La demenza irresponsabile di Bergoglio e dei bergogliani

La demenza irresponsabile di Bergoglio e dei bergogliani

Messaggioda Berto » mer apr 26, 2017 9:13 am

Bergoglio: all'Africa e agli africani non dobbiamo nulla più di quello che dobbiamo a tutti gli esseri umani della terra e in primo luogo a noi stessi e alla nostra gente
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Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio

Messaggioda Berto » mer apr 26, 2017 11:01 am

Questo Papa irresponsabile non sa nemmeno quello che dice: "2 clandestini per gni famiglia o per ogni comune ?"

Papa Bergoglio: "Ogni comune si prenda due profughi"
22 Aprile 2017

http://www.liberoquotidiano.it/news/ita ... fughi.html

"Siamo nella civiltà che non fa figli, ma anche chiudiamo la porta ai migranti: questo si chiama suicidio". Sono le parole di Papa Francesco a conclusione dell’incontro con i profughi arrivati attraverso i canali umanitari, promossi dalla Comunità di Sant’Egidio, nei locali della Basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina. "Pensiamo - ha esortato - alla crudeltà che oggi si accanisce su tanta gente, allo sfruttamento della gente che arriva con i barconi e poi restano lì nei paesi generosi: l’Italia e la Grecia accolgono ma poi i trattati internazionali non lasciano che ripartano. Se in Italia si accogliessero due migranti per ogni municipio ci sarebbe posto per tutti. Questa generosità del Sud, di Lampedusa, della Sicilia, di Lesbo, possa contagiare tutti noi", ha auspicato il Papa che ha usato parole fortissime anche nell’omelia pronunciata in parte a braccio nel santuario dei nuovi martiri.
"I campi di rifugiati, tanti, sono campi di concentramento per la folla di gente lasciata lì e i popoli generosi che li accolgono debbono portare avanti da soli questo peso, mentre gli accordi internazionali sembrano più importanti dei diritti umani".

Bergoglio, ma cosa dici? - In Italia ci sono 8mila comuni per 2 clandestini/profughi = 16mila; scusa tanto Bergoglio, ma se ne arrivano poco meno di 200 mila all'anno, li altri dove li mettiamo?

170 mila nel 2014, 153 mila nel 2015 e 181 mila nel 2016
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=ADdVMwQC
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Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio

Messaggioda Berto » mer apr 26, 2017 1:50 pm

Papa: “Io, figlio di migranti, sarei potuto essere tra gli ‘scartati’”
26 aprile 2017

http://tg24.sky.it/mondo/2017/04/26/pap ... ok_skytg24

“Anch'io avrei potuto essere tra gli 'scartati' di oggi. Perciò nel mio cuore rimane sempre quella domanda: perché loro e non io?". Così Papa Francesco è intervenuto con un videomessaggio a sorpresa inviato all'incontro internazionale “TED 2017 - The future you” (“Il futuro sei tu”) in corso a Vancouver, in Canada. Il Pontefice ha parlato di solidarietà e unione, ricordando che anche la sua era una famiglia di migranti, e sottolineando che "abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, che nessuno di noi è un'isola, un io autonomo e indipendente dagli altri, che possiamo costruire il futuro solo insieme, senza escludere nessuno”.

“Perché loro e non io?”

"Incontrando o ascoltando ammalati che soffrono, migranti che affrontano tremende difficoltà in cerca di un futuro migliore, carcerati che portano l'inferno nel proprio cuore, persone specialmente giovani che non hanno lavoro, mi accompagna spesso una domanda: perché loro e non io?. Anch'io - ricorda il Papa - sono nato in una famiglia di migranti: mio papà, i miei nonni, come tanti altri italiani, sono partiti per l'Argentina e hanno conosciuto la sorte di chi resta senza nulla”.

“Gli altri non sono numeri”

"L'esistenza di ciascuno di noi è legata a quella degli altri: la vita non è tempo che passa, ma tempo di incontro - ha detto il Pontefice - La solidarietà è una parola che tanti vogliono togliere dal dizionario". Secondo il Papa, “per essere attivi nel bene ci vuole memoria, ci vuole coraggio e anche creatività. Mi hanno detto che a TED c'è riunita tanta gente molto creativa. Insieme, aiutiamoci a ricordare che gli altri non sono statistiche o numeri: l'altro ha un volto, il 'tu' è sempre un volto concreto, un fratello di cui prendersi cura".

La fraternità come base delle scelte politiche ed economiche

Papa Francesco ha parlato anche dei progressi tecnologici come veicolo di uguaglianza: "Come sarebbe bello se alla crescita delle innovazioni scientifiche e tecnologiche corrispondesse anche una sempre maggiore equità e inclusione sociale! Come sarebbe bello se, mentre scopriamo nuovi pianeti lontani, riscoprissimo i bisogni del fratello e della sorella che mi orbitano attorno!". E infine, un riferimento anche alle istituzioni: "Come sarebbe bello che la fraternità diventasse atteggiamento di fondo nelle scelte a livello politico, economico, scientifico, nei rapporti tra le persone, tra i popoli e i Paesi. Solo l'educazione alla fraternità, a una solidarietà concreta, può superare la 'cultura dello scarto', che non riguarda solo il cibo e i beni, ma prima di tutto le persone che vengono emarginate da sistemi tecno-economici dove al centro, senza accorgerci, spesso non c'è più l'uomo, ma i prodotti dell'uomo".

Alberto Pento
Magari! Questo è un bugiardo di prima classe, fa finta di non sapere che gli italiani che migravano in Argentina e in tutta l'America del Nord e del Sud dovevano avere i documenti in regola e un contratto di lavoro. Bergoglio sei un bugiardo e andrai dritto all'inferno.
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Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio

Messaggioda Berto » gio apr 27, 2017 8:09 am

Papa Bergoglio è anche un idolatra bugiardo e vergognoso che santifica l'Islam e Maometto

Mona Walter è una ex musulmana nata a Mogadiscio, in Somalia, che ci spiega cos'è realmente l'Islam.
https://youtu.be/qEPCV_CM9c8
Sottotitolato in italiano


Lo sfogo di uno studente: "Le radici del terrorismo islamico sono nel Corano"
"Gli occidentali hanno ragione ad aver paura, ad essere islamofobi e di accusare l’islam, perché noi siamo il frutto di questo albero che si chiama islam e si è loro presentato un islam stanco e appesantito dalla storia", parola di uno studente musulmano
Francesco Curridori - Gio, 27/04/2017

http://www.ilgiornale.it/news/radici-te ... 90657.html

“I musulmani rifiutano il legame che si fa fra Daesh e i suoi scagnozzi da un lato e l’islam dall’altro.

Per essi, quelli sono dei gruppi che non rappresentano l’islam. Eppure i loro atti criminali sono giustificati e ispirati dai testi che sono il riferimento dei musulmani e delle istituzioni islamiche. Per questo, per una maggioranza di non musulmani, quello Stato diabolico è considerato come una rappresentazione fedele dell’islam”. A scriverlo su Asianews è Kamel Abderrahmani, uno studente musulmano che vive a Parigi molto critico nei confronti dell’Islam e delle varie interpretazioni del Corano.

Per Abderrahmani, dopo ogni attentato terrorista, si tende a dire:“Questo non è il vero islam” ma “Io e con me tanti altri musulmani – aggiunge - pensiamo che sia inammissibile rimandare la problematica del terrorismo islamista in questa tappa critica che punta sul futuro dell’islam, dei musulmani e del resto dell’umanità". Il fondamentalismo nasce per opera dei ‘Fratelli musulmani” in Egitto della “Jamaât at-tabligh” in India, due gruppi originariamente apolitici che “hanno optato per la strada politica e talvolta armata per raggiungere i loro obiettivi, soprattutto l’instaurazione del califfato, un fatto considerato un obbligo religioso” e“sono la fonte d’ispirazione di tutte le correnti islamiste attuali, violenti o pacifiche”. Due movimenti“che si ispirano ad antiche interpretazioni del Corano e della sharia, come fa lo Stato islamico in Iraq e in Siria, o Boko Haram in Niger” e perciò “coloro che non sono d’accordo con l’islamismo sono uccisi o spinti all’esilio”.

“Daesh e i diversi gruppi terroristi e politici islamisti non hanno inventato nulla, - scrive ancora lo studente musulmano - essi non hanno aggiunto alcuna parola, alcuna idea nuova o argomento a ciò che essi hanno trovato nei libri di riferimento della teologia musulmana. [Questi sono] una vera raccolta di idee morte, avvelenanti e velenose, venute fuori dalle antiche interpretazioni del Corano e delle hadith. Ciò che viviamo oggi ne è la prova”. Abderrahmani chiede pertanto la “modernizzazione, la riforma dell’islam dall’interno” e usa parole di comprensione per gli occidentali. “Hanno ragione ad aver paura, ad essere islamofobi e di accusare l’islam, perché noi siamo il frutto di questo albero che si chiama islam e si è loro presentato un islam stanco e appesantito dalla storia. Essi hanno ragione perché i musulmani non hanno osato riconoscere il male, estraendolo ed eliminandolo”, conclude.



«Il Papa in Egitto, risposta all'estremismo e all'odio»
Camille Eid venerdì 28 aprile 2017

https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/i ... -e-allodio

L’importanza di vedere il Pontefice accanto al grande imam dell’istituzione sunnita, il dialogo come lternativa alla violenza. Parla Afifi, segreterio generale dell’Accademia delle ricerche islamiche
«Il Papa in Egitto, risposta all'estremismo e all'odio»

Quella di papa Francesco è una visita storica perché manda un messaggio inequivocabile all’umanità intera: l’alternativa al dialogo interreligioso è il linguaggio della violenza. A sostenerlo è Mohieddin Afifi Ahmad, segretario generale dell’Accademia delle ricerche islamiche (Aira), l’ente di al-Azhar incaricato – come indica il sito dell’istituzione sunnita più prestigiosa al mondo – «di rinnovare il discorso islamico attraverso l’eliminazione dei concetti errati e dei residui dell’estremismo intellettuale e politico».

