La demenza irresponsabile di Bergoglio e dei bergogliani

Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio e dei bergogliani

Messaggioda Berto » dom mar 18, 2018 4:05 pm

Il Papa Bergoglio è stato sconfessato e punito dai suoi cattolici


Se i cattolici hanno votato M5S e Lega, significa che la Chiesa ha perso»
di Susanna Turco
2018/03/15

http://espresso.repubblica.it/palazzo/2 ... o-1.319639

Un voto quasi «contro la Chiesa». «Dissonante» rispetto al messaggio che ha veicolato. Una «sconfitta». Che rivela come «l’Italia stia diventando un paese molto diverso». Andrea Riccardi , fondatore di Sant’Egidio, affronta con pacata spietatezza il ceffone, lo «tsunami» arrivato dalle urne.

Cosa hanno rivelato le elezioni?

«Sono state molto emozionali, hanno rivelato i sentimenti degli italiani: la rabbia e la paura. E hanno chiarito che alcune forza sono sintonizzate con la gente, altre no. Ecco in fondo il problema: questo è il voto di italiani che si trovano soli di fronte al futuro e reagiscono emotivamente».

E la Chiesa che ruolo ha svolto?

«Su questo risultato anche la Chiesa si dovrebbe interrogare: è la più grande rete di prossimità del Paese, è l’unica realtà che ha presidi in ogni angolo della società. Ma quale messaggio ha veicolato in questi anni? Non un messaggio di paura. Anzi: un messaggio di speranza, di apertura agli stranieri, addirittura di maggior integrazione europea - pensiamo ai discorsi di Papa Francesco».

C’è uno scarto evidente: gli italiani sono andati in direzione contraria.

«Non dico che abbiano votato contro la Chiesa, ma hanno dimostrato una diversità evidente e sentimenti di autodifesa, diversi dai messaggi ecclesiali. Nel popolo cattolico è mancata una cultura popolare: pensieri lunghi, prospettive, riferimenti che tengono insieme la gente. Non ci sono più mediazioni. Francesco dice: “accogliere i migranti”. Ma questo come diventa pratica, proposta? Wojtyla disse: se la fede non diventa cultura, è vissuta a metà. Oggi tutto è fluttuante nel Paese, è emotivo. In questo senso c’è una lettura profonda da fare su come si comunica con la gente. Per la Chiesa e per i cattolici, perché il Paese va in un altro senso».

A cosa si deve questa dissonanza?

Chiesa, industriali, sindacati, magistratura. Dopo il voto anche la società è divisa. Specchio della politica paralizzata. E del governo impossibile

«Non c’è stata la capacità di intercettare e dialogare con le paure, di sciogliere la rabbia. Mentre sono convinto che Lega e M5S non siano solo un fenomeno social: hanno fatto più politica in mezzo alla gente. Per questo, oltre che di sconfitta del Pd, parlo in qualche modo di sconfitta della Chiesa. C’è un voto cattolico che è andato alla Lega o a M5S: non dico che debbano essere scomunicati, ma il messaggio della Chiesa non ha avuto rilevanza per loro. Questo risultato significa però che il Carroccio è stato più rassicurante. E che la cultura dell’accoglienza mi sembra molto in crisi di fronte alla paura e alla rabbia della gente».

C’erano avvisaglie di tutto ciò?

«Quando l’estate scorsa si è visto che non aveva spazio la legge sullo ius soli, dopo che addirittura il Papa aveva firmato un appello, quello fu un segnale di irrilevanza,una sconfitta della Chiesa stessa».

Sull'Espresso in edicola da domenica 18 marzo, l'inchiesta completa sulla crisi dei "corpi intermedi": Attenzione Fratture


Gino Quarelo
Questo Papa ha violato il buon senso e i valori e i diritti umani universali dei nativi italiani ed europei, preferendovi la retorica fanatica del cristianismo radicale e cattolico-imperiale, a danno dell'umanità europea che ha troppe volte offeso e oltraggiato con le sue insensate e stupide accuse di egoismo, indifferenza, disumanità, non cristianità. Ha trattato l'uomo di buona volontà e le sue pecore senza amore, senza rispetto esponendole irresponsabilmente ai lupi maomettani e africani in nome di una fratellanza inesistente, utopica e martirieggiante.



Italia politica, dei ladri, dei parassiti, dei fanfaroni
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Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio e dei bergogliani

Messaggioda Berto » lun mar 19, 2018 1:55 pm

LA VERGOGNOSA CENSURA VATICANA SUI PASSI DELLA LETTERA DI BENEDETTO XVI CHE DEMOLISCONO LA TEOLOGIA PRO-BERGOGLIO. CON UNA RIVELAZIONE: LA PAROLINA PASSATA INOSSERVATA CI DICE CHE BENEDETTO È ANCORA PAPA
Antonio Socci
Da “Libero”, 18 marzo 2018


https://www.antoniosocci.com/la-vergogn ... -benedetto

Perfino il “New York Times” ha scritto venerdì che questo pontificato può rivelarsi “un disastro” per la Chiesa.

In effetti lo è già, come conferma la figuraccia planetaria del Vaticano: ieri Bergoglio è stato costretto a far pubblicare integralmente la lettera di Benedetto XVI, compresi i passi polemici che maldestramente oltretevere avevano omesso (li vedremo poi).

Ma perché sembra che le cose stiano precipitando? Con il crollo del grande sponsor imperiale di Bergoglio (l’amministrazione Obama/Clinton) e col consolidarsi di Trump, è venuta meno la legittimazione geopolitica in cui è nato questo pontificato.

Da qui la spasmodica corsa di Bergoglio e della sua corte a puntellare la sgangherata stagione sudamericana – troppo esposta a sinistra – cercando nuovi appoggi (perfino nella Russia di Putin, senza tanto successo).

CERCA LEGITTIMAZIONE

Ma soprattutto Bergoglio ora cerca maldestramente legittimazione proprio da quella Chiesa wojtyliana e ratzingeriana che lui e la sua corte per cinque anni hanno bombardato con tutta l’artiglieria polemica.

Ieri è corso addirittura a Pietrelcina e San Giovanni Rotondo, a omaggiare il santo più tradizionale (per dirla con le sue categorie: il più rigido e conservatore), il più lontano da lui: padre Pio (mentre continua a perseguitare i suoi figli spirituali, i Francescani dell’Immacolata).

Tempo fa ha reso omaggio a Lutero e a Fidel Castro. Ieri a padre Pio: fa ciò che la convenienza politica del momento detta (e proprio nei giorni in cui consegna la chiesa cinese perseguitata al regime comunista).

Crede così di recuperare i consensi perduti. Anche per i recenti e irrisolti problemi ricordati dal “New York Times”: il caso del vescovo cileno emerso durante il recente viaggio di Bergoglio e le polemiche che hanno investito “uno dei suoi principali consiglieri, il cardinale honduregno Óscar Maradiaga”.

Ma il problema maggiore è lo sbandamento in cui ha gettato fedeli, parroci e vescovi in tutto il mondo.

Così pochi giorni fa il Vaticano ha tentato il colpaccio cercando di “usare” la grande autorevolezza di Benedetto XVI per legittimare un papato che fa acqua da ogni parte.

Solo che ne è venuto fuori un pastrocchio planetario. Un colossale autogol.

COSE MAI VISTE

Riassumo i fatti: il prefetto della segreteria per la comunicazione di Bergoglio, mons. Viganò, scrive il 12 gennaio a Benedetto XVI chiedendogli di scrivere una “breve e densa pagina teologica” a commento di undici libretti di vari autori elogiativi della dottrina di Bergoglio.

Passa un mese (si possono immaginare le pressioni) e il 7 febbraio Benedetto XVI gli risponde di no con una lettera “riservata” e “personale”.

Ma Viganò (a nome del Vaticano), un mese dopo, il 12 marzo, alla vigilia dell’anniversario dell’elezione di Bergoglio, rende noti alcuni passaggi estrapolati di quella lettera: “al grande pubblico” scrive Sandro Magister “essa è arrivata come se fosse una sorta di ‘voto’, più che buono, dato da Benedetto al suo successore, al termine del suo primo quinquennio. A favorire questa interpretazione è stato anche il comunicato stampa diffuso per l’occasione dallo stesso Viganò, che citava della lettera solo il secondo e il terzo capoverso”.

