Palmerini e altri: referendi,contrasti,cauxe enternasionali

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Messaggioda Berto » lun giu 13, 2016 5:02 am

Loris Palmerini, le calunnie, le truffe, le spie, l'attività
https://www.youtube.com/watch?v=v1L1Tyg ... ture=share

Ke oror, ke fanfaron!

Ke mitomane!
https://it.wiktionary.org/wiki/mitomane



Il cavillo legale per non versare l’Iva all’Italia: «La pago allo Stato Veneto» Interpello di un imprenditore. Il tributarista: lo multeranno
A.Pri.
19 febbraio 2013

http://corrieredelveneto.corriere.it/ve ... 1002.shtml


VICENZA — «Io le tasse all’Italia non le pago. Quando i parlamentari timbreranno il cartellino magari ci ripenso, ma nel frattempo ho il diritto di non versare neppure un euro al Fisco ». Antonio Mascarello, 64 anni di Molvena (Vicenza), è un piccolo imprenditore nel settore dei trasporti. «Non mi riconosco nelle leggi italiane, perchè faccio parte della nazione veneta», tiene a precisare dopo la sua iscrizione all’anagrafe dell’Autogoverno del Popolo Veneto, una sorta di ente che si propone di governare sul Nord Est «libero e indipendente». Con il sostegno di Loris Palmerini, il fondatore dell’Autogoverno, Mascarello ha presentato un «interpello» all’agenzia delle entrate in virtù del quale d’ora in avanti - sostiene - non dovrà più versare le tasse allo Stato italiano. L’interpello consiste nella possibilità, concessa ai contribuenti, di chiedere all’agenzia delle entrate chiarimenti in merito alle disposizioni tributarie «in tutti quei casi in cui vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni ».

Il Fisco ha 120 giorni di tempo per rispondere e, nel caso non lo faccia, il contribuente è «autorizzato» ad applicare l’interpretazione delle norme che lui stesso ritiene la più legittima. Questo è l’iter seguito da Mascarello, che ha inviato un documento all’agenzia delle entrate di Vicenza nel quale sostiene di non dover pagare l’Iva all’Italia ma allo Stato Veneto. E per dimostrarlo ricorda, tra le altre cose, che nel 2010 per errore venne abrogato il regio decreto del 1866 che dichiarava come «le provincie di Mantova e Venezia sono parte integrante del Regno d’Italia».

Quindi, se i confini italiani non comprendono il Vicentino, le tasse non vanno corrisposte. Fin qui la tesi. E visto che sono trascorsi 120 giorni senza ottenere alcuna risposta, ora l’imprenditore si sente autorizzato a pagare le tasse all’Autogoverno (che naturalmente ha già provveduto a esonerarlo dall’incombenza). «Lo faccio per i miei figli e per tutti coloro che non si fidano più di questa Italia», assicura Mascarello. «Un tempo mi ero lasciato convincere dalla Lega, ma ho perso due milioni e mezzo di lire nell’affare Credit Nord. Ora mi fido solo dell’Autogoverno».
Anche Palmerini è soddisfatto: «Non è sparando che i veneti potranno ottenere i propri diritti, ma utilizzando proprio la Legge italiana». A frenare l’entusiasmo ci pensa Andrea Giovanardi, professore di Diritto tributario: «È evidente che l’istituto dell’interpello non può trovare applicazione in questo caso. Siamo in presenza di un corto circuito logico, ancor prima che giuridico: se lo Stato italiano ha invaso il Lombardo Veneto, allora non si deve chiedere nulla allo Stato italiano, in quanto illegittimo. Inoltre, se la teoria fosse corretta tutte le norme tributarie italiane dovrebbero considerarsi non più vigenti, comprese quelle che hanno istituito la stessa agenzia delle entrate». Mascarello - sostiene il tributarista - rischia quindi sanzioni che ammontano al 30 per cento di quanto non ha ancora versato.


Imprenditore veneto: "Non pago le tasse allo Stato italiano" - MiglioVerde
di REDAZIONE

http://www.miglioverde.eu/tasse-stato-italiano

«Io le tasse all’Italia non le pago. ...
FONTE ORIGINALE: http://www.corriere.it


UNA INIZIATIVA DEL GOVERNO POPOLO VENETO

La notizia è una di quelle annunciano imminenti grandi cambiamenti, che si affacciano nella realtà con piccoli segnali. M. A., veneto della provincia di Vicenza, è il primo che ha visto riconosciuto dalla Agenzia delle Entrate il diritto di non pagare le tasse allo stato Italiano per pagarle all’ Autogoverno del Popolo Veneto (ente previsto dalla legge costituzionale art.2 della L.n.340/1971), che richiede una minore tassazione. La notizia (SOPRA) è stata data in esclusiva da me al giornalista Andrea Priante, che l’ha verifica e riportata nel Corriere del Veneto del 19 febbraio 2013.

M.A. ha interpellato in ottobre l’Agenzia dell’entrate affermando i propri diritti legali di veneto, che in quanto tale, per una serie di leggi italiane ed europee, ha diritto di pagare le tasse al previsto Autogoverno del popolo Veneto. Fondato nel 1999 su mio progetto e proposta, l’Autogoverno è divenuto nel 2006 l’erede legale nel diritto interno e internazionale del Lombardo-Veneto, ed agisce anche come ente di rappresentanza della “minoranza” nazionale veneta.

M.A. ha semplicemente chiesto l’esercizio dei suoi diritti, che sono scritti nelle leggi, e trascorsi i 120 giorni previsti dalla presentazione dell’interpello, ha fatto scattare il silenzio assenso previsto dalla legge italiana: egli è dunque ora nel diritto legale di non pagare le tasse allo stato Italiano senza subire aggravi e sanzioni purché le paghi all’ente di Autogoverno previsto per legge. Federalismo, autonomia, macroregione e indipendenza non hanno più ragione d’essere perché l’Autogoverno è già oltre questi processi interni di trasformazione: è l’esercizio concreto di diritti umani internazionalmente protetti a cui lo stato deve adattarsi.

Il diritto di fiscalità separata in realtà vale per tutti i residenti del Lombardo-Veneto, purché seguano i 3 semplici passi prescritti dall’Autorita:
– iscrizione alla propria anagrafe (veneta o lombarda o mantovana)
– presentazione dell’interpello
– attesa dei 120 giorni

Infatti il caso di M.A, pur proteggendolo dalle sanzioni, non è un precedente valido per tutti: ciascuno deve presentare il proprio interpello riconoscendo prima l’Autorità di Autogoverno (e ovviamente ce n’è una sola di legale e legittima, chi corre dietro alle truffe finirà con l’essere sanzionato). M.A tuttavia , temporaneamente non pagherà in realtà nulla poiché l’ente di Autogoverno ha stabilito che nelle more del giudizio egli trattenga le proprie tasse nel proprio conto, e tuttavia egli può sospendere il pagamento a chiunque senza sanzioni.

Quale ideatore e fondatore dell’Autogoverno ho dedicato oltre 15 anni a effettuare studi, presentare vari ricorsi,fare approfondimenti ecc, e questo risultato vede finalmente il riconoscimento di fatto dei diritti legali dei veneti che sono già legge ma non vengono rispettati. Sottolineo che NON esiste il diritto di non pagare le tasse, ma di pagarle, nel LOMBARDO-VENETO, al proprio relativo autogoverno che sia Veneto, Lombardo o Mantovano ( tutti afferenti alla organizzazione come modificatasi nel 2012) .

Ciascuno, solo dopo aver presentato l’interpello predisposto e trascorsi i 120 giorni potrà attuare la sospensione. Non mancano già le voci di coloro che minacciano sanzioni, per legge impossibili, e non mancano anche le reazioni scomposte di coloro che vogliono inculcare nei Veneti, Lombardi e Mantovani il dovere di chiedere il “permesso” per esercitare propri diritti legali di popoli invasi nel 1866. Per richiedere il modulo e presentare domanda scrivere al sito http://www.lombardo-veneto.net

Loris Palmerini – Capo del Governo del Popolo Veneto
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Messaggioda Berto » gio giu 16, 2016 3:44 pm

Megnoranse Nasionałi


???

