La demenza irresponsabile di Bergoglio e dei bergogliani

Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio e dei bergogliani

Messaggioda Berto » ven nov 24, 2017 9:19 pm

Questo individuo è un fanatico-invasato violatore seriale dei valori-doveri-diritti umani universali, un parassita di prima grandezza capo di una casta che vive anche grazie ai proventi dell'estorsione dello stato italiano tramite l'8xmille e altre forme di finaziamento a nostre spese.
Costui ha persino santificato l'assassino criminale Maometto e il suo nazismo maomettano; un irresponsabile senza criterio del bene e del male, senza rispetto per noi e che ci porta la morte in casa.



Papa Francesco: "Stop a chi fomenta xenofobia"
Luca Romano - Ven, 24/11/2017

Papa Francesco torna a parlare dell'emergenza immigrazione e anche della xenofobia che a suo dire si sta diffondendo sempre di più

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 67011.html

Durante la 51esima Giornata mondiale della Pace che si celebrerà il prossimo 1 gennaio, il Pontefice dedica un messaggio proprio sul tema dei migranti: "Bisogna dire stop a quanti fomentano la paura nei confronti dei migranti, magari a fini politici", è in gioco la "dignità umana che si deve riconoscere a tutti in quanto figli e figlie di Dio".

Poi il Pontefice parla anche di cosa sta accandendo negli Stati in cui arrivano i migranti, ovvero mette nel mirino anche chi in politica pone l'accento sulla sicurezza nazionale: "Si è largamente diffusa una retorica che enfatizza i rischi per la sicurezza nazionale o l'onere dell'accoglienza dei nuovi arrivati, disprezzando così la dignità umana che si deve riconoscere a tutti, in quanto figli e figlie di Dio". Poi il Pontefice guarda al futuro e analizza nello specifico il fenomeno migrazioni che riguarderà il mondo anche nei prossimi anni: "Tutti gli elementi di cui dispone la comunità internazionale indicano che le migrazioni globali continueranno a segnare il nostro futuro. Alcuni le considerano una minaccia. Io, invece, - è l'esortazione del Papa - vi invito a guardarle con uno sguardo carico di fiducia, come opportunità per costruire un futuro di pace". Insomma di fatto il Pontefice manda un messaggio chiaro sulle migrazioni, un fenomeno di cui, a suo dire, non bisogna aver paura.



Compassione e coraggio verso i migranti. No alla retorica della paura
Gianni Cardinale
venerdì 24 novembre 2017

https://www.avvenire.it/papa/pagine/pap ... diale-pace

È dedicato agli oltre 250 milioni di migranti nel mondo, dei quali 22 milioni e mezzo sono rifugiati, il Messaggio di papa Francesco per la 51ma Giornata mondiale della pace che verrà celebrata da tutta la Chiesa il prossimo 1° gennaio. Con l'invito a guardare a questo fenomeno non come “una minaccia” ma come “una opportunità per costruire un futuro di pace”.

Il documento, diffuso oggi, porta significativamente la data del 13 novembre, memoria liturgica di Santa Francesca Cabrini, patrona dei migranti, che – sottolinea il Pontefice . “ci ha insegnato come possiamo accogliere, proteggere, promuovere e integrare questi nostri fratelli e sorelle”.

Papa Francesco esorta ad abbracciare “con spirito di misericordia” tutti coloro che “fuggono dalla guerra e dalla fame” o che “sono costretti a lasciare le loro terre a causa di discriminazioni, persecuzioni, povertà e degrado ambientale”. E lo fa ricordando che “accogliere l’altro richiede un impegno concreto, una catena di aiuti e di benevolenza, un’attenzione vigilante e comprensiva”, e anche “la gestione responsabile di nuove situazioni complesse che, a volte, si aggiungono ad altri e numerosi problemi già esistenti, nonché delle risorse che sono sempre limitate”.

Di qui l’invito ai “governanti” affinché “praticando la virtù della prudenza” sappiano “accogliere, promuovere, proteggere e integrare, stabilendo misure pratiche”, e questo, con una espressione ripresa dalla Pacem in Terris di Giovanni XXIII, “nei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso, [per] permettere quell’inserimento”. I governanti infatti “hanno una precisa responsabilità verso le proprie comunità, delle quali devono assicurarne i giusti diritti e lo sviluppo armonico, per non essere come il costruttore stolto che fece male i calcoli e non riuscì a completare la torre che aveva cominciato a edificare”.

Papa Francesco osserva che “in molti Paesi” raggiunti dai migranti “si è largamente diffusa una retorica che enfatizza i rischi per la sicurezza nazionale o l’onere dell’accoglienza dei nuovi arrivati, disprezzando così la dignità umana che si deve riconoscere a tutti, in quanto figli e figlie di Dio”. “Quanti fomentano la paura nei confronti dei migranti, magari a fini politici, - aggiunge - anziché costruire la pace, seminano violenza, discriminazione razziale e xenofobia, che sono fonte di grande preoccupazione per tutti coloro che hanno a cuore la tutela di ogni essere umano”.

Ma se “alcuni” considerano le migrazioni globali “una minaccia”, “io, invece, - ribadisce con forza il successore di Pietro - vi invito a guardarle con uno sguardo carico di fiducia, come opportunità per costruire un futuro di pace”.

Papa Francesco esorta ad avere uno “sguardo contemplativo” sul fenomeno migratorio, in modo che sappia “guidare il discernimento dei responsabili della cosa pubblica, così da spingere le politiche di accoglienza fino al massimo dei ‘limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso’ (Pacem in Terris), considerando cioè le esigenze di tutti i membri dell’unica famiglia umana e il bene di ciascuno di essi”.

A questo punto Papa approfondisce il senso delle quattro azioni che sono alla base di una adeguata strategia per affrontare il fenomeno delle migrazioni: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Così “accogliere” richiama “l’esigenza di ampliare le possibilità di ingresso legale, di non respingere profughi e migranti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e violenze, e di bilanciare la preoccupazione per la sicurezza nazionale con la tutela dei diritti umani fondamentali”.

“Proteggere” poi ricorda “il dovere di riconoscere e tutelare l’inviolabile dignità di coloro”, e in particolare delle donne e dei bambini a rischio di abusi e schiavitù, che “fuggono da un pericolo reale in cerca di asilo e sicurezza, di impedire il loro sfruttamento”.

“Promuovere” quindi rimanda “al sostegno allo sviluppo umano integrale di migranti e rifugiati”, con un attenzione speciale ad “assicurare ai bambini e ai giovani l’accesso a tutti i livelli di istruzione” in modo che siano “maggiormente in grado di andare incontro agli altri, coltivando uno spirito di dialogo anziché di chiusura o di scontro”.

“Integrare”, infine, “significa permettere a rifugiati e migranti di partecipare pienamente alla vita della società che li accoglie, in una dinamica di arricchimento reciproco e di feconda collaborazione nella promozione dello sviluppo umano integrale delle comunità locali”.

Il Messaggio di papa Francesco si chiude con un auspicio riguardante il processo che lungo il 2018 condurrà alla definizione e all’approvazione da parte delle Nazioni Unite di due patti globali, uno per migrazioni sicure, ordinate e regolari, l’altro riguardo ai rifugiati. L’auspicio è che questi patti “siano ispirati da compassione, lungimiranza e coraggio, in modo da cogliere ogni occasione per far avanzare la costruzione della pace: solo così il necessario realismo della politica internazionale non diventerà una resa al cinismo e alla globalizzazione dell’indifferenza”.

A questo proposito in Pontefice ricorda che la Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale “ha suggerito 20 punti di azione quali piste concrete per l’attuazione di questi quattro verbi nelle politiche pubbliche, oltre che nell’atteggiamento e nell’azione delle comunità cristiane”. “Questi ed altri contributi – ribadisce il Pontefice - intendono esprimere l’interesse della Chiesa cattolica al processo che porterà all’adozione dei suddetti patti globali delle Nazioni Unite”. E tale interesse “conferma una più generale sollecitudine pastorale nata con la Chiesa e continuata in molteplici sue opere fino ai nostri giorni”.



Papa Francesco dedica ai migranti e rifugiati il Messaggio della Giornata della Pace
(24/11/2017)

http://www.vita.it/it/article/2017/11/2 ... orn/145233

Papa Francesco dedica a «migranti e rifugiati, uomini e donne in cerca di pace», il suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, che si celebrerà il prossimo 1° gennaio 2018. Pubblicato oggi, il Messaggio è stato vergato dal Papa il 13 novembre, memoria di Santa Francesca Saverio Cabrini, Patrona dei migranti, una «piccola grande donna, che consacrò la propria vita al servizio dei migranti, diventandone poi la celeste patrona, ci ha insegnato come possiamo accogliere, proteggere, promuovere e integrare questi nostri fratelli e sorelle».

La pace, afferma il Papa, è «un’aspirazione profonda di tutte le persone e di tutti i popoli, soprattutto di quanti più duramente ne patiscono la mancanza. Tra questi, che porto nei miei pensieri e nella mia preghiera, voglio ancora una volta ricordare gli oltre 250 milioni di migranti nel mondo».

«Abbracciamo tutti coloro che fuggono dalla guerra e dalla fame o che sono costretti a lasciare le loro terre a causa di discriminazioni, persecuzioni, povertà e degrado ambientale», scrive Francesco, sapendo che «aprire i nostri cuori alla sofferenza altrui non basta» e che «accogliere l’altro richiede un impegno concreto, una catena di aiuti e di benevolenza, un’attenzione vigilante e comprensiva, la gestione responsabile di nuove situazioni complesse che, a volte, si aggiungono ad altri e numerosi problemi già esistenti, nonché delle risorse che sono sempre limitate».

L’invito ai governanti è quello di accogliere «praticando la virtù della prudenza», «nei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso, [per] permettere quell’inserimento». I governanti infatti «hanno una precisa responsabilità verso le proprie comunità, delle quali devono assicurarne i giusti diritti e lo sviluppo armonico, per non essere come il costruttore stolto che fece male i calcoli e non riuscì a completare la torre che aveva cominciato a edificare». Eppure «in molti Paesi di destinazione si è largamente diffusa una retorica che enfatizza i rischi per la sicurezza nazionale o l’onere dell’accoglienza dei nuovi arrivati, disprezzando così la dignità umana che si deve riconoscere a tutti, in quanto figli e figlie di Dio. Quanti fomentano la paura nei confronti dei migranti, magari a fini politici, anziché costruire la pace, seminano violenza, discriminazione razziale e xenofobia, che sono fonte di grande preoccupazione per tutti coloro che hanno a cuore la tutela di ogni essere umano. Tutti gli elementi di cui dispone la comunità internazionale indicano che le migrazioni globali continueranno a segnare il nostro futuro. Alcuni le considerano una minaccia. Io, invece, vi invito a guardarle con uno sguardo carico di fiducia, come opportunità per costruire un futuro di pace».

Papa Francesco invita ad avere sui migranti uno «sguardo contemplativo»: «osservando i migranti e i rifugiati, questo sguardo saprà scoprire che essi non arrivano a mani vuote: portano un carico di coraggio, capacità, energie e aspirazioni, oltre ai tesori delle loro culture native, e in questo modo arricchiscono la vita delle nazioni che li accolgono. Saprà scorgere anche la creatività, la tenacia e lo spirito di sacrificio di innumerevoli persone, famiglie e comunità che in tutte le parti del mondo aprono la porta e il cuore a migranti e rifugiati, anche dove le risorse non sono abbondanti. Questo sguardo contemplativo, infine, saprà guidare il discernimento dei responsabili della cosa pubblica, così da spingere le politiche di accoglienza fino al massimo dei limiti consentiti dal bene comune correttamente inteso, considerando cioè le esigenze di tutti i membri dell’unica famiglia umana e il bene di ciascuno di essi. Chi è animato da questo sguardo sarà in grado di riconoscere i germogli di pace che già stanno spuntando e si prenderà cura della loro crescita. Trasformerà così in cantieri di pace le nostre città, spesso divise e polarizzate da conflitti che riguardano proprio la presenza di migranti e rifugiati».

Il Messaggio ha poi una parte molto concreta, con quattro «pietre miliari per l’azione»: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. «Accogliere richiama l’esigenza di ampliare le possibilità di ingresso legale, di non respingere profughi e migranti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e violenze, e di bilanciare la preoccupazione per la sicurezza nazionale con la tutela dei diritti umani fondamentali»; «Proteggere ricorda il dovere di riconoscere e tutelare l’inviolabile dignità di coloro che fuggono da un pericolo reale in cerca di asilo e sicurezza, di impedire il loro sfruttamento»; «Promuovere rimanda al sostegno allo sviluppo umano integrale di migranti e rifugiati», in particolare con l’«assicurare ai bambini e ai giovani l’accesso a tutti i livelli di istruzione»; «Integrare infine significa permettere a rifugiati e migranti di partecipare pienamente alla vita della società che li accoglie, in una dinamica di arricchimento reciproco e di feconda collaborazione».


Papa Francesco: "Immigrati, i politici che fomentano la paura seminano violenza razzista"
24 Novembre 2017

http://www.liberoquotidiano.it/news/ita ... zismo.html

Da Papa Francesco, un duro atto d'accusa contro la politica. O meglio, alcuni politici. "Quanti fomentano la paura nei confronti dei migranti, magari a fini politici, anziché costruire la pace, seminano violenza, discriminazione razziale e xenofobia, che sono fonte di grande preoccupazione per tutti coloro che hanno a cuore la tutela di ogni essere umano", afferma nel Messaggio per la Giornata Mondiale della pace che si celebrerà il prossimo gennaio. "In molti Paesi di destinazione - continua il Papa nel testo reso noto oggi - si è largamente diffusa una retorica che enfatizza i rischi per la sicurezza nazionale o l’onere dell’accoglienza dei nuovi arrivati, disprezzando così la dignità umana che si deve riconoscere a tutti, in quanto figli e figlie di Dio".

Dunque, il Pontefice torna a predicare politiche dell'accoglienza. "Offrire a richiedenti asilo, rifugiati, migranti e vittime di tratta una possibilità di trovare quella pace che stanno cercando, richiede una strategia che combini quattro azioni: accogliere, proteggere, promuovere e integrare". Dunque insiste sull'"esigenza di ampliare le possibilità di ingresso legale, di non respingere profughi e migranti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e violenze, e di bilanciare la preoccupazione per la sicurezza nazionale con la tutela dei diritti umani fondamentali".




