Rexistensa, dexobediensa e revolta fiscal

Rexistensa, dexobediensa e revolta fiscal

Messaggioda Berto » mer apr 30, 2014 7:30 am

No ghe rivolta fiscale kì!


Alberto Pento
29 Aprile 2014 at 2:56 pm #

Sandrin del Tea Party Italia: “Rivolta fiscale verso uno stato veneto indipendente”
http://www.radio24.ilsole24ore.com/noti ... 123452.php

“Quello che facciamo è Paradossalmente invitare aziende e privati a rispettare le leggi, ad avvalersi, cioè, del ravvedimento operoso, la norma prevista dal codice che consente di pagare i tributi in modo differito, dopo 12 mesi con un tasso d’interesse a favore dello Stato molto basso, ovvero il 3,5%” così Carlo Sandrin, coordinatore di Tea Party Veneto, parla dell’iniziativa di ostruzionismo fiscale promossa dal suo movimento. “Il ravvedimento operoso consente agli imprenditori veneti di pagare a un tasso più basso rispetto al tasso di interesse passivo nei confronti della banca, è quindi un metodo per autofinanziarsi.

No ghe rivolta fiscale kì!

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Intervista a Carlo Sandrin (Tea Party Veneto) il ‘Glenn Beck europeo’ (1° parte)


http://www.lindipendenza.com/intervista ... 2%B0-parte

Proponiamo su L’Indipendenza la prima parte dell’intervista in esclusiva rilasciataci via skype nei giorni scorsi da Carlo Sandrin (nella foto a sinistra), portavoce del Tea Party Veneto (TPV), su vari argomenti di stretta attualità e circa i suoi futuri progetti personali per il Veneto e la promozione della libertà. (Intervista a cura di Luca Fusari)

Luca Fusari: Ciao Carlo, innanzitutto grazie per averci concesso questa tua intervista.

Carlo Sandrin: Grazie a voi, vi ringrazio per lo spazio che mi concedete sulla vostra testata la quale è uno dei pochi spazi liberi di informazione e comunicazione in favore della causa dell’indipendenza del Veneto.

LF: A proposito di informazione sappiamo che nelle ultime settimane stai realizzando vari video Youtube sul canale ufficiale del Tea Party Veneto dove denunci la mancanza in Italia di libertà nell’informazione. Qual è il tuo giudizio sulla comunicazione e il ruolo che essa può giocare per favorire la sensibilità indipendentista in Veneto?.

CS: Si, sul canale del TPV sto realizzando vari video, che invito tutti a condividere in rete e sulle varie piattaforme dei social network, al fine di rompere la censura promossa dallo Stato ladro italiano e dai loro media sussidiati circa la situazione della causa del popolo veneto per l’indipendenza del Veneto dall’Italia, quale risveglio delle coscienze e riaffermazione della voglia di libertà e di determinare da soli il nostro futuro. La viralità dei video è importante, così come lo è l’aspetto della comunicazione e e la mancanza di libertà in Italia, il che rappresenta un business enorme. C’è bisogno che la libertà passi attraverso i media, e le moderne tecnologie bypassano quelli tradizionali quali fonti da cui attingere informazioni.

LF: A tal riguardo nei tuoi video e a noi ci hai fatto riferimento a delle possibili future novità in tal senso, le puoi illustrare in anteprima per noi?.

CS: Certo, come ti ho detto quello a cui stiamo lavorando ha grossi potenziali, è necessario sopperire alla mancanza di informazione libera, ed è mia intenzione realizzare ed inaugurare, grazie a donazioni private di imprenditori veneti, una piattaforma d’informazione in lingua inglese ed italiana con podcast, video, articoli, non solamente focalizzata sulla causa veneta, ma più in generale alla causa della libertà in tutta Europa. Il TPV non vuole essere indipendentista solo focalizzandosi sul Veneto ma per tutte le regioni indipendentiste, dalla Lombardia, alla Sardegna, passando per la Scozia e la Catalogna, il Veneto è punto di partenza per una rivoluzione.

LF: In questo tuo progetto editoriale hai qualche modello a cui ti rifai e trai ispirazione?.

CS: Sicuramente mi ispiro a Glenn Beck, grazie al quale ho avuto modo di partecipare al suo talk show, ex presentatore di Fox News è un famoso importante comunicatore dell’area Tea Party e conservatrice americana, con il mio progetto punto ad ispirarmi al suo network The Blaze. Il progetto sarà basato sul fare business comunicando la verità, vi saranno investitori nel progetto il che genererà introiti pubblicitari d’advertising per auto-sostenersi, vi sarà una zona del sito liberamente consultabile e una in abbonamento con contenuti esclusivi.

LF: In un certo senso punti ad essere il ‘Glenn Beck europeo’?. Quale sarà la sede del sito, so che ora ti trovi all’estero, ma suppongo che sarà in Veneto, dato che vorrai seguire da vicino gli eventi, giusto?.

CS: Si, al momento mi trovo negli Stati Uniti per ragioni di studio, il progetto pur essendo dedicato anche al Veneto non avrà la sua sede in Veneto per ragioni di sicurezza, al fine di non venir censurato o chiuso dalle autorità italiane. Il progetto per ragioni logistiche e fiscali sarà situato fuori dall’Italia e dal Veneto occupato, questo però è irrilevante con le application mobile e il web i suoi contenuti e le reti dati saranno disponibili e accessibili ovunque.

LF: Il sito sarà un luogo di dibattito aperto a possibili contraddittori?.

CS: No, il sito non intende dar voce a tutte le molteplici voci del venetismo né ad alcun contraddittorio divergente, ma sarà invece un canale di divulgazione incentrato sulle idee di libertà, su quanto propone il TPV e il suo portavoce, in ogni caso come ho già detto si tratta di fare business comunicando verità. ???

LF: Certamente un simile progetto editoriale richiederà una redazione, sei in cerca di collaboratori nel progetto?.

CS: Chiunque vorrà contribuire nel progetto è il benvenuto, soprattutto chi è ambizioso e pensa in grande è bene accetto, non certo gli umili e i moderati.

LF: Avrete un target di riferimento come possibili vostri lettori e utenti?.

CS: In generale non abbiamo un target di utenti specifico dato che ci rivolgiamo a tutti coloro i quali sono interessati alle idee che proporrò, dunque ai cuori robusti. Si potrà diffondere i contenuti, video, gli articoli in rete, questo come già spiegato è importantissimo per poter dar viralità e visibilità al sito.

LF: Quale sarà la frequenza degli aggiornamenti e della disponibilità dei contenuti del tuo futuro network?.

CS: I contenuti saranno giornalieri come ci si attende da una piattaforma di comunicazione.

LF: Ha già un nome, un dominio e una data per la sua inaugurazione?.

CS: No, al momento è ancora tutto in working progress, il canale ufficiale del Tea Party Veneto sarà parte del network, e dato che è già operativo, al momento fungerà temporaneamente da interfaccia per il network e per i test tecnici.

LF: Ovviamente come tu hai detto, il punto di partenza verso la rivoluzione della libertà è il Veneto, tale territorio nelle ultime settimane è al centro delle cronache politiche e giudiziarie per le sue spinte indipendentiste. Tu stesso lo scorso 1° Aprile sei stato uno dei primi a rilasciare un commento entusiasta sul parere dato dalla commissione del Consiglio regionale del pdl 342 per l’indizione di un referendum in Veneto, i tempi per una sua approvazione definitiva paiono però procedere a rilento.

CS: Vi sono delle differenze tra la società veneta e le rappresentanze nel Consiglio regionale. I cittadini veneti non accettano più le logiche politicanti e puntano al diritto di poter votare per la loro indipendenza da Roma per poter pagare meno tasse. Purtroppo alcuni rappresentanti eletti puntano invece ad arricchirsi sulle spalle dei veneti, passando il loro tempo a vivacchiare sulla loro poltrona.

LF: Ritieni che i rappresentanti in Consiglio regionale non siano all’altezza del compito auspicato dal popolo veneto?.

CS: Purtroppo c’è chi specula retoricamente sulla causa veneta, chiedendo voti con l’obbiettivo di parassitare uno stipendio.

LF: Come giudichi Luca Zaia? Ritieni che sia sinceramente impegnato per la causa veneta, avrebbe potuto far di più per favorire un rapido iter sul pdl 342?.

CS: Zaia è il presidente della regione, ha delle responsabilità istituzionali, dunque se passa la risoluzione 342 può subire delle ritorsioni da parte delle autorità centrali italiane.

LF: Ha dunque paura di un commissariamento della regione o di finire in galera?.

CS: Anche. Il punto è che Zaia guarda ai prossimi 5 minuti non ai prossimi 125 anni, la sua è una visione personale a breve termine non orientata al futuro del popolo veneto, certamente teme per la sua incolumità e per l’intrusione poliziesco-giudiziaria dello Stato italiano nella sua vita, ma il cammino verso l’indipendenza è ormai avviato e prossimamente sarà un dato di fatto oltreché per i veneti anche per i lombardi ed altri popoli.

