Ouropa e Ixlam entel Mexoevo, sciarimenti e ociàde

Re: Ouropa e Ixlam entel Mexoevo, sciarimenti e ociàde

Messaggioda Berto » ven lug 31, 2015 6:58 pm

Culto degli alberi sotto la croce

http://www.nemetonruis.com/alberi_cristianesimo.htm

Quando i cristiani iniziarono la loro opera di conversione delle popolazioni pagane, la prima cosa che fecero fu quella di vietare il culto che tali popolazioni riservavano agli alberi e conseguentemente, quello di distruggere le foreste sacre.
Le prove di tale furioso accanimento contro gli alberi si trovano nelle loro stesse agiografie; infatti possiamo portare come esempio gli anatemi dei concili provinciali, quello di Arles che nel 452 d.C. proibiva l'adorazione degli alberi, delle fonti e delle pietre; quelli di Tours e di Nantes, rispettivamente del 567 e 568 che si accanirono contro quelle persone che celebravano riti sacrileghi all'interno dei boschi e contro gli alberi consacrati al demonio.
L'accanimento contro gli alberi durò per gran parte del Medioevo, durante il quale i parroci rimproveravano ed in seguito mettevano a morte, le persone che portavano offerte agli alberi, che innalzavano altari sulle loro radici e che richiedevano la protezione per la propria famiglia e per i propri beni intonando a loro dei lamenti.
Il culto degli alberi durò fino al medioevo inoltrato nonostante la chiesa si diede un gran da fare già prima del 400, infatti il più noto persecutore dei boschi fu un tale San Martino il quale, come ci racconta Suplicio Severo; durante un suo viaggio passò nei pressi di Atun dove dopo aver abbattuto un bosco sacro si apprestava ad abbattere un grosso Pino nei pressi di un santuario. La storia ci narra che Martino incontrò la resistenza del sacerdote locale e della popolazione ancora pagana; i quali lo attaccarono dicendogli: " se hai un po' di fiducia nel Dio che dici di onorare, abbatteremo noi quest'albero che cadrà su di te, se il tuo signore è con te, come dici, sfuggirai".
Martino acconsentì e si fece legare nel punto previsto; poi quando l'albero stava per crollare si fece il segno della croce e l'albero lo sfiorò di un soffio senza toccarlo, il miracolo ovviamente convertì in massa i villici.
Dopo San Martino, l'opera distruttiva venne proseguita dal suo discepolo San Maurilio vescovo di Angers, il quale nel tentativo di evangelizzare il Comminges diede fuoco al bosco sacro che una volta distrutto fu consacrato a San Pietro.
Indicativa è anche la storia di San Germano vescovo di Auxerre (388÷348), il quale andò a Roma per studiare la retorica ed il diritto, conquistando una tale fama che l'imperatore Onorio lo nominò governatore di Borgogna, di cui Auxerre è la capitale.
Nel centro città si innalzava un enorme Pino, a cui Germano appendeva le teste degli animali uccisi durante la caccia.
Accadde che il vescovo Amatore, santo pure lui, gli rimproverò che tale usanza era idolatria e che era di cattivo esempio per i pagani nonché offensivo per i cristiani, intimandogli di abbattere l'albero; ma ottenne solo un diniego, così dovette provvedere lui stesso.
L'abbattimento dell'albero fece andare su tutte le furie Germano, che si dimenticò di essere cristiano e a capo del suo esercito si diresse contro il vescovo Amatore il quale fu costretto a rifugiarsi ad Autun.
Ovviamente, essendo un racconto cristiano, la storia finisce con Amatore che torna ad Auxerre e con l'inganno rinchiude Germano all'interno della chiesa, dove gli pratica la tonsura e gli promette che sarebbe diventato il suo successore, così come gli fu comunicato dallo spirito santo in persona, a tale annuncio Germano
acconsentì e diventò santo.
Il culto degli alberi era talmente radicato da sopravvivere anche in grandi città nonostante secoli di guerra contro di esso da parte di santa romana chiesa, figuriamoci nelle zone rurali.
Tale guerra ovviamente non si limitava solo alla Gallia ma anche ai paesi di origine germanica, come dimostrato da San Bonifacio che nel convertire i germani abbatté la quercia Geismair, consacrata a Thor.
Anche Carlo Magno continuò questa infame opera, infatti nel 772, durante una missione punitiva contro gli Angari, distrusse il santuario pagano dove veniva venerato Irminsul, un gigantesco tronco d'albero che nelle credenze pagane aveva il compito di sostenere la volta celeste.
Nel 789 fu pubblicata un'altra condanna contro gli stolti che accendevano candele e praticavano superstizioni sotto alberi, pietre e sulle fonti.
Nonostante tutto il culto degli alberi si perpetuò per altri numerosi secoli, prova di questo è la storia del vescovo Anselmo che nel 1258 a Sventanistis ordinò l'abbattimento di un'enorme quercia sacra; ma la sua forza e resistenza era talmente alta che l'ascia rimbalzò sul tronco colpendo mortalmente il boscaiolo, a quel punto il vescovo in persona prese l'ascia, ma anche lui non riuscì a far nulla, così ordinò che l'albero fosse bruciato.
Notizie del genere si hanno anche un secolo dopo, dove, tra il 1351 e 1355 a Romuva, in Prussia, su richiesta del vescovo Giovanni I, il gran maestro dei cavalieri della croce fece segare una quercia sacra sotto la quale si radunava la popolazione per pregare.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Ouropa e Ixlam entel Mexoevo, sciarimenti e ociàde

Messaggioda Berto » ven lug 31, 2015 6:58 pm

Dopo aver sommariamente trattato dell'espansione cristiana delle origini e poi della sua espansione principalmente in Europa, tratterò dell'espansione politico-religiosa dell'islam che è stata esclusivamente o prevalentemente un'espansione militare violenta, sul filo della spada e fin dalle origini.
...

Persecusion dei cristiani, dei pagani, de łi ebrei, dei musulmani, de łi atei e de łi apostati, de łi raxianti (ereteghi), dei coki.
viewtopic.php?f=24&t=1331


La diffusione dell'Islam
http://www.sapere.it/sapere/strumenti/s ... Islam.html

Al di fuori dell'Europa il mondo islamico si era diffuso con facilità sia grazie alle imprese militari sia per opera dei mercanti lungo le rotte commerciali (???).
Sul piano religioso l'islamismo aveva conquistato nuovi territori a Oriente con la fondazione in India del sultanato di Delhi (1206-1526) poi soppiantato dal grande Impero musulmano dei Moghul (1526-1858). La conversione dei mongoli all'islamismo aveva permesso una sua ulteriore espansione dal Marocco ai Balcani, dalla Siria alla regione iranica, dalle steppe dell'Asia centrale all'India e all'Indonesia: una sola religione accomunava ormai popolazioni differenti per lingua, etnia e costumi. Nel Regno di Persia la dinastia dei Safawidi (1502-1722), con lo shah Ismail, aveva sconfitto i mongoli, riunito il territorio persiano e imposto l'osservanza dello sciismo. Durante il regno dello shah Abbas il Grande lo Stato persiano si rafforzò, Isfahan fu proclamata capitale del Regno. Nel 1534 le truppe di Solimano il Magnifico invasero la Persia conquistando Baghdad e la Mesopotamia, questi territori furono riconquistati dai Persiani all'inizio del '600. Con la fondazione dell'Impero ottomano l'islamismo si diffuse saldamente nella penisola balcanica (nei territori della Serbia, Bosnia, Caramania) grazie alla conquista di Costantinopoli (1453) e al crollo dell'Impero bizantino. Durante il regno di Solimano I il Magnifico (1520-66) l'Impero aveva rivolto le sue mire all'Occidente cristiano contro il quale si era più volte scontrato.


???
ESPANSIONE E DIFFUSIONE DELL’ISLAM
http://web.tiscali.it/scienzeumanesocia ... 7Islam.htm

ESPANSIONE
Nel mondo mediorientale conquistato esisteva una struttura socio politica diversa che caratterizzava ad esempio l'Impero Bizantino e l'Impero Sassanide, si trattava della STRUTTURA TRIPARTITA: (imperatore, capi religiosi, notabili locali) in cui non vi era identità tra potere religioso e politico ma esisteva la separazione dei poteri. Tale struttura tripartita influenzò profondamente il califfato che nel corso del tempo assunse un ruolo puramente politico e sempre meno religioso. Il potere religioso venne affidato agli ULAMA (lettori del Corano, dottori di diritto e teologia). Al califfato si affiancò una seconda istituzione musulmana, i SUFI (= amici di Dio) che erano gruppi di studio informali che facevano capo a dei maestri che avevano molteplici funzioni quali: facilitare i negoziati, insegnare, formare coalizioni, guarire... Così i primi due secoli dell'Islam vennero determinati da una netta scissione tra autorità politica e quella religiosa e tra Stato e comunità musulmana. A causa della rottura tra la sfera religiosa e quella politica lo Stato non rappresentò più l'incarnazione dell'Islam, ma un sistema di rapporti di collaborazione con le elites religiose islamiche. La collaborazione tra capi religiosi e politici non impedì all’Islam di poter costituire una base di opposizione allo Stato, infatti spesso, la formazione di movimenti riformistici aveva come obiettivo la purificazione della società corrotta per giungere alla riunificazione dell'autorità politica e religiosa, in modo da creare autentici Stati islamici.