Immigrati, Sartori: "Galantino? Un demente. La Chiesa pensi ai cristiani"
Claudio Cartaldo - Gio, 20/08/2015

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 61712.html

Il politologo si scaglia contri i vertici della Chiesa: "La Cei non si occupi di politica. Papa Francesco? Un furbacchione..."

Durissimo attacco del politologo più importante d'Italia sul protagonismo del segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino.

Che nei giorni scorsi ha attaccato la Lega Nord di Matteo Salvini ed anche le scelte del governo Renzi sull'immigrazione.

Giovanni Sartori ha 91 anni, ma ancora le idee molto chiare. E bacchetta la Cei di eccessivo protagonisto, Chiesa che invece di pensare ai cristiani si preoccupa di metter bocca sulle questioni politiche nazionali. Che non gli competono.

"Monsignor Galantino? A me quello mi sembra...un demente - dice Sartori, intervistato dal Messaggero - per due anni lui e gli altri della Chiesa di Bergoglio non hanno fiatato sulle stragi dei cattolici in Africa e nel resto del mondo, sulla continua persecuzione dei curdi. Pensino a quelle cose lì, e lascino perdere i temi che non competono loro". Non condivide, insomma, la posizione della Cei nei confronti della politica italiana. "Si sono svegliati di botto - continua il politologo - e il fatto che abbiano preso a dire cose che dicono tutti e nel modo in cui le dicono tutti. E i curdi che muoiono? E gli altri cristiani martirizzati?".

Insomma, il Vaticano dovrebbe tirare i remi in barca. "Per me, è una sciagura questo Vaticano che straparla. Se ne infischiano dei fatti veri e pensano a queste cosucce". Poi Sartori ne ha anche per Bergoglio: "Papa Francesco è un argentino furbacchione. E avrebbe immense questioni su cui concentrarsi. Si occupi di quella che lui chiama terza guerra mondiale combattuta a pezzetti".

Infine, una stoccata anche ai partiti e a Renzi: "Questo sistema politico fa schifo e non reggerà. Non vedo come potrà andare avanti. Renzi ha vinto le primarie ma non le politiche. Ha vinto le europee ma non le politiche. E la sua maggioranza procede a colpi di pastrocchi". "Ma Galantino queste cose le faccia dire a me. Lui che cosa c'entra?".


Giovanni Sartori (Firenze, 13 maggio 1924 – Roma, 1º aprile 2017) è stato un politologo e sociologo italiano.

https://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Sartori

È considerato uno dei massimi esperti di scienza politica a livello internazionale e il più importante scienziato politico italiano. In Italia si deve a lui la nascita della scienza politica come disciplina accademica. Autore di fondamentali volumi tradotti in una molteplicità di lingue, Sartori ha scritto di democrazia, di partiti e di sistemi di partito, di teoria politica e di analisi comparata, di ingegneria costituzionale. È stato insignito di otto lauree honoris causa e nel 2005 ha ricevuto il prestigioso Premio Principe delle Asturie, considerato il Nobel delle scienze sociali. Dal 1979 al 1994 ha ricoperto la prestigiosa cattedra Albert Schweitzer Professor in the Humanities alla Columbia University ed è stato professore emerito di Scienza politica all'Università di Firenze. È stato editorialista per il Corriere della Sera.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio e dei bergogliani

Messaggioda Berto » sab nov 25, 2017 3:30 pm

Il Papa demente e ademocratico che si crede pastore e ci crede la sue pecore, la sua massa informe da poter manipolare assieme alla casta dei politicanti.
Che Papa vergognoso, che orrenda figura, che parolaio!"




???
Papa Francesco ai politici: «L'accoglienza ai migranti ha dei limiti, serve prudenza»

http://www.ilmessaggero.it/primopiano/v ... 87208.html

Città del Vaticano - Papa Francesco ormai non ha dubbi: l'accoglienza dei migranti ha dei limiti oggettivi, concreti. Accogliere sì, ma con «prudenza», «considerando le esigenze di tutti i membri dell’unica famiglia umana e il bene di ciascuno di essi». La quadratura del cerchio tra flussi di migranti e soglie di massima tolleranza sul numero dei richiedenti spetta ai governanti, alla loro lungimiranza e alla capacità di avere uno «sguardo contemplativo, capace di «guidare il discernimento dei responsabili della cosa pubblica, così da spingere le politiche di accoglienza fino al massimo dei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso». Tutto dovrebbe passare dal grande snodo dell'integrazione. Integrare, spiega il Papa nel Messaggio mondiale della Pace, quest'anno dedicato al dramma di 250 milioni di persone in fuga da miseria, persecuzioni, guerre, siccità, cataclismi naturali, «significa permettere a rifugiati e migranti di partecipare pienamente alla vita della società che li accoglie, in una dinamica di arricchimento reciproco e di feconda collaborazione nella promozione dello sviluppo umano integrale delle comunità locali». Come scriveva San Paolo «così da non essere più stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e familiari di Dio». Insomma il problema vero è dei politici che dovranno conciliare flussi sempre più pressanti alla reale capacità di tolleranza delle regioni d'arrivo. Una equazione difficile che interessa tanto l'America quanto l'Europa.

«Promuovere rimanda al sostegno allo sviluppo umano integrale di migranti e rifugiati. Tra i molti strumenti che possono aiutare in questo compito, desidero sottolineare – suggerisce il Papa - l’importanza di assicurare ai bambini e ai giovani l’accesso a tutti i livelli di istruzione: in questo modo essi non solo potranno coltivare e mettere a frutto le proprie capacità, ma saranno anche maggiormente in grado di andare incontro agli altri, coltivando uno spirito di dialogo anziché di chiusura o di scontro».

Scrive il Papa: «Praticando la virtù della prudenza, i governanti sapranno accogliere, promuovere, proteggere e integrare, stabilendo misure pratiche, nei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso, per permettere quell’inserimento. Essi hanno una precisa responsabilità verso le proprie comunità, delle quali devono assicurarne i giusti diritti e lo sviluppo armonico, per non essere come il costruttore stolto che fece male i calcoli e non riuscì a completare la torre che aveva cominciato a edificare». Come dire ai politici che se dovessero sbagliare a fare entrare troppi migranti il rischio è una nuova Babele.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio e dei bergogliani

Messaggioda Berto » sab dic 02, 2017 7:12 am

Papa in Myanmar, l'incontro con Aung San Suu Kyi
28 Novembre 2017

http://www.liberoquotidiano.it/news/est ... u-kyi.html

Città del Vaticano, 28 nov. (AdnKronos) - Un incontro che riafferma la nostra fede nel potere e nella possibilità di pace e misericordia. Con queste parole la leader del Myanmar Aung San Suu Kyi ha accolto Papa Francesco nella capitale Nay Pyi Taw. Nel suo discorso, il premio Nobel per la Pace ha ringraziato il Pontefice per "essere arrivato qui da noi" e ha chiesto a Bergoglio di "portare forza e speranza nella comprensione dei nostri bisogni, della pace, della riconciliazione nazionale e dell'armonia sociale".

"Il nostro inno nazionale, adottato al momento della nostra indipendenza, inizia con le parole 'Non deviare mai dalla giusta libertà', riflettendo la ferma convinzione dei padri fondatori della nostra nazione che la vera libertà non può sopravvivere senza giustizia", ha detto ancora la leader birmana, spiegando che oggi "spetta a noi continuare il compito di costruire una nazione fondata su leggi e istituzioni che garantiscano a tutti giustizia, libertà e sicurezza".

Nel suo discorso San Suu Kyi sottolinea poi "le sfide che affronta il Myanmar sono molte e ognuna richiede forza, pazienza e coraggio. La nostra nazione è un ricco arazzo di diversi popoli, lingue e religioni, tessuto su uno sfondo di un vasto potenziale naturale. Lo scopo del nostro governo è di far emergere la bellezza della nostra diversità e di renderla la nostra forza, proteggendo i diritti, promuovendo la tolleranza e garantendo la sicurezza per tutti".

"Sono molto grato a tutti coloro che hanno lavorato instancabilmente per rendere possibile questa visita", ha detto dal canto suo il Pontefice. "Sono venuto, soprattutto, a pregare con la piccola ma fervente comunità cattolica della nazione, per confermarla nella fede e incoraggiarla nella fatica di contribuire al bene del Paese - ha sottolineato - Sono molto lieto che la mia visita si realizzi dopo l'istituzione delle formali relazioni diplomatiche tra Myanmar e Santa Sede". Il Papa legge questa decisione come "segno dell'impegno della nazione a perseguire il dialogo e la cooperazione costruttiva all'interno della più grande comunità internazionale, come anche a rinnovare il tessuto della società civile".



Papa Francesco incontra Aung San Suu Kyi: 'Il futuro del Myanmar sia la pace'
2017/11/28

http://www.ansa.it/sito/notizie/politic ... 748d5.html

È durato 23 minuti il colloquio privato tra il papa e il ministro degli Esteri e Consigliere diplomatico del Myanmar Aung San Suu Kyii, nella sala del Corpo diplomatico del palazzo presidenziale della capitale Nay Pyi Taw.

Papa ha detto ad autorità e Corpo diplomatico del Paese che "il futuro del Myanmar deve essere la pace, una pace fondata sul rispetto della dignità e dei diritti di ogni membro della società, sul rispetto di ogni gruppo etnico e della sua identità, sul rispetto dello stato di diritto e di un ordine democratico che consenta a ciascun individuo e ad ogni gruppo, nessuno escluso, di offrire il suo legittimo contributo al bene comune. L'arduo processo di costruzione della pace e della riconciliazione nazionale - ha proseguito Francesco - può avanzare solo attraverso l'impegno per la giustizia e il rispetto dei diritti umani. La giustizia - ha concluso - è volontà di riconoscere a ciascuno ciò che gli è dovuto", e queste intuizioni hanno portato a creare l'Onu e a concepire la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.

Aung San Suu Kyi ha affermato che l'incontro con il Papa, (nel palazzo presidenziale della capitale, prima in privato e poi con un discorso della "Signora", ndr), "rimarca la nostra fiducia nel potere e nella possibilità di pace". Ha citato la crisi del Rakhine (dove sono i musulmani "rohingya", ndr); ha incluso il Papa tra quei "buoni amici" il cui "sostegno allo sforzo di pacificazione" ha un valore "inestimabile". Per Aung San Suu Kyi la crisi dei musulmani del Rakhine - che si chiamano "rohingya" ma che i birmani, il governo, i militari e le altre etnie chiamano "bengali del Rakhine" - si è trasformata in un grande problema, tanto che secondo alcuni osservatori negli attacchi dell'agosto scorso a postazioni militari del Rakhine, attacchi ad opera dell'esercito di liberazione dei rohingya, ci sarebbe il disegno destabilizzante proprio dei militari, contro la leader democratica e la sua opera di integrazione delle minoranze. Incontrando pubblicamente il Papa nel palazzo presidenziale della capitale Nay Pyi Taw, la ministra degli Esteri del Paese ha affrontato con determinazione non solo la questione del Rakhine, ma le sfide del Paese che deve uscire da decenni di dittatura militare. In questo percorso, ha annoverato il Papa tra i "buoni amici", citando anche le relazioni diplomatiche che Myanmar e Santa Sede hanno allacciato lo scorso maggio. Sono un nuovo inizio, ha detto, ma per le persone della mia generazione sono anche la conferma di antichi legami. La leader democratica ha ricordato di aver iniziato gli studi in una scuola cattolica, quella dei francescani, e ha ringraziato per il contributo della Chiesa alla storia e in prospettiva al futuro del Paese. Ha parlato in inglese, (queste note si basano su una traduzione non ufficiale, ndr), ma ha pronunciato due frasi in italiano: "Grazie per essere arrivato qui da noi" e "continuiamo a camminare insieme con fiducia". Ha anche citato il messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale della pace del 2017, le Beatitudini del discorso della montagna, che, ha detto la "Signora", sono anche una sfida per i governanti e un programma politico.

Lo staff del generale Min Aung Hlaing, che ieri ha incontrato papa Francesco nell'arcivescovado di Yangon insieme ad altri sei militari, ha fatto sapere tramite "Facebook" che nel colloquio tra il Pontefice e il generale, che è capo dell'esercito del Myanmar, il generale ha fatto presente che nel Paese "non c'è persecuzione religiosa né discriminazione religiosa".



Myanmar. Il cardinale raccomanda al Papa di non usare la parola 'Rohingya'. Ecco perché
27 novembre 2017

http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... 41174.html


Il cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon ha raccomandato a papa Francesco, in visita in Myanmar e Bangladesh, di non utilizzare il termine "Rohingya" per evocare la minoranza musulmana birmana, avvertendolo che "sia il governo sia i militari, ma anche la gente comune, soprattutto la Polizia, non gradiscono questo termine" che "ha un'accezione molto politica ed è un termine contestato".

Perchè in Myanmar questo nome è tabù?
La minoranza musulmana dei Rohingya in effetti non è mai stata riconosciuta come facente parte delle 135 etnie registrate in Birmania da una legge del 1982, instaurata dalla dittatura militare, rendendo così apolidi i suoi appartenenti. Ancora oggi, il governo birmano riconosce solo le "razze nazionali", quelle presenti nel paese prima dell'arrivo dei coloni britannici, nel 1823, e dunque non i Rohingya.

I birmani usano piuttosto le diciture "musulmani dello Stato di Rahkine" o "bengalesi", evocando così il fatto che sono percepiti come immigrati illegali originari del vicino Bangladesh voisin. Le autorità birmane ritengono, infatti, che siano arrivati nel paese al momento della colonizzazione britannica alla fine del XIX secolo.

Fu pronunciato per la prima volta da uno studioso scozzese

La parola "Rooinga" fu pronunciata per la prima volta nel 1799 da un geogrado e botanico scozzese, Francis Buchanan-Hamilton, che evocava con questo nome una popolazione che viveva nel nord dell'Arakan, nel sud ovest dell'attuale Birmania, dove ancora oggi vive circa un milione di Rohingya.

