Liguri

Liguri

Messaggioda Berto » ven mar 28, 2014 8:03 am

Liguri
viewtopic.php?f=134&t=735

https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... 5CdlU/edit
Immagine


???

https://it.wikipedia.org/wiki/Liguri

I Liguri (in greco Λίγυες, ovvero Ligues e in latino Ligures) erano un antica popolazione, che ha dato il suo nome all'odierna regione della Liguria e al Mar Ligure che la bagna.

In epoca preromana, i Liguri occupavano l'attuale Liguria, l'area apuana e il Piemonte a sud del Po. È però opinione comune che, prima del 2000 a.C., i Liguri occupassero un'area molto più vasta, comprendente il nord Italia occidentale, la Francia meridionale, presumibilmente fino al Golfo di Biscaglia poiché risultano strettamente connessi ai Liguri gli antenati degli attuali Baschi, e in generale tutta la fascia costiera mediterranea posta tra le foci del Rodano e quelle dell'Arno. Successivamente, al sopraggiungere di nuove ondate migratorie (Italici, Venetici e Celti), si ritirarono fino ad essere ristretti nei loro confini storici. Come si sia in pratica arrivati a questo "ritiro" è ancora oggetto di dibattito; le ipotesi variano dalla pacifica fusione dei popoli, ad un ritiro volontario, alla guerra con successiva pulizia etnica.

È interessante segnalare che alcuni studiosi, sottolineando similitudini vascolari (Cultura di Polada, Euganei), linguistiche, genetiche e di siti (castellieri), hanno ipotizzato che i Liguri fossero tra gli ultimi rappresentanti di un'antica cultura neolitica che, nel II millennio a.C., era diffusa in tutta la costa mediterranea occidentale, dalla foce dell'Ebro all'Istria, Corsica e parte della Sardegna (Gallura) compresi. Infine, alcuni autori antichi (Virgilio, Sesto Pomponio Festo) hanno riportato delle antiche tradizioni latine, secondo le quali i liguri anticamente avevano colonizzato le coste tirreniche dell'Italia centrale, per poi esserne cacciati da altri popoli.

Secondo una visione invasionista tradizionale, i Liguri sarebbero stati in origine un antichissimo popolo pre-indoeuropeo (???). Secondo una visione più continuista, rappresenterebbero il ramo più settentrionale di un antico strato indoeuropeo (???) diffuso nel II millennio a.C. in tutta l'area tirrenica, fino all'Italia Meridionale e alla Sicilia.

...
La fonte più antica che cita i Liguri è rappresentata da una discussa versione di un frammento di Esiodo (fine VIII-inizi VII secolo a.C.), riportato da Strabone che cita i Liguri (Libuas o i Libi?) insieme agli Etiopi e agli Sciti come i più antichi abitanti dell'Occidente: “Etiopi, Liguri e Sciti allevatori di cavalli”, Esiodo considera i Liguri la principale Nazione dell'Occidente, descrive i tre grandi popoli che definisce barbari, che controllavano il mondo allora conosciuto, gli Sciti ad Oriente, gli Aetiopi nell'Africa, i Liguri ad Occidente. Sempre Esiodo redige il racconto mitico della caduta di Fetonte, presso l'Eridano (spesso individuato nel Po), dove venne pianto dal Re dei Liguri Cicno.
Ecateo di Mileto conferma la presenza dei Liguri dal sud della Spagna sino alla Toscana nel VI sec. a.C.
Eschilo nel V sec. a.C., conferma la presenza dei Liguri in Francia in epoca antecedente la fondazione di Marsiglia nel VI sec. a.C.



https://it.wikipedia.org/wiki/Liguria

Sull'origine del termine "Liguria" ci sono due principali ipotesi:

I greci chiamavano i Liguri lígyes ("Λίγυες"), da cui il latino Ligures, derivato da lígys ("Λίγυς") dal significato di "stridolo", "risonante", probabilmente in riferimento alle grida che i Liguri erano soliti emettere prima di combattere oppure al forte rumore delle onde che sbattevano sugli scogli durante le tempeste.
Secondo un'altra ipotesi il nome "Liguri" deriva dalla radice mediterranea *liga- dal significato di "melma", "fango", "palude". Secondo questa ipotesi, in origine i Liguri, stanziati nei pressi dell'attuale città di Marsiglia, a causa delle invasioni dei celti dovettero migrare più ad est, nei territori protetti dalle Alpi. Proprio qui avrebbero fondato una città, che durante il Medioevo verrà chiamata Prata Liguriae e poi Liviera, in stretto contatto con la cultura greca, dalla quale permeò il nome.
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Re: Liguri

Messaggioda Berto » ven feb 05, 2016 10:17 pm

Alba gu bra

di Flavio Grisolia, da:

http://www.laliberacompagnia.org/_files ... /qp_16.pdf

Chi tra coloro e sono molti, che andati a vedere il film “Braveheart”, spinti dal fascino del personaggio, in lotta come noi per la liberazione del suo popolo, non ricordano l’urlo di guerra, al termine di un indimenticabile discorso, lanciato dall’eroe scozzese? “Alba gu bra!” Gridava Wallace-Mel Gibson in Gaelico, a cui facevano eco le schiere d’armati, pronte a lanciarsi nella mischia.

Alba, l’antico nome della Scozia, precedente all’arrivo in quelle terre dei Gaeli d’Irlanda e dei Vichinghi di Norvegia.
Nome quindi da riferirsi con ogni probabilità ai Pitti, così definiti per l’uso di dipingersi il volto in combattimento, popolo contro il quale si infransero vanamente le legioni romane e che Tacito nella “Vita di Giulio Agricola”, definisce anche Caledones, o Britanni, detti altrimenti Pritanni o Preteni.
La citazione più antica in merito, ci viene però da Plinio, che attribuisce il termine Albion all’intera Gran Bretagna.

La mia curiosità comunque su questo nome, non nasce col film, che in ogni caso mi facilita l’introduzione dell’argomento, bensì dal mio essere Ligure e Padano e quindi abbastanza aduso al termine Alba, che sul nostro territorio ha senz’altro dei rifermenti storici e toponomastici molto importanti.
Gli scrittori dell’antichità ci riportano infatti diverse città liguri con tale nome, cominciando da Strabone che nomina Albingaunon (Albenga) e Albion Intemelion (Ventimiglia), definendole come gli insediamenti a mare (epoikiai) degli Ingauni e degli Intemeli, anche Plinio nomina le due città, sotto la forma però di Album Ingaunum e Albintimilium, quest’ultima alla stessa maniera di Tacito, mentre Mela ci fa pervenire Albingaunum per Albenga.
Ancora Plinio riporta il nome di Alba Pompeia (Alba) e altre due città dell’antichità: Alba Heluorum, oggi Aps in Provenza e Alba, l’attuale Arjona in Spagna, hanno questo nome.
La discordanza tra le desinenze, può forse essere giustificata dall’interpretazione greca di termini liguri non riproducibili foneticamente e dalla seguente latinizzazione direttamente dal Greco; è difficile infatti spiegare come possano i nomi etnici Ingauni e Intemeli, dare al genitivo Ingaunum e Intimilium, invece di Ingaunorum
e Intemeliorum
, come ad esempio riporta correttamente in un suo passo Livio. Tutto ciò ci spinge ad affermare, che ci troviamo di fronte a toponimi, sicuramente preromani, che traggono origine da una base *albo- o *albio- o *alba, senza che si possa approfondire maggiormente la sua forma originaria.

L’alternanza tra Albion e Alba, vista in precedenza per indicare la Gran Bretagna e poi la Scozia, perfettamente identica a quella presente in Liguria, potrebbe però essere il tentativo di latinizzare il Ligure, riportando nella forma neutra della II declinazione, -um (nominativo singolare), -a (nominativo plurale), un originario *-ion, *-a, anche se non è affatto da escludere che gli scrittori latini, abbiano mediato tale nome direttamente dal Greco.

Ancora su Alba, va ricordato che il primo re scozzese Kenneth I Mc Alpin (figlio di Alpin), incoronato ell’843, ha in ogni caso un nome derivante da Alba/Albion, così come già riporta Strabone, allorquando annota che Albion equivale ad Alpeion, (da ricordare l'idronimo veneto Alpone nel veronese) da cui se ne deduce che anche le Alpi traggono da qui la loro denominazione.


In termini linguistici si potrà dire che da una occlusiva sonora (b), si è passati ad una sorda (p), secondo una tendenza che è già manifestata nell’antichità dai Sabini, che dicevano “Alpum” per “Album”. Qualcosa di simile è riscontrabile nella parola “Pen”, presente nel Gallese col significato di capo, testa e nell’antico Ligure con una divinità, quella delle vette (monti Appennini, monte Penna, ecc.), con chiare similitudini quindi col termine gallese e con altrettanto evidenti relazioni con concetti di virilità e fertilità maschile e “Ben”, che in Scozia contraddistingue tutta una serie di monti, probabilmente sacralizzati dai Pitti/Caledoni.

L’evidenza del collegamento, potrebbe venirci dal fatto che nel nord dell’Inghilterra esistono i monti Pennini, con un nome cioé, che non può non rifarsi in qualche modo alla divinità ligure (alla toponomastica ligure e d'area italico-padana).
La variante fonetica sarebbe perciò partita nell’Europa del sud-est, o comunque nella sua parte orientale, per diffondersi poi nell’area nordoccidentale, fermandosi però ai confini scozzesi, allo stesso modo delle legioni romane.
Esiste quindi o se non altro è ipotizzabile un rapporto tra i Liguri dell’antichità e le contemporanee popolazioni della Gran Bretagna? Certamente sì, ma non su comunanze celtiche, come qualcuno potrebbe pensare. (in proposito vedasi la Teoria della Continuità dal Paleolitico del glottologo Mario Alinei).

