El Parlamento Arestogratego Venesian (e nò de tuti i veneti)

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Messaggioda Berto » sab feb 14, 2015 4:34 pm

El Parlamento Arestogratego Venesian (e nò de tuti i veneti)
viewtopic.php?f=138&t=1405

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El Parlamento Arestogratego Venesian nol jera el Parlamento De Tuti i Veneti endoe tuti i veneti li jera raprexentà.

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El Parlamento Arestogratego Venesian el jera el Senado Venesian o Senado Venedo de ła çità de Venesia o çità domenante del Stado Veneto de Mar e de Tera.

La Repiovega Veneta a domegnansa o segnoria venesiana no ła jera na federasion, on vero stado federal.


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Messaggioda Berto » sab feb 14, 2015 4:56 pm

El Stado Veneto de Tera el Scuminsia co l'espansion del domegno venesian so ła tera ferma veneta verso el termene del XIII secoło e el dura suparxò 4 secołi.

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Dedision de łe çità venete e padane a ła domenante çità de Venesia
viewtopic.php?f=138&t=537

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Messaggioda Berto » sab feb 14, 2015 4:56 pm

L'arestocrasia venesiana jereła na casta veneta?
viewtopic.php?f=137&t=36

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Naseda del comoun venesian
viewtopic.php?f=137&t=629

Organi istitusional venesiani
viewtopic.php?f=137&t=767
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Messaggioda Berto » sab feb 14, 2015 5:32 pm

El Parlamento Arestogratego Venesian el ga abdegà a favor de ła Mounçepałetà Demogratega el 12 de majo del 1797

Ła Repiovega Veneto Venesiana lè termenà ente 1797 el 12 de majo
viewtopic.php?f=160&t=807


???
http://www.venetieventi.it/napolion/kro ... _kaput.htm

Venezia, di punto in bianco, capitola, perché? Si dice che sia colpa del crollo commerciale. Qualcuno immagina un governo stanco di governare. E allora che cosa si può dire delle centinaia e centinaia di Nazioni meno ricche e meno longeve della Serenissima ancora in piedi? E che dire di quelle Nazioni, seppur piccole, che hanno riacquistato la libertà? Forse è più logico pensare che la morte di Venezia sia avvenuta per colpa di governanti inetti, menefreghisti e “servidori de tanti paruni”.

Dalle numerose e spontanee ribellioni popolari antifrancesi avvenute nei territori eneti in questo infausto periodo napoleonico, appare chiaro che il Popolo veneto non voleva assolutamente saperne di invasori stranieri, proprio come avvenne quattrocento anni prima contro la Lega di Cambrai. E mai una volta nella storia della Serenissima i Veneti si ritorsero contro la propria Repubblica, segni evidenti che sotto San Marco la gente stava bene. Perché, dunque, gli ultimi governanti veneti non tennero conto in nessuna occasione della volontà popolare? E perché nessun governo veneto da allora ai nostri giorni ha mai rivendicato pubblicamente giustizia tenendo conto dei fatti storici? E' chiaro, contrariare i nuovi padroni significava come minimo perdere la carica istituzionale con tutti i relativi benefici che essa comporta.