LF: Da quel che hai dichiarato, suppongo che il tuo interesse affinché il pdl 342 venga approvato sia inerente alla necessità che il Veneto voti un referendum ufficialmente riconosciuto, nonostante il successo di Plebiscito.eu. Come dovrebbe avvenire, in termini di procedura tale transizione e proclamazione della nuova Serenissima?. Oltre che sull’indipendenza il popolo dovrà in seguito votare anche sulla propria Costituzione?.

CS: Ritengo che il diritto di voto per un referendum d’autodeterminazione ufficiale sia indispensabile per avere una legittimità sul piano internazionale e per fugare ogni dubbio circa la volontà del popolo veneto. Circa l’assetto costituzionale, i cittadini veneti una volta che avranno votato in favore dell’indipendenza delegheranno ai loro rappresentanti eletti il compito di stendere i loro documenti istituzionali. In pratica bisogna seguire l’esempio statunitense: Dichiarazione di Indipendenza e approvazione da parte dei rappresentanti delegati di una Costituzione comprensiva del XIII° Emendamento.

LF: Il tuo approccio è molto americano credi che tale mentalità possa funzionare in Veneto?.

CS: Beh sul piano della comunicazione e in quanto presidente del Tea Party Veneto ritengo che se gli Stati Uniti dichiarassero il Veneto loro 51° Stato farei i salti di gioia. Non sono un venetista, non amo il folklore, la storia mi piace leggerla, ma poi io guardo al futuro, il quale non sarà come il passato anche in caso di indipendenza. ???

LF: A fronte degli scenari internazionali attualmente in svolgimento, ritieni che le Nazioni Unite e le istituzioni internazionali debbano interpretare un ruolo nella causa veneta? Le vedi favorevoli a tale secessione? Ritieni che un loro riconoscimento o appoggio possa risultare determinante?.

CS: Penso che contino soprattutto i veneti, se saranno in maggioranza per l’indipendenza l’Onu ne prenderà atto, in ogni caso non ci facciamo intimidire.

LF: Come giudichi la Lega Nord, aldilà del voto del pdl 342, ritieni che tale partito possa ancora risultare determinante come contributo per le sorti future di un Veneto indipendente?.

CS: La Lega Nord si batte per Roma indipendente dal Veneto.

LF: E’ una critica che rivolgi a Flavio Tosi, sindaco di Verona e segretario della Liga Veneta, al centro di polemiche e scandali?.

CS: A Tosi pongo queste domande: è vero che fa feste con i trans? Quanti giorni ha lavorato in vita sua?. In realtà Tosi è impegnato a ricostruire un Paese che non esiste, l’indipendenza del Veneto è ben altra cosa.

LF: Presumo che tu abbia seguito il botta e risposta tra la senatrice Laura Puppato, esponente veneta del PD, e alcuni commentatori del nostro giornale circa i temi dell’indipendenza del Veneto. Puppato è contraria all’indipendenza sostenendo di essere su posizioni federaliste, tu cosa ne pensi?.

CS: Laura Puppato fa dichiarazioni pornografiche. Il PD sono i degni rappresentanti della parte mediocre del Veneto.

Continua…

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Intervista a Carlo Sandrin (Tea Party Veneto) il ‘Glenn Beck europeo’ (2° parte)

http://www.lindipendenza.com/intervista ... 2%B0-parte

Proponiamo per L’Indipendenza la seconda parte (qua la prima) dell’intervista in esclusiva rilasciataci via skype nei giorni scorsi da Carlo Sandrin (nella foto a sinistra), portavoce del Tea Party Veneto (TPV), su vari argomenti di stretta attualità e circa i suoi futuri progetti personali per il Veneto e la promozione della libertà. (Intervista a cura di Luca Fusari)

Luca Fusari: Quanto ha influito l’arresto dei secessionisti e la vicenda del “tanko” nel rallentamento dell’iter del pdl 342?.

Carlo Sandrin: Gli arresti in relazione al tanko paradossalmente sono stati un indiretto favore fatto all’indipendentismo veneto. La magistratura e lo Stato italiano con tali arresti hanno inconsapevolmente fatto più di quanto finora era stato possibile fare negli ultimi anni: hanno unito tutti i litigiosi veneti attorno alla causa comune di un Veneto libero contro lo Stato italiano. Ovviamente questo non significa che ci stiano favorendo, anzi temo che non finirà qua.

LF: Cosa intendi dire?.

CS: Dico che lo Stato italiano farà di tutto per impedire che il Veneto non sia più schiavo di Roma.

LF: Alludi a possibili nuovi arresti, repressioni e ad altre forme di intimidazioni anche violente?. In un tuo video su YouTube hai paventato la possibilità che vi possa essere in atto una nuova “strategia della tensione” contro il Veneto.

CS: Si, ritengo che prossimamente possano esserci delle stragi orchestrate dallo Stato italiano in territorio veneto. Lo Stato italiano ha dimostrato già in passato di essere violento e liberticida, non rispettando gli individui e le loro libertà naturali ed economiche. Le stragi pilotate dallo Stato o da parti deviate dello Stato non sono mai state chiarite, pensiamo a piazza Fontana o all’uccisione di Aldo Moro, dunque è possibile che in ottica anti-secessionista possano accadere.

LF: Nel caso dovessero accadere di nuovo, come dovrebbe comportarsi e reagire la popolazione veneta?.

CS: I veneti e i liberi dovranno rispondere soltanto e solamente con manifestazioni pacifiche, con la democrazia e il rispetto di una condotta basata sulla nonviolenza, mai con la violenza fisica e verbale, qualunque cosa dovesse accadere. Non bisogna mai cadere nelle provocazioni o in reazioni, dato che è l’obbiettivo a cui mira lo Stato per poter poi reprimere a man bassa.

LF: A proposito di provocazioni e ricorrenze, nei giorni scorsi vi sono state polemiche da parte dell’ANPI nei confronti degli indipendentisti veneti sull’interpretazione del 25 Aprile e sul suo significato. Qual è la tua opinione su tali diatribe?.

CS: L’ANPI è una associazione di ex terroristi comunisti rossi i quali durante la seconda guerra mondiale combatterono contro le squadre fasciste di colore opposto ma di ideologia uguale. Si opponevano a un dittatore in nome di un altro dittatore. Le dichiarazioni dell’ANPI contro gli indipendentisti veneti sono paragonabili a quelle del cane Pluto sullo scudo spaziale. La festa italiana del 25 Aprile è una non festa italiana dato che si celebra una falsa liberazione la quale ha partorito la Costituzione più indecente del mondo e può essere celebrata solo da chi è decerebrato, ignorante, in cattiva fede o tutto questo.

LF: Alludi per caso a Giorgio Napolitano?.

CS: Giorgio Napolitano pensi ai carri armati in Ungheria, dato che ne dovrà rendere conto a Dio.

LF: Quindi ritieni che il 25 Aprile in Veneto debba diventare il giorno dell’orgoglio veneto contro l’Italia?.

CS: Chi viene in Veneto può vedere come tutti i giorni vi siano i gonfaloni e i simboli della Serenissima, quindi la festa di San Marco trascende la data sul calendario, dato che la festa dell’indipendenza avviene ogni giorno.

LF: Alcuni nostri lettori e commentatori, quando sentono parlare di Tea Party Veneto associano tale associazione a torto o a ragione con il Tea Party Italia (TPI), dato che sei il leader del TPV ci puoi spiegare quali sono le differenze e quali i punti condivisi tra la tua associazione e quella italiana?.

CS: Il Tea Party nasce dall’esperienza e dall’esempio del movimento Tea Party statunitense che riunisce milioni di persone ogni anno sotto le bandiere della lotta al Big Government e contro la socializzazione della società. Il TPV è differente dal TPI ed ha le stesse razionali differenze e analogie al pari che con gli altri Tea Party esteri in giro per il mondo, ad esempio in Australia o negli Stati Uniti.

LF: Quindi il TPV non dipende dal TPI ed ha una propria autonomia organizzativa e decisionale?.

CS: Esatto, il TPV riguarda il Veneto non si interessa di parlare a nome dell’Italia, è una organizzazione non dipendente dal TPI. Il TPI ha il tricolore nel loro simbolo, noi abbiamo il leone marciano. Siamo un movimento veneto apartitico ma aperto anche a tutti quei rappresentanti delle istituzioni, locali e nazionali che vogliano dimostrare pubblicamente, con la loro adesione, un impegno concreto nel promuovere le nostre idee e nel lottare a favore delle istanze venete di cui il movimento di protesta e di proposta si fa carico.

