Druidi http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... druids.jpghttp://it.wikipedia.org/wiki/DruidoLa parola druido denota l'appartenente alla classe dei sacerdoti della religione dei Celti, attraverso buona parte dell'Europa centrale e nelle isole britanniche. I druidi costituivano l'elemento unificante e i depositari della cultura del popolo celtico, peraltro così disgregato e discorde sul piano politico.
Le pratiche druidiche erano parte della cultura di tutte quelle popolazioni chiamate Keltoi e Galatai dai greci e Celtae e Galli dai romani.
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Le possibili origini etimologiche della parola druido sono molte e si dubita abbastanza che la parola possa essere antecedente alle Lingue Indo-Europee (???). L'opinione più comune è che la parola derivi dall'unione di due parole celtiche: "duir", che vuol dire quercia, e "vir", una parola che significa "saggezza". Plinio ci dà una prima etimologia della parola collegandola alla radice greca della parola quercia, nel libro che porta il titolo Storia Naturale (Naturalis Historia XVI, 249-251). "Orbene, quercia in gallico si dice dervo, daur in gaelico, derw in gallese..." "la parola non può che risalire ad un antico celtico druwides che si può scomporre in dru, prefisso accrescitivo di valore superlativo (che si trova anche nel francese dru "folto", "fitto", "forte"). Cosa non del tutto arbitraria, considerato che i celti dell'odierna Francia avevano intensi rapporti culturali e commerciali con i greci della vicina città greca di Massalia (l'odierna Marsiglia) ???, e usavano l'alfabeto greco per scrivere; aspetto testimoniato da Cesare nel capitolo 14 del VI libro del De bello Gallico. Ciò ha portato a supporre che druid- derivasse senz'altro dal greco drus, quercia, e dal suffisso indoeuropoeo (e greco) -wid "sapere", "scienza", per cui il senso complessivo sarebbe "coloro che sanno per mezzo della quercia", "gli studiosi della quercia", (dal punto di vista religioso-simboloico). È questa l'opinione tuttora più diffusa ed accettata.
"I druidi sono i molto veggenti o i molti sapienti, ciò che sembra conforme alle diverse funzioni loro attribuite" (J. Markale, il druidismo, Milano 1997).
http://fr.wikipedia.org/wiki/Druidehttp://es.wikipedia.org/wiki/Druidahttp://de.wikipedia.org/wiki/Druidehttp://bar.wikipedia.org/wiki/Druide http://en.wikipedia.org/wiki/Druid The modern English word druid derives from the Latin druides (pronounced [dru’ides]), which itself was considered by ancient Roman writers to come from the native Celtic Gaulish word for these figures. Other Roman texts also employ the form druidae, while the same term was used by Greek ethnographers as δρυΐδης (druidēs). Although no extant Romano-Celtic inscription is known to contain the form, the word is cognate with the later insular Celtic words, Old Irish druí ("druid, sorcerer") and early Welsh dryw ("seer"). Based on all available forms, the hypothetical proto-Celtic word may then be reconstructed as *dru-wid-s (pl. *druwides) meaning "oak-knower". The two elements go back to the Proto-Indo-European roots *deru- and *weid- "to see". The sense of "oak-knower" (or "oak-seer") is confirmed by Pliny the Elder, who in his Natural History etymologised the term as containing the Greek noun δρύς (drus), "oak-tree" and the Greek suffix -ιδης (-idēs). The modern Irish word for Oak is Dara, as it derives to anglicised placenames like Derry, and Kildare (literally the "church of oak"). There are many stories and lore about saints, heroes, and oak trees, and also many local stories and superstitions (called pishogues) about trees in general, which still survive in rural Ireland. Both Irish druí and Welsh dryw could also refer to the wren, possibly connected with an association of that bird with augury bird in Irish and Welsh tradition (see also Wren Day).
I Druidi e l’Ixoła de Monahttp://www.arsmilitaris.org/pubblicazio ... i_Mona.pdf La nostra fonte primaria, per ricostruire le vicende della spedizione romana contro l'isola di Mona e della rivolta e successiva repressione di Boudicca, è Tacito.
Ecco i due capitoli degli Annales (libro XIV, 29-30) nei quali Tacito narra le drammatiche vicenda della spedizione punitiva romana contro l'isola di Mona.