Solo dopo si è scoperto che c’era un altro paragrafo dove Benedetto XVI – appunto – rispondeva che non aveva tempo per leggere quei libretti, neanche in futuro, perché aveva altro da fare. E che non avrebbe scritto la cartella richiesta.

L’altroieri è emerso pure che “l’inizio di questo paragrafo era stato artificiosamente reso illeggibile nella foto della lettera diffusa dalla segreteria di Viganò” (Magister).

Infine ieri si è saputo che nella lettera di Benedetto c’era un ulteriore paragrafo “che Viganò s’è guardato dal leggere in pubblico e s’è premurato di coprire ben bene, nella foto, con gli undici libretti sulla teologia di papa Francesco” (Magister).

INDIGNAZIONE

In questo paragrafo Benedetto spiegava perché si rifiutava di scrivere quella cartella. E sono queste righe esplosive:

“Solo a margine vorrei annotare la mia sorpresa per il fatto che tra gli autori figuri anche il professor Hünermann, che durante il mio pontificato si è messo in luce per avere capeggiato iniziative anti-papali. Egli partecipò in misura rilevante al rilascio della ‘Kölner Erklärimg’, che, in relazione all’enciclica ‘Veritatis splendor’, attaccò in modo virulento l’autorità magisteriale del Papa specialmente su questioni di teologia morale. Anche la ‘Europäische Theologengesellschaft’, che egli fondò, inizialmente da lui fu pensata come un’organizzazione in opposizione al magistero papale. In seguito, il sentire ecclesiale di molti teologi ha impedito quest’orientamento, rendendo quell’organizzazione un normale strumento d’incontro fra teologi. Sono certo che avrà comprensione per il mio diniego e La saluto cordialmente”.

Come si può notare non c’è solo il sarcasmo del primo brano omesso, dove si rifiuta di leggere i libretti e di scriverne perché ha altro fare. Qui c’è anche la mite indignazione di un uomo di Dio che subisce un affronto.

Oltretutto quell’Hünermann era arrivato a dichiarare che la “pietra miliare” lasciata da Benedetto XVI nella Chiesa era stata “il fatto di ritirarsi”.

Dunque hanno chiamato a esaltare Bergoglio un teologo che si era schierato pubblicamente contro Benedetto XVI, “un teologo fondatore di un’organizzazione contraria apertamente al magistero pontificio” (Badilla).

Basta questo per capire quale “continuità” ci sia fra il pontificato di Bergoglio e quello dei predecessori.

Il passo polemico di Benedetto XVI fa anche capire come vanno lette le parole che il Vaticano aveva sbandierato come appoggio a Bergoglio. Dove sembrava elogiare lo scopo di questi libretti di “opporsi allo stolto pregiudizio” su Bergoglio e mostrarne “la profonda formazione filosofica e teologica”.

Erano parole di cortesia con cui Benedetto probabilmente riprendeva le espressioni della lettera di Viganò, ma rilette alla luce dei passi omessi assumono tutt’altra luce: sottolineano un colossale problema, non una continuità.

È ANCORA PAPA

Proprio alla parola “continuità” – evidentemente suggerita nella lettera di Viganò del 12 gennaio – Benedetto XVI infatti ha aggiunto una parolina: “interiore”. Si noti la stranezza di quel concetto: “continuità interiore tra i due pontificati”.

Anzitutto fa pensare che non si veda una continuità esteriore negli atti e negli insegnamenti.

Ma poi con quella parola richiama una pagina cruciale del suo ultimo libro, “Ultime conversazioni”, nella quale Benedetto spiega che – anche dopo la rinuncia – egli continua ad essere papa usando la metafora del padre: “Anche un padre (che) smette di fare il padre non cessa di esserlo, ma lascia le responsabilità concrete. Continua ad essere padre in un senso più profondo, più intimo, con un rapporto e una responsabilità particolari”.

Ed ancora: “il papa… se si dimette, mantiene la responsabilità che ha assunto in un senso interiore, non nella funzione”.

Ecco da dove viene quella parola. Con essa Benedetto conferma l’esplosiva conferenza tenuta dal suo segretario, mons. Georg Gaenswein, alla Gregoriana, nella quale affermava – fra l’altro – che “dall’11 febbraio 2013 il ministero papale non è più quello di prima… Benedetto XVI (lo) ha profondamente e durevolmente trasformato nel suo pontificato d’eccezione. Prima e dopo le sue dimissioni” proseguiva Gaenswein “Benedetto ha inteso e intende il suo compito come partecipazione a un tale ‘ministero petrino’. Egli ha lasciato il Soglio pontificio e tuttavia, con il passo dell’11 febbraio 2013, non ha affatto abbandonato questo ministero. Egli ha invece integrato l’ufficio personale con una dimensione collegiale e sinodale, quasi un ministero in comune”.
La corte bergogliana si scagliò contro questa idea di “ministero in comune”, ma oggi Benedetto gliel’ha sottilmente mostrata in atto con quell’espressione che non hanno capito e che dice che Benedetto è ancora papa. Il mistero continua.
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Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio e dei bergogliani

Messaggioda Berto » mar mar 20, 2018 8:00 am

Ratzinger difende Papa Francesco. Ma rivela di essere il Matteo Orfini del Vaticano
Pierfranco Pellizzetti

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... no/4234336

La pubblicazione completa della missiva, vergata il 12 marzo scorso dal Papa emerito Benedetto XVI riguardo alla figura intellettuale di Papa Bergoglio, si rivela ormai compiutamente per quello che voleva essere: un abbraccio mortale di rara perfidia, con cui il piccoletto malignazzo Joseph Ratzinger, il Matteo Orfini vaticano, finge di smentire le maldicenze che circolano sul suo successore nei sotterranei più tetri dalle parti di San Pietro, mentre in effetti le sta accreditando.

Perché di quell’ambiente oscurantista e retrivo fa parte a pieno diritto, sia come fu teologo di corte del papa da anno Mille Karol Wojtyla (inflessibile sulla devozione tradizionale e sui simboli di un millenario potere assoluto, molto meno sui rapporti con golpisti felloni alla Pinochet o con gli ambienti più inquinati della finanza internazionale) sia come maldestro puntellatore di una dottrina indispensabile (per il proprio labirintico ambiente) quanto astrusa. Si veda a conferma il breve passo tratto dal suo saggio La verità cattolica (MicroMega 2/2000): “La fede cristiana non si basa sulla poesia e la politica; si basa sulla conoscenza . Venera quell’Essere che sta a fondamento di tutto ciò che esiste, il ‘vero Dio’. Nel cristianesimo, la razionalità è diventata religione“.

Puro gioco delle tre carte. Ben lontano dalle attitudini mentali di Papa Francesco, che da bravo gesuita coltiva se non la poesia almeno la politica; ma ponendola al centro delle grandi controversie planetarie, non nei minimi giochi di Palazzo, come un diafano e salottiero Cardinal Ruini. Soprattutto, in quanto questo Papa, che i reazionari cultori di improbabili revanchismi chiamano spregiativamente “il gaucho” e criticano per il suo modestissimo interesse alle dispute sul sesso degli angeli, è quanto di più “sur-moderno” l’istituzione ecclesiastica possa produrre. Già dalla fisiognomica (l’incredibile somiglianza con l’attore Jonathan Pryce, visto all’opera come scalzo fustigatore dei potenti con il nome di Alto Passero, nella sesta stagione di Game of Thrones) e confermata dall’efficacia di grande comunicatore, forse il migliore in circolazione, messa al servizio di una missione improba: salvare la Chiesa da se stessa, traendola fuori dalla palude di conformismo retrò in cui pretenderebbero di annegarla quelli tipo Ratzinger; aggrappati come Orfini all’unico habitat che gli consenta la sopravvivenza, oltre a quei benefici e quelle forme tanto importanti per la psicologia dell’arrampicatore sociale.

