Io sto con Israele e i suoi ebrei

Re: Io sto con Israele e i suoi ebrei

Messaggioda Berto » dom mag 13, 2018 9:00 pm

Ignobili accoppiate: Gideon Levi e Avvenire, Camille Eid e Repubblica

Informazione Corretta
Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 13/05/2018, a pag.9 due servizi che fanno il paio con quelli di Repubblica, peggiori, anche perchè nella disinformazione si può essere primi o gregari. Questi ultimi sono in questo caso Francesca Ghirardelli e Camille Eid.

http://www.informazionecorretta.com/mai ... 0&id=70577

Francesca Ghirardelli: " Mai stati così lontani dalla pace "

Chi è andata a intervistare la Ghirardelli? Gideon Levy, uno dei più scatenati oppositori del governo, scrive su Haaretz, in Italia lo pubblica Internazionale, la versione settimanale dl Manifesto. Se Israele seguisse i consigli di Levy non ci sarebbe più bisogno della bomba nucleare iraniana, si autodistruggerebbe da sola. Per questo Avvenire l'ha fatto intervistare.

« Mai siamo stati così lontani dal raggiungimento della pace»: lucido e inesorabile, è questo il giudizio del giornalista israeliano Gideon Levy, da trent'anni penna (e coscienza) critica d'Israele dalle colonne del quotidiano Haaretz. In Italia per partecipare al Bergamo Festival Fare la Pace, gli abbiamo chiesto quale atmosfera si respiri nel suo Paese, nel Settantesimo anno dalla fondazione, evento che i palestinesi definiscono invece come la loro «catastrofe», la Nakba. In vista del controverso anniversario, da sette settimane gli abitanti di Gaza manifestano rabbia e frustrazione lungo il confine. Quasi cinquanta i morti, fino ad ora. «La maggioranza degli israeliani ha poco interesse per quanto accade a Gaza. Per i miei connazionali chi manifesta laggiù è un terrorista. Non esiste alcuna discussione pubblica sulle uccisioni né sull'uso di munizioni vere da parte dell'esercito israeliano contro manifestanti disarmati. Il lavaggio dei cervelli è così efficiente che temi come questi non sono nemmeno sul tavolo». Se i palestinesi protestano nell'anniversario della loro «catastrofe», lei ha parlato anche di una Nakba israeliana, quella seguita all'occupazione militare del '67: una vittoria-catastrofe che ha minato la vostra identità. Certo, perché quando si fonda un Paese su un terreno problematico dal punto di vista morale, quando lo si costruisce sull'espulsione di centinaia di migliaia di persone, si sa bene che le fondamenta non sono solide, ma precarie. Molti israeliani vivono negando quanto è avvenuto, anche se, nel profondo, credo sappiano che qualcosa è andato (e continua ad andare) storto. L'analista del quotidiano israeliano Haaretz è critico sulla scelta della Casa Bianca: Washington dichiara la morte definitiva dell'opzione dei due Stati La comunità internazionale insiste con la soluzione di due Stati distinti: è ancora realizzabile? Il fatto che ancora si menzioni quest'ipotesi mostra quanto poco interesse esista nel raggiungere un accordo. Sentiamo l'Ue farvi riferimento, malgrado sappia che quella via non è più percorribile. Sono parole vuote che mostrano la mancanza di una vera volontà di porre fine all'occupazione. Ulteriore ostacolo è il trasferimento dell'ambasciata Usa a Gerusalemme: che conseguenze avrà? Con questa decisione gli Stati Uniti dichiarano la morte definitiva proprio dell'opzione dei due Stati: gli americani sanciscono l'appartenenza di Gerusalemme ai soli ebrei, senza nemmeno menzionare i palestinesi. Da trent'anni lei racconta l'occupazione della Palestina: davvero la pace è più lontana che mai? Assolutamente sì. Oggi la situazione si è deteriorata non solo a causa di Israele, ma anche perché i palestinesi sono deboli, divisi e senza leadership come mai era accaduto prima. Il resto del mondo ha perduto interesse nella ricerca di una soluzione e alla Casa Bianca c'è Donald Trump. La combinazione di questi elementi ci conduce al punto più distante mai raggiunto non dico dalla pace, ma da una soluzione qualsiasi. Da dove ripartire, allora? L'unica speranza è nella comunità internazionale, perché il cambiamento non avverrà certo all'interno di Israele. Per gli israeliani non c'è ragione di cambiare: Israele è forte, economicamente prospero e la vita che vi si trascorre, per loro, è meravigliosa. C'è, invece, da chiedere alla comunità internazionale se davvero continuerà a tollerarlo, sostenerlo, finanziarlo.



Camille Eid: "L'ambasciata Usa a Gerusalemme nel maggio più pericoloso dal 1967"

Camille Eid, per festeggiare il 70° compleanno di Israele, descrive l'Iran come un paese sotto la minaccia di Israele, quando è vero il contrario. Manipola poi la dichiarazione di un ex capo del Mossad, dandone una interpretazione che non corrisponde alle intenzioni di chi le ha pronunciate. La perla: scrivere "Stato ebraico" con le virgolette! Si dia una calmata il signor Eid, insieme al direttore di Avvenire, perchè non prendete atto della realtà e la piantate lì ?

