Fraje, asoçasion e corporasion de łe arti e de i mestieri

Fraje, asoçasion e corporasion de łe arti e de i mestieri

Messaggioda Berto » dom mag 28, 2017 8:19 am

Fraje jilde, asoçasion e corporasion de łe arti e de i mestieri
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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Fraje, asoçasion e corporasion de łe arti e de i mestier

Messaggioda Berto » dom mag 28, 2017 8:21 am

Le corporazioni delle arti e mestieri, o gilde, erano delle associazioni create a partire dal XII secolo in molte città europee per regolamentare e tutelare le attività degli appartenenti ad una stessa categoria professionale.
https://it.wikipedia.org/wiki/Corporazi ... e_mestieri


La parola "corporazione" venne in realtà coniata nel Settecento da chi ne propugnava l'abolizione. Quando esistevano erano chiamate métiers ("corpi di mestiere") in Francia, guilds ("gilde") in Inghilterra, Zünfte in Germania, gremios in Spagna, grémios in Portogallo, συντεχνία in Grecia.

In Italia esse ebbero nomi diversi da regione a regione: arti in Toscana, fraglie in Veneto, paratici in Lombardia, gremi in Sardegna, società d'arti a Bologna, collegi a Perugia. Spesso il nome ufficiale era in latino universitates o collegia.

Già in epoca romana sono attestate associazioni di quanti esercitassero uno stesso mestiere: nel I secolo queste partecipavano ancora attivamente alla vita politica cittadina (come mostrano i graffiti elettorali di Pompei), ma successivamente rappresentarono piuttosto un efficace strumento di controllo locale da parte del potere imperiale, in particolare a Ostia, porto di Roma ed essenziale tappa nel percorso di approvvigionamento della capitale.

Queste associazioni prendevano il nome di "michele" (più propriamente utilizzato per le associazioni funerarie o religiose). A differenza delle corporazioni medioevali (sebbene il termine di "corporazioni" sia spesso utilizzato per designarle in italiano) erano costituite principalmente da imprenditori e avevano come compito principale quello di difendere gli interessi di questi presso le autorità.

Sotto l'imperatore Diocleziano vennero create e rese obbligatorie delle corporazioni ereditarie per operai e artigiani, che garantissero la stabilità sociale dopo le profonde trasformazioni determinate dalla crisi del III secolo. Queste associazioni erano dette collegia opificum.
Età altomedievale

Testimonianze dell'esistenza di singoli corpi di mestiere in età altomedievale si trovano con riferimento a città rimaste sotto il dominio bizantino: Roma, Napoli, Ravenna, Otranto[5].

La principale conferma dell'esistenza di corporazioni anche in territorio longobardo è data dalle Honorantiae civitatis Papiae. Si tratta di un testo scritto poco dopo il Mille, ma che riferisce una situazione precedente. Nella capitale italica erano attive delle corporazioni, dette ministeria, sotto il controllo della Camera Regia. Queste organizzazioni erano poche (mercanti, calzolai, barcaioli, pescatori, saponai) ed erano governate da "rettori".

In certi casi le corporazioni sembrano essersi formate come derivazione di preesistenti confraternite di carattere devozionale, mentre quelle create, per così dire, ex novo, si fondavano sul sodalizio dato dal giuramento che impegnava i loro membri all'assistenza reciproca e alla difesa degli interessi comuni.

Le prime corporazioni a costituirsi furono quelle dei mercanti: agli inizi del XII secolo la corporazione dei mercanti esisteva già a Pavia, Genova, Piacenza e Roma, la Camera dei Mercanti di Milano risale al 1159, l'Arte dei Mercatanti di Firenze esisteva già nel 1182, quella di Bologna nel 1194. Le corporazioni mercantili nel corso del Duecento riuscirono a inserirsi e ad assumere un ruolo guida nelle istituzioni cittadine, estendendo il loro controllo a funzioni di natura pubblica come quello sui pesi e le misure e la sorveglianza delle strade.

Lentamente nacquero anche le corporazioni degli altri mestieri, alcune per scissione da quella dei mercanti, altre in modo indipendente. In alcune città ancora verso la fine del Duecento la corporazione dei mercanti riuniva tutte le attività: a Milano, a Verona, a Parma, a Piacenza, a Cremona. Nelle città sotto controllo signorile la formazione di nuovi corpi di mestiere proseguì durante il Trecento, mentre dove le corporazioni conquistarono un ruolo politico e diventarono organi costituzionali, il loro numero venne bloccato.

Il reale peso politico raggiunto dalle corporazioni nei governi cittadini variò molto a seconda delle città e all'interno del medesimo contesto urbano; le associazioni artigianali infatti si costituirono in un secondo momento e furono relegate a un ruolo subalterno rispetto a quelle mercantili.

...
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Re: Fraje, asoçasion e corporasion de łe arti e de i mestier

Messaggioda Berto » dom mag 28, 2017 8:21 am

Le corporazioni con i loro statuti e la loro mutualità non sono certo invenzioni dei veneziani o di Venezia


STATO VENETO E LE CORPORAZIONI. ASSISTENZA E CONTROLLO SUGLI STATUTI.
sabato 27 maggio 2017

https://dalvenetoalmondoblog.blogspot.i ... zioni.html

Nello stato veneto, basato sulla dottrina dei Vangeli (???), e non su ideologie moderne (???), ogni cittadino si sentiva in dovere di aiutare chi era in difficoltà, a maggior ragione se era un collega di lavoro. A questo scopo erano nate le associazioni delle Arti e Mestieri, che svolsero fino alla fine (furono abolite da Napoleone come residuo del mondo oscurantista medioevale) compiti oggi assunti dallo stato, il quale li svolge senza o quasi alcun controllo dal basso. Ma è la"democrazia" bellezze... e in un paese allo scatafascio come il nostro, i risultati della mancanza di controllo, si vedono ogni giorno. Vi metto qualche riga chiarificante sugli statuti, detti capitolari, che regolavano l'attività delle Arti e mestieri, controllati comunque da apposite Magistrature.
Di Massimo Costantini:
L'inquadramento delle Arti avvenne attraverso apposite Magistrature, incaricate di approvare gli statuti. Il controllo verteva anche sulla qualità dei prodotti, a partire dal rispetto delle norme relative ai metodi di lavoro, sia sui comportamenti di mercato, a partire dalla vigilanza sui prezzi, pesi e misure ecc..sia sulla vita interna delle associazioni, sia nella veste di giudici, nelle controversie tra iscritti e con altre corporazioni.
Gli statuti presentavano una forma assai semplice. un breve proemio, la formula del giuramento,con gli obblighi che gli artigiani si impegnavano a rispettare, un comando dell'ufficio (ad esempio riguardante il salario rispetto a determinate prestazioni) la previsione di una pena per i trasgressori.
Gli statuti si arricchirono di nuovi elementi riguardanti i tribunali corporativi, i banchetti sociali, le adunanze, le elezioni, l'apprendistato, la modalità di entrata od uscita dalla congregazione, e anche sui magistrati e le loro funzioni amministrative e giudiziarie.
Questo sensibile allargamento dei compiti di sorveglianza da parte dello stato, si inseriva in un processo del rafforzamento del ruolo delle istituzioni pubbliche nei confronti delle Arti, che si manifestò nello sdoppiamento dell'Ufficio dei Giustizieri, nell'estensione delle loro funzioni, e nell'ingerenza dei massimi organi dello Stato (Maggior Consiglio).
Insomma, tra il 1173, anno della istituzione della Magistratura, e il 1330.. si costituì un complesso sistema legislativo, che integrava e formalizzava la consuetudine sulla quale poggiavano i precedenti rapporti giuridici nel campo del lavoro artigiano e tra questo e lo stato.

Fonte Le corporazioni di mestiere Società Economia Istituzioni ED CIERRE a cura della Regione Veneto
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Re: Fraje, asoçasion e corporasion de łe arti e de i mestier

Messaggioda Berto » dom mag 28, 2017 8:21 am

Fraje a Viçensa

https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_di_Vicenza

Erano chiamate fraglie a Vicenza e in Veneto le corporazioni di arti e mestieri nel Comune medievale. Vi si accedeva attraverso il pagamento di sostanziosi oneri pecuniari e presentando un certificato, rilasciato dalla parrocchia di appartenenza, da cui risultassero, oltre alle origini, anche le qualità morali dell'aspirante. Altro certificato doveva attestare il tirocinio compiuto nell'arte. Se si richiedeva l'ammissione con il titolo di maestro bisognava superare un rigorosissimo esame di idoneità.

La direzione dell'arte era affidata alla cosiddetta banca, eletta dall'assemblea (capitolo) di tutti gli iscritti come maestri. Il gastaldo era la carica più elevata e tutelava gli interessi della fraglia. Inoltre c'erano il sindaco o amministratore-contabile, i bancali confratelli con diverse cariche. Il contradicente esaminava le proposte da sottoporre al capitolo. Altre cariche erano quelle del notaio e dell'anziano, quest'ultimo dotato di alte qualità morali, con il compito di far valere i diritti della fraglia.

Sono documentate varie fraglie presenti nel Comune cittadino nel XIII secolo: medicorum (medici), mercatorum (mercanti), notariorum, iudicum (giudici), cerdonum (calzolai) e zavattari (ciabattini), merzariorum (merciai), sartorum, carnificum (macellai), tabernariorum (osti e tavernieri). Sono ricordate anche altre corporazioni: mercanti di materie tessili, orefici, pellicciai, conciatori, muratori, fornaciai, lapicidi, fabbri, speziali e aromatori, barcaioli, ceramisti, casolini (pizzicagnoli), cappellai, falegnami, rigattieri, mugnai, facchini, muschiari (profumieri), librai, campsores (cambiavalute), precones (banditori), barbieri, pifferai (presenti alle pubbliche cerimonie, civili e religiose).

