La Repiovega Serenisima come modeło istitusional?

La Repiovega Serenisima come modeło istitusional?

Messaggioda Berto » dom ott 04, 2015 8:49 pm

La Repiovega Serenisima come modeło istitusional ?
viewtopic.php?f=137&t=1891

Organi istitusional venesiani
viewtopic.php?f=137&t=767
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: La Repiovega Serenisima come modeło istitusional?

Messaggioda Berto » dom ott 04, 2015 8:51 pm

La Politica Sociale Della Repubblica Di Venezia de Brian Pullan
https://picasaweb.google.com/pilpotis/L ... rianPullan

Immagine

Gli ordinamenti veneziani, costituirono un modello per le province unite di De Witt e per il Parlamento Inglese … Harrington, nel suo “Oceana”, parlò di Venezia come di una Repubblica Immortale e intatta per sempre dalla corruzione.
Molti anni dopo coloro che stesero le Costituzioni della Carolina e della Pensylvania guardavano ancora con interesse alla Pepubblica veneziana.
Nota n 10 : Cfr. Z.S. Fink, “Venice and English political thought in de seventeenth century”, in «Modern Philology» XXXVIII (1940-41); Fink, The Clasical republicans … ; J.R. Hale, England and the Italian Renaissance, London 1963, pp. 31-34.


Repubblica delle Sette Province Unite
http://it.wikipedia.org/wiki/Repubblica ... ince_Unite
La Repubblica delle Sette Province Unite (in olandese Republiek der Zeven Verenigde Nederlanden) fu una Repubblica che sorse fra il 1581 ed il 1795 nei territori che oggi costituiscono i Paesi Bassi. Essa è nota anche come Repubblica delle Sette Province Unite dei Paesi Bassi (Republiek der Zeven Verenigde Nederlanden) o semplicemente come Province Unite.


Johan de Witt
http://it.wikipedia.org/wiki/Johan_de_Witt
Johan de Witt, (Dordrecht, 24 settembre 1625 – L’Aia, 20 agosto 1672) è stato un politico olandese. Figura chiave nella politica della Repubblica delle Province Unite, nel periodo che va sotto il nome di Secolo d’oro olandese. Con lo zio Cornelis de Graeff De Witt ha dominato l’olandese governative Apparat.

James Harrington
http://it.wikipedia.org/wiki/James_Harrington
James Harrington (Upton, Northamptonshire, 7 gennaio 1611 – Londra, 11 settembre 1677) è stato un filosofo e scrittore britannico, autore dell’opera di filosofia politica intitolata La Repubblica di Oceana (1656).
Harrington è stato tra i protagonisti del repubblicanesimo inglese del XVII secolo, fautore di un regime a costituzione mista basato su una divisione egualitaria tra i cittadini della proprietà di terra.

La Repubblica di Oceana
http://oll.libertyfund.org/index.php?op ... d=99999999
http://commons.wikimedia.org/wiki/James_Harrington
http://en.wikipedia.org/wiki/The_Commonwealth_of_Oceana
http://onlinebooks.library.upenn.edu/we ... 2c%20James

Giorgio Gianighian, Brian Pullan
1993-05-29
https://www.youtube.com/watch?v=np-PAA_Uc74
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: La Repiovega Serenisima come modeło istitusional?

Messaggioda Berto » dom ott 04, 2015 9:09 pm

Giorgio Gianighian, Brian Pullan
1993-05-29
https://www.youtube.com/watch?v=np-PAA_Uc74

Immagine

Immagine

Immagine

Immagine

Immagine

Immagine
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: La Repiovega Serenisima come modeło istitusional?

Messaggioda Berto » dom ott 04, 2015 9:30 pm

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: La Repiovega Serenisima come modeło istitusional?

Messaggioda Berto » dom ott 04, 2015 9:30 pm

La Repiovega Veneta a domegno venesian no ła jera federal, no ła gheva gnente de federal
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 167&t=1602

Immagine
https://www.filarveneto.eu/wp-content/u ... nesian.jpg



Me despiaxe tanto ma naltri veneti no jerimo lebari, ma jerimo suditi dei venesiani!

Immagine
https://www.filarveneto.eu/wp-content/u ... Veneto.png

Ła Repiovega Veneto Venesiana lè termenà ente 1797 el 12 de majo:
http://www.filarveneto.eu/forum/viewforum.php?f=160

Ƚe colpe, ƚe responsabeƚetà e ‘l tradimento dei venesiani
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 167&t=1277

El Parlamento Arestogratego Venesian
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 138&t=1405

El Comoun Venesian e ła Concio
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 137&t=1835

I Duki o Doxi de ła tera veneta:
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 179&t=1318
I Duki o Doxi e łe grandi fameje venet-xermagne:
http://www.filarveneto.eu/forum/viewforum.php?f=179

Mexoevo - ognefegansa połedega de l'ara veneta:
http://www.filarveneto.eu/forum/viewforum.php?f=184

El stado veneto a domegnansa venesiana
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 184&t=1416

Periodo o ani o secołi veneto-venesiani - 400 ani (Stato-Repiovega Veneta de Tera e de Mar):
http://www.filarveneto.eu/forum/viewforum.php?f=138

Cosa tor da l'espariensa pasà de ła tera veneta:
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 183&t=1408

No, mi so' veneto vixentin, no' son venesian e gnanca markesco
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 167&t=1786

El sogno mito dei Serenisimi - Venesia e i so limiti
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 134&t=1571

Veneti ke łi sogna na nova Repiovega Arestogratega
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... =167&t=885

Ła Serenisima no ƚa pol tornar parké lè na espariensa pasà
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... =168&t=885

El mito de Venesia lè n'entrigo par l'endependensa veneta
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 183&t=1816

On novo Veneto
http://www.filarveneto.eu/forum/viewforum.php?f=183
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: La Repiovega Serenisima come modeło istitusional?

Messaggioda Berto » dom ott 04, 2015 9:30 pm

Scipione Maffei e el so projeto de Reforma de la Repiovega Veneta

(Projeto ke no lè mai stà descuso en Major Consejo e tegnesto senpre sconto)

http://it.wikipedia.org/wiki/Scipione_Maffei

Alla conclusione del viaggio europeo, scrisse, nel 1737, il Consiglio politico, rivolto al governo veneziano, in cui denunciò la debolezza veneziana nei confronti degli stati europei. Nel Consiglio politico, Maffei metteva in discussione tutto il delicato e complesso sistema di equilibri del governo di Venezia (fondato sul dominio di un ristretto numero di famiglie patrizie veneziane e sull’esclusione di uomini dalla Terraferma), svelandone la decadenza e proponendo una soluzione ardita. Avvertiva la crisi anche fisiologica della classe dirigente veneziana, ed offriva una prima critica a quella che sarebbe stata la soluzione poi scelta dal Senato, cioè la cooptazione di un certo numero di famiglie patrizie della Terraferma nei ruoli della città. Questa soluzione rimandava semplicemente il problema. Venezia aveva in realtà creato un sistema opposto a quello dell’antica Repubblica romana, grande esempio seguito da Maffei, estraniando da sé e dalle responsabilità la maggior parte dei suoi sudditi.

La fragilità di Venezia, la sua impossibilità di fare una politica estera convincente, la sua chiusura in una neutralità che nascondeva l’impotenza, erano il frutto di questo sistema, che aveva escluso i patriziati delle città della Terraferma. Mancava l’amor di patria, unica possibilità per resistere alle crescenti pressioni degli stati europei. La soluzione di Maffei era dunque il coinvolgimento di tutti i cittadini, con un trasferimento del potere dal popolo al Senato e il coinvolgimento delle popolazioni conquistate, “sul modello di Roma Repubblicana” (Mi diria cofà coelo xvisaro!).

A fianco al modello romano Maffei poneva esempi come il modello inglese e olandese, un sistema non assoluto, in cui le rappresentanze conservavano alcuni poteri fondamentali.