Alta tensione in vista, domani, del 70esimo anniversario della nascita di Israele e della contemporanea apertura dell'ambasciata Usa a Gerusalemme. In serata si sono registrati anche raid aerei contro un tunnel di Hamas nel nord della Striscia di Gaza dopo gli scontri di venerdì con i palestinesi e la chiusura del valico di Kerem Shalom. Mentre gli Usa stanno rafforzando la sicurezza delle sedi diplomatiche nei Paesi islamici. Tanto più che il trasferimento avverrà a pochi giorni dal ritiro Usa dall'intesa nucleare con l'Iran. Decisione sostenuta da Israele. E proprio da Teheran ieri, è arrivata un'altra minaccia. Il portavoce dell'esercito ha affermato: «Se Israele sarà così irresponsabile da attaccarci, raderemo al suolo Tel Aviv». Questione capitale Gli americani blindano le sedi diplomatiche nell'aerea. Videomessaggio di Donald Trump, che manda Ivanka e Kushner all'inaugurazione. Teheran alza i toni: Il conto alla rovescia era iniziato qualche settimana fa, quando la stampa internazionale aveva definito maggio «il mese di tutti i rischi» per la sequenza di eventi in programma: le elezioni in Libano con la conferma di Hezbollah come forza ineludihile; il ritiro (poi verificatosi) degli Stati Uniti dall'accordo nucleare con l'Iran; il trasferimento domani dell'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme in occasione del 70esimo anniversario della proclamazione dello Stato di Israele e la commemorazione martedì della Nakha, la «catastrofe» palestinese del 1948. Il tutto su uno sfonIn un primo tempo, si era ventilata la partecipazione di Donald Trump all'apertura della nuova rappresentanza. Due giorni fa, però, Washington ha annunciato che il presidente non andrà.Al suo posto, una delegazione di cui faranno parte anche la figlia, Ivanka, e il genero, Jared Kushner, considerato il principale ispiratore del "trasloco", oltre al vicesegretario di Stato, John Sullivan. Trump, però, invierà un videomessaggio. L'ambasciata sarà provvisoriamente ospitata nei locali di quello che era il consolato americano, in attesa della costruzione di un nuovo edificio. Son continui scontri sui confini con Gaza e di sempre più frequenti raid israeliani contro le postazioni iraniane in Siria. «Quando guardo la sequenza che si annuncia — aveva dichiarato all'inizio del mese il generale di riserva Amos Yadlin, direttore dell'Istituto di studi sulla sicurezza nazionale — mi dico che Israele non ha conosciuto un maggio altrettanto pericoloso dal 1967 o dal 1973». E il paragone, fatto da questo ex dirigente dei servizi segreti israeliani, non è casuale. Come alla vigilia della guerra dei Sei Giorni, il Medio Oriente sembra ancora una volta vicino a un terremoto geopolitico, a una ridefinizione di nuovi equilibri tra i suoi numerosi aspiranti protagonisti. Oltre ad Israele e all'Iran, che competono a suon di minacce reciproche per il primo posto in tribuna, premono con insistenza Turchia e Arabia Saudita seguiti, a debita distanza, da Egitto e Qatar. Lo scacchiere è invece rappresentato da un insieme di Paesi fiaccati o contagiati dai conflitti in corso: in primis la Siria o meglio le "Sirie", in cui ogni attore regionale e internazionale cerca ormai di ritagliarsi, direttamente o per procura, una zona di influenza. E poi il Libano, l'Iraq, lo Yemen (l'Arabia Infelix), i Territori palestinesi e pure il Kurdistan siriano e iracheno il cui soffocamento sul nascere del desiderio di indipendenza incontra il consenso di diversi burattini e burattinai. L'epicentro di questa attesa scossa sarà purtroppo Gerusalemme. La Città Santa, l'"Umbilicus Mundi", si rivela essere ancora un nodo insormontabile, una fonte di disaccordi oltre che di frustrazioni per tutti i mediatori che hanno voluto passare alla Storia come gli artefici della soluzione definitiva del conflitto. Rivendicata, almeno nella sua parte orientale (alQuds), come capitale del loro futuro Stato, "Yerushalayim" è già stata proclamata unilateralmente nel 1980 come «una e indivisibile, capitale eterna di Israele». Laddove i suoi predecessori hanno fallito, il presidente Trump vuole riuscire proponendo quello che egli stesso ha chiamato «the ultimate deal», l'accordo definitivo. L'elaborazione dell'accordo è stata affidata a tre alti consiglieri dell'amministrazione: il genero Jad Kushner, l'inviato Jason Dov Greenblatt e l'ambasciatore Usa in Israele David Friedman, tutti dichiaratamente filo-israeliani che possono minare in partenza la credibilità del ruolo di mediazione americana nel conflitto. Secondo rivelazioni diffuse due settimane fa dal Canale 2 della tv israeliana, il piano americano sarà annunciato poco dopo il trasferimento dell'ambasciata Usa a Gerusalemme e comprenderà dettagliate soluzioni ai nodi del conflitto, dai confini alle colonie in Cisgiordania, e dalla sorte dei profughi palestinesi alla sicurezza. «Il deal del secolo», come viene definito dalla stampa araba, ha ancora dei contorni approssimativi e sembra prevedere un ritiro graduale dell'esercito israeliano dalla Cisgiordania, ma con il mantenimento di Tsahal lungo il Giordano e l'annessione a Israele di una parte degli insediamenti ebraici (si parla di Ariel, Gush Etzion, Maale Adumin), e infine la proclamazione di uno Stato palestinese demilitarizzato e con sovranità limitata, e il riconoscimento di Israele come «Stato ebraico». Obiettivo del piano americano, sostengono gli analisti, è rimuovere il principale ostacolo alla creazione di un'alleanza arabo-israeliana in funzione anti-iraniana. A caldeggiare tale alleanza ci sarebbe l'immancabile Mohammed bin Salman, l'erede al trono dell'Arabia Saudita che ha accolto con entusiasmo la decisione di Trump di ritirarsi dall'accordo nucleare con Teheran. Nessuno intende affermare che il processo di pace stesse procedendo bene tra palestinesi e israeliani (è infatti bloccato da anni), ma con la loro mossa, gli Stati Uniti creano una situazione esplosiva, ben peggiore di quella a cui volevano trovare una soluzione.
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Re: Io sto con Israele e i suoi ebrei

