DOVE TRIONFA LA RAGIONENiram Ferretti
14/05/2018
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063 Mentre a Gerusalemme si inaugura l'ambasciata americana, ai confini con Gaza, l'esercito israeliano è alle prese con Hamas e il tentativo dell'organizzazione terroristica figliata dai Fratelli Musulmani e oggi finanziata dall'Iran, di aprirsi un varco nella barriera di metallo che delimita il confine con lo Stato ebraico e di infiltrare terroristi armati al suo interno.
Questa evidenza ci dice chiaramente una cosa soprattutto, che nello stesso momento in cui, grazie alla determinazione dell'attuale amministrazione americana alla Casa Bianca, cioè di Donald Trump, la storia si sta facendo, altrove, a pochi chilometri di distanza, i nemici del progresso, dello sviluppo e della democrazia sono in azione.
Attualmente, il numero dei palestinesi uccisi dall'esercito, uomini che hanno aperto il fuoco, hanno fatto esplodere ordigni esplosivi, hanno cercato di danneggiare la barriera, è di 45. Probabilmente aumenteranno. Hamas capitalizza sulle "vittime". Lo ha sempre fatto, l'ultima volta nel 2014, durante l'operazione Margine Protettivo a Gaza. Sa che può contare sui media occidentali, soprattutto europei, perchè Israele venga esposto al pubblico ludibrio.
Anticipiamo già i titoli delle prossime ore, "Israele spara sui palestinesi", "Massacro a Gaza", "I soldati israeliani sparano su i manifestanti", ecc. Ci siamo abituati. L'Europa, questa Europa che dai primi anni Settanta, subito dopo la vittoria di Israele nella Guerra dei Sei Giorni del 1967, si è piegata al ricatto arabo sul petrolio e ha cercato di contrapporsi sempre più agli Stati Uniti soprattutto a traino franco-tedesco, è la stessa Europa che ha svenduto Israele in nome dell'ideologia palestinista. E' la stessa Europa che ha votato contro la decisione statunitense di dichiarare Gerusalemme capitale di Israele, è la stessa Europa che ha appoggiato le risoluzioni islamiche dell'Unesco intese a cancellare le radici ebraiche dalla storia di Gerusalemme.
E' la stessa Europa che si è fatta sostenitrice a più non posso dell'accordo sul nucleare iraniano voluto da un presidente americano che non ha mai fatto mistero di volere declassare mondialmente il ruolo degli Stati Uniti, facendo della più grande potenza del pianeta un pari inter pares. E' la stessa Europa che vorrebbe fare affari con i mullah iraniani, il cui scopo è quello, se potessero, di annientare Israele.
Il passato e il presente si intrecciano. Viene in mente il gruppo di ministri arabi che il 14 e 15 dicembre del 1973 si presentò a un summit della CEE a Copenaghen e che fece dire a Henry Kissinger, "Deve essere stata la prima volta nella storia che una delegazioni di ministri esteri compaiono non invitati al summit di un continente al quale non appartengono. D'altronde non fu l'allora presidente francese Georges Pompidou a dire sempre a Kissinger nel pieno della crisi petrolifera, "Voi vi basate sugli arabi per un decimo del vostro fabbisogno. Noi dipendiamo da loro interamente"?
Va detto forte e chiaro. Oggi, gli Stati Uniti e Israele compongono agli occhi di questa Europa post identitaria e postnazionalista che non è stata in grado con la UE di darsi una configurazione politica coesa, qualcosa di inammissibile, di inaccettabile. Perchè sono paesi potenti, uno il più potente sul palcoscenico mondiale, l'altro nel Medioriente. Perchè sono paesi con una spiccata identità nazionale, perchè sono paesi che sanno ancora cosa significa essere una patria. L'Europa, nella sua convinzione di essere migliore e superiore, "progressista", di avere superato queste caratteristiche statali che ritiene arcaiche, da archiviare, è la stessa che in nome della sua presunzione di superiorità morale e culturale, ha fatto del palestinismo una delle voci della propria presunta coscienza illuminata.
