LA SERENISSIMA REPUBBLICA VENETA (parte prima)http://historiadibergamo.blogspot.it/20 ... eneta.htmlBergamo, loggia del Palazzo della Ragione, il leone di S.Marco.
(B. Belotti, Storia di Bergamo e dei bergamaschi, ed. Bolis, Bergamo, 1989).
Per la Serenissima Repubblica di Venezia, il XV secolo si aprì con la necessità di un cambiamento della propria strategia politica militare sulla terraferma.
L'interesse era stato per secoli rivolto verso il Mediterraneo e l'Oriente, ma a causa del mutare degli avvenimenti nello scenario italiano, Venezia già a partire dal 1337 iniziò ad espandersi nell'entroterra.
Filippo Maria, l'ultimo signore visconteo di Bergamo, si trovò nel 1423 a dover fronteggiar più volte le armate venete che si avvicinavano sempre più alla città.
Lo scontro terminò il 12 ottobre 1427 a Maclodio (nei pressi del fiume Oglio) dove Francesco Bussone, conte di Carmagnola (1380-1432), alla testa delle truppe della Serenissima sconfisse l'armata viscontea.
In territorio orobico, il sentimento antiimperiale guelfo che già era stato espresso negli anni della signoria culminò al punto che i bergamaschi, durante la guerra dei visconti contro Venezia, deliberarono in segreto di darsi alla Repubblica Serenissima.La delicata situazione e il gradimento del favore bergamasco verso Venezia da parte della Repubblica, è espresso nella monografia di Ignazio Cantù Bergamo e il suo territorio dove riporta:
La città di Bergamo gagliardamente s'oppose a tali mosse per non perdere il merito della volontaria deditione, finchè poi libera da ogni timore, spontaneamente spedì ambasciatori nel mese di aprile 1428 all'eccellentissimo senato venetiano a portar la deliberata deditione, quali s'ebbero in risposta dal principe, che sarebbe tenuta la città di Bergamo non come soggetta, ma trattata come sorella della città di Venetia; parole espresse nel privilegio di essa città, 9 luglio 1428.Ignazio Cantù, Bergamo e il suo territorio
Veduta di Bergamo nel XV secolo, pagina di codice (Biblioteca Comunale, Mantova).
(B. Belotti, Storia di Bergamo e dei bergamaschi, ed. Bolis, Bergamo, 1989).
I bergamaschi offrirono uno stendardo vermiglio decorato da strisce verticali gialle (i colori della provincia e delle fazioni guelfa e ghibellina) che fu posto nella Basilica di S.Marco in segno di fratellanza mentre un'insegna di S.Marco (nella simbologia un leone alato con un libro che reca le parole PAX TIBI, MARCE EVANGELISTA MEUS! e poggia le zampe anteriori sulla terraferma e le posteriori nel mare) che avrebbe dovuto sventolare sul luogo più alto della città (la Cappella di S.Vigilio).
Valtorta, Valle Brembana, Chiesa Parrocchiale. Leone di S.Marco dipinto sul muro esterno, secolo XV. (B. Belotti, Storia di Bergamo e dei bergamaschi, ed. Bolis, Bergamo, 1989).
Il doge Francesco Foscari (1374-1457) nominò primo Podestà e Capitano di Bergamo Marco Giustinian il 20 gennaio 1428, che come primo obiettivo dovette condurre ancora per anni la guerra contro Filippo Maria Visconti il quale, dopo la prima pace stipulata a Ferrara non si era dato per vinto.
Il 26 aprile 1433 fu sancita la definitiva estensione della sovranità veneziana alla città di Bergamo e all'area orobica in precedenza governata dai Visconti, con la seconda pace di Ferrara.
Questo diede il via ad una notevole riorganizzazione della vita pubblica/sociale e, da un punto di vista politico e strategico, Bergamo divenne un dominio molto vantaggioso data la sua posizione geografica (che rappresentava comunque un pericolo per la Repubblica in quanto troppo lontana dalla laguna per poter essere difesa celermente).
I cittadini bergamaschi vennero parificati ai cittadini veneziani e di conseguenza esentati dalle imposte reali e personali, dimostrando quanto, sul piano giuridico e di fatto, la città di Bergamo fosse considerata a tutti gli effetti sorella di Venezia.Francesco da Ponte detto il Bassano, Bergamo, ex Palazzo comunale, ora biblioteca Caversazzi, Sala del Consiglio. Il rettore Benedetti presenta Bergamo a Venezia.
