Gender una schifosa violazione dei diritti umani

Re: Xughi jender, na skifoxa viołasion dei diriti omani

Messaggioda Berto » gio apr 11, 2019 4:34 am

È la propaganda Lgbt che spinge i ragazzini a diventare transgender
La Verità

https://www.laverita.info/e-la-propagan ... 40797.html

Ansa
Dal Regno Unito al Canada passando per gli Stati Uniti, negli ultimi dieci anni i minorenni che vogliono cambiare sesso sono aumentati a dismisura. Grazie a campagne ideologiche e pressioni delle associazioni.
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Re: Xughi jender, na skifoxa viołasion dei diriti omani

Messaggioda Berto » mar giu 11, 2019 2:23 am

Chi inventò il gender? Un pedofilo e un maniaco sessuale
Calendar 22 Aprile 2016
Enzo Pennetta*
*da Critica Scientifica, 11/11/15


https://www.uccronline.it/2016/04/22/ch ... JrL0ecHCS8

Avevamo parlato sul mio blog, qualche giorno fa, dell’editoriale del direttore della rivista “Le Scienze” sul tema “gender” in un articolo intitolato “Gender: “Le Scienze” scende ancora in campo“. Analizziamo adesso un articolo del numero 131 di “Mente&Cervello”, la rivista di Le Scienze, al quale l’editoriale si riferiva.

L’articolo è a pag. 48, e sin dall’inizio è possibile notare una manipolazione linguistica: «Se per la biologia esistono solo due generi, il maschile e il femminile… per la psicologia e la sociologia la faccenda è più complessa, e il termine gender indica non tanto il genere biologico, quanto quello nel quale l’individuo si riconosce, indipendentemente da quello che dice il suo DNA». In biologia esistono i sessi, se il termine “genere” compare, si tratta di un’acquisizione recente e ingiustificata. Ma dal punto di vista della comunicazione introdurre il termine “genere” al posto di sesso è una premessa per l’accettazione del concetto di genere psicologico-sociologico. Successivamente poi si parla, correttamente, di “possibili” discrepanze tra biologia e vissuto individuale, discrepanze studiate dagli studi di genere (gender studies), una disciplina nata negli USA negli anni ’60.

Dopo aver passato in rassegna alcuni casi di opposizione al gender, l’articolo prende una piega chiaramente schierata: «Sono solo alcuni dei molti esempi di opposizione all’introduzione di una didattica che non sia afflitta da stereotipi sui ruoli che, nella società, donne e uomini si trovano a ricoprire e sul diritto al riconoscimento giuridico delle famiglie “atipiche”, in cui sono presenti due genitori dello stesso sesso o un genitore unico». Vien da domandarsi se l’autrice dell’articolo sappia cosa si insegna nelle scuole: dove la didattica sarebbe stata afflitta da stereotipi? Nella geografia o nella filosofia? Nella matematica o nella fisica o nella biologia? E la storia, si insegna con gli stereotipi? In quale disciplina esistano stereotipi di genere che “affliggono” l’insegnamento?

Nello stesso periodo si parla poi di “due genitori dello stesso sesso”: in biologia due genitori dello stesso sesso non possono esistere, e non si tratta di uno stereotipo ma di scienze sperimentali. Affermare il contrario significa fare disinformazione scientifica. L’affermazione sul genitore unico poi resta da comprendere, quando mai servono gli studi di genere per affrontare le situazioni di persone single che crescono un figlio? Che c’entra? Ovviamente nulla, a meno che quando si parla di genitore unico non si intendano dei casi in cui si è ricorso all’inseminazione eterologa o all’utero in affitto, allora si dovrebbe essere più chiari se no il sospetto che si vogliano confondere le situazioni è legittimo.

A pag. 51 si spiegano le origini degli gender studies, e così come era avvenuto nell’editoriale del direttore, il riferimento e lo screditatissimo e famigerato “Rapporto Kinsey”, e a dirlo è Demie Kurtz, condirettore del Dipartimento degli studi sul genere, la sessualità e le donne dell’Università della Pennsylvania a Philadelphia: «“A svelare la frequenza con cui si presentano le “incongruenze” di genere è stato Alfred Kinsey, con il suo studio sulla sessualità degli americani, pubblicato appunto nei primi anni cinquanta”». Alfred Kinsey viene ancora citato ai massimi livelli degli studiosi di gender studies come autore di riferimento. Ricordiamo a questo punto chi era Alfred Kinsey, ce lo ricorda lo psicologo, prof. Roberto Marchesini che scrive: «Kinsey ha manipolato il campione di individui intervistato per ottenere quei dati. Il celebre psicologo Abraham Maslow, saputo delle ricerche che Kinsey stava conducendo, volle incontrarlo per confrontarsi con lui. Una volta compreso il metodo d’indagine di Kinsey, Maslow mise in guardia l’entomologo dal “volunteer error”, ossia dalla non rappresentatività di un campione composto esclusivamente da volontari per una ricerca psicologica sulla sessualità. Kinsey decise di ignorare il suggerimento di Maslow e di proseguire nella raccolta delle storie sessuali di volontari. Oltre a questo, circa il 25% dei soggetti maschi intervistati nella sua ricerca erano detenuti per crimini sessuali; l’unica scuola superiore presa in considerazione per la ricerca fu un istituto particolare nel quale circa il 50% degli studenti avevano contatti omosessuali; tra i soggetti erano presenti anche un numero sproporzionato di “prostituti” maschi (almeno 200); tra gli omosessuali vennero contati anche soggetti che avevano avuto pensieri o contatti casuali, magari nella prima adolescenza; infine, nel calcolare la percentuale di omosessuali, Kinsey fece sparire – senza darne spiegazione – circa 1.000 soggetti».

Ma agli errori metodologici vanno aggiunti gli “orrori” materiali e teorici di cui Kinsey si rese responsabile. L’aspetto però più inquietante di questo personaggio riguarda gli esperimenti sessuali condotti su bambini: «Nel paragrafo intitolato “L’orgasmo nei soggetti impuberi” (pp. 105 – 112) del primo Rapporto Kinsey descrive i comportamenti di centinaia di bambini da quattro mesi a quattordici anni vittime di pedofili. In alcuni casi, Kinsey e i suoi osservarono (filmando, contando il numero di “orgasmi” e cronometrando gli intervalli tra un “orgasmo” e l’altro) gli abusi di bambini ad opera di pedofili: “In 5 casi di soggetti impuberi le osservazioni furono proseguite per periodi di mesi o di anni[…]” (p. 107); ci furono anche bambini sottoposti a queste torture per 24 ore di seguito: “Il massimo osservato fu di 26 parossismi in 24 ore, ed il rapporto indica che sarebbe stato possibile ottenere anche di più nello stesso periodo di tempo” (p. 110). Nel secondo Rapporto esiste un paragrafo intitolato “Contatti nell’età prepubere con maschi adulti”, nel quale vengono descritti rapporti sessuali tra bambine e uomini adulti, ovviamente alla presenza di Kinsey e colleghi. Le osservazioni condotte inducono Kinsey a sostenere che: “Se la bambina non fosse condizionata dall’educazione, non è certo che approcci sessuali del genere di quelli determinatisi in questi episodi [contatti sessuali con maschi adulti], la turberebbero. E’ difficile capire per quale ragione una bambina, a meno che non sia condizionata dall’educazione, dovrebbe turbarsi quando le vengono toccati i genitali, oppure turbarsi vedendo i genitali di altre persone, o nell’avere contatti sessuali ancora più specifici».

Kinsey attinse i dati sulla sessualità infantile effettuando attivamente pratiche pedofile per le quali avrebbe dovuto essere legalmente perseguito, fu anche un dichiarato sostenitore della pedofilia. Kinsey, pedofilo violentatore di bambini (nonché frequentatore di ambienti occultisti legati a tradizioni prescientifiche di ispirazione satanista), è l’autore riconosciuto, senza alcuna riserva, all’origine degli studi di genere dal condirettore del Dipartimento degli studi sul genere, la sessualità e le donne dell’Università della Pennsylvania a Philadelphia, e proposto acriticamente ai lettori di Le Scienze.