In città le corporazioni intervenivano alle maggiori solennità religiose, come la festa del Corpus Domini, quella di Santa Corona, quella dei Santi patroni Felice e Fortunato. Nella processione, davanti a ciascuna fraglia veniva fatto sfilare il gonfalone su cui era il nome e l'immagine del santo protettore; seguivano i confratelli e i componenti la banca.

Oltre alle fraglie dei mestieri ve n'erano altre a contenuto devozionale, mutualistico o caritativo.
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Re: Fraje, asoçasion e corporasion de łe arti e de i mestier

Messaggioda Berto » dom mag 28, 2017 9:30 am

Gilda, geldra, geldrone/cialtrone

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Re: Fraje, asoçasion e corporasion de łe arti e de i mestier

Messaggioda Berto » dom mag 28, 2017 10:05 am

Una corporazione, in senso proprio, è un tipo di persona giuridica che ha quale elemento costitutivo un insieme di persone fisiche o giuridiche (gli associati) legate dal perseguimento di uno scopo comune.
https://it.wikipedia.org/wiki/Corporazione

Figure soggettive analoghe alle attuali corporazioni erano già note nel diritto dell'Antica Grecia con il nome di hetaireia (εταιρεία). Il diritto romano conosceva figure soggettive di questo tipo sia in ambito pubblico (tali erano i municipia e le coloniae) sia in ambito privato (con i collegia); per designare tali enti si usavano anche i termini corpus (l'espressione corpus habere indicava il possesso della personalità giuridica) e, in seguito, corporatio (usato dapprima nell'ambito del diritto pubblico) e universitas.

Caratteristiche
Negli ordinamenti di civil law la corporazione si contrappone alla fondazione che ha quale elemento costitutivo un patrimonio destinato ad uno scopo. Negli ordinamenti di common law, invece, la fondazione, come tipo di persona giuridica, è sconosciuta, sicché corporazione (corporation) finisce per diventare sinonimo di persona giuridica.

Corporazioni di diritto privato sono le associazioni e le società aventi personalità giuridica (come le società di capitali). Corporazioni di diritto pubblico sono lo stato (anche se, in alcuni ordinamenti, ad esempio quello britannico, non è una persona giuridica unitaria ma un insieme di soggetti) e altri enti pubblici, tra cui quelli territoriali; peraltro, non tutti gli enti pubblici sono corporazioni (nell'ordinamento italiano non lo è, ad esempio, l'INPS).

Negli ordinamenti di common law alcuni uffici pubblici o ecclesiastici (tra i quali lo stesso monarca britannico) sono persone giuridiche a sé in quanto corporation sole: si tratta di una particolare forma di corporazione che anziché essere costituita da più persone (come la corporation aggregate) è costituita dal solo titolare dell'ufficio.

http://www.treccani.it/enciclopedia/cor ... aliana%29/
http://www.treccani.it/vocabolario/corporazione
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Re: Fraje, asoçasion e corporasion de łe arti e de i mestier

Messaggioda Berto » dom mag 28, 2017 10:06 am

Le Corporazioni artigiane nel periodo comunale
http://www.tuttostoria.net/medio-evo.aspx?code=104

Nelle città medievali la produzione di manufatti e altre lavorazioni tese alla realizzazione di oggetti di uso comune e prodotti destinati all'esportazione, veniva svolto dagli artigiani. Ognuno di essi era un piccolo imprenditore che realizzava le proprie merci all’interno della sua bottega, utilizzando per la realizzazione delle stesse propri strumenti di produzione; tutto il denaro ricavato dalla vendita di queste merci veniva interamente intascato dal produttore. In questo modo si otteneva l’unione nello stesso individuo del lavoro, della proprietà degli attrezzi utilizzati per la produzione, e dell’appropriazione dei ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti venduti. Il titolare della bottega era il maestro; con lui collaboravano un certo numero di aiutanti denominati apprendisti o soci. Per poter avviare un’attività artigianale propria, all’apprendista era necessario un lungo tirocinio presso la bottega di un maestro, al fine di impratichirsi sui segreti dell’arte e per affinare le sue capacità, anche perchè gli strumenti in uso per la produzione, erano ancora imperfetti e piuttosto scarsi di numero; inoltre tutto il lavoro veniva svolto a mano. Solo terminato il periodo di tirocinio, l’apprendista entrava a far parte della categoria dei soci o compagni, vale a dire degli operai finiti, che non disponendo ancora di una propria bottega, rimanevano a lavorare con il maestro fino a quando non fossero riusciti a procurarsi gli attrezzi necessari ad avviare una propria azienda. Generalmente non occorreva molto tempo perchè ciò accadesse; infatti, per avviare una bottega non occorrevano grandi mezzi ed in tal modo nei primi secoli dell’età comunale, il socio poteva presto diventare maestro, ossia proprietario di una bottega. Ciò avveniva solo dopo il superamento di un esame da tenersi presso la corporazione di appartenenza; questa prova consisteva nell’esecuzione di un modello di lavorazione detto capo d’opera o capolavoro, che doveva essere eseguito entro un tempo determinato. L’oggetto da eseguire variava in base al mestiere esercitato e poteva quindi essere a seconda dei casi una scarpa, un coltello, un gioiello o altro ancora. Superato l’esame, egli doveva offrire un banchetto in onore dei maestri dell’arte, pagare una imposta all’erario regio oppure al tesoro comunale ed elargire un’elemosina alla chiesa; solo al termine di tutti questi passaggi veniva proclamato maestro. Quasi tutti gli artigiani residenti in una stessa città erano uniti in corporazioni di arti e mestieri che a seconda delle zone assumevano nomi diversi: in Italia esse venivano chiamate arti, fraglie, paratici o maestranze; all’estero assunsero le denominazioni di mestieri, ghilde e zuenfte. Queste unioni nacquero per scopi economici, religiosi, di mutua assistenza e in seguito, divennero delle vere e proprie unioni politiche e militari. In campo economico, la loro prima preoccupazione era di assicurare il lavoro a tutti i soci, esercitando una politica di controllo sulla concorrenza e sul mercato, e regolando le lavorazioni. Queste attività erano rese necessarie dalla ristrettezza dei mercati locali, che in massima parte erano costituiti da città di piccole dimensioni, poco distanti da altre che proponevano le stesse lavorazioni e con un contado dove i contadini si fabbricavano in proprio gli attrezzi o gli oggetti dei quali abbisognavano. Con queste condizioni, le corporazioni provvedevano innanzitutto a ripartire il lavoro disponibile tra i loro aderenti, seguendo delle regole piuttosto rigide: gli orari di apertura e chiusura erano uguali per tutti; uguali dovevano essere anche gli strumenti utilizzati per lo svolgimento dell’attività produttiva; dovevano impiegare lo stesso numero di soci e di apprendisti, acquistare la stessa quantità di materie prime, produrre la stessa quantità di merci. Queste ultime dovevano essere conformi ai modelli e alle qualità fissate dalla corporazione. Le pene per chi trasgrediva a queste regole, andavano dalle pene pecuniarie, alla chiusura della bottega o all’espulsione dalla corporazione di appartenenza. Tutte queste usanze furono molto utili nei primi secoli, poichè servirono a proteggere le attività artigianali e a garantire la vita e l’attività economica delle botteghe; in seguito però, esse si rivelarono un ostacolo al progresso: infatti si arrivò a proibire l’introduzione di nuovi procedimenti e strumenti di lavoro, per il semplice motivo che essi avrebbero potuto danneggiare chi non ne avesse fatto uso, o non se li fosse potuti permettere. Inoltre, l’ermetica protezione del mercato comunale, con il divieto di introdurvi merci provenienti da città commercialmente concorrenti, ostacolava in modo molto marcato la costituzione di un mercato unico nazionale. La corporazione coinvolgeva i propri aderenti sotto tutti i punti di vista, non solo quelli economici: i membri di ciascuna corporazione abitavano nelle stesse vie, come si può ancora oggi desumere dai nomi di alcune strade presenti nei centri storici dele città italiane: via degli orefici, via dei calderai, via degli spadari e molte altre ancora. Ogni corporazione aveva un santo protettore e disponeva di una propria chiesa, o quantomeno di una cappella, e di una festa annuale dedicata al proprio patrono, nel corso della quale gli affiliati sfilavano con i propri stendardi. In caso di decesso di un confratello che non disponesse di mezzi sufficienti per il funerale, la corporazione se ne assumeva le spese, assistendo inoltre la vedova e i figli, provvedendo in seguito a fornire la dote alle figlie da marito. I confratelli deceduti, venivano sepolti nella chiesa della corporazione e ogni anno veniva celebrata una messa in loro suffragio. In caso di guerra, tutti i confratelli combattevano insieme dispiegando il proprio stendardo e al comando del maestro più rispettato. Esistevano inoltre dei tribunali corporativi che giudicavano su questioni interne alla corporazione. Viene quindi da se che le corporazioni rappresentarono un organo estremamente importante nel contesto di quel complesso organismo rappresentato dal Comune medievale. Nonostante la loro importanza, le corporazioni delle arti e dei mestieri dovettero lottare a lungo contro il patriziato, per poter ottenere una partecipazione al governo cittadino. Da questi scontri ebbe origine la seconda fase della lotta politico-sociale all’interno dei Comuni, condotta dalle corporazioni artigianali contro i patrizi. Nelle città più potenti economicamente, nelle quali i grossi mercanti, gli armatori e i banchieri prevalevano per ricchezza e potenza, la lotta non fu loro favorevole; sconfitte, esse vennero escluse definitivamente dal potere, mentre i patrizi si costituivano in oligarchia chiusa, riprendendo l’esempio dell’antica nobiltà feudale. Esempi di questo sistema di governo si ebbero in Italia a Genova e Venezia, mentre fuori dai confini nazionali, ciò avvenne soprattutto nelle più ricche tra le città tedesche. In tutte quelle città dove invece erano numerose e ben avviate le attività industriali, i patrizi furono invece costretti a scendere a patti; a Firenze, le corporazioni più ricche e con maggior influenza, le cosiddette arti maggiori, ottennero di essere ammesse al governo della città. I maestri di queste corporazioni, uniti ai membri dell’antico patriziato, costituirono una nuova alleanza di governo, escludendo dal potere comunale le corporazioni meno ricche o arti minori. Contro questa nuova e potente alleanza si scatenò la lotta condotta dai membri delle arti minori, che segnò l’inizio della terza fase della lotta comunale.