Afifi aveva partecipato alla visita in Vaticano del grande imam di al-Azhar, avvenuta nel maggio 2016, poi ancora al seminario congiunto tra il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e al-Azhar, tenutosi al Cairo nel febbraio scorso, sul tema della “lotta al fenomeno del fanatismo, estremismo e violenza in nome della religione”. «Gli egiziani – dice Afifi – hanno apprezzato molto la determinazione di papa Francesco a compiere questo viaggio nonostante i recenti attentati contro i luoghi di culto copti. Ricevendo il Papa, noi salutiamo un uomo di grande saggezza e lungimiranza che ha permesso la ripresa del dialogo tra la Santa Sede e al-Azhar».

Afifi ammette che ci vorranno ulteriori sforzi per contrastare la violenza in nome della religione, ma assicura che al-Azhar è già all’opera. «Le odiose azioni compiute in nome dell’islam – afferma – diffamano enormemente la nostra religione. Abbiamo certamente bisogno di andare avanti sulla via della purificazione dell’islam da quei concetti errati e da certe ideologie che hanno sfruttato il vuoto intellettuale per ingannare molti giovani». Afifi difende il ruolo di al-Azhar come paladino della cosiddetta wasatiyya, ossia la via mediana o del giusto mezzo, che vorrebbe adattare l’atteggiamento del fedele musulmano alle cangianti situazioni storiche e ambientali, in modo da evitare gli estremismi e il dogmatismo.

«Al-Azhar – spiega – ha rappresentato per oltre dieci secoli un faro di conoscenza, giocando un ruolo illuministico nella formazione dell’interiorità islamica sia dal punto di vista dottrinale che intellettuale. Screditare al-Azhar significa quindi misconoscere la sua istruzione di intere generazioni, ma anche distruggere il contributo dell’Egitto alla civiltà mondiale. Permetterebbe, soprattutto, alle correnti estremiste di occupare l’eventuale vuoto». Per l’ex rettore di due facoltà di al-Azhar, il significato ultimo del viaggio di Francesco è assai chiaro. «La presenza del Papa, massimo rappresentante della Chiesa cattolica, accanto al nostro grande imam, massimo rappresentante dell’islam, è un eccellente invito a ai fedeli delle due grandi religioni, ma anche a tutte le religioni, ad adoperarsi insieme per sconfessare la logica dell’estremismo e dell’odio per promuovere la cultura dell’amore e della misericordia. L’alternativa al dialogo è la violenza».

Chiediamo ad Afifi se questo senso della visita sia evidente per tutti, alla luce di alcuni commenti islamici che considerano ogni approccio interreligioso una forma subdola di “proselitismo” cattolico. «Quelle voci – risponde – rimangono isolate e rappresentano solo se stesse. La nostra azione è tutta concentrata oggi sulla confutazione di alcuni concetti distorti dai gruppi estremisti, come quelli di califfato e di jihad, per rimettere al centro l’uomo e i suoi diritti fondamentali».

Un esempio di questo rinnovato impegno? «Gli interventi del grande imam in cui insiste sulla necessità di preservare il pluralismo nella società egiziana, e la piena cittadinanza per tutti. La settimana scorsa, abbiamo lanciato un’iniziativa a livello nazionale, denominata “Rispettare l’essere umano” che mira a illustrare in tutti i luoghi di predicazione l’importanza di rispettare la libertà individuale in materia di credo religioso e di pensiero. Nessun uomo, infatti, deve subire pressioni oppure sentirsi minacciato di scomunica ( takfir, ndr) per indurlo ad abbracciare una fede o un’ideologia precisa».


Alberto Pento
Questi sono così irresponsabili, incoscienti, distorti, bugiardi, politicanti, ... da attribuire la violenza islamica a quelle che loro dicono essere solo frange estremiste eretiche che vanno contro la bontà e la verità dell'Islam, quando in realtà la violenza islamica proviene dritta dritta proprio da Maometto, dal Corano e dal loro idolo Allah.

???
Il messaggio di pace religiosa di Francesco: «Smascherare la violenza»
di Carlo Marroni 28 aprile 2017
IL CAIRO - dal nostro inviato.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... m=facebook

Le parole arrivano dal cuore dell'islam sunnita, da Al-Azhar, “la splendida”, la millenaria moschea-università del Cairo, faro per centinaia di milioni di musulmani in tutto il mondo. «Ripetiamo un “no” forte e chiaro ad ogni forma di violenza, vendetta e odio commessi in nome della religione o in nome di Dio.
Insieme affermiamo l'incompatibilità tra violenza e fede, tra credere e odiare.
Insieme dichiariamo la sacralità di ogni vita umana contro qualsiasi forma di violenza fisica, sociale, educativa o psicologica» dice Papa Francesco nel suo discorso ai partecipanti alla Conferenza internazionale per la Pace, accanto al Grande Imam di Al-Azhar, Ahmed Al Tayyib, che abbraccia dopo l'incontro di un anno fa in Vaticano, che segnò il ritorno al dialogo dopo un lustro di interruzione dei rapporti.
«Si assiste con sconcerto al fatto che, mentre da una parte ci si allontana dalla realtà dei popoli, in nome di obiettivi che non guardano in faccia a nessuno, dall'altra, per reazione, insorgono populismi demagogici, che certo non aiutano a consolidare la pace e la stabilità» denuncia Francesco.
«Nessun incitamento violento garantirà la pace - afferma -, ed ogni azione unilaterale che non avvii processi costruttivi e condivisi è in realtà un regalo ai fautori dei radicalismi e della violenza».

L'Imam di Al Azhar: islam non è una religione del terrorismo, nessuna lo è.
Parole forti, non scontate, e condivise in un momento di innalzamento dell'offensiva terroristica contro i cristiani (e non solo), a cui il Papa non risponde con toni da guerra di religione, ma al contrario di profondità di dialogo. E anche Al Tayyib, lancia un forte segnale: «L'islam non è una religione del terrorismo» , dice, ma aggiunge che non lo sono neppure il cristianesimo e l'ebraismo.
Aggiungendo: «Dobbiamo purificare le religioni da tutto quello che semina l'odio e da qualsiasi deviazione». Su questo il Papa richiama ciascuno alle proprie responsabilità: «In quanto responsabili religiosi, siamo chiamati a smascherare la violenza che si traveste di presunta sacralità. Siamo tenuti a denunciare le violazioni contro la dignità umana e contro i diritti umani, a portare alla luce i tentativi di giustificare ogni forma di odio in nome della religione e a condannarli come falsificazione idolatrica di Dio. La violenza è la negazione di ogni autentica religiosità».

«Per prevenire i conflitti ed edificare la pace è fondamentale adoperarsi per rimuovere le situazioni di povertà e di sfruttamento, dove gli estremismi più facilmente attecchiscono, e bloccare i flussi di denaro e di armi verso chi fomenta la violenza» aggiunge il Papa. Un passaggio “politico”, un richiamo che fa spesso sul tema della guerra, che ha alla base sempre degli interessi e mai la vera religione. La Conferenza internazionale ha anche osservato un «minuto di silenzio» per «le vittime del terrorismo di tutte le nazionalità»: gli istanti di concentrazione sono stati chiesti dal Grande Imam.

«Pace in Medio Oriente». L'incontro con Al Sisi
Nel secondo appuntamento della prima giornata del viaggio al Cairo c'è stato il discorso con le autorità e alla presenza del presidente egiziano Al-Sisi, incontrato privatamente due ore prima e il cui colloquio è rimasto riservato, compreso quindi un eventuale accenno al caso dell'omicidio di Giulio Regeni, come sollecitato più volte dalla famiglia del giovane ricercatore italiani massacrato nel gennaio dello scorso anno. Il Papa nel discorso è tornato sul terrorismo: «Non si può costruire la civiltà senza ripudiare ogni ideologia del male, della violenza e ogni interpretazione estremista che pretende di annullare l'altro e di annientare le diversità manipolando e oltraggiando il Sacro Nome di Dio.
Abbiamo il dovere - ha proseguito - di smontare le idee omicide e leideologie estremiste, affermando l'incompatibilità tra la vera fede e la violenza, tra Dio e gli atti di morte».
E un appello per la pacificazione del medio oriente: «Pace per questo amato Paese! Pace per tutta questa regione, in particolare per Palestina e Israele, per la Siria, per la Libia, per lo Yemen, per l'Iraq, per il Sud Sudan, pace a tutti gli uomini di buona volontà!». L'Egitto - ha detto ancora il Papa - è «chiamato a condannare e a sconfiggere ogni violenza e ogni terrorismo dimostrando che si può credere e vivere in armonia con gli altri, condividendo con loro i valori umani fondamentali e rispettando la libertà di fede di tutti». In serata l'incontro con il patriarca copto-ortodossi, papa Tawadros II, scampato alla strage della Domenica delle Palme: e quello dell'ecumenismo è il terzo pilastro di questo viaggio, assieme a quelli interreligioso e pastorale (verso i cattolici, che incontrerà domani).


Note senza fonte:

Il 75 per cento della popolazione egiziana ritiene che la sharia – cioè la normativa ricavata dal Corano e dalla sunna – è parola di Dio rivelata.

Il 74 per cento vuole che la sharia sia legge dello Stato.

Il 74 per cento vuole che la sharia sia applicata non solo ai musulmani ma anche ai non musulmani.

Il 95 per cento vuole che siano giudici religiosi a decidere in dispute sulla famiglia e la proprietà.

Il 70 per cento è a favore di pene corporali per punire crimini come il furto.

L'81 per cento è a favore della lapidazione di chi compie adulterio.

L'86 per cento è a favore della pena di morte per chi abbandona l'islam.



