El falbo mito del dirito e de łe caouxe enternasionałi

El falbo mito del dirito e de łe caouxe enternasionałi

Messaggioda Berto » sab mag 09, 2015 8:32 am

El falbo mito del dirito e de łe caouxe enternasionałi
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Caxi:

Mocelin, Parlamentin Veneto privà col so doxe Albertus Gardin e del CNLV, Palmerini, altri
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: El falbo mito de łe caouxe enternasionałi

Messaggioda Berto » sab mag 09, 2015 8:36 am

Le ciacołe de Mocełin el parolante avogador

https://www.facebook.com/alessandro.moc ... cation=ufi

In merito al Referendum per l’Indipendenza del Veneto. Replica al Dottor Trabucco
Il Dottor Trabucco, con il suo scritto del 28 marzo u.s., conduce invece correttamente la sua analisi in molti punti. Tuttavia, è l’impianto complessivo a destare le maggiori perplessità sulla sostenibilità della sua ricostruzione
http://www.leggioggi.it/2015/04/17/in-m ... r-trabucco



La dottrina dell’autodeterminazione dei popoli in Diritto Internazionale è un terreno che – nonostante sia spesso frequentato dai giuristi, sia internazionalisti che costituzionalisti – stenta a lasciarsi indagare con facilità: anche eccellenti giuristi, d’ambedue i supremi ordinamenti, perdono troppo spesso la sfida del rigore analitico assoluto in un contesto che più d’altri richiede precisione chirurgica nel particolare ed al contempo una sempre larga visione sul complesso dell’ordinamento, senza lasciarsi tentare dai sempre latenti pericoli di scivolamento sul piano politico. D’altronde, l’autodeterminazione dei popoli è un principio di genesi essenzialmente politica, poi giuridificato esattamente 70 anni fa con l’avvento del Trattato Internazionale più importante della Storia dell’Umanità: la Carta delle Nazioni Unite.

Il presente articolo è una replica a questo intervento di Daniele Trabucco (ndR)

Il Dottor Trabucco, con il suo scritto del 28 marzo u.s., conduce invece correttamente la sua analisi in molti punti. Tuttavia, è l’impianto complessivo a destare le maggiori perplessità sulla sostenibilità della sua ricostruzione: premesse errate o solo parzialmente corrette rischiano sempre di condurre ad esiti non veri, anche quando l’analisi sia stata condotta con rigore.

Anzitutto, pur concedendogli la difesa della impossibile esaustività d’un semplice articolo di giornale, appare subito evidente che il Dottor Trabucco non potrebbe con il suo scritto venire promosso a pieni voti nel test del Prof. James Crawford, illustrissimo internazionalista (1996; in tal senso anche Cassese, 1995): l’autodeterminazione dei popoli (the law of self-determination, nella dottrina anglofona) si compone di due distinti tronconi, che sono il diritto all’autodeterminazione (right to self-determination) ed il principio di autodeterminazione (principle of self-determination). Il primo è un istituto giuridico, un diritto-pretesa che solo alcuni popoli possono vantare nei confronti dell’ordinamento internazionale (è diritto almeno dal 1960); il secondo è un principio generale del diritto internazionale, applicabile a tutti i popoli indistintamente (è diritto già dal 1945, all’art. 1 (2) della Carta ONU).