SFILATA UNITARIA A SOSTEGNO DELLA LEGGE REGIONALE CHE RICONOSCE LA MINORANZA NAZIONALE VENETA
SABATO 18 GIUGNO ORE 11.00 a VENEZIA
Dalla STAZIONE S. LUCIA al CONSIGLIO REGIONALE

Il Consiglio Regionale Veneto sta discutendo la legge per riconoscere i Veneti come NAZIONE AUTONOMA all´interno dell´Italia, quindi una MINORANZA NAZIONALE.

Avremo la compensazione delle tasse, controllo dei flussi migratori, codecisione sui prefetti, l’insegnamento nelle scuole della lingua, storia e cultura Veneta, canali radio e TV e giornali in lingua Veneta, i posti riservati nel pubblico servizio, e tutti i diritti previsti dalla “Convenzione Quadro per le Minoranze Nazionali” del Consiglio d’Europa (L.n.302/1997). Come avviene in Sud Tirolo ed anche meglio.
Il progetto di legge regionale di iniziativa degli enti locali è stato redatto dall’attuale presidente dell’Istituto Lingua Veneta Loris Palmerini, ha come primo firmatario il Sindaco di Resana Loris Mazzorato ed è stato votato, per ora, dai Comuni di (nell’ordine) Resana, Segusino, Grantorto, Santa Lucia di Piave, San Martino di Lupari.
Con questo iter l’assemblea regionale è obbligata a discutere il testo di legge entro fine Luglio, e il presidente Zaia si è detto favorevole all’iniziativa, che ha promesso di calendarizzare prima possibile.
La novità giuridica sta nel fatto che, a differenza delle minoranze linguistiche che sono presenti in Costituzione e sono espressamente di competenza statale, il riconoscimento delle minoranze nazionali spetta solo alle regioni in quanto materia non espressa in Costituzione secondo l’Art.117.
Quindi l’approvazione in Regione sarebbe sufficiente a rendere effettivo questo cambiamento, senza possibilità di interferenza da parte di Roma.
E’ utile sottolineare che questa non è una iniziativa politica, ma una semplice applicazione delle leggi esistenti e mai attuate. Dare attuazione alla legge vigente non può essere considerato né a favore né contrario a nessun soggetto o pensiero politico: i diritti delle minoranze, in quanto diritti umani, non hanno alcun colore politico e devono essere difesi e sostenuti da tutte le forze della società civile.
La notizia è di dominio pubblico ed è già stata inviata alle testate giornalistiche da circa un mese ma al momento nessuno dei media sembra considerare il tema di rilevanza giornalistica e nessuno ci ha ancora contattato per approfondire il tema, o per proporre un’inchiesta.
Vi chiediamo quindi di dare massima diffusione a questo progetto di legge inoltrando questo messaggio ai Vostri conoscenti, e di scrivere ai Vostri sindaci e rappresentanti eletti in Assemblea Regionale affinché lo sostengano e lo approvino.
Sperando di farVi cosa gradita, Vi ringraziamo per l’attenzione e Vi auguriamo un Serenissimo futuro.
Comitato Direttivo Istituto Lingua Veneta
Michele Corso, Alessandro Galante, Andrea Lunardon, Loris Palmerini
E’ POSSIBILE ORA, SUBITO, MA NON SARA’ PIU’ COSI’
DA OTTOBRE CON LA NUOVA COSTITUZIONE
Per informazioni: http://www.veneta.link
Partecipa assieme a noi con i tuoi familiari e amici alla sfilata a sostegno del progetto di legge!
Se vedemo Venesia!
Per ulteriori informazioni sentiteVi liberi di contattarci:
Loris Palmerini tel. 3471416187
Andrea Lunardon tel. 3497121656

http://istitutolinguaveneta.org/wp-cont ... 3-2015.pdf


Il testo della convenzione non va al di là degli strumenti internazionali come gli impegni per la protezione delle minoranze nazionali nelle convenzioni e nelle dichiarazioni delle Nazioni Unite e nei documenti della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, in particolare il Documento di Copenaghen del 29 giugno 1990.
https://it.wikipedia.org/wiki/Convenzio ... _nazionali

La priorità dello Stato, o della lingua di stato, è regolarmente sottolineata:


Articolo 14:

« 1. Le Parti si impegnano a riconoscere ad ogni persona appartenente ad una minoranza nazionale il diritto di apprendere la sua lingua minoritaria. 2. Nelle aree geografiche di insediamento rilevante o tradizionale delle persone appartenenti a minoranze nazionali, se esiste una sufficiente domanda, le Parti si sforzeranno di assicurare, in quanto possibile e nel quadro del loro sistema educativo, che le persone appartenenti a queste minoranze abbiano la possibilità di apprendere la lingua minoritaria o di ricevere un insegnamento in questa lingua. 3. Il paragrafo 2 del presente articolo sarà messo in opera senza pregiudizio dell’ap­prendimento della lingua ufficiale o dell’insegnamento in questa lingua. »

Articolo 20:

« Nell’esercizio dei diritti e delle libertà derivanti dai principi enunciati nella presente Convenzione-quadro,
le persone appartenenti a minoranze nazionali rispettano la legislazione nazionale ed i diritti altrui, in particolare quelli delle persone appartenenti alla maggioranza o alle altre minoranze nazionali. »

Articolo 21:

« Nessuna disposizione della presente Convenzione-quadro sarà interpretata come implicante per un individuo un qualunque diritto di darsi ad una attività o di realizzare un atto contrario ai principi del diritto internazionale e specialmente alla sovrana eguaglianza, all’integrità territoriale ed alla indipendenza politica degli Stati. »

https://rm.coe.int/CoERMPublicCommonSea ... 168007cdd0
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Messaggioda Berto » ven giu 17, 2016 9:11 am

Minoranze nazionali
(App. II, ii, p. 327; III, ii, p. 127; V, iii, p. 495; v. minoranza, XXIII, p. 404)

http://www.treccani.it/enciclopedia/min ... a-Italiana)

Il concetto di minoranze nazionali viene generalmente adottato per definire - attraverso dati di carattere storico e con riferimento a tradizioni, costumi, vicende politiche - quei gruppi demici presenti nel territorio di uno Stato non coincidenti con la prevalente comunità o con la maggioranza etnico-linguistica che lo compone. Tale concetto, infatti, può essere identificato, pur nella difficoltà di pervenire a una nozione di carattere generale, secondo quanto stabilito dagli Stati dell'Iniziativa centro-europea, riunitisi a Roma nel 1994, in quello di "un gruppo che è più piccolo numericamente rispetto al resto della popolazione, i cui membri, fatti cittadini dello Stato, sono portatori di valori etnici, religiosi o linguistici, differenti da quelli del resto della popolazione, e sono spinti a salvaguardare la loro cultura, le loro tradizioni, la loro religione e la loro lingua".

Il Comitato dei diritti dell'uomo - istituito come organo di controllo dell'applicazione delle disposizioni del Patto internazionale sui diritti politici e civili da parte degli Stati contraenti, che non ha dato una definizione precisa delle m. n., limitandosi a considerare quelle caratterizzabili come minoranze etniche, linguistiche, religiose - ha evidenziato taluni connotati che un gruppo deve presentare per essere qualificato come minoranza. Secondo il Comitato, per appartenere a una minoranza non è requisito necessario la cittadinanza dello Stato in cui è garantito il diritto alla protezione, né è condizione per l'esistenza di una minoranza un periodo di permanenza sul suo territorio, mentre, riscontrandosi caratteristiche di identità culturale, linguistica, religiosa, ai lavoratori migranti o ai residenti temporanei può essere riconosciuto lo status di appartenenti a una minoranza ai sensi dell'art. 27 del Patto ("negli Stati in cui esistono minoranze etniche, religiose o linguistiche, alle persone appartenenti a tali minoranze non sarà negato il diritto, in comunione con gli altri membri del loro gruppo, di godere della loro cultura, di professare e praticare la loro religione, o di utilizzare la loro lingua"). La Dichiarazione sui diritti delle persone appartenenti a minoranze nazionali, etniche, linguistiche, culturali e religiose, adottata il 18 dicembre 1992 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, ha stabilito che l'attribuzione di diritti politici agli appartenenti a gruppi minoritari (partecipazione a livello nazionale o locale alle decisioni che li riguardano) è connessa all'acquisizione della cittadinanza dello Stato dove risiedono.

