Sviluppo della sensibilità interculturale di Bennett

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Messaggioda Berto » lun apr 17, 2017 12:29 pm

Sviluppo della sensibilità interculturale di Bennett
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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Sviluppo della sensibilità interculturale di Bennett

Messaggioda Berto » lun apr 17, 2017 12:31 pm

Prendo lo spunto da queste pagine di facebook

https://www.facebook.com/groups/2872381 ... 3377295329
https://www.facebook.com/mimma.criaco.3?fref=nf

Mimma, permettimi una considerazione personale e di consigliarti la lettura del libro 'La comunicazione interculturale: competenze e pratiche' di Ida Castiglioni, dove viene spiegato il modello dinamico di Bennett riguardo la sensibilità interculturale. Io credo nell'unione; credo che un giorno l'umanità intera prenderà coscienza del fatto che i 'confini' creati a tavolino sono una mera illusione per controllare meglio le nostre paure, per farci temere la diversità. Penso che la conoscenza sia alla base della nostra esperienza evolutiva e che chiudersi in sé stessi, circondati da un alto muro, sia una regressione ideologica per questa umanità. 'Non vedo e quindi non esiste' penso sia una fase della vita che si supera a tre anni con il bubusettete. Io capisco le tue motivazioni, capisco il tuo background culturale e che queste parole derivino da una posizione di difesa e di paura nei confronti del fantomatico 'altro', ma, se posso, ti consiglio di scegliere bene le parole che usi per esprimere i tuoi concetti valoriali, perché possono essere fraintesi, soprattutto avendo tu in parte a che fare con l'educazione di generazioni ancora malleabili. Un caro saluto e spero tu accolga il mio consiglio di lettura. PIPPONE N.1 della mia ex allieva

Risposta di Mimma
Intanto il "pezzo" non è mio, l'ho condiviso perché riflette bene lo stato d animo esasperato di chi si rende conto che la nostra società, il nostro modo di vivere, sono minacciati da questa continua invasione di gente la quale della nostra cultura apprezza solo le comodità e il parassitaggio che offre loro...grazie x la lezione di mondialismo, ti auguro di cuore che questa tua visione della vita non venga mai turbata dal "nuovo" che avanza...dici di capire il mio background? Non credo proprio, altrimenti coglieresti la motivazione che c è dietro a questa chiusura, come la definisci tu...proprio perché sono nata e ho vissuto in un ambiente dove la donna deve tacere, non deve fare questo non deve andare qui piuttosto che la, non può vestirsi come meglio crede nè scegliere il tipo di studi da fare perché degli uomini hanno cosi decretato, adesso sono consapevole che le culture tanto ammirate da voi giovani " illuminati" peaceandloveallovertheworld hanno come obiettivo di instaurare e accettare una sola cultura, la loro...liberissima di illuderti che il multiculturalismo renderà il mondo migliore, ma fra qualche tempo temo che dovrai disilluderti, e il libro che mi consigli di leggere magari sarà usato in qualche falò dei tuoi amati apportatori di cultura...aspettiamo qualche anno, poi si vedrà...per quanto riguarda la mia professione io mi limito a fornire emozioni chimiche e biologiche non faccio filosofia, e siccome PER ORA mi è consentito avere le mie opinioni, nonostante divergano dal sentire comune del vostro background più evoluto, mi riservo la facoltà di esprimerle come tu hai la facoltà di aborrirle...anche i paesi scandinavi credevano nell unione e nell intercultura...risultati? Donne stuprate no go zone violenze e soprusi all ordine del giorno...è bella l' idea del mondo perfetto cosi cara a voi intellettualoidi, ma temo che cozzi con la realtà dei fatti...gli zingari sono apolidi, non hanno confini, infatti rompono il cazzo ovunque... purtroppo vedo cosa sta arrivando, e non ho 3 anni...grazie per il predicozzo, auguri per tutto...RISPOSTA AL PIPPONE N.1




Alberto Pento
Non tutti gli altri sono fantomatici altro di cui aver paura e da tenere distanti o da respingere, ma alcuni sì, come questo altro islamico:


Religione e religiosità come ossessione, come grave malattia, grave disturbo della mente e dell'anima o psico-emotivo
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Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... Khan-1.jpg


Questa del Bennett mi pare un'altra presuntuosa e assurda manipolazione della realtà, come la teoria del gender e tante altre demenziali e innaturali utopie che si sono presentate nella storia e che di fatto divengono crimini contro l'umanità e che producono immani sofferenze e milioni di morti.