Rivoluzione inglese e monarchia costituzionale
http://www.linguefaidate1.com/canali_in ... ionale.htm
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: La Repiovega Serenisima come modeło istitusional?

Messaggioda Berto » ven gen 22, 2016 9:03 pm

La Serenissima e le sue classi sociali
13 maggio 2014 di Simonetta Dondi dall'Orologio

http://venetostoria.com/2014/05/13/la-s ... si-sociali

Il patriziato veneziano si distingueva da quello europeo per alcune caratteristiche peculiari:

era di origine mercantile anziché feudale la sua creazione e sopravvivenza era giustificata dalla sua costante partecipazione al Governo della Serenissima era formato da famiglie anziché da individui e la primogenitura era l’eccezione invece della regola non usava specifici titoli nobiliari

Daniele_IV_Dolfin_(Tiepolo)Si può ben dire che l’atto creativo del patriziato fu la Serrata del Maggior Consiglio nel 1297, per cui diventarono patrizie le famiglie i cui antenati avevano reso importanti servigi alla Serenissima dall’anno 810 (data del trasferimento della sede ducale da Malamocco a Rivoalto) in poi, o un cui membro aveva seduto nel Maggior Consiglio nei quattro anni precedenti la Serrata.

In tutto furono iscritte nel Libro d’Oro della nobiltà veneziana, circa 220 famiglie.

Questo cambiamento della costituzione (che di fatto passò da repubblica democratica a repubblica aristocratica) non provocò le tensioni politico-sociali che ci sarebbe potuto aspettare.

In primo luogo perché esso confermava una situazione che già esisteva di fatto; inoltre trattavasi di un gruppo sociale omogeneo, attivo, di antica ricchezza, già abituato a servire gli interessi generali; infine era un gruppo numeroso, giacché corrispondeva a circa il 5% della popolazione.

mercanti_veneziani_carpaccioLa “classe mercantile” era formata da cittadini veneziani con diritto “de intus” o “de extra”, ossia abilitati a commerciare all’interno o all’esterno della città. I non veneziani potevano, se considerati degni, acquistare il diritto “de intus” dopo dodici anni di residenza e attività professionale, e il supplementare diritto “de extra” dopo diciotto anni.

Alla “classe mercantile” appartenevano sia “patrizi” sia “cittadini”.

La categoria dei “cittadini” assorbiva anche uomini di scienza e di legge, letterati, medici, funzionari amministrativi e commercianti, formando una classe borghese talvolta ricca, sempre agiata, che aveva comunque una propria rappresentanza politica.

Alle classi privilegiate va aggiunta la classe ecclesiastica, che corrispondeva a circa l’1% della popolazione.

La linea divisoria tra queste classi e il Popolo era il lavoro manuale.

A sua volta il Popolo era diviso fra membri delle “Arti” o “Scuole di Mestiere”, cioè lavoratori specializzati che accompagnavano il loro lavoro con una certa cultura tecnica, e tutti gli altri che invece vivevano solo del proprio lavoro manuale.

Pur privati di potere politico, i Popolani godevano in compenso di salarigrev_secolo16_w relativamente alti (rispetto al resto d’Italia e d’Europa), di cibo sicuro e a prezzi controllati dalla Serenissima; non temevano guerre civili o assalti di eserciti stranieri; non erano relegati in suburbi, poiché le loro abitazioni fiancheggiavano quelle dei patrizi e dei mercanti con cui si mescolavano nelle calli e nei campi, parlando la stessa lingua veneta.

Fieri dell’appartenenza ad uno Stato forte e libero, partecipavano alle feste pubbliche, civili e religiose, al Carnevale, alle Regate, alle cerimonie d’elezione dei Dogi e a quelle che accompagnavano le visite di personaggi illustri.
Si spiega così la quasi totale mancanza di movimenti sociali, la fedeltà alle istituzioni ed il senso di appartenenza di così lunga durata.



Comenti

Renato Tessarin 13 maggio 2014 alle 21:31

Le barchesse furono il vero punto di distinzione ,tra la Serenissima e l’europa feudale dei castelli – Un vero spartiacque tra le culture di allora – Le barchesse rimangono il segno forse piu evidente e forte che caratterizzo il modo di vivere dei Veneti di allora – Persino nelle zone Polesane dove i Patrizi veneti andavano per puro relax a cacciare o a rifugiarsi nei periodi di gravi pestilenze nella capitale , rimangono segni indelebili di pregiati manufatti , dalla caratteristica forma a due barchesse , dove i collaboratori , familiari o agricoltori e stallieri dei nobili , trovavano ospitalita e protezione – Fu la consuetudine di una cultura della condivisione degli spazi domiciliari , che rendeva onore anche al popolo seppur non ancora sovrano , ma in anni di despoti, fu quello uno dei principali nuovi segni di una civilta che si stava gia evolvendo in democrazia

Marco D'Aviano 28 settembre 2015 alle 17:17

Brava Simonetta, hai presentato uno scritto che denota conoscenza profonda della società veneziana e veneta. L’introduzione della costituzione aristocratica non provocò grandi tensioni politico-sociali dopo il 1297 (a parte la rivolta dei Tiepolo, dei Bocconio e dei Barozzi), perché i Veneti Patrizi si accollarono per intero il peso economico, lavorativo e di responsabilità nella conduzione dello Stato. Lavoravano gratuitamente e a tempo pieno per il governo e per l’amministrazione della Giustizia. A occuparsi degli affari pubblici si perdevano soldi, non si guadagnava nulla, si sostenevano pure enormi spese di rappresentanza. Erano l’ideale cristiano e l’ideale repubblicano a motivare quei grandi uomini. Rispondevano di persona sottostando a fitti, insistenti e a volte minacciosi controlli interni, pagando carissimo i propri errori. Ciò avveniva senza l’intervento di nessuna libertà di stampa, senza talk show, senza opposizioni e senza accuse pubbliche, che invece erano aspramente riprovate. L’aristocrazia è la vera forma di democrazia, perché governano i migliori nella forma migliore attraverso la preparazione, l’educazione e il controllo reciproco. Il popolo non è quasi mai interessato a quel che succede, pretende giustamente che i poltici governino bene, di solito solo pochi si preoccupano della cosa pubblica e persino si vota in modo svogliato e superficiale. Infatti, nell’odierno smerdaro democratico tutto diviene demagogia e l’opinione popolare è tirata in ballo solo quando qualche potente ha in serbo di strumentalizzarla.





???
A FINE ‘700 SI STAVA DELINEANDO IL FUTURO STATO VENETO MODERNO
3 gennaio 2016 di Millo Bozzolan

http://venetostoria.com/2016/01/03/a-fi ... to-moderno

il paese di Badoer è un grandissimo esempio della nuova politica dell’aristocrazia veneziana verso la terraferma. ma pochi lo spiegano a scuola, ai nostri tosi

… con la Terraferma come protagonista.
Assistiamo alla fine dell’epoca della repubblica di San Marco, al prorompere di nuove forze, tutte provenienti dall’entroterra, da cui Venezia ormai traeva tutto il suo sostentamento e motivo di esistenza.

Svanito lo stato da Mar, ridotto a una parte della Dalmazia e alle isole Ionie, il porto di Venezia era diventato il naturale sbocco dell’entroterra; “era una Repubblica che si rivolgeva alla Terraferma dove l’agricoltura offriva margini notevolissimi di miglioramenti e dove si potevan realizzare alti redditi e per giunta meno aleatori di quelli ottenuti dal commercio marittimo:
“ i veneziani si volgevano dunque sempre più verso la terraferma per acquistarvi campagne e costruirvi case, soprattutto per curare i loro interessi di propietari fondiari .. e vi andavano ad abitare non solo per i periodi di villeggiatura, ma, quando potevano, per tutto l’anno; né si trattava solo di nobili e ricchi borghesi, finivano nei paesi di campagna anche sacerdoti e professionisti (come medici e chirurghi) che vi trovavano possibilità di guadagno superiori a quelli offerti dalla Dominante.. il governo favoriva questo rivitalizzarsi della campagna (Cozzi) “
(fonte G. Distefano)
La mia idea è che, mancando la calamità rappresentata da Napoleone, l’aristocrazia veneziana sarebbe finalmente, dolcemente implosa, e non avendo più le risorse finanziare e morali per reggere il governo dello stato, nella prima metà dell’800 avrebbe aperto il Gran Consiglio alla nobiltà della terraferma prima, e poi a tutte le componenti produttive della società veneta.