Artigianato
https://it.wikipedia.org/wiki/Artigianato
Le corporazioni, che cominciano a diffondersi già nel secolo XI, sono organizzazioni di mestiere che nascono con l'intento di proteggere il prodotto dall'analogo bene importato (intento protezionistico) e di assistere gli artigiani membri della corporazione in caso di malattie, disgrazie, tracolli economici, lutti (intento assistenzialistico). Si vogliono difendere, anche con interventi politici, i prodotti dalla concorrenza e suddividere i forti rischi delle nuove attività che prevedono l'esportazione e la vendita dei prodotti su mercati lontani. Le corporazioni regolano minuziosamente l'attività: concordano infatti precise normative sui prezzi delle merci, gli orari di lavoro, i salari e perfino le modalità di lavorazione di determinati prodotti.

Attraverso le corporazioni, il ceto artigiano giunge a controllare politicamente la vita di molte città. La differente forza economica delle varie attività definisce i rapporti di potere all'interno della classe stessa. A Firenze, per esempio, si definisce una gerarchia fra arti maggiori – mercanti, banchieri, giudici, notai, artigiani della lana, della seta e delle pelli, che hanno maggiore disponibilità finanziaria e gestiscono manifatture per l'esportazione –, arti mediane – calzolai, rigattieri, fabbri, beccai, artigiani del legno e della pietra legati più che altro alla bottega e al mercato cittadino –, e arti minori – che operano esclusivamente all'interno della città.

Nelle regioni dove l'organizzazione raggiunge il suo apice nella prima metà del secolo XIV. La vasta e straordinaria produzione artistica (affreschi, arazzi, sculture) e l'architettura gotica, con le innovazioni tecniche che permettono un notevole sviluppo in altezza degli edifici e con la ricchezza decorativa (si pensi al Duomo di Milano, a quello di Orvieto o a Notre-Dame di Parigi), testimoniano la diffusione di artigiani molto qualificati (maestranze) e l'attenzione che le realtà cittadine e le autorità laiche e religiose rivolgono alle arti. La costruzione di una cattedrale o di un palazzo comunale richiede lo sforzo economico di tutta la collettività. D'altra parte ogni bottega artigiana viene variamente coinvolta nell'impresa.

Fu ai tempi dell'umanesimo che le corporazioni raggruppanti le arti del disegno iniziarono a staccarsi dalla altre, invocando trattamenti migliori, ma bisognerà attendere la costituzione delle Accademia per assistere ad una distinzione economica e pratica tra gli artigiani e gli artisti.

Nel Settecento se da un lato il commercio sempre più crescente richiese la formazione di complessi industriali, come quello di Murano per il vetro, dall'altro serpeggiò soprattutto nelle corti la preoccupazione per la crisi dell'artigianato, al punto da introdurre nuove tecniche di lavorazione, come quella della pietra dura a Firenze. In quegli anni sorsero le scuole di arti e mestieri destinate a preparare gli artigiani.

Nell'Ottocento, la reazione contro la produzione di massa trovò il suo massimo esponente nel movimento Arts and Crafts, che sostenne il ritorno ad una produzione di alta qualità artistica.

Nel secolo seguente le scuole cercarono di avvicinarsi sempre più all'industria e l'esempio più significativo è stato quello del Bauhaus, scuola di arti e mestieri tedesca, "autrice" di molti oggetti ancora oggi apprezzati dalla classe mondiale dei consumatori
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Re: Fraje, asoçasion e corporasion de łe arti e de i mestier

Messaggioda Berto » dom mag 28, 2017 10:09 am

È possibile che anche le iscrizioni venetiche del Cadore con la parola maisteratorbos, abbiano a che fare con delle corporazioni di arti o mestieri


Maisteratorbos
viewtopic.php?f=88&t=166

Iscrision veneteghe:

1) Lamela de bronxo quadra, mexa roxegà. ] o.m.ma.i.s.terato.r.fo.s./fo. u.vatole.r./<II< //
don]om Maisteratorbos Fouva toler
“Fouva offrì (in) dono ai Maisterator-”(???)

2) Lamina di bronzo quadrangolare, frammentaria. zono.m.mai.s.terator.fo.s./.o.s.t.i.s.to [
donom Maisteratorbos Ostis to[ler?
“Ostis offrì (in) dono ai Maisterator-”(???)

3) Manego de mestolo (en latin simpulum).
turicotriticonico.smai.s.terato.r.fos
Turijo Tritijonijos Maisteratorbos "
“Turio Tritionios ai Maisterator-” (???)

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... lamene.jpg



Diski bronxei de Monte Calvario (Muxeo de Auronso de Cador)
http://www.archeoagordo.it/12/un_luogo_ ... romano.htm

Muxeo de Oronso (Auronzo)
http://picasaweb.google.it/pilpotis/MuxeoOronso

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... qtvokj.jpg
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Re: Fraje, asoçasion e corporasion de łe arti e de i mestier

Messaggioda Berto » dom mag 28, 2017 3:52 pm

I collegia professionali nel bellunese: il caso dei dendrophori.

Stato degli studi e proposte di riflessione


http://unitn.academia.edu/DavideFaoro/P ... iflessione


N. 324 ARCHIVIO STOEICO DIBELLUNO FELTRE E C ADORE ANNOLXXV DAVIDE FAORO

I COLLEGIA PROFESSIONALINEE BELLUNESE: IL CASO DEI DENDROPHORI. STATO DEGLISTUD1E PROPOSTE DI R1FLESSIONE

L'epigrafia ' feltrina, e bellunese in genere, sebbene non brilli per quantita di documenti, offre agli studiosi interessanti spunti di riflessione, sia da un punto di vista squisitamente epigrafico, sia, piu generalmente, per delineare l’evoluzione della societa bellunese nei primi secoli dopo Cristo.

Tra le diverse questioni meritevoli di un approfondimento, emerge la posizione dei collegia lavorativi di Belluno e Feltre in relazione allo sfruttamento del territorio pedemontano, al commercio alto adriatico e agli scambi con le province danubiane dell'Europa continentale.

La presenza di più iscrizioni menzionanti i collegi dei fabri, dei centonarii e dei dendrophori assume un'importanza notevole al fine della comprensione della realta sociale dei municipi alpini e subalpini, i quali appaiono nel nostro caso perfettamente integrati nella rete di rapporti che intercorrevano fra i centri della Regio X.

La continuita nel tempo delle attestazioni di collegia, comprendente gran parte dell'eta imperiale, conferma la presenza di una struttura sociale dinamica, in cui una felice simbiosi fra risorse e territorio ha consentito ampi benefici economici a livelli differenziati, come testimoniato dagli scavi nell'area sottostante il duomo di Feltre -1.

Verosimilmente, la ragguardevole estensione del territorio municipale, sfruttata secondo le modalita deWager publicus, consent! una permanente fruizione

1.
Le sigle delle raccolte di iscrizioni che compaiono in questo contributo sono le seguenti: AE = L'Annee Epigraphique. Revue des publications epigraphiques relatives a l'antiquite romaine. Paris 1888-...; CIL - Corpus Inscriptionum Latinarum. Berlin 1863-...: IG = Inscriptions Graecae, Ber- lin 1877...; ILS = Inscriptions Latinae Selectae. H. Dessau, Berlin 1892-1916; Inscrilt = Inscrip- tions Italiae, Roma 1931-1986; Suppl. Itat. n.s. = Suppletnenta Italica (nuova serie), Roma 1981-...

2.
Marisa Rigoni, Nuovi dati sulla realta urbana di Feltre romana, in Romanitd in provincia di Belluno. Belluno 28-29 ottobre 1988. Atti del convegno organizzato dagli Amici del Museo sotto gli auspici del Comune di Belluno, Padova, Dipartimento di Scienze dell’antichità - Archivio storico di Belluno Feltre e Cadore - Fondazione Giovanni Angelini, 1995, pp. 185-189; Ead., Feltria e la via Claudia Augusta, in Via Claudia Augusta. Un'arteria alle origini dell'Europa: ipotesi problemi prospettive.

Atti del convegno internazionale, Feltre, 24-25 settembre 1999, a cura di Vittorio Galliazzo, Feltre, Comune di Feltre, 2002, pp. 151-156; la studiosa sostiene la tesi dell'esistenza di una schola di centonarii in virtu delle testimonianze architettonico-monumentali e di lamine iscritte riconducibili a persone o a partite di merci, probabilmente connesse all'attivita di una fullonica, cfr. Ezio Buchi, Societa ed economia dei territori feltrino, bellunese e cadorino in eta romana, "Archivio storico di Belluno, Feltre e Cadore" (ASBFC), LV, 268-269 (1989), pp. 194-195.
Poi con modifiche in: Romanità in provincia di Belluno, pp. 75-125. 5 ANNO LXXV ARCHIVIO STORICO DIBELLUNO FELTRE E C ADORE N. 324 di pascoli e foreste, risorse necessarie per lo sviluppo di attivita proprie della zona: rallevamento di ovini (con conseguente produzione tessile) e il commercio del legno. Quest’ultima materia fu una delle voci di esportazione piu importanti del Bellunese: come per le epoche successive, anche in eta romana l’afflusso di legname per via fluviale verso la pianura dovette essere massiccio e costante. Infatti, oltre agli impieghi quali combustibile o materiale per l’edilizia pubblica e privata, una vera divoratrice del legname era la cantieristica navale, sia fluviale sia marittima.
Come molte fonti indicano, nella Venetia padana, la fitta rete di vie d'acqua che risaliva dalla laguna sino a l’entroterra era servita da una flotta, per lo piu mercantile, la quale necessitava costantemente di vari tipi di legno per la costruzione o la manutenzione delle imbarcazioni. In tal senso, appare chiaro che un notevole impulso al commercio e al traffico di merci fu dovuto alla felice localizzazione dei due municipia di Bellunum e Feltria lungo la valle del Piave, sulla cui corrente venivano trasportate grandi quantita di tronchi, secondo un sistema di fluitazione utilizzato fino al secolo scorso. Questa valutazione e maggiormente valida per la zona di Feltre, grazie al convergervi di vari percorsi fin dall'eta piu antica".
Non di meno, la costruzione della Claudia Augusta, gia completata entro il 47 d.C. 7, dovette incidere non poco sull'incremento dei ... . Enrico Cavada, Il territorio: popolamento, abitati, necropoli, in Storia del Trentino II. L'eta romana, a cura di Ezio Buchi, Bologna, ... Mulino, 2000, p. 416; lo studioso avanza l'ipotesi che la mancata colonizzazione dell'agro feltrino occidentale sia stata realizzata al fine di uno sfruttamento gestito dalle sue potenzialita naturali.