LF: A proposito di proteste e proposte, sappiamo che tu e il TPV state proponendo la battaglia sulla disobbedienza fiscale anche attraverso il ravvedimento operoso, vi sono in programmi degli eventi o delle manifestazioni da tenersi in Veneto prossimamente?.

CS: In generale il TPV ha un suo calendario delle attività, al momento sono in costante definizione, dato che procede nella sua crescita di seguito ed iscritti. Abbiamo in programma la riproposizione dell’evento sulla disobbedienza civile e fiscale, Martedì 6 Maggio 2014 dalle ore 20.30, presso il cinema teatro San Pietro in via G. Matteotti 56 a Montecchio Maggiore (VI). Il titolo della convention sarà: ‘La vita e la libertà vengono prima delle tasse e dello Stato (ladro)‘. Il tema della serata vedrà vari interventi sul: non rubare-Stato ladro; disobbedienza fiscale metodi e modi; le tasse e lo Stato possono aspettare viene prima la vita e la libertà. Proponiamo in Veneto la disobbedienza fiscale in ogni città veneta per manifestare contro l’eccessiva tassazione e promuovere la libertà di mercato. Rivolta a tutti i commercianti, artigiani, imprenditori, possessori di partita IVA e ai singoli interessati, la riunione ha lo scopo di informare su come attuare una disobbedienza fiscale e alle conseguenze giuridiche ed esattoriali di tale atto, anche e soprattutto in virtù del fatto che in questo momento molte aziende si trovano in difficoltà circa la solvibilità dei contributi a causa delle imposte che lo Stato italiano ci impone. Preciso che non c’è nessun obbligo da parte dei partecipanti dell’evento se non la libertà di partecipare ad una riunione. Preciso inoltre che l’iniziativa è completamente priva di ogni azione politica e/o sindacale e/o associativa e priva di ogni corrente partitica.

LF: Giorgio Fidenato assieme a Leonardo Facco sono gli animatori del Movimento Libertario e sono da sempre vicini alla causa della disobbedienza fiscale e in favore dell’indipendenza del Veneto. Come giudichi i libertari italiani alla luce anche di talune polemiche presenti nell’area liberale?.

CS: Io non sono un libertario tendo più su posizioni conservatrici, ma ho grande stima e rispetto personale per Leo e Giorgio e per le loro idee e battaglie, personalmente ho intenzione di tesserarmi nel Movimento Libertario.

LF: Tra i partecipanti all’evento sulla disobbedienza civile e fiscale vi sarà anche un sacerdote, padre Marino Ruggero, qual è il tuo rapporto personale con la fede e qual è il tuo giudizio nei confronti della Chiesa cattolica alla luce delle prese di posizione in favore dell’unità d’Italia e contro la secessione del Veneto da parte di importanti esponenti della Conferenza Episcopale Italiana?.

Immagine

CS: Dio ha creato gli uomini liberi, e ci ha mandato sulla Terra uomini straordinari come Don Marino Ruggero, purtroppo però non tutti sono come lui. Io sono un cristiano credente ma penso che lascerò la Chiesa cattolica, in quanto essere cristiani è in antitesi con l’essere cattolici. La Chiesa cattolica è una istituzione ormai secolare e poco spirituale, è catto-comunista e crede di essere l’unica depositaria del monopolio della fede. Individualmente credo troppo in Dio per credere anche alla Chiesa cattolica.

LF: Da credente, cosa rimproveri alla Chiesa cattolica?.

CS: Se si è credenti e divulgatori della parola di Cristo si crede in una visione giusnaturale in difesa dei diritti naturali individuali di proprietà, non si possono giustificare l’oppressione fiscale e l’unità d’Italia. Storicamente e teologicamente questo è in contrasto con la storia stessa della Chiesa cattolica e con il cristianesimo, ricordo che vi è un santo che rifiutò di fare il gabelliere, non c’è nessun santo famoso come pagatore di tasse.

LF: Ritieni quindi che la Chiesa cattolica e le diocesi venete refrattarie all’indipendenza non stiano capendo i veneti e le esigenze spirituali e materiali dei loro fedeli?.

CS: Si, reputano le pretese indipendentiste come infondate. Non comprendono che la causa dei suicidi di molti imprenditori veneti sono le tasse da pagare a Roma e all’oppressiva burocrazia. Il Vaticano e quelle diocesi, anziché essere vicine a molte famiglie venete disperate o in lutto, si preoccupano invece di aprire le porte delle loro canoniche per ospitare immigrati, il tutto in ossequio alle parole del papa. Tutto questo è contro gli interessi dei veneti e del buon senso. Noi del Tea Party Veneto con il nostro evento co-organizzato intendiamo invece dare una risposta concreta contro il dramma fiscale in favore della vita.

Continua…
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Re: Rexistensa, dexobediensa e revolta fiscal

Messaggioda Berto » mer apr 30, 2014 8:03 am

https://www.facebook.com/events/2871723 ... 9/?fref=ts

"Sciopero e Resistenza Fiscale" un pò di Storia

La RESISTENZA FISCALE o PROTESTA FISCALE è un gesto di ribellione consistente nel rifiuto di pagare le tasse allo Stato. Tale gesto è spesso dovuto ad una forte opposizione a determinate politiche del governo, sia da un punto di vista civile che economico, oppure un'opposizione allo Stato in quanto istituzione in sé (gesto spesso attuato da movimenti anarchici). Molti resistenti fiscali storici sono stati dei pacifisti, oppure particolari movimenti religiosi, come i quaccheri.
Questa "tecnica" è stata spesso usata anche da movimenti e personaggi nonviolenti, come ad esempio Mahatma Gandhi e Martin Luther King.
Qualora praticata da un esteso numero di cittadini simultaneamente, ha l’effetto dirompente di colpire al cuore i VERI interessi di quei politicanti che operano secondo logiche del favoritismo personale e lobbistico, mettendo al tappeto in un sol colpo l’apparato statale di riscossione delle imposte, incapace di gestire un numero incalcolabile di pratiche di insolvenza.

STORIA

Il primo caso riconosciuto di resistenza fiscale avvenne nel I secolo a.C., quando degli zeloti residenti in Giudea si rifiutarono di pagare le tasse imposte dall'impero romano. I fomentatori di questa protesta fiscale vennero torturati ed uccisi, come testimoniato dalla stessa Bibbia.

Guerra civile inglese
Tra il 1646 e il 1648 i cittadini di Londra si rifiutarono di pagare le tasse per opporsi all'occupazione del New Model Army.

Rivoluzione americana
La protesta fiscale forse più famosa della storia è quella che causò lo scoppio della rivoluzione americana e la successiva nascita degli Stati Uniti d'America. I coloni si rifiutarono in ogni modo di pagare le tasse alla Gran Bretagna (vedi Boston Tea Party). Proprio durante queste proteste nacque il celeberrimo motto No Taxiation Without Representation. Molte proteste fiscali continuarono anche ad indipendenza ottenuta. Per esempio, nel 1781 nello Stato del Connecticut erano previste entrate tributarie per $ 288.233, ma, a causa della resistenza fiscale, le entrate furono solamente $ 40.000.

Rivoluzione francese
Durante la rivoluzione francese vi fu una diffusa protesta fiscale, sia nei confronti della monarchia che del governo ad essa succeduto.
Protesta contro Carlo X di Francia
Quando Carlo X di Francia, nel 1829, aumentò le imposte aggirando il Parlamento, i liberali francesi (tra i quali Frédéric Bastiat) organizzarono la cosiddetta Breton Association, attraverso la quale praticarono e pubblicizzarono la resistenza fiscale in tutta Francia, soprattutto a Parigi.

Protesta contro la guerra messicano-statunitense
Una delle resistenze fiscali più famose fu quella compiuta dal famoso filosofo americano Henry David Thoreau che, nel 1846, si rifiutò di pagare le tasse come protesta nei confronti del Fugitive Slave Law e della guerra messicano-statunitense. "Se mille uomini non pagassero quest'anno le tasse, ciò non sarebbe una misura tanto violenta e sanguinaria quanto lo sarebbe pagarle." (H.D.Thoreau)

Prima guerra mondiale
Durante la prima guerra mondiale in tutte le nazioni partecipanti, e in special modo negli Stati Uniti, ci fu un forte sentimento contrario alla guerra, tale da portare molti ad evadere le tasse per non finanziare le spese belliche.

Samoa americane
Nel 1927, il Committee of the Samoan League organizzò una resistenza fiscale di massa per protestare contro la colonizzazione statunitense delle isole Samoa.

Indipendenza indiana
La campagna del Mahatma Gandhi per l'indipendenza dell'India ebbe uno dei suoi punti chiavi in una protesta fiscale nei confronti degli occupanti britannici. Tale resistenza ebbe il suo culmine nel 1930, con la famosa marcia attraverso l'India di Gandhi."Rifiutarsi di pagare le tasse è uno dei metodi più rapidi per sconfiggere un governo"(M.Ghandi)

Grande depressione
Durante tutti gli anni trenta, negli Stati Uniti, si formarono varie associazioni di contribuenti aventi come scopo la protesta fiscale nei confronti delle elevate tasse imposte sulla proprietà. La più famosa di queste associazioni fu l'Association of Real Estate Taxpayers.