Gender
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Re: Sviluppo della sensibilità interculturale di Bennett

Messaggioda Berto » lun apr 17, 2017 12:34 pm

Milton J. Bennett ha fondato e dirige l'Istituto di Comunicazione interculturale di Portland in Oregon; è stato volontario per il Peace Corps in Micronesia e professore di comunicazione alla Portland State University in Oregon. Tiene corsi e conferenze sulla comunicazione interculturale in tutto il mondo.
http://www.sociologia.unimib.it/default ... rsonale=99

http://www.idrinstitute.org/page.asp?menu1=15
https://en.wikipedia.org/wiki/Bennett_scale



Sviluppo della sensibilità interculturale di Bennett
Modello di sviluppo della sensibilità interculturale di Milton J. Bennett

https://deontologiabioetica.wordpress.c ... di-bennett

Bennett (1993) definisce la sensibilità interculturale in termini di fasi della crescita personale. Il suo modello di sviluppo presuppone un continuo miglioramento nel raffronto con le differenze culturali, spostandosi dall’etnocentrismo attraverso le fasi di maggiore riconoscimento e accettazione delle differenze che Bennett chiama “etnorelativismo”.

Il concetto principale che sta alla base del modello di Bennett è quello che lui chiama “differenziazione”, ovvero il modo in cui un individuo sviluppa la capacità di riconoscere e convivere con le differenze. La “differenziazione” si riferisce a due fenomeni: il primo è che gli individui vedono una stessa cosa in modi diversi, il secondo è che “le culture sono diverse le une dalle altre in modo da mantenere schemi di differenziazione o visioni del mondo diverse”. Questo secondo aspetto si riferisce al fatto che secondo Bennett le culture offrono diversi modi per interpretare la realtà e aiutano a percepire il mondo che ci circonda. Questa interpretazione della realtà o visione del mondo è diversa da una cultura all’altra

Sviluppare la sensibilità interculturale significa imparare a riconoscere e ad affrontare le principali differenze tra culture nel percepire il mondo.

Modello di Sviluppo della Sensibilità Interculturale

Le Fasi Etnocentriche

1. Negazione

Isolamento
Separazione

2. Difesa

Denigrazione
Superiorità
Ribaltamento

3. Minimizzazione

Universalismo

Fisico
Universalismo
Trascendentale

Le Fasi Etnorelative

4. Accettazione

Rispetto delle Differenze
Comportamentali
Rispetto della Differenza di Valori

5. Adattamento

Empatia
Pluralismo

6. Integrazione

Valutazione
Contestuale
Marginalità
Costruttiva

Le fasi etnocentriche

L’etnocentrismo viene considerato da Bennett come la fase nella quale l’individuo presuppone che la sua visione del mondo sia centrale nella realtà. La” negazione” sta alla base della visione etnocentrica del mondo e significa che un individuo nega qualsiasi differenza e l’esistenza di altre visioni della realtà. Questa negazione si può basare sull’isolamento, in cui le possibilità di trovarsi di fronte alla differenza sono scarse o nulle, in maniera tale che l’esisten- za della differenza non può essere percepita; oppure si può basare sulla separazione, in cui la differenza viene intenzionalmente “separata” e un individuo o un gruppo crea di proposito delle barriere tra coloro che sono “diversi”, in modo tale da non doversi confrontare con la differenza. La separazio- ne richiede quindi un momento in cui si riconosce la differenza, e rappresenta un passaggio verso l’isolamento. La discriminazione razziale che ancora esiste nel mondo è un esempio di questa fase di sepa- razione.

Individui provenienti da gruppi oppressi tendono ad ignorare la fase di negazione, dal momento che è difficile negare che esista una differenza, se è il loro essere diversi o vedere il mondo in modo diverso a venire negato.

