel ritenere quella del prelato «una ingerenza molto significativa», Miazzi in un'intervista al Corriere del Veneto critica «la pesantezza dei toni usati nel suo intervento: sono dichiarazioni inopportune», sottolineando che Tessarollo ha commentato la sentenza «prima ancora di conoscerne il merito». «Accusare senza neppure sapere come si sono svolti i fatti realmente - rileva - va oltre il diritto di cronaca, si rischia di sfociare nella diffamazione o perfino nella calunnia».

E aggiunge: «Ad ogni modo spetterà eventualmente a un giudice terzo stabilire se in quello scritto si configurino dei reati, tenendo però conto che il significato delle parole utilizzate è ancora più forte, visto l'alto ruolo rivestito da chi ne è l'autore». Il giudice Bergamasco, riferisce il rappresentante dell'Anm, «si è presa del tempo per decidere cosa fare. Se deciderà di procedere con una denuncia nei confronti del vescovo - conclude Miazzi - noi saremo al suo fianco».



Mi sto co Ermes Mattiełi e co coełi ke łi se defende!
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Re: Legittima difesa umana e cristiana

Messaggioda Berto » mer lug 25, 2018 12:54 pm

???
???

Legittima difesa: dagli esaltati
L'Opinione delle Libertà
2018/07/20

http://www.opinione.it/societa/2018/07/ ... eo-salvini

Si comincia a parlare e, soprattutto a straparlare, di “legittima difesa”.

Che in Italia l’esimente antica quanto il più antico diritto, quella di “aver agito (in maniera altrimenti delittuosa) per evitare il danno dell’offesa e del crimine altrui” sia tortuosamente concepibile e praticamente male applicata, così che il dover ricorrere alla propria difesa sia una ulteriore sciagura per chi subisce la violenza altrui, è fatto incontestabile.

La legislazione e la dottrina giuridica su di essa sviluppatasi della difesa legittima è tra le più rigorose e restrittive del mondo, ma soprattutto, ed è questo il vero problema, l’applicazione da parte della Magistratura e delle stesse Forze dell’ordine di così delicato istituto è praticata di malavoglia, partendo da una presunzione di colpevolezza di chi, quale che fossero le circostanze, si è difeso colpendo o uccidendo. Paradossalmente uno che tenta di difendersi dalle più brutali delle aggressioni può dirsi esente da guai solo se non ci riesce. Come al solito alle imperfezioni e alla macchinosità della legge si aggiunge la macchinosità e l’imperfezione, da dover sempre dare per scontata, della Giustizia.

Il problema, dunque, per i cittadini più esposti ai delitti altrui, alle rapine, alle irruzioni in case più o meno isolate, al tentativo di stupro, è tale che non basta che la sorte, la preveggenza, le qualità psichiche e fisiche offrano lo scampo possibile di una pur sempre rischiosa autodifesa. C’è sempre da fare i conti con il pericolo di non vedersi “giustificare”, di sentirsi contestare che quel colpo di bastone, di pistola, magari quella mossa di judo erano sì, in qualche modo necessari a difendersi. Ma “eccessivi”. Difendersi va bene, ma con una certa delicatezza, nella “giusta misura” etc. etc..

Ora che la questione è passata nelle mani e nei discorsi di ignoranti del diritto, si potrebbe sperare, almeno, che tenda a liberarci dell’abuso dei peli nell’uovo. Sorgono però altre cavolate, si ritorna paurosamente a rimettere in discussione questioni che in verità erano state superate addirittura da secoli. O sembrava che lo fossero.

Sentivo l’altra notte, prima di fare a tempo a cambiare canale, preso dallo sdegno e dalla depressione, una discussione pro e contro una “novità” in fatto di difesa dai delinquenti che soprattutto Matteo Salvini promette a pieni mani a destra e a manca. A favore le solite argomentazioni: le rapine in gioiellerie, le aggressioni, le invasioni in case di anziani, le strade insicure, le “cacce” a scopo di stupro di donne e ragazze. E casi di commercianti che, però, avendo difeso il frutto di anni di lavoro trascinati a rispondere di “eccesso colposo…”. Di contro della proposizione altrettanto sciocca e abusata. E imbecille. “Il compito di difendere i cittadini è dello Stato. Non possiamo tornare al Medioevo, alla difesa privata…”.

Sciocchezza. E malafede. Nessuno in nessuna parte del mondo vuole sostituire la difesa privata a quella pubblica, anche se può avere buone ragioni per diffidare dell’efficienza di quest’ultima. Ma nessuna difesa pubblica della incolumità e dei beni dei cittadini è assicurata in modo così efficace da rendere inutile o del tutto straordinario ed eccezionale il fatto che, rimasta alla mercé dell’aggressore, la vittima non abbia altra speranza che quella di difendersi da sé, se ci riesce. Altra stupidità e altra malafede. La leggenda che, ampliando in qualche modo i margini di legalità dell’autodifesa, avremmo il dilagare del procurarsi armi d’ogni genere, saremmo al Far West (che non era, poi, quella selva di pistole che appare nei film).

