Mafia, camorra, complottismo, massoneria, Unità d'Italia

Re: Mafia, camorra, complottismo, massoneria, Unità d'Italia

Messaggioda Berto » dom mar 03, 2019 10:25 am

Un po' di storia seria
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Mafia, camorra, complottismo, massoneria, Unità d'Italia

Messaggioda Berto » gio mar 21, 2019 11:35 pm

La superloggia massonica di Castelvetrano controllava tutto: e sapeva pure dell'inchiesta
21/03/2019
Franco Nicastro

https://www.lasicilia.it/news/cronaca/2 ... iesta.html

CASTELVETRANO - Nella terra di Matteo Messina Denaro si era radicato un sistema di potere che aveva come base una superloggia massonica segreta. E da lì aveva incanalato affari e interessi lungo mille rivoli politici e istituzionali che andavano dal ministero dell’Interno alla polizia, dall’Assemblea regionale ai carabinieri. Quel sistema metteva sabbia nelle indagini della magistratura, violava il segreto su intercettazioni e attività di intelligence, gestiva pacchetti di voti, posti di lavoro, carriere e un mercato di facili pensioni. E sapeva pure dell'inchiesta che oggi ha portato all'arresto di 27 persone tra cui alcuni personaggi eccellenti come l’ex deputato regionale Giovanni Lo Sciuto, eletto tra gli autonomisti del Mpa e poi transitato in Forza Italia, e l’ex presidente dell’Ars Francesco Cascio pure lui di Forza Italia.

È uno scenario impressionante quello descritto nelle carte di un’inchiesta della Procura di Trapani che, affondando le mani nel verminaio di Castelvetrano, con il comune sciolto per mafia, è sfociata nella raffica di arresti.

Lo Sciuto era stato vice presidente della commissione cultura nel parlamento siciliano prima di passare alla commissione regionale antimafia per svolgere, proclamava, il ruolo di «sentinella alla Regione per l’intera provincia di Trapani e per Castelvetrano». Non manca qualche rappresentante del potere locale come gli ex sindaci di Castelvetrano, Luciano Perricone e Felice Errante, e l'ex vice sindaco Vincenzo Chiofalo. E di striscio viene toccato anche Roberto Lagalla, ex rettore dell’università di Palermo e attuale assessore regionale alla Formazione: è sospettato di avere avuto un ruolo nell’assegnazione di una borsa di studio alla figlia di un lobbista di provincia.

Contribuiscono a rendere più torbido il quadro delle collusioni anche tre poliziotti: Salvatore Passanante, ispettore in servizio presso il commissariato di polizia di Castelvetrano; Salvatore Virgilio assistente capo della sezione di Trapani della Dia; Salvatore Giacobbe, in servizio presso la questura di Palermo. Erano loro a fare sapere a Lo Sciuto che era intercettato. Innescando così uno sconvolgimento nella fitta rete di relazioni e di collusioni. Fino alla conferma venuta dall’alto: a certificare che lo Sciuto era ascoltato sarebbe stato Giovannantonio Macchiarola, capo della segreteria particolare del ministro dell’Interno del tempo, Angelino Alfano.

Lo Sciuto è la figura centrale di questa inchiesta in piedi da tre anni. Nata dopo una segnalazione anonima e cresciuta sull'onda di reportage giornalistici, ha subito puntato i riflettori sulla loggia segreta alla quale facevano capo molti dei protagonisti dell’operazione «Artemesia», come l’ha chiamata la Procura diretta da Alfredo Morvillo adottando una pianta medicinale usata per operazioni di pulizia gastrica. In cambio delle «soffiate» avrebbero ottenuto favori personali oppure assunzioni all’Anfe, un ente di formazione presieduto da Paolo Genco, un altro finito nella cerchia degli indagati.

Un corposo capitolo dell’inchiesta è dedicato alle pensioni di invalidità. Sono una settantina quelle sospette concesse grazie al ruolo svolto da Rosario Orlando, già responsabile del centro medico legale dell’Inps e poi componente delle commissioni di invalidità civile. È sua figlia ad avere beneficiato, a quanto pare, della borsa di studio.

Ma il centro del sistema di potere ruotava attorno alla loggia segreta. Un intreccio occulto tra mafia e massoneria deviata sul quale aveva accesso i riflettori anche la commissione Antimafia presieduta da Rosi Bindi, che aveva portato allo scioglimento per mafia del consiglio comunale.

La loggia seguiva anche le mosse della magistratura sul sistema di potere occulto di Castelvetrano. A diffondere l’informazione che a Giovanni Lo Sciuto aveva creato il panico era stato Arturo Corso, odontotecnico e massone di Salemi. A Lo Sciuto aveva anticipato, nel novembre 2016, che la magistratura stava per emettere 23 avvisi di garanzia. E che avesse puntato sulla massoneria come snodo della rete di potere era dimostrato dal fatto che aveva censito 19 logge massoniche in provincia di Trapani e ricostruito le liste con 460 iscritti.

Queste notizie, ma anche alcune anticipazioni giornalistiche, avevano suscitato grande apprensione in Lo Sciuto. Al fratello Antonino aveva ordinato di cancellarsi dalla loggia Hypsas e al venerabile gran maestro aveva chiesto di fare scomparire il suo nome. Aveva perfetta cognizione sulla direzione dell’indagine. E a un amico confidava «Anche a Roma lo sanno».
Ma la rivelazione che lo aveva impressionato era soprattutto quella di Corso sui possibili destinatari dei provvedimenti del gip: «Tuo fratello c'è, tuo fratello c'è».



Castelvetrano, scoperta una superloggia segreta. Ai domiciliari l’ex deputato Cascio, rivelò l'indagine
Nella città di Messina Denaro, un gruppo di potere guidato dall’ex deputato regionale Lo Sciuto, arrestato pure il candidato sindaco Perricone e l’ex sindaco Errante. Indagato l'ex segretario del ministro Alfano, avrebbe svelato l'inchiesta a Cascio. Avviso di garanzia all'assessore regionale Lagalla
SALVO PALAZZOLO
21 marzo 2019

https://palermo.repubblica.it/cronaca/2 ... -222119820

Castelvetrano, la città dei misteri. Non solo attorno al superlatitante Matteo Messina Denaro. Ora, salta fuori pure una superloggia segreta formata da massoni, politici e professionisti che riusciva ad orientare le scelte del Comune, ma anche nomine e finanziamenti a livello regionale. Una loggia in grado di ottenere persino notizie riservate sulle indagini in corso della magistratura.

La notte scorsa, 27 persone sono state arrestate dai carabinieri del nucleo Investigativo di Trapani, altre dieci sono indagate a piede libero: a capo del gruppo ci sarebbe stato l'ex deputato regionale di Forza Italia Giovanni Lo Sciuto; dell'associazione segreta avrebbe fatto parte anche il candidato sindaco di Castelvetrano Luciano Perricone e l'ex sindaco Felice Errante, entrambi finiti ai domiciliari. Stessa misura cautelare per l'ex deputato di Forza Italia Francesco Cascio, accusato di aver favorito il gruppo di Lo Sciuto: avrebbe rivelato l'esistenza delle intercettazioni di Trapani dopo averlo saputo - questa l'accusa - dall'allora segretario del ministro dell'Interno Angelino Alfano, Giovannantonio Macchiarola, che è indagato per rivelazione di notizie riservate, sarà interrogato domani.

In carcere sono finiti invece tre poliziotti, Salvatore Passannante, Salvatore Virgilio (in servizio alla Dia di Trapani) e Salvatore Giacobbe. Erano loro a fare sapere a Lo Sciuto che era intercettato. Innescando così uno sconvolgimento nella fitta rete di relazioni e di collusioni. Fino alla conferma venuta dall'alto: a certificare che lo Sciuto era ascoltato sarebbe stato Macchiarola.

Un avviso di garanzia è stato notificato all'ex rettore di Palermo Roberto Lagalla, oggi assessore regionale all'Istruzione: secondo la ricostruzione della procura di Trapani avrebbe avuto un ruolo nella concessione di una borsa di studio alla figlia di uno dei professionisti arrestati. E adesso è indagato per abuso d'ufficio.
Castelvetrano, scoperta una superloggia segreta. Ai domiciliari l’ex deputato Cascio, rivelò l'indagine

Giovanni Lo Sciuto

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L'inchiesta coordinata dal procuratore Alfredo Morvillo, dall'aggiunto Maurizio Agnello e dai sostituti Sara Morri, Andrea Tarondo e Francesca Urbani è stata chiamata "Artemesia" (una pianta medicinale usata per operazioni di pulizia gastrica) e descrive "un'associazione a delinquere segreta" attorno a Giovanni Lo Sciuto, che nel 1998 un esposto anonimo indicava come finanziatore della latitanza di Matteo Messina Denaro. All'epoca, le indagini dissero che era in società con la sorella e il cognato del superboss, ma non emerse altro e il caso venne archiviato. Nel 2012, il medico di Castelvetrano era diventato deputato regionale con il movimento per le autonomie, poi dopo una parentesi nell'Ncd l'arrivo in Forza Italia. Lo Sciuto aveva lasciato la commissione Lavoro per entrare nella commissione Antimafia, con tanto di proclama: "Cercherò di essere la sentinella alla Regione per l'intera provincia di Trapani e per Castelvetrano in particolare".
La loggia
L'impegno antimafia era solo una facciata, Lo Sciuto avrebbe avuto a cuore soprattutto il suo bacino elettorale, da ampliare attraverso una serie di affari gestiti con il "gruppo occulto": fra i componenti, i massoni Giuseppe Berlino (ex consigliere comunale di Castelvetrano) e Gaspare Magro (commercialista) - entrambi finiti in carcere - nonché il vice sindaco della città, Vincenzo Chiofalo, ai domiciliari. Controllavano nomine, facevano segnalazioni e raccomandazioni, avrebbero imposto persino quattro assessori massoni nella giunta Errante. Gli inquirenti parlano di un "controllo generalizzato e penetrante delle scelte politiche e amministrative". Non solo al Comune, ma anche al parco archeologico di Selinunte, all'Inps di Trapani e persino alla Regione, dove Berlino avrebbe ricevuto gli appoggi giusti per entrare nella segreteria tecnica dell'assessore ai Beni culturali. Lo Sciuto avrebbe controllato pure finanziamenti regionali e soprattutto un fiume di pensioni di invalidità, sono 70 quelle al vaglio degli inquirenti.