Una posizione differenziata, rispetto alle tendenze comunemente accolte, è quella assunta, inoltre, dal Comitato dei diritti dell'uomo in ordine all'attribuzione ai popoli indigeni dello status di minoranza, sulla base del riconoscimento del diritto a godere della loro cultura e a vivere in forme particolari connesse all'uso delle risorse del territorio attraverso attività tradizionali (caccia e pesca).

Con il crollo dei regimi comunisti nell'Europa centro-orientale grande attualità ha assunto il problema della creazione di un preciso sistema di protezione delle m. n., sia sul piano interno sia su quello internazionale, per l'emergere di identità minoritarie a lungo soffocate dai totalitarismi del passato e spesso sostenute da ideologie nazionalistiche, pericolose per la pace e la tranquillità in Europa. Di fronte a ciò sono però mancati orientamenti comuni e strumenti univoci di tutela delle minoranze da parte degli Stati dell'Europa occidentale non in grado di offrire in tal senso un'azione unitaria. Così i documenti prodotti dalla Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa (CSCE) tra il 1990 e il 1991 non hanno sortito effetti rilevanti, ed è stato demandato al Consiglio d'Europa di predisporre un'organica normativa internazionale di tutela delle minoranze nazionali. L'alto consesso europeo il 1° febbraio 1995 ha adottato il testo di una Convenzione quadro, firmata da un primo gruppo di paesi a esso aderenti, tra cui l'Italia (che l'ha ratificata con l. 28 ag. 1997 nr. 302), di contenuto normativo eminentemente programmatico, i cui precetti richiedono un'opera di concretizzazione e di svolgimento da parte degli Stati interessati, sulla base delle diversità dei gruppi minoritari presenti in ciascuno di essi. Caratteristica di tale orientamento è la mancanza nell'ambito di questo testo della nozione di m. n., frutto di un approccio pragmatico al problema che permette di estendere con ampia discrezionalità le norme della tutela tanto alle m. n. tradizionali, cioè a quelle composte da cittadini che non si riconoscono nella comunità nazionale maggioritaria, quanto alle cosiddette nuove minoranze, ossia a quelle costituite da lavoratori immigrati o da rifugiati, sulla base di un'innovativa elaborazione del fenomeno minoritario recentemente approntata dall'ONU.

La Convenzione quadro non prende direttamente in considerazione i gruppi minoritari in quanto tali, bensì pone obbligazioni di protezione che riguardano soltanto la posizione dei singoli che li compongono, con riferimento, quindi, alla tutela dei diritti individuali. Questo nuovo strumento si inquadra, infatti, nel sistema internazionale di protezione dei diritti umani. Un elemento rilevante che la normativa convenzionale prende in considerazione è quello della lingua delle m. n., differenziata da quelle alle quali è dedicata la Carta delle lingue regionali e minoritarie, emanata dal Consiglio d'Europa nel novembre 1992, e riconosciuta come lingua d'uso pubblico e privato degli appartenenti alla comunità minoritaria. Affermato il principio di uguaglianza di fronte alla legge e di uguale protezione della legge, la Convenzione sancisce il divieto di ogni azione finalizzata all'assimilazione forzata degli appartenenti ai gruppi minoritari e proibisce ogni discriminazione fondata sull'appartenenza nazionale ma, al contempo, opera nel senso di evitare che la tutela possa dare vita a una condizione di separazione tra i componenti della comunità minoritaria e quella maggioritaria. Ponendosi come elemento integrante del sistema internazionale dei diritti dell'uomo, la normativa convenzionale prevede inoltre il reciproco riconoscimento della sovranità degli Stati firmatari e persegue l'obiettivo di un'attiva cooperazione in materia attraverso accordi bilaterali o multilaterali tra essi (per es., adottando misure di cooperazione transfrontaliera per permettere ai gruppi minoritari di stabilire liberi contatti con altre comunità presenti in altri Stati con le quali condividono un'identità comune).

Nell'ambito degli organismi internazionali preposti a tutelare i gruppi minoritari va segnalata la trasformazione, avvenuta nel 1995, della CSCE in Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), alla quale hanno aderito gli Stati europei, gli Stati Uniti e il Canada, gli Stati dell'Asia centrale, già facenti parte dell'Unione Sovietica, l'Andorra, recentemente ammessa, per un totale di cinquantaquattro Stati, cui si deve aggiungere la Repubblica Federale di Iugoslavia (Serbia-Montenegro), che è stata teatro di un nuovo conflitto interetnico nel Kosovo.

Dopo la promulgazione nel 1990 della Carta di Parigi per una nuova Europa (con la quale la CSCE ribadiva quanto stabilito dall'Atto finale di Helsinki, 1975), nella riunione di Copenaghen dello stesso anno, in conseguenza dei profondi mutamenti politici verificatisi in Europa, venivano assunti due fondamentali principi: 1) le questioni relative alle m. n. debbono essere risolte soltanto all'interno di un quadro politico fondato sullo stato di diritto; 2) il rispetto delle persone appartenenti alle m. n. - con riferimento cioè alla cosiddetta dimensione umana, elaborata dal documento di Vienna del 1989 - costituisce un fattore essenziale per la pace, la stabilità e la democrazia degli Stati.

Nella formulazione di queste previsioni un'iniziativa politicamente rilevante veniva assunta dalla delegazione italiana, che sottolineava l'incisività del problema delle minoranze nelle complesse vicende politiche europee, seguita nelle sue affermazioni da altre delegazioni (Austria, Iugoslavia, Ungheria e Cecoslovacchia) che costituivano, insieme all'Italia, la cosiddetta Pentagonale, successivamente trasformatasi in Iniziativa centro-europea e divenuta, dopo l'aggregazione della Polonia, Esagonale. Pur non riuscendo a trovare un'attuazione concreta, la proposta depositata dalla Pentagonale presentava contenuti innovativi in riferimento non solo alla necessità di ampliare la sfera di diritti, libertà e garanzie da riconoscersi agli appartenenti alle m. n., ma all'esigenza di affermare il principio secondo cui "le minoranze nazionali hanno diritto di essere riconosciute come tali dagli Stati nei quali esse vivono ed esistono come comunità", cioè adottando un sistema di "diritti collettivi generalmente protetti".

Successivamente, nel 1991, la CSCE nel Documento di Ginevra affermava la legittimità del controllo internazionale sulla condizione delle minoranze presenti nei vari paesi e formulava importanti previsioni in ordine agli impegni di tutela reiteratamente dichiarati, come la raccomandazione a far partecipare gli appartenenti a m. n. alla gestione degli affari pubblici, la necessità di garantire senza alcuna discriminazione i diritti e le libertà dei gruppi minoritari. Questo documento prestava, inoltre, una particolare attenzione ai problemi delle popolazioni Rom, costituite da diversi milioni di persone e presenti in comunità disperse in venticinque Stati europei, negli Stati della CSI e in Turchia (le comunità più consistenti sono dislocate in Slovacchia, in Ungheria, Bulgaria, Romania e nella ex Iugoslavia); i Rom, pur desiderosi di un riconoscimento politico e sociale da parte degli organismi internazionali, sono profondamente divisi da conflittualità interne ai vari gruppi. In seguito, nei loro confronti il Consiglio d'Europa e l'OSCE hanno fissato programmi di assistenza socioculturale. Nella terza riunione della CSCE svoltasi a Mosca negli ultimi mesi del 1991 sono stati reiterati gli impegni e le disposizioni contenuti nei documenti di Copenaghen e di Ginevra.