L’autrice dell’articolo su Mente e Cervello prosegue quindi cadendo nella stessa affermazione del direttore quando parla degli studi di genere come di “studi epidemiologici“, affermando quindi automaticamente che la disgiunzione del sesso biologico da quello comportamentale è una patologia: «Gli studi di genere, quindi, sostengono (oramai con dovizia di dati epidemiologici e comportamentali) che l’appartenenza può essere disgiunta dal sesso biologico e dall’orientamento sessuale». A quest’affermazione, più o meno consapevole, ne segue una di particolare rilevanza: «A dimostrarlo con un preciso modello teorico è stato, tra i primi, lo psicologo e sessuologo statunitense John Money, nel 1972. Secondo il suo approccio biosociale, natura e cultura interagiscono per determinare il sentimento di appartenenza ad un genere o all’altro. “Si nasce maschi o femmine -spiegava Money- ma l’etichetta sociale che ci viene attribuita e il diverso modello educativo che viene impartito ai bambini e alle bambine interagisce con i fattori biologici…”».

John Money è il secondo “campione” del gender che viene proposto, da notare che si cita il suo modello “teorico” e non i suoi risultati, e il motivo è chiaro: la sua teoria quando fu applicata fu all’origine di un dramma esistenziale per la malcapitata “cavia” umana, David Reimer, e sfociò in un tragico epilogo: nato Bruce Peter Reimer (Winnipeg, 22 agosto 1965 – Ottawa, 5 maggio 2004), è stato un cittadino canadese che, nato maschio, dopo la nascita fu sessualmente riassegnato al sesso femminile a causa della perdita del pene durante una maldestra operazione di circoncisione. Lo psicologo John Money (1921-2006) seguì clinicamente il suo caso, guidando Reimer verso l’accettazione della condizione sessuale femminile. Money dichiarò che la terapia ebbe esito positivo: Reimer apprese la nuova identità di genere. Tuttavia il sessuologo Milton Diamond scoprì che Reimer non si identificò mai con una donna e che dall’età di 15 prese a vivere come un uomo. Reimer stesso volle che la sua storia fosse resa pubblica affinché a nessun altro capitasse quello che era capitato a lui. Morì suicida nel 2004 (Fonte Wikipedia).

L’esperimento di Money fu un drammatico insuccesso, eppure egli viene riportato come il fondatore della teoria del gender. L’articolo di Mente e cervello prosegue mostrando tutti i motivi che renderebbero raccomandabili le indicazioni degli esperti di gender, una teoria che ha come fondatori personaggi totalmente antiscientifici e screditati sui quali la stampa scientifica dovrebbe informare. Quello che è stato qui riportato avrebbe dovuto essere dichiarato su Le Scienze, ma purtroppo questo non è avvenuto, eppure bastava solo avere una connessione internet. Ciascuno tragga le proprie conclusioni.
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Re: Xughi jender, na skifoxa viołasion dei diriti omani

Messaggioda Berto » lun giu 24, 2019 3:40 am

La Consulta piccona il gender: legittimo vietare figli in provetta ai gay. Esulta il Family Day
mercoledì 19 giugno
Corrado Vitale

https://www.secoloditalia.it/2019/06/la ... family-day

Un colpo di piccone all’ideologia gender è arrivato dalla Consulta: vietare la procreazione assistita per le coppie gay è legittimo. I figli devono arrivare dall’amore tra un uomo e una donna e non dal capriccio di una coppia omosex: la legge italiana, su questo punto, afferma il giusto. Uno dei pilastri del gender è appunto quello secondo cui la procreazione dei figli sarebbe un diritto assoluto, che si imporrebbe su qualsiasi altro valore. La Corte Costituzionale dice finalmente e solennemente che le cose non stanno affatto così. Proteste saranno sicuramente in preparazione nell’universo Lgbt. Esulta invece il Family Day: il presidente Massimo Gandolfini dice che la Consulta ha ribadito un principio di buon senso.

Infondato il ricorso di due tribunali

La Corte Costituzionale ha esaminato le questioni sollevate dai Tribunali di Pordenone e di Bolzano sulla legittimità costituzionale della legge 40/04, là dove vieta alle coppie omosessuali di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Al termine della discussione le questioni sono state dichiarate non fondate, e per capirne il motivo bisognerà attendere che sia depositata la sentenza. La Corte, spiega la nota della Consulta, ha ritenuto che le disposizioni censurate non siano in contrasto con i principi costituzionali invocati dai due Tribunali.

Gandolfini: «Barbaro egoismo»

”Accogliamo con grande soddisfazione il pronunciamento della Corte Costituzionale che ribadisce un principio di semplice buon senso, ovvero che non esiste un diritto assoluto alla genitorialità e che la prospettiva giuridica non è adulto-centrica, quindi i genitori non hanno diritti ma doveri verso i figli”. Così Massimo Gandolfini. ”Pertanto non sono fondate le questioni sollevate dai tribunali locali sulla legittimità delle legge 40 che vieta alla coppie gay di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Come dimostra una vastissima bibliografia scientifica e ribadisce anche il recente documento della Chiesa sul gender ‘Maschio e femmina li creò’, il bambino ha diritto a crescere con entrambe le figure genitoriali, padre e madre”, prosegue Gandolfini. ”Restiamo pertanto convinti che programmare un essere umano fin dal concepimento come orfano della madre (tramite utero in affitto) o del padre (tramite eterologa) è un atto di barbaro egoismo che, oltretutto, priva il nascituro del diritto alla conoscenza delle proprie radici”.
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Re: Xughi jender, na skifoxa viołasion dei diriti omani

Messaggioda Berto » sab dic 07, 2019 7:52 pm

Il ginecologo si rifiuta di esaminare il pene alla trans e lei lo denuncia. Delirio Lgbt
Ilaria Paoletti
Cristina Gauri
Vancouver, 6 dic 2019

https://www.ilprimatonazionale.it/ester ... 06HQnFJ3CI

Una trans non operata va dal ginecologo e pretende di farsi esaminare il pene. Lui si rifiuta e lei lo denuncia. Non è l’inizio di una barzelletta, è successo veramente in Canada: il protagonista della vicenda è Jessica Yaniv (nato come Jonathan Yaniv), nome che qui in Italia dice poco, ma in Nord America è tristemente noto per le assurde “battaglie” di cui si sta facendo alfiere (o alfiera? Alfieressa? Che declinazione dobbiamo usare per non farci denunciare al tribunale dei diritti Lgbt?).

Uno hobby discutibile

Yaniv, 32 anni, attivista transgender, passa il suo tempo — deve averne molto di libero — girovagando per esercizi commerciali e studi di professionisti pretendendo prestazioni che normalmente sarebbero riservate alle donne (quelle vere). Se incontra un rifiuto, passa all’attacco facendo causa per “discriminazione”.
L’ultimo episodio in ordine di tempo ha avuto luogo qualche giorno fa, quando Yaniv ha twittato a proposito di un ginecologo che si sarebbe rifiutato di visitarla, in quanto ancora in possesso degli organi genitali maschili. “Sporgerò denuncia, le persone transgender devono essere incluse, non escluse dalla società”.
La vicenda ha scatenato l’indignazione di un’altra trans, Blaire White: attivista alt-right, ha da tempo ingaggiato una personalissima battaglia contro Yaniv, portando alla luce anche dei presunti episodi di molestie sessuali ai danni di una ragazzina di 14 anni. “Un pedofilo sotto le mentite spoglie di transgender”, l’aveva definita la White. A proposito della vicenda del ginecologo, ha twittato: “Non vai dal ginecologo se non hai una vagina. Non vai dal meccanico se non possiedi un’auto. Smettila di bullizzare le persone per costringerle a toccarti le parti intime”.