Quell'università islamica accusata di allevare jihadisti

Oggi papa Bergoglio in visita il grande imam Al-Tayyeb. Obiettivo distendere i rapporti tra la Santa Sede e Al Azhar, il "vaticano dell'islam sunnita". Ma sull'Università si addensano ombre
Giuseppe De Lorenzo Mark Magdy Sweha - Ven, 28/04/2017

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/pap ... 90685.html

Due bombe al Cairo ed Alessandria hanno falciato la vita di almeno 47 persone e ne hanno ferite un centinaio. Numeri da bollettino di guerra che faranno da sfondo alla visita papale.

Già, perché nonostante la destituzione del governo di Morsi e il ridimensionamento dei Fratelli Musulmani, l'Egitto rimane una terra di contraddizioni. Un Paese che troppo spesso corre sul filo del rasoio tra radicalismo islamico e lotta al jihadismo. Il fulcro del viaggio di Bergoglio sarà l'Università di al Azhar, considerata da più parti il cuore dell'islam sunnita: una sorta di "Vaticano islamico". Tra la Santa Sede e il prestigioso ateneo da 10 anni era sceso il gelo a causa delle dichiarazioni di Benedetto XVI, che a Ratisbona nel 2006 denunciò le derive fondamentaliste dell'islam. Francesco ha deciso di riaprire il dialogo, invitando nel marzo scorso il Grande Imam a Roma e andando in visita al Cairo. Ma sull'Università islamica, voce forte dell'islam moderato, permangono ancora molte ombre.


Le passate polemiche con l'imam

A capo di al Azhar c'è Ahmed al Tayyeb. Mesi fa in Italia montarono diverse polemiche per la scelta di Laura Boldrini di invitarlo a parlare a Montecitorio. Perché? Semplice: sebbene si presenti come un moderato, alcune sue dichiarazioni suonano tutt'altro che amichevoli. "Secondo il Corano - disse una volta la più alta autorità dell'islam sunnita - una donna prima si ammonisce, poi si dorme in letti separati, infine si colpisce". Cioè si picchia, anche se "non bisogna esagerare". Inoltre, in alcuni sermoni aveva invitato all'unità il mondo musulmano contro "il comune nemico sionista". Nel 2002 alla domanda se "gli attacchi suicidi contro i civili in Israele sono la sola forma di resistenza legittima", rispose con un secco "sì".

Ma anche in Egitto l'imam è finito sotto il fuoco incrociato di chi valuta troppo "debole" la condanna di Al Azhar contro il terrorismo. Nel 2016 Ahmed Abdu Maher, un ricercatore dell'Università, rese noto che nei corsi vengono usati libri "che portano a laurearsi generazioni di terroristi". In quei giorni l'Egitto era sconvolto dall'assassinio del procuratore generale Hisham Barakat, omicidio in cui sono stati coinvolti 3 studenti dell'ateneo (poi espulsi), e la denuncia non passò inosservata. Cosa c'è scritto nei testi incriminati? Che se affamati si "può mangiare il corpo di un morto, se non trovano alternative, ma se il defunto è un musulmano e l'affamato è un infedele, questi non ha il permesso di mangiare per l'onore dell'Islam". Oppure, che è lecito uccidere i cristiani "perché il sangue di un infedele e di un musulmano non sono uguali". Non certo posizioni "moderate", insomma. Negli ultimi anni alcuni di questi passi dovrebbero essere stati tolti dai libri di testo dell'Università, ma i volumi integrali si trovano facilmente in tutte le biblioteche egiziane. Per questo Ahmed Maher sostiene che i terroristi dell'isis "implementano l'eredità islamica insegnata da Al Azhar". Posizione peraltro perorata anche dal parlamentare del partito "I liberi egiziani", Mohammed Komy, che dopo le stragi di Pasqua ha chiesto al Grande Imam di portare avanti il "rinnovamento religioso promesso, altrimenti continuerà a diffondere un pensiero che alleva estremisti e terroristi".


Le richieste di Al Sisi

In fondo fu il presidente Al Sisi nel 2015 a invitare l'istituzione islamica a intraprendere un percorso di "rinnovamento del discorso religioso". Cammino che per ora ha conosciuto più ostacoli che successi. Pochi giorni dopo l'invito del presidente egiziano, Ahmed al Tayyeb dall'alto della sua autorità disse che "chi commette attacchi terroristici in nome dell'islam non può essere definito apostata". I cristiani sono infedeli, ma i miliziani dell'Isis no. Alla faccia del dialogo interreligioso. Peraltro, Al Sisi e la guida religiosa sono arrivati ai ferri corti anche quando il primo chiese al secondo di contrastare la prassi islamica del "divorzio a voce", che permette agli uomini di allontanare le mogli con una semplice dichiarazione verbale. La risposta? "È una prassi che soddisfa le condizioni della legge islamica". Infine, la ferita tra le due istituzioni si è riaperta in questi giorni, quando il deputato Mohamed Abu Hamid ha presentato un legge per ridurre il mandato del Grande Imam e per separare alcune facoltà dalle scienze religiose, fondando una nuova Università che possa accettare anche studenti di religione non islamica.


Le stragi di Pasqua e Al Azhar

Dopo l'incontro in Vaticano tra Al Tayyeb e Francesco si pensava che l'ateneo sunnita iniziasse davvero a muoversi a grandi passi verso l'abbandono delle derive integraliste. Gli attentati della Domenica delle palme hanno però ravvivato il fuoco dei sospetti. Islam al-Behery, popolare riformatore accusato di apostasia e blasfemia, in televisione ha spiegato che "il 70-80% del terrore degli ultimi 5 anni è stato prodotto da al Azhar". Cioè dagli insegnamenti dati dall'Università che oggi papa Francesco ha deciso di visitare. In quell'Egitto dove in una città al sud "Al-Minya", il 18 aprile 2017 una commissione sostenuta dal sindaco ha firmato un documento in cui vengono stilate le condizioni che i cristiani devono seguire per costruire una chiesa: non deve avere né l'insegna, né il campanello e neppure la croce.
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Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio

Messaggioda Berto » gio apr 27, 2017 8:10 am

Anche l'eccesso irresponsabile e sconsiderato di fraternità è una malattia mortale.

Come si fa a dare retta a uno che crede nella provvidenza divina, nella manna dal cielo, nei miracoli della resurrezione dei morti e della moltiplicazione dei pani e dei pesci e non è nemmeno capace di mantenersi e che vive con l'8xmille che lo stato ci estorce e che tra lui i suoi santi ed il suo idolo non sono capaci di dare da mangiare agli africani in sovrappiù che ci sono in Africa e pretende demenzialmente che siamo noi europei a farci carico di tutta questa gente ospitandoli, sfamandoli, mantenendoli, quando non ne abbiamo nemmeno per noi, per nostri figli e per la nostra gente.
Costui è proprio pazzo da legare.
Se con tutte le sue chiacchere, le sue preghiere e la sua fede non è capace di fare miracoli e di moltiplicare i pani e i pesci che almeno impari a stare zitto, a non disturbare e a non creare ulteriori problemi al suo prossimo, agli altri che ne hanno già tanti.
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Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio

Messaggioda Berto » sab apr 29, 2017 7:45 am

Ong, interviene Vaticano: "Scandalo sulla loro pelle"
Sul caso delle Ong e sulle parole del procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, interviene anche l'Osservatore romano: "Salvano vite in mare"
Luca Romano - Ven, 28/04/2017

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 91031.html

Sul caso delle Ong e sulle parole del procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, interviene anche l'Osservatore romano.

Il quotidiano della Santa Sede prende una posizione chiara sulla vicenda e chiede di "liberare il campo da posizioni preconcette". "È necessario liberare il campo da posizioni preconcette o utilitaristiche, così come è indispensabile tenere costantemente presente il dovere di salvare i migranti anche dallo sfruttamento che può essere fatto del loro dramma", spiega l'Osservatore Romano. Poi il quotidiano della Santa Sede parla delle operazioni di salvataggio: "Non bastano gli orrori della guerra, gli stenti di fughe interminabili, i rischi del mare aperto, lo sfruttamento economico e sessuale. Sulla pelle dei migranti - evidenzia il quotidiano d'Oltretevere - sta emergendo un ennesimo scandalo: il sospetto - che purtroppo non sembra totalmente privo di fondamento - di una manipolazione a fini economici e politici anche delle operazioni di salvataggio".

Poi l'Osservatore romano di fatto cerca di tutelare l'operato delle Ong: "Il sospetto è che le navi delle organizzazioni non governative vengano utilizzate come una sorta di taxi dai trafficanti di esseri umani per fini tutt'altro che umanitari. Un atto doveroso e irrinunciabile, come quello di salvare vite umane, verrebbe così stravolto, infangato da interessi e giochi di potere. Così come è già accaduto per l'accoglienza diventata occasione di speculazione da parte di organizzazioni criminali". Infine si entra nel merito delle indagini della Procura di Catania: "Le polemiche di questi giorni non aiutano a chiarire la questione. E la paura che venga meno lo sforzo generoso di molti per il salvataggio dei migranti non deve portare a semplificare il problema negandone l'esistenza. Uno degli obiettivi delle indagini della procura di Catania è quello di accertare la provenienza dei fondi con i quali le ong sostengono le ingenti spese per il mantenimento delle navi in mare. Inchieste analoghe sono state aperte anche a Palermo e a Trapani ed esiste un'indagine conoscitiva in corso alla commissione difesa del senato italiano. Il procuratore Zuccaro ha parlato di colloqui radio tra ong e scafisti e di altre evidenze che però non sono processualmente utilizzabili, per poi chiedere un supporto
investigativo adeguato".

Alberto Pento
Non si sfrutta e non si ruba per fini umanitari, rubare è sempre un delitto.

I falsi buoni che fanno del male
viewtopic.php?f=141&t=2574

La proprietà non è un furto e un male ma un bene prezioso e rubare non è un bene ma un male
viewtopic.php?f=141&t=2495

Amare e aiutare chi ti fa del male non è un bene ma un male
viewtopic.php?f=141&t=2542
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Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio

Messaggioda Berto » dom apr 30, 2017 7:22 pm

???