Seconda guerra mondiale
Un po' come successe per la prima, anche durante la seconda guerra mondiale ci fu una diffusa protesta fiscale scaturita dalla contrarietà per la guerra in atto. In particolar modo tale protesta venne molto attuata dai cosiddetti cristiani anarchici.

Guerra del Vietnam
Negli inizi del 1968, 448 editori e giornalisti scrissero una lettera sul New York Post dove esprimevano il loro aperto dissenso alla guerra in Vietnam e annunciavano la loro protesta fiscale.Nel 1970 cinque docenti della Harvard University e nove membri del Massachusetts Institute of Technology, tra i quali i Nobel Salvador Luria e George Wald, annunciarono la loro protesta fiscale.Nel 1972 fu invece il senatore democratico Philip Hart ad iniziare uno sciopero fiscale contro la guerra vietnamita.

Beit Sahour
Tra il 1988 e il 1989, durante la prima Intifada, i palestinesi della città di Beit Sahour fecero una protesta fiscale nei confronti di Israele. Il risultato di tale protesta fu un assedio che durò per 45 giorni.

ARGOMENTI PRO RESISTERZE FISCALE

I resistenti fiscali hanno utilizzato diversi argomenti a favore della propria lotta, tra i quali:

Il governo esercita un'oppressione fiscale tale da rendere schiavi i contribuenti.
Il governo attua politiche ritenute immorali, se non criminali, come guerre o pena di morte.
Il governo non è legittimato.
Il governo attua un regime di corruzione e malaffare.
Il governo è inefficiente e malfunzionante.
Contrarietà verso la natura coercitiva dello Stato.
Mancanza di rappresentanza (no taxation without representation).
Relativamente all’attuale emergente situazione italiana, non possiamo fare a meno di rilevare che TUTTE queste condizioni sono purtroppo contemporaneamente verificate. Più in dettaglio:

• la condizione 1. è notoriamente vera, essendo l’Italia un paese tristemente famoso in Europa per la sua pressione fiscale da record (www.ilsole24ore.com/pressione-fiscale-italia-record ) che sta trasformando il lavoro da diritto a schiavitù;

• la condizione 2. giustifica una sorta di “obiezione di coscienza fiscale”: se parte delle finanze pubbliche viene dilapidata in guerre inutili (come quella in Afghanistan, vedi www.alessandrodibattista.it/27-ragioni- ... ghanistan/), allora partecipare alla spesa pubblica significa anche contribuire in parte alla guerra, indipendentemente dalla propria posizione morale in merito: sottrarre fondi alla guerra dovrebbe essere pertanto ammesso dallo Stato come diritto inalienabile, tanto quanto il già riconosciuto rifiuto di prestare il servizio di leva militare;

• le condizioni 3. e 6. sono oggi protagoniste della cronaca, dopo che la recente sentenza della Corte Costituzionale (www.ilfattoquotidiano.it/porcellum-bocc ... -consulta/) ha sancito di fatto che l’attuale composizione del Parlamento non rispecchia l’esito elettorale e pertanto, nè lo stesso Parlamento nè gli organi istituzionali da esso eletti e/o nominati (il Governo e il Presidente della Repubblica) possono essere considerati legittimi delegati ad agire in nome e per conto del sovrano Popolo Italiano;

• alla condizione 4. è stato tolto di recente il velo all’interno della stessa aula parlamentare (tv.ilfattoquotidiano.it/ecco-nome-del-lobbista-che-vi-controlla/): il caso del lobbista Tivelli è solo l’ultimo in ordine cronologico, dopo le pressioni di Ligresti sul Ministro Cancellieri o quella dell’ENI su Alfano riguardo al caso Shalabayeva; in aggiunta, vanno altresì considerati gli ancor più gravi rapporti d’appartenenza, filiazione e favoritismo verso le società segrete e i vari club d’élite (Bilderberg, Aspen Institute, ecc.);

• la condizione 5. è stata dettagliatamente denunciata in questo intervento della senatrice Paola Taverna che dipinge egregiamente la palese inefficenza del governo Letta nei primi 7 mesi del suo operato: www.youtube.com/taverna-un-minuto-di-vergogna/.

Vista e dimostrata la gravità della situazione, mai come ora il popolo italiano è chiamato a far sentire la propria voce sovrana per ripristinare la legittimità della pretesa fiscale dello Stato. Parafrasando il presidente Thomas Jefferson, le vere rivoluzioni non possono attuarsi se non quando i concetti di legalità, giustizia e legittimità vengano rielaborati, ridefiniti e ricollocati dalla nuova coscienza collettiva in un quadro di VERA e REALE equità.
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Re: Rexistensa, dexobediensa e revolta fiscal

Messaggioda Berto » mer apr 30, 2014 8:05 am

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Re: Rexistensa, dexobediensa e revolta fiscal

Messaggioda Berto » mer apr 30, 2014 9:34 am

Tre imprese su 5 fanno debiti… per pagare le tasse!
http://www.lindipendenza.com/tre-impres ... e-le-tasse

di LUIGI CORTINOVIS

E’ quasi divertente leggere le confessioni di un Finanziere che, senza mezzi termini, definisce lo Stato criminale e tangentaro. Ma ancor più allucinante è leggere che ci sono imprenditori che continuano a prediligere la sopravvivenza da schiavi di questo Stato criminale e tangentaro.

Perché? Leggete qua: “Tre aziende su cinque chiedono prestiti in banca per pagare le tasse. E’ uno degli ultimi risvolti della crisi finanziaria internazionale e della recessione economica, a cui si è aggiunto, nel nostro Paese, un pesante inasprimento della pressione fiscale. Ragion per cui il 68% delle micro, piccole e medie imprese italiane è stato costretto a ricorrere a un finanziamento per onorare le scadenze fiscali. E c’è l’Imu in cima alla lista dei balzelli che hanno spinto gli imprenditori a rivolgersi agli istituti di credito che ora stanno ricevendo analoghe richieste in vista della Tasi. Questi i dati di più di un sondaggio del Centro studi Unimpresa, condotto fra le 120.000 imprese associate sulla base dei dati raccolti al 31 marzo 2014. Quanto ai settori produttivi, sono gli operatori turistici (per gli alberghi), le piccole industrie (per i capannoni) e la grande distribuzione (per i supermercati) quelli maggiormente esposti con le banche a causa dei versamenti fiscali sugli immobili e, più in generale, per tutti gli adempimenti con l’Erario.”

Politici ladri? Stato inefficiente? Risolveremo col prossimo voto? Verrebbe più da dire che chi è causa del proprio male deve solo piangere sè stesso.


http://www.movimentolibertario.com/2014 ... -criminale


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LO DICE UN FINANZIERE: LO STATO ITALIANO E’ LADRO E CRIMINALE

Published by leonardofaccoeditore on 27 aprile 2014 | 4 Responses

117_FINANZASEGNALATICI PER VOI

Memorie di un finanziere della polizia tributaria. Si potrebbe intitolare così il sorprendente documento esclusivo che state per leggere. Si tratta della trascrizione, fedele alla lettera, del disarmante sfogo di un disincantato, onesto e preparato maresciallo della Guardia di Finanza, impegnato da diversi lustri nei temutissimi controlli alle imprese.
L’uomo, di cui evitiamo di indicare dati anagrafici e curriculum per non renderlo riconoscibile, ha apparecchiato per Libero uno zibaldone di pensieri, suddiviso in capitoletti, sul suo lavoro di tutti i giorni. Che per lui è diventato un tran tran asfissiante, capace di condurlo quasi al rigetto. Il risultato è questa spietata radiografia che stupisce e, in un certo senso, preoccupa di un mestiere che tanto trambusto porta nelle vite degli italiani. Infatti in questo sfogo il militare dipinge le ispezioni delle Fiamme gialle come un ineluttabile meccanismo stritola-imprenditori il cui obiettivo non sarebbe una vera e sana lotta alle frodi fiscali, ma una fantasiosa e famelica caccia al tesoro indispensabile a lanciare le carriere di molti professionisti dell’Antievasione.
«Nel nostro lavoro ci sono forzature evidenti, a volte imbarazzanti», ammette con Libero il maresciallo.
Che qui di seguito svela retroscena e segreti dei controlli che intralciano ogni giorno il lavoro di centinaia di imprenditori. Una lettura che potrebbe agitare qualcuno e far alzare il sopracciglio ad altri. Ma a tutti deve essere chiaro che non di fiction si tratta e che domani il nostro maresciallo e la sua pattuglia potrebbero bussare alla vostra porta. Preparatevi a leggere il testo di questo finanziere raccolto in esclusiva da Libero.