L’arrivo degli Scoti dall’Irlanda, popolazione parlante l’antico gaelico, lingua d’origine celtica, non può in ogni caso essere anteriore al V secolo e solo la loro vittoria sui Pitti/Caledoni e i Vichinghi delle Higlands, fece sì che trascorsi alcuni secoli, la loro lingua venisse parlata dalla totalità degli abitanti del regno. A conferma di ciò, restano le incisioni ogamiche, in una lingua non indoeuropea, che gli studiosi attribuiscono ai Pitti e che pare fu parlata nella Scozia orientale, almeno sino all’XI° secolo e forse oltre, per poi sparire, sostituita come detto dal Gaelico.

A tal proposito sono di grande interesse, i lavori di due studiosi: Henri Guiter e Krutwig-Sagredo, che analizzando la trentina di frasi in ogamico, riferibili ai Pitti, tuttora rinvenute, ipotizzano un collegamento linguistico col Basco, sulla base di somiglianze che non possono certo essere casuali.
Tutto ciò confermerebbe in sostanza, quanto nell’antichità scrisse Tacito, sempre nella “Vita di Giulio Agricola”, allorquando afferma che i Siluri di Britannia, provenivano dall’Iberia e d’altra parte sappiamo benissimo, che la stessa tradizione irlandese, narra di frequenti contatti con questa regione.
Il rapporto con gli antichi Liguri è dato soprattutto dalla parola “Belaskuanuk”, che oltre a essere praticamente identica all’antico nome basco Belasko, cioè corvo, basato su una radice “bel”, che significa nero, scuro, mostra in maniera inconfondibile, il più noto dei suffissi liguri: -asco/a.
In aggiunta a ciò, vi sono nomi propri, suffissi e temi verbali, che oltre che con l’antico Ligure, trovano riscontri in antiche lingue pre-latine e che con quest’ultimo, avevano diversi punti di contatto, come l’Etrusco e il Retico.
Toponimi galiziani come Alba, Alban, Albeiros, completano il quadro, tantè che giustamente lo Schulten vede in essi un origine ligure e li associa all’Albion britannica, allo stesso modo di come Schmidt e Bosch Gimpera, considerano siderano la penisola Iberica il centro d’irradiazione di un’antica cultura neolitica, che durante l’Età del Rame, raggiunse la Gran Bretagna, caratterizzandosi per la presenza del vaso campaniforme
e di particolari pratiche religiose e che essi attribuiscono ai Liguri.

D’altra parte una parentela tra Liguri, Baschi e le altre popolazioni della penisola Iberica, è gia indicata nell’antichità da Erodoto (circa 485 ÷ circa 425 a.C.) ed è stata poi ripresa nel secolo scorso da diversi studiosi, tra cui Luigi Schiapparelli (Le Stirpi Ibero-Liguri. Torino, 1880), si veda inoltre quanto riporta lo scrivente ne: “L’Origine delle Identità Padane”, su:” Quaderni Padani n. 10”.

Ancora Henri Guiter, propone un affascinante parallelo tra il nome pittico Eneko, riportato dalle scritture ogamiche e formato con l’aggiunta del suffisso genitivo -ko sul nome Ene, il nome del capo dei Caledoni Angus, altrimenti scritto Aengus, Onegus, Enegus e il fondatore del regno di Navarra, anch’egli Angus. A rafforzare tali paralleli, vi è il fatto che il condottiero pitto e quello basco, affrontano la battaglia decisiva, rispetivamente contro gli Angli e contro i Castigliano-Asturiani, nello stesso giorno di S. Andrea.

La leggenda inoltre narra che nell’819, prima dello scontro, nei pressi di Edimburgo, apparve nel cielo una croce di S.Andrea, a cui il capo caledone si era rivolto in preghiera la notte precedente: emblema che da allora campeggerà sulle loro insegne ed è tutt’oggi presente nella bandiera scozzese.
Il riscontro attuale di Eneko sarebbe McInnes, cioè figlio di Innes, che in Gaelico si scrive Aonghais, rivelando quindi evidenti riscontri con Angus, molto più espliciti nella pronuncia attuale, pronuncia che all’epoca doveva probabilmente essere unica, tenendo inoltre presente che Pittico, Gaelico e Inglese, hanno grafie completamente diverse.

Ancora per restare in tema, Krutwig-Sagredo, fa discendere il nome di uno dei più importanti clan scozzesi, se non il più importante, quello dei Campbell, nemico accerrimo degli Higlanders d’origine scandinava, da Gan-bel, che in Basco significa “Montagna Nera”, il che coincide col fatto che questo clan occupa i territori attorno a Black Mount, vale a dire la stessa cosa detta in Inglese.

A questo proposito giova ricordare che clan in Etrusco significa figlio e che infatti i clan scozzesi, erano costituiti dai discendenti di un unico capostipite, non erano quindi altro che “Confraternite”, cioè quella che era l’espressione associativa socio-sacrale, che fin dai tempi più remoti, ha costituito l’ossatura principale delle comunità liguri e che in forme in parte alterate, è comunque giunta sino a noi, come appunto i clan scozzesi.
È evidente che con ciò, si vuole affermare che questa parola, appartiene all’antico sostrato ligure e che risulta quindi un prestito di questa lingua all’Etrusco, così come tutti quei termini, che sono comuni a lingue apparentemente distanti tra loro, come il Leponzio, il Retico, il Venetico, il Gallico e lo stesso Etrusco, ma che potrebbero interessare anche lingue molto più lontane, come ad esempio il Lituano, l’Iberico, il Germanico e appunto il Pittico.

Un’ulteriore esistenza di un’origine ligure delle antiche popolazioni della Gran Bretagna, ci viene dall’analisi dei nomi delle tribù ivi esistenti, ai tempi di Giulio Cesare, nomi come: Atrebates, Brigantes, Catavellauni, indicano un evidente origine ligure (vedi: Nino Lamboglia, La Liguria Antica. Milano: Garzanti, 1941 - Emilio Sereni, Comunità Rurali nell’Italia Antica.
Roma: “L’Erma” di Bretschneider, 1971 - Flavio Grisolia, L’Origine delle Identità Padane, Milano: Quaderni Padani n. 10, 1997) e sono posizionabili temporalmente, tra dell’Età del Bronzo Finale e l’Età del Ferro, quindi collegabili con ogni probabilità ai flussi dei “Campi d’Urne”, che ebbero ancora una volta protagoniste popolazioni liguri e che interessarono l’attuale Inghilterra.
Dei Siluri abbiamo già detto e il loro arrivo in Gran Bretagna, è forse anteriore alle tribù menzionate e ciò li avvicina a quelle del nord, con le quali avevano in comune l’abitudine di colorarsi il volto prima dei
combattimenti. Sempre nell’area centro-meridionale, ricaviamo il nome di due città che ci riportano al mondo ligure, con Camulodunum, la cui radice *Camulo, è identica all’antico nome di Camogli (Camulo) e Segontium, la cui radice *Segos, è presente in numerosi toponimi ibero-liguri come: Segesta Tigulliorum (Sestri Levante), Segubia, Segosa, Segontia, Segesama, Segida, Segusium (Susa) e negli etnici dei Segobriges e dei Segovellauni (da menzionare Segusino nel Trevigiano).
Nell’area dell’antica Caledonia, un possibile collegamento potrebbe esistere tra l’attuale Loch Tulla, situato nel territorio dei Campbell e l’antica tribù reto-ligure dei Tuliassi, localizzata nel Trentino.

Non conosciamo il nome delle tribù pittiche, ma già il solo nome Caledones, riportato da Tacito e Plinio, potrebbe aprire spiragli interessanti, come sempre Krutwig-Sagredo ci propone, allorché avvicina questo nome al basco “Kara”, che indica colore, lo scambio l/r è comunissimo anche nel Ligure antico e moderno, così come l’incertezza tra a ed e, è una caratteristica delle popolazioni preindoeuropee ed è ampiamente documentata per Liguri, Iberi ed Etruschi.
Resta comunque il fatto che letto come “Karadones”, il termine assume lo stesso identico significato di “Picti”, cioè dipinti, vale a dire la traduzione latina dell’originale nome di quelle popolazioni.
Anche qui è possibile ritrovare un antico legame col mondo ligure, dato che ancora oggi nelle aree montuose della Padania occidentale: Liguria, Piemonte, Val d’Aosta, la strega è chiamata “masca”, o “ bazora”, quest’ultimo termine derivante da base corrispondente al Latino “bassaris”, vale a dire baccante. Nel Ligure moderno inoltre “masca” vuol dire guancia, il che spiega ad esempio l’origine della parola maschera, il cui etimo è stato sino ad oggi incerto e che ritroviamo in forma originaria in “Maskara”, contrazione di “ MaskaKara”, vale a dire guancia/e colorata/e.

Ora, poichè sappiamo che una delle caratteristiche delle baccanti, era quella di dipingersi il volto, appare chiaro che quest’ultimo termine, contratto in seguito ulteriormente in “Masca”, per il noto fenomeno, presente anch’esso nel Ligure moderno, della caduta dell’erre intervocalica, non può che appartenere all’antico Ligure,
che come già notavo, nel più volte citato: “Le Origini delle Identità Padane”, doveva essere assai simile al Basco suo contemporaneo e a molte altre lingue dell’Occidente Europeo, che non a caso gli scrittori classici, consideravano interamente abitato dai Liguri.