Per il presidente Pd il posto in prima fila nei riti della nomenclatura di un guscio vuoto; per l’Emerito le babbucce rosse di Prada, conferma dell’ascesa per il figlio di un gendarme bavarese, già iscritto alla Gioventù hitleriana. Normale che un parvenu trovi insopportabile la morigeratezza monacale di un pontefice outsider venuto dall’altra parte del mondo. Da bloccare prima che diventi stile dominante che metterebbe in mora questa genia di carrieristi della fede e tutti i cardinali di Curia, da quelli obesi a quelli scheletrici. Ma sempre con le dita ingioiellate. E se tale sovversivo evita di prendere il caffè nelle stanze vaticane, allora si ricorre al veleno più impalpabile della delegittimazione per scarsa attitudine teologica ossia il ramo secco, prosciugato di ogni polpa vitale già prima che l’evoluzione del pensiero moderno si liberasse della sua sorella germana, la metafisica. A parte qualche filosofo della cattedra o di nostalgie heideggeriane.

In questo mondo desacralizzato Bergoglio – nell’incomprensione totale dei suoi oppositori autolesionisti e suicidi – tenta di radicare la fede dove è possibile farlo. Non nei potentati e nelle sessuofobie del vecchio Occidente, ma nella domanda di giustizia sociale proveniente dai mondi nuovi e nuovissimi. Per questo è ridicolo etichettarlo “grillino”, quando il suo pensiero è figlio della sua terra d’origine: il populismo. Magari nella versione di un filosofo suo conterraneo che sta incontrando un tardivo successo anche dalle nostre parti: Ernesto Laclau.

Sicché Bergoglio è inviso a tutti i potentati che si trincerano nella cittadella della disuguaglianza. E per questo gli tributo il mio personale rispetto. Anche se considero la sua una missione impossibile, visto che Chiesa e modernità compongono un palese ossimoro. Per un’istituzione di cui chi scrive spera proprio di vederne la fine.



Vaticano, si è dimesso monsignor Viganò per il caso della lettera di Ratzinger "tagliata"

Il prefetto della segreteria per la comunicazione era finito sotto accusa per la versione, diffusa in modo parziale, del messaggio del Papa emerito in difesa di Francesco
di PAOLO RODARI
21 marzo 2018

http://www.repubblica.it/vaticano/2018/ ... -191842135


Si è dimesso dall'incarico di prefetto della Segreteria per la Comunicazione monsignor Dario Edoardo Viganò. A seguito della pubblicazione parziale di una lettera con cui Benedetto XVI sosteneva la continuità del suo pontificato con quello di Francesco, ma insieme criticava pesantemente la collana La teologia di Papa Francesco, edita dalla Libreria Editrice Vaticana, decide di farsi da parte colui che di fatto ha tenuto in mano le redini della comunicazione vaticana in questi anni di governo di Francesco. Fino alla nomina del nuovo prefetto, il dicastero sarà guidato dal segretario monsignor Lucio Adrian Ruiz.

Viganò ha portato avanti in questo periodo il difficile lavoro di riforma di tutti i media vaticani e dell'apparato comunicativo in generale. A conti fatti, le sue dimissioni confermano quanto disse nel dicembre scorso il Papa: "Fare le riforme a Roma è come pulire la Sfinge d'Egitto con uno spazzolino da denti", disse Francesco citando un'espressione "simpatica e significativa" di monsignor Frédéric-François-Xavier De Mérode.
Vaticano, si è dimesso monsignor Viganò per il caso della lettera di Ratzinger "tagliata"
Viganò ha chiesto al Papa di accettare le sue dimissioni tramite una lettera firmata 19 marzo. "In questi ultimi giorni - scrive - si sono sollevate molte polemiche circa il mio operato che, al di là delle intenzioni, destabilizza il complesso e grande lavoro di riforma che Lei mi ha affidato nel giugno del 2015 e che vede ora, grazie al contributo di moltissime persone a partire dal personale, compiere il tratto finale".

"La ringrazio - scrive ancora Viganò - per l'accompagnamento paterno e saldo che mi ha offerto con generosità in questo tempo e per la rinnovata stima che ha voluto manifestarmi anche nel nostro ultimo incontro. Nel rispetto delle persone, però, che con me hanno lavorato in questi anni e per evitare che la mia persona possa in qualche modo ritardare, danneggiare o addirittura bloccare quanto già stabilito del Motu Proprio 'L'attuale contesto comunicativo' del 27 giugno 2015, e soprattutto, per l'amore alla Chiesa e a Lei Santo Padre, Le chiedo di accogliere il mio desiderio di farmi in disparte rendendomi, se Lei lo desidera, disponibile a collaborare in altre modalità".

Viganò ricorda il discorso di Francesco fatto in occasione degli auguri di Natale alla Curia nel 2016, dove il Papa spiegava come "la riforma sarà efficace solo e unicamente se si attua con uomini rinnovati e non semplicemente con nuovi uomini. Non basta - disse Papa Bergoglio - accontentarsi di cambiare il personale, ma occorre portare i membri della Curia a rinnovarsi spiritualmente, umanamente e professionalmente". "Credo - scrive allora Viganò - che il 'farmi in disparte' sia per me occasione feconda di rinnovamento o, ricordando l'incontro di Gesù con Nicodemo, il tempo nel quale imparare a 'rinascere dall'alto'. Del resto non è la Chiesa dei ruoli che Lei ci ha insegnato ad amare e a vivere, ma quella del servizio, stile che da sempre ho cercato di vivere".

Papa Francesco ha risposto a Viganò via lettera spiegandogli che "dopo aver a lungo riflettuto e attentamente ponderate le motivazioni della sua richiesta" accetta le dimissioni "non senza qualche fatica". Contestualmente gli chiede di "proseguire restando presso il Dicastero, nominandola come Assessore per il Dicastero della comunicazione per poter dare il suo contributo umano e professionale al nuovo Prefetto al progetto di riforma voluto dal Consiglio dei Cardinali, da me approvato e regolarmente condiviso".
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Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio e dei bergogliani

Messaggioda Berto » mar mar 20, 2018 4:29 pm

Vaticano, Papa Francesco e la frase sconcertante sui terroristi islamici: "Sono poveri, almeno così..."
20 Marzo 2018

http://www.liberoquotidiano.it/news/est ... vita-.html

Vaticano, Papa Francesco e la frase sconcertante sui terroristi islamici: "Sono poveri, almeno così..."

"Cosa fa un giovane senza lavoro? Si suicida, fa il ribelle, o prende l'aereo e va in una città che non voglio nominare e si arruola all'Isis o in un altro di questi movimenti guerriglieri, almeno ha senso vivere e avrà uno stipendio mensile". Non l'ha detto Alessandro Di Battista, il grillino per cui con i terroristi bisogna trattare, ma Papa Francesco davanti ai 300 giovani accorsi lunedì in Vaticano per il Presinodo.

Come sottolinea il Tempo, il giudizio del Pontefice oltre che sconcertante cade nel luogo comune "pauperista" del terrorista che diventa tale dopo una vita di stenti e senza speranze. Sbagliato: come ricordava un rapporto della Banca Mondiale del 2016, le reclute dell'Isis sono in realtà più inserite socialmente dei connazionali che non compiono la scelta di arruolarsi. Quasi il 70% dei guerriglieri islamici ha un titolo di studio come minimo di scuola superiore, il 25% una laurea e la gran parte aveva un lavoro prima di imbracciare un mitra.
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Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio e dei bergogliani

Messaggioda Berto » mar mar 20, 2018 9:39 pm

"Prego per la morte del Papa": bufera su un prelato di Cracovia
Ivan Francese - Lun, 19/03/2018

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 06839.html


Fanno discutere le parole di padre Edward Staniek, alto prelato di Cracovia: in un'omelia si è augurato la morte di Papa Francesco "se lo Spirito Santo non lo illumina prima"

Quando i fedeli hanno ascoltato la predica, non potevano credere alle proprie orecchie: il sacerdote che parlava dal pulpito augurava la morte a Papa Francesco.