Ma la ragione, quella vera, che illumina la realtà nelle giuste proporzioni e adegua le cose all'intelletto, non è con i terroristi che si fanno scudo di bambini e di una popolazione stremata e sobillata per cercare di entrare in Israele e commettere massacri. Sì trova a Gerusalemme, dove finalmente, dopo ventitre anni di attesa a seguito di una legge incardinata al Congresso e costantemete rinviata, Gerusalemme combacia con ciò che è politicamente da settanta anni e culturalmente da 3000, la capitale dello Stato ebraico.
Gerusalemme capitale storica sacra e santa di Israele, terra degli ebrei da almeno 3 mila anni.viewtopic.php?f=197&t=2472“Grazie presidente Trump Riconoscendo la storia hai fatto la storia”
14 maggio 2018
David Sinai
http://www.italiaisraeletoday.it/grazie ... -la-storia“Presidente Trump – ha detto Benjamin Netanyahu – riconoscendo la storia, hai fatto la storia, tutti noi siamo profondamente commossi e tutti noi siamo profondamente grati. Grazie, Presidente Trump, per avere il coraggio di mantenere le promesse!”
Sessantanove anni dopo che Israele aveva dichiarato Gerusalemme come sua capitale, e 23 anni dopo che il Congresso degli Stati Uniti aveva approvato una legge che imponeva che Washington trasferisse la sua ambasciata, gli Stati Uniti hanno aperto formalmente l’ambasciata a Gerusalemme.
In un video all’indirizzo dell’assemblea, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha detto che “Israele, come tutte le nazioni sovrane, ha il diritto di nominare la propria capitale. Gli Stati Uniti saranno sempre un grande amico di Israele e un partner nella causa della libertà e della pace.”
Il genero e il consulente senior di Trump, Jared Kushner, è salito sul palco. per dichiarare che “Quando il presidente Trump fa una promessa, la mantiene.Trasferendo la nostra ambasciata a Gerusalemme, abbiamo dimostrato ancora una volta al mondo che ci si può fidare degli Stati Uniti. Noi stiamo con Israele perché crediamo entrambi nella libertà, siamo uniti perché crediamo entrambi nei diritti umani, siamo uniti perché entrambi crediamo nella democrazia e sappiamo cosa è giusto da fare.”
Da sottolineare che Kushner ha ricevuto un clamoroso e fragoroso applauso quando ha menzionato la decisione del presidente Trump di uscire dall’accordo nucleare iraniano, e quando ha reso grazie all’ambasciatore statunitense all’ONU Nikki Haley per il suo duro lavoro.
Io sto con Trump, gli USA e non sono antiamericano.
Sto con Israele e i suoi ebrei e e assolutamente non posso minimamente stare dalla parte dei nazi maomettani chiunque essi siano: palestinesi, arabi, siriani, iraniani, irakeni, egiziani, pakistani, turchi, marocchini, tunisini, algerini, libici, nigeriani, afgani, ...
https://www.facebook.com/Netanyahu/vide ... 5553887076GAZA: PERCHE' È HAMAS E NON ISRAELE AD AVERE LEMANI SPORCHE DISANGUEDi Franco Londei
15/05/2018
https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 1121133610 Se un gruppo terrorista islamico qualsiasi organizzasse una manifestazione al confine con l’Italia mettendo insieme 40.000 scalmanati con l’intenzione di violare i nostri confini e riversarsi nel nostro territorio per compiere attentati, cosa dovrebbe fare l’esercito italiano? Farli entrare comodamente oppure contrastarli con ogni mezzo possibile al fine di difendere la popolazione dai terroristi? Immagino che tutti direbbero che l’esercito italiano dovrebbe difendere i nostri confini.
Ora trasferite questo scenario immaginario lungo il confine tra Israele e la Striscia di Gaza, cambiate lo scenario da immaginario a reale e mettete l’esercito israeliano al posto di quello italiano. Ora avete un quadro chiaro di quanto successo ieri.
Oggi vediamo la stampa internazionale che a titoli cubitali parla di “massacro di palestinesi”, che parla di “risposta sproporzionata” da parte dell’esercito israeliano e che come sempre condanna Israele per aver difeso i propri confini da quello che era a tutti gli effetti un attacco alla sua integrità nazionale. Dicono che Israele ha le mani sporche di sangue.