I precedenti

Quello del ginecologo è solo l’ultimo episodio. Tempo fa, infatti, Yaniv si era recata in alcuni centri estetici pretendendo che le estetiste le depilassero lo scroto. Aveva fatto precisa richiesta di essere servita da lavoratrici immigrate, ben sapendo che sarebbero rifiutate — vuoi per motivi religiosi, vuoi per background culturale — di erogare detto servizio alla trans, che le aveva denunciate seduta stante, chiedendo un risarcimento e sollevando il consueto polverone mediatico. Deo gratias il tribunale ha risposto picche alle deliranti pretese della Yaniv, stabilendo che le sue denunce di violazione dei diritti umani seguono uno schema preciso che mira a colpire “piccole attività commerciali per trarne del profitto personale approfittando del suo essere trans, e per punire alcuni gruppi etnici che lei percepisce come ostili alla causa Lgbt”.
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Re: Xughi jender, na skifoxa viołasion dei diriti omani

Messaggioda Berto » lun dic 09, 2019 8:38 pm

???

Bambini trans, così l'informazione e l'Italia calpestano i loro diritti
31-12-2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/1 ... i/4866450/

Parlano di “bieco giornalismo scandalistico” che “ha spettacolarizzato la vita di bambini, bambini e preadolescenti”, con “dichiarazioni false, infamanti e dati scorretti al solo fine di creare un insistente panico morale contro la realtà della varianza di genere in età evolutiva”. Sono le pesanti critiche rivolte a un recente articolo di Panorama a firma di Terry Marocco sui bambini trans, ovvero i bambini con varianza di genere, che cioè non si riconoscono nel genere assegnatogli dall’anagrafe. I loro genitori, riuniti in varie associazioni, tra cui l’Agedo, ente con vari sedi sul territorio che raccoglie genitori, parenti e amici di uomini e donne omosessuali, bisessuali e transgender, moltissime associazioni Lgbt e diverse realtà scientifiche tra cui l’Onig (Osservatorio sull’identità di genere), il Saifip (Servizi di adeguamento tra identità fisica e identità psichica di Roma) hanno scritto una lettera aperta di protesta al direttore Maurizio Belpietro, in cui accusano il settimanale di aver riportato dati falsi e notizie errate, mettendo “a rischio la vita psicofisica e sociale di tante bambini, bambine e preadolescenti”. La lettera è pubblicata anche sul blog personale di Camilla Vivian, Mio figlio in rosa, punto di riferimento per molte famiglie con bambini transgender.

Ad essere sotto accusa, oltre l’articolo, è in particolare la copertina del settimanale, che presenta l’immagine “ipersessualizzata di un bambino con labbra e occhi truccati con lo sguardo estraniato”, che rende il messaggio “ancora più morboso e voyeuristico”. Ma come ricordano i genitori e i firmatari della lettera, tra cui molti esperti, “i nostri figli non sono fenomeni da baraccone e la loro condizione di varianza di genere è tutelata dalla Commissione dei Diritti Umani dell’Onu, dall’Oms, dalla Commissione Europea“. Tanto indignati sono stati questi genitori che hanno creato un’apposita pagina web per analizzare uno per uno gli errori fatti del settimanale.

L’amarezza è tanta perché, normalmente, di questi bambini – che sono bambini normalissimi, solo che non si riconoscono nel loro genere e soffrono enormemente nell’essere etichettati come maschio o femmina quando tendono verso l’opposto oppure verso nessuno dei due generi in particolare – non si parla mai, e quando lo si fa, sulla scia del tremendo mainstream ideologico dell’attacco alla cosiddetta “teoria del gender“, ciò avviene in maniera distorta e finalizzata a ridicolizzare una condizione che genera grande dolore in chi la vive. Dolore che potrebbe cessare non solo con l’aiuto di famiglie accoglienti ma, come non si stancano di ripetere i genitori, una società che li accolga come sono e li riconosca come tali. E questo dovrebbe significare, come spiega Elisabetta Ferrari, mamma bolognese e presidente di Agedo Bologna, “che tutti coloro che sono a contatto con il mondo con l’infanzia dovrebbero essere formati e preparati a trattare questi bambini, dalle insegnanti di scuola, ai pediatri. Noi chiediamo che venga fatta sia formazione che informazione, in modo che sia permessa ai bambini una ‘transizione sociale’, ovvero la possibilità di mettere vestiti adeguati, essere chiamati con il nome in cui ci si riconosce e con pronomi adeguati e corretti. Inoltre bisognerebbe sia cominciare a spiegare che l’orientamento sessuale non c’entra niente con l’identità di genere, che invece riguarda la percezione che ciascuno ha di se stesso. Sia cominciare a diffondere l’idea che i bambini con varianza di genere nascono così e non vanno ‘curati’ perché la varianza di genere non è una patologia, ma un modo diverso di essere. E, tra l’altro, non è vero che sia in atto una sorta di “contagio sociale”, perché la varianza di genere non è certo una moda che si trasmette”.

Per fortuna comincia ad affacciarsi la consapevolezza della complessità di questa condizione, tanto che in Italia ci sono i primi centri, come l’Onig e il Saifp appunto o il Regina Margherita di Torino e Careggi a Firenze, che prendono in carico questi bambini. Purtroppo sono troppo pochi, ne servirebbe uno a regione. “In Italia”, spiega ancora Elisabetta Ferrari, “c’è ancora molta vergogna. E poi c’è molta confusione. Ad esempio oggi non si sa che per avere il cambio di identità su un documento non serve più l’operazione chirurgica di cambio di sesso, anche se la trafila burocratica e molto lunga e faticosa. Inoltre solo una piccola parte dei bambini con varianza di genere quando sono adulti ricorrono alla chirurgia (permessa solo se maggiorenni). Poi c’è la questione dei farmaci, ormoni che bloccano la pubertà e che presto saranno disponibili anche in Italia. Anche in questo caso voglio ricordare che non sono dannosi, si usano già nelle pubertà precoci, servono unicamente per dare all’adolescente due o tre anni di tempo per avere maggior chiarezza sulla propria identità, altrimenti lo sviluppo impetuoso dell’adolescenza potrebbe creare uno stato di sofferenza insopportabile. Non è un caso che sono tantissimi i ragazzini trans che si tolgono o cercano di togliersi la vita“.

Ma una società che finalmente accetti l’esistenza di altre possibilità oltre la divisione netta in due generi aiuterebbe non solo questi bambini ma anche tutti gli altri, cioè anche quei maschi e quelle femmine che tali si sentono. E che oggi non possono vestirsi di rosa, come dimostra un recente episodio avvenuto a Torino, perché nei negozi di vestiti i colori sono rigidamente divisi, così come i giocattoli, come tutte le mamme di bambini non transgender sanno bene. “Esistono persino gli ovetti Kinder per maschio e per femmina, siamo arrivati all’assurdo”, conclude Elisabetta. Che manifesta molta tristezza verso il fatto che non si parli mai del suo e degli altri bambini, una realtà davvero “fantasma”, e che quando lo si faccia ciò avvenga in maniera distorta, come il caso Panorama dimostra. Mentre in altri Paesi europei – Francia, Spagna, Olanda, Germania e altri ancora – questi bambini sono riconosciuti e protetti. E nessuno si sogna di stigmatizzarli, perché sono bambini esattamente come tutti gli altri.
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Re: Xughi jender, na skifoxa viołasion dei diriti omani

Messaggioda Berto » lun dic 09, 2019 8:38 pm

Bimbo in due uteri: il dolore di chi nasce così
Benedetta Frigerio
09-12-2019

https://lanuovabq.it/it/bimbo-in-due-ut ... g.facebook

Diciotto ore nell'utero di una, facendo proseguire la gravidanza nell'utero dell'altra. Così a una coppia di donne è stata offerta l'apparenza di una gravidanza condivisa. Un'altra frontiera della bioetica abbattuta. Ma nessuno ascolta il dolore dei figli privati di un padre, comprati con l'ovodonazione, cresciuti da due donne. Eppure le testimonianze non mancano....

Mentre sempre più figli della fecondazione in vitro gridano contro l’ingiustizia di essere stati concepiti e mercificati per soddisfare il desiderio degli adulti che li hanno prodotti, l’industria inglese della fecondazione artificiale applaude al progresso che avanza a discapito dei più piccoli.