Il caso di cronaca che ha sconvolto la comunità cattolica della Polonia, è scoppiato venerdì scorso, quando diversi media locali hanno rivelato che durante un'omelia il prete tradizionalista polacco Edward Staniek avrebbe pronunciato parole irriferibili: "Prego che il Papa abbia discernimento, che il suo cuore si apra allo Spirito Santo, e anche che possa tornare presto alla Casa del Padre se ciò non dovesse accadere - ha detto in chiesa - Posso sempre chiedere a Dio una buona morte per il Papa perché la buona morte è una grande grazia".

La notizia ha fatto in breve tempo il giro del Paese e ha costretto anche l'arcivescovo di Cracovia monsignor Marek Jedraszewski a un intervento pubblico di biasimo e censura. "Con grande dolore e dispiacere ho appreso delle parole di padre Edward Staniek su Papa Francesco", ha commentato con amarezza l'alto prelato.

Secondo i media locali, padre Staniek avrebbe da tempo espresso una visione molto critica del magistero dell'attuale Pontefice, che tra l'altro accusa di essere troppo liberale e a cui rimprovera soprattutto le eccessive aperture ai musulmani, "allontanandosi - questa la denuncia di padre Staniek - da Gesù".


Alberto Pento
Credo non sia l'unico a pregare.
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Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio e dei bergogliani

Messaggioda Berto » mer mar 21, 2018 10:36 am

Papa: "Chi va con le prostitute è un criminale"
Andrew Medichini
19/03/2018

http://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/ ... refresh_ce

"La prostituzione è un problema grave: vorrei che i giovani lottassero contro questa pratica. Per favore: chi ha questa abitudine, la tagli!". Papa Francesco esorta i giovani a dire un fermo "no" alla prostituzione, durante il colloquio con loro nella riunione pre-Sinodo al pontificio collegio internazionale 'Maria Mater Ecclesiae' di Roma.

"Chi va con le prostitute è un criminale - afferma il Pontefice - Questo non è fare l'amore, questo è torturare una donna: non confondiamo i due termini", ammonisce Bergoglio.

Il Papa sottolinea con forza: "Uno schifo! La tratta e la prostituzione sono crimini contro l'umanità, delitti che nascono da una mentalità malata secondo cui la donna va sfruttata".

"Non c'è femminismo che sia riuscito a togliere questa mentalità dalla coscienza maschile, dall'immaginario collettivo. Questa malattia, questo modo di pensare sociale è un crimine contro l'umanità", ribadisce Francesco.

Il Papa torna a parlare anche del lavoro. "I giovani sono spesso emarginati dalla vita pubblica", rimarca, e costretti a "mendicare occupazioni che non garantiscono un domani".

"Troppo spesso siete lasciati soli", lamenta il Pontefice ricordando che "in Italia il tasso di disoccupazione giovani è al 35% e in alcuni Paesi vicini supera anche il 50%". E "la disoccupazione crea dipendenze e può portare fino al suicidio. Questo è un peccato sociale: la società è responsabile di questo!", scandisce Francesco.



Gino Quarelo
Questi preti che vivono di rendita con l'8xmille estorto ai cittadini attraverso la fiscalità statale. Questo Papa non è più capace di stare zitto.

Se poi si pensa al beneficio umano e sociale delle prostitute con i disabili, i carcerati, gli ammalati, i vecchi, i celibi forzati da malformazioni ... bisognerebbe istituzionalizzare questa attività benefica e premiarla altro che demonizzarla.


Sessualità nei, con e per i disabili e le persone problematiche
viewtopic.php?f=141&t=2555
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Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio e dei bergogliani

Messaggioda Berto » gio mar 22, 2018 7:24 pm

Francesco, l’eretico grillino
21 marzo 2018
BEO-BERGOGLIO
Gerardo Verolino

http://www.italiaisraeletoday.it/france ... o-grillino

Sono trascorsi cinque anni dall’elezione al Soglio Pontificio del primo Papa grillino della storia. Francesco I o Bergoglio L’Onesto è infatti un raro caso di Papa che, anticipando i tumultuosi eventi che nelle elezioni politiche d el 2018 avrebbero stravolto il quadro politico nazionale, ha indossato i panni del movimentista, dell’agit-prop, del Savonarola, del fustigatore dei costumi, delpropugnatore della morale, del bonificatore delle stanze vaticane, del soccorritore degli ultimi, insomma di quell’Unto del Signore sceso sulla Terra per fare un repulisti generale del passato e indicare la retta via al suo popolo.

In pratica, Jorge Mario Bergoglio, da vecchio furbone di tre cotte che annusa prima degli altri dove va il vento, ha capito, come il suo compare laico, Beppe Grillo, l’aria moralizzatrice che tirava nella società (non solo italiana) e ha cavalcato la tigre del malcontento generale atteggiandosi a Uomo della (Divina) Provvidenza, colui che non vi preoccupate-basta corruzione nella Chiesa cattolica-metto tutto a posto io.

Assumendo gli abiti dimessi dell’uomo povero e senza vanità (anche se ogni suo abito della sartoria Gammarelli costa seicento euro) ma che in realtà trabocca di vanità atteggiandosi a pauperista di comodo, lasciando i finti agi degli appartamenti vaticani per quelli più disadorni (così è se vi pare) dei 70 metri quadrati di Santa Marta, rifiutando la mozzetta rossa, “paramenti da museo”, (“Questa te la metti tu!” dice a muso duro al povero maestro delle celebrazioni, Guido Marini, che gliela sta porgendo il giorno dell’investitura) perché lui, l’umile gesuita, non porta orpelli né simboli del potere, così si presenta al Mondo. Ma non basta. Parla un linguaggio che sembra semplice ma che in realtà è misero e somiglia a rozzi ed elementari discorsi da Bar di San Pietro.

Per chi è abituato all’alta lezione teologica di Ratzinger, capace di affascinare anche i non-credenti (si pensi alla lectio magistralis di Ratisbona su “Fede, ragione e università”) si è passati ai ragionamenti pedestri di Bergoglio specchietti per le allodole di quel popolaccio qualunquista che lui vuole carpire.

Si dice che Dio si esprima attraverso la lingua del Papa (cosa plausibile col sommo teologo Ratzinger e il Grande Comunicatore cristiano, Wojtyla) ma, attraverso Bergoglio, sembra parlare un Dio ubriaco o male in arnese.

Una volta, in un’intervista al quotidiano spagnolo El Pais paragona, in uncerto senso, il presidente americano Trump a Hitler “perché anche Hitler fu eletto da popolo”. In un’altra circostanza nega l’esistenza di un terrorismo legato alle religioni omettendo, smemorato, il terrorismo islamico dell’Isis. Per promuovere lo Ius soli, cosa che non gli riguarderebbe, dice che il Salvatore è”colui che viene a dare a tutti noi il documento di cittadinanza”.

Non pago, un’altra volta paragona Gesù al diavolo. “Gesù si è fatto peccato, diavolo, serpente per noi”. Quasi una bestemmia. Ancora su Gesù, in un altro momentolo definisce eretico. Al che il giornale cattolico online “Difendiamo la Verità'”, in uno sferzante editoriale, scrive che “Bergoglio ha superato ogni limite” e che”siamo alla follia pura”.

Racconta, anche, di essere stato in cura da una psicanalista: un Papa che va in analisi è davvero troppo anche per un ateo. Per giustificare, udite udite, i terroristi islamici che hanno ucciso i redattori del giornale satirico Charlie Ebdo dice che non bisogna offendere la religione altrui. E rincara.

Va bene la libertà d’espressione ma senza “provocare, insultare o ridicolizzare la fede degli altri” dichiara. E, aggiungendo che “se uno mi offende la madre gli do un pugno” e mimando proprio il gesto dell’atto di dare il pugno rivolto a chi gli era vicino.

Parole che sembrano uscite di bocca ad un tassinaro della Fede o ad un qualunquista grillino non al successore della cattedra di San Pietro. In politica estera ha una speciale attrazione per i dittatori sudamericani, dal cubano Raul Castro al cileno Maduro. Non a caso, oggi, a celebrare il suo pontificato, è il quotidiano comunista de L’Avana, Granma.

