Palmerini e altri: referendi,contrasti,cauxe enternasionali

Palmerini e altri: referendi,contrasti,cauxe enternasionali

Messaggioda Berto » dom apr 22, 2018 7:50 am

https://www.facebook.com/hashtag/malave ... tralerighe

Alberto Pento

La Corte italiana ha semplicemente detto che la materia non è di competenza regionale ma dello "stato nazionale" magari anche con il concorso della regione interessata. Ciò si sapeva già perché scritto nelle leggi italiane a riguardo: i veneti caso mai sono una minoranza nazionale italiana e non veneta poiché i veneti in Veneto sono la maggioranza. Le leggi a tutela delle minoranze etno-linguistiche italiane sono fatte dal governo e dal parlamento italiani e non dal consiglio regionale veneto.
Le considerazioni della Corte italiana sull'identità del popolo veneto potrebbero anche non esserci e non sono necessarie a motivare la sentenza se non come avviso ai naviganti per ribadire le posizioni della Corte riguardo altre eventuali iniziative in materia.

La Corte c. italiana fa il suo lavoro, in questo caso ha agito/interpretato correttamente le leggi italiane. Era la Regione del Veneto che non doveva perdere tempo a fare una legge che si sapeva con certezza assoluta che poi sarebbe stata bocciata, è che ciò serve alla propaganda dei personaggi e dei partiti che cavalcano la questione veneta per loro tornaconto personale e politico/partitico.

A suo tempo (ora non ricordo con precisione l'anno) quando il parlamento italiano nel recepire la Convenzione europea di Strasburgo sulle minoranze etnolinguistiche) decretò l'elenco delle minoranze etno-linguistiche da tutelare, mi pare che vi fosse un governo di centro destra con la Lega, la Lega bossiana antiveneta votò contro l'inserimento del Veneto.

Poi il fatto è che in Veneto i veneti che perseguono con determinazione politica la valorizzazione della lingua veneta, l'autonomia radicale o l'indipendenza sono visibilmente una minoranza che non spaventa e che non ha perciò la forza di farsi rispettare.

Bisogna puntare a vivificare/promuovere il "popolo veneto" come umanità e cittadinanza del territorio con le sue specifiche determinazioni storico-culturali che sono innegabili (e non necessariamente incentrate su Venezia e sulla Serenissima ma su tutta la varietà etno-storica e culturale dei veneti delle genti venete del Veneto; bisogna abbandonare il mito di Venezia perché Venezia stessa l'abbandonò a suo tempo e mai promosse "un popolo veneto" in senso etno-nazionalistico, ... da approfondire), ma non strumentalizzandole come propaganda del grosso partito o finalizzandole alla conquista di qualche seggio regionale del nuovo partitino, ma solo e unicamente come diritto umano e civile che deve essere innanzi tutto riconosciuto, rispettato, amato e desiderato dai veneti stessi e da questi reso visibile massicciamente al mondo intero.

Prima si conquista il cuore dell'uomo veneto e si da vita alla sua volontà indipendente e poi, solo poi, si potrà avere la forza di farsi rispettare ed ottenere l'indipendenza e la sovranità politica in Italia e in Europa.




Paolo Marcon
La Consulta afferma in realtà che il popolo veneto non è minoranza nazionale italiana. E ci mancherebbe.

Ilaria Brunelli
La frase virgolettata in fondo dice che non sussistono evidenze che il Veneto sia popolo.

Riccardo Teso
Allora la nostra cultura e le nostre tradizioni la nostra lingua (il dialetto veneto )cosa sono?

Nicola Moras
Paolo Marcon non essere Minoranza Nazionale vuol dire confermare che non siamo diversi dal resto d'Italia... non vedo ragioni sul "e ci mancherebbe"...

Paolo Marcon
Ilaria Brunelli mah ho qualche dubbio sul virgolettato
Ci mancherebbe che non siamo storicamente una minoranza della nazione italiano, siamo un corpo estraneo
Trovato: "Nel caso in esame non ricorrerebbe nessuna di queste condizioni, data l'assenza di ogni evidenza di tipo storico o sociologico che riveli nella popolazione del territorio veneto connotati identitari tali da giustificarne un trattamento giuridico quale minoranza nazionale" https://www.eius.it/giurisprudenza/2018/190.asp

Paolo Marcon
Dei giornalisti mi fido quasi meno che dei politici...

Claudy Rossi
I cimbri in Altopiano con un idioma simil-tedesco...non viene considerato come minoranza nazionale ma i territori di confine lo sono ancora.....da quanti anni è finita la guerra.......la Sicilia e la Sardegna....?!?!Ridicoli....

Alex Michelin
effettivamente non gha tutti i torti... visto che l'idaglia non esiste bel nostro stato, El Veneto, non semo na minoransa ma la maggioransa

Ilaria Brunelli
La corte si spinge a dire che non siamo popolo

Alex Michelin
ma loro chi sono per dirlo che non esistono? in pochi sanno che il tridolore lo ha scelto il nano

Franco Paluan
ILARIA MI NON RICONOSO LA GIURISDISION DELLA CORTE NEI SERENISSIMI TERRITORI VENETI

Alessandro Frigo
Cosa potevamo aspettarci....tappeto rosso e champagne?? Mal.......

Ilaria Brunelli
Ah ma persino nelle risposte ovvie si cerca un minimo di serietà!

Paolo Amighetti
La Serenissima è solo un pretesto: è normale, così si inventano le nazioni. I veneti di terraferma hanno dei motivi di profondo malcontento verso lo stato nazionale? Sì, e personalmente li condivido perfettamente. Credo che tali ragioni giustificherebbero anche l'opzione indipendentista. Non capisco però a cosa sarebbe potuto servire il riconoscimento da parte di Roma dello status di "minoranza nazionale"...