In realtà, papa Francesco ha già affermato la sua posizione, utilizzando a diverse riprese il termine "Rohingya": a febbraio, alla fine di un'udienza generale, ha chiesto ai fedeli di pregare "per i nostri fratelli e sorelle Rohingya" che "sono gente buona e pacifica", aveva detto. "Non sono cristiani, ma sono nostri buoni fratelli e sorelle. E da anni soffrono: sono torturati, uccisi, semplicemente per aver onorato e rispettato le loro tradizione e la loro fede musulmana". E ancora: alla fine di agosto, il Pontefice aveva denunciato: "la persecuzione della minoranza dei nostri fratelli Rohingya" e chiesto che "tutti i loro diritti siano rispettati".



Bergoglio ha detto dei Rohingya:

... E da anni soffrono: sono torturati, uccisi, semplicemente per aver onorato e rispettato le loro tradizione e la loro fede musulmana"

Cosa vuol dire "onorare e rispettare la tradizione e la fede mussulmana" ?

Vuol dire forse "fare come Maometto e come hanno sempre fatto i suoi seguaci detti maomettani sino ai giorni nostri come i maomettani dell'ISIS?"

Secondo Bergoglio i Rohingya in quanto maomettani hanno diritto di discriminare, perseguitare, uccidere e sterminare i diversamente religiosi e pensanti, e di imporre il loro idolo Allah con il suo Profeta Maometto e la sua parola del Corano all'umanità intera con ogni mezzo tra cui l'orrore e il terrore?




Monaci buddisti contro la visita di Papa Francesco in Myanmar
martedì 28 novembre 2017

http://www.secoloditalia.it/2017/11/mon ... m=facebook

I monaci buddisti birmani si sono schierati contro la visita di Papa Francesco e il governo di Aung San Suu Kyi per averlo invitato. La Patriotic Myanmar Monks Union (Pmmu) ha rilasciato una dichiarazione nella quale definisce la visita una «oppressione» del Myanmar buddista, in riferimento alle dichiarazioni che il Pontefice aveva fatto in passato a favore dei Rohingya. Più di 620.000 Rohingya sono fuggiti dallo stato birmano di Rakhine nel Bangladesh da agosto, risultato di ciò che è stato descritto dalle Nazioni Unite e dagli Stati Uniti come «pulizia etnica». Ma come molti nella Birmania a maggioranza buddista, compreso il governo, il PMMU (movimento razzista dei monaci buddisti che considera nemici islamici e cristiani) definisce i Rohingya “bengalesi illegali”. «Il Papa non dovrebbe usare la parola Rohingya», ha detto alla Dpa un monaco nazionalista di primo piano dello stato di Rakhine, Askhin Kumara, prima del discorso del Pontefice, durante il quale il termine non è stato effettivamente usato, spiegando che «può danneggiare la stabilità del paese, quelli che usano la parola Rohingya interferiscono con gli affari del paese».


Il Papa teme ritorsioni dei buddisti birmani contro i cattolici

Da parte sua il vice direttore di Human Rights Watch Asia, Phil Robertson, ha detto che Bergoglio potrebbe essere stato consigliato dalla Chiesa cattolica a non parlare dei Rohingya per timore di ripercussioni sulla minoranza cattolica della nazione che costituisce solo l’1,6% della popolazione. «È molto imprevedibile, specialmente se il governo e le forze armate chiudono intenzionalmente i loro occhi e lasciano che gruppi estremisti buddisti aggrediscano i cattolici», ha detto alla Dpa.



Alberto Pento
Fanno bene a protestare contro Bergoglio il sostenitore dei nazisti maomettani che uccidono i buddisti e i cristiani; questo Papa assurdo che non ha avuto una parola a difesa dei birmani e dei buddisti e nemmeno una di rimprovero e di critica verso i maomettani. Questo Papa è una mostruosità che parteggia per l'idolatria maomettana che non ha rispetto per nessuno, tanto meno per Dio.



Guarire le ferite, avere l'odore delle pecore
Mimmo Muolo, inviato in Myanmar
mercoledì 29 novembre 2017
Papa Francesco nell'incontro con i vescovi del Myanmar

https://www.avvenire.it/papa/pagine/pap ... ign=buffer

Guarigione, accompagnamento e profezia. Tre parole che rappresentano altrettanti impegni per la Chiesa del Myanmar. Francesco le pronuncia nel corso dell'incontro con i 22 vescovi birmani che lo attendono in arcivescovado di ritorno dall'incontro con i vertici dei monaci buddisti e dopo che lungo il tragitto ha fatto tappa alla St. Mary Cathedrale dove domani presiederà la Messa per e con i giovani. A bordo di una golf car il Pontefice saluta la folla all'esterno, si intrattiene con un anziano sacerdote in sedia a rotelle e fa una foto con i bambini del coro. Poi all'interno, dopo il saluto del presidente della Conferenza Episcopale, Felix Lian Khen Thang, vescovo di Kalay, pronunciato il suo discorso con diverse improvvisazioni a braccio: la raccomandazione di "guarire le ferite, di avere l'odore delle pecore e anche di Dio". Fuori programma un black out di pochi secondi che ha spento le luci, prontamente tornate a funzionare.

“Il Vangelo che predichiamo è soprattutto un messaggio di guarigione, riconciliazione e pace – si legge nel testo scritto -. Mediante il sangue di Cristo sulla croce Dio ha riconciliato il mondo a sé, e ci ha inviati ad essere messaggeri di quella grazia risanante. Qui in Myanmar, tale messaggio ha una risonanza particolare, dato che il Paese è impegnato a superare divisioni profondamente radicate e costruire l’unità nazionale. Le vostre greggi portano i segni di questo conflitto e hanno generato valorosi testimoni della fede e delle antiche tradizioni; per voi dunque la predicazione del Vangelo non dev’essere soltanto una fonte di consolazione e di fortezza, ma anche una chiamata a favorire l’unità, la carità e il risanamento nella vita del popolo”.
“La comunità cattolica in Myanmar può essere orgogliosa della sua profetica testimonianza di amore a Dio e al prossimo, che si esprime nell’impegno per i poveri, per coloro che sono privi di diritti e soprattutto, in questi tempi, per i tanti sfollati che, per così dire, giacciono feriti ai bordi della strada”. Nella guarigione, infine, il Papa ha anche ricordato l'importanza di tessere rapporti di amicizia con le altre religioni.

Per quanto riguarda invece l'accompagnamento, il discorso scritto sottolinea che “un buon Pastore è costantemente presente nei riguardi del suo gregge, conducendolo mentre cammina al suo fianco”. “Ricordatevi – aggiunge il Papa a braccio - che per un vescovo il prossimo più prossimo che c'è sono i sacerdoti, i quali in lui devono sempre poter vedere un padre”. Nel discorso scritto inoltre raccomanda “coinvolgimento missionario, soprattutto attraverso visite pastorali regolari alle parrocchie e alle comunità che formano le vostre Chiese locali. È questo un mezzo privilegiato per accompagnare, come padri amorevoli, i vostri sacerdoti nel loro impegno quotidiano a far crescere il gregge in santità, fedeltà e spirito di servizio”. Infine chiede anche accompagnamento dei giovani, dei laici e dei catechisti, definiti “pilastri dell'evangelizzazione in ogni parrocchia”. Comunque “la preghiera è il primo compito del vescovo. E alla sera bisogna chiedersi: quante ore ho pregato oggi?”.

Nel discorso scritto c'è anche una terza parte dedicata alla profezia. “La Chiesa in Myanmar testimonia quotidianamente il Vangelo mediante le sue opere educative e caritative, la sua difesa dei diritti umani, il suo sostegno ai principi democratici – rimarca il Papa -. Possiate mettere la comunità cattolica nelle condizioni di continuare ad avere un ruolo costruttivo nella vita della società, facendo sentire la vostra voce nelle questioni di interesse nazionale, particolarmente insistendo sul rispetto della dignità e dei diritti di tutti, in modo speciale dei più poveri e vulnerabili. Sono fiducioso che la strategia pastorale quinquennale, che la Chiesa ha sviluppato nel più ampio contesto della costruzione dello Stato, porterà frutto abbondante non solo per il futuro delle comunità locali, ma anche dell’intero Paese”. Seguono le esortazioni a “proteggere l’ambiente e assicurare un corretto utilizzo delle ricche risorse naturali del Paese a beneficio delle generazioni future. La custodia del dono divino della creazione – conclude il testo - non può essere separata da una sana ecologia umana e sociale”. Il Papa aggiunge anche la recita finale di un'Ave Maria. “Voi in birmano, io in spagnolo”, dice.

Al termine dell’incontro, dopo la presentazione individuale dei vescovi e la foto di gruppo, Francesco benedice la prima pietra di 16 chiese, del Seminario Maggiore e del la Nunziatura Apostolica. Infine, dopo la foto di gruppo con 300 seminaristi, riceve nella Cappella del piano terra, 30 membri della Compagnia di Gesù, missionari in Myanmar.

Papa Francesco ai buddisti: lavoriamo insieme per la pace

Contro “le ferite dei conflitti, della povertà e dell'oppressione”, cattolici e buddisti devono “camminare insieme” e “lavorare fianco a fianco per il bene di ciascun abitante di questa terra”. Nel secondo impegno pubblico della sua terza giornata in Myanmar Francesco ribadisce al Consiglio supremo “Sangha” dei monaci buddisti l'impegno a dialogare e ad adoperarsi per il bene comune. Riceve in risposta il caloroso benvenuto e la dichiarazione di pace del presidente dei monaci, Bhaddanta Kumarabhivamsa (“è deplorevole vedere terrorismo ed estremismo messi in atto in nome di credi religiosi”) e citando Buddha mostra quanto i suoi insegnamenti siano vicini a quelli di san Francesco d'Assisi.

L'incontro si svolge al complesso del Kaba Aye Center, uno dei templi buddisti più venerati dell’Asia sud-orientale, dove il Pontefice arriva in auto dall'arcivescovado. Francesco viene accolto dal Ministro per gli Affari Religiosi e la Cultura, Thura U Aung Ko. Quindi alle ore 16.15 locali (10.45 ora di Roma), ha luogo l’incontro con il Consiglio Supremo “Sangha” dei Monaci Buddisti.

Entrato nella Sala grande del complesso, papa Francesco si toglie le scarpe (come prescrive la tradizione buddista), ma mantiene i calzini neri. Saluta il Presidente dei monaci, ascolta il suo benvenuto e quindi pronuncia il suo discorso in italiano.
Francesco viene accolto e salutato da Bhaddanta Kumarabhivamsa, presidente del Comitato di Stato Sangha Maha Nayaka (Ansa)

Il Papa cita Buddha e san Francesco

Il nostro incontro, dice, “è un’importante occasione per rinnovare e rafforzare i legami di amicizia e rispetto tra buddisti e cattolici. È anche un’opportunità per affermare il nostro impegno per la pace, il rispetto della dignità umana e la giustizia per ogni uomo e donna. Non solo in Myanmar, ma in tutto il mondo le persone hanno bisogno di questa comune testimonianza da parte dei leader religiosi”.

Allo stesso modo, prosegue il Papa, non bisogna rassegnarsi di fronte ai problemi. “Sulla base delle nostre rispettive tradizioni spirituali, sappiamo infatti che esiste una via per andare avanti, una via che porta alla guarigione, alla mutua comprensione e al rispetto. Una via basata sulla compassione e sull’amore”. Francesco esprime la sua “stima per tutti coloro che in Myanmar vivono secondo le tradizioni religiose del Buddismo”. Valori come pazienza, tolleranza, rispetto della vita e dell'ambiente naturale, propri dei buddisti, “possono rafforzare le nostre comunità e aiutare a portare la luce tanto necessaria all'intera società”.

Per il Papa la grande sfida è “aiutare le persone ad aprirsi al trascendente, a guardarsi dentro in profondità e a conoscere se stesse e le relazioni che le legano a tutti gli altri”. Dunque “dobbiamo superare tutte le forme di incomprensione, di intolleranza, di pregiudizio e di odio”. Qui Francesco cita Buddha e subito dopo il Poverello di Assisi. “Sconfiggi la rabbia con la non-rabbia, sconfiggi il malvagio con la bontà, sconfiggi l’avaro con la generosità, sconfiggi il menzognero con la verità”, afferma il primo. “Signore, fammi strumento della tua pace. Dov’è odio che io porti l’amore, dov’è offesa che io porti il perdono, [...] dove ci sono le tenebre che io porti la luce, dov’è tristezza che io porti la gioia”, sottolinea il secondo.

“Possa questa Sapienza continuare a ispirare ogni sforzo per promuovere la pazienza e la comprensione, e per guarire le ferite dei conflitti che nel corso degli anni hanno diviso genti di diverse culture, etnie e convinzioni religiose”, è l'auspicio del Pontefice. Ma spetta soprattutto ai “leader civili e religiosi assicurare che ogni voce venga ascoltata, cosicché le sfide e i bisogni di questo momento possano essere chiaramente compresi e messi a confronto in uno spirito di imparzialità e di reciproca solidarietà”. Chiaro qui il riferimento al Myanmar mosaico di 135 etnie. Infatti Francesco prosegue: “Mi congratulo per il lavoro che sta svolgendo la Panglong Peace Conference (la conferenza di pace naziona del Mynamar, ndr) e prego affinché coloro che guidano tale sforzo possano continuare a promuovere una più ampia partecipazione da parte di tutti coloro che vivono in Myanmar. Questo sicuramente contribuirà all’impegno per far avanzare la pace, la sicurezza e una prosperità che sia inclusiva di tutti. Certamente, se questi sforzi produrranno frutti duraturi, si richiederà una maggiore cooperazione tra leader religiosi”.

La Chiesa Cattolica, sottolinea il Pontefice “è un partner disponibile. Le occasioni di incontro e di dialogo tra i leader religiosi dimostrano di essere un fattore importante nella promozione della giustizia e della pace in Myanmar”. Anche la Conferenza dei Vescovi Cattolici che ad aprile scorso ha ospitato un incontro di due giornate sulla pace, al quale hanno partecipato i capi delle diverse comunità religiose, va in questo senso. Tali incontri sono indispensabili, se siamo chiamati ad approfondire la nostra reciproca conoscenza e ad affermare le relazioni tra noi e il comune destino. La giustizia autentica e la pace duratura possono essere raggiunte solo quando sono garantite per tutti”.