Messaggioda Berto » gio mag 17, 2018 6:33 am

I DOLENTI DELLA MORTA GORA
Niram Ferretti
3 maggio 2018

Quivi venimmo; e quindi giù nel fosso
vidi gente attuffata in uno sterco
che da li uman privadi parea mosso...

Inferno, Canto XVIII

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Qualcuno in Europa, pochi a dire il vero, si è scandalizzato per il fatto che il vecchio boss di Ramallah, il "moderato" Abu Mazen abbia infarcito il suo ultimo show durante la convocazione del Consiglio Nazionale Palestinese, di topoi antisemiti di conio scrostato assai. Per lui gli ebrei si sono autoinflitti la Shoah esercitando l'usura. Non esistono gli ebrei perchè discenderebbero dai Khazari (vecchia tesi di pseudoscienza propagata da Arthur Koestler e ripresa da Shlomo Sand), ecc.

Sarebbe bastato ripercorrere la storia di questo vecchio filibustiere per sapere che nel 1982 debuttò a Mosca con una tesi negazionista sulla Shoah, e che da allora ha sempre coltivato un vecchio e demenziale convincimento: che Hitler fosse un entusiasta assertore del sionismo.

La realtà è, il più, delle volte molto esplicita davanti ai nostri occhi, solo che per una serie di motivi, opportunistici, dovuti a deficit cognitivo, ad accecamento ideologico, e altro, si preferisce non vederla.

"Il più pulito", dice un vecchio adagio, in riferimento a gente poco raccomandabile, "ha la rogna". E bisogna dire che cominciando negli anni '20 con il Mufti filonazista di Gerusalemme, Amin Al Husseini, continuando con il lord of terror Yasser Arafat e arrivando ad Abu Mazen, lo spaccato antopologico fornito dalla dirigenza palestinese fa apparire i mafiosi de Il Padrino come galantuomini ottocenteschi.

Ma tanto è. Di meglio non si è saputo trovare. Se si guarda fuori dalla Cisgiordania si incontra infatti, a Gaza, l'altra realtà palestinese, costituita dai goodfellas di Hamas, ragazzi tutti casa moschea e jihad. Gente che lancia in volo deliziosi aquiloni ornati di svastiche collegati a bombe incendiarie quando non usa la svastica per cornonare la bandiera palestinese, scippata alla Giordania, essendo la nazione palestinese un'entità altrettanto reale come la Laputa di Johnatan Swift. Con la differenza che gli abitanti di Laputa non si facevano esplodere mei caffè, sugli autobus e nei ristoranti. Ma queste sono, fortunatamente per Israele, cose del passato, perchè la sicurezza ha fatto nel frattempo grandi passi avanti.

Tornando al vecchio Abu, bisogna dire che siamo alle comiche finali, quelle antisemite, ma ognuno ha il proprio stile e il suo è questo. Il suo regno è nella fase crepuscolare. Chi verrà dopo non si sa, ma non ha grande importanza dopotutto.

Sì, alla fine si può dire che questa bella gente che gode di un robusto sostegno qui in Europa, appartiene a un mondo terminale, a una "lotta" che non interessa più nessuno se non una compagnia di freaks che va, in Italia, da Vauro a Moni Ovadia, agli "antifascisti" propal che il 25 aprile urlano "assassini" contro chi porta in corteo le insegne della Brigata Ebraica.

Tutto questo è così lontano dalla realtà e dalla verità, da Israele che avanza a passi ampi nel futuro, forte di tecnologia, intelligenza, intraprendenza. Ma loro la realtà e il futuro, il progresso e la felicità, li hanno sempre odiati. Dentro la morta gora in cui hanno deciso di abitare ci sono solo pianto, urla, e stridor di denti.