Un’ulteriore conferma di questa ipotesi, giunge dall’Irlanda, dove la presenza dei Pitti è ricordata dalla tradizione e dove ritroviamo un Loch Measca, che giustamente è stato tradotto in Inglese in Lough Mask, mentre l’originale riporta integralmente il classico suffisso ligure -asca.
Chi scrive inoltre, si è formato l’intima convinzione, che sicuramente non convincerà tutti, che il modo di dire “fai la cara”, che si insegna ai bimbi col gesto di accarezzare le guance, nella Padania occidentale, tragga in effetti la sua origine dall’antica parola ligure, derivando dal gesto dei valorosi guerrieri, di colorarsi appunto le guance, spalmandosi il colore con le mani; se infatti la parola derivasse dal latino “carus” e non viceversa, sarebbe più logico dire “fai caro” al maschile e non “cara”, che infatti sta ad indicare l’atavico ricordo di un gesto di tutt’altro significato. A questo proposito giova rammentare, ancora ai tempi di Giulio Cesare, la presenza nell’attuale Poitou in Gallia, dei Pictones, che ricalcano perfettamente, latinizzandolo, ma conservandone integralmente il senso, il Caledones/Karadones prima detto e che potrebbero rappresentare un residuo delle popolazioni della Media Età del Bronzo, in una regione che Fiesto Avieno, nell’“Ora Marittima”, definisce come originaria dei Liguri, che poi a suo parere, giunsero oltre le sconosciute isole Oestrymnicae, nell’Atlantico occidentale, dove l’aria diventa gelida per il freddo, in una terra, che dovettero abbandonare a causa delle continue lotte contro i Celti, migrando verso sud.
Ciò confermerebbe in sostanza, l’ipotesi dell’espansione ligure durante i “Campi d’Urne”, un cui flusso migratorio, sarebbe risalito dal Golfo di Biscaglia sino alla Britannia, dopo aver raggiunto l’antica Armorica (Bretagna e Normandia).

Che i Liguri fossero in contatto con la Britannia sin dai tempi più antichi, è inoltre confermato da una “Via dello stagno” (il metallo che col rame da origine al bronzo), che dalla Cornovaglia, discendeva sino all’estuario
della Gironda, nel già citato golfo di Biscaglia, per poi risalire la Garonna, pervenendo poi alla valle del Rodano (dove i Liguri sono attestati in epoca storica) e al Mediterraneo, attraverso la depressione di Carcassone; così come Diodoro Siculo, riportando un’opera del greco Posidonio, ci informa.

Per quanto concerne la presenza celtica in Gran Bretagna, prima dei Gaeli, mi voglio rifare a quanto scrive Barry Raftery, ne “I Celti. Milano: Bompiani, 1991”, che fungeva anche da catalogo alla mostra di Palazzo Grassi a Venezia: “Non è affatto certo come e quando le isole della Gran Bretagna e dell’Irlanda siano diventate celtiche: in effetti è tutt’altro che chiaro anche che cosa significhi esattamente il termine “celtico” nel contesto insulare.”
E in seguito: “Nel complesso però la cultura materiale dell’Età del Ferro insulare, ha carattere essenzialmente locale, e nella documentazione archeologica si distinguono poche importazioni identificabili.
È chiaro che il semplice modello dell’invasione non è da solo adeguato per spiegare il complesso mutamento culturale che, con una pluralità di aspetti, portò, nel corso dell’ultimo millennio a.C., a “celtizzare” le isole.
È probabile, inoltre che l’elemento dominante nella composizione etnica della popolazione “celtica” dell’Età del Ferro, tanto in Gran Bretagna come in Irlanda, abbia le sue radici nell’Età del Bronzo indigena.
Da cui: “Spade, foderi e altri oggetti in bronzo attribuibili alla cultura di Hallstatt C (circa VIII sec. a.C.), attestano che altre parti della Britannia, specialmente il sud-est, erano in stretto contatto con l’Europa di Hallstatt, ma l’assenza di sepolture e di insediamenti stranieri, sottolinea la natura insulare di questo orizzonte culturale in Gran Bretagna”.
E sulla Scozia, durante il periodo di La Tène (III sec. a.C.): “La Scozia, specialmente sugli altipiani e sulle isole, si diversificò dalle aree della Gran Bretagna per le sue fortificazioni con massicci bastioni in pietra, spesso con strutture di sostegno in legno, e per lo sviluppo unico dei suoi impressionanti brochs, torri circolari in pietra con cortile interno e abitazioni.
Le case, dove sono state riconosciute, erano in generale circolari, evidenziando radici culturali nella Tarda Età del Bronzo”. Come a dire che etnicamente parlando, il concetto di “celticità” è praticamente inesistente o perlomeno indimostrabile.
Arrivati a questo punto, si rende neccessario fare un tentativo di sintesi, sicuramente non esaustivo delle problematiche messe in campo.

Alcuni elementi, che ci riportano alla presenza di un antichissimo sostrato, probabilmente riferibile al Neolitico e al periodo del “Campaniforme” nell’Età del Rame, che sembra accomunare Liguri, Baschi e Caledones, pur nella differanziazione delle culture locali, possono oggettivamente essere accettati e intesi come nascita e sviluppo di una comune cultura europea, la cui origine è comunque legata agli apporti fondamentali dell’area definita della “Mezzaluna fertile” (Anatolia, Medio Oriente) e della Transcaucasia.

In seguito coi “Campi d’urne”, a partire dalla Media Età del Bronzo, l’elemento ligure tende a differenziarsi maggiormente dall’iberico-basco, arrivando a coinvolgere le popolazioni della Britannia meridionale e probabilmente anche quelle della Caledonia e dell’Irlanda. I
n questa fase si gettano le basi per la nascita nell’Europa centrale di un’unità proto-celtica, che acquisterà compattezza culturale, a partire dall’C e costituirà un onda di riflusso verso occidente, a partire dalla fine del VII, inizi VI sec. a.C. Questo periodo che vedrà oltre a intensi scambi commerciali, anche spostamenti etnici, arriverà a coinvolgere la Padania centro- settentrionale
nel IV sec. a. C. e la Britannia meridionale tra il III e il I sec. a.C., lasciando quindi fuori da questi flussi la Scozia e i Caledones, che propio per questo, insieme a una parte dei Liguro-Padani e ai Baschi, manteranno l’antica cultura originaria.
I Caledoni in seguito, riusciranno a evitare anche l’occupazione romana, che comunque per i Liguro-montani di Padania e i Baschi, grazie all’asperità dei luoghi abitati, risulterà assai attenuata, permettendo il perdurare delle antiche tradizioni.

Per i Liguri di Padania, questo comporterà però, lo snaturamento della lingua, che acquisterà caratteristiche romanze (Flavio Grisiola, in questo scritto del 1998, è ancora legato alla visione storica della teoria romanza, messa in crisi dalla Teoria della Continuità dal Paleolitico di Mario Alinei e altri) anche se va detto, che molti vocaboli dell’antico idioma, resteranno nella lingua moderna, in aggiunta a quelli che il Latino prima e l’Italiano poi, prenderanno in prestito dal Ligure.

La nascita di una visione ideologica della storia a partire dall’Illuminismo, che di fatto diede origine al fenomeno della “Celtomania”, evento al quale non fu certo estranea la Massoneria, per i suoi intenti anticristiani e anti-romani e la “Classicità” greco-romana, vista come fonte di ogni forma di civiltà da noi posseduta, sono state le due scuole di pensiero, che hanno troppo a lungo relegato nell’oblio, la vera storia dei
nostri Popoli.
Non è certo quindi un caso che oggi, col venir meno della menzogna giacobina e con la conseguente profonda crisi degli stati-nazione, i diretti discendenti delle più antiche comunità d’Europa: i Baschi, gli Scozzesi e i Padani, reclamino a gran voce quello che nessuno storico di regime, ideologia da salotto o stato centralista,
gli potrà mai negare: la rivendicazione della loro identità e della loro libertà.
Senza una forte idea di identità non si costruiscono le nazioni. Senza alte motivazioni spirituali, da associare a rinnovati concetti di Patria e Comunità, non si arriva al supremo sacrificio di se stessi, in nome di una totale fedeltà al proprio Popolo.
Tutto ciò dovrà esser ben tenuto a mente, dai molti che oggi chiedono l’indipendenza della Padania, il monito di William Wallace è quantomai presente.
ALBA GU BRA!
http://www.laliberacompagnia.org/_files ... /qp_10.pdf
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Re: Liguri

Messaggioda Berto » ven feb 05, 2016 10:19 pm

Le origini etniche dei Liguri

1 January 2000 (16:00) | Autore: Renato Del Ponte

http://www.centrostudilaruna.it/delpont ... iguri.html

È uno scherzoso paradosso affermare che, allorché si costituiva il primo germe delle futura etnia dei Liguri, essi naturalmente non sapevano di chiamarsi cosi. Ma, del resto, neanche dopo lo avrebbero saputo, perché questo nome venne loro attribuito dai Greci prima (*Liguses) e poi dai Romani (Ligures), formandolo probabilmente da una base linguistica preindoeuropea *”liga”, “luogo paludoso”, “acquitrino”, ancora viva nel francese “lie” e nel provenzale “lia“: e questo perché il primo incontro fra i mercanti greci e gli indigeni sarebbe avvenuto proprio sulle coste paludose delle foci del Rodano.
La storia dei Liguri parte da molto lontano. E’ singolare, infatti, la constatazione che i Liguri, una popolazione fino ad oggi assai poco studiata e quindi conosciuta a livello generale, in realtà sono, tra i popoli d’Italia, quelli che siamo in grado di seguire dai tempi più remoti. Abbiamo questa possibilità soltanto per loro, se consideriamo la situazione dell’Italia Settentrionale al tempo dell’ultima grande glaciazione, quella di Wurm, allorché dovunque dominavano ghiacci o inospitali distese gelate. Dappertutto, tranne che lungo l’arco dell’attuale costa ligure, quasi un istmo fra penisola italica ed area franco-cantabrica, in cui il clima era quasi primaverile: in ogni caso sopportabile per flora, fauna ed esseri umani.
….
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Re: Liguri

Messaggioda Berto » ven feb 05, 2016 10:23 pm

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... /kw-41.jpg

“Le origini della cultura europea” del filologo Giovanni Semerano
(da p 548)

I LIGURI

Ad Aquae Sextiae, nello scontro con gli Ambroni che si erano uniti ai Teutoni, contro i Romani, riferisce Plutarco (Vita di C. Mario, 19) che i Liguri, primi fra gli Italici a scendere in campo, gridarono anch’essi lo stesso nome degli avversari, Ambroni, antica denominazione del loro popolo.
L’antico nome che i Liguri antichi si riconoscevano era dunque Ambrones: esso, come quello degli Ambroni germani, deriva dalla base corrispondente ad accadico appāru, sumero ambar che significa “luogo paludoso”: a questo nome ambar, appāru è da ricondurre la voce “ambra”, ricavata dai fondali del mare Baltico e il cui traffico conosceva vie carovaniere che passavano anche per la Liguria.