Ma anche con gli eletti dal popolo non va meglio. Quando incontra il boliviano Evo Morales riceve in dono un crocifisso a forma di falce e martello, simbolo sinistro di crimini efferati nel Mondo, che il Papa argentino accoglie sorridendo come se fosse il vecchio pupazzo Five di Canale 5.

Con Israele i rapporti sono, da subito, tesi. Nel 2015 riconosce, nello sconcerto generale, lo Stato palestinese.

Ogni volta che incontra Abu Mazen lo abbraccia come se fosse un vecchio amico e quando è invece Trump a “riconoscere” Gerusalemme come capitale israeliana, un accigliato Bergoglio tuona, col ditino puntato contro, che si ritorni subito allo “status quo”.

È il Papa che cita spesso il”Gesù palestinese” e quando celebra messa a Betlemme è davanti ad un bambinello avvolto nella keifah. Ma ancora, Bergoglio è anche un Papa con la kippah secondo Sergio Yitzhak Minerbi storico vaticanista israeliano. “Nella Pasqua dopo la sua elezione e in quelle successive cita brani del Vangelo antisemiti” dice.
L’apice viene raggiunto quando Bergoglio, in un discorso nella Chiesa di San Bartolomeo sull’Isola Tiberina, paragona i Centri per i migranti italiani ai campi di concentramento nazisti insultando, nello stesso momento, il governo italiano che userebbe metodi da Terzo Reich e la comunità ebraica offesa dall’improprio paragone con i lager che banalizza l’Olocausto.

Intanto a Roma qualcosa si muove se una settantina fra teologi, giornalisti e alti prelati (Il banchiere dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, il capo dei Lefebvriani,Bernard Fellay, il direttore della rivista “Radici Cristiane”, Mauro Faverzani, tra gli altri) sottoscrivono un documento accusandolo di ben 7 eresie.

E il filosofo metafisico, monsignor Livi, decano della dottrina cattolica contemporanea, dice che quello di Bergoglio è “un Pontificato divisivo” e con lui la “Chiesa è allo sbando”. Su Internet fioccano i blog di aperta critica al Papa eretico. Da “Stilum Curiae” del vaticanista Marco Tosatti a Anonimi della Croce”. Da “Riscossa Cristiana” a “La Nuova Bussola Quotidiana” diretto da Riccardo Cascioli. Da “Libertà e Persona” a Papalepapale.it (sito improvvisamente scomparso da internet) al gruppo “In favore dei francescani dell’Immacolata”.

Lo stesso cardinal Gerhard Muller, ex prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, preoccupato per la deriva qualunquista presa dal Vaticano, sostiene che il Papa si esprime “in modo infelice, fuorviante o vago”.

Nel clima di contestazione generale che spira nel mondo si inserisce perfettamente l’elezione di un Papa “anti-teologico”, populista e grillino come Bergoglio che, elevato cinque anni fa al Soglio pontificio, più che riformare la Chiesa, sembra proprio voglia squassarla. C’è il rischio concreto che altri cinque o più anni di dottrina vaffanculista bergogliana finiranno per demolirla del tutto.
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Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio e dei bergogliani

Messaggioda Berto » gio mar 22, 2018 9:57 pm

Lettera censurata Papa Ratzinger. Accuse a Benedetto XVI
di Matteo Matzuzzi
2018/03/22

https://www.ilfoglio.it/chiesa/2018/03/ ... vii-185500

Roma. Nella brutta storia della lettera di Benedetto XVI censurata da parte della Segreteria per le comunicazioni ora priva del suo numero uno, si è in qualche modo passati alla fase-2, che vede il Papa emerito in mezzo a un campo di battaglia, strattonato tra i cosiddetti antibergogliani pronti a farne un vessillo da esibire e i cosiddetti ultrà bergogliani, più papisti del Papa che spesso usano Francesco come bandiera per teorizzare rivoluzioni che il più delle volte il vescovo di Roma non ha neppure ipotizzato.
Se i primi, in qualche caso, partendo dal caso-Viganò sono arrivati a puntare più in alto, dipingendo scenari catastrofici che vedrebbero un Pontefice regnante furibondo per l’accaduto e indispettito per la replica ratzingeriana (quando è facilmente ipotizzabile che a Francesco degli undici volumetti teologici interessasse ben poco, avendo questioni più urgenti e rilevanti di cui occuparsi), i secondi hanno subito messo sul banco degli imputati Benedetto XVI. Naturalmente per la risposta che ha dato a mons. Viganò in una lettera “riservata e personale”, cioè non destinata alla pubblicazione ma privata. Da leggere e riporre nel cassetto.
A farsi portatore della linea che imputa proprio a Ratzinger il pasticcio è il professor Alberto Melloni, storico del Cristianesimo e capofila della Scuola di Bologna, che su Repubblica ricorda come Benedetto XVI un anno fa avesse scritto “una prefazione al libro del cardinale Robert Sarah (peraltro pubblicata dal Foglio), prefetto di curia che si è schierato contro Francesco in materia liturgica” e “poi aveva firmato la prefazione al volume in onore del cardinale Gerhard Ludwig Müller, campione del contrasto a Francesco”.

Quindi, il sottile j’accuse: “In quelle pagine – scrive Melloni – c’erano tesi note di Ratzinger: ma esse erano delicate perché volevano dimostrare che Benedetto XVI ha ancora un qualche diritto di governare. Tant’è che un po’ governa dando copertura a coloro a cui si sente vicino”. Insomma, il Papa emerito guiderebbe o quantomeno controllerebbe un moto cospirativo nei confronti del successore, ammiccando ai nemici di Francesco e dando loro protezione. Scrive ancora lo storico: “Sembrava che il Papa emerito desse un voto (buono, per fortuna) al Papa regnante. E poneva l’interrogativo di cosa sarebbe accaduto se il voto fosse stato cattivo”. Poi il problema: “Peter Hünermann, teologo di Tubinga col quale Ratzinger ha ingaggiato dispute che non ha mai dimenticato”. Ricorda ancora Melloni che “trent’anni fa, la risposta della teologia tedesca e dei grandi teologi ecclesiastici come Karl Lehmann e Walter Kasper impedì a Ratzinger unilateralismi pericolosi. Dopo trent’anni Benedetto suggeriva a un prefetto di curia come Viganò che quella teologia o almeno Hünermann, venisse punita col silenzio. Cosa che detta da un teologo è un’opinione; detta dal Papa emerito è un atto di governo. Questione delicatissima, potenzialmente eversiva”.

Durissimo è il commento del teologo Andrea Grillo, professore ordinario di Teologia sacramentaria al Pontificio ateneo Sant’Anselmo, che ha lodato Hünermann, ricordando come quest’ultimo “ha continuato a parlare anche quando il magistero voleva dai teologi solo silenzio o applausi. Egli non è stato disposto a fare lo zerbino o il capo-claque e questo è stato il suo merito indiscusso, anche se viene presentato ora quasi come un crimine di lesa maestà. Curioso paradosso: chi ha promesso solennemente di tacere, ha parlato senza prudenza. Chi invece per mestiere e ministero doveva parlare, e ha parlato chiaro, perché mai dovrebbe tacere?”. Prima si era domandato: “Forse che Ratzinger ha un diritto di veto sui teologi che parlano (bene) di Francesco?”.

Repliche che dimenticano la questione centrale: è stata la Segreteria per le comunicazioni, nella persona di mons. Dario Edoardo Viganò a inviare a Benedetto XVI una lettera in cui gli si chiedeva di scrivere una “breve e densa pagina teologica” agli undici libri editi dalla LEV sulla teologia di Francesco. Ratzinger non ha preso carta e penna per diffondere urbi et orbi una reprimenda all’iniziativa. A domanda ha risposto con un messaggio – è bene ricordarlo – privato. In cui spiegava di non poter elogiare un testo firmato da uno dei più feroci oppositori del pontificato suo e di Giovanni Paolo II.
Cosa avrebbero detto gli accusatori se il teologo professor Joseph Ratzinger avesse letto e stroncato la pubblicazione di Hünermann sulla teologia del Papa regnante? L’errore è stato a monte: in primo luogo chiedere a un Pontefice emerito di recensire il successore. E poi di aver domandato al rigoroso Ratzinger di scrivere una paginetta Word su un firmatario della “Dichiarazione di Colonia” che metteva all’indice il suo ruolo di prefetto della congregazione per la Dottrina della fede.