Ciò che il Dottor Trabucco nomina – con imprecisione sua, pur trovandosi in ottima compagnia tra i costituzionalisti italiani – “diritto di autodeterminazione dei popoli”, è in realtà il “diritto all’autodeterminazione dei popoli” (right to self-determination). Questo diritto, di cui correttamente descrive la non applicabilità ai Veneti, è in vero un diritto-pretesa che spetta i popoli sottoposto a giogo coloniale, più generalmente sotto occupazione di forze straniere, oppure, secondo sviluppi successivi, in regime di segregazione razziale. La pretesa, che tale “right to” è posto a difendere, è garantita dall’ordinamento internazionale ai popoli qualificati da tali terribili situazioni, consiste nel diritto del popolo così oppresso di ottenere l’indipendenza dallo Stato occupante, tramite l’aiuto diretto degli organi dell’ONU: spetta all’Assemblea Generale del’ONU stabilire quali siano i popoli bisognosi di questo speciale diritto-pretesa (claim right, nella dottrina anglofona) garantito dall’ordinamento internazionale. L’Assemblea Generale ha delegato tali mansioni ad un’apposita Commissione, deputata ad assistere i popoli che si trovino in tali condizioni giuridiche: l’occorrenza di queste condizioni fa scattare lo speciale diritto all‘autodeterminazione.

Il principio di autodeterminazione dei popoli, invece, è un principio generale dell’ordinamento giuridico internazionale, e pertanto, come conferma la Corte Internazionale di Giustizia, esso è fonte del diritto ex art. 38 dello Statuto della Corte stessa. Essendo un principio generale ed irrelato a situazioni di specifico bisogno, il principio di autodeterminazione dei popoli è un principio applicabile a tutti i popoli in generale, a prescindere dall’inveramento di quelle condizioni di gravissimo disagio che conferiscono quel diritto garantito dall’ONU di conseguire l’indipendenza.

Non solo: tutta la dottrina giuridica dell’autodeterminazione dei popoli è, sempre secondo la Corte Internazionale di Giustizia, interamente parte del diritto internazionale cogente (jus cogens). Pertanto, tra le norme gerarchicamente ed assiologicamente più importanti del diritto internazionale (cioè tra le norme di diritto cogente, cui nessuna norma può mai derogare), sono contenute le manifestazioni più alte della civiltà giuridica globale: la proibizione della schiavitù, il divieto di tortura, il divieto di aggressione e l’autodeterminazione dei popoli (anche altre norme vi rientrerebbero, ma su queste si concorda estesamente).

Ha dunque perfettamente ragione il Dottor Trabucco quando afferma che ai Veneti non spetterebbe il diritto alla secessione: ai Veneti, infatti, l’ordinamento internazionale non garantisce il proprio sostegno diretto (come invece lo garantisce nel caso dei popoli in gravissimo stato di sottomissione coloniale o di occupazione militare o segregazione razziale). Tuttavia, pur non garantendo ai Veneti di conseguire certamente l’indipendenza con l’aiuto dell’ONU, ciò non significa che il diritto internazionale vieti ai Veneti (e così anche a Catalani o Scozzesi o altri volenterosi) il diritto-libertà di perseguire l’obiettivo indipendenza (liberty right, nella dottrina anglofona).

Il ricorso logico alla categoria del diritto-pretesa rispetto al diritto-libertà è dirimente: nel primo caso, l’ordinamento garantisce attivamente l’esercizio del diritto di un popolo colonizzato di conseguire l’obiettivo indipendenza; nel secondo caso, il diritto internazionale consente passivamente l’esercizio del diritto di un popolo non-colonizzato di perseguire l’obiettivo indipendenza, senza mai garantirgli che lo conseguirà, ma nemmeno negandogli di poterlo conseguire con le proprie forze.

La funzione discretiva di questa semplice categoria giuridica è nota anche alla più illustre dottrina costituzionale italiana, che nomina i diritti-libertà come diritti di prima generazione, e i diritti-pretesa come diritti di seconda generazione: non a caso, il generale diritto-libertà di autodeterminazione (1945) è effettivamente di prima generazione, giacché lo speciale diritto-pretesa all’autodeterminazione è temporalmente successivo e logicamente derivato dal primo (1960).

Ed è in realtà la stessa Corte Internazionale di Giustizia a confortare questa visione, proprio nel tanto citato e poco capito parere del 2010 sul Kosovo.