Le parole del presidente dei monaci buddisti

Anche il presidente dei monaci buddisti si sofferma su concetti di pace. “Noi, leaders di tutte le religioni del mondo, dobbiamo essere risoluti nella costruzione di una armoniosa società umana, seguendo gli insegnamenti delle rispettive religioni , così come essi sono realmente insegnati e coinvolgere noi stessi nel rafforzamento della pace e la sicurezza del mondo”. Dunque “non possiamo accettare che terrorismo ed estremismo possano nascere da una certa fede religiosa”. Essi nascono piuttosto da “cattive interpretazioni degli insegnamenti delle rispettive religioni”. Bisogna “denunciare coloro che danno supporto tali attività”. Invece “bisogna costruire fra noi – conclude il monaco buddista – reciproca comprensione, rispetto e fiducia e gettare ponti per la pace nel mondo”. Un'espressione che sarà piaciuta a papa Francesco.

Nella sala foderata di tappeti le due delegazioni sono una davanti all'altra: i monaci nelle loro vesti arancioni e viola da una parte, il Papa e il seguito dall'altra. Un esponente buddista presenta i monaci a uno a uno, e lo stesso fa un sacerdote cattolico con i membri del seguito.

Al termine, dopo lo scambio dei doni e le foto, il Santo Padre si congeda dal Presidente del “Sangha” e si trasferisce in auto all’Arcivescovado per l’incontro con i Vescovi. Lungo il percorso, prima di arrivare in Arcivescovado, è previsto un giro con la papamobile intorno alla St Mary’s Cathedral, dove domani celebrerà la Santa Messa con i giovani.

La giornata era cominciata con la Messa

Nella prima Messa pubblica celebrata dal Papa in Myanmar, Francesco ha chiesto ai cattolici di non rispondere alla violenza con la rabbia e la vendetta, ma con il perdono e la misericordia. Una sorta di “GPS spirituale – ha detto con una metafora - che ci guida infallibilmente verso la vita intima di Dio e il cuore del nostro prossimo”.

Di buon mattino - le 8.30 ora locale quando in Italia erano le tre - il Pontefice ha incontrato “il piccolo gregge” (così l'ha definito il cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon) della Chiesa locale nella spianata del Kyaikkasan Ground, un'area di 60 ettari nel cuore della principale città birmana. Piccolo gregge che poi tanto piccolo non era, dato che alla Messa, secondo le autorità, erano presenti circa 150mila fedeli. Una folla colorata e gioiosa che si è stretta attorno al Papa con grande affetto e raccoglimento.

All'omelia: «La croce sia la nostra bussola»

Francesco, nell'omelia, ha indicato loro “una sicura bussola, il Signore crocifisso”. “Nella croce – ha detto infatti -, noi troviamo la sapienza, che può guidare la nostra vita con la luce che proviene da Dio”. E anche la medicina per curare le ferite. “So che molti in Myanmar portano le ferite della violenza, sia visibili che invisibili – ha proseguito Bergoglio -. La tentazione è di rispondere a queste lesioni con una sapienza mondana. Pensiamo che la cura possa venire dalla rabbia e dalla vendetta”. Ma la via della vendetta non è la via di Gesù, anzi “è radicalmente differente”. “Quando l’odio e il rifiuto lo condussero alla passione e alla morte, Egli rispose con il perdono e la compassione”. I cristiani sono chiamati a fare altrettanto. “Con il dono dello Spirito, Gesù rende capace ciascuno di noi di essere segno della sua sapienza, che trionfa sulla sapienza di questo mondo, e della sua misericordia, che dà sollievo anche alle ferite più dolorose”.

«Il balsamo della misericordia cura le ferite»

Francesco ha perciò augurato alla Chiesa birmana di poter “assaporare il balsamo risanante della misericordia del Padre e trovare la forza di portarlo agli altri, per ungere ogni ferita e ogni memoria dolorosa. In questo modo – ha detto -, sarete fedeli testimoni della riconciliazione e della pace che Dio vuole che regni in ogni cuore umano e in ogni comunità”. Nelle parole del Papa si coglie il riferimento al processo di riconciliazione nazionale in corso, oggetto ieri dei colloqui con la leader Aung San Suu Kyi e nel quale i cattolici possono recitare un ruolo di primo piano, inversamente proporzionale al loro esiguo numero (675mila persone su una popolazione di 51 milioni di abitanti, in gran parte buddisti). “So che la Chiesa in Myanmar sta già facendo molto per portare il balsamo risanante della misericordia di Dio agli altri, specialmente ai più bisognosi”, ha infatti notato Bergoglio.

«Seminate guarigione e riconciliazione»

La fotografia che il Papa ha fatto è dunque quella di una “Chiesa viva”, pur in mezzo alle difficoltà. “Anche con mezzi assai limitati – ha ricordato -, molte comunità proclamano il Vangelo ad altre minoranze tribali, senza mai forzare o costringere, ma sempre invitando e accogliendo. In mezzo a tante povertà e difficoltà, molti di voi offrono concreta assistenza e solidarietà ai poveri e ai sofferenti. Attraverso le cure quotidiane dei suoi vescovi, preti, religiosi e catechisti, e particolarmente attraverso il lodevole lavoro del Catholic Karuna Myanmar e della generosa assistenza fornita dalle Pontificie Opere Missionarie, la Chiesa in questo Paese sta aiutando un gran numero di uomini, donne e bambini, senza distinzioni di religione o di provenienza etnica. Vi incoraggio – ha concluso - a continuare a condividere con gli altri la sapienza inestimabile che avete ricevuto, l’amore di Dio che sgorga dal cuore di Gesù. Gesù vuole donare questa sapienza in abbondanza. Certamente Egli premierà i vostri sforzi di seminare semi di guarigione e riconciliazione nelle vostre famiglie, comunità e nella più vasta società di questa nazione. Il suo messaggio di perdono e misericordia si serve di una logica che non tutti vorranno comprendere, e che incontrerà ostacoli”. Tuttavia “è come un 'GPS spirituale' che ci guida infallibilmente verso la vita intima di Dio e il cuore del nostro prossimo”.

Il grazie del cardinale Bo

Al termine della Messa è giunto il grazie del cardinale Bo. “Questa è un’esperienza del monte Tabor – ha detto con enfasi -. Oggi siamo trasportati su una montagna di beatitudine. La vita non sarà mai più la stessa per i cattolici del Myanmar. Solo un anno fa il pensiero che questo piccolo gregge avrebbe condiviso il Pane con il nostro Santo Padre Francesco sarebbe stato un puro sogno. Noi siamo come Zaccheo. In mezzo alle Nazioni non potevamo vedere il nostro Pastore. Come Zaccheo, siamo stati chiamati: 'Scendi, voglio fermarmi a casa tua'”. Il Papa infatti è “un buon Pastore che va in cerca dei piccoli e di quelli ai margini”. Dunque, ha concluso il porporato, “come i discepoli sul monte Tabor ritorniamo a casa con una straordinaria energia spirituale, orgogliosi di essere cattolici, chiamati a vivere il Vangelo. Questo giorno rimarrà impresso in ogni cuore qui presente. Oggi è avvenuto un miracolo. Tutti noi ritorniamo a casa come miracolati da Dio. Grazie Santo Padre”.




???Fondamentalismo religioso???
Papa Francesco in Bangladesh: "Religioni unite contro il fondamentalismo religioso"
1 dicembre 2017

https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/1 ... so/4013174

Dal suo viaggio in Bangladesh Papa Francesco lancia il suo appello contro il fondamentalismo religioso. Durante un incontro con i leader islamici, induisti, buddisti, cristiani, Bergoglio ha apprezzato lo “sforzo di leader di diverse religioni di vivere insieme nel rispetto reciproco e nella buona volontà”, ribadendo l’importanza del “diritto alla libertà religiosa“. Un appello che si scaglia contro chi cerca “di fomentare divisione, odio e violenza in nome della religione”. Al termine dell’incontro il pontefice ha incontrato tre famiglie appartenenti al gruppo Rohingya, l’etnia musulmana perseguitata e a cui è negata la cittadinanza.

“Possa il nostro incontro di questo pomeriggio – ha continuato Papa Francesco – Essere un chiaro segno degli sforzi dei leader e dei seguaci delle religioni presenti in questo Paese a vivere insieme nel rispetto reciproco e nella buona volontà“. Parole che ricordano il discorso di pace tenuto davanti al Nobel per la pace Aung San Suu Kyi. Bergoglio, come fatto più volte in passato, ha poi attaccato la corruzione: “Le religioni devono unirsi contro il virus della corruzione politica, delle ideologie religiose distruttive, della tentazione di chiudere gli occhi davanti a rifugiati, poveri, minoranze”.

Papa Francesco si è detto soddisfatto del cambiamento che sta investendo la società: “È un segno particolarmente confortante che credenti e persone di buona volontà si sentano sempre più chiamati a cooperare alla formazione di una cultura dell’incontro, del dialogo e della collaborazione. Ci stimola a tendere la mano all’altro in atteggiamento di reciproca fiducia per costruire un’unità che comprenda la diversità non come minaccia, ma come potenziale fonte di arricchimento e crescita” ha concluso il papa.



https://it.wikipedia.org/wiki/Fondamentalismo
Con il termine fondamentalismo si intende genericamente qualunque lettura letterale e dogmatica di testi sacri (o loro equivalenti, fuori dell'ambito religioso) che assuma i relativi precetti contenutivisi a fondamenti (tipicamente della religione, ma non solo) rifiutando ogni ideologia o interpretazione anche minimamente in contrasto con essi.


???
«Chiedo perdono ai Rohingya, oggi Dio si chiama anche così»
Mimmo Muolo, inviato a Dacca (Bangladesh)
venerdì 1 dicembre 2017

https://www.avvenire.it/papa/pagine/pap ... i-sostenga

Il Papa chiede perdono a nome del mondo ai Rohingya per la loro tragedia. «Ogni uomo è stato creato - dice - a immagine e somiglianza di Dio, anche questi nostri fratelli e sorelle». Francesco ha pronunciato un breve discorso a braccio, usando espressamente la parola Rohingya, al termine dell'incontro interreligioso sulla pace al quale era presente un drappello di 16 persone dell'etnia cacciata dal Myanmar. Subito dopo la fine del suo discorso, che trascriviamo integralmente, tra i giornalisti al seguito è scoppiato un piccolo giallo in merito all'uso della parola Rohingya che alcuni dicevano di non avere ascoltato. In realtà il traduttore in inglese del discorso pronunciato in italiano non ha usato la parola Rohingya, ma quando il Papa ha detto «la presenza di Dio oggi si chiama anche Rohingya» ha tradotto «oggi si chiama anche così». Subito dopo è arrivata la conferma ufficiale della Sala Stampa Vaticana: il Papa ha pronunciato la parola Rohingya.

Trascriviamo qui di seguito il discorso integrale pronunciato a braccio da Francesco.
«A nome di tutti quelli che vi hanno perseguitato, chiedo perdono»

«Noi tutti vi siamo vicini. È poco quello che possiamo fare perché la vostra tragedia è molto dura e grande, ma vi diamo spazio nel cuore. A nome di tutti quelli che vi hanno perseguitato, che vi hanno fatto del male, chiedo perdono. Tanti di voi mi avete detto del cuore grande del Bangladesh che vi ha accolto. Mi appello al vostro cuore grande perché sia capace di accordarci il perdono che chiediamo. Nella tradizione giudaico-cristiana Dio ha creato l'uomo a Sua immagine e somiglianza. Tutti noi siamo questa immagine. Anche questi fratelli e sorelle sono l'immagine del Dio vivente. Una tradizione della vostra religione dice che Dio ha preso dell'acqua e vi ha versato del sale, l'anima degli uomini. Noi tutti portiamo il sale di Dio dentro. Anche questi fratelli e sorelle. Facciamo vedere al mondo cosa fa l'egoismo con l'immagine di Dio. Continuiamo a stare vicino a loro perché siano riconosciuti i loro diritti. Non chiudiamo il cuore, non guardiamo da un'altra parte. La presenza di Dio oggi si chiama anche Rohingya. Ognuno ha la sua risposta».


I profughi Rohingya, 12 uomini e 4 donne, incluse due bambine, erano accompagnati da due traduttori della Caritas. Dopo la preghiera del vescovo anglicano, sono saliti sul palco. Il Papa li ha salutati uno per uno, ha ascoltato le loro storie, ha stretto le mani. Si è chinato su un bimbo molto piccolo e lo ha baciato. Due donne erano vestite con un lungo chador che lasciava scoperti solo occhi e bocca.


Le precedenti tappe della giornata

Nel secondo giorno della sua visita apostolica in Bangladesh, papa Francesco stamani (nella notte italiana) ha celebrato la Messa e presieduto al rito di ordinazione di 16 nuovi sacerdoti. Successivamente ha visitato la Cattedrale e invitato gli operatori pastorali che erano presenti a evangelizzare, specificando che questo non significa fare proselitismo. Ha poi incontrato i vescovi in arcivescovado.

Infine ha raggiunto in risciò, il tradizionale taxi a pedali asiatico, il padiglione dell'incontro interreligioso dove era atteso da 5mila persone. Islamici, hindu, buddisti e cattolici oltre a diverse confessioni cristiane. Qui, prima di incontrare i profughi Rohingya, ha pronunciato un discorso sulla necessità che i credenti di tutte le fedi collaborino per portare pace e armonia nel mondo.


Il discorso del Papa: «Il mondo ha bisogno di cooperazione tra i credenti»

«Le parole che abbiamo ascoltato - ha detto Francesco, con riferimento ai discorsi degli altri capi religiosi - ma anche i canti e le danze che hanno animato la nostra assemblea, ci hanno parlato in modo eloquente del desiderio di armonia, fraternità e pace contenuto negli insegnamento delle religioni del mondo. Possa il nostro incontro essere un chiaro segno degli sforzi dei leader e dei seguaci delle religioni presenti in questo Paese a vivere insieme nel rispetto reciproco e nella buona volontà. In Bangladesh, dove il diritto alla libertà religiosa è un principio fondamentale, questo impegno sia un richiamo rispettoso ma fermo a chi cercherà di fomentare divisione, odio e violenza nel nome della religione».