Il caso Ratzinger svelato da Tosatti. Come Bergoglio continua a far fessi tutti
di MARCO TOSATTI

http://www.lindipendenzanuova.com/il-ca ... essi-tutti

Lo scandalo Viganò è sotto certi aspetti peggio del caso Barros, il vescovo cileno promosso alla diocesi di Osorno dal Pontefice regnante contro venti, maree e l’opposizione di molti nella disastrata Chiesa cilena. Ed è esemplare di uno stile di governo obliquo da parte del successore di Pietro.

Come alcuni hanno fatto notare, nelle due lettere, entrambe molto singolari e interessanti, quella di dimissioni (?) di Viganò e del Pontefice

Rileggetele, per favore.

Padre Santo,

Cittià del Vaticano, 19 marzo 2018

in questi ultimi giorni si sono sollevate molte polemiche circa il mio operato che, al di là delle intenzioni, destabilizza il complesso e grande lavoro di riforma che Lei mi ha affidato nel giugno del 2015 e che vede ora, grazie al contributo di moltissime persone a partire dal personale, compiere il tratto finale.

La ringrazio per l’accompagnamento paterno e saldo che mi ha offerto con generosità in questo tempo e per la rinnovata stima che ha voluto manifestarmi anche nel nostro ultimo incontro.

Nel rispetto delle persone che con me hanno lavorato in questi anni e per evitare che la mia persona possa in qualche modo ritardare, danneggiare o addirittura bloccare quanto già stabilito del Motu Proprio L’attuale contesto comunicativo del 27 giugno 20L5, e soprattutto, per l’amore alla Chiesa e a Lei Santo Padre, Le chiedo di accogliere il mio desiderio di farmi in disparte rendendomi, se Lei lo desidera, disponibile a collaborare in altre modalità).

ln occasione degli auguri di Natale alla Curia nel 2016, Lei ricordava come “la riforma sarà efficace solo e unicamente se si attua con uomini “rinnovati” e non semplicemente con “nuovi” uomini. Non basta accontentarsi di cambiare il personale, ma occorre portare i membri della Curia a rinnovarsi spiritualmente, umanamente e professionalmente. La riforma della Curia non si attua in nessun modo con il cambiamento delle persone – che senz’altro avviene e avverrà- ma con la conversione nelle persone”.

Credo che il “farmi in disparte” sia per me occasione feconda di rinnovamento o, ricordando l’incontro di Gesù) con Nicodemo (Gv 31,L), il tempo nel quale imparare a “rinascere dall’alto”. Del resto non d la Chiesa dei ruoli che Lei ci ha insegnato ad amare e a vivere, ma quella del servizio, stile che da sempre ho cercato di vivere.

Padre Santo, La ringrazio se vorrà accogliere questo mio “farmi in disparte” perch6 la Chiesa e il suo cammino possa riprendere con decisione guidata allo Spirito di Dio.

Nel chiederle la sua benedizione, Le assicuro una preghiera per il suo ministero e per il cammino di riforma intrapreso.

Reverendissimo Monsignore

A seguito dei nostri ultimi incontri e dopo aver a lungo riflettuto e attentamente ponderate le motivazioni della sua richiesta a compiere “un passo indietro” nella responsabilità diretta del Dicastero per le comunicazioni, rispetto la. sua decisione e accolgo, non senza qualche fatica, le dimissioni da Prefetto.

Le chiedo di proseguire restando presso il Dicastero, nominandola come Assessore per il Dicastero della comunicazione per poter dare il suo contributo umano e professionale al nuovo Prefetto al progetto di riforma voluto dal Consiglio dei Cardinali, da me approvato e regolarmente condiviso. Riforma ormai giunta al tratto conclusivo con l’imminente fusione dell’Osservatore Romano all’ interno dell’unico sistema comunicativo della Santa Sede e l’accorpamento della Tipografia Vaticana.

Il grande impegno profuso in questi anni nel nuovo Dicastero con Io stile di disponibile confronto e docilità che ha saputo mostrare tra i collaboratori e con gli organismi della Curia romana ha reso evidente come la riforma della Chiesa non sia anzitutto un problema di organigrammi quanto piuttosto l’acquisizione di uno spirito di servizio.

Mentre La ringrazio per l’umiltà e il profondo sensus ecclesiae, volentieri la benedico e la affido a Maria.

In nessuna delle due lettere si fa accenno, neanche velato a errori di condotta. In nessuna delle due lettere si fa menzione della persona più colpita da tutta questa squallida vicenda, e cioè Benedetto XVI. Che, forse, almeno qualche scusa l’avrebbe meritata. Gli è stato chiesto un commento “denso e conciso” al lavoro di persone che lo hanno sempre osteggiato pubblicamente; una sua troppo cortese lettera di diniego è stata resa pubblica, anche se riservata personale; parti della sua lettera sono state usate per fargli dire quello che non ha detto; la fotografia della sua lettera è stata manipolata; il responsabile delle comunicazioni ha mentito dicendo di averla letta integralmente, mentre non l’ha fatto. Di questa sequenza di azioni non c’è traccia nelle due lettere. Il massimo dei ridicolo – permettete la digressione – è stato raggiunto da chi senza ridere sostiene che Viganò ha censurato la lettera per difendere Benedetto XVI. L’improntitudine non conosce frontiere.

C’è da pensare che il Pontefice fosse al corrente della trappolina che era stata stesa davanti ai piedi di Benedetto? La lettera di risposta a Viganò non dissipa questo sospetto, anzi, piena di elogi come è, lo rende plausibile.

C’è da pensare che la lettera di dimissioni di Viganò, con la sua singolare disponibilità (strana da parte di un dimissionario) a continuare a collaborare sia stata scritta d’accordo con il Pontefice? Le due lettere rendono plausibile questa ipotesi.

Ma se le cose stanno come è scritto nelle due lettere, perché Viganò si è dimesso? Per le polemiche? Ma le polemiche ci sono sempre state, e alle polemiche si risponde, se si è nel giusto e non si ha niente da rimproverarsi, con chiarimenti e spiegazioni.

Se invece si sono commessi errori, virilmente lo si ammette. E se ne tirano le conseguenze.

Come nel caso Barros, il Pontefice è restio ad ammettere errori, suoi o dei suoi fidi. Il che non è un bel segno. Non denota quell’ampiezza d’animo che tutti vorremmo vedere in un successore di Pietro. Fa sospettare fragilità caratteriali e psicologiche.

Invece le fake dimissioni dopo la fake lettera testimoniano un tratto di governo poco simpatico. E qui veniamo allo stile obliquo di gestione del Pontefice. Abbiamo visto che quando un’istituzione aveva un capo che non gli piaceva o non era abbastanza ossequioso e ossequiente, il Pontefice lo aggirava, creando un N.2 che godeva del contatto diretto con lui. È un modello usato nella CEI quando c’era Bagnasco, alle Congregazione per la Fede quando c’era Müller, al Culto con Sarah; e sono solo tre esempi. La creazione di un ruolo da assessore per Viganò, analogo a quello creato dal nulla all’APSA per il vescovo argentino dalle strane dimissioni, mons. Zanchetta, fa pensare proprio a questo. Avete voluto che Viganò si dimettesse? Si è dimesso, ma io lo tengo lì lo stesso, e anzi – probabilmente – con più potere di prima; perché avrà il potere sostanziale del rapporto con il Pontefice, ma non la responsabilità formale, che talvolta rappresenta un limite. Come dire: vi ho fatti fessi.

La Chiesa non è una democrazia. Nella Chiesa il massimo di democrazia reale, come in tutti i regni, è dato dal rispetto dei ruoli. Ci sono leggi, ci sono istituzioni (le Congregazioni e gli altri uffici) che con il loro lavoro, regolato dalle leggi, garantiscono memoria e uniformità di governo nella Chiesa e per la Chiesa col passare del tempo e dei pontefici e difendono i diritti di tutti, e della Chiesa stessa. Nessun papa può dire: la Chiesa sono io. Uno stile personale e autocratico come quello dimostrato in questo e altri casi rende vacui i proclami di sinodalità ecc. ecc. strombazzati dai corifanti di Santa Marta.