Ossessione numeri - Dietro alle verifiche ci sono enormi interessi economici: il dato del recupero dell’imposta serve a molti. Sia ai politici che ai finanzieri. Nella Guardia di Finanza il raggiungimento degli obiettivi legittima l’ottenimento dei premi incentivanti e gli stipendi stellari dei generali, che sono decine: uno per provincia, più uno per regione. Nel nostro Corpo esistono vere e proprie task-force che si occupano di fare previsioni di recupero d’imposta e a fine anno queste devono essere raggiunte, come se l’evasione fiscale si basasse su dei budget. Gli operatori sul territorio sono meno di chi elabora questa realtà virtuale, su 64 mila finanzieri siamo circa 4 mila a fare i controlli.

Indietro non si torna - A fine anno i generali chiedono il dato dell’imposta evasa constatata e lo confrontano con quello dell’anno prima. Il risultato non può essere inferiore a quello di 12 mesi prima. Se il dato scende bisogna dar conto al reparto centrale di Roma del perché si siano recuperati meno soldi e il comandante del reparto periferico rischia di vedersi bloccare la carriera. Per questo le nostre verifiche proseguono anche di fronte a evidenti illogicità. I nostri ufficiali parlano solo di numeri e quando hanno sentore di un risultato, magari per una previsione affrettata di un ispettore, corrono dai loro superiori anticipando che da quella verifica potrà venir fuori un certo risultato: a quel punto non si può più tornare indietro. Il verbale diventa subito una statistica, una voce acquisita e ufficiale di reddito non dichiarato. Quando si prospetta un ventaglio di possibilità per risolvere una contestazione si concentrano le energie sempre su quella che porta il risultato più alto. Che sarebbe poco grave se fosse la strada giusta. Ma spesso non lo è.
Per la Finanza quello che conta è il dio numero. Il nostro unico problema è come tirarlo fuori.

Per riuscirci c’è un nuovo strumento infernale, la cosiddetta “mediana”, che va di gran moda tra gli ufficiali. La si pronuncia con rispetto e deferenza, anche perché da essa dipende la carriera di chi la evoca. Si tratta di uno studio fatto a tavolino, che stabilisce il valore medio della verifica necessario a raggiungere gli obiettivi, il tetto al di sotto del quale non si può andare. Se capiamo che in un’azienda il verbale sarà di entità inferiore alla mediana, derubrichiamo la verifica a controllo in modo che non entri nelle statistiche ufficiali.

Alla Guardia di Finanza abbiamo uffici informatici che elaborano dati in continuazione. Ma si tratta di numeri “drogati”, come lo sono quelli dei sequestri. Nei magazzini dei cinesi ho visto colleghi registrare alla voce “giocattoli” ogni singolo pallino delle pistole per bambini. Spesso questi servizi si fanno in occasione delle feste natalizie, così passa l’informazione che sul territorio c’è sicurezza.
Con questi numeri i generali si riempiono la bocca il 21 giugno, giorno della festa del Corpo. Lo speaker spara cifre in presenza di tutte le autorità, dei presidenti dei tribunali, dei politici, ecc. ecc. Quel giorno è un tripudio di dati pronunciato con voce stentorea: recuperata tot Iva, scovati tot milioni di redditi non dichiarati, arrestati x emittenti fatture false. Una festa!

Normativa astrusa - La normativa tributaria italiana è talmente ingarbugliata che si presta alla nostra logica del risultato a ogni costo. Per noi è piuttosto semplice fare un rilievo visto che siamo aiutati da questa legislazione astrusa e abnorme, spesso contradditoria e conflittuale. Nel nostro Paese è quasi impossibile essere in regola e per chi lo sembra ci prendiamo più tempo per spulciare ogni carta. Infatti se una norma può apparire favorevole all’imprenditore, c’è sicuramente un’altra interpretabile in maniera opposta. E in questo ci aiuta l’oceanica produzione di sentenze, frutto di un eccessivo contenzioso. Un contratto, un’operazione possono essere interpretati in mille modi e alla fine trovi sempre una sentenza della Cassazione che ti permette di poter fondare un rilievo su basi giuridiche certe. Questo è il Paese delle sentenze.

Analizzando un bilancio, un’imperfezione si trova sempre. Magari per colpa dello stesso controllore che prima dice all’imprenditore di comportarsi in un modo e poi in un altro, inducendolo in errore. Per esempio, su nostro suggerimento, un’azienda non contabilizza più certe spese come pubblicità (deducibili), ma come spese di rappresentanza (deducibili solo in parte). Quindi arriva l’Agenzia delle Entrate e spiega che quelle non sono né l’una né l’altra. A volte succede che qualcuno abbia già subito un controllo, abbia aderito a un condono e, zac, arriviamo noi e contestiamo lo stesso aspetto, ma in modo diverso. Dopo i primi anni nel Corpo non ho più sentito di controlli chiusi con un nulla di fatto e in cui si torna a casa senza aver contestato qualcosa. Alla fine chi lavora impazzisce.

Chi sbaglia non paga - Come è possibile tutto questo? Semplice: perché chi sbaglia non paga, ma anche perché chi sbaglia non saprà mai di averlo fatto. Il motivo è semplice: noi non comunichiamo con l’Agenzia delle Entrate e non sappiamo mai che fine facciano i nostri verbali. Per questo se ho commesso un errore non lo verrò mai a sapere: il nostro è solo un verbale di constatazione, a renderlo esecutivo è l’Agenzia delle Entrate che lo trasforma in verbale di accertamento. Però raramente i nostri colleghi civili bocciano il nostro lavoro, anzi questo non succede nel 99,9 per cento delle situazioni. Si fidano di noi e, anche se sono molto più preparati, nella maggior parte dei casi prendono il nostro verbale e lo notificano, tale e quale, al contribuente. Quello che sappiamo per certo è che i nostri verbali, giusti o sbagliati che siano, diventano numeri e quindi non ci interessa che vengano annullati, tanto non ne verremo mai a conoscenza né saremo chiamati a risponderne. Per noi resta un grosso risultato. E visto che nessuno paga per i propri errori, il povero imprenditore continuerà a trovarsi ignaro in un castello kafkiano fatto di norme e risultati da ottenere.

Imprese sacrificali - Gli imprenditori con noi sono sempre gentili, ci accolgono con il caffè, sopportano di averci tra i piedi per settimane, ma si capisce che vorrebbero dirci: scusateci, ma avremmo pure da lavorare. A noi però questo non interessa: dobbiamo contestargli un verbale a qualsiasi costo e quando bussiamo alla loro porta sappiamo che non hanno praticamente speranza di salvezza. Per contrastare e contestare questa trappola infernale l’imprenditore è costretto a pagare consulenti costosissimi, ma noi rimaniamo sempre sulle nostre posizioni. A volte capita che per provare a difendersi il presunto evasore chiami in soccorso come consulenti ex finanzieri, ma spesso questo non gli evita la sanzione. Anzi.

Negli ultimi anni ho notato una certa arrendevolezza da parte degli imprenditori: dopo un po’ si stancano. Capiscono, e ce lo dicono, che tanto dovranno fare ricorso perché noi non cambieremo idea. Per tutti questi motivi molti di loro costituiscono a inizio anno un fondo in previsione della visita della Finanza. Sono coscienti che qualcosa dovranno comunque pagare.

Chi fa veramente le grandi porcate, chi apre e chiude partite Iva, emette false fatture o costituisce società di comodo magari alle Cayman è molto più veloce di noi e per questo non lo incastriamo, mentre azzanniamo quelli che operano sul territorio e che sono regolarmente censiti nelle banche dati. Alla fine lo Stato colpisce sempre i soliti noti. Non è una nostra volontà, ma dipende dal fatto che non abbiamo risorse per fare la vera lotta all’evasione e in ogni caso dobbiamo fornire dei numeri al ministero per poter legittimare la nostra esistenza come istituzione. Anche in Europa.

Tangente di Stato - L’imprenditore, se accetta la proposta di adesione al verbale entro 60 giorni, paga solo un terzo di quanto gli viene contestato e spesso salda anche se non lo ritiene giusto, per togliersi il dente ed evitare ricorsi costosi (a volte più dei verbali) e sine die. In pratica accetta di pagare una tangente allo Stato. Agli imprenditori i ricorsi costano molto e se la commissione provinciale, il primo grado della giustizia tributaria, dà ragione allo Stato, l’imprenditore prima di ricorrere alla commissione regionale, il secondo grado, deve pagare metà del dovuto. Per questo chi lavora spesso preferisce chiudere la partita all’inizio, pagando un terzo.