4.
Attestazioni di collegia di navicularii o dei nautae nella Venetia preposti al commercio (CIL V, 2315; CIL V, 2526; CIL V, 4990; CIL V, 4015, 4016, 4017; AE 1977, 298), cfr. Ray- mond Chevallier, La romanisation de la Celtique du Pd. Essai d'histoire provinciale, Roma, Ecole Francaise de Rome, 1983, pp. 23, 218, 298; in generale sul commercio e la lavorazione del legno in Veneto si veda: Ezio Buchi, Assetto agrario, risorse e attivita ecanaxmiche. in // Veneto nell'eta romana, I, Verona, Banca popolare di Verona, 1987, a cura di Id., pp, 121-123. 5. Alberto Zamboni, Berua, "Aquileia Nostra", XLV-XL1 (1974-75), coll. 83-98. 6. Stefania Pesavento Mattioli, L'antica viabilita nel lerritorio bellunese, ASBFC, LX, 266 (1989), pp. 58-68. Poi con modifiche in Romanità in provincia di Belluno, pp. 13-23. 7. Miliario di Rabla-Rabland del 46 a.C, con punto di partenza il Po (CIL V, 8003; Maria Ausserhofer, Die romischen Meilensteine in Siidtirol, "Der Schlern", L (1976), pp. 3-34; Gerold Walser, L'impegno dell'imperatore Claudio nella costruzione di strade, Bologna, La fotocromo emiliana, 1982, p. 30; Patrizia Basso, / miliari della Venetia romana, Padova, Societa Archeologica Veneta, 1986, pp. 101-103, n. 41; per la cronologia dedotta dalla titolatura imperiale, Angela Donati, Alpibus hello patefactis, in Labor omnibus unus. Gerald Walser zum 70. Geburstag, Stuttgart, Steiner Verlag Wiesbaden. 1989, pp. 21-24; Stefania Pesavento Mattioli, // sistema stradale nel quadra della viabilita dell'Italia nord-orienlale, in Storia del Trentino, pp. 11-46 (in part. pp. 28-30) e il miliario di Cesiomaggiore del 47 d.C. con 1'origine del tracciato ad Altino (CIL V 8002 = 1LS, 208); Walser, L'impegno, pp. 29-30; Basso, / miliari, pp. 89-90; sull'originaria collocazione deH'iscrizione, prima del suo riutilizzo come altare nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Cesiomaggiore: Guido Rosada, Ancora sulla Claudia Augusta e sul miliare di Cesiomag- giore, in Itinera, scritti in onore di Luciano Bosio, Padova, Societa Archeologica Veneta, 1994, pp. 131-138; da ultimo in generale: Via Claudia Augusta. Un'arteria. 6 n 324 ARCHIVIO STORICO DIBELLUNO FELTKE E C ADORE ANNOLXXV contatti con le localita padane, per quanto permangano dubbi sull'originario tracciato.

Cio che va sottolineato ai fini della nostra argomentazione, e la posizione di riguardo riservata ad Altino, che fin dalla primissima eta imperiale viene ascritta a meta naturale dei traffici bellunesi, secondo un percorso che vedremo non essere solo commerciale.

Cosi nell'iscrizione di Cesiomaggiore la citta altinate e considerata dalle maestranze locali come una concreta indicazione di partenza della Claudia Augusta, sebbene, piu probabilmente, Altinum sia da considerare semplicemente una tappa airinterno di un'intricata rete di collegamenti terrestri, marittimi e lagunari. Si è dunque brevemente accennato alle condizioni che hanno promosso lo sviluppo di un'attivita connessa alla lavorazione e al commercio del legno nei municipia di Feltria e Bellunum, attivita che, secondo molti studiosi, era riservata ai collegia dendrophorum, un'associazione che avrebbe contato nelle proprie file i lavoratori del legno, dal taglio al commercio.

Di questo collegio si possiedono alcune attestazioni nel Bellunese, e, piu precisamente, tre, di cui una da Feltre (CIL V, 2071) e due da Belluno (AE 1888, 132; AE 1976, 252). Prima dell'analisi dei documenti, ritengo necessario proporre alcune precisazioni in merito alia figura dei dendrofori, alla loro storia e alle opinioni maturate in merito dalla dottrina scientifica. Molto ancora rimane da chiarire riguardo la reale natura del collegio in questione.
Il nome stesso, chiaramente di origine greca, si discosta dal tradizionale vocabolario latino utilizzato per i nomi dei mestieri, richiamando.... Sulla tesi secondo la quale la via si divideva in due direttrici separate, poi congiuntesi a Trento (Vallagarina-Trento e Valle del Piave-Valsugana-Trento) per poi proseguire su un unico tracciato fino al passo della Resia, Konrad Miller, Itineraria Romana. Romische Reisewege an der Hand der Tabula Peutingeriana, Stuttgart. Strecker und Schroder, 1916; Alberto Alpago Novello, Da Altino a Maia sulla via Claudia Augusta, Milano, Cavour, 1972, p. 62; Peter W. Haider, Von der Antike ins friihe Mittekdter, in Geschichte des Landes Tirol, I, Bozen, Athesia, 1985, pp. 127-264; Gioia Conta, Romanizzazione e viabilitd nella regione altoatesina, in La Venetia nell'area padano-danubiana. Le vie di comunicazione. Convegno internazionale, Venezia, 6-10 aprile 1988, Venezia, Giunta regionate del Veneto, 1990, pp. 229-230; Alfredo Buonopane, Regio X. Venetia et Histria. Ager inter Benacum et Athesin a Bardolinu usque ad Roveretum, Suppl. Ital, n.s., XI, p. 165. Ora sembra riprendere consistenza l'ipotesi, gia avanzata il secolo scorso, (Mommsen in CIL V, p. 938) di un tracciato unitario daH'Adriatico al Danubio. che avesse come punto di partenza Ostiglia o Altino; da ultimo con bibliografia Pesavento Mattioli, // sistema stradale, pp. 35-36. 9. Altino dunque come meta naturale dei traffici con la pianura; Donati, Alpibus. p. 22; sulla rete di collegamenti fra entroterrra, delta e laguna, Luciano Bosio, Le strade romane della Venetia e dell'Histria, Padova, Programma, 1991, pp. 83-85; Guido Rosada, La direttrice endolagunare e per le acque interne nella decima Regio romana; tra risorsa naturale ed organizzazione antropica, in La Venetia, pp. 153-182. ~7 /

ANNOLXXV ARCHIVIO STORJCO DI BELLUNO FELTRE E CADORE N. 324 dosi piuttosto a sodalizi religiosi, come i cannophori o gli hastiferi. In effetti dai documenti in nostra possesso emerge evidente il carattere religioso del collegio, in sintonia dunque con quanto affermato nelle fonti letterarie sull'importante ruolo rivestito dai dendrofori in seno al culto della Magna Mater e di Attis. Era infatti compito loro trasportare in processione il sacro pino, l'albero sotto il quale il giovane si era evirato e, secondo la versione di Ovidio, era stato trasformato ".
II 22 marzo tale dendrophoria, da cui il nome del collegio, si concludeva solennemente sul Palatino, presso il tempio della Gran Madre degli Dei. Il culto, sotto questa forma, sarebbe stato introdotto a Roma da Claudio, prima del cui principato infatti, non vi e alcuna testimonianza ne letteraria ne epigrafica menzionante i dendrofori.

I documenti epigrafici confermano e avvallano la tesi di una profonda relazione fra i dendrofori e il culto metroaco.
Innanzitutto, nell'Urbe, il nome completo e ufficiale del collegio e collegium dendrophorum Matris deum M(agnae) Id(aeae) et Attis (CIL VI, 30973 = ILS, 4171), mentre a Bovillae si presenta come col(l)egium salutar(is) den[drophororum] sanctum Matri Deum Magnae Idaeae] (AE 1927, 115), riflettendo il nome dei membri che, come citato in un'epigrafe di Roma, e dendrophorus M(atris) d(eum) M(agnae) (CIL VI, 641 = ILS, 3540).

Grazie a un documento proveniente da Cuma sappiamo inoltre che l'associazione era stata creata ex s(enatus) c(onsulto) e posta sotto la supervisione dei XV viri sacris faciundis, il collegio sacerdotale che a Roma controllava i culti stranieri.

Le stesse cariche interne all'associazione indicano la presenza di una gerarchia religiosa: cosi a Utica un'ara viene dedicata alla Magna Mater da parte di C. Rombius Felix, dendrophorus apparator (AE 1961, 201), mentre da Tomi sul Mar Nero compare un archidendrophorus (CIL III, 763) nonche uno iereus, due archidendroforoi e una archira (IG I, 614). Chiare testimonianze vi sono riguardo alia partecipazione diretta dei dendrofori al culto.