L'espansione dell'Islam venne attuata non solo da conquistatori guerrieri, che introdussero nel territorio la forma di Stato tripartito, ma anche da mercanti e missionari sufi (???). La presenza di abili mercanti e di raffinati studiosi musulmani, ebbe come conseguenza la conversione dei sovrani locali che diedero vita a nuove civiltà alle cui basi vi era l'integrazione di culture diverse (???). Nei territori conquistati quindi, fiorirono nuove civiltà, che integrarono la cultura e le istituzioni islamiche mediorientali con le credenze religiose e le istituzioni politico-sociali locali.

Gli Stati e gli Imperi islamici più importanti erano: l'Impero Ottomano, l'Impero Safawide, l'Impero Mughul, l'Impero Shaibanide. I sultani e i sovrani di questi Imperi si consideravano tutori dell'Islam, e santi per diritto di nascita in quanto si ritenevano eletti direttamente da Dio. I sultani patrocinarono inoltre le confraternite sufiche, difesero l'Islam contro le popolazioni non musulmane e produssero una civiltà laica dando così vita a nuove forme di culto islamico (religione di corte). La varietà di credenze nel culto islamico era dovuta alle numerose interpretazioni del Corano per cui nacquero: culti popolari, culti sincretici, forme di sufismo e scuole teologiche, mistiche, giuridiche. Tra tutte queste varie forme di culto si può notare che la differenza più profonda opponeva chi credeva nella riforma dell'identità islamica, la quale richiedeva l’abbandono delle comunità e delle credenze tradizionali per accettare uno stile di vita derivato dal Corano; e chi riteneva necessario il mantenimento delle credenze e delle pratiche religiose tradizionali definite islamiche in quanto concepivano l’Islam come un’affiliazione religiosa senza il fondamento di una trasformazione radicale del modo di vivere.
Data la compresenza di diverse popolazioni, musulmane e non, sullo stesso territorio, sorsero inevitabilmente problemi relativi alla convivenza di religioni diverse e di ordine sociale. Nel territorio islamico era assicurata e garantita, da parte dello Stato, la presenza di popolazioni non musulmane (MILLET) che potevano costituire comunità autogovernate ed autonome in materia religiosa e di organizzazione sociale, con il solo obbligo di pagare delle imposte e di riconoscere l'autorità del sultano. Per quanto riguarda le comunità musulmane, i loro rapporti con gli Imperi variavano da caso a caso, ma la tendenza fondamentale era quella di un'integrazione degli ulama negli ambienti amministrativi. Se numerose furono le divergenze tra i vari tipi di popolazioni bisogna ricordare che un fattore comune fu l’accettazione del sufismo in varie forme perché considerata principale espressione della fede, del culto e dell'identità sociale.


DIFFUSIONE
La diffusione della religione islamica ha incontrato molti ostacoli. Si è passati dalla compartizione del mondo islamico, al colonialismo ,alla formazione di movimenti modernizzanti e tradizionalisti, alla comparsa delle confraternite (correnti sotterranee), grazie alle quali la pratica religiosa islamica ha resistito alle imposizioni dei colonizzatori consentendo la sopravvivenza dell’Islam in queste regioni.

L’islam fu diffuso fuori dall’Arabia per opera degli arabi, i quali fondarono, predicando (???), un’ immenso impero, che all’epoca dei califfi ommayyadi, i quali risiedevano a Damasco, si estendeva dall’Indo all’Atlantico occupando tutta la costa meridionale del mar Mediterraneo. Tale impero ebbe scarso incremento e non tardò a smembrarsi. Il fenomeno si manifestò dapprima in Spagna, quindi in Persia, e ben presto il mondo islamico non fu più, politicamente parlando, che un mosaico di stati e di dinastie indipendenti. Tuttavia mantenne la propria unità morale, religiosa, economica, anzi l’Islam ,come religione, non cessò di espandersi penetrando nell’India nel Turchestan cinese, nell’Insulindia, nell’Africa Nera, nella quale i suoi progressi sono costanti attualmente. In Europa dopo la perdita della Sicilia (XI sec.), della Spagna (XV sec.), oggi l’islam, è presente nei Balcani, nella Russia Meridionale e in qualche altra regione della parte orientale del continente.


Sparxemento de l'ixlam de łe orexeni co Maometo

L’ISLAM, UNA MICIDIALE MACCHINA DI OPPRESSIONE di GUGLIELMO PIOMBINI
http://www.miglioverde.eu/lislam-una-mi ... ppressione

L’analisi delle tre principali fonti dottrinali ci dà questa risposta statistica: circa il 67% del Corano scritto alla Mecca, il 51% del Corano scritto a Medina, il 75% della sira e il 20% degli hadith riguardano questioni politiche come la guerra santa o il trattamento dei non musulmani.
Maometto predicò la sua religione per 13 anni, e convinse solo 150 seguaci.
Poi passò alla politica e alla guerra, e in una decina d’anni, impegnandosi in atti di razzia e in battaglie mediamente ogni sette giorni nell’arco di nove anni, divenne il signore assoluto dell’Arabia.

La Jihad, questa sconosciuta

Una gigantesca operazione di rimozione storica, che ha censurato dai testi di storia gli avvenimenti connessi a secoli di jihad (la guerra santa islamica) e di dhimmitudine (l’umiliante e insostenibile condizione dei non musulmani nelle terre governate dall’islam), spiega in buona misura l’attuale ignavia degli europei. Negli ultimi venti anni è molto cresciuta la letteratura sul mondo islamico, ma non è cresciuta altrettanto la percezione della minaccia che il fondamentalismo islamico costituisce per la civiltà in cui viviamo poiché numerosi sono stati gli studiosi che, dominati dalla preoccupazione di non essere accusati di coltivare pregiudizi eurocentrici, si sono prodigati per fornire una immagine rassicurante della religione fondata da Maometto.

Nelle opere sull’islam di Franco Cardini, Alfonso Di Nola, Paolo Branca, Massimo Campanini, o di autori anglosassoni come John Esposito, Stephen Schwartz e Karen Armstrong, non si trovano che fugaci cenni alla guerra santa. Anche gli studi specialistici di Bernard Lewis, per tanti versi pregevoli, sono piuttosto carenti sui temi della jihad e della dhimmitudine.

In genere i manuali scolastici e le monografie sull’islam passano sotto silenzio le modalità con cui si svilupparono le conquiste islamiche, limitandosi a riportare frasi asettiche di questo tenore: “L’islam si espanse nell’ottavo e nel nono secolo…”, oppure questo o quel paese “passò sotto il dominio musulmano”.
Gli autori usano ogni cautela per evitare di dire come l’islam si espanse, e come quei paesi passarono sotto il dominio islamico. Sembrerebbe che questi avvenimenti siano capitati da soli, quasi miracolosamente, o in maniera pacifica. La realtà è ben diversa. (Anca el cresteanexemo el se ga espanso o spandesto co le armi del poder statal: Costantin, Carlo Magno, ... enperi portoghexe, spagnolo, angrexe, ...)

Bill Warner, direttore Center for the Study of Political Islam, ha calcolato che la conquista e l’assoggettamento delle popolazioni cristiane in Medio Oriente, Anatolia e Nord Africa, che un tempo componevano circa la metà della Cristianità, ha comportato il massacro di almeno 60 milioni di persone;
la conquista islamica della Persia ha portato alla cancellazione quasi totale dello zoroastrismo;
nella sua avanzata verso est la jihad islamica ha provocato la morte di circa 10 milioni di buddisti, distruggendo ogni traccia di buddismo lungo la via della seta e in Afghanistan;
l’invasione dell’India ha determinato l’annichilimento di metà della civiltà indù, e l’uccisione di 80 milioni di persone;
le vittime della jihad nell’Africa subsahariana ammontano invece a più di 120 milioni tra cristiani e animisti.


Sommando tutte queste cifre si giunge alla conclusione che dal settimo secolo a oggi approssimativamente 270 milioni di “infedeli” sono morti per la gloria politica dell’islam: un numero di vittime che probabilmente supera quelle del comunismo, e che fa dell’islam la più grande macchina di oppressione e di sterminio della storia.

La jihad rappresenta quindi, per durata e per conseguenze, una delle istituzioni più rilevanti della storia umana, che ha sconvolto la vita di centinaia di milioni di persone per quasi 1400 anni. Eppure, a livello storico, è quasi completamente ignorata.
Esistono migliaia di libri sulle crociate, ma almeno fino a qualche tempo fa non esisteva praticamente nessuno studio storico approfondito sulla jihad.
Nell’Enciclopedia Britannica, ad esempio, viene dato alle crociate uno spazio ottanta volte superiore a quello della jihad: eppure le crociate furono solo una tardiva e limitata reazione a quattro secoli di ininterrotta guerra santa dei musulmani contro gli europei.
Le crociate durarono meno di 200 anni (dal 1096 al 1270), sono cessate da 700 anni e geograficamente si limitarono alla Terra Santa, mentre la jihad islamica ha avuto un carattere universale e permanente. ???