Richiamando quindi a una «apertura del cuore», che è «simile a una scala che raggiunge l'Assoluto», Francesco ha ricordato la necessità di «purificare i nostri cuori, in modo da poter vedere tutte le cose nella loro prospettiva più vera». L'apertura del cuore, ha spiegato, «è anche un cammino che conduce a ricercare la bontà, la giustizia e al solidarietà. Conduce a cercare il bene del nostro prossimo». «Uno spirito di apertura, accettazione e cooperazione tra i credenti - ha proseguito - non solo contribuisce a una cultura di armonia e di pace; esso ne è il cuore pulsante. Quanto ha bisogno il mondo di questo cuore che batte con forza, per contrastare il virus della corruzione politica, le ideologie religiose distruttive, la tentazione di chiudere gli occhi di fronte alle necessità dei poveri, dei rifugiati, delle minoranze perseguitate e dei più vulnerabili!».


Il discorso ai vescovi: una voce sola contro la violenza

«Quando i capi religiosi si pronunciano pubblicamente con una sola voce contro la violenza ammantata di religiosità e cercano di sostituire la cultura del conflitto con la cultura dell'incontro, essi attingono alle più profonde radici spirituali delle loro varie tradizioni. Essi provvedono anche un inestimabile servizio per il futuro dei loro Paesi e del nostro mondo insegnando ai giovani la via della giustizia». Lo ha detto papa Francesco ai vescovi del Bangladesh, citando il proprio discorso ai partecipanti alla conferenza di al Azhar al Cairo, dello scorso aprile: «Occorre accompagnare e far maturare generazioni che rispondano alla logica incendiaria del male con la paziente ricerca del bene».

Con i vescovi incontrati in arcivescovado papa Bergoglio ha apprezzato la consonanza tra il piano pastorale del Paese e la conferenza di Aparecida; ha lodato lo «spirito di collegialità e di mutuo sostegno», ha invitato a curare la formazione dei laici e a dare loro spazio; ha chiesto «uno speciale impegno per la promozione delle donne» e apprezzato l'impegno della Chiesa del Paese nella «crisi dei rifugiati»; ha invitato a curare la formazione dei catechisti e dei sacerdoti.


Il colloquio con la premier, figlia del padre della patria

Subito prima di incontrare i vescovi, papa Francesco, nella nunziatura apostolica, ha incontrato la signora Shekh Hasina, primo ministro e figlia del padre della patria, Mujibur Rahman. La premier ha donato al Papa una barca in argento.

Circa il ruolo della piccola Chiesa del Bangladesh nel Paese, la giornata di oggi registra anche l'osservazione fatta dall'arcivescovo di Dacca e primo cardinale della storia del Bangladesh, Patrick D'Rozario, sul fatto che la messa di questa mattina sia stata celebrata nel luogo dove Mujibur Rahman pronunciò il suo discorso alla nazione il 7 marzo 1971, dichiarando l'indipendenza del Bangladesh dal Pakistan. Con questa messa, ha detto l'arcivescovo, noi cristiani abbiamo contribuito «a rendere questo luogo ancora più significativo e abbiamo simbolizzato, in tal modo, il ruolo speciale della Chiesa in questa nazione».


La Messa con l'ordinazione di 16 nuovi sacerdoti

Questa mattina il Papa ha ordinato a Dacca, per la prima volta in un suo viaggio pastorale, 16 nuovi sacerdoti e ha chiesto al popolo di Dio di sostenere tutti i presbiteri con la preghiera. Alla Messa che ha aperto la seconda giornata della visita in Bangladesh erano presenti, secondo le autorità, 100mila fedeli, in pratica un terzo di tutti i cattolici del Paese, che sono l'0,24 per cento dei 150 milioni di bengalesi.

Francesco, con una significativa aggiunta a braccio all'omelia scritta li ha ringraziati per la loro presenza nel Suharawardy Udyan Park, luogo simbolo del Bangladesh, perché qui il padre della Patria, Sheikh Mujibur Rahman, tenne nel 1971 il discorso dell'indipendenza e sempre qui si arrese l'esercito pakistano alla fine della guerra di indipendenza. “So che tanti di voi – ha detto il Pontefice – sono venuti da lontano in un viaggio di più di due giorni.

Grazie per la vostra generosità. Questo rivela il vostro amore per la Chiesa, il vostro amore per gesù Cristo. Grazie per la vostra fedeltà”. Il Papa li ha poi esortati “ad andare avanti con lo spirito delle Beatitudini. Pregate sempre per i vostri sacerdoti – ha aggiunto – Specialmente per quelli che oggi ricevono l'ordinazione. Il popolo di Dio sostiene i sacerdoti con la preghiera. E' una vostra responsabilità sostenere i sacerdoti. Qualcuno potrebbe chiedermi: 'Padre, come si fa?'. Fidatevi della vostra generosità, il vostro cuore generoso, vi dirà come fare, ma la prima cosa è pregare. Non stancatevi mai di pregare per i sacerdoti”.

La Messa, iniziata alle 10, ora locale, mentre in Italia erano le cinque del mattino, è stata celebrata in latino, inglese e bengali, la lingua locale. L'omelia, come di consueto in questo viaggio è stata tenuta in italiano, con traduzione successiva. Suggestivo lo scenario della folta assemblea, con molti fedeli che sfoggiavano per l'occasione i colorati vestiti tipici.

Nell'omelia scritta il Papa ha ricordato ai sacerdoti novelli i loro doveri. Leggere e meditare assiduamente la Parola di Dio, continuare l'opera santificatrice di Cristo, aggregare con il battesimo nuovi fedeli al popolo di Dio, rimettere i peccati con la confessione, dare sollievo agli infermi, essere voce del popolo di Dio e dell'umanità intera. “Abbiate sempre davanti agli occhi l'esempio del Buon Pastore – ha concluso -, che non è venuto per essere servito, ma per servire, e per cercare e salvare ciò che era perduto”.


Il grazie dell'arcivescovo di Dacca

Nel suo grazie al Papa, il cardinale Patrick d'Rozario, arcivescovo di Dacca, ha detto: "Santo Padre, lei ama il Bangladesh e ce lo ha dimostrato in vari modi”. Poi ha rimarcato la straordinarietà del luogo in cui si è celebrata l'Eucaristia. È la prima volta, ha fatto notare, e ciò contribuisce “a rendere questo parco ancora più significativo, simbolizzando il ruolo speciale della Chiesa in questa nazione”. Ricordando la precedente visita di Paolo VI nel 1970, che manifestò la sua compassione per la grande alluvione che causò tre milioni di morti, il cardinale ha augurato che la visita “riversi copiose benedizioni sulla Chiesa e sull'intero Paese”.




La diversità tra religioni sia fonte di arricchimento e crescita
01/12/2017

http://www.asianews.it/notizie-it/Papa- ... 42478.html

Il saluto con un gruppo di profughi Rohingya al termine di un incontro interreligioso ed ecumenico per la pace con cinque rappresentanti di comunità religiose. È “confortante” che “i credenti e le persone di buona volontà si sentano sempre più chiamati a cooperare alla formazione di una cultura dell’incontro, del dialogo e della collaborazione al servizio della famiglia umana. Ciò richiede più che una mera tolleranza. Ci stimola a tendere la mano all’altro in atteggiamento di reciproca fiducia e comprensione”.

Dhaka (AsiaNews) – La libertà religiosa, più ancora “uno spirito di apertura, accettazione e cooperazione tra i credenti”, e l’incontro con un gruppo di 18 Rohingya, appartenenti a tre famiglie di profughi fuggiti dal Myanmar, hanno segnato l’incontro interreligioso ed ecumenico per la pace che ha concluso la lunga giornata del Papa a Dhaka.

Un incontro aperto con inni e danze tradizionali, seguito dall’indirizzo di saluto dell’arcivescovo di Dhaka, card. Patrick D’Rozario, C.S.C., e da quelli di cinque rappresentanti di comunità religiose (musulmana, hindu, buddista e cattolica) e della società civile. E Allamma Majharul Islam, Grand Khatib (grande custode) della Amber Shah Shahi Jami Mosque ha anche consegnato a Francesco una lettera che contiene una fatwa contro l’estremismo firmata da 100mila imam.

“Le parole che abbiamo ascoltato – ha detto il Papa - ma anche i canti e le danze che hanno animato la nostra assemblea, ci hanno parlato in modo eloquente del desiderio di armonia, fraternità e pace contenuto negli insegnamenti delle religioni del mondo. Possa il nostro incontro di questo pomeriggio essere un chiaro segno degli sforzi dei leader e dei seguaci delle religioni presenti in questo Paese a vivere insieme nel rispetto reciproco e nella buona volontà. In Bangladesh, dove il diritto alla libertà religiosa è un principio fondamentale, questo impegno sia un richiamo rispettoso ma fermo a chi cercherà di fomentare divisione, odio e violenza in nome della religione”.

“È un segno particolarmente confortante dei nostri tempi che i credenti e le persone di buona volontà si sentano sempre più chiamati a cooperare alla formazione di una cultura dell’incontro, del dialogo e della collaborazione al servizio della famiglia umana. Ciò richiede più che una mera tolleranza. Ci stimola a tendere la mano all’altro in atteggiamento di reciproca fiducia e comprensione, per costruire un’unità che comprenda la diversità non come minaccia, ma come potenziale fonte di arricchimento e crescita. Ci esorta a coltivare una apertura del cuore, in modo da vedere gli altri come una via, non come un ostacolo”.

“Permettetemi di esplorare brevemente alcune caratteristiche essenziali di questa ‘apertura del cuore’ che è la condizione per una cultura dell’incontro. In primo luogo, essa è una porta. Non è una teoria astratta, ma un’esperienza vissuta. Ci permette di intraprendere un dialogo di vita, non un semplice scambio di idee. Richiede buona volontà e accoglienza, ma non deve essere confusa con l’indifferenza o la reticenza nell’esprimere le nostre convinzioni più profonde. Impegnarsi fruttuosamente con l’altro significa condividere le nostre diverse identità religiose e culturali, ma sempre con umiltà, onestà e rispetto”.

“L’apertura del cuore è anche simile ad una scala che raggiunge l’Assoluto. Ricordando questa dimensione trascendente della nostra attività, ci rendiamo conto della necessità di purificare i nostri cuori, in modo da poter vedere tutte le cose nella loro prospettiva più vera. Ad ogni passo la nostra visuale diventerà più chiara e riceveremo la forza per perseverare nell’impegno di comprendere e valorizzare gli altri e il loro punto di vista. In questo modo, troveremo la saggezza e la forza necessari per tendere a tutti la mano dell’amicizia”.

“L’apertura del cuore è anche un cammino che conduce a ricercare la bontà, la giustizia e la solidarietà. Conduce a cercare il bene del nostro prossimo. Nella sua Lettera ai cristiani di Roma, San Paolo ha così esortato: «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» (12,21). Questo è un atteggiamento che tutti noi possiamo imitare. La sollecitudine religiosa per il bene del nostro prossimo, che scaturisce da un cuore aperto, scorre come un grande fiume, irrigando le terre aride e deserte dell’odio, della corruzione, della povertà e della violenza che tanto danneggiano la vita umane, dividono le famiglie e sfigurano il dono della creazione”.

“Le diverse comunità religiose del Bangladesh hanno abbracciato questa strada in modo particolare nell’impegno per la cura della terra, nostra casa comune, e nella risposta ai disastri naturali che hanno afflitto la nazione negli ultimi anni. Penso anche alla comune manifestazione di dolore, preghiera e solidarietà che ha accompagnato il tragico crollo del Rana Plaza, che rimane impresso nella mente di tutti. In queste diverse espressioni, vediamo quanto il cammino della bontà conduce alla cooperazione al servizio degli altri. Uno spirito di apertura, accettazione e cooperazione tra i credenti non solo contribuisce a una cultura di armonia e di pace; esso ne è il cuore pulsante. Quanto ha bisogno il mondo di questo cuore che batte con forza, per contrastare il virus della corruzione politica, le ideologie religiose distruttive, la tentazione di chiudere gli occhi di fronte alle necessità dei poveri, dei rifugiati, delle minoranze perseguitate e dei più vulnerabili! Quanta apertura è necessaria per accogliere le persone del nostro mondo, specialmente i giovani, che a volte si sentono soli e sconcertati nel ricercare il senso della vita!”.

E’ al termine dell’incontro che il gruppo di Rohingya, accompagnati da due interpreti della Caritas, hanno salutato Francesco. La loro vicenda è stata spesso evocata dal Papa, a partire dall’Angelus del 27 agosto quando parlò i “tristi notizie sulla persecuzione della minoranza religiosa, i nostri fratelli Rohingya. Vorrei esprimere – aggiunse -tutta la mia vicinanza a loro, e tutti noi chiediamo al Signore di salvarli e suscitare uomini e donne di buona volontà in loro aiuto, che diano loro i pieni diritti”.

E durante questo viaggio, anche se le autorità del Myanmar hanno chiesto che non fossero nominati, la loro vicenda è stata evocata a più riprese da Francesco fin dal suo arrivo nella ex-Birmania, quando affermò che il futuro del Paese deve essere “la pace, una pace fondata sul rispetto della dignità e dei diritti di ogni membro della società, sul rispetto di ogni gruppo etnico e della sua identità”.




Papa Francesco s'inchina ai Rohingya: "Vi chiedo perdono"
Dacca, 1 dicembre 2017

http://www.quotidiano.net/esteri/papa-r ... -1.3573352

"Vi chiedo perdono per l'indifferezza del mondo". Squarciano anni di silenzio le parole di Papa Francesco che in Bangladesh ha incontrato una rappresentanza di rifugiati rohingya, minoranza etnica del Myanmar e popolo tra più perseguitati al mondo secondo l'Onu. E' il silenzio della comunità internazionale tutta che a lungo ha ignorato l'odissea di oltre un milione di persone, relegate in ghetti perché islamiche in uno stato buddista, costretti alla fuga e a condizioni di vita estreme in terra bengalese. "Vi sono vicino, la situazione è molto dura", ha detto il Papa parlando a braccio nell'arcivescovado di Dacca e lanciando un appello: "Non giriamoci dall'altra parte".

"La presenza di Dio oggi si dice anche rohingya", ha continuato il pontefice, pronunciando per la prima volta il nome del popolo diventato tabù anche nalla chiesa birmana, che non aveva citato durante la sua visita in Myanmar (anche se il riferimento era chiaro). Francesco ha salutato a uno a uno i 16 profughi appartenenti a tre nuclei familiari provenienti dal Rakhinee accolti nel campo profughi di Cox Bazar: 12 tra uomini e ragazzi, c'erano poi due donne adulte con il velo sul capo, e due bambine. Con l'aiuto degli interpreti, ha ascoltato quello che ognuno aveva da dirgli. Ha accarezzato le bimbe, e a una ha messo le mani sul capo; ha anche stretto le mani che una delle due signore che gli porgeva. Alcuni erano in lacrime.