Di rilevante importanza è stata l'istituzione, decisa nella riunione di Helsinki del 1992, dell'Alto commissariato per le minoranze, inquadrato nell'ambito della diplomazia preventiva, con il compito di individuare le aree di crisi e di prevenire, appunto, situazioni conflittuali coinvolgenti le m. n. in grado di alterare la stabilità politica di regioni del continente europeo, specialmente dopo i rivolgimenti del 1989. Non vincolati giuridicamente dalle raccomandazioni o dalle proposte dell'Alto commissariato, gli Stati non ottemperanti si trovano, però, nella condizione di dover affrontare un giudizio politico davanti all'OSCE e all'opinione pubblica internazionale. Dal 1993 l'Alto commissariato ha svolto la sua intensa attività diplomatica soprattutto nelle repubbliche baltiche, in Kazakistan, in Kirghizistan (relativamente al trattamento delle comunità russofone in essi presenti per il forte risentimento verso gli antichi dominatori russi), in Ucraina, in Ungheria, in Romania, in Slovacchia, in Macedonia, in Albania.

In Italia la legge 15 dicembre 1999 nr. 482 ha dettato le norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche, dando per la prima volta attuazione organica alla disposizione dell'art. 6 della Costituzione, in armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali. È stato in primo luogo affermato nell'art. 1 della legge il principio che la Repubblica non solo è tenuta a valorizzare il patrimonio linguistico e culturale della lingua italiana (che è la sua lingua ufficiale), ma deve anche promuovere la valorizzazione delle lingue e culture tutelate. Queste ultime sono specificamente indicate nell'art. 2 e sono quelle delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e delle popolazioni parlanti il francese, il franco provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

La delimintazione dell'ambito territoriale e subcomunale in cui si applicano le disposizioni di tutela è adottata dal consiglio provinciale, sentiti i comuni interessati, su richiesta di almeno il 15% dei cittadini iscritti nelle liste elettorali e residenti nei comuni stessi, o di un terzo dei consiglieri comunali, ovvero qualora la popolazione residente si sia favorevolmente pronunciata attraverso una consultazione promossa secondo i rispettivi statuti e regolamenti comunali. Le minoranze linguistiche distribuite su territori provinciali o regionali diversi possono costituire organismi di coordinamento e di proposta, che gli enti locali hanno facoltà di riconoscere. In Italia, le minoranze linguistiche, formate da oltre 2.000.000 di persone che parlano le lingue protette, sono così ripartite: 90.000 franco-provenzali (Aosta, Torino, Foggia); 20.000 francofoni (Valle d'Aosta); 178.000 occitani (Cuneo, Torino, Imperia, Cosenza); 18.000 catalani (Alghero, Sassari); 1.269.000 sardi (Sardegna); 55.000 ladini (Belluno, Trento, Bolzano); 70.000 sloveni (Trieste, Gorizia, Udine); 290.000 altoatesini di lingua tedesca (Bolzano); 526.000 friulani (Friuli); 2000 carinziani (Udine); 1400 carnici (Belluno); 2600 croati (Molise); 20.000 greci (Reggio Calabria, Lecce); 98.000 albanesi (Calabria, Puglia, Sicilia, Molise, Abruzzo).

Nei comuni in cui trovano applicazione le disposizioni di tutela l'educazione linguistica deve prevedere, accanto all'uso della lingua italiana, anche l'uso della lingua della minoranza per lo svolgimento delle attività educative nella scuola materna e come strumento di insegnamento nelle scuole elementari e secondarie di primo grado. Al momento della preiscrizione i genitori sono tenuti a comunicare alla istituzione scolastica interessata se intendono avvalersi per i propri figli dell'insegnamento della lingua della minoranza. In particolare, i membri dei consigli comunali e degli altri organi a struttura collegiale dell'amministrazione possono usare, nell'attività degli organismi medesimi, la lingua ammessa a tutela; tale disposizione si applica anche ai consiglieri di comunità montane, province e regioni, nel cui territorio i comuni sopra individuati costituiscano il 15% della popolazione interessata. Negli uffici delle amministrazioni pubbliche - escluse le forze armate e le forze di polizia dello Stato - e nei procedimenti davanti al giudice di pace è consentito l'uso orale e scritto della lingua ammessa a tutela. In aggiunta ai toponimi ufficiali i consigli comunali possono deliberare l'adozione di toponimi conformi alle tradizioni e agli usi locali, mentre ai cittadini, ai quali in passato era stato impedito l'uso del cognome originario o del nome nella lingua della minoranza, è riconosciuto il diritto di ripristinarli nella forma originaria. Inoltre le regioni interessate possono stipulare convenzioni con la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e accordi con emittenti locali per trasmissioni giornalistiche o programmi nelle lingue ammessa a tutela.

Le regioni a statuto ordinario devono adeguare nelle materie di propria competenza la propria legislazione ai principi stabiliti dalla nuova legge, fatte salve le condizioni più favorevoli per le minoranze che siano già previste. Nelle regioni a statuto speciale l'applicazione di disposizioni più favorevoli previste dalla legge deve essere disciplinata con norme di attenzione dei rispettivi statuti (restano comunque ferme le norme di tutela già esistenti in tali regioni e nelle province di Trento e Bolzano).

Per la tutela delle minoranze italiane all'estero è stato recentemente ratificato, con la legge 23 aprile 1998 nr. 129, il trattato stipulato il 5 novembre 1996 tra l'Italia e la Repubblica di Croazia.bibliografia

A.Cerri, Libertà, uguaglianza, pluralismo nella problematica della garanzia delle minoranze, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1993, 42, pp. 300-35.

G. De Vergottini, Multiculturalismo, minoranze linguistiche e immigrazione, in Cittadinanza e diritti nelle società multiculturali, a cura di T. Bonazzi, M. Dunne, Bologna 1994, pp. 237-68.

E. Palici Di Suni Prat, Minoranze, in Digesto delle discipline pubblicistiche, 9° vol., Torino 1994⁴, pp. 558-62.

La tutela giuridica delle minoranze, a cura di S. Bartole, N. Olivetti Rason, L. Pegoraro, Padova 1998 (in partic.: S. Bartole, La Convenzione quadro del Consiglio d'Europa per la protezione delle minoranze nazionali, pp. 11-29.

G. Barberini, L'OSCE e le minoranze nazionali, pp. 41-58,

Z. Kedzia, Recenti iniziative dell'ONU in tema di minoranze, pp. 59-69; D. Pajero, Minoranze linguistiche e governo locale nel Friuli-Venezia Giulia, pp. 225-36).
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Messaggioda Berto » ven giu 17, 2016 9:46 am

Eco coel ke łi scrive łi promodori de sta enesiadiva:

Il Consiglio Regionale Veneto sta discutendo la legge per riconoscere i Veneti come NAZIONE AUTONOMA all´interno dell´Italia, quindi una MINORANZA NAZIONALE.

Avremo la compensazione delle tasse, controllo dei flussi migratori, codecisione sui prefetti, l’insegnamento nelle scuole della lingua, storia e cultura Veneta, canali radio e TV e giornali in lingua Veneta, i posti riservati nel pubblico servizio, e tutti i diritti previsti dalla “Convenzione Quadro per le Minoranze Nazionali” del Consiglio d’Europa (L.n.302/1997). Come avviene in Sud Tirolo ed anche meglio.

Ma no xe vero, no sarve cusì, ste norme e ła lejixlasion tałiana no ło parmete!
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Messaggioda Berto » ven giu 17, 2016 10:09 am

La protezione delle minoranze nell'ambito del Consiglio d'Europa: la Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali.
di Avv. Marco Dugnani

Archivio
inserito in Diritto&Diritti nel marzo 2004

http://www.diritto.it/articoli/europa/dugnani3.html

La necessità di un Trattato specifico relativo alla protezione delle minoranze nazionali fu avvertito in seno al Consiglio d'europa a seguito dei tragici eventi politici che contraddistinsero le regioni balcaniche dopo il disfacimento dell'Unione sovietica.

