Adolf Grillo 8 marzo 2018
Gerardo Verolino
http://www.italiaisraeletoday.it/adolf-grillo C’è un signore che sostiene non di essere Hitler. Ma di essere “oltre Hitler”. Un signore sul cui blog si possono leggere frasi di questo tipo: “Fosse per me prenderei a cannonate Israele da mattina a sera e gli farei rimpiangere i metodi usati dallo zio Adolf”. E ancora: “Hitler era sicuramente un pazzo malato, ma la sua idea di eliminare gli ebrei era per eliminare la loro dittatura finanziaria”. Questo signore si chiama Beppe Grillo e il blog, infestato di commenti razzisti e anti-semiti, è il suo. Inoltre è il garante, nonché il fondatore e l’ideologo, del Movimento Cinquestelle, il primo partito d’Italia che rischia di entrare addirittura al governo dalla porta principale, con DI Maio a Palazzo Chigi.
L’ avversione di Grillo, e dei grillini, per gli ebrei è ricco di episodi sgradevoli e di vecchia data. Nel 1996 in uno dei suoi show che per fortuna la Rai non trasmetterà mai sostiene che Adolf Eichmann, l’architetto dell’Olocausto, “ha gasato tre milioni di persone per un ideale distorto” mentre l’allora amministratore delegato della Fiat, Cesare Romiti, ne avrebbe ammazzati altrettanti con i gas di scarico delle automobili solo per un conto corrente.
Da notare come, Grillo, sottolinei che, in fondo, si sia trattato solo di tre e non di sei milioni di morti per l’Olocausto come invece sostiene la storia ufficiale. Antisionista e negazionista. Difende sempre il regime iraniano degli ayatollah e accusa Israele di espansionismo. Nel 2012, al quotidiano israeliano Yedoth Aronoth, dice che Ahmadinejad e Bin Laden non vengono capiti in Occidente perché “mal tradotti”. La versione giusta per lui sarebbe quella fatta dal suocero iraniano (la moglie di Grillo, Parvin Tadjik, infatti è iraniana) e non sarebbe quella riportata dalla faziosa stampa occidentale.
Nel 2001 definisce il premio Nobel Rita Levi Montalcini una “vecchia puttana” sostenendo che siano stati i finanziamenti di un’azienda farmaceutica a farle vincere il Nobel. In un’altra circostanza la dileggia parlando di “quella con lo zucchero filato in testa”. A Gad Lerner non va meglio quando Grillo lo definisce un “verme ebreo”. In un’altra circostanza sostiene che le Brigate rosse godettero dell’aiuto del Servizio Segreto israeliano, il Mossad. Sempre il Mossad si nasconderebbe dietro il Memri un’agenzia internazionale che filtrerebbe, naturalmente distorcendole, le informazioni in Europa su Israele e la Palestina. “Ho le prove” afferma.
Sul suo blog, per fare un po’ di propaganda politica spicciola, cambia la scritta apposta sul cartello del campo di concentramento di Auschwitz, la celebre e famigerata “Arbeit macht frei” (“Il lavoro rende liberi”) in “P2 macht frei” (“La P2 rende liberi”), che banalizza in modo osceno il tema della Shoah e irride la memoria dei morti di Auschwitz.
Un’altra volta fa una parodia invereconda della poesia di Primo Levi “Se questo è un uomo” per fare quattro sconce risate sulla politica italiana. Poi accusa l’editore di “Repubblica”, l’ebreo Carlo De Benedetti, di essere a capo di una lobby giudaico-massonica. Questo scorretto umorismo di Grillo è stato definito antisemitismo da bar per i frusti e grossolani luoghi comuni di cui è condito.
Ad influenzare Grillo è stato, spesso, un ex giornalista di “Avvenire”, Maurizio Blondet, definito da Stefano Gatti, ricercatore dell’Ossevatorio dell’antisemitismo di Milano, come “il più palese fra tutti i polemisti di stampo antisemitico”. Uno che definisce l’ideatore dell’attentato alle Torri gemelle “Osama bin Mossad” per intenderci. Ha scritto inoltre Stefano Gatti che anche “i follower di Grillo indulgono nella polemica di marca anti-israeliana e spesso antisemita “.