In merito a questi sodalizi, connessi al culto della Magna Mater alia pari dei dendrofori, Franz Cumont, Cannophorus, Dizionario Epigrafico di antichita Romane, (Diz. Ep.), II (1910), pp. 80-81; Ettore De Ruggjero, Hastiferi, Diz. Ep., Ill (1962), p. 643; Duncan Fishwick, The Cannophori and the March Festival of Magna Mater, "Transactions of the American Philological Association", XCVII (1966), pp. 193-202; Id., Hastiferi, "Journal of Roman Studies", LVII (1967), pp. 142-160; George Thomas, Magna Mater and Attis, "Aufstieg und Niedergang der romischen Welt", II, 17, 3, Berlin-New York, Walter de Gruyter, 1984, pp. 1500-1533. //. Ovidio, Metamorfosi, X, 103-105. 12. Testo base e Lyd., Mens., IV, 59. Sull'importanza del culto metroaco a Roma, basti qui ricordare: Giulia Sfameni Gasparro, Soteriology and Mystic Aspects in the Cult of Cybele and Attis, Leiden, E. J. Brill, 1985; Cybele, Attis and Related Cults, Essays in Memory of M.J., a cura di Eugene N. Lane, Leiden-New York-Koln, s. e., 1996; da ultimo, Maria Grazia Lancellotti, Attis, between Myth and History: King, Priest and God, Leiden-Boston-Koln, E. J. Brill, 2002, pp. 81-84 (dedicate al culto da parte dei sodalizi religiosi). 13. CIL X, 3699 = 30946 = ILS 4308. N. 324 archivio storico di BELLUNO FELTRE CADORE ANNO LXXV della Grande Madre: particolarmente rilevante e un'epigrafe da Mactaris, nell'Africa Proconsolare, dalla quale emerge come i criobolia e i taurobolia in onore della Magna Mater Idaea Augusta, celebrati dai sacerdoti della dea, si svolgessero una cum universis dendrophoris et sacratis, utriusque sexus.

Inoltre i membri dell'associazione sono presenti attivamente alla vita religiosa cittadina, assumendo spesso cariche sacerdotali esterne al collegio, fra le quali spicca il sevirato Augustale in ambito cisalpino, a Verona, il locale collegio riceve in dono da seviri augustali di origine libertina una statua e un abaco con le immagini di Ercole e Onfale.

In un'altra testimonianza di grande valore proveniente dalla Regio X, la connessione con il culto di Attis sembra trovare riscontro in un'iscrizione di Pola, in cui il sacerdos Matris deum Magnae Idaeae C, Laecanius Theodoras dona al locale collegio un'area sepolcrale riservata ai membri del collegio stesso. Appare dunque evidente un legame profondo fra i dendrofori e il culto della Grande Madre, relazione che sembra non precludere una connessione del collegio con un lavoro specifico, sebbene quest'ultima connotazione emerga in maniera meno visibile dalle fonti documentarie.
Il ruolo ricoperto all'interno del culto della Magna Mater, il significato stesso del loro nome, nonche la loro funzione di portatori del sacro pino, collegano i dendrofori alla lavorazione del.... CIL VIII, 23400-23401 = ILS 4142; cfr. anche CIL XII, !744 (Valentia, Gallia Narbonensh) e CIL XIII, 1751-1752 = ILS 4131-4132 da Lugdunum, entrambe con la menzione dei taurobolia.

Copiose, inoltre, le dediche da parte del collegio dei dendrofori in onore della Magna Mater e di Attis, riportate da Salvatore Aurigemma, Dendrophori, Diz. Ep., II (1910), pp. 1671-1704. 15. Vi e per esempio un magister dendrophorum e flamen annuus [-JCaecilius Paulinus (AE 1922, 22) da Cuicul, oppure attestazioni di dendrofori quali seviri Augustales (CIL XIV, 309 = ILS, 6163; CIL IX, 3938 = ILS 7470: AE 1956, 4). Una commistione fra culto metroaco e culto imperiale e testimoniata dalla fisura del dendrophorus Augustalis a cui fanno riferimento CIL XIII, 1961; 2026; 5153"; AE 1962, 232; AE 1935, 53. 16. CIL V, 3312 = ILS 3462. 17. CIL V, 81= ILS 4171 = Inscrlt X, I, 155. IH. Sulla funzione religiosa del collegio, Jean-Pierre Waltzing, Etude historique sur les corporations professionelles chez les Romains depuis les origines jusqu'a la chute de ['Empire occidental, Louvain, Peeters, 1895-1900, III, pp. 243-248; Franz Cumont, Dendrophori, "Pauiy-Wissowa Realencyclopadie der classichen Atertunswissenschaft" (P.W.), V. 1 (1903), col. 218-219; Hugo Hepdino, Attis. Seine Mythen und sein Knit, Giesszen, J. Richer'sche Verlag, 1903, pp. 145-155; Aurigemma, Dendrophori, pp. 1673-1681; Dikter Ladage, Stddtische Priester- und Kultamter im Lateinischen Westen des Imperium Romanum zur Kaiserzeit, Diss. Koln 1971, pp. 126-131; Thomas, Magna Mater and Attis, pp. 1529-1530; Rhbeca Rubio Rivera, Collegium dendrophorum: corporacion profesional y cofradia metroaca, "Gerion", XI (1993), pp. 175-183; Edmond Frezouls, Les noms des metiers dans Vepigraphie de la Gaule et de la Germanic romaine, "Ktema", XVI (1991). pp. 33-72, in part. pp. 36-37, il quale, proprio in considerazione del carattere fortemente religioso dell'associazione, la esclude nella sua analisi dalla lista dei collegia della Gallia e delta Germania.

ANNO LXXV ARCHIVIO storico DI BELLUNO FELTRE E CADORE N.324 legname, dal taglio al commercio. L’indizio fondamentale in tal senso proviene dalla stretto rapporto che lega i dendrofori con collegi dall'indubitabile carattere lavorativo, quali i fabri e i centonarii, che trova esplicazione concreta nella scelta di patroni comuni, come nel caso delle iscrizioni bellunesi.
Conseguenza di ciò, e la diffusione del collegio in tutto 1’impero, di gran lunga superiore a qualsiasi confraternita religiosa. La stessa gerarchia interna all’associazione riflette la terminologia propria dei collegi professionali con quinquennales, curatores, magistri e quaestores, benche tali cariche non siano esclusive del mondo dell'associazionismo di mestiere. Di contro, come precedentemente sottolineato, è l'indiscutibile presenza nei collegi dei dendrofori di funzioni prettamente religiose che non trovano esatta corrispondenza con l'associazionismo professionale.

Ciononostante, se si cerca di avvicinare i dendrofori alle attivita connesse alla lavorazione del legno, si nota che essi andrebbero a occupare sostanzialmente l’ambito professionale dei lignarii che, secondo una suggestiva ipotesi, avrebbero mutato il nome nel momento dell'istituzione della dendrophoria sotto Claudio, collegandosi cosi al culto della Magna Mater. Tale interpretazione sarebbe confermata dal fatto che le uniche attestazioni collettive di semplici lignarii provengono da Pompei, antecedenti al momento in cui nella documentazione epigrafica inizia a comparire il nome dei dendrofori.
Va tuttavia sottolineato il fatto che non sempre e dovunque i dendrofori sono considerati come gli unici operatori nell'ambito del legno: a Ostia sono noti dei navicularii legnarii, che altro non potevano essere se non trasportatori di legname. A cio si deve aggiungere l’attestazione sempre ostiense dei fabri tignuarii, carpentieri e rifinitori nella lavorazione del legno, fatto che ridurrebbe la funzione dei dendrofori a semplici commercianti di legname, trasportato dai navicularii.

A favore di una caratterizzazione professionale dei dendrofori: Wtlhelm Ljeblnam, Zur Geschichte und Organisation des rumischen Vereinswesens, Leipzig, B. G. Teubner, 1890, pp. 105-106; Waltzing, Etude, I, pp. 241-243; Cumont, Dendrophori, col. 217; Auri- gemma, Dendrophori, pp. 1681-1685; Rubio Rivera, Collegium, pp. 175-183. 20. Cumont, Dendrophori, col. 216; Hepding, Attis, p. 153; Aurigemma, Dendrophori, p. 1684; Tenney Frank, An Economic Survey of Ancient Rome, V, Rome and Italy of the Empire, Baltimore, J. Hopkins press, 1940, p. 251. 21.

Per 1'iscrizione testimoniante i navicularii lignari si veda: Ladage, Stadtische Priester- und Kultamer, p. 130, che nota le difficolta create da questo documento riguardo la reale attivita svolta dai dendrofori; cfr. Russell Meiggs, Seaborne Timber Supplies to Rome, in The Seaborne Commerce of Ancient Rome: Studies in Archaeology and History, a cura di John Haughton D'Arms - Christian Kopff, Roma, American Academy, 1980, p. 190; Maria Luisa Caldelli, Pensores lignarii, in Epigrafia della produzione e della distribuzione. Actes de la Vllle rencontre franco-italienne sur l'epigraphie du monde romain organisee par TUniversite de Roma-La Sapienza et l’Ecole francaise de Rome, Rome 5-6 juin 1992, Roma, Universita di Roma-La Sapienza - Ecole Franchise de Rome, 1994, p. 730, nota 16, documento datato al II secolo d.C. 10 N. 324 archivio storico di belluno FELTRE E cadore ANNOLXXV lavorato dai fabri.
Ammettendo pure questa ipotesi, si deve comunque constatare come la nuova denominazione greca non abbia cancellato la precedente latina, come attesta una frammentaria iscrizione proveniente da Colonia, che fornisce il nome di un negotiator lignarius. Difficile, dunque, avanzare delle argomentazioni decisive sulla reale natura del collegio dei dendrofori, se non resta che sottolineare l'ampia considerazione sociale che tale collegio godeva nel mondo tomano, dai centri maggior rilievo, sino ai piccoli municipia come Feltria e Bellunum.