Li riportiamo dapprima nel testo originale latino, tratto da: Tacito, Tutte le opere, Annali, a cura di Lidia Storoni Mazzolani (Roma, Newton & Compton Editori, 1995, vol. II, pp. 224), perché il lettore possa apprezzare le sfumature dello stile vigoroso del grande storico romano; poi, per un confronto, nella bella traduzione dell'insigne latinista Luigi Annibaletto (Milano, Garzanti, 1974, pp. 380-381).
"XXIX "Caesen(n)io Paeto et Petronio Turpiliano consulibus, gravis clades in Brutannia accepta; in qua neque A. Didius legatus, ut memoravi, nisi parta retinuerat, et successor Veranius, modicis excursibus Silu(r)as poulatus quin ultra bellum proferret, morte prohibitus est, magna, dum vixit severitatis fama, supremis testamenti verbis ambitionis manifestus: quippe multa in Neronem adulatione addidit subiecturum ei provinciam fuisse, si biennio proximo vixisset. Sed tum Paolinus Suetonius obtinebat Britannos, scientia militae et rumore populi, qui neminem sine aemulo sinit, Corbulonis concertator receptaeque Armeniaedecus aequare dominis perduellibus cupiens. Igitur Monam insulam, incolis validam et receptaculum perfugarum, adgredi parat, navesque fabricatur plano alveo, adversus breve et incertum. Sic pedes; equites vado secuti aut altiores inter undas adnantes equis tramsire.
"XXX: Stabat pro litore diversa acies, densa armis virisque, intercursantibus feminis, quae in modum Furiarum veste ferali, crinibus deiectis, faces praeferebant; Druidaeque circum, preces diras sublatis ad caelum manibus fundentes, novitate aspectus perculere militem, ut quasi haerentubus membris immobile corpus vulneribus praeberent Dein cohortationibus ducis et se ipsi stimulantes, ne muliebre et fanaticum agmen pavescerent, inferun signa sternuntqueobvios et igni suo involvunt. Praesidium posthac impositumvictis excisique luci saevis superstitionibus sacri: nam cruore captivo adolere aras et hominum fibris consulere deos fas habebant. Haec agenti Suetonio repentina defectio provinciae nuntiatur."
Diamo qui di seguito la traduzione di L. Annibaletto:
" XXIX Sotto il consolato di Cesennio Peto e Petronio Turpiliano, si subì un grande scacco in Britannia, dove il governatore A. Didio s'era limitato, come dicevo sopra, a mantenere ciò che aveva conquistato, e il suo successore Veranio, dopo aver devastato con limitate incursioni il paese dei Siluri, non aveva potuto portare più oltre la guerra perché impedito dalla morte. Pur avendo goduto in vita grande fama di austerità, egli rivelò la sua cortigianeria nelle ultime parole del suo testamento: infatti tra molte adulazioni verso Nerone aveva scritto che avrebbe a lui sottomessa l'intera provincia se fosse vissuto ancora due anni. Allora però chi teneva in pugno la Britannia era Paolino Svetonio, il quale, per abilità militare e per voce di popolo, che non lascia nessuno
senza rivali, gareggiava con Corbulone, di cui bramava uguagliare il vanto d'aver riconquistato l'Armenia domando questi ribelli. Ordunque si accinge ad assalire l'isola di Mona, forte per i suoi abitanti e rifugio di disertori, e fa allestire delle navi a fondo piatto contro le secche e i fondi pericolosi: questo servì per la fanteria; i cavalieri tennero dietro a guado o, dove le acque erano più profonde, nuotando aggrappati ai cavalli.
" XXX Sulla riva stava all'erta l'esercito nemico, denso d'armi e di uomini, mentre attraverso le file correvano le donne che, simili a furie, vestite a lutto e scarmigliate, agitavano fiaccole: attorno ad esse, i Druidi con le mani levate al cielo, scagliavano tremende maledizioni e con lo strano spettacolo impressionarono a tal punto i nostri soldati che, come avessero le membra paralizzate, offrivano il corpo alle ferite senza un movimento.
Poi, incoraggiati dal comandante ed incitandosi l'un l'altro, a non lasciarsi atterrire da una folla di donne invasate (???), passano all'attacco, abbattono quelli che si fanno loro incontro e li avvolgono nelle loro stesse fiamme.
In seguito fu posta una guarnigione presso i vinti e furono abbattuti i boschi, consacrati alle loro selvagge superstizioni: tra l'altro ritenevano un sacro dovere cospargere gli altari con il sangue dei prigionieri e consultare gli dei spiando nelle viscere umane ???.
Mentre era impegnato in questa impresa, Svetonio venne a sapere che la provincia s'era d'improvviso sollevata." (Par forsa co sti cancari de romani!)