L'ex deputato regionale sarebbe riuscito a pilotarne tante, grazie a "uno stabile accordo corruttivo", dicono i magistrati, con Rosario Orlando, già responsabile del centro medico legale dell'Inps e poi componente delle commissioni di invalidità civile. La figlia di Orlando avrebbe beneficiato di una borsa di studio, per questa vicenda è indagato l'assessore regionale Lagalla.

Un altro grande elettore dell'esponente politico era Paolo Genco, presidente dell'ente di formazione professionale Anfe, pure lui è finito in manette: avrebbe fornito sostegno economico e assunzioni, in cambio Lo Sciuto si sarebbe prodigato per l'approvazione di delibere e progetti di legge regionali riguardanti l'Anfe. Un intreccio occulto tra mafia e massoneria deviata sul quale aveva accesso i riflettori anche la commissione Antimafia presieduta da Rosi Bindi, che aveva portato allo scioglimento per mafia del consiglio comunale.

Accuse e nomi
I reati contestati dalla procura di Trapani vanno dalla corruzione alla concussione, dal traffico di influenze illecite al peculato alla truffa aggravata, alla falsità materiale, alla rivelazione di segreto d'ufficio, al favoreggiamento, all'abuso d'ufficio, all'associazione a delinquere segreta finalizzata ad interferire con la pubblica amministrazione (la violazione della cosiddetta legge Anselmi). Per gli stessi reati sono stati notificati anche cinque obblighi di dimora, una misura interdittiva e quattro avvisi di garanzia.

I nomi degli arrestati: Giovanni Lo Sciuto, Paolo Genco, Gaspare Magro, Giuseppe Angileri, Isidoro Calcara, Salvatore Passanante, Salvatore Virgilio, Salvatore Giacobbe, Rosario Orlando e Giuseppe Berlino.

Vanno ai domiciliari: Maria Luisa Mortillaro, Vincenzo Giammarinaro, Francesco Cascio, Adelina Barba, Sebastiano Genna, Giovanna Di Liberto, Giuseppe Cammareri, Vincenza Daniela Lentini, Gaetano Salerno, Antonio Di Giorgio, Alessio Cammisa, Antonietta Barresi, Francesco Messina Denaro, Vincenzo Chiofalo, Tommaso Geraci, Felice Errante, Luciano Perricone.

L'obbligo di dimora è stato imposto a Valentina Li Causi, Filippo Daniele Clemente, Arturo Corso, Gaetano Bacchi e Zina Maria Biondo. Una misura interdittiva è stata notificata a Giorgio Saluto.
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Re: Mafia, camorra, complottismo, massoneria, Unità d'Italia

Messaggioda Berto » gio mag 28, 2020 7:54 am

Camorra, colpo all'Alleanza di Secondigliano: oltre 100 arresti
26 giugno 2019

https://www.quotidiano.net/cronaca/vide ... -1.4665443

Duro colpo alla camorra. Arrestati oltre 100 presunti esponenti dell'alleanza di Secondigliano. Imponente operazione all'alba dei carabinieri del Ros e del comando provinciale di Napoli, con l'esecuzione su tutto il territorio nazionale di oltre 100 provvedimenti cautelari emessi dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli su richiesta della Procura della Repubblica partenopea nei confronti di persone ritenute appartenenti ai clan Contini, Mallardo e Licciardi. Nel contempo, la guardia di finanza ha sottoposto a sequestro l'ingente patrimonio illecitamente accumulato dai clan.



Camorra, 126 arresti: "Ospedale era sede sociale Alleanza di Secondigliano. Il clan aveva una talpa nell'ufficio gip di Napoli"
26 Giugno 2019

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/0 ... an/5282330

L’ospedale San Giovanni Bosco di Napoli era la “sede sociale” dell’Alleanza di Secondigliano. Lo ha spiegato il procuratore di Napoli, Giovanni Melillo, commentando l’operazione anti camorra che ha potato a 126 arresti. Un’inchiesta che ha decapitato i clan Contini, Mallardo e Licciardi e portato al sequestro di un ingente patrimonio nei confronti delle persone colpite dai provvedimenti cautelari emessi dal gip di Napoli. “Gli uomini dei Contini controllavano il funzionamento dell’ospedale, dalle assunzioni, agli appalti, alle relazioni sindacali. L’ospedale era diventata la base logistica per trame delittuose, come per le truffe assicurative attraverso la predisposizione certificati medici falsi”, ha detto Melillo durante la conferenza stampa del maxi-blitz. La ministra della Salute Giulia Grillo chiederà lo scioglimento dei vertici dell’ospedale per infiltrazione mafiosa al Comitato nazionale per la sicurezza e l’ordine pubblico di domani, giovedì.

Oltre agli arresti, eseguiti in tutta Italia e in alcuni Paesi esteri, l’operazione ha portato la Guardia di finanza a mettere i sigilli a beni mobili e immobili riconducibili ai clan dell’Alleanza per un totale di circa 130 milioni di euro. Si tratta di uno dei colpi più duri inferti dalle forze dell’ordine e dalla magistratura al cartello criminale fondato alla fine degli anni ’80 dai boss Edoardo Contini, detto “ò Romano”, Francesco Mallardo, soprannominato “Ciccio ‘e Carlantonio” e da Gennaro Licciardi, alias “à scign”.

“Una talpa nell’ufficio gip” – L’indagine ha ricostruito come il clan Contini riuscisse ad anticipare e prevenire le azioni di contrasto di magistratura e forze dell’ordine grazie a una rete di fiancheggiatori tra i quali figura anche una dipendente dell’Ufficio Gip del Tribunale di Napoli. Si tratta di Concetta Panico (finita ai domiciliari), imparentata con Antonio Pengue (in carcere), uno dei presunti affiliati al clan. Quest’ultimo, attraverso la Panico, nel 2014, venne a conoscenza in anticipo dell’emissione di una ordinanza di custodia per 90 presunti esponenti al clan Contini. A gestire la rete di fiancheggiatori era il gruppo dei Contini, che fa capo ad Antonio Muscerino. In quell’occasione Pengue ricevette rassicurazioni sul fatto che tra gli indagati non figuravano nè lui nè Muscerino. Il tutto emerge da alcune intercettazioni. In sostanza la Panico, è emerso dalle indagini, attraverso un accesso abusivo al sistema, era riuscita a visualizzare, il 15 gennaio 2014, l’elenco dei destinatari delle misure cautelari che vennero poi eseguite.

“Denaro da chi ospitava i rifugiati” – Il blitz ha interessato non solo la provincia di Napoli e altre regioni italiane ma anche diversi Stati esteri, dove i militari dell’Arma – tramite l’Interpol – si sono avvalsi della collaborazione delle locali forze di polizia. Le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia partenopea, hanno portato alla contestazione agli indagati di numerosi reati che vanno dall’associazione di tipo mafioso al traffico di sostanze stupefacenti, all’estorsione, all’usura, al riciclaggio ed altri gravi reati. Di fatto – secondo i pm antimafia Ida Teresi, Alessandra Converso e Maria Sepe coordinate dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli – sono stati ricostruiti gli assetti gerarchici interni all’Alleanza di Secondigliano e sono stati documentati i numerosi reati commessi dagli affiliati, “indicatori della pervicace capacità di intimidazione esercitata sul territorio”. Il clan Contini, inoltre, stando alle indagini, prendeva una quota del denaro che un albergatore napoletano percepiva dalla Regione Campania per ospitare i rifugiati. Questo dimostra, ha detto ancora il questore di Napoli, “l’agilità del clan, in grado di sfruttare a proprio favore anche i flussi migratori”. A questo particolare business era deputata una frangia del clan Contini.

I boss? Erano anche le donne – Anche le donne erano a capo dell’Alleanza di Secondigliano: l’inchiesta sha confermato il ruolo apicale delle tre sorelle Aieta (sposate con Edoardo Contini, Francesco Mallardo ed Patrizio Bosti, ndr) e di Maria Licciardi (sorella del defunto boss Gennaro Licciardi e l’unica facente parte dei vertici ad essere sfuggita al blitz). Non solo svolgevano il compito di tenere i contatti con i boss al 41bis ma prendevano decisioni importanti per la vita del potente cartello criminale che controllava le attività illecite in alcuni quartieri di Napoli e che avevano messo in piedi anche attraverso prestanome importanti attività imprenditoriali e commerciali in tutta Italia.

Anche un avvocato tra gli indagati – Tra gli indagati c’è anche un noto avvocato napoletano che ha tra i suoi clienti il Patrizio Bosti: è accusato da alcuni collaboratori di giustizia di avere tenuto in piedi una interlocuzione tra il boss Edoardo Contini, detenuto al 41bis, e gli affiliati di alto rango dell’omonimo clan. Stamattina le forze dell’ordine hanno eseguito delle perquisizioni nei suoi uffici. Al penalista la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli contesta il concorso esterno in associazione mafiosa. La Procura ha chiesto che all’avvocato venisse notificata una misura cautelare, istanza rigettata però dal gip di Napoli Roberto D’Auria.