E no, è una narrazione dei fatti completamente deturpata. Non è Israele ad avere le mani sporche di sangue, quelle ce le hanno gente come Assad, Erdogan e altri dittatori islamici che non per niente sono stati tra i primi a criticare la risposta israeliana, le mani sporche di sangue ce le ha Hamas che ben conscio del fatto che l’esercito israeliano non avrebbe permesso a migliaia di palestinesi di distruggere la barriera di confine ed entrare in Israele, li ha mandati deliberatamente e scientemente allo sbaraglio sperando, si, sperando, in un numero di “martiri” più alto possibile.
Ad Hamas servivano assolutamente un certo numero di “martiri” da spendere nella quotidiana lotta per riacquistare visibilità internazionale e non ha esitato un attimo a usare famiglie, vecchi, donne e bambini per raggiungere l’obiettivo, e questo ben sapendo che forzando la mano dei militari israeliani questi si sarebbero difesi. Missione compiuta con estremo gaudio della stampa internazionale che ormai da troppo tempo non riceveva da Hamas un simile regalo.
Ora, tolto il fatto che quando ci sono vittime civili (ammesso che fossero veramente civili) è sempre una brutta cosa, attaccare Israele e accusarlo di avere le mani sporche di sangue senza guardare minimamente al contesto generale dimostra una profonda malafede da parte di chi lancia queste accuse. Anzi, proprio per il fatto che siano accuse fatte in malafede dimostrano contiguità con i terroristi di Hamas. Ditemi voi se questa è la strada per la pace di cui in tanti si riempiono la bocca.
Informazione Corretta
Riprendiamo dal FATTO QUOTIDIANO di oggi, 14/05/2018, a pag. 8, con il titolo '
Arafat e Abu Mazen hanno rifiutato la pace', l'intervista di Roberta Zunini allo storico Benny Morris.
http://www.informazionecorretta.com/mai ... 0&id=70598 Alle equilibrate risposte di Benny Morris fanno da contraltare le domande faziose di Roberta Zunini, sempre contro Israele. Ecco le due peggiori:
"Perché i palestinesi costretti a fuggire dalle loro case quando venne costituita Israele, non possono esercitare il diritto al ritorno promesso dalle Nazioni Unite? Se i coloni hanno invaso la terra che sarebbe dovuta diventare parte dello Stato palestinese perché gli esuli non possono rientrare?"
"Da più di un mese stiamo assistendo a una reazione sproporzionata dell'esercito israeliano contro migliaia di abitanti di Gaza che chiedono pacificamente di ritornare nelle case dei loro padri e nonni..."
Parole di puro veleno, ma Benny Morris non cade nella trappola e risponde correttamente alla giornalista.
Ecco l'articolo:
Roberta Zunini, giornalismo come menzogna
Benny Morris
Yasser Arafat nel 2000 a Camp David rifiutò la proposta dell'allora premier israeliano Ehud Barack e in seguito Abu Mazen, l'attuale presidente dell'Autorità nazionale palestinese, quella di Ehud Olmert: appare evidente che la dirigenza palestinese non vuole la pace. La questione delle colonie e dell'occupazione sono solo scuse". A settant'anni esatti dalla fondazione di Israele, Benny Morris, il più noto dei cosiddetti "nuovi storici" israeliani, non ha dubbi nell'indicare chi sia il colpevole della morte dei negoziati tra israeliani e palestinesi. Ironia della Storia: fu proprio durante i negoziati di Camp David, quando la delegazione di Tel Aviv sostenne che Israele non aveva alcuna responsabilità nella creazione del problema dei rifugiati, che la delegazione palestinese produsse le copie dei libri dei nuovi storici israeliani per "Oggi l'ambasciata americana viene spostata da Tel Aviv a Gerusalemme. Mi spiace per la contrarietà dell'Italia" suffragare la posizione contraria. La visione sostenuta dai nuovi storici vuole che la fondazione dello Stato d'Israele sia basata su eventi eticamente discutibili, addirittura sulla pulizia etnica, come ancora sostiene Ilan Pappè, un altro noto professore di Storia della stessa corrente. "Purtroppo, come ho detto, anche Abu Mazen ha dimostrato di non volere la pace. Non vedo nessun interlocutore. Di certo non può esserlo Hamas: vuole la distruzione di Israele".