Erodoto riporta una voce ligure σγύννας (V, 9) che significa “trafficanti” (di ambra) ed è della stessa origine del latino sucinum: ambra.
Sucinum confema l’etimologia di ambra, perché deriva da una base sinonimica corrispondente ad accadico šikin, šiknu (sedimento, in zona acquitrinosa, ‘sediment im Fluss’).
L’italico Sicanus, che fu connesso al nome del fiume iberico, deriva dalla stessa base “šikin, šiknu”: “šikānu” (getto di detriti fluviali, ma anche stanziamento, fondazione, assetto, ‘Ablagerung, Sediment im Fluss’; ‘das Setzen Gestaltung : v. Gebäuden’, vS, 1234 sg.), dal verbo šakānu (stabilire, fissare), in liste sinonimiche šaḫan (abitare), cananeo šakan, ebraico šahan (‘to settle down, to lie down, to abide, to inhabit’), šahēn (abitante, vicino, ‘dwelling, inhabitant, neighbour’).

Aristocle, presumibilmente l’autore del Περι χορνῶν, ricordato da Ateneo (14, 620 e), citato da Clemente Alessandrino e da Arnobio ma confuso con Aristotele (cfr. Rose, Aristoteles pseudephigraphus, p. 615 sgg.; F. Jakoby, Aristokles: F. Gr, Hist., 33) conosce i Ligyreis di Tracia (Macrob., I, 18, 1).

L’etnico Liguri è stato variamente tentato : il raccordo Ligures -Λίγυες, la presenza dei Λιγυστîνοι in Tessaglia, i Λιγυναîοι nella Baetica, i Ligyreis in Tracia, sollecitano una soluzione che non si limiti a individuare una base LIG- o a supporre, a torto, un fenomeno di rotacismo tessalico in Ligyreis; né la coincidenza tematica basta a classificare come “deuteroliguri” i Λιγυρεîς traci, né il culto oracolare di Apollo attribuito a questi ultimi è elemento risolutivo a chiarire la denominazione dei Liguri.

La più colorita presentazione dell’ethnos ligure è in Diodoro Siculo (IV, 20): « i Liguri, che sono gli abitanti di questa regione, occupano un suolo aspro, assolutamente povero, che offre alle loro fatiche, alle loro angustie senza pari, magri frutti strappati a forza. Perciò tesi sotto questo peso e per il loro costante esercizio essi sono vigorosi...» con quello che segue, che è una esaltazione del vigore delle donne liguri e della loro tenacia nel lavoro.
Occorre dire subito che il nome Liguri sembra accostarli ai destini dei Veneti, per comuni origini mediorientali : i Veneti, gli Eneti, vedremo, sono il popolo che serba nel nome il ricordo del fiume Enio, Ainios, Aenius, che lo rinnoverà nel nome dell’Inn.

Strabone (II, 5, 28) dichiara i Liguri di razza diversa rispetto ai Celti, ma simili nei costumi.
Li colloca nella parte delle Alpi che tocca gli Apennini e in una parte degli Appennini stessi.
Jullian (Histoire de la Gaule, I, 321) lanciò l'affascinante teoria panligure, secondo la quale tutto l’occidente europeo sarebbe stato popolato e civilizzato dai Liguri.

Le figure dotate di armi e utensili di bronzo, alabarde, accette, falci, incise sulle rocce, a quote superiori ai 2000 metri, nelle valli delle Alpi Marittime, intorno al massiccio del Monte Bego, vengono datate dall’età del bronzo (caratteristico il pugnale triangolare) o dalle prime fasi del ferro.
Testimonianze di riti cultuali sono offerte dalla rappresentazione, sia pure schematica, di bovini, per lo più aggiogati all’aratro.
Anche le stele della Lunigiana tramandano talora il segno del pugnale triangolare.
Ma questi che diciamo Liguri non sono le genti cavernicole, o vissute in stazioni all’aperto, che hanno dato origine al neolitico e sono risalite dal bacino del Mediterraneo : dolicocefali, bruni, in Liguria hanno in parte continuato i riti del paleolitico superiore di Grimaldi.
Le figure cornute testimoniano culti lunari della fecondità.

Una tradizione vuole che gli Argonauti risalissero il corso del Danubio sino all’Adriatico: è noto che la concezione geografica dell’antichità vede il Danubio come congiunzione fra il Ponto Eusino e l’Adriatico. Essi risalgono il corso dell’Eridano e del Rodano attraverso il paese dei Liguri.
Si ha l'impressione che si tratti delle genti che assumeranno la denominazione di Liguri.

Nella leggendaria spedizione di Ercole in Occidente, l’Eroe deve affrontare in Liguria genti assai fiere e utilizza per la lotta le pietre che Zeus fa prodigiosamente cadere dal cielo.

Le denominazioni delle loro popolazioni non si spiegano né col gallico né con l’indoeuropeo : i Genuates, gli Apuani, gli Ingauni, gli Intimilii, gli Statielli, i Bagienni o Vagienni, i Taurini, i Salassi, i Friniates, i quali erano stanziati nell’Emilia.
Fuori d'Italia, i Salyes o Salluvii, nella bassa valle del Rodano, gli Elisyces nel territorio di Narbona.

Sulla fede di Artemidoro e di Eustazio sappiamo che gli antichi tendevano ad assimilare il nome dei Liguri a quello della Loira, Liger e, in epoca più recente, si credette di intravedere il nostro etnico in Llogrys, Locyers, Locgrws della Gran Bretagna, a nord del Tamigi, così come l’antico nome Albion dell’Inghilterra fu connesso con l’italico Album, Albium, Alba: Album Intemilium, Ventimiglia, Albium Ingaunum, Albenga, e così Alba Docilia, Alba Longa, Albula, l’antico nome del Tevere.

Costante indagatore della base Ligur è stato Deloche che ha creduto di scorgere quella voce in vaste zone della Francia, nei bacini della Senna e della Mosa.

La base originaria da cui deriva l’etnico Ligus, Ligures ha lo stesso significato di Ambrones, cioè “abitanti delle paludi” (si ricordino Vada Sabbatia), nome col quale anche si riconoscono i Ligures: Ligures ha la stessa base di Liger, Loire, Luca, Lucca, Lugii etc.: tale base corrisponde alla voce accadica liḫmû (liḫwû), luḫmû (terreno paludoso, ‘Morast’), che torna in Lugdunum, in Lucca e in Lucania che ripete il nome del suo fiume Laus.
Ma Ligus è calcato su basi come accadico l-igu (ad flumen).

La scoperta recente della necropoli di Chiavari, al centro della Liguria, se ha rivelato un mondo culturale sconosciuto che differisce dal villanoviano e dall’atestino, non ha dissipato le tenebre che avvolgono gli antichissimi Liguri.

Dal fondo della remota tradizione greca emerge per bocca di Esiodo un’eco perduta nella indeterminatezza di un frammento citato da Eratostene e ripreso da Strabone (VII, 3, 7) : « gli Etiopi, i Liguri e gli Sciti che mungono cavalle, Αêθίοπάς τε Λίγς τε êδè Σχύθας ëππημολγούς».

Nei frammenti di Ecateo accenni indiretti ai Liguri troviamo nel ricordo degli Έλίσυxοι, che sono detti œθνος Λιγύων: sono i Liguri che abitano le alture, l’etnico ha lo stesso valore etimologico di Elimi e la sua base corrisponde ad accadico eli (in alto, su, ‘oben, ins Oberland: die Leute ... elišma’, vS, 201 b); eliš è avverbio di elûm, elium (alto, ‘hoch’). Marsiglia (Massaglia)è detta da Ecateo (63) città della ΛιγυστιχÖς, come Monaco e Ampelo (65, 66, Nenci).

In Erodoto (VII, 165) ritroviamo dei Liguri mercenari di Terillo, tiranno di Imera, attruppati con Cartaginesi, Libici, Iberi, Elisici, Sardi e Corsi, tutte genti con cui essi dovevano avere alle origini qualche affinità.
Si è discusso a lungo dei Λίγυες che marciano nell’esercito di Serse (Herod., VII, 72) con lo stesso armamento dei Paflagoni, dei Siri, dei Mariandini.
Una notizia preziosa di Eustazio, alla quale non si è data molta importanza, accenna a una colonia di Λίγυες nella Colchide, ben più ad est cioè dei Liguri di cui si fa cenno in questo passo erodoteo.
È illuminante l’idea (Legrand, Hérod., VII, p. 99, n. 1) che in Erodoto si tratti di una tribù di Assiri (Siri) della Cappadocia.

Ci preme rilevare l’importanza che Erodoto dà a gli stanziamenti egizi nella Colchide, alla stessa maniera di lavorare il lino, alla somiglianza di lingua, al medesimo uso della circoncisione, a certe somiglianze fisiche: Erodoto afferma trionfalmente : « È evidente che i Colchi sono di razza egizia e lo sostengo per averlo intuito da me prima di averlo sentito da altri » (II, 104-105). Non basta: Erodoto ci elargisce un’altra preziosa notizia: il lino dei Colchi i Greci lo chiamano sardonico, σαρδονιχόν, dice, e i filologi non hanno saputo far di meglio a commento della notizia se non aggiungere il sospetto che si tratti, al solito, dell’errore di un copista.

Ma è un caso che Strabone parli delle tuniche e dei sai che vengono dalla Liguria? «......................................................................» (IV, 6, 2).
L’etnico di quei Λίγυες orientali richiama una base corrispondente all’egiziano rhw (uomini, persone, ‘men, fellows’, rḫyt (‘people, common folk’).