Maxi blitz a Napoli, ecco i nomi di tutti gli arrestati: le mani della camorra sull'ospedale San Giovanni Bosco
26 giugno 2019

https://www.ilmattino.it/napoli/cronaca ... 82234.html

Restituisce un quadro allarmante del livello criminale napoletano, lontano dalla «polverizzazione» degli anni scorsi ma caratterizzato «da una sofisticata regia mafiosa»: l'indagine della Procura di Napoli sulla cosiddetta Alleanza di Secondigliano si concentra su una camorra che non spara (o quasi) ma pensa agli affari. Oggi un maxi blitz interforze coordinato dalla Procura, che ha coinvolto polizia, carabinieri, Guardia di Finanza e Dia, ha assestato un duro colpo alla federazione criminale delle famiglie Contini, Licciardi e Mallardo. Complessivamente sono state emesse 126 misure cautelari (89 in carcere e 36 ai domiciliari e un divieto di dimora in Campania).

All'arresto sono sfuggiti alcuni esponenti dei Licciardi, tra cui Maria Licciardi, sorella di uno dei fondatori dell'Alleanza, Gennaro Licciardi, detto «la scimmia». I finanzieri hanno sequestrato in tutta Italia beni per oltre 130 milioni di euro - aziende, auto, moto, una barca, abitazioni, società, attività commerciali e imprenditoriali, orologi di pregio e diamanti. Fondata da tre boss storici alla fine degli anni '80, l'Alleanza è ancora penetrante all'ombra del Vesuvio. Il ruolo preminente è ricoperto dai Contini, e ai vertici della federazione figurano le spose dei boss Edoardo Contini, Patrizio Bosti e Francesco Mallardo, le tre sorelle Aieta (Maria, Rita e Anna) e, ovviamente Maria Licciardi. Tutte avevano un ruolo di comando. Donne che tenevano i contatti con i capi al 41bis e impartivano ordini agli affiliati sulla gestione di welfare e affari. Affari di ampio spettro che non si «limitavano» al traffico e allo spaccio di cocaina e marijuana proveniente dal Sud America, via Olanda, grazie ai rapporti privilegiati e «cifrati» con la 'ndrangheta, in particolare con i Commisso di Siderno.

Dalle indagini è emerso che i Contini gestivano anche tutte le attività di un ospedale di Napoli, il San Giovanni Bosco, diventato famoso per i casi di formiche nei reparti. Lì controllavano ogni aspetto, dalle assunzioni agli appalti, alle relazioni sindacali. Non solo. Con la complicità dei sanitari portavano avanti il fiorente business delle truffe assicurative, anche per altri clan. E se un paziente moriva, la camorra poteva farlo «resuscitare» sui documenti consentendo ai congiunti, per «soli» 500 euro, di poterselo portare a casa in ambulanza anzitempo. In sostanza, ha sottolineato il procuratore di Napoli Giovanni Melillo, «l'ospedale era la base logistica per le loro trame delittuose».

ECCO I NOMI DI TUTTI GLI ARRESTATI

ARRESTI IN CARCERE
ACANFORA Ciro
AIDA Antonio
AIETA Anna
AIETA Antonio
AIETA Maria
AIETA Rita
ALFANO Alessio
AMBROSIO Mario
AMMENDOLA Giuseppe
ANIELLO Alberto
ARDUINO Giuseppe
ATTARDO Gaetano
BARBELLA Giulio
BARRA Felice
BOSTI Ettore
BOSTI Patrizio
BOTTA Angelo
BOTTA Giovanni
BOTTA Lucia
BOTTA Nicola
BOTTA Salvatore
BOTTA Salvatore
BOTTA Vincenzo
CANDIDO Giovanni
CANDIDO Lamberto
CAPOZZO Rosario
CAPOZZOLI Vincenzo
CASO Pietro
CERBONE Pietro
CICCARELLI Giuseppe
CINO Pasquale
CIULLO Giuseppe
COMITATO Salvatore
CONTINI Edoardo
COPPOLA Carlo
CORRADO Gennaro
COSTA Gennaro
CUOMO Alfredo
CRISTIANO Antonio
CRISTIANO Fabio
CRISTIANO Tommaso
DE FEO Alfredo
DELLE DONNE Maurizio
DEL MONDO Gennaro
DEL PIANO Giuseppe
DE FALCO Guglielmo
DE ROSA Giuseppe
DI CARLUCCIO Ciro
DI MARTINO Luigi
DI MUNNO Rosa
ESPOSITO Domenico
ESPOSITO Ettore
ESPOSITO Giovanni
ESPOSITO Luca
FALANGA Umberto
FIORENTINO Massimo
FIORILLO Gennaro
FOLCHETTI Luigi
GIAMMINELLI Francesco
GIORDANO Giuseppe
GRASSO Emanuele
GROSSI Gennaro
LICCIARDI Maria
MALLARDO Francesco
MARSIGLIA Giuseppe
MENDOZZI Salvatore
MEROLLA Salvatore
MURANO Roberto
MUSCERINO Antonio
PATIERNO Michele
PELLICCIO Gennaro
PENGUE Antonio
PERCOPE Salvatore
PESCE Antonio
PETRONE Salvatore
PICARDI Patrizio
POGGI Luciano
POMATICO Mario
RICCIO Bruno
RICCIO Gennaro
RULLO Nicola
SPINA Giuseppe
TOLOMELLI Carmine
TOLOMELLI Giuseppe
TOLOMELLI Vincenzo
TOLOMELLI Vincenzo
VITTORIO Raffaele
VITTORIO Salvatore
VOLPE Francesco

ARRESTI DOMICILIARI
ACANFORA Salvatore
AMBROSIO Vincenzo
ANATRIELLO Francesco
BOSELLI Alessandro
BOTTA Ciro
CALIENNO Antonio
COLANTUONO Pietro
BRACALE Vincenza
CHIAVARONE Ciro
CHIAVARONE Leopoldo
CRISTIANO Maurizio
DE ROSA Gennaro
DI MARTINO Gianluca
DI MARTINO Paolo
FINIZIO Nunzio
GUELI Francesco
IMPERATORE Antonella
LIETO Domenico
MANZO Francesco
MARANO Mario
MATINO Mario
MECHERI Enrico
MORESCANTI Claudio
NADDEO Franco
NATALE Domenico
PALMA Vito
PANICO Concetta
PASQUARIELLO Vincenzo
PERSICO Luigi
PROSPERO Salvatore
RINALDI Antonio
RINALDI Pasquale
RIVA Marco
SANTORIELLO Fortunato
TARALLO Vincenzo
VENTRIGLIA Vincenzo

DIVIETO DI DIMORA IN CAMPANIA
ESPOSITO Gaetano
Mercoledì 26 Giugno 2019
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Re: Mafia, camorra, complottismo, massoneria, Unità d'Italia

Messaggioda Berto » gio mag 28, 2020 7:55 am

'Ndrangheta Emilia, 16 arresti. C'è anche politico Fdi: "Io al Grande Aracri gli parlo chiaro, dobbiamo succhiare dall'azienda"
25 Giugno 2019

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/0 ... di/5280062

In manette anche il boss Francesco Grande Aracri e i due figli che vivevano a Brescello, cittadina già sciolta per mafia. Giuseppe Caruso, presidente del consiglio comunale piacentino, è accusato di essere stato agli ordini della cosca quando era dipendente dell'agenzia delle Dogane. Meloni: “Lo cacciamo dal partito. Ci costituiremo parte civile”. Operazione Grimilde prende il nome dalla sindrome di "chi non riesce a

In Emilia Romagna c’è ancora la ‘ndrangheta. Quattro anni dopo l’operazione Aemilia e a otto mesi dalla sentenza storica del primo maxi processo alle cosche in Regione con 119 condanne, sedici persone sono finite agli arresti e 64 sono indagate con l’accusa di essere legate alla cosca Grande Aracri. L’operazione si chiama Grimilde, coordinata dalla Dda di Bologna, ha colpito i vertici dell’organizzazione originaria di Cutro, in provincia di Crotone. Sono finiti in manette il boss Francesco Grande Aracri e i figli Salvatore e Paolo, che vivevano e comandavano da Brescello, comune già sciolto per mafia nel 2016. Ma anche Giuseppe Caruso, attuale presidente del consiglio comunale di Piacenza di Fratelli d’Italia. È accusato di associazione mafiosa e di essere stato agli ordini dei Grande Aracri quando era impiegato dell’agenzia delle Dogane. “Io so dove bussare. Ho amici dappertutto“, diceva in alcuni passaggi delle intercettazioni del 2015. E, parlando con il fratello: “Al figlio del boss gli parlo chiaro, dobbiamo succhiare dalla Spa“. Fdi ha deciso di cacciare Caruso dal partito e la presidente Giorgia Meloni ha annunciato che intendono costituirsi parte civile nel processo.

Le accuse – I sedici arrestati sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, tentata estorsione, trasferimento fraudolento di valori, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, danneggiamento, truffa aggravata dalle finalità mafiose. Nell’ambito della stessa operazione, che ha coinvolto 300 agenti della polizia di Stato, è stato eseguito un sequestro preventivo di beni emesso dalla Dda di Bologna nei confronti dei principali appartenenti al gruppo criminale riguardante società, beni mobili e immobili, conti correnti. Sono state fatte anche 100 perquisizioni nei confronti di coloro che, pur non essendo direttamente destinatari del provvedimento restrittivo emesso dall’Autorità Giudiziaria di Bologna, sono risultati, nel corso dell’indagine, collegati al gruppo ‘ndranghetistico. Francesco Grande Aracri, già condannato per associazione mafiosa nel 2008 e fratello più anziano del boss Nicolino Grande Aracri, viveva a Brescello. La cittadina in provincia di Reggio Emilia è stata la prima, nel 2016, a essere sciolta in Emilia Romagna per le infiltrazioni della criminalità organizzata. Nel 2014, l’ex sindaco Marcello Coffrini, in un’intervista alla web tv Cortocircuito, definì il boss “gentile e molto tranquillo.