Franco Paluan
Ritorno allo stato sovrano ed indipendente del Serenissimo Popolo Veneto. Questa e' la via legale per lo stato italiano e legittimata dal diritto internazionale.Principio di Autodeterminazione dei Popoli.
Giorno de festa par el popolo veneto.Festeiemo tutti a San Marco.
Viva la Cassazione: «Il popolo veneto non è una minoranza nazionale»
La legge che qualificava il popolo veneto «minoranza nazionale» è incostituzionale.
Mai come minoranza nazionale dello stato occupante italiano
I diritti delle minoranze sottrae alcuni diritti all'autodeterminazione del Popolo Veneto
I diritti delle minoranze
Gli strumenti giuridici internazionali non riconoscono i diritti delle minoranze in quanto soggetti collettivi, ma taluni diritti umani degli individui appartenenti a minoranze. La norma più importante è l’articolo 27 del Patto internazionale sui diritti civili e politici:
“In quegli stati, nei quali esistono minoranze etniche, religiose, o linguistiche, gli individui appartenenti a tali minoranze non possono essere privati del diritto di avere una vita culturale propria, di professare e praticare la propria religione, o di usare la propria lingua, in comune con gli altri membri del proprio gruppo”.
I diritti dei membri di minoranze finora riconosciuti sono dunque: diritti culturali, diritti relativi a pratica religiosa, diritti relativi all’uso della lingua. Non c’è nessun riferimento a forme di autonomia territoriale. Secondo una interpretazione corrente, l’obbligo degli stati in rapporto all’articolo 27 sarebbe quello di tutelare le minoranze con adeguate previsioni normative (attinenti soprattutto all’insegnamento, all’educazione e all’informazione) nelle costituzioni, in leggi ad hoc e con provvedimenti amministrativi.
In virtù del diritto di autodeterminazione il Popolo Veneto puo' decidere il proprio destino,
il Popolo Veneto ha diritto di determinare liberamente, senza interferenze esterne, il proprio status politico, e di perseguire il proprio sviluppo economico, sociale e culturale.
“Tutti i popoli hanno sempre il diritto, in piena libertà, di stabilire quando e come desiderano il loro regime interno ed esterno…e di perseguire come desiderano il loro sviluppo politico, economico, sociale e culturale”).In pratica, quest’ultimo deve potere esercitare in ogni momento il diritto alla libera scelta tanto in ordine alla sua collocazione internazionale, quanto in merito al proprio sistema politico, economico, sociale e culturale.
l’art. 2,7 della Carta delle Nazioni Unite che fa divieto di interferire negli affari interni degli stati, sia oggi abrogato dalle norme sui diritti umani quando si tratti di materia attinente alla “dimensione umana”. Esiste oggi una gerarchia tra le norme del vigente diritto internazionale. Al primo posto sono le norme e i principi sui diritti umani, in quanto norme di jus cogens o di super-costituzione. I diritti degli stati sono subordinati a questi principi fondamentali.

Mike Sciking
La sentenza è legalmente inattaccabile visto che le minoranze sono affare dello stato centrale e la classificazione di popolo appartiene alla scienza più che alla giurisprudenza. Hanno fatto la figura di una corte di provincia che conferma il legame tra vaccini e autismo in sostanza, per delle frasi che potevano omettere.

Gian Battista
La magistratura fa parte della banda dei banchieri massoni..che cosa vi aspettavate?..perche' il veneto sia indipendente,deve dotatarsi di qualche testata nucleare e puntarla sui rompicoglioni..Israele e usa in primis.

Vittorino Altafini
Quando la Corte costituzionale sarà composta da veri giuristi e cioè i comunisti massoni saranno definitivamente debellati, allora la verità storica avrà giustizia.

Adelfio Longo
Possibile nessuno abbia capito che l'indipendenza avrebbe fatto "molto" comodo alla lega? Meditate gente, meditate. Adelfio Longo

Marco Zonta
Continuino ancora i sindaci veneti a regalare la Costipazione ai neodiciottenni! Mal che se vołe no dołe...

Andrea Favero
Non mettetevi a piangere, la Corte Costituzionale non ha nessuna autorità per decretare l'esistenza di un popolo oppure negarla è soltanto un pronunciamento POLITICO, è pacifico che per affermare l'esistenza di un popolo che nella storia non è menzionato da NESSUNA PARTE, il cosiddetto POPOLO ITALIANO, non sia possibile riconoscre l'esistenza di un popolo antichissimo che abita una dei territori PIU' RICCHI E INDUSTRIOSI, non della penisola Italiana, ma DEL MONDO INTERO, il pronunciamento della Consulta, tuttavia decreta in modo implicito ed evidente una realtà sconcertante per questo povero, inetto, inutile STATO DA OPERETTA e cioè che senza l'ITALIA INTESA COME ENTITA' POLITICA il POPOLO ITALIANO, QUELLO SI, NON ESISTE poiché trattasi di una mera INVENZIONE POLITICA, in altre parole, ancora e sempre, TUTTO E' RELATIVO.

Gabriele Testi
Basta che sia una legge nazionale italiana a riconoscere lo status di minoranza. Infatti, in Veneto i veneti sono la maggioranza...

Claudio Soprana
Che giudici ignoranti. Ma hanno studiato un po' di storia a scuola?

Mattia Lazzarotto
Guarda che la corte costituzionale è composta in maggioranza da malfattori che meanche la fanno rispettare. Quindi tutto relativo...

Denis Vettor Sensa
El Veneto, l'italieta... Moreeee... Seno' chi Ghe paga e magnaeee de strosso che I fà sti falsi poitici...

Nerio de Carlo
Loro possono negare quello che vogliono. La realtà però rimane e un giorno emergerà. Non la politica opererà il cambiamento, ma l'economia. Magari questa riuscirà e diminuire anche i compensi ai giudici costituzionali.

David Bittner
Proot fatto con il culo.
Scusate tutti ....è solo per la repubblica italiana

Giuseppe Miglioranzi
Siamo una regione da sfruttare ..le istituzioni ci comandano e ci sfruttano. .è impensabile riprenderci la libertà democraticamente.

Potente Giorgio
Come. Prossimo pensare che l' invasore parasita possa riconoscere il popolo veneto e onestamente non menefrega

Emme Emme
Via da questa italia che non accetta i Veneti ma ne pretende i soldi!

Nicola Busin
Ricorso immediato alla corte europea

Andrea Preden
Articolo 2 dello statuto del Veneto. Basta leggere
Gestire

Mi So Ciori
Negano anche la storia sti cani tajani

Carmelo Ferrante
Offelee, fa el tò mestee!