In particolare, da quest'ultimo centro provengono le prime due iscrizioni che esamineremo. Si tratta di due epigrafi onorarie, diverse solo nella parte finale del testo, che riportano la camera di C. Carnunius Pudens, appartenente all’ordine equestre e personaggio di gran rilievo nella vita politica e sociale del municipio di Bellunum. I testi sono su due basi di statua di calcare del Cansiglio, leggermente diversi per dimensione, ma uguali nella fattura. La prima, rinvenuta alla fine dell'Ottocento, si chiude con il nome della dedicante, Lunia Valeriana, che dedica marito rarissimo, il monumento, locus datus decreto decurionum.

Il secondo documento, ritrovato quasi un secolo dopo il primo, ricorda che la plebe urbana votò l'erezione della statua, ma la moglie dell'onorato, Lunia Valeriana, si preoccupò di restituire la spesa alla plebe, remissa plebei impensa, e di pagare a proprie spese, pecunia sua posuit.

Il testo, comune alle due epigrafi, e il seguente: (I)thaci. M(arco) Carmi/nio, M(arci) fil(io)/ Pap(iria tribu) Puden/ti, equo publico), / sacerdoti Lau(rentium) Lav(inatium), / electo / ad causas fisci / tuendas in pro/vincia Alpium Ma/ritimarum, patro/no rei pub(licae) Ter/gestinorum, pa/trono colleg(i) dendrophor(um) et / fabr(um), cur(atori) rei p(ublicae) / 22, Brigitte Galsterer, Hartmut Galsterer, Die romischen Steininschriften aus Koln, Koln, Greven & Bechtold, 1975, p. 78, n. 326 e tav. 70; cfr. anche Ladage, Stiidtische Priester- und Kultdmter, p. 130, probabilmente del II sec. d.C. 23. AE 1888, 132; Francesco Pellegrini, Due iscrizioni romane scoperte a Belluno il 9 luglio 1888, Belluno, Deliberali, 1888; Id., Iscrizioni romane scoperte a Belluno, "Archivio Veneto", 18 (1888), pp. 475-477; Waltzing, Etude, HI, p. 131, n. 452; Antonio Pastorello, Iscrizioni lapidarie della citlci di Belluno, dall'epoca romana alla contemporanea, Pordenone-Belluno, Rambaldo-Sommavilla, 1936, p. 148; Alessio De Bon, Ro- manita ne.l territorio vicentino, Vicenza, s. e., 1938, p. 10; Giovan Battista Pellegrini, Contributo alla studio della romanizzazione della provincia di Belluno, Padova, CEDAM, 1949, p. 22, n. 23; Id., // Cadore preromano e le nuove iscrizioni di Valle, "Archivio Veneto", s. 5, CI (1974), pp. 13-14; Franco Sartori, Note di epigrafia e prosopografia. bellunesi ASBFC, XLVII, 215 (1976), pp. 53-54; Francois Jacques, Les curateurs de cite dans /'Occident romain de Trajan d Gallien, Paris, Nouvelles editions latines, 1983, pp. 295-297; Geza Alfoldy, Romische Statiten in Venetia et Histria. Epigraphische Quellen, Heidelberg, C. Winter, 1984, p. 116, n. 152; Luciano Lazzaro, Bellunum, Suppl. It., n.s., IV (1988), pp. 327-330; da ultimo: Davide Faoro, Francesco Pellegrini - Tomaso Luciani carteggio inedito (1879-1888), in Francesco Pellegrini 1903-2003. Giornata di studi, 27 novembre 2003, Belluno 2004 (in corso di stampa). 11 ANNOLXXV ARCHIVIOSTORICODI BELLUNO FELTRE ECADORE N. 324
Man/tuanor(um), cur(atori) rei p(ublicae) Vicetinor(um), patro/no Catubrinorum. Fra le figure ricordate dall'epigrafia bellunese, Marcus Carminius Pudens fu sicuramente uno fra i cittadini piu in vista del municipio, come confermato dalla sua appartenenza al ceto equestre.
Tale posizione e sottolineata dalla carica religiosa di sacerdos Laurentium Lavinatium, membro del collegio sacerdotale il cui principale incarico consisteva nella celebrazione a Lavinio dei riti sacri in onore dei Penati di Troia, celebrazione strettamente collegata alle origini stesse di Roma. Egli fu inoltre procurator ad causas tuendas in provincia Alpium Maritimarum, incarico finanziario subalterno nella piccola provincia procuratoria alpina delle Alpi Marittime. Estremamente importante ai nostri fini e l'intensa attivita rivestita da Carminio Pudente quale patronus, nonche curator rei publicae in importanti centri della X Regio. Patrono del municipio di Tergeste e della comunita dei Catubrini, gli abitanti deH'odierno Cadore, il cavaliere bellunese fu curator rei publicae del municipio di Vicenza e della colonia di Mantova, con interessi e prestigio che spaziavano dalle comunita alpine sino alle realta urbane della pianura padana.

Nel municipio natale, Carminio Pudente rivesti il patronato della plebs urbana e, secondo una prassi diffusa nell'Italia romana, anche dei tria collegia: fabbri, centonari e dendrofori2. La datazione, vista la paleografia e la presenza del signum staccato, non dovrebbe essere precedente al III secolo d.C, sebbene la menzione della tribu possa far propendere per una cronologia a cavallo fra la fine del II e l'inizio del III secolo d.C 2S. 24.

Su questo sacerdozio, Ettore De Ruggiero, Silvio Accame, Lavinium, Diz. Ep., IV, (1947), p. 479; Christiane Saulnier, Laurens Lavinas. Quelques remarques a propos d'un sacerdoce equestre a Rome, "Latomus", 43 (1984), pp. 517-533. 25. In merilo basti ricordare: Hans-Georg Pflaum, Les carrieres procuratoriennes equestres sous les Haut-Empire romain, III, Paris, Gauthner, 1961, p. 1046.

Per l'amministrazione di una provincia procuratoria inoitre si veda: Werner Eck, Die Leitung und Verwaltung einer procuratorischen Provinz, in La Valle d'Aosta e Varco alpino nella politico del mondo antico. Atti del convegno intemazionale di St. Vincent - Centro Congressi Grand Hotel Billia - 26-28 aprile 1987, Aosta, Musumeci, 1988, pp. 102-117, ora in Werner Eck, Die Verwaltung des romischen Reiches in der hohen Kaiserzeit, ausgewdhlte und erweiterte Beitrdge, I, Basel-Berlin, F. Reinhardt, 1995, pp. 327-340. 26. Robert Duthoy, Curatores rei publicae en Occident durant le principat. Recherches preliminaires sur Vapport des sources epigraphiques, "Ancient Society", X (1979), pp. 193-194; Giuseppe Camodeca, Ricerche sui curatores rei publicae, "Aufstieg und Nie- dergang der romischen Welt", II, 13, Berlin-New York, Walter de Gruyter, 1980, pp. 520-522. 27. Guido Clemente, Patronato nei collegia dell'impero romano, "Studi classici orientali", XXI (1972), pp. 39-54; sui termine plebs nella documentazione epigrafica dell'Italia romana, da ultimo Stanislaw Mrozek, Die stadtischen Unterschichten Italiens in den Inschriften der romischen Kaiserzeit (populus, plebs, plebs urbana u. a.), Wroclaw- Warszawa-Krakow, Zaklad Narodowy Imienia Ossolinskich, 1990, pp. 21-31. 28. Lazzaro (Bellunum, p. 328), data l'iscrizione delle due basi al III secolo d.C. in base al signum staccato. 12 N. 324
ARCHIVIOSTORICODIBELLUNO FELTRE eCADORE ANNOLXXV
II prestigio del cavaliere bellunese dovette essere elevato nel suo municipium, dove fu onorato dall'erezione di due statue, per il patronato congiunto sulla plebe e sui tre collegi maggiori. Comunque, la sua influenza all'infuori di Bellunum non era minore: dal Cadore a Vicenza, a Mantova, seguendo un percorso nel quale verosimilmente gli affari privati dell'agiato cittadino bellunese collimavano con gli interessi di parte della comunita. Probabile riflesso di tracciati commerciali che, come abbiamo precedentemente sottolineato, si avvalevano dell'ausilio delle vie d'acqua, in particolare della valle del Piave e della valle del Brenta quali veicoli per il traffico di merci. La scelta di un notabile locale quale patrono dei trio collegia appare dunque condizionato dalla necessita di tutelare i potenziali punti chiave del commercio del municipio, centro intermediario fra le risorse naturali dei Catubrini, a nord, e le realta urbane della Venetia centro-occidentale.

Le medesime considerazioni possono valere per il terzo documento che menziona il collegio dei dendrofori, ritrovato nel Cinquecento nel sottosuolo del duomo di Feltre, nei pressi della cosiddetta schola dei centonarii.

Si tratta anche in questo caso di un'iscrizione onoraria in favore di Caius Firmius Rufinus, cavaliere feltrino 30\ C(aio) Firmio C(ai) f(ilio) / Menenfia tribu) Rufino, / eq(uo) pub(lico), Lauren(ti) / Lav(inati), dec(urioni), flamin(i), / patrono colle/giorum fab(rum) cent/(onarium) dendr(ophorum) Feltriae, / itemque Beruens(ium) / colleg(ium) fab(rum) Alti/natium patrono....

L'eminente uomo pubblico feltrino, come risulta dall'iscrizione alla tribu Menenia, fu sicuramente, alla pari del bellunese Carminio Pudente, una fra le personalita di maggior spicco all’interno del tessuto sociale di Feltre. Anch'egli cavaliere come il precedente, fu inoltre decurione, Laurens Lavinas e flamine municipale. Tra gli altri onori, detenne il patronato del collegio dei fabbri, dei centonari e dei dendrofori di Feltre e Berua, nonche dei fabbri di Altino. Su base paleografica, Eepigrafe e databile al II secolo d.C, quindi precedente di circa un secolo i documenti bellunesi precedentemente analizzati. Il maggior problema presente nell'interpretazione dell'iscrizione e la localizione. Cfr. Borgaso, in CIL V 2071: "fu ritrovato avanti lo incendio che fo in questa cita l'anno 1511, presso alla chiesa cattedrale, mentre che si facevano li cavamenti", sulla schola dei centonarii si veda supra nota 1. 30, CIL V, 2071 = ILS 6691; Carlo Anti, Altino ed il commercio del legname con il Cadore, in Atti del Convegno per il retroterra veneziano. Mestre-Marghera, 13-15 novembre 1955, Venezia, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, 1956, pp. 19-25; Zamboni, Berua, coll. 83-98; Bianca Maria Scarf!, Michele Tombolani, Altino preromana e romana. Quarto d'Altino, Comune di Quarto d'Altino, 1985, pp. 32-33; Lazzaro (Bellunum, p. 328) accenna brevemente all’iscrizione.