"Siamo stati tutti creati a immagine di Dio - ha detto il Papa. - A nome di quelli che vi perseguitano e vi hanno fatto male e per l'indifferenza del mondo chiedo perdono, perdono".


RITROVATO PADRE ROSARIO
È stato rintracciato padre Walter William Rosario, il sacerdote cattolico scomparso all'inizio di questa settimana in Bangladesh. Ne dà notizia 'Radio Vaticana' spiegando che "secondo le prime notizie, padre Rosario è stato ritrovato ad una fermata degli autobus a circa 300 chilometri da Bonpara, a nord ovest della capitale Dhaka". Il sacerdote era scomparso da lunedì scorso, alla vigilia dell'arrivo del Papa in Bangladesh. "Al momento- riferisce Radio Vaticana- si stanno verificando le notizie sulle modalità del ritrovamento. Secondo la stampa locale, sarebbe riuscito a fuggire dai rapitori e a mettersi in contatto con la famiglia ed ora sarebbe stato preso in custodia dalla polizia".


Alberto Pento
Bergoglio, anziché chiedere perdono alle vittime birmane buddiste dei carnefici Rohingya chiede scusa a quest'ultimi. Che orrore, come fanno i cristiani a sopportarlo ancora!





L'orrore e il terrore maomettano dei Rohingya, persecutori e non perseguitati
viewtopic.php?f=196&t=2452
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio e dei bergogliani

Messaggioda Berto » sab dic 02, 2017 7:38 pm

"Il Papa dittatore", ecco il libro choc su Bergoglio
Francesco Boezi - Ven, 01/12/2017

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 69602.html

"Il Papa dittatore" è il titolo di un libro che sta facendo discutere vaticanisti e uomini di fede. Una critica senza pari ai "metodi" di Bergoglio

"Il Papa dittatore" è il titolo di un libro che sta facendo discutere gli ambienti vaticani.

L'autore è Marcantonio Colonna, laureato ad Oxford e ricercatore storico. Il riferimento al vicerè di Sicilia - tuttavia - suggerisce la possibilità che il nome utilizzato sia uno solo uno pseudonimo. "Non è escluso che si tratta di un non italiano, forse un anglosassone. Questo lo ipotizziamo dal fatto che di preferenza i suoi riferimenti sono a fonti in inglese", ha scritto Marco Tosatti sul suo blog. Fatto sta che a Bergoglio vengono contestati - ancora una volta - i metodi utilizzati.

Qualche giorno fa, il cardinale Mueller si è soffermato sull'esistenza di un "cerchio magico", che sarebbe responsabile di un clima curiale decisamente poco incline al dialogo: "Credo che i cardinali che hanno espresso dei dubbi sull’Amoris laetitia, o i 62 firmatari di una lettera di critiche anche eccessive al Papa vadano ascoltati, non liquidati come "farisei" o persone brontolone". E ancora:" L’unico modo per uscire da questa situazione è un dialogo chiaro e schietto. Invece ho l’impressione che nel "cerchio magico" del Papa ci sia chi si preoccupa soprattutto di fare la spia su presunti avversari, così impedendo una discussione aperta ed equilibrata...", ha dichiarato l'ex prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede. Parole che erano state precedute da ulteriori affermazioni poco soggette ad interpretazione sui "metodi" che sarebbero vigenti di questi tempi in Vaticano.

L'oggetto de "il Papa dittatore" - insomma - è già molto discusso - seppur in termini meno diretti - a mezzo stampa. Il libro contiene documenti, rivelazioni e focus su alcune delle decisioni più discusse di questo pontificato: il licenziamento del Revisore Generale dei conti Libero Milone, il commissariamento dell'Ordine di Malta e quello dei Frati Francescani dell’Immacolata. Provvedimenti che sono risultati indigesti - è evidente - ad un parte del mondo cattolico. L'autore del testo non si risparmia neppure sulla descrizione dell'uomo Bergoglio: "Un esperto promotore di se stesso. Camuffato dietro un’immagine di semplicità e di austerità". E ancora, per Marcantonio Colonna, Papa Francesco sarebbe: "una persona che soprattutto sa come instillare la paura", per mezzo di "una ragnatela di menzogne, intrighi, spionaggio sfiducia e, più efficace di ogni altra cosa, di paura". Una descrizione molto negativa, insomma, tanto della personalità del Papa quanto della metodologia decisionale messa in campo dal pontefice.

Benedetto XVI, invece, aveva usato toni del tutto diversi per definire il suo successore. Nel libro-intervista "Ultime Conversazioni" curato dal giornalista Peter Seewald, Ratzinger ha risposto in questo modo ad una domanda su Bergoglio: "...L'ho conosciuto come un uomo molto deciso, uno che in Argentina diceva con molta risolutezza: questo si fa, questo non si fa. La sua cordialità, la sua attenzione nei confronti degli altri sono aspetti di lui che non mi erano noti. Perciò è stata una sorpresa". L'attacco a questo pontificato prosegue. Questa volta attraverso un libro che, anche a causa della disquisita identità dell'autore, rischia di divenire un vero e proprio caso editoriale.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio e dei bergogliani

Messaggioda Berto » sab dic 09, 2017 7:50 pm

Magnifica la "Lettera aperta al Papa" di Deborah Fait


https://www.facebook.com/x.kisenefrega/ ... 7575074782

Egregio Pontefice,

Sono qui a scrivere per esprimerle il mio disappunto come essere umano alle sue esternazioni dopo la dichiarazione di Donald Trump su Gerusalemme Capitale di Israele.
Non appena la decisione del presidente americano è diventata pubblica, lei è stato tra i primi a commentarla e lo ha fatto esattamente come io mi aspettavo.
Nessuna parola di pace, nessuna raccomandazione agli arabi (palestinesi) di evitare violenze e terrorismo, nessun appello alla calma, tantomeno un accenno al diritto di Israele di avere riconosciuta la propria capitale millenaria.
Le sue parole, del tutto faziose e dirette esplicitamente allo stato ebraico, sono state :" "Non posso tacere la mia profonda preoccupazione per la situazione che si è creata negli ultimi giorni e, nello stesso tempo, rivolgere un accorato appello affinché sia impegno di tutti rispettare lo status quo della città, in conformità con le pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite.
Gerusalemme è una città unica, sacra per gli ebrei, i cristiani e i musulmani, che in essa venerano i luoghi santi delle rispettive religioni, ed ha una vocazione speciale alla pace. Prego il Signore che tale identità sia preservata e rafforzata a beneficio della Terra Santa, del Medio Oriente e del mondo intero e che prevalgano saggezza e prudenza, per evitare di aggiungere nuovi elementi di tensione in un panorama mondiale già convulso e segnato da tanti e crudeli conflitti".

Mi chiedo per quale motivo lei abbia trovato necessario invocare lo status quo dal momento che ( e lei lo sa perfettamente) Israele ha sempre garantito, nonostante gli attacchi di guerra arabi e il terrorismo palestinese, la libertà di culto per tutte le religioni. Non solo per le tre religioni monoteiste ma anche per i Bahai che, fuggiti dalle persecuzioni in Iran, si sono rifugiati in Israele dove hanno, a Haifa, il loro tempio più bello, e per tutte le altre fedi esistenti nel Paese.
Perché ha voluto mettere la mani avanti sapendo perfettamente che Israele è una democrazia e come tale si comporta nei confronti di ogni religione?
E poi di quale status quo parla? Quello interpretato dai palestinesi con la loro violenza, con le continue pretese, con il veto di salire sul Monte se non dopo previo benestare del waqf?
Quando questa terra era occupata dall'islam, prima i turchi e poi la Giordania, ebrei e cristiani non potevano accedere ai propri luoghi santi. Erano interdetti, quando non venivano rasi al suolo, e il Kotel, sacro agli ebrei perchè unico muro rimasto in piedi dalla distruzione del Tempio di Salomone, era addirittura chiuso da un altro muro a ridosso del quale erano state sistemate le latrine pubbliche.
E lei Pontefice parla di status quo sapendo perfettamente che attualmente gli ebrei possono accedere al Monte del Tempio (Bet haMikdash) solamente in orari stabiliti dagli arabi e quando riescono ad arrivarci vengono assaliti da donne e uomini e bambini palestinesi che urlano, strattonano e sputano loro addosso.
È questo il suo prezioso status quo, egregio Pontefice?
All'inizio di questa lettera ho scritto che mi aspettavo le sue parole e le spiego perchè.
Se lo ricorda il massacro a Charlie Hebdò e al Superkosher di Parigi? Se li ricorda i morti al grido di Allahu Akhbar? E si ricorda qual'è stato il suo commento rilasciato sull'aereo che la riportava a Roma da uno dei suoi tanti viaggi all'estero?
Io me lo rammento bene perchè è stato in quel momento che ho perso stima e illusione nei suoi confronti. "Ma se qualcuno offende la mia mamma, beh, io gli do un pugno" queste sono state le sue parole, crudeli e pericolose, che giustificavano i terroristi assassini di giornalisti colpevoli di aver fatto satira su Maometto.
Dopo questo fatto dovevano arrivarne altri ad aumentare la mia disillusione, mi riferisco quando a Betlemme lei fece fermare la macchina per andare davanti al muro salvavita...nostra, a pregare.
Lei forse non sapeva che quel muro era stato costruito per bloccare i terroristi che ogni santo giorno entravano in Israele e fare decine e decine di morti tra la popolazione civile? Come dice? Lo sapeva? E allora perchè è andato proprio là a pregare? E' stato forse costretto dal suo caro amico Abu Mazen? Può darsi, non lo so, sono generosa e le do il beneficio del dubbio anche se credo che un Sommo Ponetfice abbia la facoltà di dire di no a un terrorista.
Non le do invece nessun beneficio per quella messa recitata sotto una gigantesca immagine di Gesù Bambino coperto da una kefiah palestinese.
Non mi dica, egregio Pontefice, che lei, proprio lei, capo assoluto della Chiesa cattolica, non sa che Gesù era ebreo, che come tale è vissuto e come tale è morto, come ebreo ha celebrato il proprio Bar Mitzvà a Gerusalemme, davanti ai rabbini, all'età di 13 anni, come ogni bambino ebreo. Non mi dica che non lo sapeva!
E allora perchè? Cosa l'ha indotta a compiere un atto di tale offesa per tutto il mondo cristiano? Cosa può averla convinta a sottomettersi alle fantasiose favole della lercia propaganda araba? La ragion di stato? Quale stato?
Non esiste nessuno stato palestinese , esiste solo un' accozzaglia di terroristi, (autoproclamatisi palestinesi quando questo nome era degli ebrei che vivevano nel Mandato britannico di Palestina) che vogliono distruggere uno stato sovrano, Israele!
A questi episodi mi va di aggiungere il suo volto serio e corrucciato quando è andato in visita al Tempio Maggiore di Roma, si vedeva lontano un miglio che non era felice nè sereno. Si capiva che non le piaceva proprio trovarsi là, forse temendo di fare cosa sgradita ai musulmani. Non doveva preoccuparsi, però, dal momento che solo due anni prima era andato a prostarsi, scalzo e piegato fino a terra, nella moschea blu di Istanbul dove si era graziosamente intrattenuto, pieno di sorrisi e generoso di abbracci. Secondo me, poteva bastare ad equilibrare le cose persino per l'intolleranza e l'odio islamico per gli infedeli ebrei.

Concludo questa mia avendo davanti agli occhi la visione di lei che, il giorno successivo alla dichiarazione di Donald Trump, ha ricevuto, senza por tempo in mezzo, una delegazione palestinese per il dialogo inter-religioso. E li ha acolti con queste parole "Per la Chiesa cattolica è sempre una gioia costruire ponti ed è una gioia particolare farlo con personalità religiose e intellettuali palestinesi".
Sembra una barzelletta, egregio Pontefice, è una barzelleta!
A questo punto, amareggiata da tanta parzialità di chi dovrebbe essere del tutto imparziale, la saluto assicurandola che, nonostante il suo amore per la dittatura palestinese, Israele, fulgida democrazia, garantirà sempre la libertà di culto che la rende l'unico paese del Medio Oriente dove i cristiani sono liberi di pregare e di vivere rispettati e tranquilli.
Purtroppo ai pochi rimasti nei territori di Abu Mazen e di Gaza non è concesso.



Gino Quarelo
Io provo ribrezzo e orrore per questo individuo chiamato Papa Bergoglio.


Gerusalemme capitale storica sacra e santa di Israele, terra degli ebrei da almeno 3 mila anni.
viewtopic.php?f=197&t=2472
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio e dei bergogliani

Messaggioda Berto » dom dic 10, 2017 3:32 pm

???

Se il Papa fa il presidente dell'Ong
Marcello Veneziani

http://www.marcelloveneziani.com/artico ... te-dellong

Confesso. Ho qualche difficoltà a chiamare Bergoglio Papa Francesco. Gli manca l’aura del sacro, il carisma religioso, la grazia del Santo Padre. Lo sento più come il presidente di una Ong, a capo di una grande, antica organizzazione non governativa.

Il suo tema cruciale non è il rapporto tra l’uomo e Dio, il mistero della fede e della resurrezione, l’anima immortale e Nostro Signore Gesù Cristo. Ma è l’accoglienza, i migranti, il soccorso ai poveri di tutto il mondo, il dialogo coi non credenti, o coi credenti d’altre religioni, a partire dagli islamici, la voglia di compiacere i media e lo Spirito del Tempo, più che lo Spirito Santo.

È un papa estroverso, cioè ad uso esterno, che avvicina i lontani e allontana i vicini; anzi, a essere più precisi o caustici, che vorrebbe avvicinare i lontani ma intanto allontana i vicini, ossia i credenti e gli ipocredenti, i praticanti flebili e incerti.

Per carità, capisco che un Papa si richiami allo spirito originario del Vangelo e faccia prevalere le ragioni dell’umanità sulla realtà di una nazione, uno stato, una comunità. Lo faceva anche Giovanni Paolo II, e con compassata sobrietà anche Benedetto XVI.

Ma Bergoglio fa un passo in più e si accoda all’ideologia dello sconfinamento di popoli, di culture, di sessi, di ogni limite. Come una qualsiasi Boldrini o un Mattarella, coi quali Bergoglio forma il Trio Accoglienza.

