Poveri ebrei stupidamente critici o nemici di IsraeleFesta nella "fortezza-Israele", forte dell'alleato Trump, ma con lo spettro Iran2018/04/19
https://www.huffingtonpost.it/2018/04/1 ... a_23415335 Una Indipendenza blindata. Un Paese in trincea che guarda al futuro con la consapevolezza che una nuova guerra è alle porte. È Israele nel settantesimo anniversario della sua indipendenza. Una fortezza, non ancora una casa. Lo rimarca, toccando le corde più intime di una persona, di un padre che ha perso in guerra il figlio ventenne, David Grossman, il grande scrittore israeliano, nel discorso pronunciato martedì scorso alla cerimonia organizzata da Parents Circle-Families Forum, che riunisce i parenti israeliani e palestinesi di vittime delle guerre e degli attentati. "Io spero che potremo celebrare ancora questa ricorrenza per molti anni a venire, con le future generazioni di figli, nipoti e pronipoti che vivranno qui, a fianco di uno stato palestinese indipendente, in pace, sicurezza e creatività, ma soprattutto nel tranquillo trascorrere dei giorni, in buoni rapporti di vicinato".
È l'idea di un Paese normale, quella evocata da Grossman. Un'idea ancora irrealizzata. È la "fortezza-Israele" oggi a ricordare un cammino lungo settant'anni, irto di ostacoli, di tragedie, di guerre, di dolori e di speranze. E si scopre più forte militarmente, ma al tempo stesso più vulnerabile in quella che è la psicologia di una nazione. Israele, oggi, è un Paese che, sospinto dal vivacissimo settore dell'alta tecnologia, ha un Pil pro capite di circa 40mila dollari, che lo colloca a pieno titolo tra i paesi più avanzati economicamente, alla pari di Italia e Corea del Sud e non lontano da potenze economiche come Francia e Gran Bretagna. Ma soffre anche di uno dei più alti livelli di disuguaglianza nel mondo sviluppato La povertà è particolarmente diffusa tra i cittadini arabi-israeliani (1.050.000, oltre il 20% della popolazione residente) e gli ebrei ultra-ortodossi. Questi due gruppi rappresentano quasi un terzo della popolazione e sono quelli in crescita dal punto di vista demografico e dunque rischiano, in prospettiva, se le diseguaglianze non verranno affrontate, di rallentare l'economia.
Settant'anni dopo, Israele fa ancora i conti con la propria identità nazionale, con il suo senso nella storia e nel mondo. E più che risposte, questa ricerca genera interrogativi a cui, da sola, la politica non può offrire soluzioni. Quale sia lo stato d'animo prevalente, lo testimonia un curioso incidente. L'esercito israeliano ha inviato per errore un messaggio automatico telefonico di richiamo d'emergenza per i riservisti. Dopo alcuni minuti di tensione, anche perché l'attuale fase di tensione con Siria e Palestina poteva rendere credibile l'allarme, un secondo messaggio ha chiarito che il richiamo era partito accidentalmente. "È stato un malfunzionamento sul quale indagheremo", ha spiegato un portavoce di Tsahal, le Forze di difesa dello Stato ebraico.
Uno Stato che celebra se stesso e che, nell'agire dei suoi governanti, cancella gli spazi per edificarne uno ad esso vicino: lo Stato di Palestina. Nei circoli intellettuali progressisti è da tempo aperto un dibattito sullo Stato bi-nazionale. Così si era espresso, in una recente intervista a HuffPost, Zeev Sternhell, il più autorevole storico israeliano: "Integrazione o apartheid: tertium non datur. A Gerusalemme come nella West Bank, non devono esistere due leggi e due misure, una per i cittadini ebrei e l'altra, penalizzante, per i palestinesi. Ritengo peraltro che la prospettiva di uno Stato binazionale democratico possa essere un terreno d'incontro, di iniziativa comune, tra quanti, nei due campi, credono ancora nel dialogo e nella convivenza".