Una coppia di donne (clicca qui) ha appena celebrato la nascita del piccolo Otis, fecondato con lo spermatozoo di un uomo e con l’ovulo di una delle due, ma portato in grembo da entrambe. Proprio così: pur di assecondare anche il sogno, che mai si realizzerà, di essere entrambe le madri del bambino, la London Women’s Clinic ha impiantato l’embrione per 18 ore nell’utero di una, facendo proseguire la gravidanza in quello della seconda.
Jasmine, 28 anni, ha ringraziato così: «La procedura ha davvero fatto sentire me e Donna (30 anni, ndr) uguali in tutto il processo e ci ha unite di più sentimentalmente… se dovessimo ripetere il processo non cambieremmo nulla».
Insomma, ogni pretesa deve diventare un’ordine per gli scienziati che non si preoccupano delle conseguenze che le loro chimere possono avere su chi non ha ancora la capacità di difendere i propri diritti. Anzi, come ha spiegato Donna, «ci sono molte coppie dello stesso sesso in cui una persona fa tutto da sola, quella persona rimane incinta e partorisce, mentre così siamo coinvolte entrambe al massimo… ciò aiuterà le persone in futuro».

Ma quali persone aiuterà? Basterebbe usare un minimo di buon senso per capire quanti diritti del concepito sono lesi (privato di un padre, cresciuto da due donne, comprato con l’ovo-donazione, voluto per soddisfare un desiderio di maternità doppia in contrasto con la natura) e quindi il dolore e gli scompensi che avrà questo bambino. Ma siccome nessuno pensa più a cosa significhi permettere che i piccoli siano fabbricati in laboratorio (embrioni persi, embrioni congelati, embrioni scartati, embrioni venduti alla ricerca, embrioni senza un genitore, embrioni venduti e comprati ad altre coppie…) credendo alla favola del “come sei stato voluto”, come se l’erba voglio fosse sinonimo di amore, forse può aiutare leggere l’urlo dei concepiti in vitro con donazione di gameti.
Come in questo caso (infatti, Otis ha un padre anche se non si sa chi è mentre la sua madre biologica, nonostante l’azzardo di laboratorio, è solo una delle due).

A raccontare di loro è stata sul The Federalist Katy Faust, cresciuta con due donne e per questo contraria sia alle unioni fra persone dello stesso sesso sia alla crescita di bambini da parte loro. Faust chiarisce innanzitutto che «quando i bambini vengono fatti in laboratorio, si considera solo ciò che gli adulti vogliono, non i diritti o le esigenze dei bambini. Quindi il "successo" è misurato dal fatto che gli adulti siano felici o tristi, indipendentemente dal fatto che i bambini tornino a casa con i loro genitori biologici».
E in effetti è quantomeno ipocrita che Donna abbia dichiarato al The Telegraph che «Jasmine dice che lui (Otis, ndr) sarà un astronauta ma può essere ciò che vuole, lo sosterremmo riguardo a qualsiasi cosa voglia». Almeno finché ciò non sia in contrasto con la volontà delle due donne che infatti non si sono chieste se il bimbo voleva crescere o meno con un padre.

Jessika Kern, oggi adulta, concepita in laboratorio tramite lo sperma di un anonimo, spiega che «non sarei sorpresa se un bambino (concepito con eterologa, ndr) si sentisse mercificato quando raggiunge l'età per capirlo». Anche Alana Newman, figlia della donazione di gameti, ha chiarito che dovendo essere grato a chi lo ha prodotto, un «bambino potrebbe facilmente sentirsi come se non gli fosse permesso di far emergere i propri dolori e le proprie sofferenze riguardo al proprio concepimento». È chiaro infatti che chi nasce naturalmente sa che, se i suoi genitori si sono aperti alla vita, non è per loro diretta volontà che sono stati concepiti, venendo al mondo in un momento non determinato da loro e tramite una selezione non umana di migliaia di spermatozoi. Sapendo quindi di non essere il prodotto della sola volontà dei suoi genitori, ma di essere stato voluto da altro (chiamalo Dio o chiamalo caso). Il che sgancia il figlio dal pensiero di doversi sentire eternamente in debito ai genitori.

Ecco perché, ha continuato Gregory Loy, questi bambini sono ricattati perché «crescono senza legami con i loro parenti biologici», per cui «dovrebbero semplicemente stare fermi e sentirsi bene perché “qualcuno” li voleva. Anche se insieme a questa affermazione, devono digerire l'idea che qualcun altro, i loro veri genitori, non li volevano». Elly ha aggiunto che «come persona concepita da un donatore, ho difficoltà a far fronte al fatto che mio padre biologico mi abbia data via, perché mi sembra un abbandono… e ho ancora più problemi a riconciliarmi con il fatto che pensava che darmi via fosse una cosa carina».

Le storie di queste persone sono drammaticamente descritte sul sito Them Before Us https://thembeforeus.com. Jay, 15 anni, ha raccontato qui il dramma di essere stato concepito con la donazione di sperma e cresciuto da sua madre e la sua compagna, esattamente come accadrà ad Otis: «Ho due genitori lesbiche e molto probabilmente un fratello minore gay che odio. Tutto quello che fanno è parlare della comunità lgbtqu che mi fa arrabbiare… Amo i miei nonni, sono più come fossero i miei genitori ma non è come per tutti gli altri. Sono così geloso che i miei amici abbiano una vita perfetta… vorrei solo poter conoscere mio padre e far sparire la depressione che ho ogni giorno».

Ma, si sa, piuttosto che riportare queste scomode parole i grandi giornali preferiscono festeggiare con tanto di foto (che solo agli occhi assuefatti dall’ideologia non appaiono violente) due donne sorridenti con in braccio un neonato privato volutamente della figura paterna.
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Re: Xughi jender, na skifoxa viołasion dei diriti omani

Messaggioda Berto » lun dic 09, 2019 8:59 pm

Lobby trans all'assalto dei minorenni in Europa
Luca Volontè
09-12-2019

https://lanuovabq.it/it/lobby-trans-all ... akJpqYYLhQ

"Buone pratiche per il riconoscimento legale del gender per i giovani" è il manuale preparato da avvocati e lobbisti per promuovere il transessualismo fra i giovani in tutti i paesi dell'Unione Europea. Una vera e propria "bibbia" per una società transgender che spiega i successi già ottenuti in otto paesi per aiutare militanti e attivisti anche negli altri paesi. Eliminare l'influenza dei genitori e anticipare le scelte dei governi, il segreto del successo. Un monito anche per l'Italia.

“Only Adults? Good Practices in legal gender recognition for youth” (Solo gli Adulti? Buone pratiche per il riconoscimento legale del gender per i giovani), è l'inquietante titolo del report delle lobbies internazionali che promuovono la nuova umanità transgender, trafugato e pubblicato negli scorsi giorni da alcuni quotidiani inglesi e americani. Un documento che fa venire la pelle d’oca e descrive non solo l’attuale stato di riconoscimento della transessualità nelle legislazioni di otto paesi europei, ma descrive ed insegna come promuovere l’ideologia della fluidità gender sin dall’età infantile, come ben sintetizza Spectator (clicca qui).
Tutti i genitori ed educatori, soprattutto i politici che si ispirano ai valori cristiani, dovrebbero leggere e studiare questo manuale e ciò che questi personaggi sono riusciti ad imporre in molti paesi europei.

La raccolta di ‘buone pratiche’, tattiche e strategie è frutto della collaborazione di tre organizzazioni: IGLYO (Organizzazione internazionale, diffusa nei 47 Paesi del Consiglio di Europa, di giovani e studenti gay, lesbiche, transgender, queer e intersessuali; Fondazione Thomson Reuters, una delle più munifiche fondazioni caritatevoli del mondo ma anche una delle più importanti agenzie globali di news e comunicazione, ed il suo gruppo legale pro bono TrustLaw; Dentons, il più grande e diffuso gruppo di avvocati e legali del mondo (clicca qui).