La stabilità europea iniziò a sentirsi minacciata dalle tensioni che sarebbero potute scaturire dai numerosi Stati che comprendevano al loro interno, e tutt'ora comprendono, delle minoranze nazionali.

Aperta alla firma il 1 febbraio 1997, la Convenzione quadro sulla protezione delle minoranze nazionali è entrata in vigore il 1 marzo 1998. Si connota come il primo Trattato internazionale multilaterale sui diritti delle minoranze.

Una delle questioni più controverse e dibattute a riguardo attiene alla definizione giuridica del concetto di "minoranza nazionale".

Non esiste, infatti, nel diritto internazionale positivo (nè la Convenzione quadro ha posto rimedio a tale lacuna) alcuna definizione giuridica di tale categoria.

La problematica attinente alle garanzie da assicurare agli appartenenti di minoranze nazionali impone, inoltre, a priori una scelta tra due differenti concezioni d'intendere la categoria dei diritti e delle libertà:

1) I diritti e le libertà che, garantiti senza alcuna discriminazione, pongono le minoranze sullo stesso piano degli altri cittadini dello Stato.
2) I diritti e le libertà che conferiscono una sorta di trattamento preferenziale alla minoranza, al fine di salvaguardare le proprie caratteristiche e, soprattutto, di assicurare alle stesse un'uguaglianza reale ed effettiva.

La Convenzione quadro oggetto della presente dissertazione, invece, pur rilevando che (art. 4): "le parti s'impegnano a garantire ad ogni persona appartenente ad una minoranza nazionale il diritto all'eguaglianza di fronte alla legge e ad una eguale protezione della legge", riconosce agli appartenenti alle minoranze nazionali alcune prerogative specifiche (di seguito meglio esplicitate) connaturate alla propria specificità.

La Convenzione europea dei diritti dell'uomo, e specificamente il suo art. 14, non riconosce, invece, che la prima delle su menzionate categorie, precisando che: "il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altro genere, l'origine nazionale o sociale, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra condizione".

Le fondamenta per la redazione convenzionale vennero gettate nell'ambito del Consiglio d'Europa dalla Raccomandazione 1201 dell'Assemblea parlamentare, rivolta al Consiglio dei Ministri.

Tale Raccomandazione propose l'aggiunta di un protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo teso a garantire ed assicurare i diritti delle persone appartenenti a minoranze nazionali, all'interno del quale avrebbe potuto ricevere finalmente codificazione la definizione giuridica di "minoranza nazionale", e sarebbe stata prevista la competenza di un organismo giurisdizionale internazionale (la Corte europea dei diritti dell'uomo) per il controllo del rispetto e dell'attuazione delle disposizioni della Convenzione, tutte direttamente ed immediatamente applicabili.

Proprio a causa delle sua grande incisività e determinatezza, la Raccomandazione 1201 non mancò di suscitare la ferma opposizione di alcuni Stati membri, quali la Francia, la Turchia e la Grecia.

Il concetto politico di Stato nazione proprio di questi ultimi Stati, infatti, si opponeva ex se al riconoscimento giuridico delle minoranze nazionali effettivamente presenti sul loro territorio.

Secondo quanto sostenuto dai propri rappresentanti diplomatici, tali Stati, fondati sul principio dell'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, non potevano che respingere il riconoscimento di determinati ed ulteriori diritti nei confronti di una solo categoria di cittadini, ritenendo che il principio di uguaglianza fosse di per sè sufficiente alla protezione delle minoranze.

Tali opposizioni causarono il definitivo abbandono dell'idea di un Protocollo aggiuntivo alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, e portarono alla redazione di una Convenzione quadro sulla protezione delle minoranze nazionali tuttavia sprovvista dell'efficacia e della diretta applicabilità garantite, invece, dal Protocollo.

Infatti, il concetto stesso di "Convenzione quadro", cioè di uno strumento giuridico definito limitatamente agli obiettivi da perseguire ma non nelle modalità per conseguirli, rivela evidentemente la volontà degli Stati contraenti di lasciarsi un ampio spazio di manovra politica nell'attuazione delle disposizioni della Convenzione.

Un'ulteriore debolezza della Convenzione, si concretizza nell'ormai cronica assenza della definizione del concetto di "minoranza nazionale". Le divergenze tra le delegazioni degli Stati contraenti circa il contenuto preciso di tale definizione hanno impedito qualunque tentativo di codificazione.

La mancata definizione permette ad alcuni paesi, quali la Francia e la Turchia, di non addivenire alla ratifica della Convenzione, facendo apparire non giuridicamente contestabile la pretesa degli stessi di non avere al proprio interno alcuna minoranza nazionale.

In merito, invece, agli Stati che hanno già provveduto alla ratifica la Convenzione (l'Italia ha reso esecutiva la Convenzione con la legge n. 302, del 28 agosto 1997), si deve rilevare che la stessa lacuna genera una grave situazione di incertezza giuridica in merito all'esatto campo d'applicazione ed alle modalità di attuazione della Convenzione stessa.

Alcuni Stati membri, infatti, al momento della ratifica della Convenzione hanno ritenuto di formulare delle dichiarazioni unilaterali precisando la loro interpretazione del concetto di minoranza nazionale, con l'evidente finalità di allontanare o di limitare quanto più possibile il campo di applicazione della Convenzione stessa.

Eccone una disamina:

La Repubblica d'Austria dichiarò che il termine "minoranze nazionali" ai sensi della Convenzione va inteso come indicante i gruppi che rientrano nel campo di applicazione della legge austriaca sui gruppi etnici (Volksgruppengesetz, Bundesgesetzblatt n. 396/1976), che vivono e che hanno avuto tradizionalmente il proprio domicilio in regioni del territorio della Repubblica d'Austria e sono composti di cittadini austriaci di lingua materna diversa da quella tedesca e aventi culture etniche proprie.

La Repubblica dell'Azerbaigian e l'Assemblea nazionale della Repubblica bulgara dichiararono che la ratifica della Convenzione e l’attuazione delle sue disposizioni non implicano nessun diritto a svolgere un’attività che violi l’integrità territoriale e la sovranità o la sicurezza interna e internazionale delle stesse.

La Danimarca dichiarò che la Convenzione quadro si applicha alla minoranza tedesca nello Jutland meridionale, facente parte del Regno di Danimarca.

La Repubblica d'Estonia dichiarò d'intendere il termine "minoranze nazionali" riferito ai cittadini d'Estonia che risiedono sul territorio dell'Estonia, mantengono legami di lunga data, stabili e duraturi con l'Estonia, si distinguono dagli Estoni per le proprie caratteristiche etniche, culturali, religiose o linguistiche, si adoperano per preservare le proprie tradizioni culturali, la propria religione o la propria lingua, che costituiscono la base della loro identità comune.

La Repubblica federale di Germania dichiarò di considerare minoranze nazionali i Danesi di nazionalità tedesca e i membri del popolo sòrabo di nazionalità tedesca. Dichiarò di applicare la Convenzione anche ai gruppi etnici residenti tradizionalmente in Germania, quali i Frisoni di nazionalità tedesca e i Sinti e i Rom di nazionalità tedesca.

Il Principato del Liechtenstein ed il Governo di Malta dichiararono d'interpretare gli articoli 24 e 25 della Convenzione considerando che minoranze nazionali ai sensi della Convenzione quadro non esistono sul territorio del Principato del Liechtenstein e su quello di Malta. I due Stati considerarono la ratifica della Convenzione un atto di solidarietà in vista degli obiettivi della Convenzione.

La Repubblica di Macedonia dichiarò che le disposizioni della Convenzione saranno applicate alle minoranze nazionali albanese, turca, valacca, rom e serba viventi sul territorio della Repubblica di Macedonia.