Israele è un sogno realizzato, anche se nel suo divenire si è scoperto meno idilliaco di quanto immaginato. Lo dice con orgoglio e amore , speranza e inquietudine, Amos Oz ad Elena Lowenthal per La Stampa, in un suggestivo ed emozionante confronto a tre, con David Grossman e Abraham Bet Yehoshua. "Ho paura per il futuro. Ho paura del fanatismo e della violenza. Ma sono contento di essere cittadino di uno Stato che conta otto milioni e mezzo di profeti, otto milioni e mezzo di primi ministri, otto milioni e mezzo di messia. Non ci si annoia, qui. Ci si arrabbia, ogni tanto arrivano frustrazione e collera, ma non di rado anche fascinazione ed entusiasmo. Questo è uno dei posti più interessanti del mondo". "Per me – dice Yehoshua - la conquista più importante di questi settant'anni è la legittimità dell'esistenza dello Stato ebraico sia nel contesto mondiale, compresa una parte del mondo arabo e islamico, sia all'interno dell'ebraismo: oggi Israele esiste perché deve esistere, perché è ovvio che esista. Questa legittimità ce la siamo conquistata non solo con la forza delle armi, ma anche nella capacità che questo Paese ha dimostrato di assorbire milioni di profughi. C'è ancora tanto da fare, sono ancora in molti a negare il suo diritto all'esistenza. Ma ci siamo e ci saremo".
Israele vorrebbe sentirsi "normale", ma i venti di guerra che spirano dalla Siria proiettano ombre inquietanti su un futuro che si fa presente. E' l'incubo-Iran che si materializza sempre più. "L'espansionismo di Teheran, che può essere visto come il riempimento del vuoto lasciato dal ritiro americano dalla regione sotto l'ex presidente Barack Obama, si è tradotto in una presenza militare iraniana ai confini settentrionali di Israele" scrive nell'editoriale di apertura il Jerusalem Post. "Amir Eshel, ex comandante dell'aviazione israeliana, ha recentemente rivelato che i raid compiuti da Israele in Siria a partire dal 2012 per impedire all'Iran di contrabbandare armi micidiali a Hezbollah in Libano, o per altri obiettivi difensivi, si avvicinano ad un numero a tre cifre. Martedì scorso il primo ministro Benjamin Netanyahu ha detto che i servizi di sicurezza israeliani sono mobilitati per sventare tentativi iraniani di colpire diplomatici israeliani all'estero. Mentre il presidente americano Donald Trump manifesta l'intenzione di ritirare le sue truppe dalla Siria e quello russo Vladimir Putin non può o non vuole tenere a freno l'Iran, uno scontro tra Israele e Repubblica islamica sembra quasi inevitabile...".
L'inevitabilità di una nuova guerra emerge dalle analisi degli strateghi militari, affiora dalle parole, e dai silenzi, dei leader politici. Secondo fonti israeliane la presenza militare di Teheran in Siria ammonta ad almeno 15mila militari e pasdaran cui si aggiungono 10 mila Hezbollah libanesi e circa 50 mila miliziani sciiti iracheni, afghani e pakistani. Non è solo questione di numeri, ma della loro dislocazione. I pasdaran sono presenti massicciamente nelle zone di Damasco (distante solo poche decine di chilometri dalle alture del Golan) e di Aleppo e questo è già di per sé motivo da allarme rosso per Israele. Quella mediorientale è una polveriera pronta a esplodere. Una polveriera nucleare, che, anche su questo versante, vede Israele versus Iran.
Ai media israeliani sono state diffuse questa mattina foto di ricognizione aerea che indicano, secondo la difesa, come Teheran abbia aumentato la sua alleanza militare con il regime di Assad sotto gli auspici del comandante della forza aerea dei Guardiani generale Amir Ali Hajizadeh. Le basi aree, indicate dalle foto, che incardinano questo incremento delle attività dei Guardiani sono cinque: la già colpita base T4 nella Siria centrale, l'aeroporto di Aleppo, lo scalo di Damasco, un altro campo di aviazione a sud della capitale, e la base di Deir ez-Zor. Quest'ultima ripresa lo scorso anno all'Isis. E potrebbero essere tutti possibili obiettivi israeliani - hanno aggiunto i media - se l'Iran dovesse mettere in pratica le sue minacce. Il sistema di difesa israeliano - secondo Times of Israel - crede che l'attacco possa essere condotto dai Guardiani della Rivoluzione iraniani attraverso missili terra terra o droni armati. Un inizio - ha aggiunto il sito - per successivi scontri tra Israele ed Iran condotti questa volta da fiancheggiatori di Teheran come gli Hezbollah. Ynet, il sito on line di Yediot Ahronot, il più diffuso giornale israeliano, nei giorni scorsi ha riportato che l'esercito ha rafforzato le sue difese aeree e terrestri per fronteggiare un potenziale attacco iraniano, anche in questo caso condotto dai Guardiani di Teheran. "Non c'è indicazione di quando uno di questi attacchi possa aver luogo, ma le feste dell'Indipendenza di giovedì - ha scritto Times of Israel - sono un obiettivo invitante per l'Iran". Il giorno dell'Indipendenza è trascorso senza attacchi, ma in Israele sono in tanti, la maggioranza, a credere che ormai sia solo questione di tempo.