Le legislazioni dei paesi affrontate sono: Norvegia, Malta, Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Portogallo, Regno Unito. Nei ‘punti chiave’ (pp.11-22) di quello che potremmo battezzare senza imbarazzo come la ‘nuova bibbia’ per una società transgender, nella quale l’uomo perda completamente ogni cognizione della propria sessualità naturale (maschio-femmina) e venga trasformato in un ‘uomo nuovo’, è possibile trovare tutti i suggerimenti utili per slogan e battaglie culturali, legali e popolari che possono promuovere in ciascun paese del mondo e nell’intero globo il nuovo dogma e la nuova umanità. Inquietante.

Si passa poi alla analisi di ogni paese: per chi volesse approfondire è consigliata una lettura delle recenti involuzioni che hanno colpito paesi (una volta) considerati cattolici come Portogallo, Irlanda e Malta nei quali la nuova umanità, costruita sin dalle scuole elementari, potrà un giorno trionfare. Un ammonimento chiaro per l’Italia di oggi, che confidiamo si voglia studiare e approfondire per tempo. Il movimento transgender, mossi i primi passi solo 20 anni fa, sta compiendo passi da gigante e travolgendo interi paesi e continenti.

“In questo rapporto, abbiamo cercato di esaminare le buone pratiche in termini di legge, patrocinio e clima culturale e politico in vari paesi europei, con particolare attenzione ai minori… (le buone pratiche dimostrano che) parte dell'incentivo al cambiamento può venire dalla percezione pubblica della necessità di vestire l'ingiustizia. Le discussioni sui diritti umani sono state utilizzate con grande successo, nonché le campagne dirette ai politici e l’utilizzo di storie vere di persone colpite… Dopo aver intervistato attivisti di buone pratiche in diversi paesi, si spera che, dato l'ambiente e le tecniche giuste, il cambiamento possa essere realizzato… Non vi è dubbio che in futuro gli attivisti cercheranno di esercitare pressioni sui politici affinché aprano l'accesso ai minori, come si può già vedere in alcuni paesi” (clicca qui).

In merito alla diffusione (riconoscimento) del transgenderismo tra i bambini e alle leggi e politiche di genere rivolte loro, si sferra un attacco tanto chiaro quanto violento alla genitorialità. Si dice ancora nel documento: “È noto che il requisito del consenso dei genitori o il consenso di un tutore legale può essere restrittivo e problematico per i minori. Gli Stati dovrebbero agire contro i genitori che ostacolano il libero sviluppo dell'identità di una giovane persona trans rifiutando di rilasciare l'autorizzazione dei genitori quando richiesto. Mentre i fattori culturali e politici svolgono un ruolo chiave nell'approccio da adottare, esistono alcune tecniche che risultano efficaci nel far progredire i diritti di transito sessuale per i minori nei paesi delle buone pratiche".

Stati che dovrebbero agire contro i genitori? Agende di governo? Ebbene, ancora nel documento si dice chiaramente che “in molte delle campagne promosse dalle ONG che abbiamo studiato, ci sono stati chiari vantaggi in cui le ONG sono riuscite a farsi strada davanti al governo e pubblicare una proposta legislativa progressista prima che il governo avesse il tempo di svilupparne una propria. Le ONG devono intervenire nelle prime fasi del processo legislativo e idealmente prima ancora che abbia inizio. Ciò darà loro una capacità di gran lunga maggiore di plasmare l'agenda del governo e (l’ultima parola) sulla proposta finale” (clicca qui).

Infine gli autori del ‘manuale per una società transgender’, raccomandano di usare le battaglie e conquiste ottenute con il matrimonio omosessuale (”uguaglianza matrimoniale”), come "velo di protezione" per l'identità di genere che "è rimasta ancora una questione difficile sulla quale ottenere il sostegno pubblico". “Un'altra tecnica che è stata utilizzata con grande efficacia" è quella della “limitazione della copertura e dell'esposizione della stampa" (agire in silenzio, passo dopo passo).

Ma se questa evoluzione felice verso la società transgender fosse così bella ed entusiasmante per tutti, perché si vorrebbe limitare la "copertura ed esposizione" della stampa? Cosa si vuole nascondere? (clicca qui).

Ebbene guardiamo ai fatti. Un importante studio legale internazionale ha aiutato a scrivere un manuale di lobbying per le persone che vogliono cambiare leggi e costumi, creare una nuova umanità sessualmente fluida ed impedire ai genitori di avere l'ultima parola su cambiamenti significativi per i propri figli. Quel manuale consiglia ai promotori di questo cambiamento di nascondere i loro piani dietro un "velo" e di assicurarsi che né i media né il grande pubblico sappiano molto dei cambiamenti che vogliono introdurre nella vita dei bambini. C’è paura che se il grande pubblico ed i genitori sapessero cosa sta accadendo, passo passo e nel silenzio, forse potrebbero opporsi ed obiettare; forse potrebbe nascere una grande mobilitazione di padri, madri e famiglie per fermare questo silenzioso, perfido e persino maligno progetto di privare i bambini della loro infanzia, della loro identità e del loro pudore (clicca qui).

Perché hanno avuto successo e lo hanno avuto così rapidamente? Ora lo sappiamo, lobbisti altamente qualificati e benestanti hanno strategicamente mantenuto l'ignoranza del pubblico in generale, in gran parte attraverso l'offuscamento e l'omissione dei media, mentre stanno perseguendo un approccio globale, tanto nascosto quando fondato su una strategia legale e culturale coercitiva.
Dalla battaglia contro la sessualità binaria, cioè contro la naturale e biologica considerazione che ciascuno nasce maschio o femmina, si è passati subito alla pervicace volontà della imposizione del trangederismo per tutti, spogliando dell’identità l’infanzia per meglio manipolare la futura umanità.
Una tirannica minoranza sta lavorando quotidianamente a questo progetto globale, ma dopo la scoperta e pubblicazione della loro ‘blasfema bibbia transgender’, ora la maggioranza silenziosa può e deve aprire gli occhi e agire di conseguenza (clicca qui).

Pensate che l’Italia non riceverà le stesse attenzioni delle altre cattoliche Irlanda, Portogallo e Malta? Vi sbagliate. Ricordate dieci anni orsono le polemiche tra Vladimiro Guadagno (Vladimir Luxuria) ed Elisabetta Gardini ed altre parlamentari che non volevano condividere la toilette con lui? Bene oggi nessuno si stupisce se Luxuria sfila con abiti da sposa in passerella o viene rincorso/a da tutti i talk show televisivi di qualunque fascia oraria. Solo un caso? Pensateci bene… occhi aperti!
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Re: Xughi jender, na skifoxa viołasion dei diriti omani

Messaggioda Berto » sab apr 04, 2020 10:11 pm

«Una vita con la cravatta finalmente sono Viola, Enrico non esiste più»
Da uomo a donna, la sentenza autorizza il cambio di genere
15 ottobre 2017

https://corrieredelveneto.corriere.it/v ... resh_ce-cp

MIRANO (VENEZIA) «Ho scelto il nome Viola perché è una parola che indica tante cose, il fiore, il colore, lo strumento musicale. Io mi vedo così». Il nome che avevano scelto i suoi genitori invece era Enrico. Ma lei Enrico non ci si è mai sentita, fin dai tempi dell’asilo. Ci sono voluti oltre quarant’anni di convinzione assoluta e una lunga terapia perché un tribunale sancisse quello che lei urlava da quando era bambina e cioè che si sentiva una femmina nata con un corpo da maschio.