La Repubblica di Polonia dichiarò di intendere come "minoranze nazionali" i residenti sul territorio della Repubblica di Polonia, i cui membri sono pure cittadini polacchi.

La Federazione di Russia considerò che nessuno è abilitato a introdurre unilateralmente nelle riserve e dichiarazioni fatte al momento della firma o della ratifica della Convenzione una definizione del termine "minoranza nazionale" non figurante nella Convenzione stessa. Secondo la Federazione di Russia, sono contrari ai fini della Convenzione i tentativi di escludere dal campo di applicazione della Convenzione le persone residenti in modo permanente sul territorio degli Stati Parte della Convenzione, le quali siano state private arbitrariamente della nazionalità che avevano precedentemente.

Il Governo della Repubblica di Slovenia dichiarò di considerare quali minoranze nazionali le popolazioni italiane e ungheresi autoctone. Dichiarò di voler applicare le disposizioni della Convenzione anche ai membri della comunità rom della Repubblica di Slovenia.

La Svezia dichiarò che le minoranze nazionali in Svezia sono rappresentate dai Sami, dai Finno-svedesi, dai Tornedalers, dai Rom e dagli Ebrei.

La Svizzera dichiarò di considerare minoranze nazionali ai sensi della Convenzione i gruppi di persone numericamente inferiori al resto della popolazione del Paese o di un Cantone, che sono di nazionalità svizzera, mantengono legami antichi, solidi e duraturi con la Svizzera e sono animati dalla volontà di preservare ciò che costituisce la loro identità comune, principalmente la loro cultura, le loro tradizioni, la loro religione o la loro lingua.

Una molteplicità di dichiarazioni unilaterali, dunque, tale da affievolare notevolmente la portata delle stesse disposizioni convenzionali.

Quanto, invece, al contenuto della Convenzione, questo consta di 32 articoli ripartiti in 5 titoli.

Il titolo I enuncia un certo numero di principi generali, trai quali il principio secondo cui la protezione delle minoranze nazionali e dei diritti e delle libertà delle persone appartenenti a queste minoranze fa parte integrante della protezione internazionale dei diritti dell'uomo e, come tale, costituisce un settore della cooperazione internazionale (art. 1).

Viene, poi, affermato il principio secondo cui tutte le persone appartenenti a minoranze nazionali hanno il diritto di scegliere liberamente di esssere o meno trattate come tali, e che alcuno svantaggio deve derivare da tale scelta: niente assimilazioni forzate, dunque, nè della maggioranza sulla minoranza nè da quest'ultima sulla maggioranza (art. 3).

Nel titolo II sono enunciate le garanzie che la Convenzione riconosce agli appartenenti alle minoranze nazionali.

Gli Stati s'impegnano a promuovere un'uguaglianza piena ed effettiva tra le minoranze nazionali e la maggioranza, così come a conservare e sviluppare la cultura delle minoranze nazionali ed a preservare la loro religione, la loro lingua e le loro tradizioni (art. 4/2).

Gli Stati s'impegnano a promuovere le condizioni adatte a permettere alle persone appartenenti a minoranze nazionali di conservare e sviluppare la loro cultura, nonchè di preservare gli elementi essenziali della loro identità (art. 5).

Gli Stati s'impegnano, del pari, ad assicurare alle minoranze nazionali le libertà di riunione pacifica, di associazione, di espressione, di pensiero, di coscienza e di religione (art. 7) e ad assicurare loro l'accesso ai media ed il loro utilizzo (art. 9).

Gli Stati s'impegnano ad adottare tutte le misure appropriate per proteggere le persone che potrebbero essere vittime di minacce o di atti di discriminazione, di ostilità o di violenza in ragione della loro identità etnica, culturale, linguistica e religiosa (art. 6/2).

Gli Stati s'impegnano, altresì, ad autorizzare l'uso delle lingue minoritarie in privato come in pubblico sia innanzi alle autorità amministrative, a riconoscere il diritto di utilizzare il proprio nome espresso nella lingua minoritaria, a riconoscere il diritto di presentare nella lingua minoritaria delle informazioni di carattere privato, ad impegnarsi nel presentare le indicazinoni topografiche nella lingua minoritaria (artt. 10, 11).

In materia d'educazione, gli Stati s'impegnano ad assicurare che le persone appartenenti a minoranze nazionali abbiano la possibilità d'apprendere la propria lingua minoritaria o di ricevere un insegnamento in questa lingua, ed a riconoscere alle minoranze nazionali il diritto di creare scuole d’insegnamento e formazione (artt. 12, 13).

Gli Stati s'impegnano a garantire il diritto di ogni persona appartenente ad una minoranza nazionale di essere informata, nel più breve termine e in una lingua che la stessa comprenda, delle ragioni del suo arresto, della natura dell'accusa portata contro di lei, nonché di difendersi nella propria lingua (art. 10).

Gli Stati s'impegnano, inoltre, a non impedire od ostacolare i contatti transfrontalieri degli appartenenti alle minoranze (art. 17), a favorirne la partecipazione alla vita economica, culturale, sociale, alla vita pubblica (art. 15), e ad astenersi dal prendere misure che, modificando le proporzioni della popolazione in un'area geografica ove risiedono persone appartenenti a minoranze nazionali, abbiano lo scopo di attentare ai diriti ed alle libertà enunciate dalla Convenzione quadro (art. 16).

Gli Stati s'impegnano a non ostacolare il diritto delle persone appartenenti a minoranze nazionali di partecipare ai lavori delle organizzazioni non governative tanto sul piano nazionale quanto internazionale (art. 17).

Il titolo III sancisce un principio (la cui affermazione limita grandemente l'efficacia stessa dei principi proclamati nella Convenzione) teso ad assicurare gli Stati che abbiano motivo di temere che la concessione di diritti specifici alle proprie minoranze nazionali possa alimentare tendenze secessionistiche: nessuna disposizione della Convenzione potrà, infatti, essere interpretata come implicante per un individuo un qualunque diritto di darsi ad un'attività o di realizzare un atto contrario ai principi del diritto internazionale e specialmente alla sovrana eguaglianza, all'integrità territoriale ed all'indipendenza politica degli Stati contraenti (art. 21).

Nessuna disposizione della Convenzione potrà essere interpretata come limitatrice o lesiva dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali che potrebbero essere riconosciuti conformemente alle leggi di ogni Stato membro o di ogni altra Convenzione alla quale questo Stato contraente è parte (art. 22).

Il titolo IV assicura che la valutazione dell'attuazione della Convenzione è affidata al Comitato dei Ministri, assistito a tal fine da un Comitato consultivo composto da esperti indipendenti (artt 24, 25, 26).

Le parti sono invitate a sottoporre periodicamente un rapporto implicante informazioni complete sulle misure legislative e di altro tipo, prese per attuare i principi della Convenzione quadro.

I rapporti degli Stati sono dapprima esaminati dal Comitato consultivo, che elabora un parere sulle misure prese da ciascuna parte. In seguito alla ricezione di tale parere, il Comitato dei Ministri si pronuncia circa l'adeguatezza delle misure prese dallo Stato interessato.

Il Comitato, potrà, in ogni modo, adottare delle raccomandazioni all'indirizzo della parte.

Il titolo V enuncia le modalità della firma, dell'entrata in vigore, nonchè della denuncia della Convenzione stessa (artt. 27-31).

La Convenzione quadro, pur rilevando innegabilmente come il primo Trattato politico internazionale per la protezione delle minoranze e codificando per la prima volta importanti principi, risulta non sufficientemente incisiva nè giuridicamente utile.

Le garanzie concesse alle minoranze, infatti, risultano assolutamente teoriche e, a causa della mancata definizione della nozione di "minoranze nazionali", inapplicabili proprio nei confronti di quelle entità statali che più grandemente hanno legiferato ed agito in violazione dei diritti delle minoranze (si pensi alla Turchia ed alla politica repressiva di quest'ultima nei confronti della minoranza curda).