Giustizia da farsa - Il contradditorio tra Guardia di Finanza e imprenditori durante le verifiche è una farsa, perché ognuno rimane sulla propria posizione, ma va fatto per legge. Nel contradditorio gli imprenditori non hanno scampo: quel numero, quell’ipotesi di evasione, ormai è stato venduto e non può più essere ridimensionato. È entrato nel sistema e nelle nostre statistiche. A noi non interessa se magari dopo anni quel verbale verrà annullato e non avrà prodotto alcun introito per lo Stato.

Le cose non vanno meglio con la giustizia tributaria, gestita da commissioni composte da avvocati, commercialisti, ufficiali della Finanza in pensione che fanno i giudici tributari gratuitamente giusto per fare qualcosa o per sentirsi importanti. È incredibile, ma in Italia il sistema economico-finanziario viene affidato a un servizio di “volontariato”.

La verità è che un tale esercito di volontari senza gratificazioni economiche non se la sente di cassare completamente il lavoro di finanzieri e Agenzia delle Entrate e l’imprenditore qualcosa deve sempre pagare. Difficilmente questi giudici per hobby danno torto allo Stato.
L’assurdità è che vengono pagati 30-40 euro per motivare sentenze complesse che hanno come oggetto verbali da milioni di euro, scritti da marescialli aizzati dal sistema.

Formazione assente - Il nostro vero problema è la mancanza di specializzazione di un Corpo che cerca di riscattarsi nel modo sbagliato, provando a portare a casa grandi risultati, sebbene “storti”. A volte l’ignoranza aiuta a far montare un rilievo che non sta né in cielo né in terra. Sulla nostra formazione non ho niente da dire, perché non esiste. Eppure dobbiamo confrontarci con specialisti agguerriti, leggere documenti in lingue straniere, e la gran parte di noi non sa una parola in inglese. Non ci forniscono nemmeno i codici tributari aggiornati, mentre spendono milioni per farci esercitare ai poligoni, visto che siamo inspiegabilmente ancora una polizia militare, come solo in Equador e Portogallo. Un commercialista lavora 12 ore al giorno e si forma continuamente. Dall’altra parte della barricata c’è gente come noi che non vede l’ora di scappare via dall’ufficio, dove spesso non ha neppure a disposizione una scrivania o la deve condividere con altri colleghi. In questo modo il lavoro diventa l’ultimo dei pensieri. I più bravi vanno in pensione appena possono, per riciclarsi come professionisti al soldo delle aziende. Ci vuole una fortissima motivazione per studiare una materia terribile come il diritto tributario. Avvocati e commercialisti trovano gli stimoli nelle parcelle, da noi un maresciallo con vent’anni di servizio guadagna 1.700 euro. Gli incentivi li dobbiamo trovare dentro di noi, magari pensando di sfruttare il sistema per trovare un altro lavoro. È illogico che un mestiere così delicato, dove si contestano milioni di euro d’evasione, sia affidato a gente sottopagata e impreparata. L’unico modo di tenersi aggiornati è quello di studiare a proprie spese, pagandosi master e corsi. Purtroppo la formazione è costosissima e spesso ci rinunciamo. È chiaro che un sistema del genere presti il fianco al rischio della corruzione.

In più bisogna considerare che per noi le verifiche sono particolarmente rischiose. In base alla mia esperienza non le facciamo con la giusta professionalità, possiamo commettere errori in buona fede, essere invischiati in fatti che neanche capiamo. Per esempio alcuni di noi sono stati accusati di aver ammorbidito un verbale per un tornaconto, in realtà lo avevano fatto per ignoranza e per questo ora quasi nessuno vuole più fare questo tipo di lavoro.

Risorse all’osso - I nostri capi hanno budget di spesa sempre più ristretti. Nonostante ciò ogni ufficiale deve portare a casa i risultati con i soldi e le pattuglie che ha. Risultati almeno uguali a quelli dell’anno precedente. A causa di questa mancanza di mezzi siamo costretti a portare via dalle aziende penne, risme di carta, spillatrici. E secondo me gli imprenditori se ne accorgono, ma non dicono nulla per compassione.
Onestamente gli ufficiali non sono responsabili di questa penuria di risorse, visto che i fondi destinati alla lotta all’evasione vengono decisi dai politici. Ma la frustrazione dei nostri superiori viene compensata da ottimi stipendi personali che lievitano grazie ai risultati conseguiti. Cosa che ovviamente non succede a noi.

Nel nostro lavoro, la mattina, ammesso che trovi una macchina libera, devi prima fare car-sharing e accompagnare diversi colleghi ai reparti, quindi ti restano due o tre ore per fare visita a un’azienda. Quando rientriamo da una verifica il nostro principale problema è segnare sul registro quanti chilometri abbiamo fatto e quanta benzina abbiamo consumato. Arriveremo al paradosso di fare le verifiche in ufficio a contribuenti trovati su Google.

Lontani dalla realtà - I nostri vertici sono lontani dalla realtà, sono convinti che noi facciamo “lotta all’evasione”. C’è una distanza siderale tra chi sta in trincea, come me, e chi vive nei salotti. Un maresciallo può parlare solo con il tenente e non con i gradi superiori. Il nostro messaggio viene filtrato e arriva al vertice completamente distorto. Nel nostro sistema militare non conta quello che pensi del tuo lavoro, ma il grado che hai sulle spalle. L’ufficiale non va a riferire al superiore se l’ispettore gli ha detto che un controllo potrebbe non portare a niente. Al contrario insinua nei vertici la speranza che un risultato arriverà. E così chi va in giro per aziende deve ingegnarsi per trovare il cavillo che porti al risultato, solo per sentirsi dire bravo o per una pacca sulla spalla. L’animo umano si accontenta di poco. In questa catena di comando in cui tutti devono fare carriera non sono ammessi dubbi od obiezioni, l’informazione reale resta a valle, al generale arriva quella virtuale, il famoso “numero”. In nome del quale vengono immolati molti evasori virtuali.

TRATTO DA http://www.liberoquotidiano.it
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Re: Rexistensa, dexobediensa e revolta fiscal

Messaggioda Berto » dom mag 04, 2014 9:08 pm

http://www.plebiscito.eu/news/vademecum ... contributi


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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... /02/37.jpg