La seconda fase viene descritta da Bennett come difesa. La differenza culturale può essere percepita come una minaccia poiché offre alternative al senso di realtà di ciascun individuo e perciò alla propria identità. Nella fase di difesa la differenza viene per- cepita, ma ci si oppone ad essa.

La strategia più comune per opporsi è la denigrazione, in cui la visione diversa del mondo viene valutata in modo negativo. Gli stereotipi e il razzismo nella sua forma più estrema sono esempi di strategie di denigra- zione. L’altro aspetto della denigrazione è rappresentato dalla superiorità, in cui si tende a dare maggiore enfasi agli elementi positivi di ciascuna cultura e poca o nessuna attenzione all’altra cultura, implicitamente valutata inferiore. A volte capita che venga utilizzata una terza strategia per affrontare la parte minacciosa della differenza, chiamata da Bennett “ribaltamento”. “Ribaltamento” significa che un individuo considera superiore l’altra cultura, denigrando la propria. Questa strategia può sembrare a prima vista più sottile, ma implica semplicemente la sostituzione del centro dell’etnocentrismo (la propria cultura) con un altro.

L’ultima fase dell’etnocentrismo viene chiamata da Bennett minimizzazione. Quando la differenza viene riconosciuta non può non essere combattuta con strategie di denigrazione o superiorità, tuttavia si cerca di minimizzare il suo significato. Le analogie vengono indicate per superare la differenza culturale che viene in tal modo resa insignificante. Bennett fa notare che molte organizzazioni sembrano percepire quella che lui chiama “minimizzazione” come l’ultima fase dello sviluppo interculturale, cercando di realizzare un mondo con valori condivisi e basi comuni. Queste basi comuni ruotano intorno all’universalismo fisico, cioè intorno alle affinità biologiche di base degli esseri umani. Dobbiamo tutti mangiare, digerire e prima o poi morire. Se la cultura non è altro che un’estensione della biologia, il suo significato viene minimizzato.

Le fasi etnorelative

“Per l’etnorelativismo è fondamentale il presupposto che le culture sono relative le une alle altre e che un particolare comportamento può essere compreso solo all’interno di un contesto culturale”. Nelle fasi etnorelative, la differenza non viene più considerata una minaccia, ma una sfida. Viene fatto un tentativo per sviluppare nuove categorie che aiutino a comprendere piuttosto che a preservare quelle esistenti.

L’etnorelativismo inizia con l’accettazione della differenza culturale. Accettare che il comportamento verbale e non verbale vari a seconda delle culture e che tutte queste variazioni vadano rispettate è il primo passo dell’accettazione. Secondo, questa accetta- zione viene estesa alle visioni di base del mondo e dei valori. Questa seconda fase implica la conoscenza e la percezione dei propri valori come frutto della cultura. I valori vengono intesi come processo e stru- mento per organizzare il mondo piuttosto che come qualcosa che si “possiede”.

Persino i valori che implicano la denigra- zione di un particolare gruppo possono avere una funzione nell’organizzazione del mondo, senza escludere che tutti possano avere una propria opinione su questo valore.

La fase successiva, l’adattamento, si basa sull’accettazione della differenza culturale. L’adattamento deve essere visto in contrasto con l’assimilazione in cui i valori, le visioni del mondo o i comportamenti diversi ven- gono assorbiti rinunciando alla propria identità. L’adattamento è un processo di “aggiunta”. Il nuovo comportamento, adatto ad una determinata visione del mondo, viene acquisito e aggiunto al repertorio dei comportamenti di ciascuno, con nuovi stili di comunicazione. La cultura ha bisogno di essere vista come un processo, qualcosa che si sviluppa e si evolve, piuttosto che come un qualcosa di statico.

Fondamentale per l’adattamento è l’empatia, ossia la possibilità di percepire una situazione in modo diverso rispetto a come viene presentata dal background culturale di ogni individuo. Si tratta del tentativo di capire l’altra persona accettando il suo punto di vista.