La realtà è che il possesso di un’arma legittimamente posseduta “per difesa personale” oggi costituisce, di fatto, un pericolo più che una salvaguardia per chi la detiene. E allora? Allora credo che bisogna sempre tenere presente che “difendersi” è cosa sacrosanta. Ma che bisogna trovare il modo perché “difendersi” abbia un significato anche di fronte a quelle ulteriori offese dalla dignità, dalla tranquillità e agli interessi di vittime designate di rapine, aggressioni, omicidi, stupri da parte della cosiddetta “Giustizia”. Difenderli dalla presunzione di colpevolezza, difenderli da avvisi di garanzia che garantiscono solo guai, difenderli, magari, dal “pentimento” del loro aggressore e da quello dei suoi complici con il quale corriamo il rischio di diventare il rapinatore, il mafioso, il malvivente.

Dirlo a Salvini? Certe “sottigliezze” lo irritano. Ma, potrebbe anche capire. Non bisogna mai pentirsi di aver cercato di ridurre qualcuno alla ragione.





???

Legittima difesa, no alla presunzione assoluta di non punibilità
20/07/2018
Daniele Tissone

https://www.huffingtonpost.it/daniele-t ... a_23486118

Poco più di un anno fa, proprio da questo blog, non avevo risparmiato critiche al governo di centrosinistra che, sulla scorta di alcuni gravi fatti di cronaca, voleva modificare l'assetto delle norme che regolano la legittima difesa, con una ulteriore stretta rispetto alle novità già introdotte nel 2006.

Modifiche che all'epoca, è bene ricordarlo, hanno riguardato l'art. 52 del codice penale, oltre ad aver inciso sull'art. 614, attenuando moltissimo la questione della proporzionalità della difesa in caso di violazione di domicilio, purché l'arma utilizzata sia regolarmente detenuta, non ci sia desistenza da parte di chi si è introdotto in casa e persista il pericolo di aggressione.

Oggi il nuovo governo torna a puntare con forza sulla questione della legittima difesa, con l'obiettivo di azzerare il principio di proporzionalità. In alcuni disegni di legge si ipotizza, per esempio, la possibilità, rientrando la sera a casa, di poter sparare a chi si arrampica sul proprio balcone. Ha ragione l'Associazione Nazionale Magistrati a esprimere serie perplessità.

Anche perché tutto questo si configura come un orientamento sintomatico ed indicativo dell'intenzione parlamentare di creare una situazione qualificata di vera e propria autotutela, normativamente predeterminata, assistita da presunzione assoluta di non punibilità.

Da poliziotto mi chiedo, inoltre, cosa potrà succedere in alcuni regioni italiane dove è forte l'infiltrazione della grande criminalità: sarà possibile "eliminare" persone sgradite solo perché si arrampicano sul balcone di casa o perché, magari, vengono fatte arrampicare? E ancora: tutti coloro che svolgono lavori quali antennista, muratore etc opereranno con la stessa tranquillità di prima, sapendo che qualcuno potrà scambiarli per ladri e "legittimamente" sparargli?

Ipotesi surreale, dirà qualcuno. Neanche tanto, rispondo io. Basta sfogliare le cronache. Nel 2017, il 6 settembre, un 75enne residente nelle campagne di Reggio Emilia ha esploso alcuni colpi di fucile all'indirizzo di quelli che riteneva essere dei ladri. In realtà si trattava di operai al lavoro sul tetto di una casa, che per fortuna se la sono cavata soltanto con un po' di paura. Vogliamo davvero questo?

E se un bambino dovesse entrare, per caso, nel giardino del vicino a prendere una palla e fosse scambiato per qualcos'altro? La diffusione delle armi tra i cittadini e soprattutto la possibilità concessa di poter difendere il "proprio" (casa, negozio, terreno) sparando a tutto ciò che si muove è tipica di culture e società distinte e distanti da noi, dove troppi danni sono stati prodotti.

Senza contare che, in una società maggiormente armata, anche i malintenzionati si doteranno di armi e strumenti di fuoco sempre più efficaci, col rischio di provocare una escalation inaccettabile. Certo, il cittadino vive da tempo una maggiore percezione di insicurezza. Questo è un fatto. Ma chi ha responsabilità politiche e di governo non deve aggravare i problemi, ma risolverli.

Troppo facile e a costo zero dare ai cittadini la possibilità di sparare. Più difficile, complesso e economicamente rilevante assumere più personale delle forze di polizia, rimpolpare i disastrati organici di questure e caserme così da avere un maggiore numero di poliziotti e carabinieri nelle strade e a fare indagini, fornire alle forze dell'ordine strumenti di protezione adeguati per poter rispondere alle esigenze dei cittadini.


Alberto
Timori infondati, poiché in ogni caso il comportamento di chi si difende, ferisce o uccide va sempre verificato in ogni caso e dopo tale verifica se la legittima difesa non pare sussistere allora si può sempre procedere contro.
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Re: Legittima difesa umana e cristiana

Messaggioda Berto » mer lug 25, 2018 12:55 pm

Paura a Milano: figlia e compagna molestate, leghista estrae la pistola contro l'immigrato
Franco Grilli - Mar, 24/07/2018

http://www.ilgiornale.it/news/milano/mi ... 57153.html

Massimiliano Codoro è stato aggredito con la famiglia in zona Stazione Centrale

Il militante leghista Massimiliano Codoro ha estratto la pistola per difendere dalle molestie di un immigrato che lo ha importunato, insieme alla famiglia, nei pressi della Stazione Centrale di Milano.