Israele, palestinesi pronti a insorgere contro ambasciata Usa a Gerusalemme. Con Trump si schierano 4 Paesi europei
13 maggio 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... ei/4353029

Freme Israele, protestano i palestinesi per l'inaugurazione della nuova sede diplomatica Usa che Trump ha deciso di spostare nella Città Santa riconoscendone di fatto possesso e l'autorità solo agli israeliani. Si temono scontri, militari in allerta. E quattro Paesi dell'Unione europea su 28 vanno a dare manforte presenziando alla cerimonia di lunedì: sono Austria, Romania, Repubblica Ceca e Ungheria

Festeggiamenti, diplomazie e proteste. Una cappa di tensione tra appuntamenti incendiari è calata a Gerusalemme e nei Territori palestinesi, in vista dell’inaugurazione della nuova ambasciata degli Stati Uniti nella città contesa e di una settimana di proteste palestinesi potenzialmente esplosiva. Nella Città Santa oggi migliaia di israeliani e sostenitori dello Stato ebraico provenienti dall’estero marceranno all’insegna di bandiere con la stella di David, andando fino al muro del pianto nella Città vecchia. Solo il primo atto di una settimana fitta di appuntamenti potenzialmente incendiari e carichi di significati simbolici, in occasione dell’anniversario della conquista di Gerusalemme Est da parte dell’esercito israeliano nel 1967: quella che gli israeliani chiamano la “riunificazione” della città.

Sono 4 i Paesi dell’Unione europea, su 28, che presenzieranno alla cerimonia di lunedì che sancisce il passaggio dell’ambasciata americana in Israele da Tel Aviv, dove è stata finora, a Gerusalemme, dopo la decisione presa dal presidente Donald Trump. All’inaugurazione della nuova sede ci saranno i rappresentanti diplomatici di Austria, Romania, Repubblica Ceca e Ungheria. Lo ha reso noto il ministero degli Esteri israeliano. La linea della maggior parte dei Paesi Ue è quella che riconosce Gerusalemme capitale di due Stati, e quindi di opposizione alla scelta di Trump di riconoscere la città capitale solo di Israele.

Martedì i palestinesi commemorano la nakba, la catastrofe che la proclamazione dello Stato israeliano ha rappresentato per loro, con il relativo esodo dalle terre un tempo possedute. Israele si prepara ai festeggiamenti sotto il segno dell’alleanza con gli Usa, dopo una settimana caratterizzata dall’uscita degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare con l’acerrimo nemico Iran, da un’operazione senza precedenti contro obiettivi iraniani in Siria, dalla vittoria di Netta Barzilai a Eurovision. Ma i palestinesi potrebbero mobilitarsi massicciamente nelle proteste in programma nella Striscia di Gaza, che rischiano di finire in un bagno di sangue.

Le forze israeliane sono in stato di allerta alta. L’esercito ha annunciato che raddoppierà i soldati dispiegati attorno alla Striscia di Gaza, controllata da Hamas e sotto blocco israeliano da oltre 10 anni. La Cisgiordania, distante poche decine di chilometri, è occupata dall’esercito di Israele da oltre 50 anni. L’enclave costiera dal 30 marzo è scenario della Marcia del grande ritorno dei palestinesi, in cui migliaia di persone si sono radunate in varie giornate lungo il confine con Israele, segnato dalla barriera di separazione. Rivendicano così il diritto a tornare nelle terre da cui furono cacciati o da cui dovettero fuggire nel 1948, e si oppongono al blocco. Da domani si entrerà nella fase più calda delle proteste, in parallelo all’inaugurazione dell’ambasciata americana a poche decine di chilometri di distanza. Il timore delle forze di Israele è che i manifestanti tentino di sfondare la barriera di separazione. Oggi il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, è andato al Cairo per colloqui, secondo alcune voci perché l’Egitto starebbe tentando di mediare per calmare la situazione. Dal 30 marzo, i palestinesi uccisi dai soldati israeliani nella Striscia di Gaza sono stati 54, mentre tra gli israeliani non ci sono state vittime o feriti. Ma l’esercito israeliano è pronto anche a violenze a Gerusalemme e in Cisgiordania.

La tensione è salita di nuovo nella regione il 6 dicembre scorso, quando il presidente americano Donald Trump ha annunciato il riconoscimento di Gerusalemme come capitale d’Israele e il trasferimento dell’ambasciata. Israele ha visto in questa rottura con decenni di diplomazia americana e con il consenso internazionale la presa d’atto di quella che considera una realtà storica: “Gerusalemme è citata 650 volte nella Bibbia, per una semplice ragione: da 3mila anni, è la capitale del nostro popolo e solamente del nostro popolo”, ha detto il premier, Benjamin Netanyahu. I palestinesi vedono invece nella decisione di Trump la negazione delle loro rivendicazioni sulla città contesa e l’apice della posizione presa dalla Casa Bianca, sempre più pro-Israele. Vorrebbero infatti fare di Gerusalemme Est la capitale dello Stato cui aspirano. Hanno quindi sospeso le relazioni con le autorità americane, rifiutando di considerarle come mediatori. L’ambasciata americana, provvisoriamente ospitata dai locali dove si trovava il consolato americano in attesa della costruzione di una nuova sede, si aprirà senza Trump. Ci saranno invece la figlia e consigliera Ivanka, il marito e consigliere Jared Kushner, il vice segretario di Stato John Sullivan e il segretario al Tesoro Steven Mnuchin. Trump interverrà tuttavia in video collegamento davanti agli 800 invitati.
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Re: Io sto con Israele e i suoi ebrei

Messaggioda Berto » gio mag 17, 2018 6:34 am

Tornano i cortei dell'odio in centro. E i bimbi al megafono invocano l'intifada
Alberto Giannoni - Dom, 13/05/2018

http://www.ilgiornale.it/news/milano/to ... 25939.html


Nella manifestazione contro Israele, i cori guidati dalle grida di due piccoli

Tornano i cortei dell'odio, tornano i cori pro intifada nel centro di Milano. E stavolta a scandire gli slogan al megafono vengono chiamati anche i bambini.