Come può pensare che i palestinesi accettino gli insediamenti considerati anche dalle Nazioni Unite illegali? Le colonie purtroppo sono una realtà, così come l'occupazione. Ma a Camp David c'era ancora ampio margine per trovare un compromesso. Oggi in Cisgiordania vivono mezzo milione di coloni ebrei ed è impossibile che lascino le loro case e attività. Inoltre si stanno espandendo in continuazione.
Perché i palestinesi costretti a fuggire dalle loro case quando venne costituita Israele, non possono esercitare il diritto al ritorno promesso dalle Nazioni Unite? Se i coloni hanno invaso la terra che sarebbe dovuta diventare parte dello Stato palestinese perché gli esuli non possono rientrare? Oltre alle colonie, il diritto al ritorno è da sempre il maggior ostacolo alla pace. La risoluzione dell'Onu approvata in seguito alla nascita di Israele prevede che i palestinesi possano rientrare solo se hanno intenti pacifici. In alternativa era previsto un risarcimento. Ma i leader palestinesi hanno sempre impedito che il popolo esercitasse questo diritto. Altrimenti avrebbero perso potere.
Da più di un mese stiamo assistendo a una reazione sproporzionata dell'esercito israeliano contro migliaia di abitanti di Gaza che chiedono pacificamente di ritornare nelle case dei loro padri e nonni... Ciò che sta avvenendo a Gaza non è una protesta di massa pacifica perché è manipolata da Hamas che vuole distruggere Israele. Si tratta di una vera provocazione per indurre l'esercito israeliano a reagire in modo violento e per guadagnare il consenso dell'opinione pubblica mondiale che ignora le vere dinamiche all'interno della Striscia e vede solo un lato della questione. Ma il vero colpevole è Hamas. La sua intenzione è far cadere la barriera di protezione e far invadere Israele dai due milioni di abitanti della Striscia. Che abbiano intenzioni distruttive lo si vede anche dalle azioni che stanno portando avanti, per esempio lanciare "oggetti incendiari" oltre la barriera allo scopo di bruciare i campi israeliani, come è accadutone i giorni scorsi. Quello che sta avvenendo a Gaza, le marce del ritorno, non sono cortei pacifici, perché dietro c'è Hamas.
Ma se anche avessero intenzioni pacifiche, crede che le autorità israeliane, ora e in futuro, potrebbero accettare il ritorno dei profughi? L'attuale governo e la nazione stanno andando sempre più a destra come forma di reazione all'aumento della radicalizzazione dei musulmani palestinesi e a causa dell'aumento demografico degli ebrei ortodossi e dei sefarditi che sono tradizionalmente conservatori. Se i profughi tornassero, avverrebbe un sovvertimento in grado di mettere in pericolo l'essenza ebraica di Israele.
Crede sia possibile una guerra tra Israele e Iran? L'Iran è molto pericoloso perchè è guidato dagli ayatollah, che hanno il controllo economico e militare. Potrebbe scoppiare una guerra tra Israele e Iran, ma più probabilmente Israele continuerà a bombardare le basi militari iraniane che sono state costruite in Siria perché l'obiettivo di Teheran è rendere questo paese al confine con Israele una succursale dell'Iran. Un obiettivo che non fa piacere nemmeno alla Russia. E Israele non può permettere, per la propria incolumità che, oltre al Libano, dove governa il partito armato sciita Hezbollah, anche Damasco si trasformi in una piattaforma per ammassare armi con cui ricattarci.
Cosa ne pensa dell'accordo sul nucleare smantellato da Trump? Era un pessimo accordo perché valido solo fino al 2025 e non teneva conto dello sviluppo in corso della flotta di missili balistici iraniani.
Oggi è il giorno del controverso spostamento dell'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme... Gerusalemme è la capitale di Israele, mi dispiace per la contrarietà di Italia e resto d'Europa.