Da

L'ultimo Maggior Consiglio, impotente di fronte alla supremazia francese, vota e accetta il governo municipale imposto da Napoleone con 598 voti favorevoli, 7 contrari, 14 astensioni (quei 7 contrari dovrebbero essere ricordati come eroi), cancellando in un baleno 11 secoli di storia della Serenissima. Un tale quorum esaudente le richieste di Napoleone non poteva che significare ingraziarsi il tiranno per esigenze future.
E chi ci rimise in quest’operazione?
Non certo gli ex governanti che ben presto rivedremo occupare la vecchia poltrona e mantenere pure tutti i loro beni.
Da questi “calabrache” Napoleone selezionò la peggiore classe dirigente immaginabile.
Egli impose un governo democratico veneziano filo-francese senza alcuna difficoltà (più verosimilmente filo-francese per opportunismo come lo saranno in seguito i governi filo-austriaco e filo-italiano).
Molti nobili, infatti, si precipitarono da Napoleone alla villa di Stra, per assumere le nuove cariche che egli distribuiva a “gente abietta che sostava giorni e giorni sulle soglie delle mie stanze e che sembrava mi chiedessero l’elemosina” (dalle “Memorie”) . Mi par di vederli… uguali a tanti politici odierni che si affannano per conquistare la “karega” del potere, dispensando compiacenti ghigni e false promesse e, all’occorrenza, sconfinando nell’illegalità per conservarla il più a lungo possibile pur non avendo né merito né doti.
I nuovi dirigenti filo-francesi di allora, come tanti di oggi politicamente loro eredi, escludevano qualsiasi pensiero ideologico sociale come patria, popolo, evoluzione storica e culturale della propria gente, morale collettiva ecc. Principi, probabilmente, esclusi da tempo dalla loro antica scuola basata fondamentalmente su “commercio e finanza”. Il banchiere Lippomano era stato del resto ben chiaro, quando scrisse ai suoi colleghi “Bisogna essere delle nullità, come noi siamo, per riuscire a tenere tutto” (9). E tennero veramente tutto.
Ma come sarebbe disegnata ora l’Europa se quel Maggior Consiglio invece di “calare le brache” avesse aderito alle Coalizioni antifrancesi proposte dall’Austria? E’ una domanda alla quale ci vuol poco per rispondere: la Serenissima si sarebbe seduta coi vincitori al Congresso di Vienna e, probabilmente, avrebbe mantenuta la sua indipendenza. Perché dunque non scegliere la Coalizione? E' Impossibile credere che dal 1791, anno in cui venne chiesto alla Serenissima di aderire alla prima alleanza antifrancese, al 1797, anno dell’abdicazione, nessuno del Maggior Consiglio abbia pensato che coalizzarsi significava affiancare un potenziale vincitore. In fin dei conti i duellanti nell'Europa di quell'epoca erano solo due: la Francia e i coalizzati. Ecco che alleandosi la Serenissima poteva vincere o perdere, ma restando isolata la certezza di cadere vittima di uno dei due contendenti era assoluta. Ed è proprio andata così, la gloriosa Repubblica “lìbara” è morta e il Popolo veneto, da allora orfano di madre Patria e educato dagli occupanti a considerarsi di tutto fuorché un Popolo, non sa più se ha una storia e nemmeno se ha un futuro. E' probabile che un giorno, forse non molto lontano, nei libri di storia si trovi scritto: "C’era una volta il Veneto".

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Messaggioda Berto » sab feb 14, 2015 10:13 pm

Le łebartà e łe istitusion comounałi e repiovegane no łe xe na envension e na prerogativa de Venesia e dei venesiani:

Comun, Arengo, Mexoevo, Istitusion
viewtopic.php?f=172&t=273


Comuon mexoeval

http://it.wikipedia.org/wiki/Comune_medievale

Il Comune è una forma di governo locale, che interessò in età medievale vaste aree dell'Europa occidentale.

Ebbe origine in Italia centro-settentrionale attorno al XIII secolo, sviluppandosi, poco dopo, anche in alcune regioni della Germania centro-meridionale e nelle Fiandre. Si diffuse successivamente (in particolare fra la seconda metà del XII e il XIV secolo), con forme e modalità diverse, anche in Francia, Inghilterra e nella penisola iberica.

In Italia, culla della civiltà comunale, il fenomeno andò esaurendosi fin dagli ultimi decenni del XIII secolo e la prima metà del secolo successivo, con la modificazione degli equilibri politici interni, con l'affermazione sociale di nuovi ceti e con la sperimentazione di nuove esperienze di governo (signoria cittadina).

In Italia, quanto meno dal punto di vista teorico, le città erano sottoposte all'autorità suprema dell'imperatore: questo è il punto di partenza per comprendere la dinamica storica che accompagnò lo sviluppo del Comune in Italia e le lotte che esso dovette sostenere per affermarsi.

...