Ma i nostri Liguri, in epoca storica, non si riconoscevano sotto la denominazione Λίγυες tramandataci dai Greci, come gli Etruschi non si riconoscevano nel greco Τυρσηνοί, né gli Umbri nel greco ’Ομβριχοί.

I Greci sono i più fantastici trasmettitori di toponimi e di etnici.
Perciò, per certi conguagli etrusco-greci, alcuni presunti stravolgimenti etruschi vanno giudicati sulla scorta di una testimonianza comune alle due lingue.

Dobbiamo, dunque, ai Greci l’etnico Λίγυς, ed è certo che essi hanno avuto notizia di Liguri attraverso il vicino Oriente prima che direttamente.
Per Λίγυς hanno alle origini recepito una voce che suonava come la base da cui vien fuori la parola λιγύς (sonoro) di cui non fu data una etimologia, ma che è certo della stessa base di accadico rigwu, rigmu (suono, voce, ‘Stimme, Stimmengewirr, Lärm’) : moltissime voci greche e latine risultano da una base la cui iniziale è r-, definita la regina delle consonanti.
La voce da cui ha origine λιγύς (sonoro) : rigmu (suono, voce), può lasciar pensare che sull’etnico abbia influito una voce che indica, come molti etnici italici, popolazioni ancora in preda a sconvolgenti, indisciplinate situazioni idrologiche, la voce che in accadico significa “alluvioni”, riḫsu (‘inundation, flood’).

Le piane costiere, formate da terreni alluvionali, la vasta pianura di Albenga, costituita dalle alluvioni del Centa, la pianura alluvionale di Loano (forse anca la Val Liona nei colli Berici ?), contrastano con i rapidi rilievi montani alle spalle della costa ligure, e rendendo non agevoli le comunicazioni con il retroterra dovettero costringere gli abitanti al mare.
Le voci liques, liquor latine, che vengono annodate al persiano rēxtan (versare) risalgono alla stessa vicenda liḫ- riḫsu (‘inundation’; cfr. il verbo, antico accadico raḫājum : ‘to water’).

Il ricalco della base liḫwu su riḫ- trova conferma oltre che in Liger in molte antiche designazioni di fiumi in territorio celtico, come Legra fluvio, dal quale William of Malmesbury (Gesta Pontificum) fa derivare la Legorensis civitas, 803 (Leicester), Ligera ceaster, 942; più antico nome del fiume deve essere stato Ligor (cfr. E. Ekwall, Engl. piace names, 4a, 1974, p. 294); nomi antichi di fiumi del Galles come Lligwy, Llufwy, inoltre Lugg, Lhygwy (1572). È il noto esito > l in ligure (Merlo, Bottiglioni).

Ligures e l’aggettivo Ligusticus, Λιγυστιxός, postulano per / l, la corrispondenza con accadico riḫsu, riḫistu (‘Überschwemmung’) che testimonia di “zone lagunari” come sedi di una popolazione ligure, il cui nome è stato assunto a simbolo di tutte le popolazioni liguri.
Per chiarire la forma Lig- di Ligures, Λιγυρεîς etc. occorre vedervi l’interferenza di voci corrispondenti a l-igu (vicino al canale) : semitico occidentale l- (avanti, accanto, ‘at, for’), corrispondente ad accadico an, e la base che richiama antico accadico īgu, īku, siriaco īgā (canale, ‘canal’) seguita dalla base come accadico rē’ū (padrone, signore, ‘ruler, leader’).
In tale forma denotò originariamente le genti delle zone limitrofe a quello che è il pelago nel senso originario di “fiume” e insieme mare secondo l’accezione greca, di πόντος, l’Ellesponto.

Dopo tale premessa possiamo saggiare le vicende a cui sarà stato assoggettato tale etnico per interferenze semantiche e foniche.

Molti etnici italici, si è detto, e toponimi testimoniano nell’antichità di genti condizionate dalle situazioni ecologiche, specie idrologiche, e richiamano a remote esperienze di palafitticoli.

Si ricorda che l’etnico Enotri, Ο(ί)νωτροί fu inteso sulla base di una glossa di Esichio che registra ο(ί)νωτρον, palo al quale si appoggia la vite, ma per la parte d'Italia che si sarebbe denominata Ο(ί)νωτρία ciò contrasta con la realtà. Ο(ί)νωτροί deve essere stato sentito come accadico ēnu, semitico ‘ain (fiume, ‘river’) e semitico: ugaritico ar, aramaico arā (luogo), accaddico ašru: la zona dei fiumi, la Lucania; analogamente Bruttium indica la terra affacciata allo stretto: būrtum (‘waterhole, pit, well’).

Salassi, liguri, da accadico salā'u, salāhu (inondare, innaffiare, ‘besprengen mit Wasser’), e apsû, sumero ab-zu (acqua profonda, abisso ? ‘Grundwasser’) ;

Osci anch'essi da apsû;
Sabini ha subito la suggestione dalla base sabû sapû (‘to irrigate: a field’; durchfeuchten, tränken’, cfr. accadico zâbu nel senso di ebraico, aramaico ‘to flow’);

Umbri, etnico che non compare nelle fonti indigene, nome del popolo che dà origine ai Sabini, cacciato dal territorio di Rieti (Dionys. Alicarn., II, 49), Όμβριχοί è dalla base corrispondente ad accadico appāru, sumero, ambar (palude, acquitrino, ‘marsh’, ‘marse’), base che si ritrova negli idronimi Ambra e Ombrone; si pensi alla etimologia di Ravenna e a quella più notevole di Rieti, bagnata dal fiume Velino: Reate dalla base di accadico rātu, aramaico raḫat (corrente, ‘Rinne’) : " la città dei fiumi "; l'Umbria con il suo fiume Nera, Nar, accadico nāru (fiume, ‘Fluss, Kanal’), a Rasna, Rasenna che potè suonare da basi come accadico rāšu-ēni (i signori dei fiumi): rāšu (capo, ‘Haupt’ ), ebraico roš (‘chief, head, leader’) ed ēnu, semitico ‘ain (‘river’) ;
l'etnico Marsi, nobilitato come “gente di Marte”, ma forse calcato su base come accadico marḫāsu (lo sgorgare dei fiumi, il dilavare dei fiumi, ‘Spülung, Abfluss’) da raḫāsu (überschwennen’).



L'etnico Liguri ha avuto originario riferimento a genti che vivevano nelle condizioni di abitanti fra i Vada Sabatia (Vado; cfr. con Vago di Lavagno, Guà/guado/wado/uado???): l'etnico Sabati è dalla base che corrisponde ad accadico sapûm, sapiu, epû (bagnato, ammollato, ‘bewässert, aufgeweicht’), sapûm (innaffiare, bagnare, abbeverare, ‘durchfeuchten, tränken’), ed esprime la stessa situazione dell'etnico Salii, Salluvii, Sallui, Salyes o Salues, la popolazione di origine ligure della regione che fu detta Gallia Narbonese, tra la riva sinistra del Rodano e la Durance, costretta ai monti e alle cime delle valli dall'avanzata dei Celti, mentre i loro parenti, i Salassi, stanziano nella regione corrispondente al Canavese.

Così per i Friniates ligures, Briniates dei codici liviani, popolazione che dette nome all'attuale Frignano, tra le altre valli del Secchia e del Panaro, l'etnico si chiarisce con la base corrispondente ad accadico bīru (‘terrain surrounded by water’) e ēnu, semitico ‘ain (fiume).

L'etnico Vagienni, che si alterna coi Salluvii nella valle del Varaita, si chiarisce come accadico (w)agî- ēni le genti vicine al " corso del fiume ": (w)agû ‘flow of water, current’) e ēnu (‘spring’); il fiume è ovviamente il Varaita: tale idronimo Varaita serba intatti i suoi elementi costitutivi, corrispondenti ad accadico wârum (corso, letteralmente l'andare, lo scorrere, ' to go '; ‘gehen, wandeln, fliessen’) e accadico rātum (fiume, canale, ‘canal, Rinne’).
L'etnico Vennonetes o Vennones delle alte valli dell'Inn e dell'Adda, indica come Veneti, " gli abitanti presso il fiume ";

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e così Anauni della valle del Non (Trentino): corrisponde ad accadico ana-ēnu ("presso il fiume");
cfr. accadico ēnu, semitico ‘ain (fiume, ‘river’) con la preposizione corrispondente ad accadico ana, an (lat. ad.).

L'etnico Ligures richiama semanticamente ciò che è implicito, oltre che nell'etnico Salassi, Salii ubicati là dove si sviluppò il nucleo di Aquae Sextiae, anche nel toponimo Vada (Sabatia), i luoghi dove sorse Vado Ligure: vada è dalla base corrispondente ad accadico (w)adû (‘onrush of water, high water’) e sabatia, abbiamo visto, è dalla nota base corrispondente ad accadico sabû (‘to irrigate’) e rappresenta un originario plurale dell'aggettivo verbale di sabû ; Ligures esprime certo ciò che dice già il loro vero etnico, Ambroni.

L'etnico Ingauni chiarisce il carattere della popolazione ligure stanziata nella zona pianeggiante lungo la costa, dedita ai traffici, ai commerci, la cui forza era nei fondachi e nei magazzini e la cui capitale era Albium Ingaunum.
Tale etnico deriva da basi corrispondenti ad accadico in- e la voce semitica corrispondente ad ebraico gay (terra bassa, valle, ` valley, lowland’) : In- è accadadico in, ina (‘in, on’).

L'etnico Intimili denota dei " popoli rivieraschi ", al limite del mare: in-itî-mīli : accadico itû (‘border, territory, region, confines’) e mīlu (‘fiood, high water, mass of waters’), base che torna nel nome del fiume Mela.