Sponda da Hezbollah e Iran: ora si teme l'"onda" islamicaMondo arabo in subbuglio. Abu Mazen: «Colonialisti»
Roberto Fabbri - Mar, 15/05/2018
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 27030.htmlLa protesta palestinese ai confini di Gaza sfocia in un massacro annunciato e - altrettanto annunciata - arriva l'interessata solidarietà dei nemici di Israele.
Dalla Turchia all'Iran fino agli assatanati di Al Qaida il mondo musulmano è in tumulto e sia pure nella varietà dei toni il messaggio è comune: se decine di giovani palestinesi sono stati falciati dalle pallottole israeliane mentre cercavano di varcarne il confine la colpa è solo di Israele e non di chi - leggi Hamas - li ha mandati (minorenni inclusi) a compiere un atto violento e illegale che non poteva restare senza conseguenze. Questo tumulto ha tutta l'aria di essere funzionale a ulteriori sviluppi violenti destinati a far coincidere il settantesimo anniversario della fondazione di Israele con una rivolta araba.
I segnali non mancano. La Turchia denuncia il «terrorismo di Stato» che Israele starebbe esercitando nel difendere i suoi confini, chiama gli Usa «corresponsabili del massacro» e il suo ministro degli Esteri Mevlut Çavusoglu esorta la Lega Araba e l'Organizzazione della cooperazione islamica a «prendere misure congiunte» per difendere la causa palestinese. Il Kuwait, attualmente membro non permanente del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, chiederà una riunione d'urgenza. L'Iran attacca contemporaneamente «il regime israeliano autore di un massacro nella più grande prigione a cielo aperto del mondo», Donald Trump che inaugura a Gerusalemme «la sua ambasciata illegale, e «i suoi collaboratori arabi che si muovono per distogliere l'attenzione». Nelle stesse ore Hezbollah, la milizia sciita libanese armata e finanziata da Teheran, si muove per distogliere l'attenzione dai suoi sostenitori iraniani e rivendica l'attacco contro il Golan israeliano della settimana scorsa. «Abbiamo lanciato 55 missili per far capire a Israele che non può colpire impunemente - ha detto il leader del «partito di Dio» Hassan Nasrallah - e il prossimo attacco sarà nel cuore della Palestina occupata».
Il numero uno dell'Anp attacca a testa bassa gli americani: l'ambasciata trasferita a Gerusalemme altro non è che «l'avamposto dei colonizzatori». Nei prossimi giorni sicuramente la febbre della collera nel mondo arabo e musulmano non farà che salire: c'è voluto il sangue di decine di palestinesi per riaccendere una solidarietà che negli ultimi tempi si era andata affievolendo. La crisi si svilupperà su tre piani distinti. Quello diplomatico, quello delle violenze di piazza (probabilmente integrate da qualche atto provocatorio da parte di Hezbollah o dello stesso Iran), e quello del terrorismo islamico. Che non è solo quello istituzionalizzato di Hamas, ma anche quello della rediviva Al Qaida, il cui leader Ayman al-Zawahiri si è rifatto sentire per chiamare alla guerra santa contro gli Stati Uniti. Donald Trump, ha detto Zawahiri da tempo relegato alla marginalità, ha svelato il vero volto della Crociata moderna, e i dirigenti dell'Autorità nazionale palestinese si dimostrano «dei venditori del loro Paese». La risposta è la solita, l'unica che Zawahiri conosce: guerra santa fino al trionfo dell'islam.
Il leader di Al-Qaeda: riconquistare Gerusalemme e anche Tel Avivgiordano stabile
http://www.lastampa.it/2018/05/14/ester ... agina.html In un audio intitolato «Anche Tel Aviv è una terra dei musulmani» il leader di Al-Qaeda, Ayman al-Zawahiri, interviene sul trasferimento dell’ambasciata Usa a Gerusalemme. Il leader di Al-Qaeda attacca i Paesi islamici che hanno «di fatto riconosciuto Israele quando hanno sottoscritto la Carta dell’Onu che obbliga al rispetto dell’integrità territoriale degli Stati membri», quindi anche dello Stato ebraico: «Molti hanno stabilito rapporti ufficiali o segreti con Israele e accettato Tel Aviv o Gerusalemme Ovest come sua capitale, anche se sono terre islamiche e nessuno può accettare che sia cedute agli ebrei».