Caruso diceva: “Ho mille amicizie, da tutte le parti”. E con il fratello: “Al figlio del boss gli parlo chiaro”
Il presidente del consiglio comunale di Piacenza Caruso è entrato in carica a fine giugno 2017 nella giunta di centrodestra guidata da Patrizia Barbieri. Le accuse risalgono alla sua attività come dipendente dell’agenzia delle Dogane, prima di arrivare in consiglio comunale. Secondo il gip il politico Fdi “ha un ruolo non secondario nella consorteria“. E nelle intercettazioni del 2015 diceva: “Perché io ho mille amicizie, da tutte le parti, bancari… oleifici… industriali, tutto quello che vuoi… quindi io so dove bussare… quindi se tu mi tieni esterno ti dà vantaggio, se tu mi immischi… dopo che mi hai immischiato e mi hai bruciato… è finita”. Nel dialogo spiegava a Giuseppe Strangio che, in relazione alla funzione che all’epoca rivestiva all’ufficio delle Dogane di Piacenza, avrebbe dovuto cercare di mantenere un certo distacco da Salvatore (per gli inquirenti Salvatore Grande Aracri) perché questi, come il padre Francesco, era controllato dalle forze dell’ordine. Sarebbe quindi stato più utile per la consorteria, ricapitola il gip, che Caruso non apparisse all’esterno come un associato, “al fine di poter agire nell’interesse del sodalizio con più efficacia”. “Ultimamente – si legge nella conversazione di Caruso, intercettata – Salvatore stesso (sottinteso: mi dice) ‘stai a casa, lasciami stare, vediamoci poco’. Perché? Perché è giusto che sia così… nel senso che io dal di fuori se ti posso dare una mano te la do, compà, perché al di fuori mi posso muovere… guardo, dico, se c’è un problema, dico: ‘stai attento’. Altrimenti, dopo che si viene ‘bruciati’, “la gente ti chiude le porte, la gente mi chiude le porte… che vuoi da me… se tu sei bruciato non ti vuole… hai capito quello è il problema… quindi allora se tu ci sai stare è così… loro invece a tutti i cani e i porci è andato a dire che io riuscivo… che a Piacenza io riuscivo a fare i libretti, le cose”.

'Ndrangheta in Emilia: arrestato presidente consiglio comunale Piacenza

In un altro passaggio delle intercettazioni parla con il fratello Albino, anche lui arrestato, e si riferisce al suo rapporto con il figlio del boss Grande Aracri: “Io con Salvatore gli parlo chiaro, gli dico… Salvatò, non la dobbiamo affogare sta azienda, dobbiamo cercare di pigliare la minna e succhiare o no?”. Secondo il gip Alberto Ziroldi, Caruso con quelle parole stava “illustrando in modo assolutamente genuino quale fosse il reale intento e scopo dell’organizzazione criminale nell’aiutare la società Riso Roncaia Spa“. In un altro passaggio dell’ordinanza, il giudice sottolinea come i fratelli Caruso abbiano fornito “in più occasioni la confessione stragiudiziale della loro appartenenza al sodalizio criminoso, comportandosi di conseguenza”.

Chi è Caruso: politico noto a Piacenza – Caruso è un politico molto noto a Piacenza, dove da anni milita nella destra locale. Consigliere comunale d’opposizione dal 2002 al 2012 per Alleanza Nazionale prima e poi per il Popolo delle Libertà, è quindi entrato in Fratelli d’Italia. Presente a tutte le iniziative di partito, è uno dei volti più noti di Fratelli d’Italia, che oggi lo ha sollevato da ogni incarico. Il consigliere comunale abita a Piacenza da più di 30 anni. Nel suo curriculum impieghi come consulente del lavoro, revisore dei conti, analista programmatore, infine dipendente dell’Amministrazione delle Dogane. Alle elezioni comunali del 2017, in cui poi vinse il centrodestra con l’attuale amministrazione Barbieri, ottenne 155 preferenze che gli permisero l’ingresso in consiglio comunale e di essere proposto da Fdi, che aveva ricevuto in giunta un solo assessore, come candidato alla presidenza del consiglio comunale. I fatti che gli vengono contestati risalgono a un periodo precedente a questa elezione.

Operazione Grimilde dal nome della sindrome “di chi non riesce a guardarsi allo specchio”: “Perplessi su come l’Emilia non riesca a superare queste cose”
Illustrando i dettagli dell’operazione, nel corso della conferenza stampa a Bologna, il responsabile della Direzione centrale anticrimine (Dac) della Polizia Francesco Messina ha fatto alcune considerazione anche sul contesto generale emiliano e sulle difficoltà della società civile a prendere coscienza della gravità del radicamento della ‘ndrangheta sul territorio: “C’è qualche perplessità”, ha dichiarato, “si fa un po’ fatica da addetti ai lavori a capire come, in un’area come questa dove c’è un grande senso civico e una diffusa cultura della legalità, queste cose non si riescano a superare. Per questo abbiamo chiamato l’operazione ‘Grimilde’, con riferimento alla sindrome di Grimilde che non ammette le sue imperfezioni e non si guarda allo specchio“.

La bocciofila del boss – L’associazione criminale, ha spiegato poi il capo della squadra Mobile di Bologna, Luca Armeni, “nel momento in cui non riusciva ad imporsi passava all’intervento ‘militare'”. Come quando dopo aver acquistato una bocciofila a Reggio Emilia, con pizzeria annessa, ha cominciato a minacciare il proprietario di un ristorante concorrente: “Devi andare via, sennò ti ammazziamo”. L’associazione, che secondo gli investigatori era guidata da Francesco Grande Aracri e dai figli, “aveva creato anche una società per costruire 350 villette in Belgio“, a Bruxelles. “A Francesco Grande Aracri era stato proposto questo affare – ha spiegato Armeni – e allora decide di assumere operai pagandoli dai 3 ai 5 euro l’ora, senza giorni di riposo. Questo sottolinea la loro mancanza di scrupoli”.

Fratelli d’Italia espelle Caruso. La presidente Meloni: “Ci costituiremo parte civile”
Fdi e la presidente Giorgia Meloni hanno preso le distanze dal loro esponente finito agli arresti. “Il coinvolgimento di Giuseppe Caruso, anche se non legato alla attività politica ma al suo ruolo di funzionario dell’Agenzia delle Dogane che fa capo al Ministero dell’Economia, ci lascia sconcertati”, si legge in una nota. “Confidiamo nel lavoro degli inquirenti, e auspichiamo che Caruso dimostri la sua totale estraneità in questa vergognosa vicenda. Ribadiamo con assoluta fermezza che in Fratelli d’Italia non c’è stato, non c’è e non ci sarà mai spazio per nessuna mafia e per noi, come noto, chi fa politica a destra e tradisce l’Italia merita una condanna doppia. Anche per questo Fratelli d’Italia è pronta a costituirsi parte civile nel processo per difendere la sua immagine e la sua onorabilità. Finché non sarà chiarita la sua posizione, Giuseppe Caruso è sollevato da ogni incarico e non può essere più membro di Fratelli d’Italia”.

Cafiero: “Ndrangheta al Nord presente in tutte le Regioni” –“La ‘Ndrangheta è infiltrata in numerosissimi Comuni del nord, è presente in tutte le regioni. È evidente che la politica regionale e comunale deve muoversi per impedire che le organizzazioni mafiose continuino a infiltrarsi sovvertendo il sistema economico e per consentire alle imprese sane di lavorare perché laddove c’è mafia non ci sono lavoro e sviluppo”, dice il procuratore nazionale Antimafia, Federico Cafiero De Raho. Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, è stato trai primi a commentare l’operazione: “Nessuna tregua e nessuna tolleranza per i boss, avanti tutta contro i clan”, ha dichiarato. I parlamentari emiliani del M5s hanno attaccato: “Gli ‘struzzi’ che negano la gravità della ‘ndrangheta sono serviti. Chi come l’ex sindaco di Brescello Marcello Coffrini definiva nel 2014 Francesco Grande Aracri come ‘uno composto, educato, che ha sempre vissuto a basso livello’ oggi ha avuto la risposta”. Per l’eurodeputata M5s Sabrina Pignedoli: “L’operazione Grimilde mette in luce i rapporti tra incestuosi fra ‘ndrangheta e politica”. Il presidente della Regione Stefano Bonacini ha invece commentato: “Via le mafie dall’Emilia-Romagna. Ci battiamo ogni giorno affinché cresca la coscienza civile e la cittadinanza responsabile, per non lasciare spazi di alcun tipo alla criminalità organizzata. E collaboriamo con le prefetture, gli inquirenti e le forze dell’ordine, impegnati in un lavoro straordinario ogni giorno, come hanno dimostrato anche oggi, facendo fronte comune”.



'Ndrangheta arresti, 'Cutrello' in silenzio durante il blitz - il Resto del Carlino
NICOLETTA TEMPERA
26 giugno 2019

https://www.ilrestodelcarlino.it/reggio ... -1.4665239


Brescello (Reggio Emilia), 26 giugno 2019 - Tapparelle serrate, finestre chiuse. Nessun movimento, nessuno sguardo da dietro le tende. Via Pirandello, a Brescello, è il riassunto dell’omertà. Del ‘non vedo, non parlo, non sento’ che è la forza della mafia. Mentre una trentina di poliziotti entrano nei civici 1 e 3, per arrestare Francesco e Salvatore Grande Aracri (video), padre e figlio - ritenuti esponenti di spicco della ’ndrina di Cutro finita anche oggetto del processo Aemilia - dall’altra parte della stretta strada, dove vivono parenti degli arrestati, non sconosciuti, tutto è immobile. Sono le 3 del mattino. E un altro pezzo di ’ndrangheta in Emilia si sta sgretolando nel silenzio della notte.