Dopo il viaggio in Egitto. Le critiche al Papa tra malafede e mistica
MARCO RONCALLI

http://www.lastampa.it/2017/04/30/vatic ... agina.html

Il viaggio del Papa in Egitto è stato, da qualsiasi angolo lo si voglia giudicare, un successo. Francesco ha intrapreso il suo viaggio, a tre settimane dalle stragi della Domenica delle Palme, a Tanta, a nord del Cairo, e ad Alessandria. Lo ha fatto perfettamente consapevole dei rischi per la sua incolumità. È stato ripagato da un’accoglienza calorosa, colma di gratitudine da parte dei cristiani copti ortodossi, cattolici, dagli stessi musulmani. L’incontro con il presidente Abdel Fattah al Sisi, il grande Imam di al Azhar Ahmed al Tayyib e il patriarca copto Tawadros, ha costituito un evento storico. Alla Conferenza internazionale sulla pace, promossa dall’Università islamica di Al-Azhar, il Papa ha parlato con forza contro la legittimazione della violenza da parte della religione. «Egli – ha affermato Francesco - è Dio di pace, Dio salam. Perciò solo la pace è santa e nessuna violenza può essere perpetrata in nome di Dio, perché profanerebbe il suo Nome. Insieme, da questa terra d’incontro tra Cielo e terra, di alleanze tra le genti e tra i credenti, ripetiamo un “no” forte e chiaro ad ogni forma di violenza, vendetta e odio commessi in nome della religione o in nome di Dio. Insieme affermiamo l’incompatibilità tra violenza e fede, tra credere e odiare. Insieme dichiariamo la sacralità di ogni vita umana contro qualsiasi forma di violenza fisica, sociale, educativa o psicologica».

Collocate in terra d’Egitto queste parole, dette da un Papa che ha sempre distinto tra l’Islam e le sue patologie, sono risuonate come un sostegno a tutti coloro che, nel mondo musulmano, non si riconoscono nella brutalità del terrorismo religioso.
Un sostegno, innanzitutto, al presidente Al Sisi e all’imam Al Tayyib nel loro sforzo di purificare, anche sul terreno dell’educazione, l’Islam dalle sue deviazioni. Appena un mese fa l’Università di Al-Azhar ha pubblicato una Dichiarazione sulla cittadinanza e la coesistenza, un documento di grandissima importanza in cui si dissociano, per la prima volta, i diritti di cittadinanza, eguali per tutti, dall’appartenenza religiosa. Un documento che segue a quello, altrettanto importante, degli ulema del Marocco, sull’apostasia, nel quale viene riconosciuta la libertà di cambiare fede religiosa senza incorrere in pene di carattere civile.

Il mondo islamico, percosso dalla violenza del fondamentalismo islamista, è in movimento. Il viaggio del Papa in Egitto aveva certamente tra i suoi scopi quello di sostenere questo «movimento», di incoraggiarlo al fine di ritrovare il volto del Dio della misericordia, l’unico che consente l’incontro, il dialogo, il rispetto tra tutte le comunità religiose, senza alcun sincretismo. Allo stesso modo il Papa pellegrino ha voluto sostenere la Chiesa copto-ortodossa, vittima degli attacchi e delle persecuzioni. In modo particolare dopo la defenestrazione dei Fratelli musulmani dell’ex presidente Morsi. Il suo sostegno si colloca dentro l’«Ecumenismo del sangue» che, dopo secoli di distanze, viene ora abbattendo i muri di indifferenza che separavano i copti ortodossi dai cattolici. Come ha detto Francesco: «Quanti martiri in questa terra, fin dai primi secoli del Cristianesimo, hanno vissuto la fede eroicamente e fino in fondo versando il sangue piuttosto che rinnegare il Signore e cedere alle lusinghe del male o anche solo alla tentazione di rispondere con il male al male. Ben lo testimonia il venerabile Martirologio della Chiesa Copta. Ancora recentemente, purtroppo, il sangue innocente di fedeli inermi ci unisce».

Questa comunione spirituale ha ora raggiunto un traguardo di grandissima importanza. Francesco e Tawadros II hanno firmato una dichiarazione congiunta che riconosce un unico battesimo per le due Chiese e sopprime l’usanza, invalsa nella Chiesa copta dei tempi moderni, di ribattezzare coloro che provenivano dal cattolicesimo. La via dell’unione fraterna è così realmente tracciata. In tal modo il viaggio di Francesco ha aperto lo sguardo del mondo su un modello possibile di coesistenza amichevole tra musulmani e cristiani e sulla comunione tra cattolici ed ortodossi. Una sorta di miracolo che ha preso piede in una terra, l’Egitto, che rappresenta da sempre un faro di civiltà per il mondo islamico e un esempio, di fatto, di coesistenza tra musulmani e cristiani.

Di fronte a questo «miracolo» non può non sorprendere la chiusura e l’acrimonia di coloro che dentro la Chiesa, hanno fatto dell’opposizione a questo Papa una professione. Di fronte ad un viaggio, che essi pronosticavano come prova di cedevolezza di Bergoglio all’Islam, delusi dalle attese hanno ripiegato su altri argomenti per poter denigrare quello che, agli occhi di tutti, è apparso come un successo. Nella galleria delle accuse spicca l’uso della frase: «Meglio non essere credenti, piuttosto che cristiani ipocriti», fatta dal Papa nello stadio di fronte ai copti cattolici. Una frase che documenterebbe una banalità anticristiana, un’offesa a coloro che rischiano la vita per il nome i Cristo. I critici impagabili dimenticano qui di ricordarci che il cristiano «ipocrita» non rischierebbe certo la sua vita e che il grido contro i farisei «ipocriti» risuona costantemente nel Vangelo.

I critici impagabili non ricordano che dell’Ecumenismo del sangue, del sacrificio dei martiri cristiani, il Papa ha parlato a lungo di fronte al patriarca Tawadros. C’è poi chi ha rimproverato il Papa per le sue «banalità» sociologiche, per aver affermato che: «Per prevenire i conflitti ed edificare la pace è fondamentale adoperarsi per rimuovere le situazioni di povertà e di sfruttamento, dove gli estremismi più facilmente attecchiscono». Anche qui il critico di professione dimentica, o fa finta di dimenticare, una verità ovvia, e cioè che nelle banlieues, nelle situazioni di emarginazione, di ghetto etnico, maturano facilmente odio e risentimento, brodo di coltura di ogni follia, anche di quella religiosa. Tutte queste considerazioni sono, comunque, banali.

Ciò che colpisce nei critici impagabili, dopo un viaggio così rischioso e difficile da parte del Pontefice, è la cura del «dettaglio». Non potendo denigrare il Papa per l’insieme a motivo del successo, non potendolo accusare di «eterodossia», spostano l’attenzione sul «particolare». Dirottano l’attenzione, prelevano una singola frase fuori dal contesto, e presentano Francesco come uno sprovveduto, un pericoloso progressista, un pericolo per la Chiesa. Il Papa ha appena firmato un atto storico di riconciliazione con il patriarca Tawadros e loro presentano Bergoglio come una minaccia. Non una sola parola sul superamento del doppio battesimo, non una parola sull’Ecumenismo del sangue, non una parola sull’abbraccio, senza sincretismi, con l’iman Al Tayyib, non una sul rispetto e l’ammirazione di fronte ad un papa che ha detto apertamente, nella sede della Conferenza internazionale sulla pace: «Io sono cristiano».

Tutto ciò per i critici di professione non significa nulla. Di tutto ciò non bisogna parlare perché rischia di smentire l’immagine che propagandano del Papa. E allora ecco la strategia del «dettaglio»: portare in primo piano un frammento e nascondere l’intero. Questa operazione, senza scomodare Sartre, ha un nome: malafede. Chi opera, sistematicamente, in questo modo, chi non si lascia mai interrogare da ciò che accade realmente, è in malafede. Deve difendere, a priori, un punto di vista che non è in grado di riconoscere quanto lo Spirito opera oggi nella storia. La malafede è il pre-giudizio che blocca ogni ragion critica. La fonte di essa è duplice. Una, di ordine ideologica, è più scontata. Coloro che, sistematicamente, avversano il Papa lo fanno, per lo più, perché si collocano in un ambito politico reattivo che vorrebbe lo scontro aperto con l’Islam e che avversa la questione sociale in tutte le sue manifestazioni. Ogni richiamo a quest’ultima appare come una posizione filo-marxista. La Chiesa lamenta qui l’oblio della dottrina sociale che, dopo l’89, è stata riposta in soffitta.

L’altra fonte della critica sistematica è di ordine mistico. Rappresenta un mistero il fatto che taluni che si professano «cattolici» possano realmente pensare che il Pontefice sia una figura dell’Anticristo. Questa fede, sostenuta dai profeti di sventura, ha, nella sua origine, qualcosa di enigmatico. I professionisti della critica papale non sono solo dei radicalconservatori che vanno contro la tradizione. Sono anche dei mistici, fautori di una mistica negativa suggestionata da profetesse e da lampi su S. Pietro, per i quali le tenebre della notte sono calate sulla Chiesa e l’apocalisse è imminente. Mistici del negativo che non vedono né la grazia che accade, né le vere tragedie che incombono sul nostro tempo. Abituati alla malafede, ad usare il dettaglio per nascondere la verità dell’insieme, i critici sono travolti dal loro stesso metodo. Non hanno più occhi né per la grazia né per il peccato. Vedono il peccato là dove risplende la grazia di una testimonianza che sorprende il mondo e vedono la grazia in una critica negativa che dissolve la credibilità cristiana e la fiducia nella Chiesa. La loro ossessione è gettare fango, ogni giorno, sul successore di Pietro. Una malattia dell’anima, oltre che della mente.


Papa Francesco in Egitto: "Populismi sconcertanti. C'è bisogno di costruttori di pace"
di KATIA RICCARDI

http://www.repubblica.it/vaticano/2017/ ... -164101485

IL CAIRO - È arrivato con un messaggio di pace, papa Francesco, al Cairo. Per le strade sfilano furgoni dell'esercito e soldati. Molti hanno il volto coperto e si notano al Cairo sul viale El-Orouba, quello lungo il quale è passata la Fiat tipo di Bergoglio dopo aver lasciato l'aeroporto.