Giuseppe Brunelli
Luamari. VL

Agostinetto Andrea
Secoli de Serenissima no i conta niente ??? Bauchi inioranti

Daniel Indipendente
Semplicemente ridicolo

Alberto Pacciani
Dio stramaledica garibaldi..!!!

Nicola Moras
Loris Palmerini.

Giovanni Pasquini
FALLITALIA
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Palmerini e altri: referendi,contrasti,cauxe enternasionali

Messaggioda Berto » dom apr 22, 2018 7:51 am

Corte costituzionale, sentenza 20 aprile 2018, n. 81

Presidente: Lattanzi - Redattore: Cartabia

https://www.eius.it/giurisprudenza/2018/190.asp


[...] nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Veneto 13 dicembre 2016, n. 28 (Applicazione della convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali), intero testo, e dell'art. 4 della medesima legge, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, spedito per la notificazione il 13 febbraio 2017, depositato in cancelleria il 20 febbraio 2017, iscritto al n. 16 del registro ricorsi 2017 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 2017.

Visti l'atto di costituzione della Regione Veneto nonché l'atto di intervento dell'associazione "Aggregazione Veneta - Aggregazione delle associazioni maggiormente rappresentative degli enti ed associazioni di tutela della identità, cultura e lingua venete" e di L. P.;

udito nell'udienza pubblica del 20 marzo 2018 il Giudice relatore Marta Cartabia;

uditi l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri, gli avvocati Mario Bertolissi e Andrea Manzi per la Regione Veneto, e Marco Della Luna per l'associazione "Aggregazione Veneta - Aggregazione delle associazioni maggiormente rappresentative degli enti ed associazioni di tutela della identità, cultura e lingua venete" e L. P.

RITENUTO IN FATTO

1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato la legge della Regione Veneto 13 dicembre 2016, n. 28 (Applicazione della convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali), per intero e con riguardo all'art. 4.

Pur riconoscendo che le censure relative al vizio di competenza del legislatore regionale rivestono carattere preliminare e assorbente, il ricorrente illustra innanzitutto le violazioni di ordine sostanziale riferibili all'intero testo della legge regionale impugnata.

1.1.- Il primo motivo di impugnazione concerne la violazione degli artt. 5, 6 e 114 della Costituzione.

La legge regionale impugnata qualifica il «popolo veneto» - e cioè l'intera popolazione vivente nel territorio delle province e della città metropolitana elencate nell'art. 1, commi 2 e 3, della legge regionale statutaria 12 aprile 2012, n. 1 (Statuto del Veneto) - come "minoranza nazionale" ai sensi della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali, fatta a Strasburgo il 1° febbraio 1995, ratificata e resa esecutiva con la legge 28 agosto 1997, n. 302. Ciò contrasterebbe con l'art. 114, primo comma, della Costituzione perché tale norma costituzionale, nel prevedere che Comuni, Province, Regioni, Città metropolitane e Stato concorrono nelle loro componenti personale e territoriale a formare la Repubblica, andrebbe intesa nel senso che la popolazione riferibile a uno di tali enti esponenziali non possa essere anche identificata per ciò solo come "minoranza nazionale", staccata e contrapposta rispetto alla maggioranza della popolazione della Repubblica e per questo meritevole di protezione ai sensi della convenzione-quadro. Una tale qualificazione della popolazione del Veneto lederebbe altresì il principio di unità e indivisibilità della Repubblica, di cui all'art. 5 Cost., principio fondamentale dell'ordinamento costituzionale, sottratto persino al potere di revisione costituzionale, come questa Corte avrebbe affermato nella sentenza n. 118 del 2015, resa sempre nei confronti della Regione Veneto. Il ricorrente osserva che l'art. 5 Cost. rappresenta la Repubblica come una comunità nazionale dotata di una propria identità e generatrice di un ordinamento unitario e non come «una somma materiale di minoranze autopostesi come tali, l'una estranea all'altra e coesistenti tra loro su una base giuridicamente non definita ma comunque precaria». Che le minoranze siano realtà che la Repubblica considera come ulteriori rispetto alle proprie componenti costitutive di tipo personale, e proprio per questo meritevoli di una tutela specifica, sarebbe comprovato dall'art. 6 Cost., là dove afferma che «la Repubblica» in tutte le sue articolazioni, comprese quindi le Regioni, tutela le minoranze linguistiche, le quali dunque non possono coincidere con le articolazioni della Repubblica stessa, quali sono le Regioni o, più precisamente, le loro componenti personali. Ciò che la Corte costituzionale ha stabilito a proposito delle minoranze linguistiche, negando che all'articolazione politico-amministrativa degli enti territoriali di cui si compone la Repubblica possa corrispondere automaticamente una ripartizione del popolo in improbabili sue frazioni (si richiama la sentenza n. 170 del 2010), dovrebbe affermarsi a maggior ragione per le minoranze nazionali. D'altra parte, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri sarebbe lo stesso contenuto della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali a confermare che la popolazione di una Regione non possa formare di per sé una "minoranza nazionale": se è vero che la convenzione-quadro presuppone una situazione di pericolo di lesione di diritti fondamentali degli appartenenti alla "minoranza nazionale", allora sarebbe contraddittorio dire che la popolazione di una Regione in quanto tale è esposta al rischio di violazione di diritti costituzionali fondamentali da parte della Repubblica, proprio perché anche la Regione è elemento costitutivo della Repubblica e dunque tenuta anch'essa a garantire quei diritti. Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, le censure rivolte all'art. 1 della legge regionale impugnata, che identifica l'aspetto soggettivo della "minoranza nazionale" con la popolazione del Veneto, andrebbero estese all'art. 2, che determina i contenuti oggettivi della tutela che si vorrebbe apprestare tramite un rinvio alla convenzione-quadro, quali ad esempio, la salvaguardia degli «elementi essenziali» dell'identità, come «la religione, la lingua, le tradizioni ed il patrimonio culturale» di cui all'art. 5 della convenzione-quadro. La "minoranza nazionale" a cui si riferisce la convenzione-quadro, tuttavia, è qualcosa di contrapposto alla maggioranza del popolo organizzato nell'ordinamento generale, di cui la minoranza stessa deve rispettare la leggi e i diritti ivi garantiti (art. 20). Anche l'art. 3 della legge regionale impugnata, che prefigura un ente incaricato del compito di raccogliere le dichiarazioni spontanee di appartenenza alla presunta minoranza veneta, incorrerebbe, conseguenzialmente, nella violazione delle medesime norme costituzionali, in quanto consente ai singoli appartenenti alla popolazione di una Regione di decidere individualmente se la loro appartenenza al popolo italiano sia piena oppure mediata dalla collocazione in una entità che si distingue e si contrappone al popolo italiano. Sarebbe poi affetto dai medesimi vizi di costituzionalità anche l'art. 4 della legge che, trattando gli aspetti finanziari, ha funzione secondaria e servente rispetto agli articoli precedenti.