Il governo del Comune era basato su un Consiglio generale cittadino che eleggeva dei magistrati, detti consoli, incaricati della reggenza. All'interno di questo organo collegiale le deliberazioni erano considerate valide in virtù di un corretto sviluppo della procedura, come la convocazione dell'assemblea in presenza di un numero minimo di cittadini appositamente nominati e la verbalizzazione delle decisioni.

Questi, in un primo momento, essendo privi di autorità, esercitavano il proprio ufficio in rappresentanza del vescovo: "Le città avevano continuato ad essere sedi di autorità ecclesiastiche e civili e, in qualche misura, centri politico-amministrativi e giudiziari. Ciò grazie in particolare all'autorità del vescovo e ai diritti di giurisdizione che aveva acquistato nei secoli X e XI sull'area urbana e suburbana. Intorno al vescovo, alla sua autorità, ai suoi organi di governo, nell'esercizio di quelle funzioni, si erano sviluppati inoltre ceti urbani diversi, definiti talora dalle fonti boni homines, che acquistarono influenza esercitando il governo insieme e per conto del vescovo".

Non siamo in grado di conoscere con esattezza né data, né luogo di nascita dei Comuni. Sappiamo, da alcuni documenti dell'XI secolo che i primi rappresentanti delle collettività furono chiamati Boni homines o Consoli. In principio i Comuni si ponevano come delle magistrature provvisorie nate per risolvere problemi di un dato momento, formate proprio da “uomini buoni” di cui tutti si fidavano. I consoli prestavano giuramento di fedeltà davanti alla cittadinanza elencando i propri obblighi che, insieme a consuetudini scritte e leggi approvate dal Comune, formarono le prime forme di Statuti cittadini. Durante il loro operato redigevano il “Breve”, una sorta di elenco-archivio in cui erano riportate tutte le opere pubbliche intraprese ma non terminate.

Tutti i cittadini che godevano di diritti urbani si riunivano nel “Parlamento”, che era l’organo fondamentale nella vita di un Comune. Per facilitarne la gestione, spesso quest'organo fu ridotto a una minoranza di individui, iniziando l’ascesa di quei gruppi che sarebbero divenuti dirigenti. Tutti i Comuni si assomigliarono per la presenza di una categoria di individui che godeva di maggiori diritti rispetto agli altri. Per poter partecipare al potere comune bisognava essere: maggiorenni, maschi, pagare una tassa di ammissione, possedere una casa. Ne erano invece esclusi le donne, i poveri, i servi, gli ebrei, i musulmani non convertiti e i meteci.

In Italia l’ascesa dei Comuni fu ostacolata dal centralismo normanno nell’Italia meridionale, mentre essi raggiunsero un eccezionale sviluppo a Nord, espandendosi dalle città alle campagne. Questa crescita fu incoraggiata soprattutto dalle nobiltà locali per la possibilità tangibile di sganciarsi dal potere e dal controllo imperiale. Nel corso del XII-XIII secolo tutti i comuni acquisirono un buon livello di controllo anche sulla campagna a loro circostante, attuando quel processo che è detto formazione del contado (comitatinanza) e che comprendeva il Districtus (campagne annesse) e il Comitatus (campagne che già in origine facevano capo al Comune).

Alla fase consolare seguì poi una fase detta podestarile: il podestà era funzionario di mestiere con compiti di amministrazione del territorio comunale. Essi erano veri e propri professionisti, con compiti ben definiti e stipendiati dal Comune, la cui preparazione veniva acquisita con lo studio del diritto nelle nascenti università. Furono soprattutto le grandi famiglie di nobili a studiare e a specializzarsi per divenire podestà in modo da acquisire maggiore potere nel quadro del territorio comunale.

Durante l'età comunale nacquero anche le corporazioni delle arti e mestieri, associazioni di mercanti e artigiani riuniti secondo il mestiere che praticavano.

Se pense anca a łe altre çità repiovegane en volta par l'Ouropa e ła penixla tałega.
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Messaggioda Berto » mer giu 17, 2015 9:29 am

La Repiovega Veneta a domegno venesian no ła jera federal, no ła gheva gnente de federal
viewtopic.php?f=167&t=1602

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El Parlamento Arestogratego Venesian e nò de tuti i veneti

Messaggioda Berto » mer ago 19, 2015 11:14 am

El mito de ła Repiovega Veneta arestogratega e a domegno venesian, lè n'entrigo par l'endipendensa del Veneto.