VADEMECUM SUGLI STRUMENTI A DISPOSIZIONE DI EQUITALIA PER IL RECUPERO FORZOSO DI IMPOSTE E CONTRIBUTI
GIANEon maggio 2, 2014
foto (28)Cosa succede se il contribuente, che ha ricevuto una cartella di pagamento o un avviso di accertamento esecutivo, non paga nei termini oppure non presenta ricorso?
L’Agente della Riscossione (Equitalia) potrà avvalersi di uno o, contemporaneamente, più strumenti per recuperare forzatamente gli importi dovuti.
Si parla, a riguardo, di azioni cautelari (quelle volte a mettere un “vincolo” giuridico sui beni, pur senza espropriali, come nel caso di fermo o ipoteca) e azioni esecutive (quelle, invece, finalizzate all’esproprio dei beni del debitore).
Gli strumenti
La legge stabilisce che la cartella di pagamento e l’avviso di accertamento esecutivo contengono l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo “entro sessanta giorni dalla notificazione, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata”.
Pertanto, decorsi 60 giorni dalla notifica della cartella (o 30 giorni dal termine per impugnare l’avviso di accertamento esecutivo), l’Agente della Riscossione può:
- iscrivere ipoteca sui beni immobili del debitore e dei coobbligati in solido;
- procedere al fermo amministrativo dei beni mobili registrati;
- qualora le somme siano di importo almeno pari a 10.000 euro, beneficiare della procedura di “blocco” del pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni;
- avvalersi sia del pignoramento mobiliare sia del pignoramento presso terzi con la procedura “semplificata”, senza cioè passare dal Giudice per l’esecuzione;
- procedere a espropriazione immobiliare, se il credito supera i 120 mila euro e sempre che non si tratti di prima e unica casa del debitore;
- effettuare ogni altra azione esecutiva, cautelare o conservativa che l’ordinamento attribuisce in genere al creditore.
Va detto, però, che in caso di notifica di accertamento esecutivo, decorsi 30 giorni dal termine ultimo per l’impugnazione dell’atto, il credito è trasferito all’Agente della Riscossione (Equitalia), ma l’eventuale azione forzata è sospesa per un termine di 180 giorni dalla data dell’affidamento agli agenti della riscossione. La data dell’affidamento si verifica decorsi 90 giorni dalla notifica dell’atto (60 giorni più 30 giorni) oppure 180 giorni in caso di accertamento con adesione (60 giorni più 90 giorni più 30 giorni).
La norma dispone, dunque, una sospensione di 180 giorni solo per l’esecuzione forzata, ma non per altre azioni, quali il fermo amministrativo del mezzo, ad esempio, o l’iscrizione ipotecaria, che potrebbero essere legittimamente intraprese dall’Agente della Riscossione, non essendo prevista una sospensione esplicita in caso di proposizione dell’istanza di sospensione.
L’Agente della Riscossione ha l’obbligo di notificare con una comunicazione preventiva di almeno 30 giorni, l’intenzione di voler procedere con iscrizione ipotecaria in mancanza di pagamento. In questa ipotesi tale termine, di fatto, si sommerebbe ai 30 già previsti per legge, concedendo, presumibilmente, 60 giorni complessivi dal termine ultimo per pagare, per ottenere la sospensiva.
Invece, per procedere all’espropriazione, è necessario che siano decorsi sei mesi dalla data di iscrizione di ipoteca.
I MINI-DEBITI
Nei casi di riscossione coattiva di debiti fino a 2.000 euro, è previsto che Equitalia invii al debitore, prima di intraprendere misure cautelari ed esecutive, due solleciti di pagamento. Tra il primo e il secondo avviso, da spedire per posta ordinaria, devono trascorrere almeno sei mesi.
Se, dopo l’invio dei due solleciti, le somme continuano a non essere pagate, l’agente della riscossione può intraprendere le azioni previste per il recupero coattivo, inviando al contribuente un avviso (avviso d’iscrizione del fermo amministrativo, atto di pignoramento, eccetera).
L’ESPROPRIAZIONE INIZIA CON IL PIGNORAMENTO
L’Agente della Riscossione che non vede soddisfatto il proprio credito, nonostante eventuali tutele di garanzia quali il fermo amministrativo o l’ipoteca, può dunque procedere alla riscossione coattiva delle somme dovute.
L’ESECUZIONE FORZATA
Equitalia può pertanto attuare una procedura chiamata esecuzione forzata, volta a soddisfare il credito dell’erario attraverso il denaro ricavato dalla vendita o dall’assegnazione di beni o crediti pignorati al debitore.
Gli Agenti della Riscossione, possono così procedere, senza l’intervento o l’autorizzazione del Giudice dell’esecuzione, al pignoramento dei beni del debitore fino alla loro successiva vendita.
L’espropriazione forzata prende infatti avvio proprio con il pignoramento, che non può essere emanato prima del decorso di sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento.
Tuttavia, se l’espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella essa dovrà essere preceduta da un avviso che contiene l’intimazione ad adempiere all’obbligo di pagamento entro 5 giorni.
Per quanto riguarda gli accertamenti esecutivi, dal momento di affidamento delle somme, a prescindere dalla presentazione del ricorso, l’espropriazione non può iniziare se non dopo il decorso di 180 giorni, quindi, nella maggior parte dei casi, decorsi almeno 270 giorni dalla notifica dell’accertamento (ossia: 60 giorni termine per il ricorso, + 30 giorni termine dilatorio per l’affidamento delle somme ad Equitalia, + 180 giorni, periodo in cui il pignoramento non può avvenire).
IL PIGNORAMENTO
Il pignoramento può essere di tre forme diverse:
1) mobiliare,
2) immobiliare,
3) presso terzi.
A differenza di quanto avviene nella procedura civile ed ordinaria, Equitalia gode di ampi poteri strumentali per individuare i beni da sottoporre ad espropriazione.
Infatti, gli Agenti della Riscossione possono:
- accedere ai dati dell’archivio finanziario presso l’Anagrafe Tributaria;
- accedere ai dati posseduti dagli uffici pubblici;
- per il tramite degli uffici finanziari richiedere accessi, ispezioni e verifiche.
1) Pignoramenti mobiliari
Passando ai pignoramenti mobiliari, una novità riguarda il divieto di apposizione del fermo amministrativo per i veicoli strumentali all’impresa e alla professione. A questo scopo, il contribuente deve provare che il mezzo – sul quale Equitalia ha preannunciato l’iscrizione del fermo – è strumentale all’esercizio dell’attività o della professione. La dimostrazione deve essere data entro 30 giorni dal ricevimento del preavviso di fermo.
Quanto al pignoramento di beni indispensabili all’esercizio dell’impresa o della professione, questi sono infatti pignorabili nei limiti di un quinto del loro valore, solo se l’ufficiale di riscossione non ha rinvenuto altri beni capienti, e anche se il debitore ha forma societaria oppure presenta prevalenza del capitale investito rispetto al lavoro.
Inoltre, in caso di pignoramento di questi beni, il debitore è sempre nominato custode degli stessi e devono decorrere almeno 300 giorni prima della vendita all’incanto.
2) PignoramentI immobiliarI
Equitalia può anche pignorare i beni immobili del debitore come la casa, un terreno, un capannone, ecc.
La modifica più rilevante è il divieto di espropriazione dell’abitazione principale. Esso opera solo in presenza di quattro condizioni:
- deve trattarsi dell’unico immobile posseduto dal debitore;
- il fabbricato deve avere destinazione catastale abitativa. Ne consegue che se il debitore abita in un immobile a uso ufficio la copertura non opera;
- non deve però essere una casa di lusso, a prescindere dalla categoria catastale ufficiale, né appartenere alle categorie A8 (ville) o A9 (castelli);
- il debitore deve avere residenza anagrafica nell’unità in esame.
Questo non vuol dire che Equitalia non potrà iscrivere ipoteca sulla casa. L’ipoteca infatti è solo una causa di “prelazione” (ossia di “preferenza” nella distribuzione del denaro derivante dall’asta) nel caso in cui qualche altro creditore metta in moto il procedimento di espropriazione (procedimento che, come detto, in presenza delle quattro suddette condizioni, Equitalia non può avviare). Infatti, il divieto di espropriazione introdotto dal decreto del Fare (che opera solo nei confronti di Equitalia e non di altri creditori privati) non esclude che l’abitazione principale sia, tuttavia, ipotecabile in presenza di un debito a ruolo superiore a 20mila euro.
Sempre restando in tema di pignoramenti immobiliari, è stato elevato da 20mila a 120mila euro il limite minimo di importo scaduto in presenza del quale l’espropriazione è ammessa: in questi casi, ovviamente, l’espropriazione è possibile solo quando manchino le suddette quattro condizioni.
È inoltre necessario che l’espropriazione sia preceduta dal decorso di sei mesi dall’iscrizione dell’ipoteca.
Non è ancora chiaro se le nuove condizioni, molto più favorevoli per il debitore, si applichino anche ai pignoramenti già eseguiti e per i quali la vendita all’incanto del bene non sia ancora avvenuta. In attesa di dirimere la questione, Equitalia ha sospeso tutte le procedure in corso alla data di entrata in vigore del D.L. 69/13.
3) Pignoramento presso terzi
Uno strumento sempre più frequentemente utilizzato dall’Agente della Riscossione è il pignoramento presso terzi ossia quello con cui viene pignorato il conto in banca oppure un quinto di stipendio o pensione. Questo per due ordini di motivi. Innanzitutto si tratta di una procedura molto agevole perché ad Equitalia è consentito di evitare l’udienza di assegnazione delle somme davanti al Giudice, prevista invece nel caso di pignoramenti effettuati da privati; in questo modo si riducono notevolmente i tempi. Dall’altro lato, tutti i limiti e i vincoli introdotti negli ultimi anni al pignoramento mobiliare e immobiliare hanno reso tali esecuzioni particolarmente difficoltose. Pertanto il pignoramento presso terzi resta ancora quello più facile e sicuro, se si eccettua la previsione di un limite di un quinto alla pignorabilità dello stipendio e della pensione, che comporta semplicemente un allungamento dei tempi di recupero.
Il pignoramento presso terzi comporta l’apposizione di un vincolo di indisponibilità sui beni o sui crediti di cui è titolare il debitore, ma che sono nella sfera giuridica di un terzo soggetto: così, per esempio, nel caso del datore di lavoro quando ancora non ha versato lo stipendio al dipendente; o nel caso della banca presso cui sono depositate le somme.
Il sistema delineato nella legge, consente anche all’Agente della Riscossione di ottenere, attraverso una rapida interrogazione telematica, le informazioni relative alla tipologia di rapporti finanziari intrattenuti dai contribuenti con l’universo degli operatori finanziari.
Equitalia ha inoltre la facoltà di accesso alle altre banche dati pubbliche e private. È il caso, ad esempio, degli altri archivi generati dall’anagrafe attraverso i dati comunicati, tra l’altro, dalle Camere di Commercio e dagli ordini professionali.
In presenza di importi iscritti a ruolo superiori a 25.000 euro, la legge conferisce agli Agenti della Riscossione molteplici poteri, tra i quali vi è quello di acquisire dettagli in ordine alle movimentazioni bancarie del contribuente o in ordine ai beni e alle attività detenute da società fiduciarie, oppure di accedere ai luoghi di esercizio dell’attività del debitore, oppure ancora di inviare questionari ai soggetti comunque in rapporti con il debitore. Tanto, ai fini dell’acquisizione di notizie utili a individuare i beni aggredibili.
Quando avvia il pignoramento presso terzi, Equitalia può ordinare al terzo debitore del contribuente il pagamento delle somme dovute direttamente nelle mani dell’Agente stesso, saltando la fase della citazione davanti al Giudice dell’esecuzione (che, nel caso di pignoramenti promossi da privati, è invece obbligatoria). Il pagamento deve poi avvenire entro 60 giorni dalla notifica dell’atto di pignoramento, per le somme già scadute a tale data, ed entro ciascuna scadenza prestabilita, per le altre somme.
Insomma: il contribuente si vedrà il conto in banca prosciugato senza neanche arrivare davanti a un Giudice. È però vero che il debitore deve prima ricevere la notifica di un atto di avvertimento, detto “atto di pignoramento”.
L’atto di pignoramento va notificato sia al terzo che al debitore in tale modo:
a) si mette il contribuente in condizioni di venire a conoscenza del pignoramento in atto e, se del caso, di segnalare all’Agente della Riscossione la sopravvenuta inesistenza del titolo della pretesa (per esempio, se ha pagato la cartella, se quest’ultima si è prescritta o è stata annullata dal Giudice);
b) si consente altresì al contribuente di esercitare il proprio diritto alla difesa, in sede di opposizione agli atti esecutivi, impugnando davanti al Giudice dell’esecuzione l’atto di pignoramento.
La disciplina sul pignoramento presso terzi prevede alcuni limiti nella quota massima di stipendio o pensione pignorabile, che derogano ai vincoli, stabiliti nel codice di rito. In particolare, mentre nel pignoramento ordinario il limite di legge è il quinto dello stipendio, l’espropriazione esattoriale prevede limiti variabili in funzione dell’ammontare del credito stipendiabile o retributivo su cui si intende effettuare l’esecuzione. Così, per importi non superiori a 2.500 euro, il limite di pignorabilità è ridotto a un decimo, per importi compresi tra 2.500 euro 5.000 euro, la quota massima diventa un settimo, mentre per importi superiori a 5.000 euro si applica il vincolo ordinario del quinto.
Dopo le modifiche apportate alla normativa in commento, si è disposto che l’importo dell’ultimo emolumento affluito sul conto corrente del debitore non è pignorabile in capo al terzo, datore di lavoro, che risulta così liberato da qualsiasi vincolo al riguardo.
La normativa in materia dispone che tutte le amministrazione che devono pagare somme superiori a 10.000 euro, a qualunque titolo, ai contribuenti, prima di versare devono interpellare Equitalia Servizi Spa per verificare se risultano carichi iscritti a ruolo scaduti, per importi almeno pari a 10.000 euro.
La procedura di interrogazione avviene per via telematica ed è quindi piuttosto agevole. In linea di principio, qualunque pagamento che superi il limite di legge è interessato dalla verifica.
Equitalia risponde entro cinque giorni. In caso di mancata riposta entro tale termine, il pagamento può essere effettuato. Qualora invece la Società di Riscossione riscontri tempestivamente (cioè entro 5 giorni) carichi a ruolo almeno pari a 10.000 euro, l’Ente pubblico deve sospendere il pagamento, fino a concorrenza del debito a ruolo, comprensivo delle spese di esecuzione e degli interessi di mora. In assenza di dichiarazione, il pagamento deve essere sospeso, mentre una volta conosciuta l’entità della pendenza, la sospensione non potrà eccedere l’importo a ruolo. Tale sospensione non è tuttavia indefinita, ma si protrae al più per 30 giorni. Entro questo termine, il competente Agente della Riscossione deve notificare un atto di pignoramento presso terzi, sia all’Ente pubblico che al debitore moroso. Per effetto del pignoramento, l’Ente pubblico versa direttamente nelle casse dell’Agente della Riscossione l’ammontare a ruolo. Qualora entro il medesimo termine di 30 giorni non dovesse pervenire alcun pignoramento, l’amministrazione è libera di pagare quanto dovuto al contribuente moroso.
Dr. Alberto Marsotto
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Re: Rexistensa, dexobediensa e revolta fiscal