13 ANNOLXXV ARCHFVIO STORICO Dl BELLUNO FELTRE E CADORE N. 324 zazione del centro di Berua. Menzionato da Plinio -", che lo accomuna a Feltre e Trento fra i Raetica oppida, compare anche in un documento aquileiese, in due iscrizioni dell'Urbe ", e in una lapide sepolcrale venuta alla luce in Macedonia Recente e la pubblicazione di una nuova iscrizione dalla cittadina umbra di Fossombrone, attestante un //// vir I(ure) D(icundo) di Berua, che sembra confermare 1' appartenenza alla tribu Claudia del municipium dei Beruenses iS.
Diverse sono le ipotesi di localizzazione del centro in questione. In passato si era voluto situare Berua nell’area del Cadore e, piu precisamente, nel 31.
Plinio, Naturalis Hisloria, 111, 23, 130. 32. L'iscrizione di Aquileia, propriamente di Terzo (C1L V, 947), attesta un'altra forma, Q. Vettidius Q. f. Clau(dia) Beria, non sempre accettata quale equivalente di Berua: Theodor Mommsen, CIL V, 947 "Beria mihi ignota est, nisi eadem quae Berua"; alfred Holder, Alt-cehischer Sprachschatz, I, Leipzig, Teubner, 1896, p. 406; Christian Hulsen, Beria, PW, III, col. 293, "[...] vielleicht identisch tnit Berua"; certo dell'identificazione con Berua, Giovanni Forni, // reclutamento delle legioni da Augusto a Diocleziano, Milano-Roma, Facoha di Lettere e Filosofia dell'Universita di Pavia, 1953, p. 161; Id., Esercito e marina di Roma antica. Raccolta di contribute Stuttgart, F. Steiner, 1992, p. 85; poco sostenibile, a mio parere, l'ipotesi del cognomen in luogo All'origo sulla scorta di un'iscrizione aquileiese d’eta repubblicana (ClL V, 1092) in cui Beria compare come nome femminile. 33. CIL VI, 3559 = 32989 = ILS 9081 dal foro di Traiano, documenta (riga 6) un [...]us Strata Berua, dal cognome di origine greca, se non retaggio di onomastica indigena, cfr. Heikki Solin, Die griechischen Personennamen in Rom. Bin Namnebuch, Berlin-New York, Walter de Gruyter, 1982, p. 1293; CIL VI 1058, 13 = ILS, 2157 (riga 13) che riporta fra i curatori di una statua a Caracalla, un C. Antonius C. f. Antullus Beruae, centurione della V coorte dei vigili.
Data l'origo provinciale degli altri centurioni associati nella dedica (Savaria, Raetiaria, Poetovium, Aquincum, Caesaria), si e proposto di identificare Berua con le citta dal nome simile in Macedonia e Tracia: cosi Dessau, Ils 2157; contra, Anti, Altino e il commercio, p. 20. 34.
Da Scopje in Macedonia (Anna Sasel, JarO Sasel, Inscriptiones Latinae quae in Jugoslavia inter annos MCMXL et MCMLX repertae et ediiae sunt, "Situla, razprave narodnega muzeja v Ljubljani" (Dissertationes Musei Nationalis Labacensisj, V, Ljubljana, CGP Delo, 1963, p. 23, n. 29 menzionante un veterano, L. Apuleius L. f. Scaptia Valens Berua, che porrebbe problemi sull'attribuzione della tribu Claudia a Berua, appartenente invece aila Scaptia: cosi anche: Zamboni, Berua, col. 86.

Tuttavia, nel caso dei veterani, spesso la tribu era in connessione con la colonia o con il sito di dimora dopo il congedo: cosi intende l'iscrizione in esame Giovanni Forni.

L'estrazione etnica e sociale dei soldati nei primi tre secoli dell'impero, "Aufstieg und Niedergang der romischen Welt", II, 1, Berlin-New York, Walter de Grutyter, 1974, pp. 339-391, in part. pp. 361 e 364; Id., L'anagrqfla del soldato e del veterano, in Actes du VII Congres International d'Epigraphie Greque et Latine (Constantza 1977), Berlin-Paris, Editura Academici - Les belles lettres, 1979, p. 213; Id.,

L'esercito e marina di Roma antica, p. 79, in cui diversamente si cita il luogo d'origine con Beroea in luogo a Berua. 35. C(aio) Corcilio / Lfuci) ffilio) Claufdia tribu) Spicae / HHvir(o) i(ure) d(icundo) q(uaestori) Ber/uae locus sep/ult(urae) publice / d(ecreto) d(ecurionum); la sigla Q puo anche essere sciolta, seppur meno frequentemente, con q(uinquennalis); l’iscrizione e databile, su base epigrafica, alla prima meta del 1 secolo d.C; cfr. Stefania Pesavento Mattioli, / Raetica oppida di Plinio e la via Claudia Augusta, in La via Claudia Augusta. Un'arteria per I'Europa, pp. 423-436.

N.324 ARCHIVIO STORICO Dl BELLUNO FELTRE E CADORE ANNOLXXV territorio dell'odierna Pieve di Cadore J6. In seguito, Zamboni, sulla scorta di osservazioni linguistiche ed etnico-geografiche, situo 1'antica Berua nella zona dei Colli Berici, poco a sud di Vicenza, se non nella Valsugana, per gran parte compresa nell'agro feltrino, in particolare a Pergine, "dove esistevano tutte le condizioni favorevoli alLa costituzione di un'entita amministrativa autonoma" Sempre nell'area vicentina, ma piu a nord-ovest e in particolare nella zona dell'alto Vicentino affacciato sulla Valdastico, e la recente tesi proposta con buone argomentazioni dalla Pesavento Mattioli. AlLo stato attuale degli studi, appare dunque piu verosimile sostenere un'appartenenza di Berua all’area vicentina, in particolare prealpina, piuttosto che una localizzazione piu settentrionale, a mio avviso, meno sostenibile. Accettando tale ipotesi interpretativa, ci si troverebbe in presenza di un asse commerciale Feltre-Berua-Altino, che, come osservato per i documenti precedenti avvallerebbe la tesi di uno stretto legame intercittadino, finalizzato al commercio del legno. Tale traffico fluviale, doveva essere caratterizzato dalla presenza di punti di raccolta, Feltre e Berua, e un centra di smistamento, Altino. Anti, Altino e il commercio del legname con il Cadore, passim.
Oltre al carattere venetico e celtico del Cadore, e non retico, emerso dalle indagini archeologiche, a questa tesi si possono obbiettare la menzione dell'etnico Catubrini (vd. supra e nota 23), nonche la presunta appartenenza del Cadore all'agro di Iulium Carnicum (Zuglio), in virtu delle iscrizioni rupestri del Monte Civetta, Lazzaro, Bellunum, pp. 317-319, n. 1. Secondo Zanovello (in // Veneto nell'eta romana, II, Verona 1987, pp. 443-444), l’amministrazione romana avrebbe cosi rispettato le differenti etnie della regione registrate in Plinio (Naturalis Historia, Ill, 19, 23), assegnando il Cadore celtico a un centro egualmente celtico. Su Iulium Carnicum: cfr. Fulvia Mainardis, Iulium Carnicum, Suppl. Ital, n.s., XII (1994), pp, 67-150, sui confini in part. pp. 83-85; lulium Carnicum. CentrO alpino Ira Italia e Norico dalla protostoria all'eta imperiale. Atti del convegno, Arta terme - Cividale (Udine), 29-30 settembre 1995, a cura di Gino Bandelli - Federica Fontana, Roma, Quasar, 2001; in generate sui confini si veda, Elvira Migliario, Confine di comunita e comunita di confine di area alpina centro-orientale in eta romana, "Archeologia delle Atpi", 2 (2002), pp. 57-74. 37. Zamboni, Berua, coll. 92-93. 38. Pesavento Mattioli, / Raetica oppida, pp. 423-436. 39. Lorenzo Dal Ri, Romerzeitliche Funde in Brixner Stadtgebiet, "Der Schlem", 58 (1984), pp. 443-454, in part, nota 3 p. 445, in cui lo studioso suggerisce di identificare Berua con l'abitato romano e preromano di Stufles, insediamento che dovette, per le dimensioni, essere di primaria importanza nella val d'Isarco: cfr. Id., Tracce di manufatti stradali di epoca romana in scavi della Soprintendenza provinciate dei Beni Cultural! di Bolzano, in Venetia nell'area padano-danubiana: le vie di comunicazione. Atti del Convegno Internazionale (Venezia 6-10 aprile 1988), Venezia, Giunta regionale del Veneto, 1990, pp. 611-625, in part. pp. 617-619. Dato che tale sito si trova fuori dalla Regio X, e quindi dall'Italia, quest'ipotesi urta con la testimonianza di Plinio {Naturalis Historia, III, 23, 130), che inserisce i Beruenses, insieme ai Feltrini et Tridentini "[...] in mediterraneo regionis decimae", avvalendosi come fonte della Descriptio Italiae Totius in regiones XI di Augusto: cfr. Plinio, Naturalis Historia, III, 6, 46. 15 ANNOLXXV archivio 5TORICO di belluno feltre e cadore N. 324 prossimo alla laguna e al mare. In particolare, va valutata la felice posizione del municipio feltrino, possibile fruitore, oltre che del bacino del Piave, anche del corso del Brenta, incluso con buona parte della Valsugana nella sezione occidentale del territorio feltrino. A cio va aggiunto che al tempo i corsi inferiori del Piave e del Brenta seguivano direttrici diverse dalle odierne; infatti, prima della deviazione operata dai veneziani nel 1675, il Piave sfociava direttamente in laguna, passando per l'agro altinate, mentre il Brenta arrivava al mare sensibilmente piu a nord di oggi e raggiungeva con uno dei due rami la laguna veneta, precisamente a sud della stazione ad Portutn, poche miglia da Altino 40. Allo stato attuale delle nostre conoscenze, vi sono indizi utili al collegamento fra l'attivita dei dendrofori e il commercio del legno nel Bellunese, secondo la prassi della fluitazione attraverso i due principali corsi d'acqua che interessavano i municipi di Feltria e Bellunum. La presenza dei tria collegia in entrambi i centri, assecondata da patroni che estendevano il loro prestigio ai centri commercialmente piu affini ai due municipi bellunesi, sembra indicare uno stretto legame fra le associazioni di mestiere e lo sviluppo del traffico di merci fra le zone alpine e la parte pedemontana e lagunare della parte centro-occidentale della Regio X. Comunque, non vi sono legami diretti, supportati da fonti certe, fra la lavorazione del legno, il suo trasporto e il collegio dei dendrofori.
Ve ne sono, invece, per altre categorie di lavoratori, per le quali la documentazione prova la connessione con la Iavorazione del legno all’interno della Regio X.
Cosi un materiarius, cioe un venditore di legname impiegato soprattutto nell'edilizia operante ad Este; un capsarius, Marco Terenzio Marcello, fabbricante e venditore di cassette per libri scolastici, e un vitor, cestaio e viminaio, entrambi di nascita libera a Vicetia; di diversa condizione, era lo schiavo di Altino, Septemus, che si definisce un ab(i)etarius, lavoratore e/o commerciante di legno d'abete.