Un'altra manifestazione anti-Israele attraversa la città, a 5 mesi di distanza dal sit-in di dicembre, quello che in piazza Cavour fece risuonare indisturbati anche cori jihadisti e antisemiti che provocarono reazioni indignate quanto effimere (nonostante i discorsi di rito nei Giorni della memoria). Invettive violente contro gli Usa e contro lo Stato ebraico risuonano anche in questo pomeriggio, da Porta Venezia a piazza Scala.

I partecipanti non sono molti. Gli agenti ne contano circa 200, in gran parte italiani, anche perché stavolta fedeli e leader dei centri islamici non si vedono, o preferiscono girare alla larga, memori forse dell'imbarazzo creato da quei cori anti-ebraici, che furono condannati anche dalla sinistra e - su richiesta della Comunità ebraica - perfino dal sindaco, sebbene in forma piuttosto rituale e omissiva. Cinque mesi dopo sono meno numerosi dunque, ma altrettanto arrabbiati. Per lo più militanti di estrema sinistra, acerrimi nemici ideologici di Stati Uniti come di Israele. Tanto ostili da invocarne la «distruzione», come si legge in un volantino firmato dal Partito comunista dei lavoratori, una delle mini-formazioni nate nell'alveo dell'ultrasinistra. Bandiere rosse e vecchi militanti comunisti, reduci ideologici di un passato che non torna più. In piazza c'è lo stesso fronte dell'odio che anima abitualmente la contestazione alla Brigata ebraica nel giorno della Liberazione; lo stesso che promuove deliranti iniziative come quella che un mese fa è stata celebrata all'università Statale (suo malgrado), contro il Giro d'Italia a Gerusalemme. Sventolano le bandiere rosse dei «Carc», insieme a quelle di fantomatici partiti comunisti e a quelle del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina , formazione di ispirazione marxista-leninista. Il paradosso è che i gruppuscoli tardo-comunisti italiani si trovano su questo fronte idealmente alleati con l'islamismo che in piazza confonde regolarmente e drammaticamente politica e religione. È accaduto proprio questo a Milano, negli ultimi anni. Era una manifestazione sulla Palestina» quella che nel 2009 finì con l'ormai storica preghiera sul sagrato di piazza Duomo. Ed era una manifestazione identica a quella di ieri - stessi promotori-stesso percorso - quella che il 16 dicembre portò due imam milanesi a scatenarsi in un'invettiva al megafono, in piedi su un furgoncino. Una settimana prima, il 9 dicembre, in un sit-in analogo, erano stati scanditi gli slogan jihadisti e antisemiti : le stesse sigle che a dicembre protestavano per lo spostamento dell'ambasciata americana a Gerusalemme, stavolta si sono ritrovate per chiedere «la liberazione di tutti i prigionieri palestinesi», il «diritto al ritorno dei profughi» e la «fine dell'occupazione sionista». E oltre alle tirate ovviamente unilaterali e faziose, oltre alle fantasie su «genocidi, pulizia etnica e persecuzioni», insieme a una miriade di insulti diretti a Israele, definito Stato «criminale, terrorista, fascista», la novità del giorno sono gli slogan scanditi al megafono da un paio di bambini: «Un sasso qua e un sasso là» e «intifada fino alla vittoria». Una scena che induce a tenerezza e preoccupazione i passanti, indifferenti o increduli.
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Re: Io sto con Israele e i suoi ebrei

Messaggioda Berto » gio mag 17, 2018 6:34 am

Lunedì 14 maggio prossimo io veneto indipendentista festeggio con Israele e i suoi ebrei
viewtopic.php?f=197&t=2770

Il 14 maggio prossimo io festeggio con Israele e i suoi ebrei, i 70 dello stato israeliano del popolo ebraico, la sua dichiarazione d'indipendenza, Gerusalemme capitale ed il trasferimento dell'ambasciata USA da Tel Aviv a Gerusalemme.
https://www.facebook.com/groups/2376236 ... 1898605223
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Re: Io sto con Israele e i suoi ebrei

Messaggioda Berto » gio mag 17, 2018 7:09 am

Quello spirito di Israele fatto di sangue e genio adesso vive nei bambini
Fiamma Nirenstein - Lun, 14/05/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 26268.html

Il boom della natalità è il vero smacco per chi, da Hitler all'Iran, sogna di distruggerci

Chi vuole festeggiare Israele in questo compleanno, deve smetterla di abbeverarsi agli stereotipi dell'ordine mondiale ancora radicato nella Guerra fredda; di immaginare il bene e del male, il giusto e l'ingiusto, imbevendosi dei sensi colpa del colonialismo europeo, dell'orrore per la guerra mondiale.