1.2.- Il secondo motivo di censura, sempre relativo alla legge regionale nella sua interezza, riguarda la violazione degli artt. 2 e 3 Cost. Il ricorrente ricorda che secondo la giurisprudenza costituzionale si può riconoscere una minoranza, titolare di uno status particolare, solo quando lo impongano i principi fondamentali di cui agli artt. 2 e 3 Cost. (si richiama la sentenza n. 159 del 2009): quando, cioè il mancato riconoscimento della minoranza comporti la negazione della identità collettiva di un gruppo connotato da marcate particolarità culturali, in violazione dell'art. 2 Cost., nonché l'indebita parificazione giuridica dei suoi componenti alla condizione della generalità del popolo, in violazione dell'art. 3 Cost. Nel caso in esame non ricorrerebbe nessuna di queste condizioni, data l'assenza di ogni evidenza di tipo storico o sociologico che riveli nella popolazione del territorio veneto connotati identitari tali da giustificarne un trattamento giuridico quale minoranza nazionale. Del tutto inconferente, poi, sarebbe il riferimento, contenuto nei lavori preparatori della legge, al principio dell'autogoverno regionale di cui all'art. 2 dello Statuto del Veneto.

1.3.- Il terzo motivo di censura dell'intera legge regionale riguarda la violazione degli artt. 80 e 117, secondo comma, lettera a), Cost. Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che la Regione non abbia la competenza ad adottare una normativa come quella in esame, perché l'attuazione della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali rientrerebbe nella competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «politica estera e rapporti internazionali dello Stato» (si richiamano la sentenza n. 159 del 2009 e le sentenze n. 238 del 2004, n. 737 del 1988 e n. 179 del 1987). In primo luogo, il distacco di una porzione della popolazione nazionale dalla generalità e la sua qualificazione come "minoranza nazionale" avrebbe immediato riflesso sulla personalità di diritto internazionale dello Stato. In secondo luogo, il riconoscimento di una "minoranza nazionale" renderebbe operanti gli obblighi internazionali dello Stato discendenti dalla convenzione-quadro, sicché spetterebbe solo allo Stato la capacità di bilanciare gli interessi confliggenti e assicurare che il riconoscimento di una "minoranza nazionale" non si traduca in una ragione di privilegio o al contrario di discriminazione per la restante popolazione o per le altre minoranze.

Quanto alla violazione dell'art. 80 Cost., il ricorrente sostiene che con la legge impugnata la Regione Veneto solo formalmente si sarebbe basata sulla legge nazionale di ratifica della convenzione-quadro, ma in realtà avrebbe a tutti gli effetti emanato una propria particolare legge di ratifica, che si sovrappone a quella statale.

1.4.- Pur ritenendo che i tre motivi di censura sopra esposti siano tali da travolgere anche le previsioni serventi, relative al «Finanziamento» della legge stessa, il Presidente del Consiglio dei ministri presenta «per completezza» un quarto motivo di impugnazione, rivolto specificamente contro l'art. 4, per violazione degli artt. 81, terzo e quarto comma, 117, secondo comma, lettere g) ed e), e 118, primo comma, Cost.

La disposizione impugnata prevede che le spese relative all'attuazione della legge in esame «sono a carico e sono deliberate da ciascuna amministrazione centrale o periferica chiamata ad attuarla». Una tale previsione determinerebbe anzitutto una violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera g), che attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato la materia «organizzazione amministrativa dello Stato» e in proposito il ricorrente ricorda che per costante giurisprudenza costituzionale (si cita da ultima la sentenza n. 9 del 2016) è vietato alle Regioni porre a carico di organi e amministrazioni dello Stato compiti ulteriori rispetto a quelli individuati con legge statale. In secondo luogo, sussisterebbe una violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e), che attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato la materia «perequazione delle risorse finanziarie». A tale riguardo, il ricorrente nota che l'impugnato art. 4 pone a carico del bilancio statale le spese necessarie all'attuazione della legge regionale e prevede che tali spese siano finalizzate alla perequazione finanziaria. Per le medesime ragioni sarebbe violato anche l'art. 81, terzo e quarto comma, Cost., dato che solo la legge statale di approvazione del bilancio può autorizzare spese a carico del bilancio statale, mentre la legge regionale impugnata non solo non indica i mezzi di copertura delle spese, ma neanche le quantifica, impedendo così in radice ogni ipotetica previsione di copertura.

2.- Si è costituita in giudizio la Regione Veneto chiedendo che la Corte costituzionale si pronunci nel senso dell'inammissibilità e comunque del rigetto di tutte le questioni sollevate.