Gli unici due testi che di recente hanno tentato di colmare questa lacuna sono Jihad in the West di Paul Fregosi, uscito nel 1998, e The Legacy of Jihad curato da Andrew G. Bostom, un ricchissima raccolta commentata di documenti storici pubblicata nel 2005. Uno dei pochi libri pubblicati in Italia che racconta questa storia cruenta è il libro di Camille Eid, A morte in nome di Allah. I martiri cristiani dalle origini dell’islam a oggi (Piemme, 2004). Per quanto riguarda lo status delle minoranze religiose nei paesi islamici, i ‘dhimmi’, quasi tutto quello che sappiamo si deve ai fondamentali studi pionieristici di Bat Ye’or.



Jihad o goera "santa" xlamega on cremene contro l'omanedà, ła scuminsia co Maometo e ła ga seità par 1388 ani.

Maometto nel 627 alle porte di Medina decapitò personalmente circa 800 ebrei maschi adulti della tribù dei Banu Qurayza.
(Ibn Ishaq (704-767), ha scritto che nel 627 il ... di centinaia di ebrei della tribù dei Banu Qurayza alla periferia di Medina.)
http://it.wikipedia.org/wiki/Ibn_Ishaq

https://www.facebook.com/MagdiCristianoAllam
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Re: Ouropa e Ixlam entel Mexoevo, sciarimenti e ociàde

Messaggioda Berto » lun ago 03, 2015 6:17 pm

Domenico Quirico: «Ecco perché l’Occidente non capisce l’Islam guerriero e la realtà dell’Isis»

di Maria Ausilia Boemi - Nov 11, 2014
http://www.lasicilia.it/articolo/domeni ... sce-l-isis

L’inviato de La Stampa rapito dai jihadisti nella nostra redazione per un colloquio sull’Islam

L’Isis e il califfato sono fenomeni completamente diversi da Al Qaida: ma l’Occidente non lo capisce e sbaglia utilizzando i medesimi schemi per combattere i due fenomeni. Così come è errato considerare l’Islam una religione pacifica: è invece uno strumento di totalitarismo che condanna senza appello tutti gli “impuri” non per quello che fanno, ma per ciò che sono. Ne abbiamo discusso, in un forum nella nostra redazione (erano presenti, oltre alla sottoscritta redattrice, il direttore Mario Ciancio, il direttore editoriale Domenico Ciancio, il caporedattore Giuseppe Di Fazio, il caposervizio Carlo Anastasio, il freelance Orazio Vecchio), con Domenico Quirico, inviato de La Stampa che questi fenomeni li conosce bene per averli visti e subìti (è stato a lungo ostaggio dei jihadisti) in prima persona.

In base alla tua esperienza, c’è qualcosa di strutturale nella cultura e nella religione islamica che spinge verso la violenza e l’affermazione violenta di sé?
«Credo che uno dei maggiori guai nell’affrontare la situazione attuale sia quello di costruirsi un Islam che non esiste o non è quello prevalente. L’Islam è una religione nata in un ambiente naturale terribilmente ostile nei confronti dell’uomo ed è quindi guerriera: il combattere, l’allargarsi, il difendere lo spazio dell’unica religione vera è una realtà fondamentale per l’Islam. Aggiungi che tutte le religioni monoteiste sono per principio autoritarie. Il problema, però, oggi è più complesso. La domanda da porsi non è se i jihadisti siano buoni o cattivi musulmani, perché la risposta è molto semplice: loro sono convinti di essere dei perfetti musulmani. Il problema è che la religione - come la razza per i nazionalsocialisti o l’appartenenza al proletariato per i comunisti staliniani - è utilizzata da loro come strumento per dividere il mondo in buoni e cattivi: per i jihadisti, i buoni sono loro che praticano la religione salafita rigorosa. Gli altri sono tutti impuri e quindi il compito che Dio assegna ai jihadisti è quello di eliminare gli impuri che inquinano la società. Questo è il carattere terribilmente pericoloso di questo fenomeno. Essi usano la religione come strumento per la separazione della società in due parti. E chi è dalla parte sbagliata deve essere cancellato, non per quello che fa, cioè azioni o atti che possano mettere in pericolo la vera fede, ma per quello che è. È una nuova forma di totalitarismo di cui la religione è uno strumento».

Ma questo tipo di convinzione è nel miliziano ed è anche nel capo oppure il capo utilizza il miliziano?
«Il miliziano che arriva da Londra dove faceva il medico e il miliziano che arriva da Tunisi per combattere in Siria e Iraq sono trascinati dalla tentazione totalitaria, dal piacere di sentire di essere dalla parte giusta del mondo».

È questo è il motivo dell’appeal dell’Isis anche tra gli occidentali?
«Secondo me, sì. È un’avventura trascinante, emotivamente affascinante il sapere di essere dalla parte giusta del mondo, di essere tra i puri».

Ho letto che per il giovane musulmano che sta a Londra, quanto più la società londinese si mostra tollerante verso la sua religione, tanto più per lui diventa odiosa.
«È vero: se ti sequestrano in un Paese musulmano, l’unica cosa da non fare è dire di essere una persona indifferente al problema religioso. Ti ammazzano immediatamente. Per loro è meglio un praticante di qualsiasi fede, anche sbagliata, che uno che dice: “Per me la religione è l’oppio dei popoli, è una fregatura”. Quello è inconcepibile per loro.
L’ossessione dell’unità, poi, è quello che impedisce, secondo me, ai popoli musulmani di praticare davvero la democrazia: nella mentalità musulmana, il concetto che esistano più verità, e che queste verità si possano scambiare secondo un calcolo numerico, è eresia. Il mondo è tutto concentrato nella cifra uno: un Dio, un libro, un popolo».

Per la cultura islamica, dunque, la democrazia non è adatta?
«È molto complicata».

E’ legittima allora la prevenzione della gente verso gli islamici, visti come qualcosa di diverso e difficilmente conciliabile con la nostra cultura e il nostro modo di vita?
«Il problema è che i musulmani hanno fatto tante rivoluzioni - di cui le Primavere arabe sono le ultime - ma tutti questi movimenti rivoluzionari inevitabilmente e rapidamente sono tornati alla casella dell’autoritarismo, del rais, del capo, perché è nella loro identità. La verità è una e allora anche il capo deve essere uno. Per l’Occidente, la democrazia è la legittimazione della confusione, anche se virtuosa, nel senso che nessuno è depositario della formula giusta. Questo per un musulmano è inaccettabile: è il disordine, è un atto contro Dio che è ordine. Poi è anche possibile che si trovi qualche forma di democrazia per quel mondo, ma non il nostro tipo di democrazia. È un mondo che non capiamo, che cerchiamo di imbullonare dentro idee come quella che l’Islam sia una religione tollerante, pacifista: esiste anche questo, ma attualmente prevale l’altro, quelli vogliono rifare il califfato e cacciare quelli che non sono musulmani. Tra l’altro, l’Isis ha messo su un Welfare state. Questo nei giornali non lo scriviamo: pensiamo che a Mosul ci siano bande di assassini che girano per le strade, violentano le donne. Non è così: le prime cose che hanno fatto gli islamisti dell’Isis a Mosul sono state riaprire i forni perché la gente potesse comprare il pane, obbligare i dipendenti pubblici ad andare al lavoro come quando c’era il governo centrale, riaprire le scuole. Questa è gente che vuole restare, non va lì per saccheggiare. E noi continuiamo a pensare che sono una banda di folli criminali che, chissà come, si è impadronita di un territorio grande come la Francia e sta lì, massacra, ruba, uccide. Fa anche quello, però è uno Stato, c’è un’amministrazione».

È questa la differenza tra Al Qaida e Isis?
«Questa è la novità: i jihadisti non si muovono da lì per i prossimi 30 anni se qualcuno non va lì con forze, che attualmente non abbiamo, per cacciarli. Il califfo non è Bin Laden che stava nascosto nella grotta. Questa è una cosa completamente nuova: c’è una frontiera di due Stati che è stata disintegrata, creando una frontiera nuova che nelle carte geografiche non c’è. Le carte geografiche del mondo oggi sono false. La grande trovata pubblicitaria del califfato è stato dire: “Io sono il califfo, voglio ricostruire il grande califfato del VI secolo”. Cosa che Bin Laden non ha mai neanche osato pensare. Questo è pericoloso, perché c’è un progetto, non è la follia di quattro fanatici: l’islamismo non è un problema psichiatrico, ma politico e, quindi, molto più difficile da risolvere. Al Qaida e l’Isis sono due cose diverse: Al Qaida è il precursore primitivo di un progetto politico completamente diverso».

Obama scrive a Khamenei e non disdegna anche di dialogare con Assad: l’Isis può creare delle nuove strane alleanze?
«Diciamo che il califfo ha già sconvolto le carte del passato e questo è già un enorme risultato politico. Il fatto di avere costretto il presidente Obama, che l’anno scorso voleva bombardare Assad, a fornirgli l’Aviazione, ha una influenza pubblicitaria enorme a favore dell’Isis perché Assad è odiato. Per i jihadisti, quindi, adesso l’America scopre le carte: come dicevano loro, è alleata di Assad. E poi, attenzione a dialogare con l’Iran: Teheran è parte del mondo islamico, ma è sciita. E i sunniti odiano gli sciiti, li considerano atei, eretici pericolosi. Per cui, alleandoti con l’Iran, ti porti dietro l’odio di tutto il mondo sunnita, che è esattamente quello che vuole il califfo: unificare i sunniti in un’alleanza mondiale. Tutto questo è l’espressione della confusione della politica Usa».