Il dispiegamento di mezzi per il trasporto truppe, tra camionette della polizia e mezzi della "sicurezza centrale", c'è anche sul prolungamento del vialone, la Salah Salem Street, e al ponte del "6 ottobre" sul Nilo spicca un blindato con mitragliatrice pesante. Quasi tutte le vie di accesso al viale El-Orouba sono bloccate. Ma dal finestrino dell'auto Francesco legge anche i cartelli colorati delle persone: "Welcome Pope Francis", "Papa di pace nell'Egitto di pace", e sente la gioia particolare di un milione di lavoratori di Sharm el Sheik in festa.

Il Papa è atterrato puntuale, alle 14. È il secondo Pontefice a visitare l'Egitto, dopo Giovanni Paolo II, che si recò al Cairo e sul Monte Sinai nel 2000. Accolto dal premier egiziano Sherif Ismail, salutato fra gli altri anche dal patriarca della Chiesa cattolica copta, Abramo Isacco Sidrak, da una suora e un bambino, Francesco ha cominciato il suo 18esimo viaggio apostolico Internazionale. Un "protocollo d'accoglienza veloce", perché subito dopo il pontefice si è recato al palazzo presidenziale di Ittihadiya al Cairo, nel quartiere orientale cairota di Heliopolis, atteso dal presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi.

Con occhiali da sole, Sisi ha accolto Francesco sulla porta del bianco palazzo. Al Papa sono stati resi onori militari al suono degli inni vaticano, egiziano e di uno 'patriottico'. Fra i marmi di una sala riccamente decorata, le formalità, lo scambio dei doni, l'incontro privato, dove il Papa potrebbe aver parlato della famiglia Regeni, che ancora chiede verità sulla morte del figlio Giulio. "L'Egitto ha un compito singolare: rafforzare e consolidare anche la pace regionale, pur essendo, sul proprio suolo, ferito da violenze cieche" ha sottolineato nel discorso alle autorità egiziane. Nell'occasione, pur senza nominare Regeni, il Papa ha parlato del dolore "delle famiglie che piangono i loro figli e figlie" e ha rivendicato "un rigoroso rispetto dei diritti umani". "Violenze - ha scandito - che fanno soffrire ingiustamente tante famiglie, alcune delle quali sono qui presenti".

Papa Francesco potrebbe aver sollevato il caso dell'omicidio del ricercatore Giulio Regeni con il presidente Al Sisi nel loro incontro privato. Lo ha riferito una fonte diplomatica europea al quotidiano egiziano Al-Ahram. La famiglia Regeni, aveva fatto apertamente richiesta al Pontefice di parlare del figlio Giulio

Dopo la visita al presidente Francesco ha abbracciato per la seconda volta il Grande Imam di Al-Azhar, il più prestigioso ateneo dell'Islam sunnita, Ahmed Al Tayyib. Un lungo abbraccio dopo l'incontro al Vaticano lo scorso anno. È la prima volta che un Papa visita questa istituzione. Il discorso di Francesco alla conferenza internazionale di Pace promossa da Al Tayyib, di fronte al patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, è stato deciso, forte. E l'ha cominciato in arabo: "As-salamu 'alaykum". Che la pace sia con voi.

Quella che chiede e per la quale prega, è una pace indiscutibile, pulita, chiara: "Si assiste con sconcerto al fatto che, mentre da una parte ci si allontana dalla realtà dei popoli, in nome di obiettivi che non guardano in faccia a nessuno, dall'altra, per reazione, insorgono populismi demagogici, che certo non aiutano a consolidare la pace e la stabilità: nessun incitamento violento garantirà la pace, ed ogni azione unilaterale che non avvii processi costruttivi e condivisi è in realtà un regalo ai fautori dei radicalismi e della violenza".

"Vi ringrazio, o Papa, per le vostre giuste dichiarazioni che non qualificano l'islam come terrorismo", ha detto Al-Tayyib parlando di "vostra visita storica" che avviene "durante una catastrofe umana estremamente triste".

La soluzione per la pace descritta da Francesco "per prevenire i conflitti ed edificare la pace" è "adoperarsi per rimuovere le situazioni di povertà e di sfruttamento, dove gli estremismi più facilmente attecchiscono, e bloccare i flussi di denaro e di armi verso chi fomenta la violenza. Ancora più alla radice, è necessario arrestare la proliferazione di armi che, se vengono prodotte e commerciate, prima o poi verranno pure utilizzate. Solo rendendo trasparenti le torbide manovre che alimentano il cancro della guerra se ne possono prevenire le cause reali". Un impegno "urgente e gravoso" cui "sono tenuti i responsabili delle nazioni, delle istituzioni e dell'informazione".

Come impegno finale della giornata il Papa ha incontrato anche il patriarca dei copti, papa Tawadros II. "Ancora recentemente, purtroppo, il sangue innocente di fedeli inermi è stato crudelmente versato" ha detto rivolgendosi al "Carissimo Fratello" Francesco ricordando le vittime egiziane dell'Isis, sottolinenando che il loro sacrificio unisce le chiese cristiane attraverso "l'ecumenismo del sangue".

"Come unica è la Gerusalemme celeste, unico - ha affermato - è il nostro martirologio, e le vostre sofferenze sono anche le nostre sofferenze, il loro sangue innocente ci unisce". "Rinforzati dalla vostra testimonianza, adoperiamoci - ha chiesto - per opporci alla violenza predicando e seminando il bene, facendo crescere la concordia e mantenendo l'unità, pregando perché tanti sacrifici aprano la via a un avvenire di comunione piena tra noi e di pace per tutti". "La meravigliosa storia di santità di questa terra non è particolare solo per il sacrificio dei martiri", ha esortato Bergoglio che al tema dell'ecumenismo del sangue ha dedicato gran parte del suo intervento di oggi pomeriggio al Patriarcato copto.



L’Imam del Cairo e la sua fatwa contro gli ebrei e Israele
Niram Ferretti
30 aprile 2017
http://www.progettodreyfus.com/limam-de ... ei-israele

Bisogna riconoscere a Ahmad al-Tayyib, il Grande Imam dell’Università di al Azhar del Cairo, una notevole perseveranza. In tutti questi anni non ha mai rinunciato ad un’occasione per attaccare Israele e, meno frequentemente davanti a interlocutori occidentali, a sottolineare la “perfidia” degli ebrei. La minore frequenza è semplicemente dovuta a un fatto tattico. Al di fuori del mondo arabo e musulmano, dichiarare che i peggiori nemici dei musulmani sono gli ebrei non gli assicurerebbe la stessa popolarità che gli arride quando, al posto di quest’ultimi colloca i sionisti. Allora, gli applausi in Occidente arrivano.

Ahmad al-Tayyib è il successore di Muhammad Sayyid Tantawi, autore di un testo di settecento pagine dedicato agli ebrei nel Corano e nella tradizione islamica, in cui vengono sottolineate le specifiche caratteristiche “degenerate” del popolo ebraico, anche se, con lodevoli eccezioni, “Non tutti gli ebrei sono uguali. Quelli buoni diventano musulmani (Corano, 3:113) mentre quelli cattivi no”.

Ahmad al-Tayyib non ha volute essere da meno del suo illustre predecessore. In una intervista del 25 ottobre 2013 al canale televisivo principale della televisione egiziana, offri l’esegesi del versetto 5:82 del Corano il quale comincia in questo modo, “Scoprirai che i più veementi nella loro ostilità contro i credenti sono gli Ebrei e gli idolatri”.

“Questa è una prospettiva storica che non è mutata fino ai giorni nostri”, disse al-Tayyib “Guardate come soffriamo oggi a causa del sionismo e dell’ebraismo globali…Fin dall’inizio dell’Islam, 1400 anni fa, abbiamo sofferto a causa dell’interferenza ebraica e poi sionista negli affari musulmani. Questo è causa di molta afflizione per i musulmani. Il Corano lo ha detto e la storia lo ha dimostrato“.

Il giudeo-sionismo mondiale nemico giurato dei musulmani propugnato dall’imam del Cairo non è altro che la riproposizione del complotto demo-pluto-giudaico-massonico di conio nazifascista ereditato direttamente dai Protocolli dei Savi di Sion. Al-Tayyib si è limitato a versare il vino relativamente nuovo dei paradigmi complottisti novecenteschi antisemiti occidentali dentro l’otre vecchio dell’antisemitismo teologico islamico, tradizione che lo precede, naturalmente, e di cui egli non è altro che una autorevole staffetta.

In una altra intervista, sempre sullo stesso canale egiziano, l’8 settembre 2014, spiegò agli ascoltatori che:

“Tutti i principali gruppi terroristici sono i nuovi prodotti dell’imperialismo al servizio del sionismo globale nella sua nuova versione, il cui obbiettivo è quello di distruggere il Medioriente”.

Rincarò la dose in un’altra occasione riproponendo uno degli evergreen antisionisti musulmani creato ad hoc negli anni ’30 da Amin al Husseini, il presunto tentativo ebraico di impadronirsi della moschea di Al Aqsa:

“Per costruire l’Egitto dobbiamo essere uniti. La politica è insufficiente. Allah è la base di tutto. La moschea di al-Aqsa è attualmente sotto attacco a causa di una offensiva da parte degli ebrei…Non permetteremo ai sionisti di giudaizzare al-Quds (Gerusalemme)”

Non c’è dunque da meravigliarsi se, ricevendo papa Francesco, nella sua prima visita in Egitto, il Grande Imam abbia utilizzato il discorso di saluto nei confronti del pontefice per sottolineare in chiave palesemente antiisraeliana che:

“Gli insegnamenti di Mosè sono stati interpretati male per occupare territori provocando milioni [sic] di vittime, il popolo palestinese, che ha diritti giusti.”