Le reazioni, in questi anni, non si sono fatte attendere. Come quelle sdegnate, in occasione della prima vittoria elettorale dei Cinquestelle al Parlamento, quando il Consiglio di Rappresentanza delle Istituzioni Ebree di Francia scrive un duro comunicato su Grillo che “oltre a essere un demagogo, populista, controverso e
razzista” è “profondamente antisemita e antisionista”.
Ricordando inoltre che propugna “tesi nauseabonde che potrebbero riportare l’Italia a un periodo oscuro della sua storia”. O quelle di Davide Romano, portavoce della Sinagoga milanese Bet Shlomo quando dice che “Grillo ha un problema non solo con Israele ma con gli ebrei”. Grillo può essere paragonato, nel mondo, solo ad un altro comico irriverente e senza peli sulla lingua.
Al franco-senegalese Dieudonné M’bala M’bala, uno che riempie i teatri per i suoi spettacoli “alla Grillo” appunto, ideatore del gesto della quenelle, uno sconcio corrispettivo del vaffa, che va in televisione a dire: “Io con la bandiera israeliana mi ci pulisco il culo” e che tanti grattacapi sta creando alle autorità francesi dove vige il reato di istigazione all’odio razziale e all’antisemitismo e che, sull’onda del suo strabordante successo si è dato anche alla politica fondando, nel 1997, il Partito degli Utopisti, che alle legislative racimolerà un modesto 7,7% di voti. “In fondo Dieudonné nei suoi spettacoli-ha scritto Marco Cesario-non veicola alcuna ideologia, né presenta alcuna visione politica. È semplicemente animato dalla vecchia tara che baca la mente di chiunque salga sul palco e assapori il fragore della folla: l’ego smisurato e cinico dell’attore”.
In Francia lo hanno capito. Difatti la carriera politica di Dieudonné non ha mai spiccato il volo e i partiti tradizionali, anche nei momenti più bui della repubblica, hanno retto. In Italia, nel clima di disfacimento generale, le imprecazioni di un comico, venate anche di pernicioso antisemitismo, sono diventate un manifesto politico di successo.
L'incubo del ventennio grillinoFrancesco Maria Del Vigo - Mar, 20/03/2018
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 06988.html Grillo parla dai palchi. Parla nelle piazze. Parla dal suo blog nuovo di zecca, dal quale, come una costola biblica, si è staccato il sito del Movimento 5 Stelle.
E parla anche coi giornalisti. Cosa normale per un politico, ma bizzarra per lui che, fino a poche settimane fa, i giornalisti voleva mangiarseli tutti per voi vomitarli. Ma d'altronde era anche quello che aveva fatto un passo indietro e poi, come nel caso delle Olimpiadi di Torino, detta la linea alla faccia della democrazia diretta.
«L'Italia ora ha deve conquistare una visione lunga, a vent'anni» afferma il comico, in una sofferta intervista a La Repubblica. E subito viene il sospetto che per solidificare in realtà le liquide promesse del Movimento cinque stelle Grillo voglia mettere un'ipoteca su due decadi. Un Ventennio tecno(fascio)comunista. Sia chiaro, il punto di partenza di Grillo è giusto: il Paese ha bisogno di una prospettiva di ampio respiro, che vada oltre gli starnuti del quotidiano. Ma se il tema è giusto, lo svolgimento è sbagliato. Per due motivi.
Uno. Grillo dipinge il futuro coi vecchi arnesi dell'utopia marxista: da una parte il desiderio di cambiare «il modo di pensare» degli italiani (come non ci avesse mai provato nessuno...), dall'altra la volontà di permeare di grillismo tutti i gangli del Paese, dall'economia alla cultura. Il partito che voleva combattere i poteri forti vuole diventare (e in parte è già diventato) un potere forte. A tutti i costi. È la democristianizzazione dei Cinque stelle, aperti a tutti e a tutto pur di fare un governo.
Due. Se i progetti a lungo termine dei grillini sono quelli prefigurati nei video e nei libri di Gianroberto Casaleggio possiamo stare freschi: guerre mondiali che decimeranno la popolazione, realtà reale sostituita da quella virtuale, decrescita ma col sorriso stampata sulle labbra, macchine al potere e uomini a fare qualcosa di non ben identificato. Probabilmente ad aspettare il reddito di cittadinanza. E forse è proprio per trovare le coperture a quest'ultimo che ci vorranno vent'anni.