La scia del denaro - il commento di Beppe Boni

Un passo indietro. È l’una di notte, in via Cipriani, a Bologna. Dalla caserma Smiraglia, sede del Reparto mobile e punto di raccordo delle forze, coordinate dalla Squadra mobile di Luca Armeni, sta per partire il convoglio che, diretto a Reggio Emilia, a Parma e Piacenza, dovrà eseguire le sedici misure cautelari di ‘Grimilde’. La strega di Biancaneve è la ’ndrangheta made in Emilia. Quella che apre ristoranti, mette su imprese edili, ricicla denaro per alimentare i suoi commerci, per infiltrarsi nel ‘sistema’. Il corteo di lampeggianti blu parte e illumina l’A1. Il punto di incontro dei trecento operatori di polizia è la questura di Reggio. Auto in borghese, furgoni dei reparti, volanti. Diciannove squadre mobili, da tutt’Italia, sono chiamate all’azione. Un’azione che parte silenziosa e veloce, alle 3.

Ndrangheta arresti, blitz della polizia a Brescello. Le foto

Ci sono da eseguire le misure, sequestrare beni e società per 3 milioni di euro, perquisire oltre ottanta case. Seguiamo il convoglio che parte alla volta di Brescello, il paese reso famoso da Guareschi, che adesso deve la sua notorietà anche alla famiglia Grande Aracri. I poliziotti si fermano in via Pirandello, una strada periferica. L’aria è fresca, ma pregna dell’odore nauseante delle porcilaie vicine. Dopo una rapida bonifica della strada, si avvicinano e suonano il campanello di Francesco Grande Aracri, fratello maggiore del boss Nicolino, condannato all’ergastolo nel processo Aemilia.

Nel cielo si libra l’elicottero. Il rumore spezza la notte, ma nessuno, a parte gli abitanti delle case al civico 1 e al 3, dove vive il figlio di Francesco, Salvatore, sembrano accorgersi della inconsueta presenza dei tre blindati blu e della mole di polizia. Nella strada dietro, altre squadre stanno intanto arrestando Paolo Grande Aracri. La notte, lenta, cede il passo all’alba, le case vengono perquisite per ore, arrivano gli avvocati difensori. Ma la strada resta sospesa in un senso di assenza. La mafia, qui c’è. Ma nessuno la vuol vedere.
Truffa allo Stato: sequestri per 2,3 milioni

Una maxi truffa della 'Ndrangheta ai danni dello Stato è stata scoperta in seguito ad accertamenti patrimoniali svolti dalla Dia di Bologna nell'ambito di un'attività nata come sviluppo investigativo dell'indagine 'Aemilia'. Coordinata dal procuratore Giuseppe Amato e dal sostituto Beatrice Ronchi, la Dia ha dato esecuzione a provvedimenti di perquisizione a carico di diversi soggetti criminali e a sequestro di beni mobili e immobili per un valore complessivo di 2 milioni e 300 mila euro.
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Re: Mafia, camorra, complottismo, massoneria, Unità d'Italia

Messaggioda Berto » gio mag 28, 2020 7:55 am

Accoglienza migranti. 640anni di carcere a clan Arena. Gestiva Cara calabrese
Diamo da mangiare ai poveri migranti!
Mercoledì, 19 giugno 2019
Antonio Amorosi

http://www.affaritaliani.it/cronache/ac ... m=facebook

Si sono sprecati per mesi i servizi giornalisti e tv sul Cara calabrese considerato il più grande centro d’accoglienza per migranti d'Europa, l’hub Sant’Anna di Crotone.

Oggi, dalle cronache nazionali, è sparita ogni traccia.

Una sentenza di queste ore del Tribunale Ordinario di Catanzaro, Sezione Gip/Gup, racconta come il centro procurasse grandi introiti al clan di ‘ndrangheta Arena. Il giudice di Catanzaro Carmela Tedesco ha inflitto un ammontare di 640 anni di carcere agli imputati per i quali il pm antimafia Domenico Guarascio aveva chiesto quasi un millennio di pene. La cosca Arena, in un decennio, si sarebbe impossessata di 36 milioni di euro sui 105 stanziati dallo Stato. Guadagni ottenuti soprattutto dal servizio catering.

I 640 anni di carcere riguardano i soggetti che hanno chiesto il rito abbreviato nel processo scaturito dall'operazione interforze Jonny, che ha scavato negli anni per capire il funzionamento del business. Nella sentenza compaiono i nomi di spicco del clan che dovranno scontare pene da un minimo di 2 anni agli oltre 20 anni ma anche Leonardo Sacco, l'ex governatore della Misericordia di Isola e vice di quella nazionale (che si è costituita parte civile contro i processati). Considerato l’enfant prodige locale, Sacco, per il quale il pm ha chiesto 20 anni di carcere, si è visto infliggere dal giudice 17 anni di carcere. Sacco è stato condannato anche per associazione mafiosa, ma è stato assolto per dodici capi d'imputazione relativi a ipotesi di malversazione e frode in forniture pubbliche.

Sacco, tra le altre cose, dovrà risarcire per danni, da quantificare successivamente, la Misericordia nazionale e quella interregionale di Calabria e Basilicata. Oggi è detenuto al carcere duro dentro Rebibbia, poiché è ritenuto il tassello che teneva i rapporti con le istituzioni e che ha permesso alla cosca di accedere ai fondi pubblici.

Tra i soggetti coinvolti nell’inchiesta anche l’ex parroco della chiesa di Maria Assunta di Isola Capo Rizzuto Edoardo Scordio che però ha scelto di essere processato con il rito ordinario, insieme ad altri 37 soggetti.

Il meccanismo funzionava pressappoco così. La cosca Arena riusciva tramite Sacco e Misericordia ad aggiudicarsi gli appalti indetti dalla prefettura di Crotone per le forniture dei servizi di ristorazione al centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto e di Lampedusa. Gli appalti andavano poi in affidamento a imprese appositamente costruite dagli Arena e da altre famiglie di ‘ndrangheta che gestivano il catering e la mensa. Il grosso degli introiti si muoveva lì. Un cibo di qualità!

All’esplosione del caso è stato proprio il capo della procura di Catanzaro Nicola Gratteri a parlarne: “Indagando sulla famiglia Arena siamo arrivati all’interno del Cara di Isola Capo Rizzuto. All’interno sono successe cose veramente tristi: un giorno sono arrivati 250 pasti per 500 migranti. Ebbene 250 persone hanno mangiato il giorno dopo. Non solo era poco, ma solitamente era un cibo che si dà ai maiali. Questi si arricchiscono sulle spalle dei migranti. Questa è un’indagine che abbraccia quasi 10 anni di malaffare all’interno del Cara gestito in modo mafioso dalla famiglia Arena”. “Il Centro di accoglienza e la Misericordia sono il bancomat della ‘ndrangheta”, aveva spiegato senza tanti giri di parole il generale Giuseppe Governale, comandante del Ros dei carabinieri, secondo il quale la cosca Arena aveva scelto i suoi uomini: “E tra questi ci sono Sacco e il prete Scordio”.

La condanna più alta alla fine è stata inflitta a Pasquale Arena, 20 anni e 2 mesi, ma non sono da meno quelle a 20 anni per ognuno impartite ai cugini Antonio e Ferdinando Poerio, titolari della società di catering Quadrifoglio, che offriva il suo servizio al Cara, mentre a Giuseppe Arena e a Paolo Lentini sono stati inflitti 16 anni e 4 mesi ciascuno.

Un rete criminale diffusa che ricadeva su tutto l’indotto locale.

Infatti, come ha più volte raccontato il cronista de Il Quotidiano del Sud Antonio Anastasi, la cosca sarebbe stata diretta, nella fase focalizzata dall'inchiesta, da Paolo Lentini, che gestiva la raccolta delle estorsioni agli imprenditori, specie quelli turistici, incamerava i proventi illeciti e li distribuiva ai rappresentanti delle varie famiglie che compongono la galassia della 'ndrangheta di Isola Capo Rizzuto.

La cosca aveva un ruolo così imponente da risultare anche dominante nel settore scommesse con due imprese che avevano monopolizzato il settore anche se il business più importante era i migranti.
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Re: Mafia, camorra, complottismo, massoneria, Unità d'Italia

Messaggioda Berto » gio mag 28, 2020 7:55 am

Roma, banda dei vigili urbani ricatta i ristoratori: "Dateci i soldi, oppure vi multiamo"
Gaetano Perrotta


https://news.fidelityhouse.eu/cronaca/r ... zrPC1YGqdU

A Roma si è verificata una vicenda che deve porre delle riflessioni in quanto una banda di vigili urbani ha cominciato a ricattare i ristoratori. La richiesta è avvenuta attraverso queste parole: “O ci date i soldi, oppure vi multiamo”. Un gesto da paragonare al pizzo che viene chiesto dalle persone malavitose.

A quanto pare sono diversi i ristoratori coinvolti in questa vicenda nella capitale, tra il centro e i quartieri Parioli e San Lorenzo. I proprietari dei ristoranti sono stati costretti a dare del denaro dopo aver ricevuto la richiesta da una banda di vigili urbani. Quattro sono stati iscritti nel registro degli indagati e, nel momento in cui si è arrivati alla quinta persona, a piazzale Clodio, si è giunti a un accelerarsi delle indagini.

Le indagini svolte da Terracina e Ielo

Questa quinta persona in precedenza era stata condannata a quattro anni di carcere per questo stesso reato. Un ruolo importante rispetto a queste indagini è stato svolto dal pubblico ministero Claudia Terracina e dal procuratore aggiunto Paolo Ielo, dopo aver fatto i conti con la denuncia da parte di un ristoratore del quartiere di San Lorenzo.

Altri elementi di rilievo sono stati legati alle intercettazioni, all’interno delle quali si trovano gli sfoghi dei negozianti e i commenti dei vigili che hanno fatto altre richieste di denaro. Un merito per aver fatto emergere la verità deve essere dato anche al proprietario di “Da Franco al Vicoletto”, che è stato costretto dal vigile Claudio Franchini alla consegna di 400 euro.