Un’ultima osservazione: la lettera del Pontefice contiene una notizia: la “fusione” dell’Osservatore Romano. Che cosa significa? La fine della storica testata?
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Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio e dei bergogliani

Messaggioda Berto » ven mar 23, 2018 4:36 pm

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Re: La demenza irresponsabile di Bergoglio e dei bergogliani

Messaggioda Berto » ven mar 23, 2018 4:37 pm

Accoglienza scriteriata, indiscriminata e assoluta dei clandestini e dei nazisti maomettani come la vendita delle indulgenze per guadagnarsi il paradiso, quali analogie?
La prepotenza imperialista e idolatra romana del ricatto e della minaccia di non andare in paradiso dopo morti, contro la libertà dell'uomo di buona volontà e del suo libero arbitrio.




Papa Leone X e Papa Bergoglio Francesco I


Papa Bergoglio Francesco I: "Chi non accoglie non è cristiano e non entrerà nel regno dei cieli"
18/06/2016

http://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/ ... 3YAgP.html

"Chi non accoglie non è cristiano e non sarà accolto nel regno dei cieli". Papa Francesco, nella sua visita a Villa Nazareth nella capitale, è tornato sul tema dell'accoglienza. "Stiamo vivendo in una civiltà di porte chiuse e di cuori chiusi. Ci difendiamo l'uno dall'altro. C'è una paura ad accogliere e non parlo solo di migranti - che è un problema politico mondiale - ma anche di accoglienza quotidiana. Mi fa male - dice Francesco - quando vedo le chiese a porte chiuse. Ci saranno alcuni motivi giustificabili, ma una chiesa a porte chiuse significa che quella comunità cristiana ha il cuore chiuso".

"Se non accogliamo non siamo cristiani e non saremo accolti nel regno dei cieli: è così", sottolinea il Pontefice invitando alla responsabilità sociale ed ecclesiale. È necessario, avverte il Papa, "insegnare e fare capire che questa è la porta della strada cristiana. L'accoglienza fa fruttificare i talenti. C'è la grande accoglienza di chi viene da terre lontane e la piccola accoglienza di chi torna dal lavoro e dopo una giornata di lavoro ascolta i figli. L'accoglienza è una bella croce perchè ci fa ricordare l'accoglienza che il buon Dio ha avuto ogni volta che noi andiamo da lui per consigliarci e chiedere perdono".

Papa Francesco denuncia l'"immoralità" del mondo economico: "Il mondo economico, oggi come è sistemato nel mondo, è immorale. Ci sono eccezioni, c'è gente buona. C'è gente e istituzioni che lavorano contro questo, ma abbiamo capovolto i valori". Nel suo intervento, una nuova denuncia ai trafficanti di armi: "la guerra è l'affare che in questo momento che rende più soldi. Anche per fare arrivare gli aiuti umanitari in paesi di guerriglia è una difficoltà: tante volte la Croce Rossa non è riuscita, ma le armi arrivano sempre, non c'è dogana che le fermi perchè è l'affare che rende di più".

Il Papa tuona contro le "grandi ingiustizie" e dice "dobbiamo parlare chiaro: questo è peccato mortale. Mi indigna e mi fa male quando - ed è una cosa di attualità - vengono a battezzare un bambino e ti portano uno dicendo 'Lei non è sposato in chiesa quindi non può fare il padrino'. E poi ti portano un altro che è un trafficante di bambini e uno sfruttatore, e ti senti dire 'Ah no, lui è un buon cattolico: abbiamo capovolto i valori".


Papa Leone X: La vendita delle indulgenze

In tutti gli Stati dell’Europa, la Chiesa possedeva grandi ricchezze e pretendeva che le fossero donate anche grandi quantità di denaro.Per questo motivo gli Stati erano scontenti.
Nel 1515 papa Leone X, per pagare la costruzione della basilica di San Pietro a Roma, decise di vendere le indulgenze in tutta la Germania.
L’ indulgenza è il perdono dei peccati, perciò chi riceveva l’indulgenza era sicuro, dopo la morte, di andare in paradiso.
I predicatori facevano credere al popolo che non servivano la fede e le buone opere, bastava pagare per ottenere il perdono. Molti fedeli si ribellarono a questa vendita e tra essi c’era il monaco Martin Lutero.



La Riforma protestante - I banchieri Fugger e la vendita delle indulgenze
http://www.viaggio-in-germania.de/rifor ... genze.html

La Riforma protestante è nata con la questione della vendita delle indulgenze con la quale doveva essera finanziata la costruzione della chiesa di San Pietro a Roma. Ma i veri motori di questo gigantesco affare furono i Fugger, i banchieri di Augusta (Augsburg) che, tra il 1500 e il 1550, possedevano un potere economico e politico senza eguali.

Chi erano i Fugger?

La famiglia dei Fugger fu, tra il 1500 e il 1550, la famiglia più ricca d'Europa. Erano banchieri e commercianti che avevano accumulato un'enorme ricchezza e un potere economico senza eguali. Abitavano ad Augusta (Augsburg) in Germania, dominavano tutti i settori dell'economia dell'epoca e possedevano un potere politico che nessun gruppo industriale ha mai avuto, né prima né dopo. Con i loro soldi i Fugger decidevano quando si poteva fare una guerra e quando si doveva concludere la pace, dai loro soldi dipendeva chi poteva essere eletto imperatore, erano loro a finanziare la "Guardia Svizzera", l'esercito privato del Papa. Per mezzo secolo i Fugger furono i veri imperatori nascosti dell'Europa. Forse solo i Medici di Firenze possedevano una simile ricchezza, anche se questi non raggiunsero mai la predominanza che i Fugger ebbero sul commercio e sulla finanza internazionale dell'epoca.


Le indulgenze:

La pratica delle indulgenze era in uso già da parecchi secoli e rappresentava una sorta di condono delle pene che il credente avrebbe dovuto scontare nel Purgatorio. Ai fedeli pentiti, disposti a compiere particolari penitenze (pellegrinaggi, opere meritorie, ma soprattutto donazioni monetarie) il papa concedeva uno "sconto" sulla pena, proporzionato all'importo del denaro dato alla chiesa e certificato in un documento firmato dalle autorità ecclesiastiche. L'indulgenza poteva essere comprata non solo per i vivi ma anche per i defunti.

Di solito i soldi raccolti con le indulgenze avevano un obiettivo dichiarato: p.e. la costruzione di una chiesa o di un monastero. Ma il Papa che poi doveva elargire i soldi ne riceveva di solito non più di un terzo di tutta la raccolta - se andava proprio bene, la metà di tutte le entrate. Prima dovevano essere pagati quelli che organizzavano tutto, i predicatori e quelli che raccoglievano i soldi. C'erano tasse, permessi e anche tangenti da pagare: una campagna di indulgenze era una cosa complessa e costosa e doveva essere preparata con cura. I principi, conti e margravi, i cardinali e gli arcivescovi dei territori nei quali si faceva la vendita degli indulti avevano una loro quota garantita. Anche la banca che alla fine mandava i soldi a Roma si tratteneva una fetta e, non raramente, c'erano anche dei soldi che sparirvano attraverso canali oscuri. Ma anche quel 30 o 50% che arrivava infine a Roma doveva sfamare molte bocche prima che la parte rimente potesse essere investita nello scopo dichiarato ufficialmente.

I Fugger che rappresentavano il più potente alleato del papa a nord delle Alpi furono dei ferventi cattolici: Jakob Fugger, il capo dell'impero economico, comprò per sé e per la moglie parecchi "anni di sconto" su una possibile permanenza in Purgatorio. Era come se quest'uomo, che giudicava tutto e tutti con uno spirito strettamente pragmatico e commerciale, vedesse nella chiesa una specie di impresa assicuratrice per l'Aldilà: pagava dei premi per limitare gli eventuali danni post morte...