La difesa regionale afferma innanzitutto che la Regione non contesta la circostanza che sia lo Stato l'ente chiamato ad attuare la Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali, sui cui contenuti poi si sofferma. Secondo la difesa della Regione Veneto, la legge regionale impugnata in concreto esprimerebbe soltanto l'«aspirazione banalissima di non perdersi nel mare magnum dell'indistinto globalizzato». La Regione Veneto non avrebbe fatto altro «che ricordare allo Stato di aver ratificato, con la legge n. 302/1997, la Convenzione-quadro sulle minoranze nazionali, che essa ritiene dotata di contenuti rilevanti per la comunità insediata nel proprio territorio». E ciò, secondo la Regione, non determinerebbe «affatto né collisioni né rotture, ma semplicemente una attesa»: l'attesa che venga realizzata anche per le minoranze nazionali quella tutela di cui la stessa giurisprudenza costituzionale si è fatta carico quando ha affermato che la previsione della tutela delle minoranze linguistiche appare destinata, più che alla salvaguardia delle lingue minoritarie in quanto oggetto di memoria, alla consapevole custodia e valorizzazione di patrimoni di sensibilità vivi e vitali nell'esperienza dei parlanti (si richiama la sentenza n. 170 del 2010, oltre che la sentenza n. 42 del 2017, là dove si dà atto del valore pregnante sia della lingua italiana sia delle lingue minoritarie e si evoca l'erosione dei confini nazionali determinata dalla globalizzazione). Di conseguenza, la lettura offerta dal ricorso statale al contenuto complessivo della legge regionale impugnata, «pur letteralmente consentita», non sarebbe condivisibile. La stessa circostanza che il dettato della legge regionale impugnata sia, «per ora, concretamente inoffensivo», dato che la legge regionale non prevede oneri per la sua attuazione, testimonierebbe che la Regione Veneto ritiene che sia lo Stato l'ente competente ad attuare la convenzione-quadro e ad accollarsene gli oneri nella sua veste di soggetto di diritto internazionale. In ogni caso, poi, non ci sarebbe alcuna violazione degli artt. 5, 6 e 114 Cost., dato che la futura acquisizione da parte del «popolo veneto» dello status di "minoranza nazionale" non determinerebbe alcun contrasto con la Costituzione e con la legislazione che la attua, «poiché rimane saldo il principio che entrambe vanno rigorosamente rispettate». Non sarebbero violati neppure gli artt. 2 e 3 Cost., perché essere "minoranza nazionale" non equivarrebbe affatto a essere titolari di prerogative ingiustificate; né sarebbero violati gli artt. 81 e 117, secondo comma, lettera a), Cost., perché la Regione Veneto non avrebbe deliberato, legislativamente, di operare sostituendosi allo Stato, ma al contrario si sarebbe inibita questa facoltà proprio nel momento in cui ha stabilito che la legge regionale fosse «a costo zero». Inoltre, data la «non rilevanza giuridica dell'art. 4 della legge regionale», non sarebbero stati violati neppure gli artt. 81, terzo e quarto comma; 117, secondo comma, lettere a) ed e), e 118, primo comma, Cost., in quanto «disporre delle proprie risorse è prerogativa dello Stato, cui la Regione chiede l'attuazione, in proprio favore» della legge statale di ratifica ed esecuzione della convenzione-quadro sulle minoranze nazionali.

In definitiva, la difesa regionale conclude in primo luogo per l'inammissibilità delle censure prospettate dall'Avvocatura generale dello Stato, «atteso il carattere non lesivo dell'atto impugnato»; e, in secondo luogo, per la non fondatezza delle questioni sia «in sé e per sé, nel merito», sia «soprattutto e in ogni caso, se si accoglie l'opinione formulata dalla difesa della Regione Veneto, secondo cui la normatività della legge impugnata è condizionata da iniziative, che lo Stato deciderà di assumere ai sensi della legge n. 302/1997». In particolare, questa Corte costituzionale, secondo la difesa regionale «potrà, se del caso, pronunciare una sentenza interpretativa di rigetto di quanto sostenuto dalla Avvocatura generale dello Stato» e «lo Stato potrà, in ogni momento, sollevare conflitto di attribuzioni nei confronti di eventuali atti e provvedimenti che la Regione Veneto intendesse adottare in attuazione della legge regionale n. 28/2016; atti e provvedimenti da valutare nella loro lesività non ora in astratto, ma un domani in concreto, al momento della loro adozione».

3.- Hanno depositato un atto di intervento nel giudizio davanti a questa Corte l'associazione non riconosciuta "Aggregazione Veneta - Aggregazione delle associazioni maggiormente rappresentative degli enti ed associazioni di tutela della identità, cultura e lingua venete", che si definisce «organizzazione esponenziale della nazione veneta», in persona del suo legale rappresentante L. P., unitamente allo stesso L. P. in proprio, eccependo la tardività del ricorso e chiedendo che, nel merito, ne venga dichiarata l'infondatezza.

4.- In vista dell'udienza pubblica, ha depositato memoria soltanto la difesa della Regione Veneto, insistendo sulle proprie conclusioni e svolgendo alcune considerazioni di sintesi. La difesa regionale ricorda, in particolare, che è attualmente in atto un "negoziato" tra la Regione Veneto e lo Stato per l'attribuzione di maggiori competenze ai sensi dell'art. 116, terzo comma, Cost., giunto ora, a fine legislatura, a «una positiva pre-intesa, destinata a completarsi, una volta insediate le nuove Camere». Questa circostanza assegnerebbe alla legge regionale impugnata «altri significati, di certo non eversivi». La legge regionale, ribadisce la Regione, non avrebbe inteso invadere le competenze spettanti allo Stato in tema di minoranze nazionali, né ledere i parametri costituzionali invocati, ma avrebbe piuttosto attuato «una sorta di ricognizione, che ha lo scopo evidente di ridare vigore alla memoria e, con essa, a un sistema di valori, la cui nobiltà è innegabile».

5.- All'udienza del 20 marzo 2018, previa discussione sul punto, è stato dichiarato inammissibile l'intervento per i motivi indicati nell'ordinanza dibattimentale allegata alla presente sentenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale della legge della Regione Veneto 13 dicembre 2016, n. 28 (Applicazione della convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali), impugnandola nella sua interezza per contrasto con gli artt. 2, 3, 5, 6, 80, 114 e 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione Ha inoltre censurato specificamente l'art. 4 della medesima legge regionale per violazione degli artt. 81, terzo e quarto comma, 117, secondo comma, lettere g) ed e), e 118, primo comma, Cost.

1.1.- In via preliminare va confermata l'ordinanza dibattimentale allegata alla presente sentenza che ha dichiarato inammissibile l'intervento.

1.2.- La legge regionale impugnata è composta da cinque articoli.