Una nuova identità

Il 31 agosto il collegio della terza sezione del tribunale civile di Venezia presieduto da Enrico Schiavon, ha attribuito a Enrico Ortes, 47 anni, il nome di Viola e il sesso femminile e ha ordinato al Comune di Mirano di rettificare l’atto di nascita, cambiando il nome in tutti i documenti dello stato civile. Il 5 ottobre Viola è andata all’ufficio anagrafe a ritirare la sua carta d’identità nuova. «Quando l’impiegata me l’ha consegnata sono dovuta scappare fuori, non volevo che mi vedessero piangere», racconta. Il tribunale civile di Venezia ha anche autorizzato Viola a fare l’intervento chirurgico che adegua il suo corpo maschile a quello della sua identità femminile, se vorrà e se le condizioni di salute glielo permetteranno. Non è la prima sentenza in Veneto, ma non sono tanti i precedenti di cambi di genere autorizzati senza che prima sia stato fatta l’operazione di adeguamento del corpo. Ad aprire le porte a questa possibilità sono state due sentenze del 2015 della Corte di Cassazione e della Corte costituzionale che nelle diagnosi di disforia di genere certificata, riconoscono come prevalente il diritto alla salute. In altre parole se le condizioni fisiche non permettono un’operazione lunga e difficile com’è quella per modificare il sesso, il cambio di genere all’anagrafe può essere ugualmente riconosciuto.

La storia

«La prima volta che ho capito che non ero come gli altri - racconta Viola Ortes - avevo cinque anni. I bambini mi isolavano perché non mi piaceva fare la lotta, le bambine non mi volevano perché i maschi non possono giocare con le bambole. A dieci anni mi sono ammalata d’asma e dovevo fare continue punture. La notte mi alzavo di nascosto e mi iniettavo la soluzione fisiologica intorno ai capezzoli per gonfiare il seno, come stava succedendo alle mie compagne di classe». Ormai se n’erano accorti anche i fratelli e i genitori che quel bambino che cantava e ballava non faceva il maschio. «Ne soffrivano e io, siccome ero il figlio del direttore di banca del paese, mi sforzavo di essere quello che volevano loro». C’è voluto poco per finire, a 14 anni, dallo psicologo, poi dallo psicoterapeuta, poi imbottita di calmanti e dopo ancora di antidepressivi, fino a costringersi per anni a indossare la divisa da uomo, giacca e cravatta, per sforzarsi di essere quello che diceva il corpo, non l’anima. Omosessuale, pazza, malata, isterica, in tanti anni ha collezionato molte «spiegazioni» altrui per quel suo sentirsi nel corpo sbagliato. «Poi una notte, nel 2011, tornando a piedi dall’azienda dove lavoravo, sono caduta e mi sono rotta la spalla. Ero al buio, avevo paura e sentivo tanto male. Avevo 40 anni, quella sera è successo qualcosa dentro di me».


Il cambiamento

Una manciata di mesi dopo Viola ha fatto il primo test di personalità con uno specialista. «È risultato che avevo una mente femminile al 95 per cento. È stata una gioia, finalmente qualcuno mi credeva — racconta - mi sono rivolta all’Aied di Pordenone e poi di Mestre, per cominciare il percorso di psicoterapia. In tutta la mia vita non ero mai uscita di casa vestita da donna, avevo indossato abiti femminili in camera mia, di notte, da sola. Sentivo troppo il peso di chi ero, il figlio del direttore della banca. Quando ho dovuto farlo per la terapia, mi sono sentita libera». Dopo due anni i medici hanno certificato la sua disforia di genere e la terapia psicologica è diventata anche farmacologica. «Progesterone, estradiolo, ciprosterone per bloccare il testosterone — elenca - il corpo si è sconvolto, l’adipe si è spostato sui fianchi, sulle gambe, piangevo e ridevo in continuazione, avevo sempre fame e sete, sono ingrassata trenta chili. Come essere in pubertà. In un anno mi è cresciuto il seno fino alla sesta. Paura? È stato bellissimo, sentivo che quella era finalmente la mia vita. E poi un giorno, per strada, mi sono accorta che chi mi incrociava non mi guardava più come un uomo vestito da donna, ma come la signora della porta accanto».

Le incomprensioni

Una donna per tutti. Tranne che per gli amici. «Mi dicevano fai bene, ma non possiamo uscire insieme, se mi fermano con te in macchina pensano male». Tranne per chi ti deve dare un lavoro. «Sei una donna con i documenti da uomo, non ti assumono». Tranne che per la famiglia. «I miei fratelli non mi parlano più. Mio papà quando gli ho detto cosa volevo fare mi ha buttato fuori di casa. Ho dormito tre notti da un’amica, una mattina lui mi ha telefonato in lacrime, preoccupatissimo. Mi ha detto: “Sono tuo papà, devo aiutarti io, torna a casa”». Se non capisce la famiglia, figuriamoci la burocrazia: votare o ritirare una raccomandata o prendere un aereo con un documento dove non sei la donna che appari è impossibile. Viola ha distrutto tutte le foto vecchie che la ritraggono, fin da bambino, come un maschio. Anche il ritratto di un pittore di strada a Parigi. «Io non sono quello, sono Viola. Non mi sento un trans o un travestito, mi sento una donna normale. Non giudico nessuno, ma ho deciso di raccontare la mia storia perché l’opinione pubblica deve capire che la transessualità non deve essere confusa con la prostituzione, la vita ai margini della società. Adesso spero solo che le mie condizioni di salute mi permettano di fare l’operazione chirurgica. Se ci riesco e posso smettere di prendere gli ormoni, la prima cosa che faccio è una dieta. Poi voglio prendere in mano la mia vita. L’amore? Adesso non ci penso. Non so se sarò mai felice, ma serena sì, adesso lo sono».
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Re: Xughi jender, na skifoxa viołasion dei diriti omani

Messaggioda Berto » lun nov 23, 2020 8:45 pm

"No al corso gender a scuola" Mamma viene subito insultata
Costanza Tosi
23/11/2020

https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 1606137064

La madre di una bambina di appena 8 anni si è opposta al laboratorio sul gender fluid proposto dalla scuola e dopo gli insulti è stata costretta a cambiare istututo ai suoi figli

Offesa, insultata etichettata come “estremista”, “omofoba retrograda” solo per aver chiesto informazioni su un corso sul gender che la sua bambina di appena 8 anni avrebbe dovuto svolgere a scuola.

Questo, quello che è successo a Chiara Pelagotti, madre di due figli di 8 e 10 anni.

Era l’11 novembre quando, durante una riunione di classe alla scuola elementare Marconi, di via Mayer a Firenze, tra i progetti illustrati per gli alunni della terza, ecco saltare fuori un discutibile laboratorio sul “gender fluid”. Il titolo del corso “A scuola per fare la differenza”, lo si ritrova all’interno dei progetti proposti sul portale del Comune di Firenze nell’area di educazione alla cittadinanza. E al Marconi, voleva essere inserito nel programma dei ragazzi durante l’orario scolastico.

“Il titolo è molto bello - ci dice Chiara al telefono - peccato che quello che viene etichettato come un programma di sensibilizzazione sul tema del bullismo omofobico, in realtà prevede ben altro”.

Tra i temi da affrontare durante, ad esempio, “Individuare gli stereotipi di genere presenti in fiabe, racconti, personaggi dei cartoni animati, giocattoli, mass media e nella realtà della vita quotidiana, in base quindi a come e quanto sono diffusi nel contesto culturale di appartenenza”. Insomma, un vero e proprio corso sul gender, per giunta, proposto, non da uno specialista super partes ma da “IREOS Onlus – Centro Servizi Autogestito Comunità Queer”.

“Ho cercato di capire di cosa si trattasse e ho chiesto alla scuola il programma, che non mi è mai stato fornito. Non sono omofoba e ho sempre fatto partecipare mia figlia a qualsiasi evento contro il bullismo, ma credo che per affrontare temi come la fluidità di genere sia ancora troppo presto. Magari sbaglio, ma lasciatemi il diritto di decidere sull’educazione dei miei figli”, ci spiega amareggiata per quello che è successo la madre che ha osato andare contro il corso sulla sessualità. Sì, perché dopo le sue domande lei e sulla sua famiglia hanno ricevuto, sui social, offese di ogni tipo.

“Quando è uscita la notizia, persino le istituzioni si sono espresse a sostegno della scuola”, ci dice mamma Chiara. Una polemica montata travisando il punto di vista della madre che mai avrebbe voluto attaccare le maestre che per anni hanno seguito i suoi figli: “Sono state fantastiche e non ce l’ho con loro, ma credevo fosse ancora possibile avere un punto di vista diverso dalla massa sull’educazione dei propri figli senza dover essere etichettata e attaccata con tale cattiveria.”