Gli Statielli sono la piccola tribù ligure dell'alto Monferrato sulla via tra Genova e Piacenza; essi ebbero come capoluogo Acqui, Aquae Statiellae (Strab., V, i, 11; Plin., Nat. hbist., XXXI, 2, 4), appoggiata agli ameni colli : l'etnico si chiarisce nel senso di " quelli delle alture " e corrisponde alle basi accadiche šat-ellî: šat pronome determinativo e ellû, elû (‘high, tali’; ‘hoch’), ma šat è ricalco di šadû (monte).

Gli Steni, Stoeni in Plinio il Vecchio e in Livio, Στόνοι, con capitale Στόνος, in Strabone, secondo gli Acta Triumphalia sono Ligures. Occupavano le zone montuose sopra Brescia.

L'etnico si chiarisce con accadico šadāni (monti, ‘Gebirge’), con lo stesso significato di Carni, accadico qarni (cime, letteralmente corna) da qarnu (‘Zinne, Horn’).
Pausania informa che Κορσιχή Corsica, è denominazione data dagli abitanti, d'origine libica, all'isola che i Greci dicono Κύρνος. Dallo stesso (X, 17, 9) sappiamo che i Cartaginesi riuscirono a sottomettere tutti gli abitanti della Sardegna, eccetto gli Iliensi e gli oriundi corsi asserragliati sui monti.
I quali Corsi poi chiamarono βαλαροί quegli Iberi o Libici che ribellatisi ai Cartaginesi si rifugiarono sulle cime dei monti : Pausania informa che nella loro lingua i Cirnii (Corsi), chiamano βαλορούς i φυγάδας cioè i " banditi " Iberi o Libici : in realtà se la base di βαλαροί è il bala- (altura) mediterraneo, largamente documentato sino al sardo pala (altura, pendio), etrusco *falat- (cielo) pregreco βαλόν, aramaico ba’lā' (signore, padrone, ‘master’; ‘Herr’) incrociatosi con accadico ba’lu (grande, ‘gross’), βαλαροί sono gli occupanti, " i padroni dei monti ", e la componente - αροί richiama accadico ḫarru (‘mountain’) : la voce pala delle iscrizioni leponzie è l'eterno semitico baal, che indicò il luogo elevato su cui si celebrava il culto di Baal.

Perciò è qualcosa più di una pietra, è un’"ara ".
Mello- (altura) corrisponde ad accadico mēlūm (altura, ‘Höhe’); alba (corso d'acqua) corrisponde al sumero accadico ḫalpû, sumero ḫalbia (pozzo, ‘a kind of well’); *rugia (corso d'acqua), latino rugia, è dà una base corrispondente ad antico accadico raḫājum (‘to water, to fertilize’), accadico raḫû, reḫû (versare, ‘ergiessen’), rāḫù (‘ergiessend’), riḫītum (‘Ergiessung’), raḫāsu (‘spiilen’), riḫsum (‘trberschwemmung’).

Appenninus (crinale di monte) è dalla base corrispondente ad accadico appu (cima, ‘tim, crown, rim, edge, spur of land’); -bormo (gorgo) è accadico būrum, ebraico bōr (‘pit, hole, well, pond, pool’);
merides (parte di terreno diviso dal resto) è accadico meḫretum (detto di giardini, di località: parte che sta discosto, a fronte, ‘gegenüberliegende Seite : nach ša : Garten’, vS, 640 b).

Lo Schulten considerava il ligure non indeuropeo, ma il Trombetti trovava che, ad esempio, « Porcobera, *porcifera (porcus, nome di un pesce) è chiaramente indeuropeo ».
Ma scarso lume recava su Blustemelus (monte), Quiamelius e Intimelius, limitandosi a rimandare a irlandese mell “collina”, albanese mal’ “monte”.

Saggiamo ancora qualche voce della lingua dei Liguri, che Livio (XXI, 32, 10) accostava in qualche modo al gallico e Seneca sentiva confluire nell'iberico, su territorio corso.

Seneca, che ci visse il suo esilio, informa (Ad Helv. matrem de cons., VII, 9) che la Corsica fu abitata da Liguri e che certi vocaboli sono comuni ai Cantabri e ai Corsi, ma in genere il linguaggio si è scostato dalla lingua originaria per influenza dei Liguri oltre che dei Greci.

La voce ligure riferita da Erodoto, σιγύννας, " mercanti al minuto ", deve aver -subito l'influsso di una parola antichissima : sumero šagan- (mercante al dettaglio, ‘Kleinhàndler’ (ŠAGAN.LA) : ma v. p. 548.

Erodoto aggiunge che a Cipro davano il nome di σιγύννας alle aste, giavellotti, presumibilmente per caccia (cfr. sumero-accadico suginnu asta, ‘Dürrholz’).
La base sumerica šagan- sarà calcata sulla base corrispondente ad accadico sūqum (via, ‘Strasse’), (ina) sūqim > sūqin nel senso di " ambulante " (letteralmente " nella strada ").
Questo è termine generico che darà zigani.[/u]

[u]Erodoto dunque annota tre voci omofone di diversa origine.


Erodoto interrompe l'esposizione sui Traci per parlare della popolazione dei Siginni, di là dal Danubio, dei loro cavalli piccoli e camusi, dalla loro spessa coltre di peli, incapaci di portar un uomo, ma agili attaccati ai carri (V, 9).
I Siginni dì Erodoto furono localizzati in Ungheria, ma Strabone (XI, 11, 8), Apollonio Rodio (IV, 320), Ctesia (fr. 88 M.) collocano non discosto dal Danubio inferiore dei Siginni, Σύρννοι, Σίρυννοι e una città omonima nel Caucaso.
Erodoto si stupiva che essi pretendessero discendere dai Medi; in epoca moderna gli zingari, ungherese Czigáni, coi quali qualcuno ha assimilati i Siginni, pretesero di discendere dagli Egiziani.

La voce γίννοι con cui, secondo Strabone (IV, 6, 2), i Liguri denotano i muli e i cavalli, è originariamente in funzione di attributo a indicare i muli, " cavalli di montagna ": è sumero-accadico ginnû (montagna, ‘mountain’) : analogamente in sumero anše-kurra indica il cavallo di montagna (‘Pferd: der Osten lag den Babyloniern den Bergen zu’).
Le voci liguri e piemontesi del tipo Faiallo, passo a m. 1061 a nord di Voltri, Faial, Feejal (a. 1558), Fajal, frazione di Ponte Canavese, si fanno derivare da faget-ale: cfr. Ceriale (Savona), da cerret-ale e nella toponomastica aragonese la serie dei collettivi arborei del tipo Genestal (a. 1089): ma la terminazione -alo -allo -ale si chiarisce ad evidenza con accadico ālu (luogo, regione, area, ‘region’) e torna in zona francese.
Plinio (XVIII, 141) informa: « Secale Taurinii sub Alpibus asiam vocant, deterrimum et tantum ad arcendam famem: fecunda, sed gracili stipula ».
Fu proposta una etimologia indeuropea, antico indiano ásitah (nera), che dovrebbe avere l'originario valore di annerito dal fuoco: accadico išātum (fire).

In realtà asia corrisponde ad accadico aššultu (erba ‘a grass’, reso, anche, da accadico con la base di daš’u, dēšu (‘grass’); così disarru (‘a wildgrowing cereal’; ‘Getreideart : Hafer oder Roggen’).

Λεβηρίς-[leberis], coniglio (lievore, levore o liore in veneto), che si ritrova in Erotiano (Hippokrates-lex. 244: Μασσαλιῶται), Strabone (III, 144 : œνιοι λεβηρίδας προς) è dato per ligure dal Brück (v. qui Diz. lat.: lepus).
Ma Esichio dà altro significato: ‘Schlangenhaut, Bohnenhülse’ (v. λοβός).
Il ligure pe, che si traduce “con”, corrisponde a ugaritico p (‘und’), etrusco pi (e).
Ernst Hirsch (Die asca-Namen am Osthang der Wistalpen, in « Beiträge » del Krahe, 5-7, 1954-1956, p. 224 sgg.) allarga l'ambito topograico della ricerca avviata dal Flechia in nomi di epoca preromana e dei primi tempi di Roma. Il suffisso -asca si risolve nella pronunzia persino in -astšo, atšo etc.

Nella valle della Clairée, un affluente della Durante, Nēvache (Nevātšo) è da ricondurre alla forma originaria ANNAVASCA (documentata nell'anno 739: E. Hirsch, ibid., 226, D. T. Hautes-Alpes, 101), mentre documenti più tardi danno Nevasca (1118), Nevascha (1225), Novachia (1358) etc.70

Il caratteristico suffisso in -asco (cfr. Sententia Minuciorum, in C.I.L., V, 7749), che indica " appartenenza " è rideterminazione di pronome possessivo (accadico sue) con suffisso come latino -cus (v.): valga per analogia il tipo sardo in -itanus studiato dal Wackernagel: Sulcitanus etc. con ricalco di -ites e -ānus. È, ricalco su base simile a accadico ešqu (‘lot as a device to determine a selection, share: a portion of land, property’).

Strabone annota (IV, 6, 1) che le Alpi si chiamarono originariamente Albia, Alpionia e che Albios è nome di un monte presso gli Iapodi, supergiù vicino a Ocra e alle Alpi.

Il nome delle Alpi fu ritenuto ligure: Alpes fu accostato ai nomi Alba, Albium degli abitanti di origine preromana nella Liguria augustea: Alba Docilia, Albissola, Alba Pompeia, Alba Piemonte etc., base che tornerebbe in varie regioni europee abitate da Liguri o presumibilmente sotto influssi liguri (Nissen, Ital. Landeskunde, I, p. 140).

Festo (Ep., 4) chiariva Alpes col sabino Alpus, latino Albus, « a candore nivium »; mentre per Servio «Alpes Gallorum lingua alti montes vocantur ».
In realtà la base corrisponde a sumero ḫalbia, ḫalbi (ghiaccio, ‘frost, freezing’), che può aver concorso all'origine di ugaritico ḫlb (monte, ‘mountain’).