In tale parere, la Corte compie almeno tre asserzioni decisamente rilevanti: non vige in diritto internazionale alcun divieto di dichiarare l’indipendenza (par. 79 del Parere), la secessione non è in contrasto con il principio di integrità territoriale degli Stati (par. 80), ed infine che in diritto internazionale vige il principio di libertà (par. 56). In altre parole, come esattamente la Corte dice: “In vero, è perfettamente possibile che un certo atto – come per esempio una dichiarazione unilaterale di indipendenza – non sia in violazione del diritto internazionale anche qualora non costituisca esercizio di un diritto da esso conferito” (par. 56 del Parere).

Tuttavia, diversamente da quanto Trabucco lascia trasparire, queste affermazioni della Corte non riguardano il solo caso Kosovo, in quanto, come si evince della struttura del parere e come sostiene la Corte stessa, queste argomentazioni derivano dal diritto internazionale generale, e non certo dalla lex specialis sul Kosovo. La dottrina Kosovo, in altre parole, costituisce un precedente giuridico, in quanto tutte le argomentazioni chiave si basano solo ed esclusivamente sul diritto internazionale generale, pattizio o consuetudinario. Della specialità del caso Kosovo è dato conto nella seconda parte del Parere, giacché la Corte, molto saggiamente, ha tenuto le argomentazioni giuridiche generali nella prima parte e relegato quelle speciali sul Kosovo nella seconda parte (paragrafi 85-121), appositamente per evitare quella indebita confusione di piani sulla quale ingiustificabilmente tacciono troppi costituzionalisti e pure alcuni internazionalisti.

L’argomentazione sul valore generale di questi asserti è tale che alcuni autori, su tutti Tancredi, si sono spinti a determinare le caratteristiche della corretta procedura di secessione unilaterale in diritto internazionale.

Riassumendo, secondo il diritto internazionale, ai Veneti spetta il diritto-libertà di tentare la via dell’autodeterminazione anche fino alla completa indipendenza, coperto dal principio di libertà in diritto internazionale, dal generale principio di autodeterminazione dei popoli ed infine dall’assenza in diritto internazionale di alcun divieto di secessione. Per converso, non spetta ai Veneti, ma solo a certi popoli in condizioni gravi, quello speciale diritto-pretesa di ottenere per certo l’aiuto dell’ONU fino al sicuro raggiungimento dell’indipendenza (lo speciale diritto all’autodeterminazione dei popoli… colonizzati).

Venendo, brevemente, alla Costituzione Italiana, l’asserita non complanarità tra l’art. 5 sull’indivisibilità della Repubblica (si badi bene: è la Repubblica ad essere indivisibile, non l’Italia o il popolo italiano) e l’art. 80 sulla ratifica dei trattati internazionali che comportino “variazioni del territorio” è tutt’altro che dimostrata dalle argomentazioni del Dottor Trabucco, in merito alle quali per il momento mi limito a far osservare che Esposito, da lui citato, rifletté sul valore dell’art. 5 Cost. in tempi ben anteriori alla recente abrogazione delle norme penali che, così dolci al boccato fascista, punivano qualunque fatto diretto a menomare l’integrità o l’unità dello Stato, residuando oggi la rilevanza penale dei soli atti che, oltre ad essere diretti ed idonei a menomare l’integrità o l’unità dello Stato, siano anche atti violenti. In altre parole, dal 2006 gli atti diretti ed idonei a menomare l’integrità o l’unità dello Stato non sono penalmente rilevanti: lo diventano solo se sono anche atti violenti. Ciò rilevato, dica il Dottor Trabucco quali specifiche norme vieterebbero a chi di votare ad un Referendum per l’Indipendenza del Veneto, oppure quali altre vieterebbero a quale rappresentante eletto di chiedere ai Veneti di esprimersi consultivamente, e soprattutto quali sarebbero le conseguenze concrete in capo a questi soggetti.