Dell’antico ordine aristocratico sarebbe certamente rimasto un simulacro, come è accaduto in Inghilterra, con la Camera dei Lord, a testimonianza della continuità dello stato millenario, in cui le istituzioni moderne sono tuttavia espressione della Tradizione di un popolo con una storia plurimillenaria, quale è la Nazione veneta. Ma tutto questo ci è stato tolto, sta a noi saper ricostruire il nuovo collegandoci alla nostra storia plurimillenaria. Storia unica in ambito europeo.


I conti a cogna farli co ła storia e no co ła fantaxia: ła storia ła conta ke l'arestograsia venesiana anvençe de darghe la soranedà połedega a tuti i veneti ła ghe ła ga dà a Napołeon.


Sipion Mafei e ła fine de ła Repiovega Venesiana
viewtopic.php?f=160&t=2279
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: La Repiovega Serenisima come modeło istitusional?

Messaggioda Berto » mar mag 17, 2016 6:58 am

Cogna ramentarghe o sovegnerghe a sti "storeghi da ła curta ocià" ke anca en volta par l'Ouropa a ghera arestograsie e patrisià e borghexie de orexen marcatara e profesional e no lomè feudal.

Arengo/rengo e arena, concio, conçilio, concilio, thing, ekklesia, appella, alia, pil-
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtopic.php?f=44&t=74


Comun, Arengo, Mexoevo, Istitusion
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... =136&t=273

Immagine
https://www.filarveneto.eu/wp-content/u ... rentin.jpg


I venesiani no łi ga enventà l'arengo, el concio (convegno o adunansa o asenblea de popoło), no łi ga enventà el comoun, ła repiovega, ła demograsia e łi so istitudi, el major e megnor conxejo, el doxe, l'ogneversedà, no łi ga fato sù na Nasion Veneta, no łi ga fato sù na Repiovega Federal e Demogratega, no łi ga mai vesto gran amor par i veneti de tera e co xe sta ora łi ga prefaresto darghe ła soranedà de ła so repiovega arestogratega a Napołeon pitosto ke metarla ente łe man dei veneti de tera de tuto el Veneto.


Università di Francoforte - Gerhard Dilcher

FORMAZIONE DELLO STATO E COMUNE CITTADINO NEL SACRO ROMANO IMPERO

http://www.dirittoestoria.it/3/Memorie/ ... tadino.htm

SOMMARIO: – I. Il comune come forma costituzionale. – II. Leghe tra città e Impero. – III. Conclusioni – comune cittadino e stato.

Sebbene in maniera diversa, gli storici e gli storici dei diritto hanno spesso accennato al fatto che la formazione dei comuni cittadini alla fine dell'alto Medioevo e la formazione dello stato nel corso dei tardo Medioevo e nell'età moderna hanno una notevole somiglianza fra loro. I pareri si discostano alquanto sul grado di somiglianza e perciò se ne tratta più per immagini e metafore che non in analisi scientifiche.
Lo storico del diritto Wilhelm Ebel parla della città medievale come di una «serra della moderna realtà statuale (Staatlichkeit)»[1] (1966) o di una «serra dei moderno stato amministrativo» (1971)[2].
Lo storico francese Fernand Braudel cita la fiaba della gara tra la lepre e la tartaruga: come la lepre, la città all'inizio è in vantaggio, in quanto più veloce, ma intorno al Cinquecento è lo stato territoriale ad arrivare, come la tartaruga, per primo alla meta[3].
Otto Gierke, l'importante storico dei diritto di indirizzo germanistico dell'Ottocento, afferma che tutte le caratteristiche della moderna concezione dello stato sono presenti nella città in quanto corporazione cittadina[4] - presenti, sia ben chiaro, a livello di concetti giuridici e non nella reale forma di sovranità.
D'altro canto, nei due paesi uniti dall'impero medievale, e cioè l'Italia e la Germania, la costituzione comunale non ha indicato il cammino verso lo stato moderno in modo lineare - mentre in Italia nasce un sistema di stati cittadini a guida monarchica che rivaleggiano fra di loro e che alla lunga soccombono rispetto alle grandi monarchie europee - per ultima Venezia -, in Germania un piccolo numero di città di medie dimensioni e un più grande numero di città di piccole dimensioni in quanto città "imperiali" libere mantengono la forma di governo repubblicana, tipica del comune. All'inizio dell'età moderna però, queste città tedesche devono cedere la forza di guida politica e di modernizzazione al sistema territoriale di un principe.
Noi ci occuperemo qui di seguito del perché la forma costituzionale sviluppata dai cittadini medievali, il comune cittadino, non abbia potuto mantenere la guida alla formazione di uno stato moderno, anch'esso fondato su una borghesia.

I. – Il comune come forma costituzionale

Tra il 1100 e il 1200 i cittadini, diciamo meglio gli abitanti delle città dell'Europa occidentale, si uniscono in una nuova forma costituzionale, il comune giurato. Questo movimento compare quasi contemporaneamente in tutte quelle regioni che sono state definite "urban belt”[5], cintura urbana: dalle coste dei Mar del Nord tra Senna e Reno alle antiche regioni dell'alto Reno e della Rezia, fino alla Borgogna, al Piemonte, alla Lombardia e alla Toscana. Gli abitanti influenti delle città, i milites e i mercanti, ma anche gli artigiani, si uniscono con giuramento in un'associazione che essi dapprincipio chiamano coniuratio, poi communio iurata, comune, e più tardi, con espressione tratta dal diritto romano, universitas[6]
Questo fenomeno compare nelle Fiandre, nella Francia orientale, in Borgogna e nell'Italia centro-settentrionale quasi contemporaneamente intorno al 1100; nelle antiche città romane lungo il Reno viene un po' frenato dal potere dei vescovi tedeschi divenuti principi dell'Impero. Invece nell'Italia centro-settentrionale il movimento comunale è così forte che i vescovi cedono al comune dei cittadini e ai consoli la sovranità sulla città concessa loro dall’imperatore; essi, nella divisione di spiritualia e temporalia, si ritirano nella posizione di pastori spirituali e di personaggi tra i più influenti della città.

Max Weber ha descritto questo fenomeno di formazione dei comune cittadino attribuendogli un significato storico universale[7]. Egli lo definisce come la nascita della città occidentale, che avviene secondo un costrutto idealtipico più nel comune medievale che non nella polis dell'antichità.
Weber considera decisiva la formazione dì un'associazione di tutti i cittadini in quanto individui, un'associazione che supera tutti i limiti imposti dal sangue, dalla parentela e dal rito. L'associazione dei cittadini, cioè il comune, possiede secondo Max Weber autocefalia e autonomia: quindi, autogoverno tramite i propri magistrati che non seguono le regole della signoria feudale, una propria giurisdizione e una propria legislazione statutaria per attuare le norme giuridiche per la vita della cittadinanza contro il mondo feudale. Unendosi in un'associazione i cittadini si appropriano della sovranità all'interno di questa associazione ed escludono in tal modo principalmente le forme di servitù feudale: il cittadino è libero, il diritto di cittadinanza non ammette nessuna sudditanza, nessuna limitazione alla libertà da parte di un signore feudale.
In Germania vale la frase: "l'aria della città rende liberi"[8]. I princìpi qui descritti hanno valore anche in Italia, soprattutto per le prime forme comunali. In Italia tuttavia vengono maggiormente coinvolti i nobili e di conseguenza i princìpi aristocratici, cosicché la costituzione comunale italiana nella sua struttura si avvicina maggiormente all'antica polis, diventa un'oligarchia, mentre a nord delle Alpi la città mantiene di più un carattere puramente borghese grazie alla separazione dalla sfera rurale (che ha carattere aristocratico- contadino).