Nota 70 (sui suffissi liguri -asco, -usco, -osco)
II merito di una prima penetrante indagine spetta a d'Arbois de Jubainville, che ricalca le linee del nostro Flechia e insegue in Liguria, ma anche in Lombardia, in Piemonte, in Emilia, in Toscana i toponimi con suffissi -asco, -usco, -osco, testimoniati dalla nota iscrizione di Isola, nei pressi di Genova, contenente un giudizio arbitrale dei fratelli Minucii relativo ad una questione sorta tra Genova e i Liguri Langati (117 a. C.), suffissi attestati anche dalla cosidetta tavola alimentare di Traiano, del 102-103 a. C., ritrovata a Veleia. Tali suffissi si rinvengono in Francia, nei bacini del Rodano, della Loira, della Senna e, inoltre, in Spagna, in Svizzera, in Baviera, nelle valli del Reno, della Mosella, in Gran Bretagna.

Il Petracco-Siccardi (Ricerche topografiche e linguistiche sulla Tavola di Polcevera, «Studi genuensi», II, 1958-1959, p.33 dell’estratto) ha creduto di poter dimostrare che Vindupala non è il nome del ruscello, ma della zona da cui discende, ciò nella presunzione che Vindu- rappresenti la base con significato di " bianco ".
In realtà i toponimi, con tale base, come Vindobona (Vienna) " costruzione o città sul fiume ", Vindonissa (‘Windisch’) tra l’Aar e il Reuss, Vindalum, alla confluenza del Sulgas e del Rodano, Vindelicia, tra l’Inn e il Danubio, mettono in evidenza che Vind- ha valore originario di fiume o per lo meno di riva; confine, limite: sumero e accadico (w)id (fiume, ‘river’; ‘Fluss’), (w)idu (‘border, side of the river’; ‘Seite’).

Vindius, sistema orografico a nord-ovest della Spagna Tarraconese, costituì il confine fra i Cantabri e gli Asturi.
Perciò l'idronimo Vindupala più verisimilmente ha il valore di fluminis caput, sorgente, dove -pala ha il noto valore di rilievo, altura e quindi roccia, pietra.
Entella, il più importante fra i torrenti della Riviera di Levante, deriva dalle basi corrispondenti ad accadico ēnu-telli (sorgente dell'altura); e anche Entella, città siciliana presso il fiume Cremiso, Rocca d'Entella, che la tradizione voleva fondata da Aceste e dal troiano Entello, è presumibilmente il nome stesso del fiume e deriva, come il nome del ligure Entella, dalle stesse basi.
Il nome del troiano Entello, invece, richiama accadico etellu (eroe, ‘prince, lord’), cfr. Metello/Metellu ?

Ballista, nome di monte in Livio (XXXIX, 2, 7) fu inteso come un superlativo riferibile a indeuropeo *bhal-(l) col senso di " bianco lucente ", e fu accostato a greco φαλός φαλαχρός, (Kretschmer, « KZ. », XXXVIII, 118).
La formazione di Ballista non può divergere da quella di Blustiemelus che vedremo della stessa base corrispondente ad accadico balāsu col significato di sporgere (‘to protrude’, CAD, 2, 45) attestato anche da m. ebraico bālat, aramaico b(e)lat (‘hervorstehen’) ; tale base si incrociò con quella corrispondente ad accadico palāsu (erompere, venir fuori, ‘durchbrechen’) della stessa base di flos.

Bego, il nome del monte sul quale si raccoglievano le antiche popolazioni richiama etrusco Begoe: aramaico-ebraico peha (capo) non " picco ", nel senso di " punta ", che viene derivato da una mal intesa radice onomatopeica *pikk- (punta), ma è invece corrispondente ad accadico pīqu (sottile, ‘eng’), da accadico piāqum (essere sottile, ‘eng sein’) : l'italiano " piccolo ", è dalla stessa base di accadico pīqu (sottile).


La voce Alba talora richiama una base corrispondente ad accadico ḫalpû, ḫalpiu sumero ḫalbi(.), ḫalbia (specchio d'acqua, ‘well’), da non confondere con Alba derivante dalla base suddetta indicante alti monti candidi di neve: accadico ḫalpû (‘frost, freezing’), sumero ḫalbia.


Album Ingaunum, Albenga, nel suo nome antico Album riflette la sua ubicazione nella vasta piana costiera, costituita dai depositi alluvionali del fiume Centa che, dopo il Varo, è il più ricco di acqua nella Liguria occidentale.
Così in Album Intimilum, l'antica Ventimiglia presso l'attuale Ponte Nervia del fiume Roia, che nei pressi della città ha la sua foce, la voce Album, come la base del nome antico del Tevere, Albula, richiama ancora la voce di origine sumerica ḫalbia, accadico ḫalpû (riserva d'acqua, pozzo, ‘a kind of well’), alla quale deve ricondursi l'idronimo indoeuropeo *albh- al quale il Krahe (Sprache u. Vorzeit, p. 49) assegnava il significato di " acqua corrente ".
Alba, nell'attuale provincia di Cuneo, l'antica Alba Pompeia, alla confluenza del torrente Cherasco col Tanaro e a dominio sulla via della valle del Tanaro, è ricordata da Plinio (III, 5, 49), Tolomeo (III, 1, 48) e altri; posa su una importante stazione neolitica.
Holder (s.v. Albion) ritenne il nome ligure e significherebbe " città bianca ". Si tratta anche di toponimo d'origine idronimica per Alba Julia, in Transilvania, posta sul torrente Ampoele, per Alba Fucente, Alba Fucens o Fucentia, a nord ovest del lago Fucino.

La voce Genua, omonima di Genève, Genava, Ginevra, Genua, come è nei codici del De bello Gallico, risale ai remoti stanziamenti liguri.
I tentativi etimologici che accostarono Genua al latino genua (ginocchia) sono ingenui.

L'oppidum preromano di Genova, su un poggio a dirupo sul mare, nell'attuale regione di Castello, delle Grazie e di p. Sarzano, così come la posizione di Ginevra, oppidum degli Allobrogi, ma di nome preceltico, sul poggio che scende ripido verso il lago, lascia pensare che successivamente la base sia stata sentita come sumero gen (monte; ‘Berg’), accadico gennû, ginnû (montagna, ‘mountain’), che si ritrova in Gennargentu, il nome del massiccio montuoso centro-orientale della Sardegna inteso poi " Porta d'argento " (v. p. 595 Gonnos e i vari genna sardi).

Chiavari, città ligure presso il mare, alla foce dell'Entella, il più notevole torrente della Riviera, deriva da basi corrispondenti ad accadico kalû-ḫāri (argine del fiume): kalû (argine, diga, ‘dike: surrounding fields to keep the irrigation water inside the field; a type of marshy ground affected by salinity’) e ḫarru (‘watercourse’).

Il nome di Camogli nella tradizione viene legato a quello di una divinità. In realtà il toponimo, di base antica, richiama testimonianze liguro-celtiche come il britannico Camulodum (Colchester), dal nome del celtico : Camulus " il furioso " corrispondente ad accadico kamlu (‘wrathful’); Camulogeno (il figlio di Camulus), re dei Galli, da base di importazione di origine fenicia.

Larius il nome probabilmente ligure del lago di Como, riflette perfettamente la sua configurazione, poiché correndo da nord a sud si divide in due rami. Larius corrisponde ad antico babilonese lârum (ramo, biforcazione, ‘branch, fork’).
La stessa etimologia ha il nome dell'antica città dei Frentani, Larinum, ubicata su un ramo del Tifernus: -inum corrisponde ad accadico -īnum che ha costantemente il significato di " fiume ", più che di " sorgente ".


Monaco, quiete in zona battuta da venti (Strab. 4, 6, 2), Μόνοιχος, sembra attributo di Ercole che vi ebbe un tempio, un Melkart che acquieta le acque: significa ‘Meeresstille’; accadico (acque) e nuāḫu (calmarsi).

Per testimonianza di Catone (in Plin., III, 124 sgg.) Bergomum, Bergamo, è orobia: ovviamente ci si affrettò a riannodarlo alla radice indoeuropea bherg-: ma il senso di bergen " nascondere " mal si chiarì col concetto di tollendo servare.
Bergomum, come Πέργαμος, Parga, Barga, Περγασή, demo greco, hanno origine da una base che si ritrova in accadico parakkum (posto alto nel tempio, cella, santuario, ‘Hochsitz, Kapelle; Heiligtum od. Cella’; cfr. parak- seguito dal nome di divinità, vS, 828 a), dalla base di accadico parākum (sbarrare, ‘sich quer legen’; cfr. parāqu ‘abtrennen’), con aggettivo verbale parkum (che sbarra, ‘querliegend’), greco πύργος (recinto, baluardo), ittita parkuš (alto), latino burgus, m. n. tededesco Burg.

Plinio ha qualche giustificato riserbo nell'attingere ai Greci notizie di casa sua: « Pudet a Graecis Italiae rationem mutuari »; e, nonostante, si induce a riferire che Bodincus, greco Βόδεγχος, nome dell'alto Po, già ricordato da Polibio come nome usato dagli abitanti, παρά τοῖς ™γχωρίοις, a stare a Metrodoro (Plinio, N.h., III, 122) in ligure significherebbe " senza fondo ".
Plinio ricorda a tale proposito il più antico nome della città di Industria, Bodincomagus, non lontano da Chivasso.
Il Müllenhoff (D. Altertumsk. III, 191) accostò l'indogermanico *bhudb- (fondo), antico indiano budhnah, greco πυφμήν, latino fundus, antico alto tedesco bodam.
Il Geografo Ravennate (IV, 26) reca Bodungo, località sul lago di Costanza, dove dovremmo ammettere giungesse l'influenza ligure.
In realtà l'equazione Bodincum ligure, latino fondo carantem, merita il credito che raccoglie l'idronimo Padus dallo stesso Metrodoro derivato dal gallico padi, cioè arbor ... picea.