L'art. 1, rubricato «Minoranza Nazionale», prevede che al «popolo veneto» - individuato tramite il rinvio agli artt. 1 e 2 della legge regionale statutaria 12 aprile 2012, n. 1 (Statuto del Veneto) e comprensivo delle comunità etnico-linguistiche cimbre e ladine e delle «comunità legate storicamente e culturalmente o linguisticamente al popolo veneto anche al di fuori del territorio regionale» - «spettano i diritti» di cui alla Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali, fatta a Strasburgo il 1° febbraio 1995, ratificata e resa esecutiva con la legge 28 agosto 1997, n. 302.

L'art. 2 stabilisce che la «legge si attua a tutti gli ambiti» previsti dalla medesima convenzione-quadro secondo i criteri e le modalità determinati dalla Giunta regionale e «senza oneri a carico della Regione».

L'art. 3 individua «l'Aggregazione delle associazioni maggiormente rappresentative degli enti ed associazioni di tutela della identità, cultura e lingua venete, da costituirsi presso la Giunta regionale» quale soggetto incaricato «della raccolta e valutazione delle dichiarazioni spontanee» di appartenenza alla minoranza nazionale veneta. Alla Giunta regionale spetta il compito di monitorare le attività svolte dal nuovo ente.

L'art. 4 si occupa degli aspetti finanziari, prevedendo che tutte le spese relative alla attuazione della legge impugnata nel territorio regionale «sono a carico e deliberate da ciascuna amministrazione centrale o periferica chiamata ad attuarla [...] eventualmente con perequazione dell'amministrazione centrale».

L'art. 5, infine, ne stabilisce l'entrata in vigore, a partire dal giorno successivo alla sua pubblicazione.

1.3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri formula tre ordini di censure in relazione all'intero testo della legge regionale n. 28 del 2016.

In primo luogo, il ricorrente ritiene violati gli artt. 5, 6 e 114 Cost., in quanto la popolazione riferibile a uno degli enti esponenziali della Repubblica non potrebbe per ciò solo essere qualificata come "minoranza nazionale", distinta e contrapposta rispetto alla maggioranza del popolo italiano. Il principio di unità e indivisibilità sancito dagli artt. 5 e 114 Cost. impedirebbe di rappresentare la Repubblica come «una somma materiale di minoranze» e, in ogni caso, le minoranze nazionali non potrebbero coincidere con le componenti personali delle articolazioni della Repubblica stessa, quali sono le Regioni.

In secondo luogo, il ricorrente denuncia il contrasto con gli artt. 2 e 3 Cost. perché riconoscere una minoranza sarebbe possibile e necessario solo quando in mancanza di tale riconoscimento si negherebbe l'identità collettiva del gruppo, parificando giuridicamente una situazione collettiva connotata da marcate particolarità culturali alla condizione della generalità del popolo. Nel caso di specie, tuttavia, non ricorrerebbero le circostanze che sole giustificano e richiedono il riconoscimento di una minoranza veneta.

In terzo luogo, il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che il legislatore regionale non sia competente ad adottare la legge impugnata, in quanto l'attuazione della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali rientrerebbe nella competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «politica estera e rapporti internazionali dello Stato» di cui all'art. 117, secondo comma, lettera a), Cost. Inoltre, la Regione Veneto solo formalmente si sarebbe basata sulla legge nazionale di ratifica della convenzione-quadro, ma in realtà avrebbe a tutti gli effetti emanato una propria particolare legge di ratifica, con conseguente violazione dell'art. 80 Cost.

1.4.- In caso di mancato accoglimento delle censure relative alla legge regionale n. 28 del 2016 nella sua interezza, il Presidente del Consiglio dei ministri denuncia distintamente anche il solo art. 4, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., relativo alla materia «organizzazione amministrativa dello Stato», in quanto le Regioni non potrebbero porre a carico di organi e amministrazioni dello Stato compiti ulteriori rispetto a quelli individuati con legge statale. La medesima disposizione violerebbe inoltre l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., relativo alla materia «perequazione delle risorse finanziarie», perché sarebbe vietato alla legge regionale prevedere «il riequilibrio tra le disponibilità finanziarie dei diversi livelli di governo dotati di differente capacità fiscale». Infine, la disposizione censurata non rispetterebbe i principi contenuti nell'art. 81, terzo e quarto comma, e nell'art. 118, primo comma, Cost., dato che la legge regionale impugnata non quantifica le spese né individua i mezzi con cui farvi fronte, e comunque addossa illegittimamente alle amministrazioni statali nuovi oneri amministrativi e finanziari.

2.- La difesa regionale eccepisce preliminarmente l'inammissibilità del ricorso per carenza di lesività della legge regionale impugnata.

L'eccezione non è fondata.

La legge della Regione Veneto n. 28 del 2016 qualifica il «popolo veneto» come "minoranza nazionale" degna di tutela ai sensi della convenzione-quadro e impegna le amministrazioni centrali e periferiche a rendere effettiva tale tutela; essa prevede, inoltre, l'istituzione di un nuovo ente regionale incaricato di raccogliere e valutare le dichiarazioni individuali di appartenenza a tale minoranza. Diversamente da quanto ritenuto dalla difesa regionale, non si tratta di semplici aspirazioni o di enunciati meramente ottativi, ma di precetti a contenuto normativo, sicché l'eccezione di inammissibilità basata sulla carenza di lesività dell'atto impugnato deve essere respinta (si veda analogamente, da ultima, la sentenza n. 245 del 2017).

Né, d'altra parte, i contenuti della legge regionale impugnata potrebbero mai essere interpretati, secondo quanto prospettato dalla resistente, come semplice espressione di una richiesta, rivolta allo Stato, di dare effettiva attuazione alla Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali nel territorio della Regione Veneto. In proposito, va ricordato anzitutto che lo Stato ha già ratificato e recepito la convenzione-quadro con la legge n. 302 del 1997. In ogni caso, lo strumento di cui ogni Regione dispone per stimolare l'intervento dello Stato negli ambiti di sua competenza non è certo l'approvazione di una legge regionale, ma è piuttosto l'iniziativa legislativa delle leggi statali attribuita a ciascun Consiglio regionale dall'art. 121 Cost. È a tale facoltà che la Regione avrebbe dovuto fare ricorso se l'intendimento effettivamente perseguito fosse stato quello di sollecitare il legislatore statale ad adottare ulteriori atti di sua competenza in materia di tutela delle minoranze, volti alla «custodia e alla valorizzazione di patrimoni di sensibilità collettiva vivi e vitali» nel territorio regionale, come affermato nelle memorie del Veneto, richiamandosi alle parole di questa Corte (sentenza n. 170 del 2010).