El mito de Venesia lè n'entrigo par l'endependensa veneta
viewtopic.php?f=183&t=1816


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Re: El Parlamento Arestogratego Venesian (e nò de tuti i ven

Messaggioda Berto » ven gen 22, 2016 8:54 pm

La Serenissima e le sue classi sociali
13 maggio 2014 di Simonetta Dondi dall'Orologio

http://venetostoria.com/2014/05/13/la-s ... si-sociali

Il patriziato veneziano si distingueva da quello europeo per alcune caratteristiche peculiari:

era di origine mercantile anziché feudale la sua creazione e sopravvivenza era giustificata dalla sua costante partecipazione al Governo della Serenissima era formato da famiglie anziché da individui e la primogenitura era l’eccezione invece della regola non usava specifici titoli nobiliari


Si può ben dire che l’atto creativo del patriziato fu la Serrata del Maggior Consiglio nel 1297, per cui diventarono patrizie le famiglie i cui antenati avevano reso importanti servigi alla Serenissima dall’anno 810 (data del trasferimento della sede ducale da Malamocco a Rivoalto) in poi, o un cui membro aveva seduto nel Maggior Consiglio nei quattro anni precedenti la Serrata.

In tutto furono iscritte nel Libro d’Oro della nobiltà veneziana, circa 220 famiglie.

Questo cambiamento della costituzione (che di fatto passò da repubblica democratica a repubblica aristocratica) non provocò le tensioni politico-sociali che ci sarebbe potuto aspettare.

In primo luogo perché esso confermava una situazione che già esisteva di fatto; inoltre trattavasi di un gruppo sociale omogeneo, attivo, di antica ricchezza, già abituato a servire gli interessi generali; infine era un gruppo numeroso, giacché corrispondeva a circa il 5% della popolazione.

La “classe mercantile” era formata da cittadini veneziani con diritto “de intus” o “de extra”, ossia abilitati a commerciare all’interno o all’esterno della città. I non veneziani potevano, se considerati degni, acquistare il diritto “de intus” dopo dodici anni di residenza e attività professionale, e il supplementare diritto “de extra” dopo diciotto anni.

Alla “classe mercantile” appartenevano sia “patrizi” sia “cittadini”.

La categoria dei “cittadini” assorbiva anche uomini di scienza e di legge, letterati, medici, funzionari amministrativi e commercianti, formando una classe borghese talvolta ricca, sempre agiata, che aveva comunque una propria rappresentanza politica.

Alle classi privilegiate va aggiunta la classe ecclesiastica, che corrispondeva a circa l’1% della popolazione.

La linea divisoria tra queste classi e il Popolo era il lavoro manuale.

A sua volta il Popolo era diviso fra membri delle “Arti” o “Scuole di Mestiere”, cioè lavoratori specializzati che accompagnavano il loro lavoro con una certa cultura tecnica, e tutti gli altri che invece vivevano solo del proprio lavoro manuale.

Pur privati di potere politico, i Popolani godevano in compenso di salarigrev_secolo16_w relativamente alti (rispetto al resto d’Italia e d’Europa), di cibo sicuro e a prezzi controllati dalla Serenissima; non temevano guerre civili o assalti di eserciti stranieri; non erano relegati in suburbi, poiché le loro abitazioni fiancheggiavano quelle dei patrizi e dei mercanti con cui si mescolavano nelle calli e nei campi, parlando la stessa lingua veneta.

Fieri dell’appartenenza ad uno Stato forte e libero, partecipavano alle feste pubbliche, civili e religiose, al Carnevale, alle Regate, alle cerimonie d’elezione dei Dogi e a quelle che accompagnavano le visite di personaggi illustri.
Si spiega così la quasi totale mancanza di movimenti sociali, la fedeltà alle istituzioni ed il senso di appartenenza di così lunga durata.