Il 51enne imprenditore milanese, ex candidato della Lega alla Camera dei deputati, ha spiegato alle forze dell’ordine – accorse sul luogo dell’aggressione – che il suo gesto è stato a difesa della compagna e della giovane figlia di lei, che sarebbe stata palpeggiata dall’extracomunitario.

Ma veniamo, appunto, ai fatti. Codoro ha raccontato di essere andato in Centrale per attendere le due: al suo arrivo, come ci racconta lui stesso, le avrebbe trovate sotto choc e in lacrime. Il motivo? Un uomo, uno straniero, le ha infastidite e molestate, visto che l’immigrato si sarebbe pure permesso di toccare la ragazza. Il militante leghista è riuscito a individuare il molestatore, fronteggiandolo. L'altro - racconta Codoro- lo avrebbe deriso e avrebbe estratto un coltello, minacciandolo di tagliargli la gola. "Preoccupato per la mia incolumità fisica ho estratto la pistola che detengo regolarmente per la mia attività professionale e imprenditoriale", spiega il leghista. A quel punto lo straniero ha passato il coltello a un amico ed è scappato. Così Codoro ha rimesso l'arma a posto e ha aiutato due guardie giurate a fermare l'aggressore. "Continuava a mimare il gesto del taglio della gola e urlava Allah boom boom ", aggiunge Codoro.

Qualcuno, tra chi ha assistito alla scena del ferro puntato, ha chiamato il numero unico per le emergenze, segnalando un uomo che, litigando con uno straniero, ha estratto un'arma, puntandogliela contro. La polizia ha celermente raggiunto il luogo del fatto e, insieme alla Polfer, ha cercato e dunque rintracciato Codoro, scoprendo per l'appunto si trattava di un candidato del Carroccio di Salvini, non eletto, all’ultima tornata elettorale.

Gli agenti hanno così condotto le verifiche di routine, constatando la regolare detenzione del porto d’armi. Starà, comunque, alla prefettura e alla questura condurre le indagini e trarre tutte le valutazioni del caso sull’episodio.



Gino Quarelo
Fatto bene se sparava avrebbe fatto ancora meglio, tutta la mia solidarietà. Con questi criminali senza rispetto bisogna sparare.
Questo criminale va processato velocemente, condannato ed espulso a vita.
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Re: Legittima difesa umana e cristiana

Messaggioda Berto » mer lug 25, 2018 12:56 pm

Papa Francesco: «I veri cristiani difendono gli immigrati e i poveri»
Lunedì 9 Aprile 2018

https://www.ilmessaggero.it/primopiano/ ... 58245.html

Città del Vaticano - Non difendere i migranti o i poveri non è cristiano. Non usa mezze parole Papa Francesco che, in un documento diffuso stamattina, bacchetta quei cattolici che affermano che la situazione degli immigrati, «di fronte al relativismo e ai limiti del mondo attuale, sarebbe un tema marginale rispetto ad altri temi». Queste ideologie, ha aggiunto il pontefice, «mutilano il cuore del Vangelo».

Papa Bergoglio vuole fare chiarezza sul bisogno di battersi per la giustizia terrena, facendo spazio a chi bussa alla porta alla ricerca di un avvenire migliore. In Gaudete et Exsultate, la esortazione apostolica sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo scrive: «purtroppo a volte le ideologie ci portano a due errori nocivi. Da una parte, quello dei cristiani che separano queste esigenze del Vangelo dalla propria relazione personale con il Signore, dall'unione interiore con Lui, dalla grazia». Il tema centrale del documento riguarda le Beatitudini elencate dall’evangelista Marco.

«Non si tratta dell'invenzione di un Papa o di un delirio passeggero, difendere i non nati, i poveri, i migranti». Papa Francesco insiste nel bisogno di essere coerenti con quanto insegnato da Cristo. «Quando incontro una persona che dorme nelle intemperie, in una notte fredda, posso sentire che questo fagotto è un imprevisto che mi intralcia, un delinquente ozioso, un ostacolo sul mio cammino, un pungiglione molesto per la mia coscienza, un problema che devono rispolvere i politici e forse anche una immondizia che sporca lo spazio pubblico. Oppure posso reagire a partire dalla fede e dalla carità e riconoscere in lui un essere umano con la mia stessa dignità, una creatura infinitamente amata dal padre. Questo è essere cristiani!».


Gino Quarelo
I veri buoni uomini (tra cui anche i cristiani più sensati) difendono innanzi tutto la loro famiglia, la loro comunità, la loro gente che è il prossimo più vicino.


La gratuità? La vita non è un caso e nemmeno un dono gratuito
viewtopic.php?f=141&t=2729

L'uomo di buona volontà e l'ipocrita
viewtopic.php?f=141&t=2515
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