Oltretutto, rimane da contestualizzare anche il portato dell’art. 10 Cost., il quale sancisce che l’ordinamento repubblicano italiano “si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute”, tra le quali sicuramente vi sono le norme di diritto internazionale cogente, che sono valide erga omnes (CIG, 1995): l’art. 10 “costituzionalizza” in via diretta (cioè senza bisogno di strumenti interni di ratifica) tutte le norme di jus cogens internazionale, come il divieto di tortura, la proibizione della schiavitù e l’autodeterminazione dei popoli.

Ed infine, per quanto concerne il riferimento al 1866, il quale è richiamato anche in atti del Consiglio Regionale Veneto, desidero precisare che evidentemente il ricorso agli strumenti del già detto principio generale di autodeterminazione dei popoli farebbe scattare esattamente il corollario internazionale dell’uti possidetis juris, determinando l’esatto territorio odierno della Regione Veneto come “self-determination unit” (Crawford), a prescindere da considerazioni storiche di qualunque tipo: da qui il fatto che ogni riferimento alla normativa interna che preveda la dizione “popolo veneto” sia in realtà completamente irrilevante agli occhi del diritto internazionale, che si soddisfa in base al semplice predetto criterio dell’uti possidetis juris (in questo senso, anche Tancredi stesso). Tuttavia, mi piace poter aggiungere che i Veneti hanno una seconda via internazionale, che nessun altro popolo ha: il Trattato di Pace di Vienna del 1866. Infatti, il referendum territoriale tenutosi in Veneto nel 1866 per determinarne l’annessione al Regno d’Italia fu l’unico referendum tra quelli di annessione all’Italia ad essere contenuto in un Trattato internazionale ancora vigente, in base alla riserva di consultazione referendaria ivi contenuta.

Da ultimo, una postilla terminologica per il Dottor Trabucco: non v’è malintendimento nell’usare quasi intercambiabilmente i termini “indipendenza” e “secessione” in ambiente veneto. Molto semplicemente, l’indipendenza è il fine politico, la secessione il mezzo giuridico (in diritto internazionale). Ma d’altronde, quando la libertà diventa un problema da estirpare, anche la logica più pura e limpida può apparire mostruosamente capziosa.

Pubblicato da Alessandro Mocellin il 17 aprile 2015 alle 09:04 in Internazionale
Tags: autodeterminazione, Costituzione, diritto internazionale, indipendenza del veneto, indipendenza secessione, kosovo, referendum


Ghe sovegno a sto paciolante avogador ke łe caouxe enternasionałi łe pol promovar o łi stati o łi povołi;
entel caxo de l'endependensa del Veneto no ghè gnaon stato recognosesto kel ła promova e gnaon popoło kel sipia manefsto e kel gapie consistensa de nomaro, no xe i coatro gati de coalke stitica asoçasion de veneti e on scopeton de n'avogador ke pol promovar ste caouxe enternasionałi e ver on rexoultà.
El paciolar de Mocelin el resta el parlar de on parolante.


Se manca el povoło co łe ciacole no se va da gnaona parte.
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Re: El falbo mito de łe caouxe enternasionałi

Messaggioda Berto » sab mag 09, 2015 8:48 am

Parlamentin Veneto privà col so doxe Albertus Gardin e del CNLV

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... 1/CNLV.png


Anca par sti kì val:

Le caouxe enternasionałi łe pol promovar o łi stati o łi povołi;
entel caxo de l'endependensa del Veneto no ghè gnaon stato recognosesto kel ła promova e gnaon popoło kel sipia manefsto e kel gapie consistensa de nomaro, no xe i coatro gati de coalke stitica asoçasion de veneti adounà ente coalke Parlamentin privà e coalke striminsio CNLV tronbonante ke pol promovar ste caouxe enternasionałi e ver on rexoultà.
Se manca el povoło co łe ciacole no se va da gnaona parte.
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Re: El falbo mito de łe caouxe enternasionałi

Messaggioda Berto » sab mag 09, 2015 8:51 am

Palmerini: referendi, contrasti e cauxe enternasionali
viewtopic.php?f=126&t=733

???
Luciano Franceschi nel 1999 è stato, con Bepin Segato e me, co-fondatore dell'Autogoverno del Popolo Veneto, percorso giuridico da me scoperto e proposto.
Sono oggi 5 anni che non vedo e non sento Franceschi, i nostri rapporti andarono in crisi,alla fine del 2008, e si ruppero del tutto nella primavera del 2009 (dopo oltre 10 anni di frequentazioni e battaglie insieme) con l'arrivo fra di noi di persone maligne .
???