Infatti, come meravigliarsi delle parole di questo uomo “illuminato” e aperto al dialogo, così come viene propagandato in Occidente, tanto che nel 2015, la presidente (a) della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, lo aveva invitato a Montecitorio per tenere una lezione sulle virtù pacifiche dell’Islam? Lo stesso che ha giustificato gli attentati suicidi palestinesi con queste parole, “I paesi, governanti e sovrani islamici devono sostenere questi attacchi di martirio”?

L’incontro a Montecitorio non ci fu, ma in compenso ci fu quello ben più importante in Vaticano nel maggio del 2016, dove l’attuale papa lo accolse per cercare di ricucire allo strappo creatosi nel 2006 tra il Vaticano e l’imamato sunnita egiziano a causa delle polemiche furibonde seguite alla Lectio di Ratisbona di Benedetto XVI.

Di nuovo il papa ha avuto modo di rivederlo al Cairo e di ascoltarlo mentre deliziava la platea con i suoi attacchi nei confronti di Israele.


I comunisti

Dal Cairo Francesco lancia una proposta di pace per il Medio Oriente
Francesco Peloso

http://www.internazionale.it/opinione/f ... cairo-pace

Prendendo la decisione di andare in Egitto contro ogni prudenza o convenienza, Jorge Mario Bergoglio ha scelto di dirigersi direttamente nell’occhio del ciclone; non ha infatti avuto importanza che la meta fosse considerata ad alto rischio, che poche settimane fa due attentati abbiano colpito le chiese e le comunità cristiane copte facendo strage, che insomma il paese si trovi, e non da oggi, nel mirino del terrorismo.

L’Egitto è, per molti versi, il paese simbolo della crisi di cui è preda il Medio Oriente da diversi anni e dunque è anche il posto nel quale, specularmente, va cercata la soluzione, o almeno una possibile via d’uscita, dal caos contemporaneo. Il papa dunque non ha compiuto una visita formale o prevedibile, i suoi viaggi del resto si muovono spesso in un orizzonte che contiene già una parte del messaggio: Lesbo, Lampedusa, Ciudad Juárez, Cuba, la Repubblica Centrafricana, Scampìa, per dirne alcune.

Negli ultimi anni l’Egitto è stato scosso prima dalla rivoluzione di piazza Tahrir e la caduta del rais Hosni Mubarak, poi dalla vittoria elettorale dei Fratelli musulmani, quindi dalla crisi del loro governo e dalla nuova rivolta, appoggiata da apparati dello stato, che ha rovesciato Mohamed Morsi per far salire al potere un altro militare divenuto presidente: Abdel Fattah al Sisi, ennesima incarnazione di un regime autoritario ammantato di laicità e sostenuto dalla necessità di combattere l’estremismo fondamentalista. I giovani che reclamavano diritti civili e giustizia sono stati battuti da conservatorismi e militari, così, nel frattempo, le carceri si sono riempite di oppositori e la storia di Giulio Regeni racconta della brutalità efferata e disumana di cui sono capaci le polizie dei regimi mediorientali.

L’Egitto ha bisogno di essere trattato da nazione con un ruolo chiave in Medio Oriente e non solo come baluardo repressivo per conto terzi

È all’interno di questo inestricabile grumo di problemi che si è andato a infilare Francesco, cercando di tendere la mano a un paese che non ha bisogno di lezioni ma di essere trattato da partner, da interlocutore, da nazione in grado di giocare un ruolo chiave nel Medio Oriente e non solo come baluardo repressivo per conto terzi. Sfida difficile? Più che difficile ardua, forse impossibile. Eppure è su questo piano che va letta la visita del papa, è in questo complesso scenario che è avvenuto l’incontro fra il grande imam di Al Azhar, Ahmed al Tayeb e il vescovo di Roma. Lo sforzo comune è quello di disarmare le religioni: l’identitarismo crociato in occidente, la guerra santa come risposta all’eterna crisi araba dall’altra.

Ma Francesco, intervenendo ad Al Azhar, importante centro di studi dell’islam sunnita, ha fatto un passo in più. Populismi ed estremismo fondamentalista, i fautori di una religione al servizio della guerra di religione, sono stati messi insieme, in una stessa categoria, quella degli oppositori della civiltà dell’incontro e del dialogo. In tal senso il papa ha voluto compiere un’operazione precisa, vale a dire collocare in un unico campo i nemici della pace, ovunque si trovino, senza gerarchie o “mali minori” di sorta. C’è anche dell’altro, però. Bergoglio ha criticato con precisione la religione che usa la violenza e quella, attenzione, che si fa usare dal potere, che si lega ai governi, agli stati, alla politica, alle fazioni; non solo in versione estremista dunque, ma in una lettura che tocca da vicino anche i cosiddetti poteri laici del Medio Oriente.

Francesco ha illustrato in tal senso “il perdurare di un pericoloso paradosso, per cui da una parte si tende a relegare la religione nella sfera privata, senza riconoscerla come dimensione costitutiva dell’essere umano e della società; dall’altra si confonde, senza opportunamente distinguere, la sfera religiosa e quella politica. Esiste il rischio che la religione venga assorbita dalla gestione di affari temporali e tentata dalle lusinghe di poteri mondani che in realtà la strumentalizzano”. Un messaggio esplicito che non sarà certo sfuggito alle autorità religiose e politiche egiziane come di altri paesi della regione.

Un leader politico
E se indubbiamente il discorso tenuto di fronte ai leader religiosi musulmani e non solo convenuti ad al Azhar è stato quello in cui Francesco si è espresso con più libertà di pensiero toccando molti dei temi a lui più cari, quando ha incontrato successivamente le autorità politiche e civili dell’Egitto, ha dato prova di saper agire da leader politico a tutto tondo. Nelle sue parole era infatti possibile leggere il tentativo di restituire al paese crocevia di tutte le crisi e di tutti i negoziati del Medio Oriente degli ultimi decenni, un ruolo di attore principale, affinché, di fatto, non fosse più solamente famigerato per le sue prigioni, ma tornasse al centro della scena mediorientale.

Una scelta discutibile quanto si vuole, ma di certo di alto profilo politico cui dovrebbero guardare con grande attenzione le famose cancellerie occidentali per uscire dal guscio claustrofobico delle loro crisi interne. D’altro canto Francesco non ha criticato il regime di Al Sisi (né avrebbe avuto alcun senso farlo in una visita così delicata dal punto di vista diplomatico e di tale respiro interreligioso), ma ha pronunciato parole chiare sull’uguaglianza tra tutti i cittadini, sulla pace, la libertà di cui ognuno deve godere, sul rispetto dei diritti inalienabili delle persone, che è più di quanto molti leader politici europei siano riusciti a produrre (tra l’altro Francesco ha affermato: “La pace è dono di Dio ma è anche lavoro dell’uomo. È un bene da costruire e da proteggere, nel rispetto del principio che afferma la forza della legge e non la legge della forza”). L’Egitto di Francesco è un alleato possibile perché nell’inclusione e nel partenariato fra pari c’è la possibilità di un’evoluzione; viceversa se il Cairo resta solo la sentinella feroce contro le cellule jihadiste, tutto è concesso al potere di turno.

Francesco ha parlato anche di diritti umani, assegnando una funzione pubblica ai leader religiosi in nome della civiltà dell’incontro

Interessante, in tal senso, anche il passaggio del discorso pronunciato ad Al Azhar di fronte ai capi religiosi, relativo al rapporto tra violenza e uso distorto della fede, nel quale il papa ha detto tra l’altro: “Insieme affermiamo l’incompatibilità tra violenza e fede, tra credere e odiare. Insieme dichiariamo la sacralità di ogni vita umana contro qualsiasi forma di violenza fisica, sociale, educativa o psicologica. La fede che non nasce da un cuore sincero e da un amore autentico verso Dio misericordioso è una forma di adesione convenzionale o sociale che non libera l’uomo ma lo schiaccia. Diciamo insieme: più si cresce nella fede in Dio più si cresce nell’amore al prossimo”.

Un discorso che certamente riguarda l’estremismo fondamentalista ma che assegna più in generale un ruolo ben preciso alla leadership religiosa, quello di non chiudersi in un integralismo assolutizzante e di rifiutare in ogni caso la violenza, in tutte le sue forme. Di nuovo sembra che le parole del papa si allarghino a diverse realtà del Medio Oriente e alle sue innumerevoli vittime. Per questo ad Al Azhar Francesco ha parlato anche di diritti umani, assegnando ancora una funzione pubblica ai leader religiosi in nome della civiltà dell’incontro. Non a caso su questa stessa strada si sta muovendo il grande imam al Tayeb promuovendo il principio di cittadinanza – ovvero i diritti civili – nel mondo islamico, facendo emergere, finalmente, sia pure un pezzo per volta, uno schieramento musulmano non solo moderato, come si dice, ma riformatore.

Infine Francesco ha abbracciato i fratelli cristiani e papa Tawadros II, i copti vittime del terrore; ma in generale Bergoglio ha voluto mettere in luce che le comunità cristiane non sono minoranze sottomesse o tollerate in Egitto, ma componenti essenziali, vitali e storiche della cultura della storia e del presente del paese, un pezzo vivo di quel poliedro sociale, politico e religioso di cui è portatore l’Egitto e che spesso viene rimosso nell’informazione-lampo su stragi e conflitti di cui ci nutriamo fin troppo facilmente.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio

Messaggioda Berto » ven mag 19, 2017 2:51 am

???

Immigrazione, Antonio Socci: "Limes" conferma, gli immigrati ci cacceranno da casa nostra
17 Maggio 2017
di Antonio Socci

http://www.liberoquotidiano.it/news/ita ... socci.html

Nell’ultimo numero - appena uscito - di Limes, l’autorevole rivista di geopolitica dello stesso gruppo editoriale di Repubblica ed Espresso, viene pubblicato un saggio del professor Germano Dottori, che si occupa di Studi strategici presso la Luiss, è consigliere scientifico di Limes, membro di altri importanti centri studi ed è stato consulente presso commissioni della Camera e del Senato in materia di affari esteri e difesa.