3.- Nel merito, le questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto l'intera legge regionale n. 28 del 2016 sono fondate.

3.1.- Per inquadrare correttamente le questioni sottoposte all'esame della Corte, occorre premettere che la tutela delle minoranze - garantita dall'art. 6 Cost. con specifico riferimento alle minoranze linguistiche - è espressione dei fondamentali principi del pluralismo sociale (art. 2 Cost.) e dell'eguaglianza formale e sostanziale (art. 3 Cost.), che conformano l'intero ordinamento costituzionale e che per questo sono annoverati tra i suoi principi supremi (sentenze n. 88 del 2011, n. 159 del 2009, n. 15 del 1996 e n. 62 del 1992).

L'aspetto linguistico al quale si riferisce l'art. 6 Cost., e su cui questa Corte è stata più frequentemente chiamata a pronunciarsi, è «un elemento [...] di importanza basilare» che, insieme a quello nazionale, etnico, religioso e culturale, contribuisce a definire la «identità individuale e collettiva» dei singoli e dei gruppi (sentenze n. 159 del 2009, n. 15 del 1996 e n. 261 del 1995). Tale identità è l'oggetto della tutela approntata, oltre che dai citati principi costituzionali, anche da sempre più numerosi documenti internazionali (si vedano ad esempio gli ampi riferimenti contenuti nelle sentenze n. 159 del 2009, n. 15 del 1996 e n. 62 del 1992). Pertanto, nella giurisprudenza di questa Corte, la tutela delle minoranze linguistiche di cui all'art. 6 Cost. è considerata espressione paradigmatica di una più ampia e articolata garanzia delle identità e del pluralismo culturale, i cui principi debbono ritenersi applicabili a tutte le minoranze, siano esse religiose, etniche o nazionali, oltre che linguistiche.

3.2.- Deve essere condivisa l'osservazione della Regione resistente circa il fatto che la tutela delle minoranze richiede «l'apprestamento sia di norme ulteriori di svolgimento, sia di strutture o istituzioni finalizzate alla loro concreta operatività» (sentenze n. 159 del 2009, n. 15 del 1996, n. 62 del 1992 e n. 28 del 1982), in presenza delle quali soltanto i principi proclamati dall'art. 6 Cost. e dai rilevanti accordi internazionali possono acquisire concreta effettività.

In ordine alla titolarità dei poteri esercitabili a tale scopo, questa Corte in un primo momento ha affermato che solo il legislatore statale fosse abilitato a dettare norme sulla tutela delle minoranze, in ragione di inderogabili esigenze di unità e di eguaglianza (sentenze n. 14 del 1965, n. 128 del 1963, n. 46 e n. 1 del 1961 e n. 32 del 1960). Successivamente, questa Corte ha ritenuto che anche i legislatori regionali e provinciali potessero adottare atti normativi in materia, specialmente al fine di garantire e valorizzare l'identità culturale e il patrimonio storico delle proprie comunità, ma sempre nel pieno rispetto di quanto determinato in materia dal legislatore statale (sentenze n. 261 del 1995, n. 289 del 1987 e n. 312 del 1983).

La giurisprudenza costituzionale più recente è chiara nell'affermare che la tutela delle minoranze è refrattaria a una rigida configurazione in termini di "materia" da collocare in una delle ripartizioni individuate nel Titolo V della seconda parte della Costituzione e che la sua attuazione in via di legislazione ordinaria richiede tanto l'intervento del legislatore statale, quanto l'apporto di quello regionale (sentenza n. 159 del 2009). Infatti, i principi contenuti negli artt. 2, 3, e 6 Cost. si rivolgono sempre alla "Repubblica" nel suo insieme e pertanto impegnano tutte le sue componenti - istituzionali e sociali, centrali e periferiche - nell'opera di promozione del pluralismo, dell'eguaglianza e, specificamente, della tutela delle minoranze; sicché, sul piano legislativo, l'attuazione di tali principi esige il necessario concorso della legislazione regionale con quella statale.

Nondimeno, il compito di determinare gli elementi identificativi di una minoranza da tutelare non può che essere affidato alle cure del legislatore statale, in ragione della loro necessaria uniformità per l'intero territorio nazionale. Inoltre, il legislatore statale si trova nella posizione più favorevole a garantire le differenze proprio in quanto capace di garantire le comunanze e risulta, perciò, in grado di rendere compatibili pluralismo e uniformità (sentenza n. 170 del 2010), anche in attuazione del principio di unità e indivisibilità della Repubblica di cui all'art. 5 Cost.

In questa cornice debbono intendersi le affermazioni contenute nella sentenza n. 170 del 2010 - relative alla tutela delle minoranze linguistiche, ma da estendersi, per le ragioni sopra esposte, alla più generale tutela dei gruppi minoritari - secondo le quali non è consentito al legislatore regionale configurare o rappresentare la "propria" comunità in quanto tale come "minoranza", «essendo del tutto evidente che, in linea generale, all'articolazione politico-amministrativa dei diversi enti territoriali all'interno di una medesima più vasta, e composita, compagine istituzionale non possa reputarsi automaticamente corrispondente - né, in senso specifico, analogamente rilevante - una ripartizione del "popolo", inteso nel senso di comunità "generale", in improbabili sue "frazioni"» (sentenza n. 170 del 2010). Riconoscere un tale potere al legislatore regionale significherebbe, infatti, introdurre un elemento di frammentazione nella comunità nazionale contrario agli artt. 2, 3, 5 e 6 Cost.