Ma qual è l’effettiva forza militare e capacità offensiva dell’Isis contro l’Occidente?
«La Cia a un certo punto ha detto che l’Isis aveva 3.000 combattenti, un mese dopo siamo saliti a 40.000. C’è qualcosa che non funziona in questi numeri. Diciamo che il califfo non ha più un gruppo terroristico, ma un esercito regolare: hanno preso carri armati, artiglieria pesante, trasporto truppe - tutti mezzi americani di ultima generazione - che gli Usa avevano fornito agli sciiti che, quando sono scappati, non li hanno distrutti. Al Qaida era un problema di tipo terroristico, quindi di polizia: fa spendere soldi, inceppa l’economia, insinua batteri pericolosi nella società democratica, ma è un problema di polizia. Quest’altro è invece un problema militare: bisogna andare lì con la fanteria e occupare un territorio enorme, ostile per la sua stessa natura e soprattutto prevedere che in realtà questa sfida militare non si limiti a quel luogo, ma che sia già estesa ad altri luoghi: Sael, Libia, Nigeria, Somalia, Repubblica Centrale Africana, Afghanistan. È la teoria guevarista della moltiplicazione dei fuochi rivoluzionari. L’insurrezione globale islamica usa un classico sistema per indebolire il nemico: tanti Vietnam per disperdere le forze dell’avversario, che non ha i mezzi economici per essere ovunque».

Sei il giornalista che salva la categoria rispetto alla ventata internettiana: con internet non c’è più bisogno di andare, di vedere. Tu dici “Sono uno di quelli che vedo e racconto”, ma lavori in un giornale tra i più avanti nell’innovazione: ti senti uno del secolo scorso?
«Per molti aspetti sì. Resto dell’idea che il giornalismo non è una tecnica e tanto meno una tecnologia. Il giornalismo è racconto e il racconto nasce dall’essere in un posto e vedere delle cose, anche una parte minimale della realtà. Ci possono essere tutti gli internet, i satellitari e i marchingegni possibili, ma alla fine resterà quello: il racconto. Questo vale a tutti i livelli, sia che fai l’inviato sia che racconti il quartiere cittadino: il giornalismo sono gli essere umani che incontri nelle tue frequentazioni. Se conosco molto bene uno strumento tecnico, non faccio giornalismo: faccio l’archivista, sono a 10.000 anni luce dall’atto giornalistico. Entro nel giornalismo nel momento in cui io vado in una situazione e la racconto».

Accennavi prima a qualche rappresentazione impropria, non proprio corrispondente al vero, di fatti e realtà in Medio Oriente. Quali sono le maggiori mistificazioni che ti sei trovato a rivedere?
«Rispetto a questo terribile fenomeno, l’incapacità di cogliere il passaggio dalla fase terroristica alla fase militare e politica. Io sono rimasto fermo ad Eraclito e al logos: le cose sono le parole con cui le definisci. Se tu un serpente lo chiami gatto e poi cerchi di accarezzarlo come fai col gatto, quello ti morde e muori. Noi continuiamo a chiamare questo fenomeno nuovo con le parole che usavamo per Al Qaida 15 anni fa: è lì il problema. E poi l’incapacità di rendersi conto della rapidità con cui questi fenomeni si trasformano in realtà. Sono stato liberato a settembre dell’anno scorso: allora non c’era il califfato, l’Isis era un movimentino tra i tanti che c’erano nel Nord della Siria; ora c’è uno Stato, un esercito e una comunicazione islamica. Sì, perché questa è gente che manovra la tecnologia dell’informazione meglio di noi o degli americani. I video che hanno fatto di queste terribili esecuzioni sono girati secondo una scenografia e una regia molto sofisticate. Altro che gente che vive nel Medio Evo! Bisogna stare attenti, non c’è la percezione di questo: se leggi i giornali, trovi le crocefissioni e poi l’intervista all’imam italiano che dice che i jihadisti sono dei sanguinari. Ma quello che è fuori dal mondo è l’imam italiano che, se andasse non a Mosul, ma anche in qualche quartiere del Cairo o di Tunisi, dopo due minuti sarebbe linciato. Questa è la verità».



Una interessante proposta per capire chi è davvero mussulmano non violento
venerdì 5 dicembre 2014
http://cultura-cristiana.blogspot.it/20 ... apire.html

"Secondo voi possiamo fermare o addirittura sconfiggere il terrorismo islamico promuovendo e investendo nel dialogo tra cristiani e musulmani? È possibile che i cosiddetti musulmani "moderati" sottoscrivano non solo la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo delle Nazioni Unite - a cui finora non ha aderito nessuno Stato islamico - ma si spingano fino a prendere le distanze dai versetti del Corano in cui Allah ordina di uccidere gli ebrei, i cristiani, gli infedeli e gli apostati?
Sam Salomon, musulmano convertito al cristianesimo, ha elaborato una "Proposta per una Carta di Intesa dei Musulmani a pro dei Non-Musulmani", estremamente dettagliata sul piano dei contenuti e vincolante sul piano delle responsabilità. Ve la presento lasciando a voi il giudizio. E soprattutto sarà determinante la verifica dell'eventuale adesione dei musulmani.

PREFAZIONE
Il modo europeo occidentale di vedere la religione, raggiunto dopo secoli di spargimenti di sangue, conflitti e divisioni, intende la religione come una questione privata di fede e coscienza. I fondamentalisti islamici non condividono questo punto di vista. Non credono in uno stato nazione, nella democrazia, nell’eguaglianza delle donne o nella tolleranza. Credono nella teocrazia islamica, in una società universale musulmana, la Umma, basata sulle regole politiche in accordo con il Corano e la Sunna.
Questi punti di vista sono semplicemente incompatibili con la democrazia liberale occidentale, e abbiamo visto dove possono portare queste interpretazioni religiose estremiste, basti l'esempio dell'ISIS. L’occidente è stato estremamente lassista nel riconoscere la minaccia posta alla sua sicurezza, libertà, valori e alla compattezza della società da parte del fondamentalismo islamico. Le atrocità commesse ripetutamente dai terroristi sia del passato ed in corso (Boko Haram, ISIS, Al Qaeda e altri) hanno mostrato quanto pericoloso possa essere questo credo.
I fondamentalisti islamici comunque hanno guadagnato molto nella propaganda di guerra convincendo molti non-musulmani che loro sono i veri rappresentanti dell’Islam, mentre altre voci dei musulmani moderati inseguono lo slogan che questi terroristi non lo sono affatto, perfino ribadito per bocca del Presidente Barack Obama, poi dal Primo Ministro Britannico Cameron e, recentemente in Italia, per bocca della Onorevole Laura Boldrini.
La vasta maggioranza dei musulmani - che i cosiddetti “non-musulmani” incontrano nella vita di ogni giorno - sono persone comuni, rispettabili, rispettosi della legge e grandi lavoratori. I governi e le società occidentali devono offrire loro sostegno, e contemporaneamente mantenere una posizione ferma contro l'estremismo islamico.
Un grosso passo verso questo processo è questa “Proposta per una Carta di intesa con i musulmani. La Carta permette ai musulmani di tutte le convinzioni di spiegare chiaramente che rigettano le interpretazioni estremiste dei loro testi religiosi dove si promuove o si giustifica la violenza e si porta l’Islam in conflitto con il mondo moderno. La Carta afferma che vogliono godere le libertà dell’Occidente e vivere da persone che rispettano la legge e che amano la pace. Spero caldamente che questi gruppi che dichiarano di rappresentare i musulmani decideranno di firmare e abbracciare questo documento.

INTRODUZIONE
Se l’islam è una religione di pace, come viene assicurato dalla comunità musulmana e dal suo clero, gli atti di terrorismo commessi in suo nome sono gli atti di pochi individui deviati che hanno frainteso e mal interpretato i suoi insegnamenti; in tal caso l’Islam è del tutto innocente rispetto alla violenza e al terrorismo che ogni tanto gli viene attribuito.
Di conseguenza, da questa premessa, ci si dovrebbe aspettare che alla luce delle attuali minacce terroristiche perpetrate da parte di alcuni nel nome dell’Islam, i fedeli e gli studiosi più autorevoli convochino una conferenza generale dei suoi ulema, gli studiosi piú preparati, per discutere le dichiarazioni presentate in questa Carta. Essi non dovrebbero avere obiezioni a firmare questo documento e a sostenerne il suo contenuto, sia nella lettera che nello spirito, nel nome dell’Islam e per il benessere delle società che li ospitano e, piú in generale, dell’umanità.
Facciamo appello alle organizzazioni che rappresentano la religione islamica come il Consiglio europeo della Fatwa (European Council of Fatwa), Consiglio islamico britannico (Muslim Council of Britain), Al-Aghar, l’Organisation of Islamic Conference, la Lega Mondiale musulmana (Muslim World League) e tutti i suoi affiliati, corpi islamici nazionali e internazionali, per sottoscrivere e firmare questa proposta Carta come esempio per tutti i musulmani europei.
Ci si augura che i leader musulmani siano d’accordo sul fatto che chiunque devii dal percorso di questa Carta venga considerato su un percorso non-islamico e quindi venga considerato come emarginato dalla religione islamica, e quindi un non-musulmano.
Si auspica che almeno tutti i leader musulmani europei e le loro istituzioni, sia nazionali, che europee, firmeranno questa Carta come prima espressione del loro desiderio di vivere in pace con i paesi che li ospitano, come comunità rispettose della legge, amanti e promotori della pace, insieme ai loro vicini non- musulmani.
Qualunque tipo di rimostranza, reale o percepita, dovrà essere affrontata attraverso i canali adatti e non attraverso la violenza e il terrorismo.