In precedenza lo stesso ristoratore è stato costretto al versamento di 500 euro dopo aver ricevuto delle minacce pesanti: “O si collabora oppure si rischiano sanzioni, tipo l’ultima inflitta, di 800 euro”. Il funzionario di Roma Capitale ha provato a trovare delle giustificazioni spiegando che si trattava di un prestito: “Avevo bisogno di quei soldi per i regali di Natale, li avrei restituiti col prossimo stipendio”. Infine, il vigile era indagato anche per l’uso di sostanze stupefacenti, e gli uomini della Mobile hanno trovato nella sua abitazione delle dosi di cocaina.

https://www.ancupm.it/content/zoom.asp?id_news=17870
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Re: Mafia, camorra, complottismo, massoneria, Unità d'Italia

Messaggioda Berto » gio mag 28, 2020 7:55 am

‘Ndrangheta: maxi-blitz in tutta Italia, 334 arresti. C’è anche l’ex parlamentare di Fi Pittelli
Carlo Macrì
19 dicembre 2019

https://www.corriere.it/cronache/19_dic ... a5cc.shtml


C’è anche il presidente di Anci Calabria Gianluca Callipo, sindaco di Pizzo (Vibo Valentia) tra le 334 persone arrestate giovedì mattina dal Ros dei carabinieri in una operazione denominata «Rinascita-Scott» che ha disarticolato una organizzazione che legava insieme ‘ndranghetisti, politici, massoni, imprenditori, avvocati e commercialisti.

Un’altra figura di «peso» finita in galera è Giancarlo Pittelli, noto avvocato di Catanzaro, con un passato in politica. Pittelli è stato, infatti, parlamentare di Forza Italia, ex membro della Commissione Giustizia alla Camera e coordinatore regionale del partito di Berlusconi. In manette anche il comandante della polizia municipale di Vibo Filippo Nesci, l’avvocato Francesco Stilo, legale del titolare dell’assegno da 100 milioni di euro, arrestato nei giorni scorsi alla frontiera con la Svizzera. E ancora un dipendente del tribunale di Vibo Danilo Tripodi e il noto imprenditore del settore abbigliamento Mario Artusa.

«È la più grande operazione dopo il maxi processo di Palermo» ha detto il procuratore distrettuale di Catanzaro Nicola Gratteri. In tutto gli indagati sono 416. In ginocchio le cosche che operano nel territorio vibonese, Mancuso di Limbadi e Lo Bianco-Barba. All’operazione hanno preso parte 2500 carabinieri del Ros e dei comandi provinciali, supportati da unità del Gis, del Reggimento paracadutisti, degli squadroni eliportati Cacciatori di Calabria. Diverse le ipotesi di reato: associazione a delinquere di stampo mafioso, omicidi, estorsioni, usura, intestazione fittizia di beni, riciclaggio. Sequestrati inoltre beni per 15 milioni di euro.
‘Ndrangheta: la «Santa», il sangue e i reati secondo il Codice d’onore. I pizzini dell’operazione calabrese

La mitologia

L’imponente operazione, frutto di indagini durate anni, oltre alla Calabria interessa varie regioni d’Italia dove la ‘ndrangheta vibonese si è ramificata: Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Sicilia, Puglia, Campania e Basilicata. Alcuni indagati sono stati localizzati e arrestati in Germania, Svizzera e Bulgaria in collaborazione con le locali forze di Polizia e in esecuzione di un mandato di arresto europeo emesso dall’autorità giudiziaria di Catanzaro. I dettagli dell’operazione verranno illustrati nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle 11 nella Procura della Repubblica di Catanzaro alla quale parteciperanno il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, il comandante del Ros Pasquale Angelosanto e il comandante della Legione Carabinieri Calabria Andrea Paterna.



'Ndrangheta Italia: la rete di amicizie dei clan tra banchieri, politici, vescovi e magistrati
di Giovanni Tizian
10 gennaio 2020

https://m.espresso.repubblica.it/plus/a ... e-1.342795

La multinazionale del crimine più apprezzata dal potere. Accolta nei palazzi della politica, nei santuari della finanza, nelle cattedrali del capitalismo moderno. Un marchio italiano, ma non sovranista, piuttosto globalista. Potere e crimine, liturgie del denaro e riti arcaici impastati nella stessa organizzazione. Governatori di Regione implicati all’ombra delle Alpi, assessori regionali coinvolti a Torino, sindaci sostenuti dalle cosche in Umbria e in Emilia, ex senatori massoni arrestati con amici banchieri e pezzi grossi dell’alta finanza.

Il Paese reale trasformato in mangiatoia da un sistema criminale che vanta migliaia di affiliati, centinaia di sedi dislocate in Italia e nel mondo, un numero impressionante di complicità spesso celate dietro la nebbia padana. ’Ndrangheta come un “franchising”, hanno scritto i giudici della Cassazione per spiegare il funzionamento e la strategia delle cosche calabresi fuori dai confini regionali.

Dallo Stretto di Messina alle Alpi. La pervasività delle ’ndrine è scolpita con dati e numeri sulla carta di centinaia di fascicoli: soltanto nel 2019 sono state portate a termine 40 inchieste in tutta Italia. Oltre tre al mese, quasi un migliaio tra indagati e arrestati. Boss e insospettabili della buona borghesia. Eppure la ’ndrangheta nell’immaginario resta un fenomeno folkloristico, in fondo «innocua, perché non spara come una volta». E la politica? Latita. Distratta dal clima perenne di campagna elettorale, il tema immigrazione si prende la scena. Intanto la ’ndrangheta holding avvelena l’economia con i capitali sporchi e la democrazia del Paese dirigendo il consenso elettorale. Come dimostra l’ultima inchiesta “Rinascita-Scott” che fa tremare il sistema. Una maxi operazione condotta dal Ros dei carabinieri guidati dal generale Pasquale Angelosanto e coordinata dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri: 334 arresti, oltre 400 indagati, beni sequestrati per 15 milioni, 3 mila militari in campo nella notte tra il 18 e il 19 dicembre.

IL PAESE DELLE 'NDRINE, TRA POLITICA E LOGGE
La mappa delle “Locali”(gruppi strutturati) della ’ndrangheta. Degli ultimi casi (2019) di politici indagati per rapporti con i boss. E degli scioglimenti dei comuni per infiltrazione dei clan calabresi. (Cliccando sui cerchi è possibile scoprire i dettagli)

LA CERNIERA
Ma l’Atlantide sommersa della mafia calabrese sta oltre queste cifre. Sta in figure cerniera, ufficiali di collegamento tra sottobosco mafioso e società civile. Tra questi c’è l’avvocato, massone ed ex senatore di Forza Italia (di recente vicino a Fratelli d’Italia) Giancarlo Pittelli, indagato per concorso esterno alla cosca Mancuso di Limbadi, paesino della provincia di Vibo Valentia, noto più per la produzione dell’amaro del Capo che per essere regno di una delle più potenti famiglie di ’ndrangheta. Per capire chi sono i Mancuso di Limbadi, dobbiamo tornare al 1983, quando il capo bastone Ciccio Mancuso vinse le elezioni da latitante. Dovette intervenire il presidente della Repubblica Sandro Pertini per sciogliere il Comune. Mancuso e politica. Un’eredità che ora ha travolto Pittelli.

A casa sua i carabinieri durante le perquisizioni hanno trovato appunti scritti a mano: un elenco dettagliato dei temi dell’inchiesta “Rinascita”. Chi ha informato Pittelli dei segreti di un’indagine riservatissima? Di certo l’avvocato del boss gode della stima di un pezzo della magistratura. Le cimici del Ros hanno persino registrato una cena nella sua abitazione con otto magistrati e altri professionisti. Toghe, spiegano fonti autorevoli a L’Espresso, non della procura ma di altri uffici giudiziari di Catanzaro. Contatti privilegiati dell’ex senatore finiti in informative senza ipotesi di reato inviate alla procura di Salerno competente sui magistrati catanzaresi. Toghe, e pure vescovi amici. Prelati del calibro di don Francesco Massara, l’ex parroco di Limbadi, nominato da Papa Francesco arcivescovo di Camerino-San Severino Marche. Grazie a don Massara, Pittelli dice di aver «ottenuto la tessera del Vaticano». E il vescovo ha mediato affinché l’avvocato della ’ndrina potesse incontrare Monsignor Giuseppe Russo, sottosegretario dell’Apsa - l’ente che gestisce il patrimonio della Santa Sede - per valutare l’acquisto di alcuni immobili del Vaticano.

Questa ’ndrangheta è un sistema criminale che agisce su più livelli. Alcuni visibili a occhio nudo: militare (con bombe e intimidazioni) e imprenditoriale (quattrini sporchi che creano concorrenza sleale). Altri invisibili: finanziario (flussi di riciclaggio che approdano nei paradisi fiscali) e politico (pacchetti di voti che si spostano da un candidato a un altro).

TERRA DI MEZZO
L’avvocato Pittelli è dunque accusato di essere la cerniera tra due mondi. Un complice esterno, per i pm. Non secondo il giudice che ha ordinato l’arresto: convinto che l’ex senatore sia organico al clan, ora toccherà al Riesame decidere sul ricorso di Pittelli. Di certo avrà molte cose da spiegare agli inquirenti. A partire da quell’incontro a Messina con il rettore dell’Università per presentargli la figlia del boss Mancuso, studentessa di Medicina in difficoltà con un esame. «“Troppo avvocato, troppo avvocato” si è messa a piangere... che bella famiglia», questa la reazione della rampolla, confidata dall’ex senatore a un amico.

Il portafoglio contatti dell’avvocato del boss è ricco. C’è Fabrizio Palenzona, ex numero due di Unicredit, presidente di Aiscat e di Prelios (ex Pirelli Re) la società di gestione e servizi immobiliari fondata da Marco Tronchetti Provera. Le informative del Ros riportano gli scambi di sms e gli incontri tra il banchiere e Pittelli, che lo definisce «mio grandissimo amico». Per i detective «Pittelli metteva a disposizione di Prelios i suoi rapporti privilegiati con Luigi Mancuso in cambio della disponibilità della stessa società finanziaria di appoggio per le sue iniziative imprenditoriali».