Qui non sono importanti i particolari, bensì la tipologia: i comuni cittadini acquistano forti somiglianze strutturali con uno stato moderno grazie alla costituzione dei magistrati, cioè alle cariche non feudali per rappresentare la collettività, grazie allo sviluppo di una burocrazia, ivi compresa la giurisdizione, grazie alla legislazione e all'associazione dei cittadini quale elemento portante della collettività[9]. Per Max Weber era significativo soprattutto il fatto che, grazie alla burocrazia, alla legislazione statutaria e soprattutto al genere di economia legata al capitale e al mercato, venisse iniziato un processo di razionalizzazione che rinvia allo stato moderno e al capitalismo moderno[10]. La giurisprudenza – e qui va dato particolare rilievo a Bartolo[11] – collega il carattere dell'associazione ai concetti dei diritto romano e canonico, soprattutto all'universitas, e, con la dottrina della civitas sibi princeps, ad una concezione che si può appunto definire con le categorie weberiane di autocefalia e autonomia, o con Bodin di sovranità. Su questo punto la dottrina dei giuristi converge con la tradizione politica dell'aristotelismo. Il comune medievale viene così paragonato all'antica polis e misurato con essa, e viene classificato con le forme di governo dell'aristocrazia, della politeia o democrazia, mentre gli stati principeschi corrispondono alla monarchia. I comuni cittadini appaiono così nella terminologia latina come forme statali repubblicane, cioè non monarchiche. Poiché le repubbliche marinare italiane, soprattutto Venezia, sono indipendenti e poiché l'Impero praticamente non esercità più i propri diritti sulle città dell'italia centro-settentrionale, l'immagine della civitas sibi princeps è una realtà politica per le grandi città dell'italia centro-settentrionale. Questo vale quasi nella stessa misura per le città "imperiali" libere in Germania: a parte i diritti del re e dell'imperatore, pochi e limitati dai privilegi che diventano attuali solo nel caso di conflitti interni alla cittadinanza, le città libere si presentano come repubbliche che si autogovernano e formulano il loro diritto. In Germania la costituzione consiliare adottata intorno al 1200 sul modello italiano si conserva fino al secolo XIX, anche se l'elezione dei membri dei consiglio avviene sempre di più secondo princìpi oligarchici e non democratici, intendendo con il termine democratico un'elezione attraverso le corporazioni. Le città tedesche che hanno escluso l'aristocrazia feudale e conoscono solo un patriziato rispondono dunque in modo particolare all'immagine di una res publica che si autogoverna. Bisogna tuttavia ricordare che all'interno della città non sono validi né il principio dell'uguaglianza, né quello della totale partecipazione democratica: vi sono i gruppi politicamente privilegiati, vi sono i casati, e talvolta anche alcune corporazioni, considerati eleggibili nel consiglio, vi sono coloro che hanno i pieni diritti civici e vi sono i semplici abitanti della città. Anche questi ultimi, cioè gli abitanti senza il diritto di cittadinanza, godono però del diritto di protezione, di assistenza e di poter provvedere alla propria sussistenza, diritto concesso dalla città alla quale essi sono spesso legati tramite un giuramento che nei diritti e nei doveri è molto simile al giuramento dei cittadini[12].

II. – Leghe tra città e Impero

Come abbiamo già accennato, i comuni cittadini diffusi sia al Nord che al Sud non potevano allargare al paese nessun ordinamento politico secondo il principio repubblicano da essi sviluppato e diventare di conseguenza diretti precursori dello stato di diritto e costituzionale borghese del secolo XIX. Abbiamo già detto che in Italia avviene un capovolgimento in una forma di governo monarchica, un governo di cosiddetti tiranni, come venne accennato da Bartolo ed in seguito presentato da Machiavelli nel “Principe”. Attraverso la forma monarchica di stato, le città più forti dell'Italia centro-settentrionale acquisirono la forza per creare stati territoriali, che erano tuttavia in numero limitato e in forte concorrenza tra di loro. Mi sembra comunque molto utile osservare che all'interno degli stati cittadini italiani permangono forme originarie della costituzione sviluppata dal comune[13], come il concetto di cittadinanza, la legislazione statutaria, le cariche civiche, un consiglio comunale. In Germania invece le città mantengono invero una costituzione comunale, cioè repubblicana, ma non riescono a diventare un reale centro di potere politico; anche i territori civici in dotazione di alcune città come Berna, Ulma o Norimberga, hanno un'estensione relativamente limitata.

Non possiamo tuttavia accontentarci di questa osservazione. Dobbiamo invece prendere in considerazione un fenomeno che ha trasformato le città in un fattore politico ordinatore importante, le ha poste al livello di imperatore, re, principi e aristocrazia: le leghe tra città. Qui si associano spesso molteplici città, formulano le loro mete politiche e le raggiungono in parte in modo pacifico, in parte con la forza delle armi, diventando così importanti fattori della politica. L'apice di questo movimento si ha durante il periodo degli imperatori Svevi, con la prima e la seconda Lega lombarda nell'Italia centro-settentrionale[14] e con la Lega renana in Germania dopo la morte di Federico II. Per il nostro tema non possiamo dunque evitare di analizzare questo fenomeno e di domandarci come mai la potenza associata delle città non solo non si afferma, ma si esaurisce quasi da solo in Italia nel tardo Medioevo, in Germania al più tardi al principio dell'età moderna, dunque dopo il 1500.

Alla Lega lombarda è giustamente dedicata una relazione durante questo simposio. Ma io me ne devo occupare, anche se brevemente, perché essa rappresenta uno dei punti culminanti della mia tematica.

La prima Lega lombarda rappresenta l'origine e il modello di tutte le leghe fra città. Che cos’era successo? L'imperatore Federico Barbarossa, in quanto sovrano potente e carismatico, vuole riaffermare i diritti dell'Impero sull'Italia centro-settentrionale alla dieta di Roncaglia del 1158[15], Inoltre vuole ristabilire lo stato giuridico dei Salii del principio del secolo, cioè una sovranità sulla città concessa dall'impero, nella quale il comune dei cittadini e i magistrati eletti da loro non vengono presi in considerazione. Questa pretesa viene perfino convalidata dai giuristi, i quattuor doctores che provengono dalle città dell'Italia centro-settentrionale, in particolare da Bologna, essa viene raccolta in una legge sui diritti del re, le regalie, e congiunta alle prerogative dell'Impero romano- bizantino dell'epoca di Giustiniano, di stampo quasi assolutistico. I legati delle città danno la loro approvazione, perché non vogliono contestare l'appartenenza all'Impero e non vogliono porsi contro il diritto. Solo la realizzazione di questa pretesa giuridica apre loro gli occhi. Essi si richiamano successivamente alla consuetudine che nel frattempo è subentrata, la consuetudo che ha fondamento giuridico, alla prescrizione dei diritti imperiali in contrasto con questa e al loro diritto di resistenza alla repressione delle posizioni giuridiche conquistate dai comuni. Non ho bisogno di esporre qui le lotte esasperate, le faziosità anche tra le città lombarde, il crudele assedio e la distruzione di Milano, il capovolgimento della situazione con la battaglia di Legnano. Però devo accennare alla nuova situazione giuridica venutasi a creare con la pace di Costanza del 1183[16].