Proposta per una Carta di intesa da noi Musulmani a pro dei Non-Musulmani
Preambolo
Noi sottoscritti, come rappresentanti delle comunità musulmane, nella nostra qualità di leader a vari livelli come mufti, ulema, imam, responsabili di comunità, capi di madrasse islamiche, muezzin, e tutti gli altri rilevanti incarichi, inclusi i liberi pensatori e leader delle organizzazioni non governative, così come quelli delle organizzazioni non a scopo di lucro, leader di giovani, leader di donne a tutti i livelli delle istituzioni islamiche, ci impegniamo a sostenere, promuovere diffondere e rispettare nella lettera e nello spirito, gli articoli di questa Carta.
Ci impegniamo all’affidamento e alla promozione di una coesistenza pacifica in tutta Europa nello spirito di una fratellanza estesa a tutta l’umanità, trattando tutti da uguali in accordo con i principi proclamati nella Carta delle Nazioni Unite, dalla Dichiarazione universale dei Diritti umani delle Nazioni Unite (Assemblea Generale risoluzione 217-III del 1948), e dell’Accordo Internazionale sui Diritti Civili e Politici (1966).
Chiunque violi qualunque di questi articoli dichiarati e dettagliati di seguito verrà considerato come una persona estranea alla Casa dell’Islam, verrà denunciato come non- musulmano, e non troverà protezione nella comunità musulmana.

Articolo 1
Rispetteremo tutte le altre religioni non-musulmane in parola e in azioni, emettendo una chiara fatwa a effetto immediato che proibisce:
a) L’uso della forza e della violenza di qualunque tipo contro i seguaci di qualunque religione non-musulmana.
b) Le minacce tramite fatwa religiosa contro le istituzioni, o l'assassinio di individui o gruppi e seguaci di altre religioni che possono essere domiciliati nelle nostre località o in qualunque altro paese, sia esso a maggioranza musulmana o no.
c) L’uso di ogni tipo di forza in qualunque forma per qualunque rimostranza percepita o reale.
d) Proibire l'omicidio o attentato a qualunque civile o istituzione civile in paesi islamici e non-islamici come modo e mezzo di soluzione di qualunque nostra rimostranza.
Articolo 2
Rispetteremo e onoreremo tutte le civiltà, culture e tradizioni di altre nazioni e genti indipendentemente dalla loro origine etnica o religiosa.
Questo verrà raggiunto introducendo un chiaro programma educativo attraverso tutte le istituzioni e le realtà islamiche, così come organizzando speciali incontri per indirizzare i giovani:
a) Promuovendo la fratellanza di tutto il genere umano senza nessuna discriminazione o differenziazione etnica o religiosa.
b) Dichiarando l’eguaglianza di tutti gli uomini e donne e la profanità di nessuno di essi.
c) Promuovendo la validità e la viabilità della legge nazionale alla quale si aderirà in modo completo e che avrà precedenza sulla Sharia.
Articolo 3
Nello spirito del detto, “Non c’é costrizione nella religione” (Sura 2:256), ci impegniamo a sostenere il valore della libertà, e in particolare della libertà di religione e di espressione. I firmatari in calce dichiarano che la religione è una questione di scelta privata e personale. Non è né nel diritto di una comunità, né nel diritto di uno stato dettare o interferire in una personale scelta di fede.
a) Di conseguenza non ci saranno recriminazioni contro qualunque musulmano o non-musulmano che sceglie di cambiare, rifiutare o adottare un’altra fede sia all’interno della Casa dell’islam (House of Islam) di qualunque denominazione, sia di un’altra religione o fede non-islamica.
b) Questo concetto verrà riproposto come aspetto vincolante su tutta l’Europa e offerto per pubblicazione su giornali locali e nazionali in modo da evitare qualunque interpretazione scorretta.
Articolo 4
La base della legittimità degli atti islamici di terrore e della loro perpetuata violenza è l’autorità che ottengono dall’essere approvati dai leader religiosi. Queste dichiarazioni di approvazione sono conosciute come fatwe. Questa situazione è ora in fase di revisione in molte nazioni islamiche.
Coloro che violano questo regolamento sono passibili di severe sanzioni. Anche l’Arabia Saudita ha messo sul tavolo alcune proposte a questo scopo, e altri governi arabi islamici hanno commissionato uno studio riguardo a questo argomento. Gli stati nazionali devono considerare questo tipo di misura come una salvaguardia dalle strumentalizzazioni opportunistiche a danno del Corano e conseguentemente a danno dell’immagine dell’Islam nel mondo.
A seguito di questi articoli, i firmatari di questa Carta condannano e revocano il diritto di emettere qualunque fatwa che provocherebbe violenza contro individui non-musulmani o istituzioni.
a) Qualunque fatwa sarà nulla o annullata.
b) Il diritto di emettere una fatwa verrà limitata a uno specifico organismo, e soltanto " quell'organismo avrà il diritto di emettere fatwe religiose rilevanti.
c) Le fatwe emesse da qualunque altro organismo (sia individuale,sia istituzionale) al di là dell'organismo autorizzato verrà invalidata e non avrà effetto.
d) Nel caso che qualcun altro al di là dello specificato organismo emetta una fatwa, questa verrà considerata illegale e sarà responsabilità delle autorità governative consegnare il/la/i responsabili alla giustizia.
e) I firmatari di questa Carta coopereranno in modo completo con la polizia e le forze di sicurezza nel consegnare alla giustizia il/la/i responsabili, incluse eventuali misure di coercizione, quando risultino opportune.
Articolo 5
In qualità di persone che amano e promuovono la pace in Europa, e credendo unanimemente che l’Islam sia una religione di pace che promuove la cooperazione e la collaborazione di tutte le persone, indipendentemente dalla loro religione o origine, etnia o genere:
a) La nozione e tutti gli insegnamenti della jihad fisica violenta sono da considerarsi non validi, inopportuni e irrilevanti, e quindi inapplicabili.
b) Di conseguenza tutti i versetti della jihad coranica che incoraggiano la violenza fisica, sia implicita o esplicita, o qualunque altra citazione di qualunque fonte islamica, sia della Sunna, sia dei detti del Profeta o degli studiosi più autorevoli, o dei leader della jihad, in qualunque momento o luogo, sono da considerarsi come inapplicabili, non validi e contrari all'islam.
c) Tutti i versetti coranici che potrebbero essere di natura provocatoria,sul piano religioso, etnico o discriminatorio riguardo al genere [maschile/femminile] sono da considerarsi solamente di valore storico e verranno considerati come non efficaci per il mondo di oggi.
d) Questi versetti verranno differiti o sospesi fino a che gli esperti non troveranno una soluzione per la loro interpretazione.
Articolo 6
Basandosi sull’accettazione dell'eguaglianza di tutto il genere umano, della fratellanza di tutti e della libertà e sacralità di ogni vita umana, in base al principio che "chiunque uccida una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità”, tutti gli atti di terrorismo contro soggetti non-musulmani sono proibiti, evitati e fuorilegge.
a) Non è giustificata alcuna missione suicida per nessuna ragione.
b) Nessuna operazione di jihad fisica violenta verrà considerata come sacra.
c) Nessuno che sceglie di morire in tale operazione verrà considerato un martire.
Articolo 7
Insieme combatteremo il terrorismo e faremo tutto quello che è nelle nostre possibilità per sradicarlo dalle nostre istituzioni attraverso:
a) Una piena cooperazione al nostro interno e con tutte le principali autorità, incluse quelle della Polizia e dei servizi di sicurezza.
b) Osservando e monitorando i sermoni delle moschee e altri programmi di insegnamento delle moschee per verificare l'esistenza di (eventuali) messaggi non in accordo con questa Carta.
c) Assicurandoci che vengano proclamate,in tutte le riunioni religiose e le conferenze, la cooperazione dei giovani e l’esistenza pacifica con i non-musulmani e che l’ideologia dell’odio venga sradicata.
d) Riferendo qualunque riunione sospetta o segreta di giovani cellule in qualunque delle nostre istituzioni.
e) Monitorando il web, tutte le pubblicazioni, inclusi i libri, CD, DVD, e tutti gli altri media, che servono alla causa di militanti islamici.
f) Assicurando la trasparenza e il pieno accesso alle autorità per verificare l'applicazione di questa Carta.
Articolo 8
Adotteremo una pacifica relazione con i non-musulmani e promuoveremo la pace:
a) Emettendo regolari fatwe che promuovono la pace e la fratellanza tra i musulmani e i non-musulmani come fondamentale insegnamento dell’Islam.
b) Producendo un chiaro programma che promuove la pace e il perdono tra tutti i gruppi di persone, indipendentemente dalla loro origine religiosa, culturale, linguistica o etnica.
c) Provvedendo a una chiara azione attraverso la promulgazione di leggi per espellere qualunque ufficiale musulmano o personale d’ufficio di qualunque livello che sia implicato o promuova qualunque insegnamento o attività non in accordo con questa Carta.
d) Proibendo qualunque preghiera anti-ebraica o anti-cristiana in qualunque momento, particolarmente in momenti di preghiera e altre riunioni religiose.
CONCLUSIONE:
*I versetti del Corano che le organizzazioni islamiche dovrebbero dichiarare di mero valore storico e oggi inefficaci, proprio per preservarlo e difenderlo da strumentalizzazioni da parte di coloro che si rendono colpevoli di una lettura impropria, distorta, bigotta, letteralista e criminosa per motivi personali e opportunistici e, tutto questo, a danno dei musulmani nel mondo, dei non-musulmani e della pace:
8.65 O Profeta, incita i credenti alla lotta. Venti di voi, pazienti, ne domineranno duecento e cento di voi avranno il sopravvento su mille miscredenti. Ché in verità è gente che nulla comprende.
8. 39 Combatteteli finché non ci sia più politeismo , e la religione sia tutta per Allah. Se poi smettono?ebbene, Allah ben osserva quello che fanno.
4. 47 O voi che avete ricevuto la Scrittura, credete in quello che abbiamo fatto scendere a conferma di ciò che già avevate, prima che cancelliamo i volti e li rivoltiamo completamente e li malediciamo come abbiamo maledetto i violatori del Sabato. La decisione di Allah è sempre eseguita.
4.74 Combattano dunque sul sentiero di Allah, coloro che barattano la vita terrena con l'altra. A chi combatte per la causa di Allah, sia ucciso o vittorioso,daremo presto ricompensa immensa.
4. 76 Coloro che credono combattono per la causa di Allah, mentre i miscredenti combattono per la causa degli idoli. Combattete gli alleati di Satana. Deboli sono le astuzie di Satana.
8.60 Preparate, contro di loro, tutte le forze che potrete [raccogliere] e i cavalli addestrati per terrorizzare il nemico di Allah e il vostro e altri ancora che voi non conoscete, ma che Allah conosce. Tutto quello che spenderete per la causa di Allah vi sarà restituito e non sarete danneggiati.
8. 12 E quando il tuo Signore ispirò agli angeli: « Invero sono con voi: rafforzate coloro che credono. Getterò il terrore nei cuori dei miscredenti: colpiteli tra capo e collo, colpiteli su tutte le falangi!
2. 191 Uccideteli ovunque li incontriate, e scacciateli da dove vi hanno scacciati: la persecuzione è peggiore dell'omicidio. Ma non attaccateli vicino alla Santa Moschea, fino a che essi non vi abbiano aggredito. Se vi assalgono, uccideteli. Questa è la ricompensa dei miscredenti.
9.5 Quando poi siano trascorsi i mesi sacri, uccidete questi associatori ovunque li incontriate, catturateli, assediateli e tendete loro agguati . Se poi si pentono, eseguono l'orazione e pagano la decima , lasciateli andare per la loro strada. Allah è perdonatore, misericordioso.
9.29 Combattete coloro che non credono in Allah e nell'Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo, e siano soggiogati.
5. 33 La ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al Suo Messaggero e che seminano la corruzione sulla terra è che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti o che siano esiliati sulla terra: ecco l'ignominia che li toccherà in questa vita; nell'altra vita avranno castigo immenso. La morte vi coglierà ovunque sarete, foss'anche in torri fortificate".
3.151 Ben presto getteremo lo sgomento nei cuori dei miscredenti, perché hanno associato ad Allah esseri ai quali Egli non ha dato autorità alcuna. Il Fuoco sarà il loro rifugio. Sarà atroce l'asilo degli empi.
5. 51 O voi che credete, non sceglietevi per alleati i giudei e i nazareni, sono alleati gli uni degli altri. E chi li sceglie come alleati è uno di loro . In verità Allah non guida un popolo di ingiusti.
5. 72 Sono certamente miscredenti quelli che dicono: « Allah è il Messia, figlio di Maria! ». Mentre il Messia disse: « O Figli di Israele, adorate Allah, mio Signore e vostro Signore». Quanto a chi attribuisce consimili ad Allah, Allah gli preclude il Paradiso, il suo rifugio sarà il Fuoco. Gli ingiusti non avranno chi li soccorra!
5. 73 Sono certamente miscredenti quelli che dicono: « In verità Allah è il terzo di tre». Mentre non c'è dio all'infuori del Dio Unico!
8.60 Preparate, contro di loro, tutte le forze che potrete [raccogliere] e i cavalli addestrati per terrorizzare il nemico di Allah e il vostro e altri ancora che voi non conoscete, ma che Allah conosce . Tutto quello che spenderete per la causa di Allah vi sarà restituito e non sarete danneggiati.
9.29 Combattete coloro che non credono in Allah e nell'Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo, e siano soggiogati.
*Testo del Corano, estratto dall’Edizione dell’UCOII a cura di Hamza Roberto Piccardo
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IMPEGNO PERSONALE
Io, sottoscrivo, come persona fisica, o come rappresentate ufficiale di un organizzazione, ad accettare di principio, la necessità di ri-esaminare e definire il significato e le applicazioni conseguenti di certi testi islamici e dottrine; e, mentre i contenuti riportati nella presente Carta “Proposta Carta di Intesa con i Musulmani” presuppone la necessità di ulteriori chiarimenti nelle nostre sedi più opportune e quando successivamente protocollate presso le sedi internazionali, fare rendere pubbliche attraverso i media a garanzia del nostro impegno.
Io affermo la mia credenza nel:
1. L’uguaglianza di tutti gli esseri umani davanti a Dio e alla legge.
2. Parità di diritti per le donne, in principio e pratica.
3. Rigettare la pratica della coercizione, intimidazione e violenza nel nome della religione.
4. Garantire libertà di qualsiasi religione e rigettare la pratica della persecuzione per coloro che si convertono da una fede ad un altra.
5. Tollerare tutte le religioni, e i loro aderenti oltre a rigettare tutti gli insegnamenti religiosi volti a discriminare i non-musulmani sulla base delle loro credenze religiose.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Ouropa e Ixlam entel Mexoevo, sciarimenti e ociàde