Di fatto il corso avrebbe preso il posto di ore di lezione e seppur facoltativo, oltre a sostituire normali lezioni avrebbe avuto l’effetto contrario da quello desiderato, dal momento che decidere di non far partecipare i propri figli al progetto avrebbe implicato non mandarli a scuola per quelle ore e far diventare l’iniziativa un corso per pochi. Dopo gli attacchi, Chiara e suo marito hanno deciso di cambiare scuola ai loro due figli, con dispiacere sì, ma con la convinzione che sia inaccettabile “vedere la propria figura umana e genitoriale prima sostituita dalla didattica del pensiero che non ammette civile dissenso, e poi umiliata nel nome di una furiosa spinta emotiva che mi accusa di omofobia”.
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Re: Gender una schifosa violazione dei diritti umani

Messaggioda Berto » dom mag 23, 2021 9:45 pm

Se sei cristiano ti tolgo i figli: due sentenze storiche
Luca Volontè
8 dicembre 2020

https://www.lanuovabq.it/it/se-sei-cris ... e-storiche

Due coniugi hanno affermato che nel caso il figlio adottivo si fosse dichiarato Lgbt lo avrebbero aiutato ad uscire dalla confusione, perciò sono stati dichiarati "non idonei". Una coppia ha perso la custodia della figlia per non aver concesso il via alle terapie ormonali per apparire maschio. Una frontiera pericolosa per cui una famiglia cristiana non ha il diritto di esistere.

Le famiglie cristiane di genitori maschi e femmine ne rischiano di tutti i colori in Australia, due coppie sono alla sbarra perché si oppongono al politically correct della ideologia LGBTI e pretendono rispetto per coloro che credono alla natura umana, amano i propri figli e confidano nella sessualità biologica, nei dettati biblici ed evangelici. La tirannia dell’ ‘io’ (volubile, emozionale e manipolata dalla ideologia LGBTI) prende il posto di Dio e fagocita tutti i diritti umani.

Byron e Keira Hordyk, di Perth (nella foto), nel gennaio 2017 avevano presentato domanda ai ‘Servizi per la famiglia’ (Wanslea) per diventare genitori adottivi. Era iniziata una valutazione formale e alla coppia sposata, che ha già figli propri, era stato chiesto come avrebbero risposto se un bambino a loro dato in affido si fosse identificato come LGBTQI.

I Hordyk hanno espresso apertamente la loro devozione cristiana e hanno indicato che l'omosessualità è un peccato a cui si può resistere. La coppia ha anche suggerito che sarebbero stati in grado di aiutare il bambino a superare la propria confusione sessuale ed emotiva, aggiungendo che le loro convinzioni non avrebbero ostacolato la loro capacità di prendersi cura di un bambino in affido.

Nel settembre 2017, gli Hordyk ricevettero una lettera dalla Wanslea in cui si diceva che la loro richiesta era stata negata perché non soddisfacevano una delle cinque attitudini previste dal Dipartimento per gli affidatari. Non fornivano un ambiente di vita sicuro per il bambino.

Wanslea aveva tentato di far archiviare il caso. I giovani genitori Byron e Keira Hordyk rimasero senza parole, una decisione così seria e generosa d’amore era stata non solo travisata ma addirittura loro stessi erano stati discriminati per la loro fedeltà agli insegnamenti cristiani. Presero dunque la decisione di denunciare il torto subito e la discriminazione imposta loro, perché se “non avessimo detto nulla al riguardo, questo avrebbe potuto potenzialmente danneggiare o limitare l'affidamento di persone con gli stessi valori cristiani dei nostri”.

Byron e Keira hanno portato il loro caso al Tribunale Amministrativo dello Stato, sostenendo di essere stati discriminati ai sensi della legge sulle pari opportunità dello Stato del West Australia. Martedì scorso, all’apertura del Processo, l'avvocato della famiglia Steven Penglis ha detto che l'organizzazione avrebbe potuto affidare alla coppia un qualunque bambino in adozione, persino un bimbo che gli stessi Servizi Affidatari ritenessero “più appropriato”. Invece, con il rifiuto dell’affido, si è comprovata una vera e propria discriminazione nei confronti di genitori che hanno il solo torto di essere, credere e vivere da cristiani.

Tra otto giorni il Tribunale dovrà decidere se la denuncia per discriminazione e violazione della libertà religiosa sia fondata, in ogni caso, la battaglia legale e le decisioni che verranno prese nei riguardi di Byron e Keira, avranno effetti fondamentali in futuro, sia nel singolo Stato del West Australia sia, molto probabilmente, sull’intero paese australiano e determineranno se i cristiani e le loro famiglie saranno da considerarsi cittadini con gli stessi diritti degli altri o, invece, cittadini legittimamente discriminabili per la loro fede. Altra feroce discriminazione sta subendo anche un'altra famiglia australiana. Il loro adolescente è stato preso in cura dai Servizi Sociali del Qeensland nel primo caso conosciuto in Australia, perché i genitori sono stati giudicati "abusatori e potenzialmente dannosi" per lei. La colpa di questa coppia di genitori? Non aver acconsentito all'identità transgender autodichiarata dalla propria figlia e vietare che si sottoponga ad un trattamento ormonale irreversibile.

Un magistrato del Tribunale Statale del Queensland australiano per i minori ha deliberato che esiste un serio rischio di "autolesionismo" per la ragazza, nel suo ordine perentorio dello scorso ottobre, quasi un anno dopo l’allontanamento della ragazza quindicenne dalla famiglia.

"Le autorità dicono che non le permetteremo di cambiare sesso, quindi è pericoloso per lei tornare a casa nostra perché abuseremo mentalmente di lei - vogliono che acconsentiamo al trattamento con testosterone. Noi non lo faremo mai”, ha detto il padre a The Weekend Australian. I genitori si stanno opponendo con tutte le forze a questo bullismo da parte delle autorità statali, tutti gli amici sono rimasti scioccati dalla loro storia, gli australiani non riescono a credere che ciò accada in Australia.

In Tribunale i genitori hanno ribadito che sapevano del bisogno di aiuto e della depressione della loro figlia e perciò volevano per lei le cure di un buono psicologo che potesse aiutarla a risolvere le cause di fondo e non, tragicamente e sbrigativamente, assecondare le pulsioni stimolate dalla ideologia LGBTI e passare alle transizioni chimiche. Il Preside dell'Università del Queensland, Patrick Parkinson, parlando a titolo personale come esperto di diritto di famiglia e critico del trattamento medico "gender affirming" per i giovani a cui è stata diagnosticata una dolorosa "disforia di genere", ha dichiarato di credere che l'allontanamento della bambina sia stato il primo del suo genere e sia "uno sviluppo molto preoccupante” per il futuro della società.

Le autorità per la tutela dei minori devono ancora approvare il trattamento ormonale per la ragazza e hanno accettato la richiesta dei genitori di un secondo parere prima di qualsiasi decisione. Lo scorso 20 novembre i genitori si sono appellati decisione del magistrato che aveva sostenuto gli avvenuti abusi verbali "direttamente collegati ai sentimenti e all'espressione dell'identità di genere della ragazza da parte dei genitori”. Una affermazione totalmente negata dalla famiglia che comunque si oppone ai trattamenti chimici di transizione, insiste per riavere la propria figlia a casa e per iniziare una cura psicologica. Diversante, le iene arcobaleno delle lobbies LGBTI si sono messe all’opera e richiesto che subito inizino le terapie ormonali, con un'udienza preliminare martedì al Tribunale della Famiglia. Sarà il primo caso del genere in cui entrambi i genitori si oppongono al trattamento.

Gli sciacalli delle lobbies trans e LGBTI australiane si sono invece gettati sul caso e chiesto al Tribunale di iniziare al più presto le terapie ormonali. Anche questa una tragedia che ci racconta di genitori cristiani, attenti verso la propria figlia che si vedono privare della patria potestà ed accusare di ogni malvagità, pur di soddisfare la bramosia del politicamente corretto.