Lo stesso titolo III della Convenzione, per contro, concede a qualsivoglia Stato la comoda protezione dei principi di tutela dell'integrità territoriale e dell'indipendenza dello stesso contro la concessione di qualunque non gradita garanzia e libertà. Tali principi, infatti, la cui definizione risulta tanto forte e così incontrovertibilmente devoluta all'autorità nazionale maggioritaria, possono agevolmente limitare e giungere paradossalmente a negare finanche lo stesso portato e le stesse garanzie proclamate nella Convenzione.

Quest'ultima, dunque, ben lungi dall'avere istituito effettivi meccanismi di attuazione delle garanzie proclamate (che rimangono, pertanto, astratte considerazioni) parrebbe aver inopportunamente codificato "la sovrana uguaglianza, l'integrità territoriale e l'indipendenza politica degli Stati", rafforzandole a discapito delle stesse minoranze.

Le minoranze nazionali, così prive di una concreta tutela giurisdizionale, si vedeno costrette per la difesa della propria identità ad un ricorso improduttivo (se non inesistente) innanzi ad organi di giurisdizione nazionale od innanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo, quest'ultima certo competente per la tutela dei diritti delle minoranze contro le discriminazioni (art. 14 CEDU), ma incapace di assicurare alle stesse ulteriori ed indispensabili forme di garanzia.

Un simile quadro giuridico non è in grado d'impedire (e nemmeno di punire) l'eventuale attuazione di politiche di assimilazione forzata.

Avv. Marco Dugnani
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Messaggioda Berto » ven ago 26, 2016 10:21 pm

Progetto di legge per riconoscere l'identità veneta come minoranza nazionale
Pubblicato il 23 giu 2016

Servizio RAI 3 Regionale Veneto, sul progetto di legge in esame al Consiglio Regionale Veneto, per la salvaguardia della identità nazionale veneta
https://www.youtube.com/watch?v=IU1N9UE ... r_embedded

25 de lujo?

Santa Lucia Approva P.L.R. MINORANZA NAZIONALE VENETA
https://www.youtube.com/watch?v=aabssDjzdaQ
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Messaggioda Berto » ven ago 26, 2016 10:28 pm

Minoranze linguistiche in Italia
https://it.wikipedia.org/wiki/Minoranze ... d%27Italia

Le minoranze linguistiche d'Italia sono costituite dalle comunità parlanti idiomi appartenenti a varie famiglie linguistiche (ovvero i gruppi germanici, albanesi, greci, neolatini e slavi) e diversi dalla lingua nazionale entro i confini della Repubblica italiana. Sono riconosciuti e tutelati da apposite leggi nazionali (come la 482/99) e regionali dodici gruppi linguistici minoritari (albanesi, catalani, croati, francesi, francoprovenzali, friulani, germanici, greci, ladini, occitani, sardi e sloveni), rappresentati da circa 2.500.000 parlanti distribuiti in 1.171 comuni di 14 regioni.

Non sono ammesse a tutela né le «alloglossie interne», ovvero comunità parlanti idiomi di ceppo italo-romanzo trasferitesi dalle proprie sedi originali e insediatesi in territori oggi appartenenti allo stato italiano (come i dialettofoni gallo-italici dell'Italia insulare e meridionale), né le «minoranze diffuse», cioè le comunità parlanti varietà non territorializzate (come i Rom e i Sinti), né le «nuove minoranze», ossia le lingue alloglotte di recente importazione parlate in comunità in cui spicca «una volontà di conservare lingua, cultura, religione e identità di origine».

Non sono altresì tutelate lingue regionali quali l'emiliano-romagnolo, il ligure, il lombardo, il napoletano, il piemontese, il veneto e il siciliano, le cui comunità, stricto sensu, rientrebbero nell'accezione di «minoranze linguistiche» in quanto parlanti idiomi geneticamente autonomi rispetto alla lingua nazionale italiana.

Sebbene da un punto di vista linguistico le lingue regionali escluse dalla legge 482/99 non siano associabili tout court all'italiano, si ritiene che facciano parte del gruppo "italoromanzo" prima di tutto per motivi di natura storica e istituzionale, e quindi i parlanti di tali lingue sono considerati automaticamente fondatori della maggioranza linguistica italiana, contrapposta all'esistenza delle minoranze selezionate.

Tullio Telmon osserva che minoranze linguistiche e lingue non riconosciute sono in realtà tutte sullo stesso livello rispetto all'italiano, indipendentemente dalle loro origini e dai loro tratti distintivi.

Giovanni Battista Pellegrini ha osservato che la contrapposizione tra due comunità divergenti quanto la friulana e la sarda (riconosciute dalla legge come minoranze linguistiche) a comunità non meno divergenti, e tuttavia chiamate "italoromanze", renda ambiguo l'aggettivo "italoromanzo" tanto da mettere in discussione la posizione sociolinguistica di tutte le lingue parlate in Italia.
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Messaggioda Berto » gio set 15, 2016 8:30 pm

VENETO, NIENTE REFERENDUM PER L’AUTONOMIA! FORSE NEL 2017

di REDAZIONE
15/09/2016

http://www.miglioverde.eu/veneto-niente ... e-nel-2017

Ma guarda un po’ che succede in Veneto. Slitta il referendum sull’autonomia del Veneto.
Lo annuncia l’assessore regionale all’Ambiente Gianpaolo Bottacin (nella foto a sinistra). «Avevamo chiesto al Governo di svolgere il referendum sulla riforma costituzionale e il nostro lo stesso giorno», ricorda Bottacin, citato dal Mattino, «ma non ci è mai arrivata risposta – afferma, nonostante più volte il governo abbia fatto sapere che l’accorpamento non era possibile – e a questo punto abbiamo capito che si tratta di un diniego. Ma allora non vale la pena svolgere la nostra consultazione la domenica precedente o quella successiva a quella di Renzi – conclude – lo faremo un po’ più avanti». Quando si farà dunque? «Sarà celebrato l’anno prossimo, in gennaio o febbraio», promette Bottacin.
Promette, capito? Una promessa che si aggiunge alle decine di altre fatte nell’ultimo ventennio, comprese quelle recenti. Eppure, Zaia lo aveva lasciato trapelare che non era un cuor di leone e, confidando negli elettori disse: “Sono certo che i veneti andranno a votare. E che saranno numerosi. Perché credono nell’autonomia, e ne hanno piene le tasche dell’inutile centralismo. Sono anche sicuro che otterremo un grande risultato, e che questo rappresenterà un segnale per il resto dell’Italia, oltre che un’importantissima svolta culturale per tutti i veneti“.
In una intervista rilasciata al direttore di Panorama, alla domanda “fino a quanto è disposto a metterci la faccia?”, risponde. “Mi aspetto una grande reazione e se non sarà così, mi riprometto di chiudere per sempre il capitolo dell’autonomia. Non ci metto la faccia perché – a differenza di Renzi – non ho una battaglia interna al partito da vincere. Ma soprattutto perché questo non è il mio referendum, questo è il referendum dei veneti“. Ovviamente, salterà anche quello sull’indipendenza, da realizzarsi insieme a quello sull’autonomia, come proposto da qualche consigliere regionale. A ciascuno le sue valutazioni.


https://www.facebook.com/michele.favero ... 8095981903
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Messaggioda Berto » mer giu 07, 2017 6:52 am

Le demense de Palmerini


La Repubblica Italiana LEGALMENTE NON ESISTE

16 aprile 2007

http://www.palmerini.net/blog/la-repubb ... non-esiste

In questo articolo del 2006 ho dimostrato la illegalità-nullità del referendum Monarchia-Repubblica del 1946, e sono stato il primo a dimostrare questi fatti storici e giuridici della Repubblica Italiana con documenti giuridici. Alcuni autori hanno usato questo materiale senza citare la fonte, in danno del diritto d’autore, e la cosa è dimostrata dal fatto che questo studio è stato depositato al Tribunale di Venezia in un procedimento del 2006. In un questo sito trovate anche le prove documentali di quanto affermato, ma per una trattazione più organica e completa si può acquistare il mio testo “La Repubblica mai nata” (clicca) anche su Amazon.