A questi, poi, vanno aggiunte le testimonianze di altri artigiani, impegnati, seppur non esclusivamente, nella lavorazione del legno. In primis, il riferimento va ai fabri, addetti alla lavorazione di vari materiali fra cui il legno, e dei quali conserviamo molte attestazioni per la Venetia. Inoltre, vanno Cfr. Anti, Altino ed il commercio, p. 19-25, in cui lo studioso, tuttavia, ignora che la foce del Brenta in eta romana fosse piu a nord, escludendo cosi Altino quale meta dei traffici feltrini e beruensi: Zamboni, Berua, col. 88 ss.; Luciano Bosio, Itinerari e strade della Venetia romana, Padova, CEDAM, 1970, p. 49; Id., Le strade romane della Venetia e dell’Histria, Padova, Programma, 1991, pp. 66-67, 239. 242-243, 254; Buchi, Assetto agrario, risorse e attivita economiche, pp. 123-124. 41. Si veda la documentazione raccolta da Buchi (Assetto agrario, risorse e attivita economiche, 1, pp. 122-123) con riferimenti bibliograftci. 42. Ricordiamo fra le tante il lascito ad memoriam colendam al locale collegio dei fabbri di Belluno da parte di due coniugi illustri (CIL V 2046); a Padova, un'iscrizione ci informa suH'organizzazione interna al collegio, con un magister e un quaestor (AE 1976. 235 e AE 1977, 267).

76 N324 ARCHIVIO STORICO DI BELI.UN'O FELTRE E C ADORE ANNOLXXV ricordati anche i carpentarii, riuniti a Padova in un sodalicium: inizialmente preposti alia costruzione di carrozze a due ruote (carpenta), successivamente interessati alla costruzione di piu generi di mezzi in legno.

L'aspetto professionale del collegio dei dendrofori, cosi come emerge dalla documentazione epigrafica, appare quindi labile, sebbene vi siano indizi per un legame piu o meno stretto fra la lavorazione del legname e il collegio in questione. Cio che al contrario sembra emergere con chiarezza, e la stretta connessione fra il culto della Magna Mater e i membri dell'associazione stessa, a cui, sicuramente, debbono il nome ellenizzante di portatori dell'albero sacro. Vista la grande diffusione del collegio in unione con i fabri ed i centonarii, risulta però presumibile l'esistenza di un aspetto professionale all’interno dei dendrofori, sebbene esso rispondesse probabilmente a una logica del tipo centro-periferia, in cui al primo termine corrisponde una maggiore vocazione religiosa dell’associazione, cui si affiancava, invece, una caratterizzazione di mestiere nel caso di piccoli centri periferici.
In ogni modo, il profondo legame che univa i dendrofori con il culto della Gran Madre non dovette venir meno neppure alcuni secoli dopo la costituzione della dendrophoria a opera di Claudio. Sappiamo infatti che in una costituzione antipagana di Onorio (415 d.C.) venivano requisite a favore del patrimonio imperiale tutte le rendite e tutte le proprieta detenute dai dendrofori, dsa frediani e dalle professiones gentiliciae, qualunque fosse il loro nome, e che tali associazioni impiegavano a copertura delle spese per i loro banchetti.
Se, come pare vero, i frediani sono da considerare i portatori di lettiga in cui venivano adagiate le immagini degli dei durante le processioni sacre, mentre i collegia gentiliciae professionis erano tutte le associazioni che facevano professione di fede pagana, i dendrofori all’inizio del V secolo d.C. erano visti alla stregua, non di unlassociazione di mestiere, bensi di una confraternita a tenore religioso.

Tuttavia, in virtu della loro forte connessione con la vita civile, e in particolare municipale, essi vennero obbligati da Costantino nel 315 d.C. a prestare servizio antincendio con i fabri e i centonari, al fine di sopperire al crescente depauperamento dell'associazionismo di mestiere. Codex Theodosianus, XVI, 10, 20, 2: "Ea autem, quae multiplicibus constitutis ad venerabilem ecclesiam voiuimus pertinere, Christiana sibi merita religio vindicabit, ita ut omnis expensa illius temporis ad superstitionem pertinens, quae iure damnata est, omniaque loca, quae frediani, quae dendrophori, quae singula quaeque nomina et professiones gentiliciae tenueruni epulis vel sumptibus deputata possint hoc errore submoto compendia nostrae domus sublevare". 44. Jean Marie Salamito, Les dendrophores dans I'Empire chretien. A propos de Code Theodosien, XIV, 8, 1, et XVI, 10, 20, 2, "Melanges de l'Ecole Fran^aise de Rome. Antiquite", XCIX (1987), pp. 1009-1014. 45. Codex Theodosianus, XIV, 8, 1.

77 ANNO LXXV archivio STORICO Dl BELLUNO FELTRE E CADORE N. 324
Un'importante iscrizione feltrina, ritrovata anch'essa sotto il duomo e datata in base alia datazione consolare all'anno 323 d.C.46, fornisce l’ultima attestazione di collegi di mestiere nel Bellunese. Si tratta di un lascito di 500.000 denari, il cui ricavato, attraverso un tasso d’usura del 1% mensile, doveva essere impiegato per cerimonie in onore del benefattore, Ostilio Flaminino, nel suo dies natalis.
I collegi ai quali viene assegnata tale somma sono i fabri ed i centonarii: cio non stupisce, poiche dal 288 d.C.47 l’epigrafia non offre piu alcuna testimonianza del collegium dendrophoritm.
L'assenza di documenti epigrafici del sodalizio per tutto il IV secolo d.C. e dovuta principalmente a due fattori: la scarsita della documentazione epigrafica, in particolare quella relativa ai collegi, e la sempre maggiore ostilita riservata all’associazione da parte di imperatori cristiani sempre meno tolleranti. Comunque, come dimostrato dalla costituzione costantiniana, l'importante ruolo rivestito nel tessuto municipale preserva l’esistenza dei dendrofori, i quali, pur ridimensionati, furono attivi sino all'inizio del V secolo d.C, quando, nell'ormai mutato clima socio-culturale, Onorio, Augusto d'Occidente, ne decreto una morte 'naturale'. 46. Lazzaro, Bellunum, pp. 253-255. 47. C1L VIII, 8457. 18
..
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Fraje, asoçasion e corporasion de łe arti e de i mestier

Messaggioda Berto » dom mag 28, 2017 4:05 pm

Fabri, Centonari, Dendrophori, Muliones: antiche associazioni di lavoratori
http://www.beniculturali.it/mibac/expor ... 90260.html


Dendrofori
http://www.treccani.it/enciclopedia/den ... taliana%29
DENDROFORI (dal greco δένδρον "pianta", ϕέρω "porto"). - Si chiamavano così coloro che partecipavano alle sacre cerimonie ove venivano processionalmente trasportate delle piante o dei tronchi d'albero (dendroforia). Queste feste si celebravano nel mondo greco soprattutto in onore di Dioniso e Demetra, nel mondo romano in relazione col culto di Attis e della Magna Mater; in queste ultime cerimonie i Dendrofori ci appaiono come appartenenti a distinte classi sociali e riuniti in una specie di confraternita religiosa (dendrophori magnae deum matris), con speciali privilegi e gerarchie. Non del tutto chiaro é il legame fra questi dendrofori religiosi e una omonima corporazione di artigiani (tra falegnami, carpentieri, fabbri, ecc.), menzionata in testi ed epigrafi del tardo Impero; sebbene l'evoluzione dall'uno all'altro tipo d'associazione sia stata autorevolmente affermata.

Bibl.: P. Paris, in Daremberg e Saglio, Dict. dse antiq. gr. et rom., II, pp. 100-102.


https://it.wikipedia.org/wiki/Sanguem
Il Sanguem era una festività romana, connessa con il mito di Cibele e di suo figlio Attis. Era celebrato tra il 15 e il 28 marzo. La celebrazione era di origine frigia, in quanto il culto di Cibele era stato importato da quella terra nel 204 a.C., ed era officiato da sacerdoti stranieri, detti galli.
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