Ma il coinvolgimento dei Fugger nella questione delle indulgenze non si limitò certo a questo aspetto "privato". Fu proprio Jacob Fugger che guadagnò, più di qualsiasi altro concorrente in occidente, nel favoloso affare delle indulgenze.

Il commercio delle indulgenze

La vendita delle indulgenze in una incisione dell'epoca
1511 - i preliminari:

Nell'autunno del 1511 un incendio distrusse il duomo di Costanza. Un certo Johannes Zink, l'uomo che i Fugger avevano piazzato a Roma per oliare gli affari con la chiesa, intervenne subito presso il papa Leone X per chiedere il permesso di organizzare una campagna di indulgenze nel sud della Germania, per poter ricostruire il duomo. Visto che i Fugger assicuravano di assumersi tutte le spese di una tale campagna il papa la concesse.

Ma il documento con cui il papa indisse la raccolta dei soldi non fu mandato a Costanza, luogo del disastro e sede della raccolta dei soldi, ma ad Augsburg, nella sede dei Fugger. E i banchieri lo consegnarono ai canonici di Costanza solo quando questi promisero di lasciare loro metà delle entrate. Questa generosa parcella per i banchieri di Augusta avrebbe naturalmente diminuito la quantità di soldi disponibili per la ricostruzione del duomo. Ma Jacob Fugger aveva già pronta una soluzione: sempre attraverso il suo uomo a Roma ottenne dal papa il permesso di allargare l'area della campagna ad altre parti della Germania, per aumentare la quantità di soldi per la ricostruzione del duomo - con l'effetto non indesiderato di aumentare anche il bottino per i Fugger.

E visto che tutto funzionava così bene, i Fugger si inventarono sempre nuovi motivi per chiedere altre indulgenze - che prontamente furono concesse: per la costruzione o ricostruzione di ospedali, chiese e monasteri a Wittenberg, Strasburgo, Norimberga, Vienna, Treviri, Ingolstadt e in molte altre città. La paura del Purgatorio si rivelò sempre di più un gran beneficio anche per le casse dei banchieri di Augusta.

Ma tutto questo erano solo dei preliminari.
Il commercio delle indulgenze

Un'altra incisione che rappresenta il commercio delle indulgenze
1513/1514 - adesso si comincia a fare sul serio:

Il 30 agosto del 1513 Albrecht di Brandeburgo, principe degli Hohenzollern, fu nominato arcivescovo di Magdeburgo. Una settimana dopo un suo fratello divenne amministratore del vescovato di Halberstadt, in Sassonia.

Ma le due nomine avevano bisogno dell'approvazione del papa e questo fu un bel problema, perché queste nomine comportavano l'unione di due vescovati in mano degli Hohenzollern che avrebbero così aumentato notevolmente il loro potere politico. In più, questi due vescovati sarebbero stati guidati da un principino che aveva appena 23 anni, troppo giovane per una carica così importante. Erano in molti a ritenere impossibile l'approvazione della chiesa di Roma. Cosa fare?

La soluzione, come in molti altri casi del genere, fu offerta dai Fugger: dopo dure e difficili trattative condotte da Johann Blankenfeld, un rappresentante degli Hohenzollern, intervenne il solito Zink che versò nelle casse del Vaticano la bella cifra di 1.079 ducati d'oro e, di conseguenza, l'insolito accumulo di incarichi al giovanissimo Albrecht von Brandeburgo non rappresentò più un problema. Il fatto che Blankenfeld fosse imparentato con la famiglia dei Fugger diede sicuramente una mano alla faccenda.

Ma questo fu solo l'inizio. La delegazione degli Hohenzollern non era ancora ritornata a casa quando il 9 febbraio del 1514 morì l'arcivescovo di Magonza, e il più esteso e più importante vescovato al nord delle Alpi si rese disponibile al miglior offerente.

A questo punto il giovane Albrecht di Brandeburgo vide una enorme chance: aumentare ulteriormente il suo potere incamerando anche il più prestigioso arcivescovato della Germania dell'epoca. Ma ci sarebbero serviti molti più soldi di quelli già sborsati. Già il predecessore sul trono di Magonza (il vescovo era anche capo politico del vescovato) aveva speso 21.000 fiorini per comprarsi l'incarico, soldi che naturalmente alla fine dovevano pagare i suoi sudditi. Comunque, alla fine il principe degli Hohenzollern vinse la partita contro il suo concorrente Ludovico del Palatinato: quelli che dovevano eleggere il nuovo arcivescovo di Magonza scelsero chi era più bravo con le promesse e più generoso con le offerte di denaro.

Il vero problema sarebbe stato però di nuovo l'approvazione del papa e questa volta anche il beneplacito dell'imperatore Carlo V. I 29.000 fiorini che i Fugger misero a disposizione degli Hohenzollern per smussare le inevitabili resistenze di Roma furono respinti con disprezzo: si diceva che né il papa né l'imperatore vedevano di buon occhio un tale accumulò di titoli e di potere. Ma la delegazione degli Hohenzollern - e con loro i Fugger che questa volta vollero rimanere anonimi - non mollò. Per due mesi trattarono, offrirono sempre più soldi e alla fine Leone X concesse tutti i titoli e poteri che Albrecht di Brandeburgo aveva richiesto.

I contabili dei Fugger erano persone molto precise, annotavano scrupolosamente tutte le spese fino all'ultimo centesimo. Alla fine calcolarono come "uscita" la bella cifra di 48.236 ducati d'oro*, tangenti e spese varie messe insieme.
* approssimativamente ca. 9 milioni di Euro di oggi

Il commercio delle indulgenze

Albrecht di Brandeburgo, incisione di Albrecht Dürer (1519)
Come far rientrare questa enorme quantità di soldi?

I Fugger avevano anticipato questi soldi e non l'avrebbero certo fatto se non avessero già previsto una concreta possibilità di far rientrare questa enorme cifra - e possibilmente guadagnare anche qualcosa in più.

Dopo altri 4 mesi di serrate trattative a Roma l'ormai triplice vescovo e arcivescovo Albrecht di Brandeburgo tornò a casa con in mano un accordo talmente clamoroso che il suo contenuto fu tenuto segreto per parecchio tempo, per non suscitare le rivolte degli altri principi e vescovi del Sacro Romano Impero: a Albrecht fu concesso il monopolio di gestire in esclusiva per 8 anni una campagna di vendita di indulgenze che si estendeva a quasi metà di tutti i territori dell'impero. Tutte le altre indulgenze già in atto in quel momento per conto di altri gestori dovevano essere immediatamente terminate. Esclusi erano solo i territori in cui - guarda caso - i Fugger avevano già iniziato campagne simili (come per esempio quella per il duomo di Costanza). E come era riuscita la delegazione di Albrecht ad avere una tale incredibile occasione di guadagno dal papa? Naturalmente di nuovo con i soldi. Perché l'abile Zink aveva promesso al papa la metà delle entrate, mentre fino a quel momento il papa aveva ottenuto solo un terzo dei ricavi delle vendite delle indulgenze.

E con la parte che rimase a Albrecht questi dovette pagare i debiti con i Fugger che avevano inoltre il diritto di controllare il corretto svolgimento del commercio con propri commissari, in modo da non perdere neanche un centesimo.
Così ebbe inizio la famigerata campagna di indulgenze...

Così ebbe inizio la famigerata campagna di indulgenze che fece scoppiare la rabbia di Martin Lutero e che infine segnò l'inizio della Riforma protestante.

Ufficialmente tutta la campagna fu chiamata "Indulgenza di giubileo per finanziare la costruzione della chiesa di San Pietro a Roma" e una parte dei soldi (sicuramente molto meno della metà) fu anche usata per questo scopo. Ma il vero motivo per cui era stata iniziata questa gigantesca campagna fu, come si è visto, di carattere molto meno nobile. Alla fine, nelle tasche dei Fugger rientrò tutta la somma anticipata, più il 5% di interessi, ovvero il loro guadagno netto, che i contabili dei Fugger trascrissero fedelmente nei loro libri. E possiamo essere più che sicuri che ci fu anche qualcosa che rimase fuori dai libri contabili dei banchieri di Augsburg.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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