Messaggioda Berto » sab mag 17, 2014 9:18 pm

Plebiscito.eu: “Sono 93.000 le aziende che fanno obiezione fiscale”

http://www.lindipendenza.com/plebiscito ... ne-fiscale

Dopo la lettura dei risultati del referendum di indipendenza del Veneto tenutosi dal 16 al 21 marzo 2014 e la dichiarazione di continuità di indipendenza della Repubblica Veneta proclamata a Treviso il 21 marzo 2014, si è insediata la Delegazione dei Dieci, il primo organo provvisorio di governo legittimo della Repubblica, con il preciso mandato popolare ricevuto di rendere pienamente esecutivo il risultato del referendum, attuando la piena indipendenza della Repubblica Veneta.

La Delegazione dei Dieci della Repubblica Veneta il 25 marzo 2014 ha pertanto decretato l’esenzione fiscale totale nel periodo di transizione fino alla piena operatività delle istituzioni della Repubblica, che sarà raggiunta attraverso un percorso civico istituzionale che vedrà seguire quindi l’applicazione della fiscalità veneta, l’erogazione dei servizi della Repubblica Veneta e quindi la sua Costituzione definitiva e il pieno esercizio di sovranità e indipendenza.

L’11 aprile 2014 l’esenzione fiscale è stata quindi solennemente proclamata a Vicenza, con la partenza della campagna di obiezione fiscale nel rispetto della legalità veneta e anche delle norme dello stato italiano pur illegittimo, per permetterne una maggiore pervasività e diffusione. Nel corso di questo mese hanno quindi iniziato ad operare nel territorio oltre 100 Uffici Pubblici delle Comunità della Repubblica Veneta e si sono organizzate nel territorio circa 40 aree territoriali che coordinano le attività di circa 11.000 volontari della Repubblica Veneta a copertura dell’intero territorio nazionale. L’azione integrata degli Uffici Pubblici delle Comunità, delle aree territoriali del corpo dei volontari repubblicani e del canale digitale attraverso il sito internet http://www.plebiscito.eu hanno permesso la raccolta di migliaia di adesioni alla campagna di obiezione fiscale, giungendo in data odierna al numero di 3.407 attività economiche che hanno sottoscritto l’esenzione fiscale totale.

Le stime per l’anno 2013 fornite dalle associazioni di categoria vedevano attive circa 491.000 partite iva nel territorio veneto, con un gettito iva stimato di circa 8,83 miliardi di euro nell’intero anno 2013, pari a una media mensile di circa 1.498 euro per ciascuna attività economica. Alla luce di tali dati, la stima del minore gettito fiscale di iva versata oggi 16 maggio 2014 nella Repubblica Veneta, per azione diretta degli Uffici Pubblici, dei volontari e dei canali digitali della Repubblica ammonta a circa 5 milioni 103 mila 686 euro, con una proiezione annua pari a 61 milioni 244 mila 232 euro. Queste cifre si sommano a quelle già naturalmente in essere a causa della crisi socio-economica più grave della nostra storia moderna causata dal dominio dispotico dello stato italiano. Tali cifre, secondo le stime reperite dal nostro servizio di intelligence presso l’agenzia delle entrate dello stato italiano vedono circa altre 93.000 aziende praticare in modo diretto e spontaneo l’obiezione fiscale, per un minor gettito iva mensile di circa 139 milioni 314 mila euro, con una proiezione annua pari a 1 miliardo 671 milioni 768 mila euro.

In virtù di tali cifre, la nostra stima di adesione all’esenzione fiscale totale, per quanto riguarda la sola parte di gettito iva, sommando l’azione diretta delle strutture della Repubblica Veneta e l’azione spontanea degli imprenditori veneti, raggiunge la cifra mensile di 144 milioni 417 mila 686 euro, con una proiezione annua di 1 miliardo 733 milioni 12 mila 232 euro di minor iva versata dalle attività economiche della Repubblica Veneta, senza tener conto del mancato pagamento delle imposte sugli immobili e delle imposte dirette sui redditi (irpef e ires) e delle imposte a vario titolo pagate dai 23.971 privati cittadini, che ad oggi hanno già aderito all’esenzione fiscale totale nella Repubblica Veneta.

La Delegazione dei Dieci della Repubblica Veneta procederà pertanto con urgenza alla notifica di tali cifre, corredate dagli allegati e dalle pezze di appoggio che le testimoniano, al Fondo Monetario Internazionale, per certificare e comunicare alla comunità internazionale l’ulteriore diminuzione di capacità finanziaria dello stato italiano e accelerare quindi l’organizzazione di colloqui tra i delegati italiani e i plenipotenziari veneti indicati dalla Delegazione dei Dieci in merito agli accordi sull’indipendenza della Repubblica Veneta, da condursi in sede neutra e sotto stretto monitoraggio internazionale.

Ufficio Stampa – Plebiscito.eu

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Re: Rexistensa, dexobediensa e revolta fiscal

Messaggioda Berto » gio mag 22, 2014 7:09 pm

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