Il popolo ebraico non ha niente a che fare con queste colpe. Mai è stato colonialista, mai ha condotto guerre di conquista. È stato solo aggredito, soggiogato, massacrato fino all'avvento dello Stato di Israele. Poi, si è difeso vittoriosamente perché la sua determinazione a vivere era definitiva ed eroica. Quello che in realtà non gli si può perdonare è che si sia svegliato, abbia cominciato a camminare e abbia preso la direzione della sua casa, Israele, Gerusalemme, senza chiedere il permesso a nessuno.

Si chiama «autodeterminazione», è permessa a tutti fuorché al popolo ebraico. Mentre scriviamo Israele è probabilmente di fronte al peggiore fra i tanti pericoli di distruzione cui ha dovuto, dalla nascita, far fronte: quello della presenza dell'Iran armato in Siria, sul suo confine, fiancheggiato dalla Russia e servito nei suoi scopi di distruzione dagli Hezbollah, armati con centinaia di migliaia di missili. I palestinesi indeboliti dai loro molteplici rifiuti a trattare una pace che rispettasse il diritto di Israele a esistere, sono ormai un rischio minore, anche se l'uso continuo e crudele del terrorismo li porta ogni giorno alle cronache.

L'odio teologico degli ayatollah invece cuoce nell'ombra, prepara missili balistici, non abbandona l'ambizione atomica e ormai incredibile a dirsi, ha le sue forze militari di stanza fino sul bordo del Golan al Nord di Israele. Per gli ayatollah Israele deve essere distrutta fino nella sua «radice ammarcita» come dicono, e l'eco di questo odio si ripercuote in tutto il mondo musulmano, fino in Europa, e un nuovo antisemitismo genocida minaccia il fiorente, avanzato Stato degli ebrei.

Ma non è dei pericoli strategici né dell'antisemitismo europeo, in incredibile crescita, che parleremo qui. Parleremo dell'impasto magico con cui in 70 anni questo piccolo Paese ce l'ha fatta a costruire una società democratica e insieme forte, tecnologicamente la seconda dopo gli Usa.

Le famiglie in gita spiegano ai bambini cos'è quel fiore e quell'albero, l'acqua è venerata quando, rara, scorre dalla terra con amore. Siamo tornati, sembrano dire a ogni passo, dopo secoli di esilio, dopo che siamo rimasti in balia dei più disparati poteri e delle più abbiette follie. Adesso siamo qui, noi coltiviamo, costruiamo, camminiamo dove vogliamo, segniamo il giardino di casa, inventiamo. Chi non capisce che questo è lo spirito di Israele, chi non sa che gli ebrei sono felici semplicemente perché hanno una terra di nuovo, da quando nel 70 dopo Cristo Gerusalemme fu incendiata e i romani chiamarono casa loro «Palestina», non capisce di cosa stiamo parlando.

Quando si arriva all'aeroporto Ben Gurion, subito salta agli occhi la seconda icona dell'indipendenza ebraica: Israele è il Paese dei bambini, e tanto più questo salta agli occhi degli europei, ormai quasi privi di figli. Il tasso di natalità qui supera i tre bimbi per famiglia: non ci si può credere, in Israele ci sono bambini ovunque, di tutti i colori e dimensioni, bambini che corrono, piangono, ridono, urlano, danno noia, cantano, sorridono adorabili... bambini che spingono passeggini con dentro altri bambini; bambini piccolissimi per mano alle mamme già con la pancia; bambini nel port-enfant attaccato sul petto del padre.

Non c'è centro acquisti dove orde di creature scalpitanti non si accalchino in speciali jamburee. Non si tratta di famiglie religiose: la laica Tel Aviv è in questo come la pia Gerusalemme: un giardino d'infanzia. È questa la rivincita storica del popolo ebraico. Si chiamano David, Yehuda, Itay, Benjamin, Mordechai, Shira, Dvora, Yael, Hana, Aìvigail, Miriam. Come nella Bibbia. Così si chiamarono i miei nonni e i miei zii quando Hitler pensava di averci sterminati tutti.
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Re: Io sto con Israele e i suoi ebrei

Messaggioda Berto » sab mag 19, 2018 9:44 pm

SOLDI, SCIACALLI E IPOCRISIA
Niram Ferretti
19 maggio 2018

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

È anche una questione di soldi. Certo. Non solo di ideologia. "Money, money, money keeps the world go round, the world go round", cantava Liza Minnelli in Cabaret.

A proposito dell'orientamento massicciamente avverso a Israele della maggior parte dei media internazionali a cui assistiamo sempre quando lo Stato ebraico si difende dai terroristi, Avigdor Liberman ha dichiarato:

“Esite solo uno Stato ebraico al mondo. Ci sono 57 stati musulmani, che hanno budget molto più grandi di quello israeliano. Chi paga sceglie la musica. Quando si guardano tutti i canali internazionali, dalla CNN, a France 24, alla BBC, noterete che il 90% della pubblicità proviene dal mondo musulmano”.

Ma naturalmente sono gli ebrei che muovono il mondo. Strano però che questi manipolatori così abili non riescano a contrastare i massmedia a loro avversi. Il leggendario Jewish power dovrebbe essere soverchiante. Sì è strano.

Era strano anche nel 1973, quando i Savi non riuscirono, malgrado il loro formidabile potere, a piegare la CEE che si schierò compatta con i paesi arabi contro Israele.