Ecco perché la “Repubblica Italiana” LEGALMENTE NON ESISTE**
Loris Palmerini 2006 (C) – citare sempre l’autore – copyright 2006 Loris Palmerini – all rights reserved

Al momento del referendum monarchia / repubblica del 1946 erano legalmente territorio dello Stato Italiano anche le terre di Istria con Capodistria e Pola ecc, la Dalmazia con Spalato e Zara, e le Isole Adriatiche.

Queste terre erano “italiane” in base al Trattato di Rapallo del 1920
http://it.wikipedia.org/wiki/Trattato_di_Rapallo_(1920)

Decreto indizione referendum

Dunque, seppure occupate dai Titini, erano terre che avevano il diritto di poter votare al referendum monarchia / repubblica del 1946, un diritto che avevano i cittadini “italiani” lì residenti : essi avevano il diritto di voto, che però non hanno potuto esercitare in maniera ingiustificata. NON FURONO COSTITUITI I COLLEGI PREVISTI DAL DECRETO.Purtroppo, non solo gli aventi diritto lì presenti non poterono votare, ma nemmeno quelle centinaia di migliaia di essi che fuggirono al genocidio Titino e vennero in italia.

È vero, il caos era tanto, c’era una guerra civile, ed infatti perfino Corfù e il Dodecaneso erano terre Italiane in virtù di una pretesa e eredità del Regno d’Italia dalla Repubblica Veneta, cosa per altro mai dimostrata , quindi lasciamo perdere la mancanza di voto in quei territorio e comunque questo rafforzerebbe il mio ragionamento.

Torniamo ai territori d’Istria, Dalmazia e isole: essi furono ceduti dalla neonata “repubblica italiana” solo con il Trattato di Parigi del 1947
Questo dimostra che al momento del voto del 1946 essi erano territori “italiani”.

Quindi, come può aver ceduto quei territori quella “repubblica” che da essi non era mai stata votata ?

E sopra tutto, è valido un referendum che riguarda la collettività dove solo una parte del territorio interessato o una parte della collettività vota ?

Dunque, chi rappresenta legalmente la Repubblica Italiana ? I territori del 1946 ? Quelli che erano Italiani del 1946 (e che lo erano anche dopo!) ?
Purtroppo bisogna ricordare che oltre a quei territori del levante veneto che ho detto, anche Trieste, Bolzano e TUTTO IL FRIULI non poterono votare al referendum.

Insomma MILIONI DI AVENTI DIRITTO AL VOTO non poterono votare al Referendum del 1946, pur essendo italiani con diritto di voto, e questo perché chi organizzò il referendum sbagliò oppure stava realizzando un colpo di stato.

Infatti è noto che gli italiani di Istria e Dalmazia erano per lo più di orientamento monarchico, e se avessero votato avrebbe certamente vinto la Monarchia.

Per altro, il referendum è macchiato da diverse irregolarità, per esempio non si è mai spiegata l’improvvisa comparsa nella notte dello scrutinio di 2 milioni di voti pro repubblica, appunto quello scarto che fece vincere la repubblica per 12.717.923 voti contro 10.719.284 voti per la monarchia .

Ma considerando che più di 2 milioni di aventi diritto non poterono votare, lo scarto di 2 milioni dei risultati ufficiali non è sufficiente per dare certezza che il risultato del referendum sarebbe stato lo stesso se essi avessero votato.

In pratica il referendum è nullo perché mancarono milioni di voti e dunque manca la legittimità alla repubblica italiana come soggetto derivante dal referendum.
Ripeto, i milioni di Istriani, Dalmati e delle isole dell’Adriatico che non votarono, oltre a Bolzano, il Friuli ecc, fanno sì che il risultato del Referendum del 1946 non è detto che esprima la volontà maggioritaria di chi aveva diritto al voto.
Io non sono monarchico, ma RISPETTO LA VOLONTA’ POPOLARE e pretendo che uno Stato rispetti la legge.

Per tanto devo affermare che il Referendum del 1946 E’ NULLO perché non è stato valevole per esprimere la volontà popolare del popolo italiano.

Il RISULTATO REFERENDUM del 1946 è nullo perché:
– non è l’espressione certa della maggioranza degli aventi diritto al voto
– probabilmente avrebbe vinto la monarchia, anche se non è certo neppure questo
– le modalità del passaggio di poteri sono oscure e macchiate da minacce alla casa regnante da parte di importanti esponenti politici
Di conseguenza, LEGALMENTE LA REPUBBLICA ITALIANA NON ESISTE.

A chi parla del “troppo tardi” si deve dire : può essere democratica e legale una repubblica che nasce dalla NEGAZIONE DEL DIRITTO DI VOTO ?

La Repubblica Italiana è un FALSO, è illegittima, è giuridicamente INESISTENTE, e i diritti umani pretendono verità e la revisione delle Istituzioni attraverso dei referendum territorio per territorio autogestiti dalla cittadinanza, anche quella di Istria e Dalmazia.

Per gli stessi motivi, le cessioni di territorio sottoscritte dai Repubblicani saliti al potere dopo il referendum, e i loro successori, NON SONO VALIDI per difetto di rappresentanza: come può un abusivo senza titolo cedere la proprietà altrui?

L’articolo si integra con le prove documentali (clicca)

Loris Palmerini
Presidente del Tribunale del Popolo Veneto

PS del 16-04-2006

Ho già sentito un famoso usurpatore dire che il concetto di sovranità di oggi non è quello del dopoguerra. E perché ? E’ forse cambiato il diritto internazionale ? Ma devo dire che quel poveretto ha già dimostrato in passato di non conoscere le leggi o di essere un delinquente, per poco stava per fare un rovesciamento costituzionale solo pochi anni fa.
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Messaggioda Berto » sab apr 21, 2018 7:54 pm

Bocciata dalla Consulta la legge regionale sul Veneto "minoranza linguistica"
21 aprile 2018

http://www.veronasera.it/cronaca/boccia ... 2018-.html

Secondo quanto riferito dall'Ansa, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la Legge regionale del Veneto relativa all'«Applicazione della convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali» contro la quale aveva ricorso il Governo.

La legge prevedeva che al Veneto venisse riconosciuto il titolo di "minoranza linguistica" facendo accedere la regione ai vantaggi previsti per queste realtà. Si faceva forte della presenza in Veneto di gruppi etnico linguistici come i cimbri ed i ladini e prevedeva, secondo quanto era stato approvato in Giunta e poi in consiglio, l'aggregazione delle associazioni maggiormente rappresentative degli enti ed associazioni di tutela della identità, cultura e lingua venete.

L'identità dei singoli e dei gruppi concorre all'insieme nazionale, ma l'eventuale riconoscimento di "minoranza" spetta al "legislatore statale", eventualmente con l'apporto di quello regionale, è scritto nella sentenza pubblicata venerdì 20 aprile.


(ANSA) - VENEZIA, 20 APR
http://www.ansa.it/veneto/notizie/2018/ ... 83da0.html

La Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la Legge regionale del Veneto relativa all'"Applicazione della convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali" contro la quale aveva ricorso il Governo. La legge prevedeva che al Veneto venisse riconosciuto il titolo di 'minoranza linguistica' facendo accedere la regione ai vantaggi previsti per queste realtà; si faceva forte della presenza in Veneto di gruppi etnico linguistici come i cimbri ed i ladini e prevedeva, secondo quanto era stato approvato in Giunta e poi in consiglio, l'aggregazione delle associazioni maggiormente rappresentative degli enti ed associazioni di tutela della identità, cultura e lingua venete.
L'identità dei singoli e dei gruppi concorre all'insieme nazionale, ma l'eventuale riconoscimento di 'minoranza' spetta al "legislatore statale" eventualmente con l'apporto di quello regionale, è scritto nella sentenza pubblicata oggi.


I veneti del Veneto xełi on popoło e na megnoransa nasional?
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