«Crociata americana»
Al-Qaeda si inserisce così nella scontro su Gerusalemme e cerca di mettere in difficoltà i governi arabi del Golfo. Il medico egiziano che ha assunto la guida di al-Qaeda dopo l’uccisione nel 2011 del suo fondatore Osama bin Laden, ha aggiunto che l’Autorità nazionale palestinese è fatta di «venditori della Palestina» e ha esortato appunto i suoi adepti a prendere le armi. Il presidente Usa Donald Trump «è stato chiaro ed esplicito e ha svelato il vero volto di una crociata moderna». Con lui non funziona la riconciliazione ma solo la resistenza, tramite la jihad.
Anche Erdogan si schiera
Se i Paesi arabi del Golfo hanno tacitamente accettato la mossa americana, su posizioni più rigide si è espresso il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan. «Gerusalemme Est è la capitale della Palestina», ha ribadito durante la sua visita a Londra, «nonostante i passi intrapresi» per riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele. Il leader turco ha ricordato che all’Assemblea dell’Onu 128 Paesi si sono espressi contro il trasferimento dell’ambasciata.
Timori di scontri
Decine di migliaia di israeliani hanno marciato ieri a Gerusalemme, in un clima di orgoglio nazionale, alla vigilia dell’apertura dell’ambasciata americana in programma per oggi, in coincidenza con il 70esimo anniversario della fondazione dello Stato di Israele. Domani i palestinesi commemorano la Nakba, cioè la «catastrofe» che per loro ha rappresentato la proclamazione di Israele. Sono attese proteste palestinesi.
Dopo 61 morti a Gaza, Hamas chiama all'Intifada contro IsraeleLucio Di Marzo - Mar, 15/05/2018
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/isr ... 27161.html Gli islamisti vogliono un'insurrezione. Netanyahu vede i vertici della sicurezza
È un nuovo appello all'Intifada quello che arriva dal movimento islamista di Hamas all'indomani dell'uccisione di 61 palestinesi da parte dei soldati israeliani mandati a tenere sotto controllo le manifestazioni organizzate sul confine con Gaza.
''La reazione naturale alla morte delle persone che stavano protestando pacificamente dovrebbe essere una Intifada araba e islamica'', tuona il numero due del gruppo che controlla la Striscia, Khalil al-Hayya, secondo il quale non c'è che una risposta possibile a quanto avvenuto nel giorno in cui Israele celebrava il suo 70esimo anniversario e lo spostamento dell'ambasciata degli Stati Uniti da Tel Aviv a Gerusalemme.
Sono circa 40mila le persone che ieri sono scese in strada a manifestare, almeno 1.200 quelle che sono rimaste ferite dal fuoco israeliano, che vanno a sommarsi ai 61 morti, tra i quali ci sono anche otto minorenni. ''La risposta palestinese deve essere chiara a Gaza e in Cisgiordania. Non c'è altra scelta, se non mettere a fuoco e fiamme Gaza e la Cisgiordania in risposta di quello che è successo'', ha aggiunto al-Hayya.
Nella notte il premier israeliano Benjamin Netanyahu vedeva i vertici di sicurezza, per preparsi a scontri e violenze che sembrano una possibilità concreta oggi, nel giorno della Nakba, in cui i palestinesi ricordano la sconfitta nella prima guerra arabo-israeliana. Le sirene sono tornte a suonare nella regione meridionale di Eshkol, lungo il confine con Gaza. Solo un falso allarme, che ha portato però centinaia di persone a cercare rifugio contro un possibile attacco da parte di Hamas.
Le reazioni a quanto accaduto ieri sono arrivate da tutto il mondo islamico, con in prima fila la Turchia, da tempo vicina ad Hamas e generalmente ostile a Israele. Mentre Erdogan richiamava per consultazioni gli ambasciatori a Tel Aviv e Washington, è stata annunciata un grande manifestazione a Istanbul per venerdì, a conclusione di tre giorni di lutto nazionale.
Oggi anche l'Irlanda ha convocato l'ambasciatore israeliano. "Le forze letali dovrebbero essere usate soltanto come misura estrema, non come prima misura", ha commentato l'Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni unite, Rupert Colville.