La pace di Costanza porta con sé ciò che si è già delineato nelle Fiandre e nella Francia orientale con il privilegio particolare dei conte di Fiandra e del re francese[17] e adesso viene consolidato tramite un contratto tra molteplici città e il più alto potere dell'Occidente, quello imperiale: il riconoscimento del comune come legittima associazione di cittadini, il loro autogoverno tramite magistrati eletti e l'ampia autonomia dei loro ordinamento giuridico. Tale riconoscimento viene inserito nella federazione dell'impero in un modo già precostituito con il sistema feudale: da un lato con l'affidamento ai magistrati, da parte dell'imperatore, dei diritto di banno; dall'altro con l'introduzione nel giuramento dei cittadini e degli abitanti di una dichiarazione di fedeltà all'imperatore e all'Impero. Ciò maschera solo faticosamente il carattere rivoluzionario di questo avvenimento fatto notare da Max Weber, e cioè che una grande associazione di uomini eserciti su se stessa la sovranità collettiva, uomini che, come registra scandalizzato lo zio di Federico Barbarossa, il vescovo Ottone di Frisinga, sono di condizione inferiore, inferioris conditionis, ed esercitano il disprezzato lavoro manuale, contemptibilium eciam mechanicarum artium opifices. Nel l'aristocraticissimo mondo del potere dell'alto Medioevo, per mezzo della formazione del comune e dell'unione di più comuni in una lega, il comune stesso era penetrato come un'associazione direttamente legata all'Impero e perciò in una posizione simile a quella dei principi[18]. Poiché la pace di Costanza non era solo un importante documento della costituzione del regno italico, ma era stata inserita dai giuristi nel testo dei libri feudorum e quindi dello ius commune, la si può definire come un documento costituzionale europeo, che conteneva il riconoscimento del comune cittadino come legittima forma costituzionale. Alla diffamazione da parte del clero della communio iurata quale coniuratio illegittima, veniva dunque tolto ogni fondamento. La Lega lombarda che aveva conseguito questo successo militare, politico e giuridico non era null'altro che il trasferimento del principio costituzionale del comune ad una associazione di più comuni: come il comune dei cittadini eleggeva i consoli, cosi i legati delle città eleggevano i rettori della Lega. Come il comune dei cittadini era unito attraverso il giuramento, così giuravano alleanza dapprima i consoli e poi le cittadinanze unite. Come la città aveva sviluppato una propria giurisdizione al posto dei missi vescovili e reali, così sorse una seppur blanda giurisdizione della Lega stessa. La Lega era dunque una forma giuridica come il comune, un'associazione fondata sul giuramento[19].

La Lega lombarda però fu forte solo in due periodi o situazioni: contro Federico Barbarossa e poi, dopo essersi ricostituita, contro Federico II, fino a quando cioè gli imperatori svevi minacciarono la libertà e la posizione giuridica delle singole città. Nel momento in cui venne meno la minaccia, venne a cadere anche la solidarietà delle città dell'Italia centro-settentrionale. Il cittadino rimase soprattutto cittadino della propria città, non di una lega, di una regione o addirittura di una nazione. L'identificazione dei cittadini, i loro interessi, si limitavano all'appartenenza alla città. Chi come Dante sentiva l'esigenza di una unità più ampia, doveva collegarla, in mancanza d'altro, all'Impero - un Impero che aveva il suo centro politico al di fuori dell'Italia ed inoltre si indeboliva sempre di più politicamente. L'organizzazione politica del paese tramite comuni equiparati nei diritti, legati l'uno all'altro, era destinata a non avere un futuro in Italia.

In Germania sembrò per un momento che le cose andassero diversamente. Nello stesso periodo in cui si formava la seconda Lega lombarda che, alleandosi con il papato, resisteva efficacemente all'imperatore Federico II, si facevano in Germania i primi tentativi di realizzare una lega tra città. Tuttavia in Germania i vescovi esercitavano ancora la sovranità sulla cittadinanza e questi vescovi non accettavano consoli liberamente eletti. Pertanto essi riuscirono ad ottenere dall'imperatore, con il famoso decreto di Ravenna dei 1232, la proibizione di coniurationes e colligationes, cioè di tutte le associazioni di cittadini e dei magistrati civici.[20] Il movimento comunale era però troppo avanzato perché alla lunga potesse essere represso. Dopo la morte di Federico II e il periodo di vacanza dell'autorità monarchica tedesca, le città dei territori che rappresentavano il nucleo dell'Impero, quelle lungo il Reno, si unirono in una Lega che diventava sempre più grande. Il loro scopo era quello di conservare, vacante imperio, pace e giustizia[21]. Si trattava dunque, come è stato formulato durante un recente convegno, non di una alleanza per opporre resistenza come la Lega lombarda, bensì di una alleanza per la difesa della costituzione del regno. Alle città interessava particolarmente la difesa delle vie commerciali che erano di importanza vitale, in particolare quelle lungo il Reno; la protezione contro l'abuso nei dazi, ma anche contro il blocco delle strade da parte dei nobili e contro le faide che stavano prendendo il sopravvento e che venivano utilizzate per ricattare mercanti e città[22]. Il movimento delle città era così potente, che vescovi, principi e piccola nobiltà si unirono alla Lega, per fronteggiare l' incombente anarchia. Un effetto collaterale di questa Lega per la difesa della pace, al posto dei re, era che la forma costituzionale comunale e i diritti così conquistati dalle città, ivi compreso quello di un consiglio liberamente eletto, non poteva più essere legittimamente messo in discussione, poiché sia i più alti principi dell'Impero che la piccola nobiltà si erano alleati alle città e avevano prestato il giuramento, riconoscendo così come legittima questa forma costituzionale, esattamente come era accaduto in precedenza in Italia con la pace di Costanza. Una conseguenza della motivazione di difesa della pace vacante imperío fu tuttavia che la Lega si sciolse nella discordia non appena fallì il tentativo di ripristinare un regno unitario con una doppia elezione nel 1257. Rodolfo d'Asburgo ed i successivi re tedeschi tentano poi di assumere nuovamente la difesa della pace promuovendo la pace territoriale. Cosa che tuttavia riesce solo in maniera incompleta durante il lungo periodo di indebolimento dell'autorità monarchica alla fine dei Medioevo, cioè tra i secoli XIV e XV. Principi e nobili giurano la pace territoriale solo per un tempo determinato, mantenendo le eccezioni per la faida cavalleresca. Così continua la situazione insostenibile che le vie commerciali delle città vengono bloccate e interrotte, i mercanti vengono derubati oppure devono pagare forti tasse per la scorta, non esiste nell'Impero il monopolio per l'uso legittimo della forza[23]. Qui contava il fatto che non esistevano territori comunali abbastanza grandi che confinassero l'uno con l'altro e che i principi non avevano ancora domato la piccola nobiltà facile alla faida. Il buon governo della città, così come rappresentato per l'Italia dagli affreschi di Lorenzetti nel Municipio di Siena, in Germania non era affatto in grado di garantire la pace, tramite la severa giustizia armata di spada, anche sul terrritorio oltre che nella città stessa.

Questo stato di cose comportò che in Germania le leghe tra città perdurassero o si rinnovassero per tutti i secoli XIV e XV. Una funzione di guida la svolgevano in questo le città "imperiali". Ma la differenza tra una città "imperiale" e una città forte, privilegiata, ma non direttamente dipendente dall'Impero era ancora così poco accentuata che anche altre città potevano unirsi a queste leghe. In Svevia, dunque nella Germania sud-occidentale ricca di città "imperiali" fino alla fine dell'Impero, abbiamo una lega tra città nel 1331, rinnovata nel 1349 da 25 città "imperiali", e una lega di 14 città nel 1376[24]. Gli scopi di queste leghe non erano solo l'imposizione della pace territoriale e la lotta contro la nobiltà cavalleresca, ma anche la conservazione della loro libertà politica e della loro influenza politica. Esse si opponevano alla formazione aggressiva di un territorio politico, cioè alla creazione di uno stato da parte dei duca di Württemberg-Svevia, e si opponevano al pignoramento di città imperiali, della loro posizione giuridica e dei loro privilegi, da parte dei re in favore di principi e nobiltà. Nel 1381 la Lega sveva si associò alla rinnovata Lega renana così che qui si delineò la possibilità di un ordinamento politico sulla base di un'associazione tra città. Ma dopo aver ottenuto nel 1377 una vittoria sul duca di Württemberg, le città subirono una pesante sconfitta nella cosiddetta guerra delle città del 1388. Se in seguito il potere delle città sveve fu spezzato, la causa era data anche dal fatto che le loro mete politiche erano piuttosto passive ovvero difensive. In questo senso esse ebbero perfino successo alla fine. Pace e sicurezza sulle strade vennero propugnate come programma da re e principi, e quasi tutte le città sveve poterono mantenere per sé fino alla fine dei vecchio Impero la loro posizione giuridica, la diretta dipendenza dall'Impero.