Alla viglila della guerra di Yom Kippur tutti gli scali aerei europei vennero chiusi. Fu solo grazie alla determinazione di Richard Nixon che, un unico stato, il Portogallo, consentì agli aerei americani che rifornirono di armi Israele, di potere fare scalo per il rifornimento.

Se non fosse per il suo solido e a volte contrastato legame con gli Stati Uniti, Israele sarebbe quasi completamente isolato a livello mondiale alla faccia dello strapotere ebraico di condizionare nazioni e masse.

Non fu così anche durante la Seconda Guerra Mondiale, quando Israele non esisteva ancora e gli ebrei vennero progressivamente abbandonati a loro stessi e Hitler potè procedere indisturbato al loro quasi totale annientamento?

Israele ha oggi una grande forza e autorevolezza ma è circondato sempre da nemici, dichiarati e subdoli soprattutto qui in Europa, dove tanti sono a libro paga dei potentati islamici, sunniti e sciiti. Va tenuto bene a mente. E Israele lo tiene bene a mente. È sempre Liberman che ha detto: "Non ci facciamo alcuna illusione. E' il festival dell'ipocrisia".
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Io sto con Israele e i suoi ebrei

Messaggioda Berto » mar mag 22, 2018 1:28 am

DISTANZE E RIAVVICINAMENTI
Niram Ferretti
21 maggio 2018

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Sì, ora Netanyahu non viene più trattato con sussiegoso distacco a Washington . È' finita la distanza tra USA e Israele messa in atto da una amministrazione che abbracciando i nemici naturali degli USA come l'Iran, applaudendo Morsi, non intervenendo in Siria, mettendo un cuneo tra sè e l'Arabia Saudita, ritirando in anticipo le truppe dall'Iraq e permettendo all'ISIS di venire in essere, si è lasciata dietro in Medioriente, macerie su macerie.

Ora il passo è cambiato radicalmente dopo il primo anno dell'Amministrazione Trump. Il discorso fatto oggi da Mike Pompeo alla Heritage Foundation ha messo definitivamente la Casa Bianca sulla giusta carreggiata. Decisionista, risoluta, senza sconti.

È l'America che l'Europa odia e che odiano i liberals, per questo è da elogiare. Sono tornati gli esecrati yankees, l'antiamericanismo può di nuovo tracimare. L'orgia di antisionismo che è seguita ai fatti di Gaza l'abbiamo vista.

Qando l'opinione pubblica occidentale viene plagiata da massmedia che sposano la propaganda di Hamas, siamo certi di una cosa, siamo giunti quasi a un punto di non ritorno. E, conseguentemente a ciò, Germania, Francia e Regno Unito cercano di insufflare vita nel cadavere del JCPOA.

Questa Europa che nelle sue elites è filo Hamas e filoiraniana merita solo di inabissarsi.
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Re: Io sto con Israele e i suoi ebrei

Messaggioda Berto » mar ago 21, 2018 8:38 pm

Oriana Fallaci.

In definitiva sono sionista perché respiro, perché penso,perché vedo, perché esisto,perché sò….Sono sionista perché conosco Israele e la sua gente e gli arabi che vivono lì e godono degli stessi diritti degli ebrei e temono gli arabi dall’altra parte e tacciono e sono colpevoli perché tacciono…però quando parli con loro nell’intimità della loro casa manifestano la loro gioia per vivere, lavorare e educare i loro figli in libertà piena, libertà anche di essere atei e le donne di essere libere in città come Tel Aviv, Jaffa o Gerusalemme.

Sono sionista perché non mi piace che sgozzino la gente, che lapidino le donne o che uomini adulti si sposino con bambine.

Sono sionista perché amo la cultura e ringrazio ai tanti scienziati, intellettuali, medici, letterati, musicisti, architetti,ingegneri, matematici, e fisici ebrei che in proporzione maggiore rispetto al resto della terra hanno dato di piu’ e nonostante siano stati i più oppressi…

e per ultimo sono sionista perché sono donna, europea e occidentale. Perché adoro la mia maniera di vivere e detesto che mi si voglia imporre qualcosa. Perche’ amo la libertà sopra ogni cosa. perché rispetto le donne, perché bevo quello che voglio e mi piace il prosciutto e perché ognuno col suo culo fa quello che vuole signori…e signore! Of course!

Conclusione: sono sionista perché sono egoista e se muore Israele, nostro migliore e coraggioso alleato, dietro Israele moriremo anche noi…..


Amare e rispettare gli ebrei e Israele è una gioia, una necessità, un dovere, fondamento di libertà.
viewtopic.php?f=131&t=2785
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Re: Io sto con Israele e i suoi ebrei

Messaggioda Berto » dom nov 25, 2018 10:18 am

9000 foto di Israele e gli ebrei a fine 800

https://palestineisraelconflict.wordpre ... lestinians
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Re: Io sto con Israele e i suoi ebrei

Messaggioda Berto » dom nov 25, 2018 10:19 am

HO LETTO MOLTO NEGLI ANNI SUL CONFLITTO ARABO-ISRAELIANO.
[dalla bacheca di amici, Gianfranco]

https://www.facebook.com/zio.Ferdinando ... 5006792973

... Io ho letto molto negli anni sul conflitto arabo-israeliano. Centinaia di pagine, link, documenti ecc ecc. E discussioni estenuanti. E la mia idea me la sono fatta, la mia posizione presa.
Ma non era ancora niente. Niente.
Perché oggi sono stato a Yad Vashem. Il museo dell'olocausto.