Vuol trasformare l’Italia in un corridoio umanitario e l’Europa in un grande centro di accoglienza, tuona contro i muri altrui e dimentica di vivere nel sicuro recinto dalle Mura Vaticane…

Riconosco al papa due meriti. Il primo, di mostrare a volte una fede ingenua, parrocchiale, casereccia, che gli fa evocare la presenza di Gesù, della Madonna e anche del Diavolo nella vita quotidiana, come si faceva da noi una volta. Una fede domestica, un po’ naive e vintage.

Bergoglio viene da un mondo che non è vecchio come il nostro, corroso dal nichilismo e dal cinismo.

E poi, altro merito, Bergoglio critica il primato assoluto del mercato e del profitto, condanna l’egoismo del neocapitalismo, a volte sfiorando linguaggi che ricordano Peron più che la teologia della Liberazione. In questo prosegue l’opera dei papi precedenti, come la Sollicitudo Rei Socialis di Papa Woityla.

Per il resto, Francesco sta facendo precipitare la Chiesa cattolica verso un destino sindacale-umanitario, genere Emergency o sant’Egidio, da agenzia per la ristorazione filantropica universale; un ente spiritualmente spento che preferisce dialogare con i progressisti atei piuttosto che con i cattolici non progressisti.

E senza convertire alla fede nessuno. La predilezione per il sociologo Bauman, l’amicizia con Scalfari e la preferenza dichiarata per il quotidiano la Repubblica ne sono testimonianze ulteriori. O il fatto che davanti a tanti massacri e persecuzioni di cristiani taccia o decida di adottare in Vaticano un gruppo di islamici, la dice lunga sulle sue priorità.

O ancora, presentarsi come il papa del sorriso, dialogante con tutti e indulgente verso chi sbaglia, e poi far fuori chiunque nelle gerarchie ecclesiastiche non sia dalla sua parte o sia ritenuto conservatore, dimostra la sua doppia faccia.

Per non dire poi del suo assordante silenzio su temi che riguardano la vita e la morte, gli aborti e le mutazioni transgeniche, la propaganda gender, le coppie gay e le adozioni omosessuali, gli uteri in affitto e le fecondazioni artificiali, la nascita e la famiglia, che furono punti cruciali nel papato di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI.

Anche davanti a episodi clamorosi, sentenze assurde o manifestazioni popolari in difesa della famiglia e delle nascite, Bergoglio tace; ma è pronto invece a intervenire quando si tratta di questioni sindacali o controversie umanitarie, ecologiche, pacifiste, senza risparmiare la demagogia e il facile moralismo.

Un papa dei migranti, un papa formato import-export, un papa-portiere alla reception dell’Albergo Italia. Bergoglio è ancora mentalmente rimasto al suo primo viaggio pastorale, a Lampedusa. Non si accorge che, tra denatalità e flussi migratori, si sta spegnendo la civiltà cristiana.

Ma soprattutto su una questione il metodo Bergoglio si rivela inadeguato: non sta avvicinando o riavvicinando alla chiesa nuovi o antichi fedeli, non sta risvegliando le vocazioni e l’assiduità nel frequentare la messa. La scristianizzazione procede, le chiese restano deserte, i dati lo confermano in modo drammatico.

Lui suscita simpatia personale e mediatica, soprattutto tra i non credenti; ma il tifo del Bergoglio fan-club non si traduce in fede.

Quando fu eletto Papa, noi sperammo che dopo un Papa teologo, intellettuale tedesco, lontano dal popolo dei credenti e vicino alle tempeste teologiche e filosofiche dell’Europa in crisi, arrivasse un papa più pastore, più comunicatore, meno legato alla crisi europea, venuto da altri mondi più giovani e lontani, meno pervasi dalla disperazione.

Il pastore argentino, che già si presentava con l’astuta mossa di chiamarsi Francesco, sembrava poter rispondere a questo bisogno di ricominciare daccapo. Solo un gesuita avrebbe potuto farsi chiamare Francesco, un francescano non avrebbe mai osato tanto.

Ma questo Papa ben presto dimostrò di non avere grazia e lume nell’agire, nel muoversi, nel dichiarare; mostrò di non sopportare la tradizione, il rito, la liturgia, di rifiutare il sacro e di ridurre il santo a rivolta umanitaria. E l’esaltazione recente di don Milani e don Mazzolari ne sono la conferma.

Senza considerare quel filo di gigioneria, di piacioneria, che lo caratterizza.

Poi quei presagi nefasti, i due papi vestiti di bianco, lui che vive praticamente in albergo, la colomba dilaniata davanti ai suoi occhi, le brutte storie vaticane che riprendono a fioccare…

È come se un’energia spirituale si stesse spegnendo, e due papi insieme si annullassero a vicenda. Il papa emerito e il papa demerito…

MV, Il Borghese, settembre 2017
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio e dei bergogliani

Messaggioda Berto » sab dic 16, 2017 9:00 am

???

I dialoghi privati tra il Papa e i gesuiti sul dramma Rohingya e sui migranti
Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica
Milano, 13 dicembre 2017

http://www.corriere.it/cronache/17_dice ... 2793.shtml

Civiltà Cattolica pubblica in esclusiva le domande che i religiosi incontrati durante il viaggio im Myanmar e in Bangladesh hanno posto al Pontefice su delicate tematiche

Santità, che cosa si aspetta da noi?
«Credo che non si possa pensare una missione — lo dico non soltanto da gesuita, ma da cristiano — senza il mistero dell’Incarnazione. Il gesuita è colui che deve sempre approssimarsi, come si è avvicinato il Verbo fatto carne. Le sfide non sono dietro, sono avanti. In questo il beato papa Paolo VI ha aiutato molto la Compagnia, e il 3 dicembre 1974 ci ha rivolto un discorso che resta pienamente attuale. Dice, per esempio: “Ovunque, nei crocevia della storia vi sono i gesuiti”. E per andare ai crocevia della storia bisogna pregare!».

Molti media hanno detto che la Sua visita in Myanmar è una delle più difficili. È così?
«Questo è un viaggio molto difficile, sì. Forse ha rischiato pure di essere cancellato, a un certo punto. Ma proprio perché difficile, dovevo farlo! Il Popolo di Dio è popolo povero, umile, che ha sete di Dio. Noi pastori dobbiamo imparare dal popolo. Perciò, se questo viaggio appariva difficile, sono venuto perché noi dobbiamo stare nei crocevia della storia».

Spesso lei dice che bisogna avere l’odore delle pecore. Alcuni di noi sentono l’odore dei rifugiati.
«Ho visitato finora quattro campi di rifugiati. Tre enormi: Lampedusa, Lesbo e Bologna. E là il lavoro è di vicinanza. A volte sono veri campi di concentramento, carceri. Io cerco di visitare, parlo chiaro, soprattutto con i Paesi che chiudono le loro frontiere. Purtroppo in Europa ci sono Paesi che hanno scelto di chiudere le frontiere. La cosa più dolorosa è che per prendere questa decisione hanno dovuto chiudere il cuore. E il nostro lavoro missionario deve raggiungere anche quei cuori che sono chiusi all’accoglienza degli altri. Queste cose non arrivano ai salotti delle nostre grandi città. Abbiamo l’obbligo di denunciare e di rendere pubbliche le tragedie umane che si cerca di silenziare».

Io vengo da una regione dove ci sono molte tensioni con i musulmani. Mi chiedo come è possibile prendersi cura delle persone che hanno questa tendenza al fondamentalismo.
«Guarda, di fondamentalismi ce ne sono dappertutto. E noi cattolici abbiamo “l’onore” di avere fondamentalisti tra i battezzati. È un atteggiamento dell’anima che si erge a giudice degli altri e di chi condivide la sua religione. È un andare all’essenziale — pretendere di andare all’essenziale — della religione, ma a un punto tale da dimenticarsi di ciò che è esistenziale. Dimentica le conseguenze. Gli atteggiamenti fondamentalisti prendono diverse forme, ma hanno il fondo comune di sottolineare molto l’essenziale, negando l’esistenziale. Il fondamentalista nega la storia, la persona. E il fondamentalismo cristiano nega l’Incarnazione».

Santità, grazie per aver parlato del popolo Rohingya. Sono nostri fratelli e sorelle.
«Gesù Cristo oggi si chiama Rohingya. Tu parli di loro come fratelli e sorelle: lo sono. Penso a san Pedro Claver, che mi è molto caro. Lui ha lavorato con gli schiavi del suo tempo. E pensare che alcuni teologi di allora — non tanti, grazie a Dio — discutevano se loro avessero un’anima o no! La sua vita è stata una profezia, e ha aiutato i suoi fratelli e le sue sorelle che vivevano in una condizione vergognosa. Ma questa vergogna oggi non è finita. Oggi si discute tanto su come salvare le banche. Il problema è la salvezza delle banche. Ma chi salva la dignità di uomini e donne oggi? La gente che va in rovina non interessa più a nessuno. Il diavolo riesce ad agire così nel mondo di oggi. Se noi avessimo un po’ di senso del reale, dovrebbe scandalizzarci. Lo scandalo mediatico oggi riguarda le banche e non le persone. Davanti a tutto questo dobbiamo chiedere una grazia: di piangere. Il mondo ha perso il dono delle lacrime. La sfacciataggine del nostro mondo è tale che l’unica soluzione è pregare e chiedere la grazia delle lacrime. Davanti a quella povera gente che ho incontrato ho sentito vergogna! Ho sentito vergogna per me stesso, per il mondo intero! Scusate, sto solo cercando di condividere con voi i miei sentimenti...».

Lei è venuto in Bangladesh, ha creato cardinale l’arcivescovo della capitale. Come mai questa attenzione?
«Nominando i cardinali, ho cercato di guardare alle piccole Chiese. Non per dare consolazione, ma per lanciare un chiaro messaggio: le piccole Chiese che crescono in periferia e sono senza antiche tradizioni cattoliche oggi devono parlare alla Chiesa universale. Sento chiaramente che hanno qualcosa da insegnarci».




L'orrore e il terrore maomettano dei Rohingya, persecutori e non perseguitati.
viewtopic.php?f=196&t=2452
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio e dei bergogliani

Messaggioda Berto » mar dic 26, 2017 6:26 pm

Le fole di papa Francesco e la platea festante
di Niram Ferretti
2017/12/26

http://caratteriliberi.eu/2017/12/26/in ... a-festante

Spira forte il vento delle parole comode, del Verbo che si incarna nello Spirito del Tempo e sussurra alle orecchie dei più come e cosa devono pensare per essere up to date, consoni a questa nostra epoca in cui bisogna abbassare il più possibile la soglia del pensiero critico, la fatica hegeliana del concetto, per poter vivere felici e contenti nel mondo che verrà.

Papa Francesco, il papa che giunge dai confini del mondo, bonaccione e telefonista, ma inflessibile contro chi non la pensi come lui, bollato dai suoi sodali, nella Chiesa e nei mass media, come “retrivo”, “curiale”, “integralista”, “passatista”, ecc. ci regala da tempo la sua edificante narrativa sui migranti innestati di peso nel Vangelo.
Qualche tempo fa, durante una intervista concessa a Le Figaro, ci raccontò che Gesù era un rifugiato.
Si trattò di quando venne portato in Egitto, infante, dai genitori perché Erode se ne voleva sbarazzare.

Accostamento tirato per i capelli, buono per un siparietto da cabaret ma poco rispettoso del racconto evangelico, poiché, naturalmente, Gesù non fu mai un rifugiato ma un ebreo che si mosse in Giudea (questo il nome della regione all’Epoca, non Palestina, quest’ultima sarebbe subentrata 135 anni dopo la sua morte) e Galilea. Ma il pontefice dimesso e senza fronzoli ama gli accostamenti arditi, ammiccanti, perfetti per il plauso facile della platea ampia alla quale si rivolge quasi strizzando l’occhiolino e profferendo, “Sono in gamba eh? Questa non l’avevate pensata nemmeno voi”.

Ora ha rincarato la dose, durante la Messa della Vigilia di Natale, raccontandoci che Maria e Giuseppe altro non erano che analoghi agli immigrati attuali. D’altronde un Gesù rifugiato con genitori immigrati, suona bene. Secondo il pontefice quest’ultimi lasciarono “la loro casa, la loro gente, loro terra”. Antonio Socci, occhio sbottato Socci, che da cattolico costernato guarda a questo papa come a un apostata (e con lui molti altri), lo fulmina su Libero con assai buone ragioni, “Colpisce l’ignoranza, Qualcuno gli spieghi che Giuseppe stava portando la sua famiglia non in un Paese straniero per motivi economici, ma nel suo stesso Paese per il censimento, perché lui era originario di Betlemme. Quindi era a casa sua. E il versetto “non c’era posto per loro” si riferisce al fatto che nel caravanserraglio dove erano tutti non c’era un luogo appartato per partorire. Come si può distruggere così l’annuncio del Natale con un banale comizietto populista?”.

No, non si tratta di ignoranza. Il papa conosce i testi sacri, ma li piega doviziosamente alla propria agenda ideologica che guarda caso coincide perfettamente con il verbo europeista progressista. Gli immigrati sono buoni a prescindere, sono le risorse boldriniane, sono l’avanguardia della società futura.
Non importa se si integreranno o se costruiranno enclavi etno-religiose come in Belgio, in Francia, in Gran Bretagna, l’importante è accoglierli a prescindere e chi avanza dei dubia , anatema sit! seguito da profluvi di “xenofobo”, “fascista”, “razzista”.

Anche il farneticante rossobruno Diego Fusaro, la versione pret-a-porter di Costanzo Preve, fulmina il pontefice, ma per ragioni opposte, sarebbe al servizio dei potentati forti della, “mondializzazione” parolina assai sperperata che null’altro è se non una riverniciatura del complotto pluto-giudaico-massonico, e infatti bel faccino Fusaro non può non nominare Soros.
C’è sempre un ebreo dietro ogni complotto e questa volta è addirittura dietro il papa. Ma al di là delle intossicazioni della mente, torniamo alla realtà, come cantava Frank Sinatra.
Bergoglio, Francesco prosegue imperterrito e ci ragguaglia su Maria e Giuseppe immigrati, facendoci presente che “Maria e Giuseppe, per i quali non c’era posto, sono i primi ad abbracciare Colui che viene a dare a tutti noi il documento di cittadinanza.
Colui che nella sua povertà e piccolezza denuncia e manifesta che il vero potere e l’autentica libertà sono quelli che onorano e soccorrono la fragilità del più debole”.