Natalie Portman rifiuta il “Nobel ebraico” per la paceUn suo portavoce ha spiegato che «recenti avvenimenti in Israele sono stati estremamente dolorosi per lei»
20/04/2018
http://www.lastampa.it/2018/04/20/ester ... agina.htmlL’attrice e produttrice israelo-americana Natalie Portman ha fatto sapere che non andrà in Israele a giugno a ritirare il«Premio Genesis», definito il Nobel ebraico, a «causa di recenti avvenimenti» nel paese. La cerimonia è stata cancellata.
«I recenti avvenimenti in Israele sono stati estremamente dolorosi per lei e non si sente a proprio agio nel partecipare ad alcun evento pubblico in Israele. Non può partecipare alla cerimonia con la coscienza pulita», hanno fatto sapere dall’entourage di Portman. Il ministro della cultura Miri Regev ha commentato che l’attrice «ha ceduto alle pressioni del Bds», movimento boicottaggio di Israele.
Natalie sarebbe stata la prima donna ad essere insignita del Genesis, premio da 1 milione di dollari assegnato ogni anno a chi, per i risultati professionali e per la dedizione ai valori ebraici, può essere d’ispirazione alle nuove generazioni di ebrei.
L’annuncio era stato fatto lo scorso novembre: «Portman rappresenta i tratti salienti del carattere ebraico e i valori del nostro popolo con la sua tenacia, il duro lavoro, la ricerca dell’eccellenza, la curiosità intellettuale e il desiderio sincero di contribuire a rendere il mondo un posto migliore», aveva dichiarato il co-fondatore del premio, Stan Polovets.
La Fondazione Genesis ha mostrato massimo rispetto per la sua scelta: «Portman è un’attrice completa, un’attivista sociale impegnata e un meraviglioso essere umano. Il personale della Fondazione ha goduto del suo sapere negli ultimi sei mesi (dal momento dell’annuncio del premio), ammira la sua umanità e rispetta il suo diritto di dissentire pubblicamente con le politiche del governo di Israele», ha scritto la direzione della Fondazione in una nota. Non l’ha presa bene invece il ministro della Cultura di Tel Aviv, Miri Regev, che ha accusato Portman di aver «ceduto alle pressioni del Movimento di boicottaggio di Israele».
Il movimento per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni è un gruppo politico transnazionale mira a pressioni economiche su Israele perché concluda l’occupazione dei territori palestinesi. Natalie Portman, nata Natalie Hershlag, è Un’attrice, regista e produttrice cinematografica israeliana naturalizzata statunitense.
Giulio Meottihttps://www.facebook.com/noicheamiamois ... 7273705995 C'era già qualcosa di particolarmente penoso nell'articolo di David Grossman che ieri su tutti i giornali italiani accusava il proprio paese di "apartheid". Strana apartheid in effetti, considerando che il 20 percento della popolazione israeliana è composta da arabi, che 17 membri della Knesset sono arabi, che è arabo un giudice della Corte Suprema e che ci sono arabi nel corpo diplomatico e ai vertici dell'esercito.
Ma forse più penoso è che il giorno dopo una attrice che vive attorniata da guardie del corpo, che trascorre la vita come in un videogame, in una villa di Beverly Hills o in un attico di Central Park Avenue, di fronte al “Nobel ebraico” assegnato ogni anno in Israele, dica di no. È il caso di Natalie Portman, che cita a motivazione del boicottaggio i “recenti avvenimenti” a Gaza. In effetti è avvenuto piuttosto di recente che l'esercito israeliano dovesse difendere la vita di migliaia di propri concittadini sigillando un confine che Hamas tenta ogni venerdì di assaltare e abbattere. Ora, visto che Portman sembra piuttosto disinformata, ecco l'ultimo comunicato di Hamas.
Gli islamisti di Gaza hanno speso 75.000 dollari per rimborsare 350 palestinesi rimasti feriti. Le andrebbe ricordata anche un'altra cifra: 120 milioni di dollari spesi da Hamas in tunnel e armi dal 2014 e ogni tunnel che costa dai 3 ai 10 milioni di dollari.