Cuore dilaniato. Anima triturata.
Più volte mi sono nascosto, perchè un masculu siciliano non piange, e che sono quelle lacrime?
Ora, io dico, ma si ha l'idea di cosa questo popolo ha passato?
Ma si capisce che la creazione dello Stato di Israele era il minimo che potesse accadere dopo quell'inferno? Ma non il minimo...un granello di sabbia, rispetto al cupo oceano di orrore che era accaduto negli anni precedenti. Si capisce l'enormità, la mostruosità di ciò che questi hanno vissuto?
E non è solo per "la soluzione finale". Questi, vengono da secoli di persecuzione motivata da uno stigma che è impossibile persino da qualificare. E hanno resistito. Si sono integrati, e molto operosamente, nelle società ospitanti, dandovi il loro contributo. Ma, ancora, a fine '800, l'antisemitismo tornò a ruggire come non mai.

La prima migrazione di massa verso la Palestina avvenne dopo il 1890. Una terra inospitale, dove nessuno voleva vivere, semi-deserta, che l'impero ottomano aveva immiserito. Ma era meglio di ciò che accadeva in Europa, soprattutto l'Europa dell'est. I massacri, gli eccidi, le confische, le umiliazioni, erano all'ordine del giorno. E quelli dell'Est vennero i primi a creare insediamenti. Cominciarono a creare economia, e gli arabo-palestinesi si agganciarono a quegli insediamenti. Prima, non c'erano. Erano pochissimi. Se ne erano scappati in luoghi migliori.

La seconda ondata venne quando l'antisemitismo divampò. Ma non in Germania. Dappertutto in Europa (ricordate Dreyfus?). E quando, col nazismo, mostrò il suo volto mostruoso, gli ebrei ricominciarono a scappare, alla fine degli anni '30, nessuno voleva accogliere i rifugiati ebrei. Nessuno. Nessuno li voleva. Ne massacrarono 6 milioni. Persone, famiglie, bambini. Dovevano essere 11 milioni. A questo massacro collaborarono sempre in vari modi anche larghe fette delle popolazioni locali. Capito? Francesi, italiani, polacchi, ucraini, lituani, ungheresi, ecc. ecc. ecc. Li lasciarono massacrare.
E perfino quando già era chiaro cosa stava avvenendo, continuarono a respingerli. Persino l'autorità britannica che governava per mandato la Palestina (e il 'Mufti' palestinese si faceva fotografare sorridente coi nazisti). Infatti vi dovevano arrivare da clandestini: "Fuorilegge". Avrebbero dovuto starsene in Europa? Non dovevano fuggire dall'orrore puro?! Così sarebbero stati 7 milioni, anzichè 6.

Riuscirono a non farsi sterminare tutti e crearono il loro Stato. Anzi, acconsentirono a che ve ne fossero due. Ma gli arabi no. Ricominciarono ad attaccarli. Nel 48, nel 67, nel 73. Guerre subìte dagli ebrei, e vinte (e che cosa volevano fare, se vincevano gli arabi? Eh?). Ci furono allora i profughi palestinesi (status che dopo 3 generazioni (!) si trasmette...per, sic, eredità). Ma pochi parlano dei corrispondenti 600.000 profughi ebrei cacciati dai paesi arabi.
Una testimone vista lì stamattina disse che, sopravvissuta ai campi di sterminio (sterminio! Non dimenticate mai questa parola), e tornata a casa, la prima cosa che le fu detta dalla vicina fu: "ma non vi hanno ammazzati tutti?".
Una ferita insanabile.
Un inferno vissuto fino all'altro ieri. Dai padri, dai nonni di quelli di oggi. Ve ne sono di tanti ancora vivi, che ricordano.

Ma quando criticate "l'aggressività", la "disumanità" di Israele (circondata da paesi che vogliono cancellarla dalla faccia della terra. Ancora!), ma ce l'avete un'idea di cosa è scritto nella memoria, nella psiche, nel cuore, di queste persone, marchiato a fuoco rovente ancora grondante di sangue?
6 milioni annichiliti. Nell'indifferenza, nel silenzio, e spesso la complicità, generali.
6 milioni di persone che conducevano una vita che cercava di essere degna, ingoiate fra sofferenze indicibili nel buco nero dell'inferno.
Venite, venite a Jerusalem, e andate allo Yad Vashem!

Nessuno tocchi Israele.

Anche perchè la musica è cambiata. Perchè è un popolo straordinario. Perchè sono riusciti a creare una nazione straordinaria. Sono ancora vivi e sono all'avanguardia, solari, evoluti. Ed è questo, ora, il loro peccato. L'invidia, l'odio di molti. E se provate a toccarli, adesso, anche solo provare, immaginare di toccarli, vi polverizzano.
Perchè dietro quei loro sorrisi hanno il cuore ancora bruciato dal nostro fuoco, e dal nostro silenzio. La morte che cammina accanto a loro.
E non permetteranno a nessuno di toccarli ancora.
Mai più.
Io sto con Israele.
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