Qualcosa di simile lo possiamo verificare nella Lega tra le dieci città imperiali dell'Alsazia, città fondate per lo più dagli imperatori svevi[25]. Anche qui si tratta di conservare la pace territoriale e di mantenere lo status di città imperiali. Anche qui abbiamo, come nella Lega lombarda, ma anche in quella renana e in quella sveva, diete formali, cioè un'organizzazione ed un ordinamento giuridico della Lega stessa. Nel 1354 lo stesso imperatore Carlo IV difende la lega, ma poi la scioglie. Però le città la rinnovano e nel secolo XV ottengono l'assicurazione da parte dell’imperatore Sigismondo che esse non verranno mai vendute o date in pegno. Questa Lega rappresenta una specie di struttura dell'Impero alla frontiera occidentale fino all'epoca moderna e solo con la pace di Westfalia del 1648 viene sciolta dietro pressione della Francia. L'Impero, che non diverrà mai un vero stato, può esistere benissimo con leghe tra città come sotto-struttura. Dobbiamo quindi chiederci come mai dopo il 1500 la formazione di leghe si verifichi solo in via eccezionale.

Qui non tratteremo più le leghe simili, esistenti anche nei territori orientali dell'Impero, dove non ci sono città "imperiali" - cito (a titolo di esempio) le leghe in Brandeburgo e in Lusazia [26]. Esse confermano tuttavia che con il fenomeno delle leghe tra città ci troviamo di fronte a una struttura di base dell'Impero tedesco dei Medioevo, dopo che era stata riconosciuta la costituzione comunale al più tardi con la Lega renana del 1254. Resta ancora da ricordare la Hansa delle città dei Mar dei Nord e dei Mar Baltico. La Hansa però non era originariamente una lega tra città, ma piuttosto, in maniera simile alla gilda, una associazione di mercanti che si univano per viaggi commerciali più lunghi, soprattutto per viaggi per mare[27]. Già nel secolo XII abbiamo una Hansa dei mercanti tedeschi che vanno soprattutto da Colonia in Inghilterra, e abbiamo un'associazione di quei mercanti che vanno da Lubecca e altri posti dei Baltico sull'isola di Gotland e in Russia. Inizialmente c'erano dunque più Hanse nei commerci via Mar del Nord e via Baltico che concorrevano fra di loro. Solo verso il 1280 i diversi gruppi di mercanti si unirono in una Hansa generale. Questa comprendeva i mercanti sulle grandi distanze delle maggiori città portuali delle coste del Mar dei Nord e dei Mar Baltico e le più importanti città commerciali dell' entroterra. Essi trattavano con i re d'Inghilterra e di Danimarca, i conti di Fiandra ed altri principi sulle questioni riguardanti il commercio e sui relativi privilegi. Misure che prendevano i mercanti della Hansa contro quelle città o quei principi che non aderivano ai loro desideri erano il divieto di commerciare e il boicottaggio. A partire dal secolo XIV le Hanse concorsero con i merchant adventurers inglesi. Nell'ambito di questi confronti sull'ordinamento dei commercio marittimo, la Hansa si trasformò lentamente da associazione di mercanti in lega tra città. Ciò fu relativamente facile perché in queste città sul mare il consiglio comunale non era composto da un patriziato di stampo aristocratico, bensi dal ceto mercantile elevato, che dominava in tal modo sulla città. Pertanto a partire dalla metà dei secolo XIV nacquero le diete anseatiche quali organi deliberanti. Le diete, alle quali partecipavano le città o meglio i grandi mercanti, emanavano delibere formali (i concordati anseatici)[28] e applicavano l'esclusione o il boicottaggio come sanzioni. A partire dall'inizio del secolo XV si costituì un sistema giuridico-politico composto da circa 70 città anseatiche e da circa 100 città che intrattenevano rapporti di cooperazione con la Hansa. L' associazione si definiva “Deutsche Hanse", comprendeva però anche città scandinave come Stoccolma e città polacche come Cracovia. Suddivisioni regionali completavano il sistema.

La Hansa, in bilico tra un'associazione mercantile e una lega tra città, regola e controlla quindi il secondo spazio commerciale marittimo dei Medioevo europeo dopo il Mediterraneo, cioè il Mar dei Nord e il Mar Baltico, tra l'Inghilterra meridionale e le Fiandre a ovest e la Scandinavia, la Russia e i paesi baltici a nord, ed un bel pezzo delle vie commerciali della terraferma. La sua potenza commerciale fece sì che la Hansa costituisse un interlocutore più potente per principi e sovrani. Ma è anche già chiara la perdita di potere che sopravvenne allorché questi principi cominciarono ad annettere i territori sotto la loro egemonia, gettando così le basi di una propria politica commerciale. Con questa nuova costellazione in Inghilterra, nei Paesi Bassi, nei territori tedeschi, in Polonia e in Scandinavia comincia il lento tramonto della Hansa nei secoli XVI e XVII.

La Hansa mostra chiaramente come l' interesse comune ai mercanti di molte città di organizzare, privilegiare e proteggere il commercio marittimo possa fondare una lega che per parecchio tempo unisce molte città e che è nel suo campo più potente di re e principi. Ma l'unione poggia soltanto sull'interesse economico di questo omogeneo ceto mercantile, e non su una volontà politica egemonica. Nel momento in cui la sovranità politica, rafforzandosi nelle mani di re e principi, regna sui territori e sviluppa altre regole economiche, cioè il mercantilismo, la Hansa perde la sua forza come per magia, senza subire una sconfitta vera e propria[29].


III. – Conclusioni – comune cittadino e stato

Come abbiamo visto, il comune medievale presenta una forte somiglianza strutturale con lo stato moderno. Entrambi hanno come elemento sociale portante la borghesia. Essa non è invero identica nei due casi, ma è collegata dalla continuità storico-sociale: la borghesia liberale, nazionale dei secolo XIX proviene inizialmente dalla borghesia urbana, quasi per nulla dalla campagna[30]; ciò vale sia per l'Italia che per la Germania.

La borghesia delle città medievali impose in maniera rivoluzionaria la propria forma costituzionale, il comune, contro re e nobiltà e conquistò un forte potere associandosi nelle leghe. Perché dunque non improntò lo sviluppo costituzionale dell'età moderna, perché lo stato moderno venne piuttosto creato da principi?

Uno dei motivi principali di uno sviluppo storico naturalmente complesso, forse il motivo più importante, è stato individuato da Max Weber. Egli osservò che il cittadino medievale corrisponde al tipo dell'homo oeconomicus, per contro il cittadino dell'antica polìs a quello dell'homo politicus. I cittadini delle città greche fondano città-stato, che si diffondono con la colonizzazione. Roma fonda, sulla concezione dei diritto romano di cittadinanza, un impero formato da città (civitates). Qui appare la volontà della sua classe dirigente di dominare politicamente. - I cittadini medievali creano il comune come forma di sovranità politica verso l'interno. Verso l'esterno diventano forti associandosi in leghe tra città o in Hanse per difendere la loro libertà ed il commercio e la pace sulle strade, cioè la fonte della loro ricchezza. Essi non fanno politica per se stessa, la politica la lasciano agli imperatori, ai re, ai principi e alla nobiltà. Un cittadino di questa epoca che vuole agire politicamente, va al servizio di un principe. In Italia la situazione è più complicata in quanto la nobiltà vive per lo più in città; dalle rivalità tra nobili nascono forme monarchiche di governo che hanno tuttavia un fondamento civico. Max Weber rileva giustamente che la città rinascimentale italiana è molto vicina all'antica polis.