Messaggioda Berto » mer dic 23, 2015 3:06 pm

Natale 2015: Cristo insieme con Maometto, che orrore!
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 0521202715
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 0018379451
viewtopic.php?f=188&t=2049


Ensemenii contro el Nadal, el prexepio, el croxefegà
viewtopic.php?f=141&t=2022
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Re: Ouropa e Ixlam entel Mexoevo, sciarimenti e ociàde

Messaggioda Berto » mer dic 23, 2015 3:08 pm

Endoe ke riva l'xlam, sel deventa na forte megnoransa el desfa i paexi co ła separasion, ła seçesion etnego rełijoxa, ła goera çevil etnego rełijoxa.
viewtopic.php?f=188&t=1895


Nella storia dove è arrivato l'Islam è poi sempre avvenuta la guerra civile e religiosa.
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 0147022373

Nella storia, ovunque sia arrivato l'Islam e si sia fatto forte minoranza o maggioranza è poi sempre avvenuta la guerra civile e religiosa per imporre la legge islamica o Sharia a cui ha sempre fatto seguito l'islamizzazione forzata violenta e lo sterminio degli altro credenti.
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Re: Ouropa e Ixlam entel Mexoevo, sciarimenti e ociàde

Messaggioda Berto » mer dic 23, 2015 3:10 pm

Musulmani ensemenii ke łi copa sigando Alà lè grande!
viewtopic.php?f=188&t=2043


Martiri della libertà - martiri de la lebertà
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 0995943952
https://www.facebook.com/groups/rasixmo ... 2508744182
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Re: Ouropa e Ixlam entel Mexoevo, sciarimenti e ociàde

Messaggioda Berto » mer dic 23, 2015 3:11 pm

Denounça ognoła o d'anseme del nasi-rasixmo xlamego

Denounça ognoła o d'anseme de ła dotrina połedego rełijoxa xlamega
viewtopic.php?f=188&t=2042

Per una denuncia singola e collettiva:

Io o Noi diversamente religiosi o altro credenti e non credenti non siamo miscredenti, non siamo infedeli, non siamo sviati dalla retta via e nemmeno incorsi nell'ira Dio, noi siamo soltanto diversamente religiosi, altro credenti e non credenti, ebrei, cristiani, indù, yazidi, atei, aidoli, ... e questi appellativi che i mussulmani ci danno finanche nelle loro preghiere quotidiane, per noi sono un insulto e un'offesa e un chiaro segno di discriminazione e fonte di odio religioso, perciò chiediamo agli organi e alle autorità politico-giudiziarie competenti, italiane ed europee, di valutare se esistono gli estremi della violazione o di incitazione alla violazione dei Diritti Umani Universali, delle leggi europee, della costituzione italiana, del codice penale e della Legge Mancino da parte dei credenti, dei praticanti e del clero della "religione" islamica o dottrina politico-religiosa islamica e se il caso di metterla al bando come il nazismo.
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Re: Ouropa e Ixlam entel Mexoevo, sciarimenti e ociàde

Messaggioda Berto » dom mar 06, 2016 7:29 pm

???