Nella fase del pluralismo, l’empatia viene estesa in modo tale da permettere ad un indi- viduo di fare affidamento su diversi schemi di riferimento o schemi culturali multipli. Lo sviluppo di questi schemi richiede una lunga permanenza in un contesto culturale diverso. La differenza viene quindi conside- rata come parte della vita normale di un individuo, che la interiorizza in uno o più schemi culturali diversi.

Bennett chiama l’ultima fase integrazione. Mentre nella fase di adattamento esistono diversi schemi di riferimento per ciascun individuo, nella fase di integrazione si tenta di ridurre i vari schemi ad uno solo, che non sia né la riaffermazione di una cultura, né una semplice comodità per la pacifica coesistenza di diverse visioni del mondo. L’integrazione richiede una definizione continua dell’identità del singolo individuo in termini di esperienze vissute. Questo potrebbe portare a non appartenere più a nessuna cultura, ma essere per sempre un “outsider integrato”.

La valutazione contestuale come prima fase dell’integrazione implica l’abilità di valutare le diverse situazioni e visioni del mondo da uno o più background culturali. In tutte le altre fasi si è evitata la valutazione, al fine di andare oltre quelle che possono essere le valutazioni etnocentriche. Nella fase di valutazione contestuale gli individui sono in grado di passare da un contesto culturale all’altro, a seconda delle circostanze. La valutazione fatta è quella ritenuta migliore. Bennett fa l’esempio di scelta interculturale: “E’ bene far riferimento direttamente ad un errore commesso di persona o da qualcun altro? Nella maggior parte dei contesti ame- ricani varrebbela prima ipotesi, mentre in quelli giapponesi la seconda. Tuttavia, in alcuni casi sarebbe bene usare uno stile americano in Giappone e vice versa; la capacità di utilizzare entrambi gli stili fa parte dell’adattamento. La considerazione etica rispetto al contesto nell’operare la scelta fa parte dell’integrazione”.

Come fase finale la marginalità costruttiva, viene descritta da Bennett come una sorta di punto di arrivo e non come la fine dell’apprendimento. Il fatto di non appartenere a nessuna cultura ed essere un outsider, implica uno stato di totale auto-riflessione. Il raggiungimento di questa fase permette, d’altra parte, la vera mediazione interculturale, la capacità di operare secondo diverse visioni del mondo.

Il modello di Bennett si è rivelato un buon punto di partenza per creare corsi di formazione e di orientamento che sviluppino la sensibilità interculturale. Sottolinea l’im- portanza della differenza nell’apprendimento interculturale ed indica alcune strategie per affrontare la differenza.

Secondo Bennett l’apprendimento interculturale è un processo caratterizzato da un continuo progresso (con la possibilità di andare avanti nel processo, ma anche di tornare indietro) ed è possibile misurare la fase raggiunta da un individuo in termini di sensibilità interculturale. Viene da chiedersi se l’apprendimento interculturale debba sempre seguire esattamente questa sequenza:

una fase che pone le basi per la successiva. Tuttavia, interpretando il processo in modo meno rigido in termini di fasi che devono susseguirsi, e più in termini di diverse stra- tegie con cui affrontare le differenze appli- cate a seconda delle circostanze e delle capacità, il modello rivela gli ostacoli prin- cipali e i metodi utili nell’apprendimento interculturale.

L’importanza per il lavoro giovanile

Le diverse fasi che Bennett descrive costituiscono uno schema di riferimento utile per studiare i gruppi, i contenuti e i metodi più adatti per insegnare a sviluppare la sensibilità interculturale. E’ necessario fare opera di sensibilizzazione alla differenza o ci si deve concentrare ad accettare tali differenze? L’idea di sviluppo tiene conto di un approccio pratico secondo il quale bisogna agire. Bennett suggerisce le conseguenze legate alla formazione in tutte le sue fasi. In un evento internazionale giovanile, molti dei processi descritti da Bennett si verifica- no tutti concentrati. Il suo modello è utile per osservare e capire cosa accade e come affrontare le diverse situazioni.