Comenti

Renato Tessarin 13 maggio 2014 alle 21:31

Le barchesse furono il vero punto di distinzione ,tra la Serenissima e l’europa feudale dei castelli – Un vero spartiacque tra le culture di allora – Le barchesse rimangono il segno forse piu evidente e forte che caratterizzo il modo di vivere dei Veneti di allora – Persino nelle zone Polesane dove i Patrizi veneti andavano per puro relax a cacciare o a rifugiarsi nei periodi di gravi pestilenze nella capitale , rimangono segni indelebili di pregiati manufatti , dalla caratteristica forma a due barchesse , dove i collaboratori , familiari o agricoltori e stallieri dei nobili , trovavano ospitalita e protezione – Fu la consuetudine di una cultura della condivisione degli spazi domiciliari , che rendeva onore anche al popolo seppur non ancora sovrano , ma in anni di despoti, fu quello uno dei principali nuovi segni di una civilta che si stava gia evolvendo in democrazia

Marco D'Aviano 28 settembre 2015 alle 17:17

Brava Simonetta, hai presentato uno scritto che denota conoscenza profonda della società veneziana e veneta. L’introduzione della costituzione aristocratica non provocò grandi tensioni politico-sociali dopo il 1297 (a parte la rivolta dei Tiepolo, dei Bocconio e dei Barozzi), perché i Veneti Patrizi si accollarono per intero il peso economico, lavorativo e di responsabilità nella conduzione dello Stato. Lavoravano gratuitamente e a tempo pieno per il governo e per l’amministrazione della Giustizia. A occuparsi degli affari pubblici si perdevano soldi, non si guadagnava nulla, si sostenevano pure enormi spese di rappresentanza. Erano l’ideale cristiano e l’ideale repubblicano a motivare quei grandi uomini. Rispondevano di persona sottostando a fitti, insistenti e a volte minacciosi controlli interni, pagando carissimo i propri errori. Ciò avveniva senza l’intervento di nessuna libertà di stampa, senza talk show, senza opposizioni e senza accuse pubbliche, che invece erano aspramente riprovate. L’aristocrazia è la vera forma di democrazia, perché governano i migliori nella forma migliore attraverso la preparazione, l’educazione e il controllo reciproco. Il popolo non è quasi mai interessato a quel che succede, pretende giustamente che i poltici governino bene, di solito solo pochi si preoccupano della cosa pubblica e persino si vota in modo svogliato e superficiale. Infatti, nell’odierno smerdaro democratico tutto diviene demagogia e l’opinione popolare è tirata in ballo solo quando qualche potente ha in serbo di strumentalizzarla.





???
A FINE ‘700 SI STAVA DELINEANDO IL FUTURO STATO VENETO MODERNO
3 gennaio 2016 di Millo Bozzolan

http://venetostoria.com/2016/01/03/a-fi ... to-moderno

il paese di Badoer è un grandissimo esempio della nuova politica dell’aristocrazia veneziana verso la terraferma. ma pochi lo spiegano a scuola, ai nostri tosi

… con la Terraferma come protagonista.
Assistiamo alla fine dell’epoca della repubblica di San Marco, al prorompere di nuove forze, tutte provenienti dall’entroterra, da cui Venezia ormai traeva tutto il suo sostentamento e motivo di esistenza.

Svanito lo stato da Mar, ridotto a una parte della Dalmazia e alle isole Ionie, il porto di Venezia era diventato il naturale sbocco dell’entroterra; “era una Repubblica che si rivolgeva alla Terraferma dove l’agricoltura offriva margini notevolissimi di miglioramenti e dove si potevan realizzare alti redditi e per giunta meno aleatori di quelli ottenuti dal commercio marittimo:
“ i veneziani si volgevano dunque sempre più verso la terraferma per acquistarvi campagne e costruirvi case, soprattutto per curare i loro interessi di propietari fondiari .. e vi andavano ad abitare non solo per i periodi di villeggiatura, ma, quando potevano, per tutto l’anno; né si trattava solo di nobili e ricchi borghesi, finivano nei paesi di campagna anche sacerdoti e professionisti (come medici e chirurghi) che vi trovavano possibilità di guadagno superiori a quelli offerti dalla Dominante.. il governo favoriva questo rivitalizzarsi della campagna (Cozzi) “
(fonte G. Distefano)
La mia idea è che, mancando la calamità rappresentata da Napoleone, l’aristocrazia veneziana sarebbe finalmente, dolcemente implosa, e non avendo più le risorse finanziare e morali per reggere il governo dello stato, nella prima metà dell’800 avrebbe aperto il Gran Consiglio alla nobiltà della terraferma prima, e poi a tutte le componenti produttive della società veneta.