Il Papa e i pesci rosa - Incontro con un gruppo del cristianesimo sociale francese
di Jean-Pierre Denis
03 marzo 2016

http://www.osservatoreromano.va/it/news ... pesci-rosa

Dove va la Francia? Dove va l’Europa? Come rispondere alla crisi spirituale che il nostro Paese e il nostro continente attraversano? Come formulare una critica alla modernità che non sia reazionaria? Non ci si stupirà dunque se lo scambio verterà ampiamente sulla politica, nel senso lato del termine, includendo la sua dimensione spirituale. Ma al di là dei discorsi tenuti e dei temi affrontati, è lo stile a colpire. La semplicità evangelica, il contatto immediato, l’attenzione intensa. La disponibilità. L’uomo d’intuito non viene schiacciato dal peso dell’istituzione, cosa che sconvolge tanto i puristi attaccati a un papato gerarchico o dogmatico. All’inizio e alla fine del colloquio, non c’è una mano che non si sia stretta con attenzione, un volto che non si sia stato guardato. Davvero. Senza stancarsi. Il Papa stesso a un certo punto si alzerà per andare a cercare dell’acqua. Non per lui, ma per Carmen, la giovane traduttrice che ha fatto sedere al suo fianco, di fatto una militante di Esprit Civique. Ovvero come distinguere un maestro spirituale da una celebrità.

«Emmanuel Lévinas fonda la sua filosofia sull’incontro con l’altro» riassume Francesco. «L’altro ha un volto. Occorre uscire da se stessi per contemplarlo». L’avventura delle caravelle avrebbe dunque qualcosa di metafisico? «Da Magellano in poi, si è imparato a guardare il mondo a partire dal sud. Ecco perché il mondo si vede meglio dalla periferia che dal centro e io capisco meglio la mia fede a partire dalla periferia: ma la periferia può essere umana, legata alla povertà, alla salute, o a un sentimento di periferia esistenziale». Si capisce così l’importanza che questa tematica ha assunto nella predicazione di Francesco.

Da qui una riflessione su ciò che gli ispanici e gli anglofoni chiamano “globalizzazione” e noi “mondializzazione”. «C’è qualcosa che mi preoccupa», dice il Papa. «Certo, la globalizzazione ci unisce e ha dunque aspetti positivi. Ma credo che ci siano una globalizzazione buona e una meno buona. La meno buona può essere rappresentata da una sfera: ogni persona si trova a eguale distanza dal centro. Questo primo schema distacca l’uomo da se stesso, lo uniformizza e alla fine gli impedisce di esprimersi liberamente. La globalizzazione migliore sarebbe piuttosto un poliedro. Tutti sono uniti, ma ogni popolo, ogni nazione, conserva la sua identità, la sua cultura, la sua ricchezza. La posta in gioco per me è questa globalizzazione buona, che ci permette di conservare ciò che ci definisce. Questa seconda visione della globalizzazione permette di unire gli uomini pur conservando la loro singolarità, il che favorisce il dialogo, la comprensione reciproca. Affinché ci sia dialogo, c’è una condizione sine qua non: partire dalla propria identità. Se non sono chiaro con me stesso, se non conosco la mia identità religiosa, culturale, filosofica, non posso rivolgermi all’altro. Non c’è dialogo senza appartenenza».

«L’unico continente che può apportare una certa unità al mondo è l’Europa», aggiunge il Papa. «La Cina ha forse una cultura più antica, più profonda. Ma solo l’Europa ha una vocazione di universalità e di servizio». Francesco ritorna allora sul tema del suo discorso di Strasburgo, del 25 novembre 2014, quando ha paragonato l’Europa a una nonna un po’ stanca. «Ma ecco la madre è diventata nonna» sorridecon un filo di ironia. Penso ai racconti biblici, alla vecchia Sara che ride quando viene a sapere che rimarrà incinta. La domanda può sembrare strana, ma non riesco a non farla. È troppo tardi? La nonna può ridiventare una giovane madre? «Un capo di Stato mi ha già posto questa domanda» mi risponde il Papa. «Sì, può. Ma ad alcune condizioni. La Spagna e l’Italia hanno un tasso di natalità vicino allo zero. La Francia se la cava meglio, perché ha costruito una politica familiare che favorisce la natalità. Essere madre significa avere dei figli». Ma il rinnovamento non può essere solo quantitativo. «Se l’Europa vuole ringiovanire, deve ritrovare le proprie radici culturali. Tra tutti i Paesi occidentali, l’Europa ha le radici più forti e più profonde. Attraverso la colonizzazione, queste radici hanno raggiunto persino il nuovo mondo. Ma dimenticando la propria storia, l’Europa s’indebolisce. È allora che rischia di divenire un luogo vuoto».

L’Europa è diventato un luogo vuoto?
La frase è forte. Centra l’obiettivo e fa male. Ed è anche angosciante. Perché nella storia delle civiltà il vuoto chiama sempre il pieno. E allora il Papa fa un’analisi clinica. «Possiamo parlare oggi di un’invasione araba.
È un fatto sociale» afferma con distacco, come se osservasse che il tempo è freddo. Ma aggiunge subito — e i teorici della “grande sostituzione”, cara all’estrema destra, resterebbero allora delusi — «quante invasioni ha conosciuto l’Europa nel corso della sua storia! Ma ha sempre saputo superare se stessa, andare avanti per ritrovarsi poi come accresciuta dallo scambio tra le culture». Quale uomo di Stato porterà un simile rinnovamento? «A volte mi domando dove troverete uno Schumann o un Adenauer, questi grandi fondatori dell’Unione europea» sospira il Papa. E continua a parlare della crisi in Europa, minata dagli egoismi nazionali, dai piccoli mercanteggiamenti e dai giochi poco lungimiranti. «Si confonde la politica con soluzioni di circostanza. Certo, occorre sedersi al tavolo dei negoziati, ma solo se si è consapevoli che bisogna perdere qualcosa perché tutti ci guadagnino».

«La vostra laicità è incompleta... Occorre una laicità sana».
Restaurare la grande Europa, reinventare la Francia. «Siamo venuti per parlarvi del nostro Paese» afferma Philippe de Roux [fondatore dei Poissons roses]. «La Francia ha bisogno di essere scossa... Quale messaggio desidera trasmetterle?». Il Papa sorride, con tono scherzoso: «Nel mondo ispanico si dice che la Francia è la primogenita della Chiesa, ma non per forza la figlia più fedele». Ma, pur affermando di doverle molto sul piano spirituale, il Papa ammette di conoscere male la realtà del nostro Paese. «Sono stato solo tre volte in Francia, a Parigi, per riunioni con i gesuiti, quando ero provinciale. Non conosco dunque il vostro Paese. Direi che esercita un certo fascino, ma non so esattamente in che senso... In ogni caso, la Francia ha una fortissima vocazione umanistica. È la Francia di Emmanuel Mounier, di Emmanuel Lévinas o di Paul Ricoeur». Un cattolico, un ebreo, un protestante!

«Da un punto di vista cristiano, la Francia ha dato i natali a numerosi santi, uomini e donne di finissima spiritualità. Soprattutto tra i gesuiti, dove accanto alla scuola spagnola, si è sviluppata una scuola francese, che io ho sempre preferito. La corrente francese comincia molto presto, fin dalle origini, con Pierre Favre. Ho seguito questa corrente, quella di padre Louis Lallemant. La mia spiritualità è francese. Il mio sangue è piemontese, è forse questa la ragione di una certa vicinanza. Nella mia riflessione teologica mi sono sempre nutrito di Henri de Lubac e di Michel de Certeau. Per me, de Certeau resta a tutt’oggi il più grande teologo».

E su un piano politico? «La Francia è riuscita a instaurare nella democrazia il concetto di laicità. È una cosa sana. Oggi uno Stato deve essere laico. La vostra laicità è incompleta. La Francia deve diventare un Paese più laico. Occorre una laicità sana [saine]». Una laicità santa [sainte], riprende garbatamente la nostra interprete, Carmen Bouley de Santiago. In poche parole, si capisce che la “sana laicità” di cui parla il Papa si oppone comunque un po’ a quella santa laicità che è divenuta la nostra religione civile. È una laicità inclusiva, che lascia spazio al senso, allo spirituale, all’espressione delle convinzioni.
«Una laicità sana include un’apertura a tutte le forme di trascendenza, secondo le differenti tradizioni religiose e filosofiche. D’altro canto anche un laico può avere un’interiorità» aggiunge il Papa, accompagnando la parola con un gesto della mano che parte dal cuore. «Perché la ricerca della trascendenza non è solo un fatto [hecho], ma un diritto [derecho]». Gioco di parole molto spagnolo tra hecho e derecho che si applica perfettamente a una laicità troppo francese, che prende in considerazione il “fatto religioso”, pur volendo negare alla religione il diritto di cittadinanza rinchiudendola nella sfera privata. «Una critica che faccio alla Francia è che la laicità risulta talvolta troppo legata alla filosofia dell’illuminismo, per il quale le religioni erano una sottocultura. La Francia non è ancora riuscita a superare questo retaggio». Discorsi che non mancheranno di preoccupare coloro per i quali l’illuminismo deve restare un indispensabile punto di riferimento della Repubblica, posta al di sopra di ogni sospetto, persino della filosofia del sospetto. Ma che fanno anche reagire Jérôme Vignon [presidente delle Settimane sociali di Francia], il quale considera il quadro della laicità alla francese un po’ troppo nero e non vuole che a Roma si creda che la Chiesa è schiacciata o si schiaccia. «La sua analisi è un po’ dura, Santo Padre. In Francia si sta svolgendo un vero dibattito sulla laicità e il clero difende la visione della laicità da lei evocata». «Tanto meglio!», esclama Francesco, con aria sinceramente allegra.