L’ex senatore ha incontrato Palenzona a Milano il 6 luglio 2018 negli uffici della società. Qui Pittelli ottiene un incarico speciale e potenzialmente milionario. Prelios gli chiede la cortesia di trovare un acquirente per il villaggio turistico ex Valtur da vendere a un prezzo stracciato. «Non sappiamo più cosa farcene... siamo disperati», gli dice un dirigente Prelios. Pittelli accetta per fare «una cortesia a Fabrizio Palenzona», che la sera stessa scrive un sms all’amico: «Caro Giancarlo, mi ha fatto molto piacere fino alla commozione rivederti. Grazie per la tua preziosa Amicizia, un forte abbraccio!!! Ps fammi sapere gli estremi del terreno».

L’ex senatore sa bene però che nel regno di Mancuso spetta al mammasantissima l’ultima parola: «A Nicotera questa storia la puoi vendere se hai un placet. Nicotera risponde a Luigi Mancuso», dice. Lo incontrerà al più presto, per chiedergli: «Interessa a qualche imprenditore della zona? Dobbiamo rispettare, non possiamo fare i cretini».

Il giorno dopo aver incontrato l’ex Mr Unicredit, l’intraprendente Pittelli riceve Giuseppe Mussari, l’ex presidente di Mps e di Abi condannato lo scorso novembre a 7 anni e mezzo per il buco provocato dall’acquisizione di Antonveneta. Mussari è catanzarese come Pittelli, dopo la catastrofica esperienza da banchiere, è tornato alle origini: «Questo non è il mio lavoro», confessò quando diede le dimissioni da Abi. Mussari e Pittelli durante l’incontro di luglio 2018 parlano del ghiotto affare Valtur proposto da Prelios: «Giusè, è una roba nella quale possiamo guadagnare 3-4 milioni di euro... a te non interessano i soldi... ti sfotto, ma che sei fesso!».

L’ex banchiere sul denaro è suscettibile e vuole essere chiaro: «Io non ho più una lira perché ho pagato i miei avvocati, ma ho un’altra logica di vita, quando ho avuto i soldi non mi sono fatto mancare niente, perché tanto tutto quello che dovevo fare, i ristoranti, gli alberghi, le vacanze, i viaggi... ma ti assicuro non me ne fotte più niente». Poi prospettano due ipotesi: vendere il villaggio a un grosso operatore turistico o a un costruttore per poi ampliarlo. Per questa seconda ipotesi saranno necessarie nuove concessioni dal Comune di Nicotera. Nessun problema per la coppia Pittelli-Mussari: «Vado a parlare con il Sindaco, dopodiché i contatti col Comune te li segui tu... Giuse’! è lavoro! Secondo me possiamo guadagnare due, tre milioni... tranquillamente». Prima di salutarsi c’è il tempo di una battuta sui magistrati: «Tu li odii... io pure», ride Pittelli. Mussari saluta accennando un sorriso. Prima Palenzona, poi l’ex Mps, infine tocca al boss Luigi Mancuso: Pittelli lo incontra il 9 luglio. E per il Ros hanno «discusso della questione (Valtur)».

MAMMASANTISSIMA E "FRATELLI"
Le cinque province della Calabria con il numero di “Locali” e di singoli clan (dati: Procura nazionale antimafia e Dia) e le logge massoniche emerse dai racconti dei pentiti e dalle inchieste. La provincia di Reggio Calabria conta 72 “Locali”: 27 lato jonico, 37 area città, 9 fascia tirrenica. (Cliccando sulle icone è possibile scoprire i dettagli)

Una platea di amici insospettabili che la 'ndrangheta ha anche al Nord. All'ombra della Alpi, in Valle d'Aosta e Piemonte. Ai piedi degli Appennini, in Emilia. E nella pianura lombarda.


'Ndrangheta, appalti pilotati per favorire le cosche: 11 funzionari coinvolti, decine di arresti in tutta Italia
28 maggio 2020

https://www.ilmessaggero.it/italia/ndra ... 54610.html

Un cartello criminale composto da imprenditori e funzionari pubblici per pilotare gli appalti e agevolare le cosche della 'Ndrangheta. Lo ha scoperto la Guardia di Finanza che sta eseguendo decine di arresti in diverse regioni italiane. L'indagine, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, ha preso di mira i profili 'imprenditorialì dei Piromalli, la cosca che opera nella Piana di Gioia Tauro. I finanzieri stanno eseguendo anche sequestri di beni e imprese per oltre 103 milioni.

Reddito di cittadinanza per 101 boss di 'ndrangheta. Tra i beneficiari i figli dell'Escobar italiano della cocaina

I provvedimenti cautelari e i sequestri, nei quali sono impegnati circa 500 finanzieri dei comandi provinciali e dello Scico, sono scattati in Calabria, nelle province di Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza e Vibo Valentia, in Sicilia tra Messina, Palermo, Trapani e Agrigento, in Campania - a Benevento e Avellino -a Milano e Brescia in Lombardia e ad Alessandria, Gorizia, Pisa, Bologna e Roma. L'operazione, coordinata dal procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri e denominata 'Waterfront', è l'epilogo delle indagini sull' ala imprenditoriale dei Piromalli. Dagli accertamenti, infatti, è emersa l'esistenza di un cartello composto da imprenditori e pubblici ufficiali ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla turbativa d'asta aggravata dall'agevolazione mafiosa, frode nelle pubbliche forniture, corruzione ed altri reati. Sono 11 i funzionari pubblici coinvolti.



'Ndrangheta, appalti pilotati per favorire le cosche: 11 funzionari coinvolti, decine di arresti in tutta Italia
28 maggio 2020

https://www.ilmessaggero.it/italia/ndra ... 54610.html

Un cartello criminale composto da imprenditori e funzionari pubblici per pilotare gli appalti e agevolare le cosche della 'Ndrangheta. Lo ha scoperto la Guardia di Finanza che sta eseguendo decine di arresti in diverse regioni italiane. L'indagine, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, ha preso di mira i profili 'imprenditorialì dei Piromalli, la cosca che opera nella Piana di Gioia Tauro. I finanzieri stanno eseguendo anche sequestri di beni e imprese per oltre 103 milioni.

Reddito di cittadinanza per 101 boss di 'ndrangheta. Tra i beneficiari i figli dell'Escobar italiano della cocaina

I provvedimenti cautelari e i sequestri, nei quali sono impegnati circa 500 finanzieri dei comandi provinciali e dello Scico, sono scattati in Calabria, nelle province di Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza e Vibo Valentia, in Sicilia tra Messina, Palermo, Trapani e Agrigento, in Campania - a Benevento e Avellino -a Milano e Brescia in Lombardia e ad Alessandria, Gorizia, Pisa, Bologna e Roma. L'operazione, coordinata dal procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri e denominata 'Waterfront', è l'epilogo delle indagini sull' ala imprenditoriale dei Piromalli. Dagli accertamenti, infatti, è emersa l'esistenza di un cartello composto da imprenditori e pubblici ufficiali ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla turbativa d'asta aggravata dall'agevolazione mafiosa, frode nelle pubbliche forniture, corruzione ed altri reati. Sono 11 i funzionari pubblici coinvolti.


'Ndrangheta: appalti pilotati per favorire cosche, arresti in tutta Italia
Giovedì, 28 Maggio 2020
http://www.lametino.it/Cronaca/ndranghe ... talia.html

Roma - Un cartello criminale composto da imprenditori e funzionari pubblici per pilotare gli appalti e agevolare le cosche della 'ndrangheta. Lo ha scoperto la Guardia di Finanza che sta eseguendo decine di arresti in diverse regioni italiane. L'indagine, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, ha preso di mira i profili 'imprenditoriali' dei Piromalli, la cosca che opera nella Piana di Gioia Tauro. I finanzieri stanno eseguendo anche sequestri di beni e imprese per oltre 103 milioni.

I provvedimenti cautelari e i sequestri, nei quali sono impegnati circa 500 finanzieri dei comandi provinciali e dello Scico, sono scattati in Calabria, nelle province di Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza e Vibo Valentia, in Sicilia tra Messina, Palermo, Trapani e Agrigento, in Campania - a Benevento e Avellino - a Milano e Brescia in Lombardia e ad Alessandria, Gorizia, Pisa, Bologna e Roma. L'operazione, coordinata dal procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri e denominata 'Waterfront', è l'epilogo delle indagini sull'ala imprenditoriale dei Piromalli. Dagli accertamenti, infatti, è emersa l'esistenza di un cartello composto da imprenditori e pubblici ufficiali ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla turbativa d'asta aggravata dall'agevolazione mafiosa, frode nelle pubbliche forniture, corruzione ed altri reati. Sono 11 i funzionari pubblici coinvolti.

Coinvolto funzionario Anas e tecnici comunali

Ci sono anche un funzionario dell'Anas in servizio a Reggio Calabria, e tecnici dei comuni di Rosarno e Gioia Tauro tra le persone coinvolte nell'inchiesta coordinata dalla Dda di Reggio Calabria che stamani ha portato a numerosi arresti in tutta Italia eseguiti della Guardia di finanza nei confronti dei presunti componenti di un cartello criminale composto da imprenditori e funzionari pubblici per pilotare gli appalti e agevolare la cosca Piromalli. L'operazione, denominata "Waterfront", è il frutto di tre filoni di indagine scaturiti dall'operazione "Cumbertazione" che nel gennaio 2017 portò al fermo di 35 persone ed alla scoperta di un "cartello" di imprenditori sostenuti dalle cosche della 'ndrangheta. Indagando su sette appalti già oggetto di quella inchiesta, i finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria e dello Scico, hanno portato alla luce altre ipotesi di reato di frode in pubbliche forniture portate a termine grazie anche a funzionari pubblici infedeli. Il secondo filone ha preso le mosse da quanto scoperto nel computer di uno degli arrestati in Cumbertazione che ha portato alla scoperta di un altro cartello di imprese al servizio delle cosche. Infine, dalle indagini èp emerso il coinvolgimento del responsabile dell'area reggina dell'Anas che avrebbe favorito un imprenditore in cambio del pagamento di somme di denaro in favore della moglie per prestazioni lavorative che secondo quanto emerso dalle indagini della Guardia di finanza, in realtà, non sarebbero mai state svolte.