Lasciata, dunque, in disparte ogni considerazione circa la compatibilità della legge regionale impugnata con lo specifico contenuto della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali, a cui essa si richiama - la quale peraltro contiene principalmente un elenco di diritti di natura individuale, ma non configura diritti collettivi dei gruppi minoritari - la legge regionale impugnata, nel qualificare il «popolo veneto» come "minoranza nazionale" ai sensi della citata convenzione-quadro, contrasta con i principi sviluppati nella giurisprudenza di questa Corte in materia.

Ne consegue la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'intero testo della legge regionale n. 28 del 2016, in riferimento agli artt. 2, 3, 5 e 6 Cost.

3.3.- Restano assorbiti gli altri profili di censura.

P.Q.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibile l'intervento di «Aggregazione Veneta - Aggregazione delle associazioni maggiormente rappresentative degli enti ed associazioni di tutela della identità, cultura e lingue venete» e di L. P.;

2) dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Veneto 13 dicembre 2016, n. 28 (Applicazione della convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali).
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Palmerini e altri: referendi,contrasti,cauxe enternasionali

Messaggioda Berto » mer mag 09, 2018 12:15 pm

Vittorio Selmo
Bengy Dilan/C. Dal Toso e Loris Palmerini.
09/05/2018

https://www.facebook.com/VittorioSelmo1 ... 2720338854

La funzione degli agenti provocatori è finalizzata ad iniziative dirette alla demolizione e svuotamento, dal loro interno, dei Movimenti singoli e di quello complessivo (nel nostro caso dell’autodeterminazione dei Territori Veneti) che hanno il programma del cambiamento politico mediante, appunto, provocazioni di tensioni, anche interpersonali, di dissidi e creazione, alla fine, di presupposti per causali di intervento della magistratura nei confronti degli attivisti, per reprimere in sede giudiziale ogni tentativo del rinnovamento politico.

Natura e scopo (cui prodest ?) della provocazione, cosi come la personalità dei loro agenti, si evidenziano quantomeno dai metodi, quasi sempre inizialmente riproduttivi in modo formale delle stesse iniziative che intendono devastare ( comitati,associazioni, ecc.) dentro, per mezzo e tra i quali fomentare discordie, nonchè dai loro risultati finali effettivi
È sufficiente scorrere le cronache dell’esperienza in tal senso del Movimento per l’autodeterminazione nel suo complesso (per me a decorrere dal 1979) e di quelle delle iniziative di singoli movimenti o gruppi, per constatare che, dove sono stati presenti determinati personaggi, si sono sistematicamente verificate situazioni tali da comportare la neutralizzazione delle iniziative per l’indipendenza o, quantomeno, il loro grave indebolimento, con raggiungimento dello scopo demolitorio.

Nei casi in cui con preveggenza fosse stato fin dall’origine impedito l’ingresso del provocatore nel singolo movimento, e quindi una sua azione disgregatrice interna, la provocazione risulta promossa in modo insistito con ogni mezzo dall’esterno, cosi com’è accaduto e sta accadendo su queste stesse pagine di fb con L. Palmerini e adesso anche con B. Dilan/C. Dal Toso nei confronti di Stato Veneto e di chi scrive, che neppure in questa sede risponde alle falsità di L. Palmerini, per il semplice motivo che la verità degli eventi non risulta dalle sue invenzioni o dalla forzatura unilaterale delle sue interpretazioni, bensi dagli stessi documenti per ciò che in effetti dicono.
Il richiamo di B.Dilan/C. Dal Toso alle elucubrazioni già del 2009 di L. Palmerini, ne incorpora la medesima natura e scopo.
Del resto, chi ha avuto la sventura della conoscenza di entrambi, di sicuro si è giá fatto una propria opininione.


Dal Toso
Purtroppo Selmo non si smentisce nelle sue diffamazioni. Personalmente con Loris Palmerini non mi sono mai incontrato, se non in occasione della Festa dei Veneti di Cittadella, più che altro per salutare un paio di persone che erano con lui, senza parlare di politica e ve lo potrà confermare il Palmerini stesso. In ogni caso, se quel giorno avessimo trattato la politica, non vedo che problema ci possa essere.
Il problema di Selmo, è che da molto tempo si intercala con il suo Stato Veneto, con alcuni principali gruppi Indipendentisti e poi pretende di dettarne le condizioni e il programma, nei modi che gli sono propri e destano irritazione nei presenti. Chiaramente questo tipo di atteggiamenti non piacciono a nessuno !!!
Del resto lo notate dal fallimentare referendum web che ha proposto, in quanti l’avete sottoscritto ? Cento, mille ??? I RESIDENTI VENETI SONO 5 MILIONI E GLI AVENTI DIRITTO AL VOTO CIRCA 3,6 MILIONI.
Chiedete a Franco Rocchetta, come si comportava questo soggetto nell’allora Liga Veneta, perché i fatti restano fatti e le chiacchiere ampollose restano tali assieme alle diffamazioni.
Selmo e un certo R. Boni sconosciuto ai più, ma più noto quest’ultimo con gli pseudonimi face book di PAOLO PONTI ( aveva l’immagine di profilo dei carristi italiani, oggi ha quella di una tessera elettorale referendaria ) e CARLO ROSI. Costoro sono gli unici rappresentanti di Stato Veneto mai presentatisi nella CONFEDERAZIONE VENETA INTERGRUPPI ed ESPULSI con il loro gruppo STATO VENETO, ALL’UNANIMITA’, durante la riunione del 22 giugno 2017, dai delegati dei gruppi presenti e in delega.
Io presiedevo detto consiglio, pertanto così si riassume l’animosità dei due individui sopradescritti nei miei confronti. Ma le loro false accuse non ci scalfiscono, come il carbone non scalfisce il diamante !!!
Siccome a scrivere fandonie sono bravi tutti ma i fatti restano , vi suggerisco di chiedere dettagli sui comportamenti di Selmo all’interno della CONFEDERAZIONE VENETA INTERGRUPPI, a indipendentisti di vecchia data come : Lucio Chiavegato, Barbara Benini, Francesco Falezza, Alberto Montagner ( presidente di Raixe Venete ), Annalisa Zangrando, Gaetano Ferrieri, Laura Bezzornia e altri presenti alle riunioni INTEGRUPPI.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Precedente

Torna a Endependensa, referendo par l'endependensa (dal falbo al vero)

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 1 ospite

cron