Il fondo della critica rimane ed è incisivo. Una laicità troppo rigida crea un vuoto che altre forze colmano. «Quando un Paese si chiude a una concezione sana della politica finisce per essere prigioniero, ostaggio di colonizzazioni ideologiche. Le ideologie sono il veleno della politica. Si ha il diritto di essere di destra o di sinistra. Ma l’ideologia toglie la libertà. Già Platone solleva la questione in Gorgia quando parla dei sofisti, gli ideologi dell’epoca. Diceva che erano per la politica come i cosmetici per la salute. Gli ideologi mi fanno paura». In un contesto caratterizzato dall’aumento dei populismi, sul quale lo interroga in particolare il deputato Dominique Potier [presidente e cofondatore del laboratorio di idee Esprit Civique], il Papa fa riferimento a un’altra pratica della politica, fondata sulla ricerca del consenso, il senso delle responsabilità, il superamento dei divari. «Se si vuole evitare che tutti vadano verso gli estremi, occorre nutrire l’amicizia e la ricerca del bene comune, al di là delle appartenenze politiche».

«Il mio avversario è la finanza» diceva Hollande. Ma che i Poissons roses mi perdonino, questa volta è per davvero. «L’ideologia e l’idolatria del denaro» sono i due grandi mali siamesi che il Papa denuncia, collegando in modo molto originale i due concetti, per non dire due strutture di peccato, in apparenza molto distanti. «Gli avversari di oggi sono il narcisismo consumistico e tutte le parole che finiscono in “ismo”» insiste. «Ci siamo rinchiusi in una dipendenza più forte di quella provocata dalle droghe, accantonando l’uomo e la donna per sostituirli con l’idolo del denaro. È la cultura del rifiuto». Si potrebbe tradurre anche con esclusione. El descarte dice in spagnolo questo Papa, che spesso parla di “cultura dello scarto”, a proposito del modo in cui vengono trattati i più deboli, le persone anziane. «Un ambasciatore venuto da un Paese non cristiano mi ha detto: ci siamo smarriti nell’ideologia del denaro. Ecco il nemico: la dipendenza dal vitello d’oro. Quando leggo che il venti per cento dei più ricchi possiede l’ottanta per cento delle ricchezze, non è normale. Il culto del denaro è sempre esistito, ma oggi questa idolatria è diventata il centro del sistema mondiale». Davanti a questo areopago di cristiani sociali, il Papa si lancia quindi in un inaspettato elogio di Christine Lagarde, a capo del Fondo monetario internazionale (Fmi). «Una donna intelligente. Sostiene che il denaro deve essere al servizio dell’umanità e non il contrario». Per il Papa, che dice di non avere la fobia del denaro, la posta in gioco consiste nel «collegare la finanza e il denaro a una spiritualità del bene comune».

Per il Papa il rinnovamento del cristianesimo passa, come si sa, per la misericordia. «In latino è il cuore che si china davanti alla miseria. Ma se si segue l’etimologia ebraica, non è più solo il cuore a essere toccato, ma anche le viscere, il ventre materno, quella capacità di sentire in modo materno, dall’utero. In entrambi i casi si tratta di uscire da se stessi». Decentrarsi, andare verso, rischiare il dialogo. Il tema ricorrente della conversazione è quello del pontificato. La misericordia, d’altronde, per il Papa venuto dal Sud, è l’altro nome dell’umanesimo. «Mettiamo da parte la dimensione religiosa» osa dire Francesco. «La misericordia è la capacità di commuoverci, di provare empatia. Consiste anche, dinanzi a tutte le catastrofi, nel sentirsene responsabili. Nel dirsi che bisogna agire. Non riguarda quindi soltanto i cristiani, ma tutti gli esseri umani. È un appello all’umanità».

La delegazione comprende una intellettuale musulmana, Karima Berger. La nuova presidente dell’associazione degli scrittori credenti di lingua francese, che lei stessa ha ribattezzato Écriture et Spiritualités, è molto soddisfatta. L’impatto del tema della misericordia, di fatto, va al di là del mondo cristiano. Nell’islam Dio viene definito misericordioso, osserva. Il Papa coglie la palla al balzo. È rimasto visibilmente colpito dal suo recente viaggio nella Repubblica Centrafricana. «Lavoriamo molto al dialogo tra cristiani e musulmani. In Centrafrica c’era armonia. D’altronde è un gruppo che del resto non è musulmano ma che ha cominciato la guerra. La presidente di transizione, cattolica praticante, era amata e rispettata dai musulmani. Sono andato nella moschea. Ho chiesto all’imam se potevo pregare. Mi sono tolto le scarpe e sono andato a pregare. Ogni religione ha i suoi estremisti. Le degenerazioni ideologiche della religione sono all’origine della guerra». Francesco ci annuncia quindi che sta preparando un importante incontro con la più alta istituzione del mondo sunnita, l’università di Al Azhar, al Cairo, che ha avuto relazioni tese con il Vaticano in particolare ai tempi di Benedetto XVI. «Bisogna dialogare, dialogare ancora» conclude, riprendendo l’imperativo categorico che aveva formulato a proposito della globalizzazione e che è forse il segreto della sua pedagogia, della sua singolarità e della sua popolarità. Il tempo di consegnargli una copia di «La Vie» e purtroppo il nostro dialogo si conclude. Ma tutto è chiaro. Il Papa informale sa bene dove vuole portare la Chiesa: fuori dalle mura, al rischio dell’incontro.




Papa Francesco: "È in atto un'invasione araba dell'Europa, ma non è per forza un male"
Ivan Francese - Gio, 03/03/2016

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 31806.html

Parole che non stonerebbero in bocca a Innocenzo XI, pontefice della metà del Seicento; ma che lasciano basiti quando scopriamo che a pronunciarle è stato Papa Francesco, in una recente intervista al periodico cattolico francese Vie.

Il Santo Padre ha ammesso senza timore che il Vecchio Continente è di fronte a "un'invasione", ma ha specificato subito dopo che egli non giudica negativamente il fenomeno. "Si può parlare oggi di invasione araba. È un fatto sociale - ha spiegato Francesco - uante invasioni l’Europa ha conosciuto nel corso della sua storia! E ha saputo sempre superarsi e andare avanti per trovarsi infine come ingrandita dallo scambio tra le culture."

Una conferma dell'ispirazione cosmopolita che sembra animare questo pontificato e che non piace troppo alle frange più conservatrici della galassia cattolica. Tuttavia, anche di fronte a chi è critico nei confronti dell'immigrazione incontrollata il Papa insiste nelle sue esortazioni evangeliche: "Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso... Pensate ai tanti profughi che sbarcano in Europa e non sanno dove andare!". Il Pontefice si rivolge poi agli euroscettici, domandandosi "dove si possa trovare uno Schumann o un Adenauer" dell'Europa moderna. Quindi il richiamo alla memoria: "Talvolta mi domando dove si possano trovare uno Schumann, un Adenauer, questi grandi fondatori dell’Europa moderna".

Dure, infine, le parole che il Santo Padre ha riservato alla Francia: "Una critica che faccio alla Francia è che la laicità risulta talvolta troppo dalla filosofia dei Lumi, per la quale le religioni erano una sottocultura. La Francia non è ancora riuscita a superare questa eredità. La Francia deve diventare uno Stato più laico, con un’apertura a tutte le forme di trascendenza, secondo le differenti tradizioni religiose e filosofiche."


A digo mi:
Credo che Francesco sia un Papa molto ignorante, perché non sa che gli arabi e gli islamici che nel passato hanno invaso la Spagna, poi l'Italia meridionale, Malta, Grecia e Macedonia e che si sono spinti sino a Vienna sono stati poi cacciati dalle terre europee prima conquistate; dove hanno resistito è stato soltanto in Bosnia, Albania, Kossovo e Cipro, alimentanto secoli di conflitti e di guerre civili che durano tutt'ora. Caro Papa Francesco mi pare che tu abbia tanto poco rispetto per noi autoctoni e indigeni europei; per me oltre che ignorante sei un irresponsabile. Francesco aggiornati pure sulla differenza tra arabi e islamici o mussulmani. Eppoi Francesco dicci cosa c'è di trascendente nella violenza islamica (o dottrina politico-religiosa mussulmana): forse il pregare 5 volte al giorno inneggiando alla grandezza di Allah (il più grande degli idoli) e contro i cristiani e gli ebrei e nel ramadam e nel viaggio alla Mecca e nel velo/burka e nella violenza della sharia?
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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