A cartello imprese appalti per oltre 100 milioni

Ammonta ad oltre 100 milioni di euro il valore degli appalti ottenuti illecitamente coperti dalle indagini condotte dalla Guardia di finanza e coordinate dalla Dda di Reggio Calabria che hanno portato alla luce un cartello composto da 57 imprenditori che, con attraverso turbative d'asta aggravate dall'agevolazione mafiosa, si sarebbero aggiudicati almeno 22 gare ad evidenza pubblica, frodando la Regione Calabria e la Comunità Europea. Le gare investigate dai finanzieri del Gico del Nucleo di polizia economico finanziaria di Reggio Calabria e dello Scico, sono state bandite tra il 2007 e il 2016 dalle stazioni appaltanti dei Comuni di Gioia Tauro e Rosarno, nonché dalla Stazione Unica Appaltante di Reggio Calabria. Così facendo, le imprese avrebbero agevolato l'attività dei Piromalli che si sono assicurati una rilevante "tangente ambientale", garantendo la realizzazione dei lavori. Gli appalti venivano ottenuto tramite offerte precedentemente concordate e se il cartello non risulta vincitore, venivano effettuati subappalti o procedura di nolo per ottenere comunque l'esecuzione dei lavori. Tra gli appalti finiti nel mirino degli investigatori anche quelli di riqualificazione del lungomare di Gioia Tauro, Rosarno e San Ferdinando in attuazione di Progetti Integrati di Sviluppo Urbano finanziati da fondi europei. Numerose le irregolarità riscontrate: la percezione di somme non dovute, liquidazioni di spese non dovute, distorto utilizzo di "varianti in corso d'opera", difformità nei progetti, omessi collaudi statici, prove non eseguite sulla qualità e sullo spessore degli asfalti bituminosi. Il tutto anche nell'esecuzione di opere quali il Palazzetto dello sport, il parcheggio interrato e il Centro polifunzionale di Gioia Tauro, nonché il Centro polisportivo di Rosarno.

Fondamentale, per l'accusa, è risultata la complicità, a vario titolo, di pubblici ufficiali - dirigenti e direttori dei lavori/collaudatori, tecnici/progettisti e/o responsabili unici pro tempore dei procedimenti relativi agli appalti - incaricati dalle relative stazioni appaltanti. Dalle indagini è emerso anche lo "stabile rapporto corruttivo" esistente tra il funzionario dell'Anas Giovanni Fiordaliso, del Compartimento di Reggio Calabria, e l'imprenditore Domenico Gallo, indicato come il "dominus" di numerose società fornitrici di bitume e calcestruzzo, per frodi in svariati contratti di fornitura indebitamente affidati ad imprese riconducibili a Gallo, compresi i lavori di ammodernamento di tratti dell'Autostrada A2 Salerno - Reggio Calabria effettuati con materiali di qualità inferiore rispetto ai parametri imposti dagli appalti. In cambio, secondo l'accusa, Fiordaliso avrebbe ottenuto beni di lusso e promesse di incarichi nelle sue imprese. L'imprenditore avrebbe anche versato circa 94.000 euro alla moglie di Fiordaliso per prestazioni di lavoro mai effettuate. A conclusione dell'operazione, 14 persone sono state poste ai domiciliari, a 20 è stato notificato l'obbligo di presentazione alla Pg e per 29 è scattato il divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriale.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Mafia, camorra, complottismo, massoneria, Unità d'Italia

Messaggioda Berto » dom apr 25, 2021 2:55 am

Bari, arrestati il giudice De Benedictis e un avvocato penalista: mazzette per provvedimenti favorevoli favorevoli a mafiosi. In tre zaini 1,3 mln
Giuliano Foschini, Chiara Spagnolo
24 aprile 2021

https://bari.repubblica.it/cronaca/2021 ... 3Dsharebar

È stato sorpreso a ricevere una busta piena di banconote da un avvocato: il giudice barese Giuseppe De Benedictis è stato arrestato e condotto in carcere dai carabinieri del Nucleo investigativo di Bari. L'ordinanza di custodia cautelare in carcere ha riguardato anche l'avvocato barese Giancarlo Chiariello e altri soggetti, alcuni dei quali esponenti della criminalità organizzata del capoluogo pugliese e del foggiano, che sarebbero stati agevolati con il ridimensionamento di misure cautelari. L'inchiesta è stata portata avanti dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce - coordinata dal procuratore Leonardo Leone de Castris - dalla quale il 9 aprile è partito l'ordine di perquisizione di De Benedictis, che era stato pedinato mentre, alle 8 del mattino, si recava nello studio dell'avvocato Chiariello.

In quel luogo, il magistrato e l'avvocato, si sarebbero incontrati più volte, così come nell'ascensore del palazzo, nell'ufficio del giudice e in un bar davanti il palazzo di giustizia. Nella mattina del 9 aprile - stando a quanto ricostruito dai pm - De Benedictis si sarebbe recato dal legale per riscuotere il prezzo della corruzione per avere disposto gli arresti domiciliari nei confronti di Antonio Ippedico, arrestato per associazione mafiosa.

Subito dopo, il magistrato si è recato nel suo ufficio dove erano state precedentemente installate delle videocamere nascoste, che hanno consentito ai carabinieri di osservare in diretta l'apertura della busta che gli era stata consegnata nello studio dell'avvocato, contenente banconote per circa 6mila euro. De Benedictis è stato interrogato nell'immediatezza e ha ammesso di avere ricevuto quel denaro. Subito dopo ha presentato richiesta di lasciare la magistratura. Nel corso della perquisizione, effettuata nell’abitazione del magistrato, sono state trovate somme di denaro nascoste nelle prese elettriche, in cifre variabili tra 2mila e 16mila euro, per un totale di 60mila, che gli inquirenti ritengono essere il prezzo della corruzione.

Le perquisizioni

Contestualmente alla notifica delle ordinanze di custodia cautelare, vengono effettuate numerose perquisizioni a carico di soggetti detenuti per reati di mafia nonché di presunti favoreggiatori, indagati a piede libero. Le indagini si sono avvalse di numerose intercettazioni telefoniche e delle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, i quali hanno portato alla luce l'esistenza di un sistema corruttivo, tra magistrato e avvocato, in base al quale in cambio di somme di denaro il giudice emetteva provvedimenti favorevoli agli assistiti del legale.

Stando a quanto hanno riferito i pentiti, l'esistenza di tale sistema era molto noto nel mondo criminale della Puglia centro-settentrionale. Nel corso delle indagini, i carabinieri hanno ascoltato conversazioni nelle quali De Benedictis e Chiariello discutevano delle modalità migliori per motivare i provvedimenti di alleggerimento delle misure cautelari e si mettevano d'accordo sulla quantificazione delle somme da chiedere agli interessati. In alcune circostanze, sono state seguite in diretta anche le operazioni di conteggio del denaro.

Gli indagati

Tra le persone indagate dalla procura di Lecce c’è anche il figlio trentenne dell’avvocato Chiariello, Alberto (anch’egli avvocato), nella cui abitazione sono stati trovati 1,3 milioni di euro nascosti in tre zaini. In totale gli indagati sono 12 e per tutti la pm Roberta Licci aveva chiesto la custodia cautelare in carcere, La gip di Lecce Giulia Proto, però, ha ritenuto che l’applicazione della misura cautelare fosse necessaria solo per tre di loro: oltre a Chiariello e De Benedictis, Danilo Pietro Della Malva, arrestato per aver fatto parte di un gruppo criminale dedito al narcotraffico e ritenuto il principale corruttore. La giudice ha rilevato per tutti la possibilità che possano commettere reati dello stesso genere.

Uno dei tre zaini con i soldi trovati a casa di Alberto Chiariello

Le altre persone indagate sono: Marianna Casadibari, avvocata barese e collaboratrice di studio dell’avvocato Chiariello; Nicola Soriano, appuntato dei carabinieri in servizio presso la sezione di pg della Procura di Bari; Roberto Dello Russo, indagato per narcotraffico nell’ambito di un’inchiesta di cui De Benedictis si era occupato come gip; Antonio Ippedico, esponente della “Società foggiana”, indagato in un’inchiesta della Dda di Bari e arrestato; Pio Michele Gianquitto, indagato per trasferimento fraudolento di valori e arrestato su ordine del gip De Benedictis; Paolo D’Ambrosio, avvocato co-difensore di Ippedico insieme a Chiariello; Matteo Della Malva, zio di Danilo Pietro e la compagna di quest’ultimo Valeria Gala. Le ipotesi di reato, contestate a vario titolo agli indagati, sono: associazione a delinquere, corruzione in atti giudiziari, rivelazione di segreti d’ufficio e atto contrario ai doveri di ufficio.

Le dichiarazioni

“La magistratura ha gli anticorpi necessari per individuare al suo interno le criticità e colpire i comportamenti devianti”: lo ha dichiarato la Procura di Lecce, in relazione all’inchiesta per corruzione, che ha portato all’arresto di un giudice e un avvocato di Bari. “È opinione di questa Procura della Repubblica che la collettività, sia pure nel comprensibile disagio e disorientamento determinato dalla vicenda, possa trovare motivo di sollievo nella circostanza che proprio l’istituzione giudiziaria possieda gli anticorpi necessari per colpire i comportamenti devianti, e abbia, ancora una volta nella nostra regione, dimostrato di saper guardare al proprio interno e individuare le più gravi criticità - è stato chiarito - E’ oggi più che mai necessario che, insieme all’avvocatura, tutti gli uffici giudiziari proseguano nel proprio impegno volto ad assicurare un servizio efficiente e trasparente per la collettività”.
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