Abbiamo potuto accennare al fatto che i cittadini e le città, cioè i comuni dei Medioevo, hanno contribuito a determinare una fase importante della formazione dell'Europa moderna. Ma ad un presupposto importante della formazione dello stato moderno, cioè la sovranità su un territorio esteso, la vecchia borghesia europea non aveva accesso. Sono però da menzionare la repubblica dei Paesi Bassi e la Confederazione elvetica, dove le città in unione con altre forze politiche, come nobiltà e comuni delle valli, potevano formare una struttura prestatale repubblicana[31]. Ma generalmente la borghesia era interessata a difendere il suo modo di vivere e la sua economia e si identificava con la propria città e con la propria cittadinanza: il suo interesse primario non risiedeva nell'espansione della sovranità e nel dominio politico. I suoi maggiori successi politici la borghesia li raggiunse tramite associazioni che andavano oltre la singola città solo quando erano minacciati il suo modo di vivere e la libertà, la pace e il commercio. In questa sua limitatezza, la vecchia borghesia europea non mi sembra antipatica. Ma essa poté mettere in pericolo le pretese egemoniche dell'Europa della nobiltà feudale solo quando cercò la sua identità nell'ambito della nazione, cioè nel Settecento e nell'Ottocento.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: La Repiovega Serenisima come modeło istitusional?

Messaggioda Berto » mar giu 30, 2020 8:19 pm

La democrazia italiana è come un prodotto adulterato
30 giugno 2020
Enzo Trentin

https://blogdiet.wordpress.com/2020/06/ ... dulterato/

A settembre ci saranno delle elezioni con vari candidati che, speranzosi di “conquistare un posto al sole”, si scapicolleranno a promettere mari e monti; tuttavia il popolo (solamente nominalmente sovrano) si è reso conto che gli hanno venduto la democrazia come un prodotto adulterato, che produce il contrario di quello che promette.
Come scritto da Robert P. Murphy: «Non c’è niente che garantisca che le buone idee vinceranno sulle cattive idee. Ma ciò che è certo è che la prevalenza di idee errate nel campo dell’economia (e non solo in quella. Ndr) minaccia la civiltà stessa».
Sin dall’antichità Mala tempora currunt sed peiora parantur. Chi in gioventù ha seguito studi classici sarà sicuramente incappato nella riforma costituzionale di Kleisthenes, che consistette in una serie di modifiche apportate da costui alle istituzioni della polis di Atene nel 508-507 a.C.; questa riforma contribuì a un avvicinamento della politica ateniese alla democrazia, avvicinamento che venne poi consolidato da Pericle.
Nella costituzione di Clistene l’assemblea generale di tutti i cittadini, l’ecclesia, eleggeva i magistrati o curava il loro sorteggio; amministrava il sorteggio dei membri della bulé; gestiva le finanze; dirigeva la politica estera dello Stato; dichiarava lo stato di guerra. Insomma, non esistevano i partiti politici come oggi li conosciamo. La vox populi ammonisce: «Un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni.»
L’idea di partito non rientrava nemmeno nella concezione politica francese del 1789, se non come quella di un male da evitare. Ma giunse il momento del club dei giacobini. Era questo, inizialmente, soltanto un luogo di libera discussione. A trasformarlo non fu una qualche specie di meccanismo fatale: fu soltanto la pressione della guerra e della ghigliottina a farne un partito totalitario. Le lotte tra fazioni nel periodo del Terrore (similmente alle lotte contemporanee) furono governate dal pensiero così ben formulato dal sovietico Michail Pavlovič Tomskij: «Un partito al potere e tutti gli altri in prigione». Così, sul continente europeo, il totalitarismo è il peccato originale dei partiti.
Il fatto che esistano non è in alcun modo un motivo per conservarli. Soltanto il bene è un motivo legittimo di conservazione. Il male dei partiti politici salta agli occhi. La questione da esaminare è se ci sia in essi un bene che abbia la meglio sul male e renda così la loro esistenza desiderabile. E l’attuale fase politica italiana non depone a favore della loro esistenza. Chi sostiene che più partiti sono una garanzia per la democrazia, con tutta probabilità è uno che non vive del proprio lavoro, bensì di rendite politiche.

Il bello è che a proporre una democrazia libera dai partiti fu non un dittatore, ma Simone Weil. Incaricata, nel 1943, dal governo di Charles De Gaulle in esilio a Londra, durante la 2^ guerra mondiale, di elaborare una forma di costituzione per la Francia futura, essa pensò in modo radicalmente nuovo. A come garantire la libertà da ogni limite; e l’esistenza di partiti era, per lei, il limite più insidioso. Essa sosteneva che se individui appassionati, inclini per via della passione al crimine e alla menzogna, si compongono allo stesso modo in un popolo vero e giusto, allora è bene che il popolo sia sovrano. Una costituzione democratica è buona se per prima cosa realizza nel popolo questo stato di equilibrio, e soltanto in seguito fa in modo che le volontà del popolo siano eseguite.
Da sottolineare che con l’espressione “democrazia” ci riferiamo alla forma di governo nella quale la sovranità appartiene al popolo; vedasi l’Art. 1, Comma 2, della Costituzione italiana. Nei sistemi democratici, infatti, la sovranità, cioè il potere di comandare, nasce dalla volontà popolare e si concretizza nelle forme di una Costituzione condivisa e sottoscritta da tutti i cittadini. In Italia, per esempio, le forme dell’attuale democrazia sono state definite dalla Charta entrata in vigore il 1° gennaio 1948. Un documento contraddittorio, datato, impregnato di ideologia catto-comunista, e mai votata dal popolo “sovrano”.
In Svizzera, invece, “Cantone” significava Stato autonomo; la Costituzione è approvata tramite voto popolare, perché si è voluto sottolineare come si tratti in effetti di una Repubblica sovrana e indipendente. Naturalmente entro i limiti stabiliti dalla Costituzione federale, che viene approvata anch’essa dal popolo.

Demo diretta
La Landsgemeinde (parola tedesca per comunità rurale) è un’istituzione di democrazia diretta e un processo partecipativo che viene tutt’oggi ancora utilizzata nei cantoni svizzeri dell’Appenzello Interno e di Glarona.

L’autorità del popolo, in democrazia, non dipende affatto da sue presunte qualità sovrumane come l’onnipotenza e l’infallibilità. Dipende invece dalla ragione esattamente contraria, dall’assunzione cioè di tutti gli uomini, e del popolo tutto intero, come necessariamente limitati e fallibili. Questo punto a prima vista sembra contenere una contraddizione che deve essere chiarita. Come ci si può affidare alla decisione di qualcuno, come gli si può attribuire autorità, quando gli si riconoscono non meriti e virtù, ma vizi e manchevolezze?
La risposta sta nella generalità, per l’appunto, dei vizi e delle manchevolezze. La democrazia in generale, si fonda su un assunto essenziale: che i pregi e i difetti di uno siano anche di tutti. Se si negasse questa uguaglianza nel valore politico, non avremmo più democrazia, cioè il governo di tutti su tutti; avremmo invece qualche forma di autocrazia cioè il governo di una parte (i migliori) sull’altra (i peggiori). Se dunque tutti sono uguali nei vizi e nelle virtù politiche o ciò che è lo stesso, se non esiste alcun criterio generalmente accettato attraverso il quale si possano stabilire gerarchie di merito e di demerito, noi non abbiamo alcuna possibilità di attribuire l’autorità ad altri che a tutti insieme. Per la democrazia, l’autorità del popolo non dipende quindi dalle sue virtù ma deriva – è necessario concordare su questo – da un’insuperabile mancanza di meglio.
Populismo? «In qualità di giuristi abbiamo il nostro bel filo da torcere per trovare una definizione materiale di populismo», afferma Andreas Glaser, professore di diritto all’università di Zurigo e co-direttore del Centro per la democrazia di Aarau (zda). «Dato che non può essere realmente misurato, quello che ci rimane, spesso, è un’ampia scelta di definizioni. La maggior parte di queste concorda sul fatto che si tratta di uno stile politico che contrappone una “élite” moralmente fallita a un “popolo” oppresso, ignorato o defraudato.»
Secondo Aristotele (384 a.C.-322 a.C.) che non era un democratico, l’aspetto caratterizzante della democrazia è che in essa il criterio del numero prevale su quello del giusto: i poveri perciò prevalgono sui ricchi. Il fatto che poi, come fu tipico della democrazia ateniese, le magistrature venivano sorteggiate, va a discapito della competenza.