Dunque il saggio di Dottori - intitolato «Perché ci serve il Vaticano» - ricostruisce lo stretto e decisivo legame fra la politica estera della Stato italiano e la presenza a Roma del papato che ha un’influenza planetaria.

Un rapporto anche conflittuale. Oggi, per esempio, Dottori ritiene che «il governo dei flussi migratori» crei un grosso attrito fra gli interessi dello Stato italiano e il Vaticano di papa Bergoglio.

È noto infatti che «Francesco è un sostenitori delle porte aperte», ma c’è una «difficoltà strutturale destinata a gravare sull’Italia: se Roma non tenterà di rallentare in qualche modo i flussi di disperati che raggiungono il nostro paese, non solo verranno certamente compromessi alcuni delicati equilibri sociali, come già si comincia a vedere nelle periferie… ma è molto probabile che i nostri partner europei finiscano con l’optare per la nostra espulsione dagli accordi sullo spazio unico europeo, con conseguente pregiudizio dei rilevanti interessi economici delle nostre imprese esportatrici».

Nel delineare il complesso intreccio Italia/Vaticano, Dottori si è soffermato pure sugli eventi che nel 2011 hanno portato alla caduta del governo Berlusconi e nel 2013 alla strana e traumatica «rinuncia» di Benedetto XVI.

LA PACE CON LA RUSSIA
Dottori scrive: «Le frizioni tra Chiesa e Stati Uniti non sarebbero venute meno neanche con la scomparsa di Giovanni Paolo II. Avrebbero invece avuto un seguito durante il pontificato di papa Ratzinger, nel corso del quale ad acuirle non sarebbe stato soltanto l’investimento fatto da Barack Obama e Hillary Clinton sull’islam politico della Fratellanza musulmana durante le cosiddette primavere arabe, ma altresì la ferma volontà di Benedetto XVI di pervenire a una riconciliazione storica con il patriarcato di Mosca, che sarebbe stata nelle sue intenzioni il vero e proprio coronamento religioso di un progetto geopolitico di integrazione euro-russa sostenuto con convinzione dalla Germania e anche dall’Italia di Silvio Berlusconi - ma non da quella, più filo-americana, che si riconosceva in Giorgio Napolitano. Com’è andata a finire» scrive Dottori «è noto a tutti. Governo italiano e papato sarebbero stati simultaneamente investiti da una campagna scandalistica, coordinata, di rara violenza e priva di precedenti, alla quale si sarebbero associate anche manovre più o meno opache nel campo finanziario, con l’effetto finale di precipitare nel novembre del 2011 l’allontanamento di Berlusconi da Palazzo Chigi e, il 10 febbraio 2013, l’abdicazione di Ratzinger».

In questo contesto Dottori evoca anche alcuni episodi: «Al culmine della crisi, l’Italia avrebbe visto progressivamente chiudersi le porte d’accesso ai mercati finanziari internazionali, mentre l’Istituto per le Opere di Religione (Ior) sarebbe stato tagliato temporaneamente fuori dal circuito Swift» (in nota Dottori approfondisce quest’ultima notizia).

Quello che colpisce non è solo l’evocazione del contesto geopolitico dentro il quale viene collocata la «rinuncia» di Benedetto XVI (e la caduta del governo Berlusconi), ma anche il fatto che a pubblicare tale analisi sia la rivista di Lucio Caracciolo, Limes, del Gruppo Gedi di cui è presidente Carlo De Benedetti (il gruppo di Repubblica ed Espresso).

Dottori qualche mese fa rilasciò un’intervista all’agenzia di stampa cattolica Zenit in cui, interpellato sui documenti di Wikileaks, faceva questa considerazione: «pur non avendo alcuna prova, ho sempre pensato che Benedetto XVI sia stato indotto all’abdicazione da una macchinazione complessa, ordita da chi aveva interesse a bloccare la riconciliazione con l’ortodossia russa, pilastro religioso di un progetto di progressiva convergenza tra l'Europa continentale e Mosca. Per ragioni simili, credo sia stata fermata anche la corsa alla successione del cardinal Scola, che da Patriarca di Venezia aveva condotto le trattative con Mosca».

Su queste colonne ho più volte sottolineato la profonda anomalia della «rinuncia» di papa Benedetto, delle circostanze in cui si verificò e infine della sua scelta di restare «papa emerito», spiegata con queste sorprendenti parole: «La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero non revoca questo».

IL MISTERO DELLA RINUNCIA
Una colossale anomalia che fa pensare a una rinuncia dimezzata, come s’intuisce anche dalla famosa conferenza alla Gregoriana del suo segretario mons. Georg Gaenswein.

Tale «rinuncia» va collegata al contesto geopolitico - come fa Dottori - su cui bisognerebbe riflettere per capire se e quali eventuali forme di pressione o di condizionamento furono esercitate.

Questo non significa che la suddetta «rinuncia» di Benedetto XVI sia stata estorta o costretta. Significa però che attorno a quella strana «scelta» c’è un colossale mistero che deve essere chiarito.

Le considerazioni di Dottori su Benedetto XVI (e anche sul governo Berlusconi) riportano alla nostra attenzione quella che è - a mio avviso - la chiave di volta per capire tanti eventi di questi anni: la guerra (fredda e calda) dichiarata dagli Stati Uniti di Obama e della Clinton contro la Russia di Putin, su tutti gli scenari del globo.

Il progetto del mondo unipolare a egemonia americana - che quindi deve spazzar via una Russia tornata indipendente e autonoma - è l’ultima follia ideologica della modernità.

È un progetto imperialistico suicida per gli Stati Uniti e pericolosissimo per il mondo, ma impregna così profondamente l’establishment americano (sia nella fazione neocon che in quella liberal) che perfino Donald Trump - il quale ha vinto contro di loro - deve oggi venire a patti e si trova pesantemente condizionato da questo blocco di potere, che sembra più forte del presidente eletto.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio

Messaggioda Berto » lun mag 29, 2017 7:25 am

Hitler e Maometto: chi è stato il peggior criminale?
viewtopic.php?f=188&t=2659

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... lIslam.jpg



Vittorio Feltri, la brutale verità sull'islam: "Guerra di religione, il Papa e la Chiesa negano e sono complici"
28 Maggio 2017
Vittorio Feltri
http://www.liberoquotidiano.it/news/sfo ... ragi-.html

Tra un po', un attentato con decine di vittime sarà accolto dalla gente con una scrollata di spalle. Ci si abitua a tutto, anche alle tragedie. Chi non è giovanissimo ricorderà che le Brigate rosse ne gambizzavano uno al giorno. Dopo qualche mese, i ferimenti del tipo descritto non facevano più notizia. I quotidiani liquidavano certi fatti di violenza come si trattasse di tamponamenti sull'autostrada. Succederà la stessa cosa con i massacri compiuti dai feroci Saladini. Venerdì per esempio, un commando paramilitare ha bloccato un autobus nel deserto egiziano, carico di cristiani copti e ne ha uccisi 35, così, per gradire, e ne ha azzoppati (sono gravi) altrettanti. Un eccidio spaventoso, che però in Italia non pare aver suscitato una grande reazione di sdegno. Routine. Tanto è vero che i mezzi di comunicazione, radio e tv e siti internet, l' hanno registrato con toni soft, senza enfasi quasi che fossero stati eliminati alcuni conigli a scopo alimentare.

A noi questa indifferenza impressiona quanto l'incredibile spargimento di sangue. Siamo basiti. Aggiungiamo una considerazione suggeritaci dalla osservazione della realtà. La maggior parte di coloro che si impegnano per far sì che qui giungano più migranti di quanti ne siano già arrivati, e mi viene in mente Majorino, assessore di sinistra del Comune di Milano (organizzatore della marcia pro stranieri), è convinta, come del resto Papa Francesco, che quella in atto non sia affatto una guerra di religione, bensì un conflitto marginale acceso da teste calde mosse non certo dalla fede, ma da altri fattori.

Quali? Non sono mai stati scoperti dagli intelligentoni amanti delle invasioni barbariche. Bene, ognuno ha le proprie idee e noi cattivoni contrari alle immigrazioni incontrollate siamo considerati alla stregua di nazisti. Però, se ci è consentito intervenire pacatamente, vorremmo domandare ai nostri critici perché ieri, e altre volte, gli islamici egiziani non hanno sterminato adoranti di Allah, e si sono invece accaniti contro cristiani, eliminandone un bel gruppo? Per sport? Per allenamento? Per antipatia personale? O non piuttosto per motivi religiosi? Guarda caso i musulmani estremisti affermano di avercela a morte con gli infedeli, maggiormente coi succitati cristiani. Rammentiamo che qualche tempo fa i terroristi entrarono in una università del Kenya e stecchirono una moltitudine di studenti, sparando in testa soltanto a quelli che non conoscevano il Corano per filo e per segno. I fatti dimostrano pertanto che questa è una guerra di religione della peggior specie. Lo stesso Papa farebbe bene a prenderne atto. Non lo diciamo polemicamente, ma per aiutarlo a scendere dal pero.
Sempre ieri, l'Avvenire, quotidiano dei vescovi, ha riportato una dichiarazione del cardinale Gualtiero Bassetti, nuovo presidente della Cei, abbastanza stupefacente. Questa: «Non sono le religioni a provocare violenze e terrorismo». Indubbiamente. Le religioni non c'entrano un fico secco con le montagne di cadaveri da cui siamo circondati. Sono tutte innocenti tranne una, quella che ammazza in nome di Allah. Chi lo nega è un complice ebete degli assassini.
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Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio

Messaggioda Berto » dom giu 25, 2017 9:10 pm

???

Il Papa è nel palazzo e fuori dal palazzo
Furio Colombo

http://www.ilfattoquotidiano.it/premium ... al-palazzo

È strano che non sia stato notato il fatto radicalmente nuovo: il Papa, con una mossa inaspettata e un’improvvisa dichiarazione, incompatibile con tutti gli aspetti del suo status (capo di Stato, capo della Chiesa cattolica, vicario di Dio in terra) si è spostato tra i cittadini che chiedono una legge di iniziativa popolare, e la stanno chiedendo dalla dislocazione tipica di chi non ha potere e si affida alle garanzie della Costituzione e dei fondamenti del diritto.