Dell’antico ordine aristocratico sarebbe certamente rimasto un simulacro, come è accaduto in Inghilterra, con la Camera dei Lord, a testimonianza della continuità dello stato millenario, in cui le istituzioni moderne sono tuttavia espressione della Tradizione di un popolo con una storia plurimillenaria, quale è la Nazione veneta. Ma tutto questo ci è stato tolto, sta a noi saper ricostruire il nuovo collegandoci alla nostra storia plurimillenaria. Storia unica in ambito europeo.


I conti a cogna farli co ła storia e no co ła fantaxia: ła storia ła conta ke l'arestograsia venesiana anvençe de darghe la soranedà połedega a tuti i veneti ła ghe ła ga dà a Napołeon.


Sipion Mafei e ła fine de ła Repiovega Venesiana
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Messaggioda Berto » mar mag 16, 2017 8:49 pm

L'aristocrazia veneziana ed il suo senato o Maggior Consiglio non erano l'aristocrazia ed il senato di tutti i veneti ma soltanto quello dei veneziani e di Venezia.
I veneti non veneziani non possono considerarli come la loro aristocrazia storica, il loro senato ed i loro padri veri: prima perché erano solo veneziani e di Venezia (a parte qualche famiglia non veneziana cooptata nei secoli); e poi, sopratutto, perché non hanno mai promosso uno Stato Veneto a sovranità di tutti i veneti, prima aristocratico e poi democratico; terzo perché con il loro egoismo non fraterno, egemonico e suprematista, e la loro ultima viltà sono stati la causa principale della sudditanza dei veneti prima a Napoleone e poi all'Italia.
Se avessero promosso uno stato veneto di tutti i veneti, avrebbero costruito una vera nazione veneta e insieme, i veneti tutti, avrebbero potuto efficacemente difendere anche con la propria vita, la loro terra, la loro dignità e la loro libertà ma la sprezzante Venezia li ha privati anche di questo. I veneziani hanno sempre trattato i veneti dei loro domini, da sudditi e ancora oggi i venezianisti hanno la stessa presuntuosa e arrogante egemonica tendenza.
Ed è perciò che io non posso considerare gli aristocratici veneziani di un tempo come i padri della mia Patria Veneta.


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La Repiovega Veneta a domegno venesian no ła jera federal, no ła gheva gnente de federal
viewtopic.php?f=167&t=1602


Veneto e Serenisima, coençedense e difarense
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Messaggioda Berto » ven mag 19, 2017 8:27 pm

Nobiltà, aristocrazia, oligarchia, repubblica, democrazia, casta.

Non confondiamo l'aristocrazia con l'oligarchia e quella veneziana non era oligarchia ma aristocrazia e il suo sistema statuale era repubblicano; Venezia era una repubblica aristocratica dove tutti i nobili partecipavano alla gestione del potere e dello stato ed è per questo che non si può definire oligarchica ma caso mai sistema repubblicano gestito dalla casta dei nobili.

L'aristocrazia veneziana non era l'aristocrazia veneta ma solo quella veneziana di cui non favevano parte le aristocrazie delle altre città venete, per cui è inesatto affermare che l'aristocrazia veneziana era l'aristocrazia veneta.
L'aristocrazia veneziana era una casta sociale, la casta dei nobili e non il frutto di una selezione per concorso o per gara tra tutti i cittadini onde selezionare i migliori.

Generalmente le aristocrazie nobiliari non sono affatto le persone migliori di un società, ma soltanto quelle che detengono il potere politico.
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