Ma nella Repubblica di Venezia anche questo aspetto fu superato.

Nel corso della sua storia la Serenissima assunse diversi nomi. Ai suoi albori durante l’VIII secolo la sudditanza di Venezia all’Impero Bizantino era esplicita, il doge infatti era chiamato Dux Venetiarum Provinciae. La Serenissima acquisì de facto l’indipendenza nell’840 in seguito alla firma del Pactum Lotharii. In questo accordo commerciale stipulato tra Venezia e il Sacro Romano Impero il doge fu definito Dux Veneticorum, capo dei veneti, e lo Stato da lui amministrato assunse il nome di Ducato di Venezia (in latino: Ducatum Venetiae). A partire dal 1109 in seguito alla conquista della Dalmazia e della Croazia il doge divenne formalmente Venetiae Dalmatiae atque Chroatiae Dux. Questo nome continuò ad essere utilizzato fino al XVIII secolo, epoca in cui il doge divenne “serenissimo”, ma già tra il X e il XII secolo il doge era detto “gloriosissimo”. In quest’epoca il doge era ancora considerato alla stregua di un re, anche se eletto dall’Arengo. A partire dal XV secolo i documenti in latino furono affiancati dalla lingua veneta e, nell’epoca delle signorie, anche il Ducato di Venezia si trasformò nella Signoria di Venezia (in veneto: Signoria de Venexia) che nel trattato di pace del 1453 con Maometto II è l’Illustrissima et Excellentissima deta Signoria de Venexia. Nel corso dei secoli poi, oltre a mutare il suo nome in Repubblica di Venezia, assunse altre denominazioni come Stato Veneto o Repubblica Veneta.
Fino alla sua caduta il 12 maggio 1797 ad opera di Napoleone Bonaparte, moltissime magistrature avvenivano per sorteggio. Il Maggior Consiglio era costituito da tutti gli uomini nobili di almeno venticinque anni d’età iscritti nel libro d’oro e deteneva il potere legislativo ed elettivo. Inizialmente composto da circa quattrocento membri, la sua dimensione aumentò notevolmente in seguito alla Serrata del Maggior Consiglio, tanto che nel XVI secolo ad una seduta parteciparono 2.095 nobili e nel 1527 gli aventi diritto a sedervi arrivarono a 2.746.
Qualcuno l’ha definita una repubblica oligarchica, tuttavia le famiglie dei Nobil Homini (abbreviazione N.H. o in veneziano arcaico Nobilhomo) garantivano una classe dirigente per il governo della città e dello Stato. Un corpo dirigente che faceva obbligatoriamente il proprio “apprendistato” attraverso una numerosa serie di incarichi (molti dei quali per sorteggio) che non si potevano rifiutare, salvo il pagare una sanzione pecuniaria. Una prova della libertà che vi si godeva consisteva nell’essere governati e nel governare a turno.

In realtà, il giusto in senso democratico consiste nell’avere uguaglianza in rapporto al numero e non al merito, ed essendo questo il concetto di giusto, di necessità la massa è sovrana e quel che i più decidono ha valore di fine ed è questo il giusto: in effetti dicono che ogni cittadino deve avere parti uguali. Di conseguenza succede che nelle democrazie i poveri siano più potenti dei ricchi perché sono di più, e la decisione della maggioranza è sovrana.

È questo, dunque, un segno della libertà che tutti i fautori della democrazia stabiliscono come nota distintiva della Costituzione. Un altro è di vivere ciascuno come vuole, perché questo, dicono, è opera della libertà, in quanto che è proprio di chi è schiavo vivere non come vuole. Ecco quindi la seconda nota distintiva della democrazia; di qui è venuta la pretesa di essere preferibilmente sotto nessun governo o, se no, di governare e di essere governati a turno: per questa via contribuisce alla libertà fondata sull’uguaglianza. Posti questi fondamenti e tale essendo la natura del governo democratico, le seguenti istituzioni sono democratiche: i magistrati li eleggono tutti tra tutti; tutti comandano su ciascuno e ciascuno a turno su tutti: le magistrature sono sorteggiate o tutte o quante richiedono esperienza e abilità; le magistrature non dipendono da censo alcuno o minimo; lo stesso individuo non può coprire due volte nessuna carica o raramente o poche, a eccezione di quelle militari [Aristotele si riferisce alla carica di stratego che non era sottoposta ai normali vincoli delle altre magistrature. Ndr]; le cariche sono di breve durata o tutte o quante è possibile [Aristotele, Politica, VI, 2]
A questo punto due sono gli strumenti da attivare a garanzia di un corretto funzionamento della democrazia: 1) avere strumenti di democrazia diretta di facile e tempestiva attivazione, non già come esercizio compulsivo, bensì principalmente come deterrenza; 2) la verifica della “competenza” ad accedere al sorteggio.
Uno dei modi potrebbe essere il superamento preventivo di un esame per verificare l’aderenza del candidato al sorteggio con la conoscenza adeguata per la responsabilità che il sorteggio impone.
IDEA, un gruppo di ricerca svedese, ritiene che i periodi in cui i populisti riescono ad accedere al governo siano periodi in cui molti aspetti della salute democratica, come la libertà di espressione o l’impegno della società civile, sono in declino.
Ebbene, come al solito quando si tratta di politica, la Svizzera è in una situazione piuttosto singolare in questo dibattito: se da un lato il Paese è spesso visto come un modello di stabilità e campione mondiale della democrazia (diretta), dall’altro è anche molto populista. E lo è da tempo.
Come ha fatto la Confederazione a evitare l’instabilità politica e l’infiammata retorica associata ai movimenti populisti di altri Paesi occidentali? Potrebbe dipendere dalla democrazia diretta, dicono gli esperti.
Da un lato, la democrazia diretta in realtà incoraggia il populismo permettendo l’inserimento nell’agenda politica di idee che in un sistema diverso sarebbero bloccate. Nella CH i cittadini possono proporre emendamenti costituzionali, e votano fino a quattro volte l’anno su iniziative popolari e referendum. Possono così aggirare l’interesse delle élite.
Ma la democrazia diretta tempera il populismo per lo stesso motivo, ossia con la richiesta costante del contributo dei cittadini nel processo politico. Gli elettori svizzeri, avvezzi a votazioni e deliberazioni a scadenze regolari, hanno molte possibilità di far sentire la loro voce. Così, i problemi politici “emergono più velocemente, più chiaramente, e devono essere risolti”, dice l’analista Claude Longchamp.
Infine, giocano un ruolo anche la cosiddetta “formula magica”, ossia il fatto che la composizione del governo svizzero rappresenta tutto il Paese proporzionalmente, e il governo adotta le decisioni in modo consensuale.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm


Torna a Mexoevo - ani veneto-venesiani en lagouna - 1.000 e pì ani - de cu 650 come comoun e repiovega (Bixansio e Repiovega Serenisima)

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 2 ospiti

cron