La legge, così come è stata formulata dai Radicali, quando era ancora in vita Marco Pannella, ha due obbiettivi che interferiscono nella vita italiana così come era stata voluta e regolata dai due governi Forza Italia-Lega Padana: la cancellazione della legge Bossi Fini, che ha governato finora, al di fuori del diritto italiano e dei principi di civiltà della storia europea e della storia italiana (dunque anche cristiani) il grande movimento umano detto migrazione.

La Bossi Fini è l’equivalente morale, dopo il 1945, delle cosiddette leggi razziali tedesche, italiane, e imposte all’Europa allora militarmente occupata, che hanno provocato la Shoah. L’analogia sta nella violazione totale e arbitraria di fondamentali principi di garanzia e salvaguardia giuridica, e di un regime di aggressività e persecuzione fondato sul disprezzo di una parte degli esseri umani dichiarati indegni per legge.

La Bossi-Fini, come le leggi razziali, è fondata su un falso, che definisce il migrante un pericolo (si alternano la criminalità, il contagio di gravi malattie infettive, lo squilibrio sociale dovuto al furto del lavoro, l’arrivo dei terroristi, la collaborazione fra “mercanti di esseri umani” e organizzazioni volontarie), stabilendo di fatto il reato di salvataggio (al punto da indurre alcune procure ad aprire inchieste su una presunta immigrazione illegale dei salvati dai volontari e una presunta complicità dei volontari provata dall’evento andato a buon fine, il salvataggio).

La Bossi Fini inventa e include alcuni reati che in una legge italiana non possono esistere, come la definizione di “tratta” per i precari e pericolosi trasporti e introduce il reato impossibile di “clandestinità”, che i giudici dovrebbero applicare come aggravante e motivo di prolungamento della pena nel caso di reati compiuti da persone prive di permessi. Il reato di clandestinità è in tutto simile al timbro di “appartenente alla razza ebraica”, stampato sui passaporti e motivo per arrestare le persone. È simile, anzi identico, in quanto reato dell’essere (sei colpevole per quello che sei, non per quello che fai) e la colpa, immediatamente presunta e dichiarata, non può essere lavata.

La Bossi Fini, contro cui si sono schierati, da soli, Pannella e (adesso) il Papa, con la raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare, impedisce che i figli degli immigrati diventino italiani. E così accade che un Paese incapace di conoscere e affrontare il problema, e indeterminato a non accogliere, si impegna però a punire chiunque, per fortuna o con l’aiuto di altri esseri umani, sia riuscito ad arrivare vivo e cerchi di sopravvivere con decenza, persino in località, come la città di frontiera di Ventimiglia, dove ai migranti, bambini inclusi, viene negata l’acqua.

E poi, la Bossi Fini prevede di rendere impossibile che siano italiani i bambini stranieri che nascono in Italia da genitori stranieri. Andranno in scuole italiane, studieranno nella lingua di questo Paese, impareranno la storia, le frasi fatte, i modi colloquiali e persino i dialetti e le pronunce locali in Italia, ma non possono e non devono diventare italiani.

Si è formato un blocco nazionalista-secessionista che sventola un tricolore in cui non crede e che voleva (discorso di Bossi a Venezia) buttare nel cesso, pur di negare un diritto e provocare umiliazione e dolore ai nuovi venuti. Si tenga conto di un fatto che dà all’Italia una immagine tetra perché mostra che il suo peggio c’è nel passato, ma anche nel futuro. Un gruppo politico nuovo, che ha promesso di riorganizzare il Paese in modo completamente diverso, fondato sulla trasparenza e l’onestà, proclama la necessità di respingere gli stranieri e condivide il terrore che portino il male, come se il mondo fosse fondato su scatole separate con coperchi ben chiusi.

Cosa ci può essere di nuovo in chi negli stranieri vede un pericolo, in chi teme il rischio della diversità su cui tutte le civiltà che conosciamo si fondano? Colpisce che, nonostante l’impegno di una parte del Parlamento per dare la cittadinanza ai figli di genitori “stranieri” fin dalla nascita (erano Pd e M5S, ora solo il Pd e i frammenti di sinistra) nessuno ha mai voluto o anche solo chiesto l’abolizione della Bossi-Fini e l’accoglimento immediato del testo di iniziativa popolare presentato dai Radicali. Adesso c’è il Papa, che è stato chiaro nel suo apparentamento con i radicali, ed è stato preciso nella sua dichiarazione.



L'inaccettabile ingerenza terzomondista di Bergoglio - L'intraprendente
Corrado Ocone
2017/07/15

http://www.lintraprendente.it/2017/07/l ... -bergoglio

La Chiesa di Francesco, attraverso le parole del segretario della Cei monsignor Galantino, si sente in diritto di infrangere il principio di laicità, e di suggerire all'Italia politiche iper-accoglienti che minano la sicurezza dello Stato. Ma è un'invadenza "di sinistra", e tutti applaudono...

Il cristianesimo agisce secondo l’etica della convinzione, ma tiene ben distinto il suo ambito di azione da quello che ė proprio dello Stato e della politica. È il principio di laicità, che lo Stato moderno ha preso paro paro non solo dalla dialettica di potere medievale (fondata sul conflitto fra trono e altare) ma addirittura dal Vangelo, il quale senza troppi infingimenti impone di dare a “Cesare quel che è di Cesare”. Il cristiano perciò non dovrebbe fare politica, se non in modo mediato. E la stesa Chiesa, che istituzione politica anche è, dovrebbe agire, nell’agone politico quando è costretta a scendervi, prima di tutto con l’etica della responsabilità. Cioè considerando le conseguenze della propria azione, misurando ogni sua parola, cercando di minare il meno possibile il tessuto connettivo della società in cui vive. Tanto più se è una società che le garantisce la massima libertà di espressione ed azione.

Perché la Conferenza Episcopale Italiana, attraverso le parole del suo esponente maggiore, monsignor Galantino, e il Papa stesso, si sentono oggi in diritto non solo di infrangere il paradigma della laicità, e di fare politica, ma addirittura di suggerire all’Italia politiche che minano la sicurezza dello Stato? E perché questo avviene solo qui ed ora? E perché non ci sono reazioni politiche significative a questa invadenza, e proprio in un Paese che, fino a poco tempo fa, vedeva bene attiva una nutrita e agguerrita truppa di “laicisti in servizio permanente e effettivo”? Credo che ciò accada per il combinato disposto di due fattori: la presenza sul soglio di Pietro di un Papa che è nemico dell’Occidente e delle sue libertà, che non ricollega al cristianesimo, secondo un nesso che è evidenza storica e teorica; e la debolezza, storica e attuale dello Stato italiano, sul punto di disgregarsi e a cui la Chiesa, consapevole o meno che ne sia, si appresta a dare il colpo finale.

E’ una storia, quest’ultima, che parte da lontano: da uno Stato nato tardi rispetto agli altri europei, che non è riuscito a creare quasi mai coesione e sentimenti nazionali, che ha visto una monarchia imbelle abdicare l’8 settembre 1943 ai suoi compiti, che è stata dominata nel dopoguerra da forze politiche “internazionaliste” ove la parola e il sentimento di Patria eran negletti e ove parlare di “interesse nazionale” era considerato suppergiù “fascista”. In questo scenario, comunisti, cattolici di sinistra, cultura cosmopolitica di ascendenza azionista e di coloritura liberal, da ultimo anche certi liberal-liberisti anarchici e astrattamente anti-Stato, hanno finito per darsi la mano. Dimentichi che, in età moderna, la libertà dell’individuo, e la sua stessa sicurezza e identità (come gli Hobbes e i Locke ci hanno insegnano), possono essere garantiti solo dall’esercizio senza vincoli dell’autorità politica, cioè solo da uno Stato forte seppure, per noi liberali, per dirla con Dario Antiseri, necessariamente non troppo “affaccendato”.

Le parole dei Galantino e dei Bergoglio, esponenti di una Chiesa internazionalista e terzomondista, non trovano qui da noi la resistenza dello Stato e soprattutto di una classe politica che della cultura primo-repubblicana è figlia diretta. E che perciò nulla ha da obiettare perché sa di avere a che fare con un Papa che “invade” sì il proprio terreno, ma è “de sinistra” (come direbbero a Roma). Come meravigliarsi che in un Paese cattolico sì, ma con uno Stato forte, qual è la Francia, questa Chiesa nemmeno prova ad esercitare un ruolo simile? Ed è da meravigliarsi se un Macron, che della tradizione e della cultura “sovraniste” di Francia è comunque erede, distingue accuratamente “rifugiati politici” e “migranti economici”? Egli ben sa che dare asilo a chi patisce persecuzione è un segno di forza della République, un elemento identitario che richiama i sui valori di libertà, mentre far entrare tutti indistintamente, come si chiede all’Italia, significherebbe annullare la propria identità e se stessi.

A ben vedere, alla lunga Allah trionferebbe su Cristo, anche solo per questioni meramente demografiche. La Chiesa valuta questa conseguenza? O crede davvero, come vorrebbe far dire al Papa Eugenio Scalfari, che, essendo il Dio unico, presso i diversi popoli e nelle diverse religioni cambi solo il nome con cui viene designato? Ma è ulteriormente a chiedersi: se Allah è uguale al Dio cristiano, e Maometto a Cristo, possiamo permetterci ancora a lungo il lusso di non chiamare questa idea autodissolutiva che il cristianesimo istituzionale potrebbe essere tentato oggi portare avanti, altrimenti che con il suo nome? E, cioè, “eresia”? L’eresia al potere è sempre un nuovo conformismo. Ma questo, più di ogni altri, è un conformismo di cui l’Occidente con le sue libertà non ha bisogno.
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