Due coppie di genitori, cristiane e amorevoli, due primi casi storici per la giustizia australiana, due decisioni che determineranno il futuro sia nel paese dei canguri, sia nel mondo anglosassone. I genitori cristiani, le famiglie cristiane possono ancora esistere o no? Per ideologi e propagatori della futura inumanità, fluida e mentalmente instabile, essere cristiano e per di più genitore è un peccato originale incancellabile. Questo è l’incubo del mondo moderno, dove una eccezione diviene la regola, nel quale la non discriminazione di una minoranza si impone come regola inviolabile dalla maggioranza, dove la dignità umana e l’immagine di Dio si è sostituita ad ogni volubile desiderio mio.








Repubblica titola tronfia la notizia del bikini per "ragazze transgender"e parla di una "figlia dodicenne".
1 marzo 2021

https://www.facebook.com/SenatorePillon ... 7862373459

Leggendo, salta fuori che in realtà la figlia è un maschietto che avrebbe iniziato la transizione a 9 anni.
Tutto l'articolo è ovviamente finalizzato a inondare la comunicazione per normalizzare ciò che normale non è, e cioè che un bambino di 9 anni possa essere bombardato di ormoni, la sua pubertà possa essere bloccata con prodotti chimici e che infine vada in giro con un bikini che gli nasconde i genitali e gli simula un turgore sul petto.
Lo dico e lo ripeterò finchè avrò voce: tutto questo non è normale.
La scienza ci dice che tutti i bambini e tutte le bambine intorno a quell'età vivono un percorso di corretta identificazione col proprio sesso.
Intervenire su un bambino e gonfiarlo di farmaci che compromettono irreversibilmente il suo naturale sviluppo psico fisico a me sembra un delirio, e Repubblica fa molto male a promuovere trattamenti come questo.
In Gran Bretagna, dopo anni di questa follia, stanno tornando indietro vietando ogni trattamento sui minori, e aumentano le richieste di risarcimento danni azionate da adulti che hanno subito la transizione chimica quando erano bambini.
Ecco.
Gli adulti facciano come vogliono, ma lasciamo in pace i bambini.
PS. ovviamente il gender non esiste.



Evelina Cecchi
Secondo me, i genitori che fanno questo ad un bimbo (o bimba) di 8 anni, sono quelli che volevano un figlio maschio (o femmina) e non hanno avuto quello che desideravano perciò se lo costruiscono!!! I figli sono figli, non ha importanza se maschi o femmine!!! Se poi (da grandi) veramente si sentono differenti da quello che sono, sarà una loro scelta fare ciò che credono e i genitori devono supportarli nelle loro scelte!!!


Osvaldo Bruno Brunetti
Evelina Cecchi
...hai messo il dito nella piaga. Negli Stati Uniti anni fa fu fatto proprio questo esperimento su neonati anche sottoposti ad interventi chirurgici, da parte di quello che può essere a buona ragione considerato il Mengele pioniere delle teorie "gender": un mostruoso disastro che ha rovinato la vita a decine di bambini. Alcuni, che si ritenevano erroneamente "omosessuali" per l'attrazione verso il "sesso" che era stato a loro insaputa impostogli da giovanissimi, hanno scoperto solo in età avanzata che erano invece etero massacrati in tenerissima età dalla medicina. Verificare pure, è cronaca....


Antonio Baldari
Un ragazzo a 9 anni non ha ben sviluppato le gonadi (avverrà intorno agli 11 anni), é in tutti i libri. Sino ad allora presenta sia ormoni maschili che femminili e quella che oggi chiamano disforia di genere a quella età é fisiologica. Instillare confusione nella mente di un ragazzo di quell età già é criminale, toccare il suo corpo per rendere la cosa irreversibile per motivi ideologici é mostruoso.



Una linea di bikini per ragazze transgender: il dono di un padre per la figlia 12enne
A cura di Serena Console

https://video.repubblica.it/mondo/una-l ... 014/377625

Anche le bambine che affrontano un percorso di transizione di genere possono andare in spiaggia in bikini, senza la necessità di dover nascondere le proprie forme. Infatti, in commercio c'è una linea di costumi da bagno pensata appositamente per le ragazze transgender. È l'idea del canadese Jamie Alexander, che ha voluto creare una linea speciale per bambine come sua figlia Ruby, 12 anni, che hanno iniziato un percorso di transizione. Alla realizzazione dei costumi collabora anche la giovane adolescente, che all'età di 9 anni ha iniziato a non riconoscersi più nel corpo maschile in cui è nata.


Daniele Pisano
siete troppo riduttivi e sbrigativi. Pensate che questa ragazzina stia facendo i capricci perché le è stato negato un telefono, un capo d'abbigliamento o quanto altro, quando in realtà io voglio intendere che questa ragazza non si sente a proprio agio nella sua condizione di identità sessuale e giustamente si sarà confrontata con un pool di specialisti e professionisti (che siano medici o psicologi) per affrontare quest'arduo percorso, pieno di ostacoli come voi, ad esempio. Il signor Pillon, ad esempio, cita testualmente nel suo orrendo post: "Tutto l'articolo è ovviamente finalizzato a inondare la comunicazione per normalizzare ciò che normale non è, e cioè che un bambino di 9 anni possa essere bombardato di ormoni, la sua pubertà possa essere bloccata con prodotti chimici e che infine vada in giro con un bikini che gli nasconde i genitali e gli simula un turgore sul petto.
Lo dico e lo ripeterò finchè avrò voce: tutto questo non è normale.". No, io non credo in questa frase e io non credo che abbia le competenze per poter affermare ciò che dice.


Luigi Berardi
Evelina Cecchi
signora solo chi non sa può fare una affermazione del genere io ho seguito per dieci anni le indicazioni di psicologi e psichiatri infantili ,cercando di far essere un gioco fra le mura di casa il desiderio di mio figlio di vestirsi da femmina giocare con le bambole vedere film di principesse ecc... ecc... eccetera.
Mio figlio di sentiva rifiutato non solo da compagni ,insegnanti e parenti ma anche dai suoi genitori e aveva deciso di morire.
Dopo la nostra accettazione ha iniziato un percorso di transizione seguito da specialisti,e quei farmaci che non piacciono all onorevole gli permettono di essere un po più sereno e di guardarsi allo specchio.
Le ferite e le violenze psicologiche fategli perché bisognava proporgli anche un modello maschile per permettergli di segliere non sono ancore guarite.
Diffidenza e paura albergano ancora nel suo cuore perché questa società vuole imporre a un bambino un modello che mi creda è culturale non naturale, la mia splendida figlia non è strana è una bellissima persona e i problemi ce li ha la società che ha paura del diverso non lei


Alberto Pento
Luigi Berardi
I casi come quello di suo figlio che si sente femmina e non maschio sono casi naturali e vanno trattati e curati nel modo migliore anche agevolando la loro trasformazione/adattamento consapevoli che comunque sarà sempre una situazione difficile piena di conflitti e contraddizione come sono tutte le disabilità.
La vita e il mondo sono costruiti sulla abilità e non sulla disabilità (diversamente abili) che va, laddove sia possibile, resa meno problematica e più
Sono casi minoritari, eccezioni e non costituiscono la norma, il modello naturale prevalente poiché se lo divenissero scomparirebbe la specie umana.
Non possiamo prendere il caso di suo figlio e trasformarlo in un modello ideale da proporre a tutti i bambini e le bambine della terra come normalità.


Natura e cultura.
La natura è la base della vita umana e della sua cultura.
La cultura segue la natura, ne raccoglie l'esperienza ed eventualmente ne corregge eventualmente gli errori laddove è possibile e fattibile.
Il sesso umano è un dato di natura e poi della cultura che la esprime e se vi sono degli errori/conflitti come nel caso della disforia di genere cerca di porvi rimedio per risolverli o ridurne gli effetti e le conseguenze dannose e dolorose; cultura che in ogni caso non potrà mai cambiare il dato naturale e biologico di base: una donna che si sente uomo e non donna non potrà mai essere uomo così per l'uomo che si sente donna e non uomo non potrà mai essere una donna.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Berto
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