Il dipinto era stato eseguito per la sala consigliare del Palazzo del Podestà.
(B. Belotti, Storia di Bergamo e dei bergamaschi, ed. Bolis, Bergamo, 1989).
Furono ripristinate le antiche costituzioni, le consuetudini e le giurisdizioni proprie delle autonomie comunali e comunitarie; negli Statuti di Bergamo del 1430 veniva delineato che la nuova forma di governo adottata con la deditione giurata alla Serenissima era di libertà e non servile.Da un punto di vista militare i confini della città erano difesi e presidiati dalle truppe della Repubblica coalizzate con le numerose cernite, milizie volontarie locali che in caso di pericolo avrebbero suonato le campane dei campanili della città.
Come le altre città della terraferma, Bergamo ottenne il diritto di avere il proprio ambasciatore a Venezia e il giudizio dei cittadini fu sempre tenuto in considerazione dal Podestà, il quale ne apprezzava la fedeltà.
Tuttavia, come in passato, il rapporto tra la città e le valli (e di conseguenza tra ghibellini e guelfi) restò conflittuale e Venezia sostenne sempre la fazione guelfa.
Fiscalmente, la Repubblica Serenissima impose esigenti tasse su città come Bergamo, una parte delle quali veniva comunque speso sul territorio; la forma di governo, l'amministrazione e la giustizia ripetevano il modello della Serenissima, ma tutti i poteri amministrativi e giuridici furono sempre esercitati dal ceto dirigente bergamasco, a dimostrazione dei diritti e privilegi concessi dal senato veneziano.I rappresentanti della Serenissima riusciranno, attraverso le ottime pratiche di governo e amministrazione, a garantire, ampliare e aggiornare le singole Comunità con concordate forme di autonomie.
Averara, Valle Brembana, Località Redivo. La dogana veneta sull'antica via del Passo di S.Marco.
(B. Belotti, Storia di Bergamo e dei bergamaschi, ed. Bolis, Bergamo, 1989).
Le condizione istituzionali e politiche che regolavano queste autonomie erano efficaci garanzie, risarcimenti per fatti bellici e faziosi, esenzioni fiscali e riscatti di diritti, provvedimenti concordati in grado di saldare tra loro le esigenze delle molteplici federazioni presenti nell'ampia area orobica.
La novità introdotta a livello amministrativo fu la ripartizione del territorio in pianura, montagna e valli; ulteriormente ripartito in Quadre, con Comuni e Podesterie.
Ogni Quadra era governata da un Vicario mentre ogni Comune, attraverso l'elezione annuale da parte dei cittadini, era guidato da un Console.
Il congresso generale dei Comuni si svolgeva nella città di Bergamo, nel Palazzo della Ragione.
Sebbene alcune zone del territorio (specialmente la Valle Seriana superiore, l'alta Valle Brembana e ad esempio la Valle di Scalve che godeva di un'amministrazione autonoma) godessero di particolari agevolazioni fiscali ed immunità, Venezia non assecondò mai i sentimenti di totale indipendenza e separazione delle suddette valli rispetto alla città di Bergamo.La lungimirante correttezza politica della Repubblica garantì alle diverse comunità una libertà operativa e collaborativa entro il proprio contesto, salvaguardando e rispettando le Autonomie Statutarie.
La scelta di non utilizzare la sciagurata regola divide et impera, ossia esercitare una colonizzazione militare e il successivo governo che limitasse la libertà della Comunità, dimostrò così la saggezza e la prudenza delle capacità governative della Serenissima.
Carta dell'ordinamento amministrativo dato da Venezia al territorio bergamasco con la divisione in Quadre e Podesterie separate.(B. Belotti, Storia di Bergamo e dei bergamaschi, ed. Bolis, Bergamo, 1989).
Tuttavia, né all'interno della città né nelle altre zone del territorio, furono mai del tutto debellate le rivalità e le profonde divisioni tra guelfi e ghibellini, spesso sovvenzionate e fomentate da Francesco Maria Visconti.
L'atteggiamento della Repubblica nei confronti di tale ostilità fu abbastanza imparziale, considerato il fatto che gran parte delle motivazioni originarie il conflitto erano diventate nel corso dei secoli semplici rivalità di interessi di famiglia.