Padus, *Patus (cfr. Patavium) come risulta nel capitolo degli idronimi, corrisponde ad accadico pattum (‘canal’; ‘Kanal’), da accostare ad accadico pātum (riva, ‘side Seite, Rand’), pā(t)um (limite, ‘Grenze’) ; antico assiro battu (‘side’'); e Bodincus, Βόδεγχος, che deve avere indicato un particolare tratto, significa " giro del fiume ", le così dette ancone (anse, anche) del Po: l'affisso -encus, -incus richiama la base corrispondente ad accadico enqu, unqu (piega, giro, ‘Windung’].

Ma non dobbiamo ammettere che sia del tutto invenzione di Metrodoro di Scepsi il significato di " privo di fondo " attribuito alla voce Βόδεγχος.
Egli può avere avuto presente una base corrispondente ad antico assiro e antico babilonese butuqqû che significa " mancanza di ...e ciò è la spia che in realtà Bodincus risulti dal remoto incrocio con la base corrispondente ad accadico (butuqtu) butiqtu (inondazione, ‘fiood’).

I nomi antichi dei fiumi liguri sono di una chiara trasparenza: l'antico idronimo Rutuba, la Roia, echeggia l'antico nome del fiume britannico Richborough, Rutupae, chiara testimonianza di una grande unità che si inserisce in un più vasto contesto: l'origine di questo idronimo si ritrova nella base corrispondente ad accadico rutbu (irrigazione, umidità, ‘irrigation, moisture’; ‘Feuchtigkeit’), dal verbo ratābu (‘to irrigate’; ‘befeuchten’), incrociatosi con antico babilonese ratāpu (scorrere oltre, ‘fortfahren’); la Magra, Macra, corrisponde ad accadico makrum, aggettivo verbale di makāru (‘to flood to irrigate’) : ugaritico mqr (fonte, ‘Brunnen’), arabo maqrā (luogo dove si raccoglie l'acqua, ‘Ort, wo sich Wasser sammelt’); altrettanto leggibile è il significato di Vara, il Varo, di cui si può scorgere nel capitolo dedicato agli idronimi.

Ma non si può tacere qui del Polcevera che nella tavola di bronzo del 117 a. C. appare nella forma Porcobera o Procobera; è fiume secco o quasi in estate.
Plinio (Nat. hist., III, 48) ha Porcifera, inteso come “porteur de truites ou de perches” sulla base di irlandese orc (*PORK0-, Olsen, « KZ. », XXXIX, 1906, p. 608 sgg.): il Devoto giustamente intuì la corrispondenza col latino porca, ma tradusse “porteur de sillons”, che non ha senso.
(Non c’entra il porco-maiale; così anche tutti i toponimi Porcilaie-Porciglia che ci sono in giro, non hanno nulla a che fare con i porci.)

Il latino porca ha l'accezione addotta da Festo: «porcae appellantur rari sulci qui ducuntur aquae derivandae gratia»; e la voce latina, come antico alto tedecso furh richiama accadico perku, perkat (solco, linea trasversale, ‘Querlinie’, plurale’ Querfurchen’), e la componente -bera corrisponde al suddetto accadico bēru, būru, semitico bi’r, ebraico bōr (corso d'acqua, fonte, ‘well’; ‘Wasserlauf, Brunnen’).
(A -bera si può connettere Berua, antico nome nella Venetia)

Porcobera va connessa con la base di Pergine, in Valsugana, sulla sella spartiacque tra Fersina e Brenta e persino con la base di Perge, Πέργη, città della Panfilia, sulla destra del fiume Cistro.
Non è dubbio che la componente Perco- o Porco- sia la stessa che si ritrova nel nome che gli indigeni Iberi davano al Baetis, per testimonianza di Stefano Bizantino (Steph.: « .............................................................»).
Il Bochard richiama anche il nome dello stagno nei pressi di Enna, Percusa (Geogr., p. 606).
In senso più aderente, dunque, la base richiama accadico perku (riva, limite, argine, es. perku ša nāri ‘Ein Flussdamm’ vS, 855): Polcevera indica " l'argine del fiume ", un fiume che nelle piene ha ben bisogno di argini!

Gandobora non può disgiungersi da altri idronimi consimili, come Cantwara base di Cantwara-byrig (Canterbury), inteso a torto come la " città degli uomini del Kent ".
La base ganda, di Gandobera, si ritrova persino nel nome del castello romano Ganda, Gand, alla confluenza della Lys con la Schelda.
L'idronimo fu analizzato dal Bertoldi in maniera che al Devoto parve impeccabile, come composto da un tema mediterraneo ganda " pietra " bera " che porta ".

Ben a ragione Dante Olivieri (Diz. di toponomastica lombarda, Milano 1961, p. 247) respinge l'interpretazione " trascinatore di sassi ", del Beroldi, meno bene reputa " illusoria " l'analogia supposta dal Bertoldi (Problemi di substrato., « Boll. Soc. Ling. », XXXII, 110; e « Norsk Tidskrift », V, 1930, 1768) del nome Gandovere, che egli scrive Gandòvera, col. n. ligure Polcevera.
Il Monti (Voc. Como, 92; e Saggio Vcabilario Gallia Cisalpina, 43) ricondusse Ganda al gallico GANDA "macereto, frana ".
Ma “macereto” non dà senso appropriato per un fiume. Gando- risale a base antichissima che si ritrova persino in ebraico gādā (sponda, riva, ‘bank of a river’), accadico gadu, qadu, ḫadu, ad (latino ad, ‘up to, as far as, concerning’) es. qadu narē (lungo fiumi, ad flumina, cfr. vS, 892) : Gandobera significa dunque "lungo fiume ", come si direbbe "Lungotevere, Lungarno".
La seconda componente richiama l'eterno accadico bēru < bērtu (corso d'acqua, ‘Wasserlauf’, vS, 122).

Per Comberanea, corso d'acqua nei pressi di Genova (C.I.L., ebd. 7) vengono richiamati cimrico cymmer, confluvium, bretone kemper ‘confluent’, e un celtico *kom-bero ‘Vereinigung’ (Kretschmer, « KZ. », XXXVIII, 118) per i quali non si può escludere l'interferenza della base corrispondente ad accadico kibru, kipru (‘bank of a canal, a river’). Per Comberanea occorre partire dal volgare cumba, dato per celtico, col valore di " piega del terreno ", piemontese cumba “sinclinale, convalle”, francese combe, spagnolo comba “concavità”.
E la base di cumba, come del latino cuppa, corrisponde ad accadico kuppu, gubbu (‘catchwater at a well, well’) dal verbo kapāpu, kabābu (‘to curve, to wrap around’), per assumere in cumba il valore di “convessità del terreno ove confluiscono le acque” (come anche in campo): la componente -beranea, richiama la base corrispondente ad accadico -būrāni, plurale, di būru, bēru, semitico bi'ir, ebraico bōr (‘pit, hole, well, pool’).

Nizza, da un presunto Νίχη, Nicaea, richiama un'antica base accadica nikkassa (tenuta, colonia, ‘property, assets’); il suo torrente Palo è accadico palgu (canale); Cemenelum (Cimiez), dalla base di Cevenne (v. p. 769) e accadico nīlum (corrente, watering ').

Antibes, Antipoli significò " al promontorio ": accadico adi, latino ad e la base di pala, “altura”.

Pentema, sardo pèntuma (precipizio), prelatino pèntima (rupe), dialetti salentini pentima, pentema, pentuma (macigno, scoglio), antico portoghese Bendoma monte (vedere anche Val Pantena nel veronese): antecedenti in accadico bāmtum > bāntu, pāntu, ugaritico bmt (costa montana, ‘Berg Hang, Rippengegend’), cfr. il monte Pindo.
Vesulus, Monviso, da base che significa “emergente, che si eleva”: corrisponde ad accadico wāsu-(e)lu (che si leva in alto): accadico wāsu (‘protruding’), da accadico asu (elevarsi, ‘to rise’) e elu (alto, ‘tall’).

Voltri. L’antico Veiturium, poi Vulturium, che ora è parte integrante di Genova, sorge sul punto più settentrionale della costiera ligure, sulle rive del torrente Leiro; il suo antico nome Veiturium significa sobborgo: battu-uri: bātu, battu (‘region around a city, side, edge’) e ūru (cinta di città, città, ‘enceinte, surrounding’), ebraico ‘īr (‘city, town, tower’).
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Re: Liguri

Messaggioda Berto » sab feb 06, 2016 12:18 pm

Ingauni, Euganei ?

http://www.treccani.it/enciclopedia/ingauni
Ingauni (lat. Ingauni) Antica popolazione ligure di navigatori dediti al commercio e alla pirateria; abitavano intorno al capoluogo Albingaunum (Albenga). Dalla parte dei Cartaginesi durante la guerra annibalica, furono sottomessi da L. Emilio Paolo nel 181 a.C.

https://it.wikipedia.org/wiki/Albenga

Il nome attuale arriva dal latino Albíngaunum che è identico ad Albium Ingaunum, cioè città capoluogo + genitivo plurale ligure in -um. L'etnonimo Ingauni è formato da ing, di origine indoeuropea, e auno, comune alla zona gallo-ligure. Quanto ad Albium deriverebbe da alb/alp un'antica radice preindoeuropea (roccia, altura), spesso associata erroneamente all'"albium" latino che significa bianco o chiaro. Il primo nome fu Albium Ingaunum, ma quando venne conquistata dai romani il nome divenne Albingaunum, subito dopo la caduta di Roma divenne Albingauno ed intorno all'anno mille il nome diventa Albingano.


Euganei/ Eugani/ Ougagni/Ogagni
viewtopic.php?f=134&t=515


Euganei/ Eugani/ Ougagni/Ogagni 1
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... 5wSzg/edit
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Albio-labio-alveo, Albenga, Albione, Albignasego, Albalonga, ...
viewtopic.php?f=45&t=98
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... g3UDg/edit
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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... uganei.jpg
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