Infine, il modello di sviluppo indica chiaramente qual’è lo scopo del lavoro di appren- dimento interculturale: arrivare ad una fase dove la differenza viene considerata normale ed integrata nell’identità di ciascun individuo, e in cui si possono tenere in conside- razione schemi culturali di riferimento diversi.

Sintesi

Avendo osservato le diverse idee sull’apprendimento, la cultura e le esperienze interculturali dovrebbe essere chiaro che l’apprendimento interculturale è un processo. Questo processo richiede la conoscenza di se stessi e delle proprie origini, prima di riuscire a capire gli altri. E’ un processo difficile in quanto contiene idee ben radicate su ciò che è bene e ciò che è male, sull’organizzazione del mondo e della propria vita. Nell’apprendimento interculturale ciò che diamo per scontato e a cui ci aggrappiamo è messo in discussione. L’apprendimento interculturale, come ha mostrato Bennett, è una sfida per la propria identità – ma può diventare un modo di vivere e allo stesso tempo un modo per arricchire la propria identità.

Bennett ha dato al suo modello una visione più politica: considerato che l’apprendimento interculturale è un processo individuale, è essenziale imparare come si vive insieme in un mondo diversificato. L’apprendimento interculturale visto in questa prospettiva, è il punto di partenza per una convivenza pacifica.
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Re: Sviluppo della sensibilità interculturale di Bennett

Messaggioda Berto » lun apr 17, 2017 12:35 pm

Apprendimento e valori interculturali in europa
http://pjp-eu.coe.int/documents/1017981 ... c9c1c27d6a

Identità: nazionalista o cittadino del mondo?

Queste nuove società, pluraliste e multiculturali, creano incertezza. I punti di riferimento culturali che vuole la tradizione svaniscono; l’aumento della diversità può essere percepito come una minaccia alla nostra
identità. Gli elementi e i punti di riferimento principali stanno cambiando rapidamente o perdono il loro significato: nazione, territorio, religione, ideologia politica, professione, famiglia. I modelli tradizionali di
appartenenza si sono dissolti e riuniti performare nuove espressioni di cultura. Ci ritroviamo così ad essere come “nomadi” in cerca di nuovi punti di riferimento sempre più individualisti.
I gruppi ideologicamente chiusi come le sette sono in aumento, il nazionalismo ritorna in auge, le responsabilità passano in mano ai “leader più forti”.
L’incertezza economica, la crescita dell’ingiustizia sociale e la polarizzazione generano insicurezza. Un’intesa globale che porta a conclusioni poco chiare, si scontra con gli interessi di appartenenza ad un particolare e ben definito gruppo.
Attraverso cosa viene definita la nostra identità in questo mondo in continuo cambiamento? Che tipo di riferimento e orientamento possiamo trovare? Come cambierà l’intesa di identità? Saremo in grado di sviluppare idee aperte per la nostra vita, in costante comunicazione e scambio con quelle degli altri?
Sarà possibile riacquistare fiducia nei nostri riferimenti culturali e allo stesso tempo sentire una responsabilità globale e un senso di appartenenza, in quanto cittadini d’Europa e del mondo?



A casa nostra non siamo nomadi e non esiste la cittadinanza del mondo.

Diritti Umani Universali che non esistono
viewtopic.php?f=25&t=2584

Migrare e non migrare, accogliere e non accogliere, diritti e doveri
viewtopic.php?f=194&t=2498

Manipolazione criminale dei valori e dei diritti umani universali, quando il male appare come bene
viewtopic.php?f=25&t=2484

Democrazia etnica, apartheid e dhimmitudine
viewtopic.php?f=141&t=2558

La proprietà non è un furto e un male ma un bene prezioso e rubare non è un bene ma un male
viewtopic.php?f=141&t=2495
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Re: Sviluppo della sensibilità interculturale di Bennett

Messaggioda Berto » mar apr 18, 2017 8:22 am

Ma quali sono i valori spirituali e umani dell'Islam?
viewtopic.php?f=188&t=2580

Religione e religiosità come ossessione, come grave malattia, grave disturbo della mente e dell'anima o psico-emotivo
viewtopic.php?f=141&t=2527

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