Gesù che da rifugiato diventa generoso funzionario preposto a concedere visti agli immigrati, senza se e senza ma, bisogna ammetterlo, è un ulteriore passo avanti nella narrativa bergogliana, è ancora più efficace del Gesù con kefiah della martirologia palestinista. Trova rapido consenso tra le gerarchie sudamericanizzate, tra i numerosi Galantino, “Tutti dentro!” è il Signore che garantisce il lasciapassare…

La “fragilità del più debole” sì va salvaguardata, ma forse occorrerebbe farlo là dove essa si manifesta con più forza, nei paesi in cui si scatena il dramma della violenza e della sopraffazione, prima ancora che in Europa e in Occidente in generale. Sarebbe bello se facessero la loro parte, più generosamente anche i paesi musulmani che invece, come l’Arabia Saudita e gli emirati tengono ben serrati i loro ingressi.

L’Europa può contenere, fare la sua parte, certo, ma cum judicio, che sarebbe a dire, con rigore e competenza, con accertamenti il più possibile protratti sulla volontà dei molti accolti di integrarsi e fare propri i valori e le leggi dei paesi che gli accolgono. Ma già dire questo è segno di durezza di cuore, se non di un cuore nero che sogna Blut und Bloden e adunate a passo d’oca.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio e dei bergogliani

Messaggioda Berto » mer dic 27, 2017 12:15 pm

Le chicche natalizie
Commento di Deborah Fait
27/12/2017

http://www.informazionecorretta.com/mai ... I.facebook

Come accade sempre, anche quest'anno non sono mancati gli attacchi di bile ogni volta che la Tv trasmetteva i suoi servizi dedicati al Natale. Sembra si mettano d'accordo per servire ai telespettatori, spesso ignari e pronti a credere a tutto, un concentrato di stupidaggini.
http://www.raiplay.it/video/2017/12/Uno ... 83f77.html

Il primo assaggio si è avuto con la Rai, UnoMattina, 25 dicembre, che ha dedicato un paio d'ore a intervistare personaggi di chiesa che, con una faccia tosta incredibile, hanno parlato dei cristiani in Terra Santa, nel caso specifico Bet Lechem ( mi piace chiamare la città col suo nome originario ebraico) come se fosse la comunità più amata e protetta, senza mai accennare alle fughe che l'hanno ridotta a meno del 9% dal 70% di quando era sotto giurisdizione israeliana.
Padre Giovanni Biallo, organizzatore di pellegrinaggi, ha descritto una comunità cristiana piccola ma molto stimata (nessuno gli ha insegnato che a dire bugie si fa peccato) che deve essere sostenuta con i pellegrinaggi.

Carlo Paris, si proprio lui, l'ineffabile Paris, quello che parlava di centinaia di morti e feriti a Betlemme, ha chiesto ad alcuni pellegrini "Avete avuto paura?" ed è rimasto quasi deluso dalla risposta negativa, però, alla fine del suo collegamento, non si è lasciato sfuggire l'occasione di sputare veleno contro Israele concludendo il suo servizio con "qui continua a piovere ma meglio la pioggia dei gas lacrimogeni". Stupendo no? Quei brutti soldatacci israeliani che per divertimento, non avendo altro da fare, vanno a lanciare i lacrimogeni in mezzo alla pacifica popolazione di Bet Lechem. Dovrebbe parlare con Piero Marrazzo che si è beccato una bella pietra palestinista che deve avergli fatto un male tremendo.
È contro queste caramelle di qualche chilo che possono anche ammazzare, ed è accaduto, che Tzahal usa i gas lacrimogeni. Non se n'era accorto, Paris?

Sempre nella stessa trasmissione ho avuto uno delle tante coltellate al mio fegato quando Alì Salam, sindaco di Narzareth ha avuto il coraggio di dire " Trump ha interrotto il processo di pace!" Ha detto proprio così e chi lo intervistava non ha ribattuto. Ecco come i media diffondono tutte le loro menzogne, lasciando che personaggi musulmani inqualificabili usino la taqiyya, l'arte del mentire islamico, per demonizzare Israele.

E veniamo a Padre Ibrahim Faltas, e chi non lo ricorda, il frate francescano, parroco di Gerusalemme dal 2004, presentato da Franco Di Mare come "mediatore" durante la 2 intifada. Mediatore?? Spero che qualcuno ricordi l'assedio di Hamas alla Basilica della Natività quando questo francescano, davanti alle tv di tutto il mondo, mentre i palestinesi distruggevano e dissacravano la Basilica, quasi piangeva accusando l'esercito israeliano, che se ne stava tranquillo in attesa, di tenere sotto assedio la Basilica mentre al suo interno le persone morivano di fame e di sete. Quando finalmente i terroristi di Hamas sono usciti, i frati hanno trovato tutto distrutto, cibo non mangiato perchè troppo (fornito da Tzahal tra l'altro) gettato a terra, bottiglie d'acqua da tutte le parti e...i bisogni corporali dei palestinsiti nelle acque santiere. Ehhh beh, il corpo ha le sue esigenze.
Bene, questo Faltas ha parlato dell'Erode di turno, alludendo naturalmente a Donald Trump, paragonato a Erode il Grande, quello che ammazzava i bambini.

Altri ospiti, Amos Gitai con le sue cazzate pacifiste e, finalmente, due voci amiche; Dan Bahat, famoso archeologo che ha fatto una chiara esposizione della storia del Monte del Tempio e Benny Raccah, imprenditore, che ha parlato della sua Aliyah e del significato che per lui ha Israele. Le sue parole sono state un balsamo per la mia bile messa a dura prova.

E veniamo alla madre di tutte le chicche natalizie, Papa Bergoglio, che ha fatto saltare per aria un po' tutti con la sua omelia natalizia, per primi i cardinali che sono contro lo Jus soli da lui esaltato in modo ossessivo e chi, attonito per le inesattezze del suo discorso, non poteva credere alle proprie orecchie.
Secondo Bergoglio i bambini del Medio Oriente soffrono a causa del conflitto tra Israele e palestinesi, cose da pazzi, parole inqualificabili per chi conosce la verità, però, vabbè, queste sono le sue convinzioni politiche filoislamiche, non è una sorpresa nè un segreto che a Bergoglio piacciano tanto i musulmani, palestinisti in testa.
Non è nemmeno una sorpresa averlo sentito pontificare....è il caso di dirlo... che il modello di sviluppo economico occidentale produce degrado nella società. Nemmeno Marx aveva osato tanto! Lo sviluppo economico, capito? Non la paura, ormai a livello planetario, del terrorismo islamico che sta letteralmente divorando ogni consesso umano, che ci ha tolto la libertà, che ci ha resi succubi della paura, che ci ha rubato gioia e serenità, che ha tolto la vita a centinaia di migliaia di innocenti con le guerre terroriste del Daesh e gli attentati degli scagnozzi di Al Baghadi in occidente.
Niente, nemmeno una parola sul terrorismo, per Bergoglio non esiste. Ma quello che , personalmente, mi ha lasciata esterrefatta è stata la sua strumentalizzazione dei Vangeli al punto da dubitare che li conosca.
Secondo Bergoglio, Giuseppe e Maria dovettero lasciare la loro terra per andare a Bet Lechem dove, per loro, "non c'era posto". Ma come! Intanto Giuseppe era originario di Bet Lechem e per questo motivo vi si sono recati per il censimento, in secondo luogo non hanno trovato posto perchè la cittadina era strapiena di altri ebrei che dovevano censirsi, quindi tutti i ricoveri erano occupati.
Maria era incinta e stava per partorire perciò non andava bene nemmeno il caravanserraglio dove si sitemavano le carovane perchè non poteva partorire davanti a tutti. Hanno cercato quindi un luogo più appartato. Non hanno dovuto lasciare la loro terra per andare in un paese straniero, come vuole far credere il Papa per tirare acqua al suo mulino, perchè erano a casa loro, era la loro terra, erano giudei e quello dove erano per il censimento indetto da Romani, era il Regno di Giuda.
E poi tutta la retorica sulla povertà della "Sacra Famiglia" al punto da equipararla a quella dei "bambini del Medio oriente". Mi veniva la pelle d'oca mentre lo ascoltavo.

Allora, mettiamo le cose in chiaro, Giuseppe era quello che si potrebbe oggi definire imprenditore, aveva una falegnameria probabilmente l'unica di Nazareth, la storia racconta che era di famiglia ricca, discendente di Re David. Maria lo era ancora di più, il padre Yaakov, ricchissimo possidente, era della tribù del Regno di Giuda, anch'egli della stirpe di Re David. Quindi i genitori di Gesù erano entrambi dell'alta borghesia ebraica dell'epoca, imparentati con Zakaria (zio di Maria e padre di Giovanni) sacerdote del Tempio di Salomone. Quando Giuseppe, Maria e Gesù scapparono in Egitto per salvarsi dall'ordine di Erode di uccidere tutti i bambini nati a Bet Lechem, lo fecero come profughi, non come migranti, si rifugiarono ad Alessandria, insieme ad altrri ebrei fuggiti per la stessa ragione, per ritornare a casa loro alla morte di Erode.

La domanda che mi pongo è: in Vaticano li hanno i testi sacri? E se si, li hanno mai letti? Consiglierei di farlo per capire finalmente che Gesù era ebreo, figlio di ebrei, nipote di ebrei, come chiunque abitasse all'epoca nei regni di Israele e Giuda, ed evitare di andare a dire Messa, come ha fatto Papa Bergoglio un paio di anni fa, sotto un maxiposter di Gesù bambino coperto da una kefia palestinista.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio e dei bergogliani

Messaggioda Berto » ven dic 29, 2017 8:56 pm

Papa Francesco è il leader della sinistra italiana, europea, mondiale
di Loris Zanatta
2017/03/24

https://www.ilfoglio.it/chiesa/2017/03/ ... Q.facebook

Ormai è ufficiale: Papa Francesco è il leader della sinistra italiana, europea, mondiale. Com’è possibile? Sarà un equivoco? Le ragioni accampate dalle nutrite legioni pontificie suonano convincenti: poiché la sinistra laica ha smarrito la via e tradito gli ideali abbandonando “gli ultimi” della cui protezione dovrebbe occuparsi, è normale che cessi di rappresentarli. Ancor più normale, in tale ottica, è che gli orfani sociali, che sono tanti, e gli orfani intellettuali, ancor più numerosi, si rivolgano speranzosi al Papa argentino, al suo costante appello agli scartati, alle periferie, alle sue bordate contro il mercato, i potenti, le banche. Lui sì che scalda i cuori! Per molti è una nuova gioventù: l’anticapitalismo è tornato!

Tutto ciò non dovrebbe sorprendere: molto prima che il comunismo trasformasse il verbo anticapitalista e antiliberale in un’ideologia secolare, era stata la chiesa cattolica ad agitare con furia quel vessillo; e quella latina più di qualsiasi altra, in nome del popolo cristiano minacciato nelle sue virtù dalle nuove idee. Non sarà un caso se il comunismo ha attecchito nel mondo latino e cattolico assai più che altrove; se il comunismo vi ha assunto spesso il profilo di una chiesa secolare: lo dico con cognizione di causa, da figlio di operaio comunista cresciuto coi santini di Lenin sui comodini di casa.

Con Bergoglio, dunque, l’atavica ostilità al liberalismo economico e politico ritrova le sue ragioni e chi non ha elaborato il lutto del crollo del mondo comunista, può ritornare alle origini evangeliche dell’antiliberalismo nei paesi latini. Ciò è del tutto coerente con la traiettoria del Papa, che incarna la tradizione antiliberale del populismo latinoamericano, nemico della “razionalità illuminista” e dei ceti medi, in quanto “ceti coloniali” estranei alle radici cattoliche del “popolo”.

La distinzione tra destra e sinistra è importante, ma talvolta superficiale: c’è una destra liberale e una destra populista; c’è una sinistra liberale e una sinistra populista; e c’è assai più affinità ideale tra le anime liberali e tra quelle populiste di quanto non ve ne sia tra destra e sinistra. E’ questione di visioni del mondo le cui radici si perdono in epoche remote. Quella liberale propone una visione disincantata del mondo; affronta la vita sociale come un esercizio pragmatico e imperfetto che rifugge le utopie redentive, perché foriere di fanatismi fratricidi.

Quella populista vede il mondo come un’eterna lotta tra bene e male; non le importa analizzare il mondo nella sua complessità per apportarvi modifiche, migliorie, riforme; le importa giudicarlo in termini etici: assolverlo o condannarlo. Su questo piano, il populismo non ha rivali: la sua portentosa forza è la stessa che da secoli alimenta le grandi religioni; e su ciò, infatti, sulla semplificazione dei grandi problemi della nostra epoca, il Papa non ha rivali. Tuttavia, gli argomenti di chi si arruola nella sinistra pontificia sono più deboli di quanto sembri. Si può criticare finché si vuole la sinistra liberale, ma il suo presunto “abbandono” degli ultimi è frutto di una riflessione storica che, prima o poi, anche la sinistra pontificia dovrà fare. Nasce cioè dall’ovvia considerazione, del tutto estranea al Papa, che il terribile mercato ha fatto e può fare per emancipare gli ultimi e le periferie assai più degli ideali agitati con indignazione contro di esso; che il mercato va governato e ben governato, non combattuto; che la competitività e la produttività non sono brutte parole inventate per sfruttare gli indifesi, ma le chiavi per rendere più inclusivi i sistemi produttivi e sociali.

La sinistra bergogliana guardò nel decennio scorso ai populismi dell’America latina come la nuova via: quelli sì che bastonavano il mercato, che pompavano spesa pubblica, che inneggiavano al popolo e ai poveri! Oggi che il Venezuela chavista langue nella miseria e nella disperazione in mezzo a un mare di macerie istituzionali, tutti guardano altrove: regna il silenzio. Eppure era già accaduto e ancora accadrà: quelle belle idee producono simili disastri. Non sarà che le milizie del Papa amino più i loro antichi e gloriosi ideali che il destino dei poveri?
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

PrecedenteProssimo

Torna a Coscienza, creanza, responsabilità, libertà, solidarietà

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 1 ospite