Con un regime che alternava persuasione e rigore, generosità e severità, la politica veneziana riuscì comunque a tenere sotto controllo una situazione che, soprattutto da parte dei ghibellini continuava a rappresentare un pericolo costante per il dominio veneto e i suoi confini, ponendosi l'obiettivo di conservare intatto il potere della fazione guelfa.
Nel 1437, il conflitto con Milano si riaccese e il territorio bergamasco fu nuovamente campo di battaglia dilaniato da distruzioni e morte.
Il condottiero bergamasco Bartolomeo Colleoni (1400-1476), Capitano della Repubblica di Venezia, riuscì ad opporsi attraverso una strategica difesa della città alle truppe di Niccolò Piccinino (1386-1444), al servizio del duca di Milano.
Venezia, Piazza dei Santi Giovanni e Paolo, Statua equestre di Bartolomeo Colleoni, opera del Verrocchio.
(B. Belotti, Storia di Bergamo e dei bergamaschi, ed. Bolis, Bergamo, 1989).
Bergamo, Civiva Biblioteca. Effige di Niccolò Piccinino, medaglia del Pisanello.
(B. Belotti, Storia di Bergamo e dei bergamaschi, ed. Bolis, Bergamo, 1989).
Venezia garantì indennità ed esenzioni alle comunità che avevano maggiormente sofferto a causa della guerra.Ma Filippo Maria Visconti, dopo aver annesso la Valtellina al proprio ducato, non rinunciò alla volontà di riconquistare il territorio bergamasco inviando il Piccinino verso la parte cremonese e costringendo il Capitano veneto Erasmo da Narni detto Gattamelata (1370-1443) all'intervento di difesa.
Il territorio della Repubblica Serenissima fu messo a ferro e fuoco e già nel 1439 l'intera pianura fino a Padova era passata sotto il dominio visconteo; Bergamo, Brescia e Verona resistevano difese dai condottieri veneti.
I cittadini bergamaschi subirono il morso della fame a causa dell'assedio delle milizie viscontee, richiedendo a Venezia un urgente intervento difensivo.
Quando la Serenissima affidò il comando supremo al Capitano di ventura Francesco Sforza (1401-1466), le truppe venete riuscirono a liberare il vicentino con 8000 uomini.
A Verona il Colleoni si unì allo Sforza con le sue truppe e riuscirono grazie all'aiuto dei partigiani bresciani e bergamaschi a far penetrare un po' di viveri e soccorsi nella città di Brescia, risvegliando in Bergamo la speranza.
Nel 1440 la Repubblica fiorentina alleata a Venezia, riuscì a sconfiggere in Toscana le truppe viscontee di Piccinino ad Anghiari.
Senza il proprio comandante, le truppe ducali persero la capacità organizzativa e il controllo della pianura, risultando sconfitte nella battaglia di Soncino (14 giugno 1440) dal contrattacco di Francesco Sforza.
Il territorio bergamasco fu finalmente liberato dopo 3 anni di guerra; la "pace" venne sancita a Cremona nel 1441 grazie alla sottoscrizione e all'arbitrato di Sforza il quale aveva sposato Bianca Maria Visconti (1425-14689 la figlia di Filippo Maria.
Milano, Pinacoteca di Brera. Ritratti di Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti, attribuiti a Bonifacio Bembo.
(B. Belotti, Storia di Bergamo e dei bergamaschi, ed. Bolis, Bergamo, 1989).
La Serenissima garantì e assicurò franchigie ed esenzioni per il territorio orobico che riuscì quindi a risollevarsi dopo i gravissimi danni subiti e constatò la lealtà e la correttezza della Repubblica (che non ebbe mai alcuna tentazione centralizzatrice e colonizzatrice).Nel 1450, dopo la morte di Filippo Maria Visconti, Francesco Sforza divenne, sostenuto dalla moglie Bianca Maria, duca di Milano.
Egli affrontò una nuova guerra contro Venezia e potè contare su un'iniziale aiuto di Bartolomeo Colleoni il quale, nel 1454 tornò al servizio della Serenissima.
Venezia si trovò in una situazione delicata visto soprattutto l'avanzata dei Turchi nel Mediterraneo orientale e la loro presa di Costantinopoli nel 1453, evento che compromise i cospicui interessi marinari e commerciali della Repubblica con l'Oriente.