L'apartheid del terrore. Adesso Natalie Portman, in tutta coscienza, deve boicottare anche la cerimonia degli Oscar a Hollywood visti i “recenti avvenimenti” in Siria, ovvero il bombardamento da parte del suo governo di un paese a 9mila chilometri di distanza. Visto che Israele, che a Natalie Portman sta così sulle palle, è l'unico paese costretto a dispiegare il proprio esercito sulla soglia di casa.
TOGLIERE IL "FEROCE" ASSEDIO SU GAZA? LA CONDIZIONE E' SEMPLICE : CHE NON CERCHINO DI UCCIDERCI Caitlyn Martin
20/04/2018
https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 0010384388 Come chiunque, anch’io adoro le storie toccanti. E adoro l’idealismo di alcuni miei amici pacifisti anche se, a volte, ho l’impressione che cozzi con la realtà. Ad ogni modo, stavo leggendo e godendomi un articolo commovente di una di queste amiche sui sudanesi richiedenti asilo in Israele quando, verso la fine, sono incappata in questa frase:
“Leggo molti bei blog e post di amici a me politicamente vicini che si domandano come possono festeggiare il 70esimo Giorno dell’Indipendenza mentre Israele tiene milioni di persone sotto un feroce assedio a Gaza”.
Un feroce assedio? Sul serio? Come quelli delle guerre civile arabe che tagliano acqua e medicinali, mentre da Israele a Gaza passano centinaia di camion di rifornimenti ogni giorno? E l’Egitto, che confina con Gaza, non ha niente a che fare con tutto questo? E Hamas? Di chi era la colpa quando, nell’agosto dello scorso anno, l’Autorità Palestinese ha dichiarato che Hamas bloccava la costruzione di un impianto di desalinizzazione a Gaza? E non è forse Israele che si era offerto, anni fa, di costruire l’impianto, per vederselo rifiutare da Hamas? Chi è che ha distrutto tutte le serre nella striscia di Gaza, quando le Forze di Difesa israeliane si sono ritirate portandosi via tutti i civili ebrei che vi abitavano? Quelle serre avevano fruttato milioni a Israele, in esportazioni agricole. Quanti abitanti di Gaza avrebbero potuto nutrire?
Cosa ne è stato delle centinaia di milioni di dollari in aiuti internazionali che confluiscono ogni anno a Gaza? Sarebbero stati sufficienti per costruire ospedali ben attrezzati, abitazioni moderne, infrastrutture di buon livello e altre forme di sostegno di cui la popolazione di Gaza ha realmente bisogno. Ma, evidentemente, dev’essere colpa di Israele se Hamas dirotta i fondi verso armi, terrorismo e tunnel per infiltrazioni. O per arricchire i capi di Hamas. A marzo 2014 si contavano circa 1.700 funzionari di Hamas milionari. Nel luglio dello stesso anno Globes parlava di funzionari di Hamas miliardari. Come si fa ad attribuire tutta e solo a Israele la responsabilità per la povertà e le sofferenze di Gaza?
Ho chiesto più volte ai miei agli amici idealisti e pacifisti: come pensate che si possa porre termine all’”assedio” di Gaza senza che ciò costi un incalcolabile numero di vite umane? Hamas non ha forse detto innumerevoli volte cosa succederebbe se i palestinesi di Gaza potessero attraversare liberamente il confine? Non ha forse messo perfettamente chiaro – a parole e coi fatti – che i suoi attivisti non esiterebbero a uccidere ogni possibile ebreo israeliano, comprese me e la mia famiglia, i pacifisti e le loro famiglie?
Israele deve essere pronto, come sempre, a fare la pace e a offrire tutto l’aiuto che occorre. L’unica condizione è molto semplice: che non cerchino di ucciderci. È chiedere troppo?
Quindi, sì, posso celebrare serenamente Yom Ha’Azmaut. E posso essere fiera del paese che mio padre ha contribuito a costruire e difendere, insieme a centinaia di migliaia di altri, 70 anni fa. Posso fare tutto questo senza incolpare il nostro popolo e la nostra nazione per ciò che sta accadendo a Gaza. I palestinesi stessi avrebbero la possibilità di rendere migliore la loro vita, e non ho dubbi che Israele li aiuterebbe, se solo le condizioni lo permettessero.
Nella foto il video messaggio di un attentatore suicida di Hamas: “Sappiamo che non esiste sangue migliore del sangue degli ebrei”
Alberto Pento Ad essere assediato dai gazo-nazi-maomettani è Israele e non il contrario.