Referendum veneto: ammesso l’Italia lo riconosca, chi ha diritto di voto?

http://www.lindipendenzanuova.com/refer ... sultazione

di LORIS PALMERINI

C’è chi sogna che il popolo veneto possa staccarsi dall’Italia.

Si adduce il fatto “legale” che il popolo veneto è riconosciuto dalla legge costituzionale. Quindi i progetti indipendentisti veneti invocano il diritto di “autodeterminazione” dei popoli, legge internazionale che prevale sul diritto interno, e dicono che attraverso un referendum, anche consultivo, una volta vinto e determinata la volontà “politica” del popolo veneto, il diritto all’indipendenza sarebbe automatico, in quanto la legge internazionale fa decadere il diritto interno.
Questi discorsi purtroppo sono una brutta copia confusa e giuridicamente infondata di quanto vado dicendo dal 1997, perché non è esattamente così.

Fra i primi a cui raccontai le mie scoperte giuridiche, cioé il combinato delle leggi che in teoria riconoscono il diritto all’indipendenza del popolo veneto, ci fu un consigliere regionale della Lega, il quale fu promotore della risoluzione 42 del 1998, la quale non faceva altro che ripetere la mia scoperta giuridica, ossia che il popolo veneto era riconosciuto dalla legge costituzionale fin dal 1971, e che quindi c’era il suo diritto all’autodeterminazione e all’indipendenza perché entrato in vigore nel diritto internazionale nel 1976 (anche se ratificato dalla legge italiana solo nel 1977 con la legge n.881).
Strano che nessuno se ne fosse accorto prima, non vi pare?

Però quel consigliere inserì nella risoluzione un concetto “nuovo” nel diritto internazionale, e cioè che il “popolo veneto” corrisponde ai residenti della regione Veneto. Però basta recarsi a 100 chilometri da Venezia nel Friuli VENEZIA Giulia per rendersi conto che gli abitanti sono veneti (come lo sono sempre stati da 3000 anni !), ma ci arriva pure un bambino che un popolo si identifica per i suoi propri caratteri, come la lingua, la storia, il senso di appartenenza ….. per esempio a Grado sanno benissimo di essere veneti e non Giuliani, anche perché il mosaico visitabile nel centro della piazza storica recita che proprio lì fu eletto il primo Doge, Paulicius Anafesto, nel 697 DC.

Un popolo non si definisce in base al confine amministrativo che ti da un altro popolo. Si sta discutendo di riformare le regioni, fra le varie ipotesi quella di farne uno con Brescia, Mantova e Verona ….. Verona non sarebbe più veneta allora ? Che scemenza.
Confondere il “popolo veneto” con i residenti della regione veneto ha creato delle mostruosità, come quella di dichiarare la regione veneto suo rappresentante, cosa scritta nel nuovo statuto del 2012 voluto da Zaia, e se questo fosse vero si potrebbe dire che i veneti sono già indipendenti e governati dal proprio rappresentante di popolo, Zaia, che però non fa altro che eseguire gli ordini di Roma!

Il fatto è che il diritto all’autodeterminazione dei popolo vale in realtà solo per …… i popoli!
Affermando che il popolo veneto è composto dai residenti della regione, rende possibile far votare chiunque ad un eventuale referendum; potrebbe pure succedere che al momento del voto un milione di Siciliani si trasferisse in regione e voterebbe per il “no” all’indipendenza.
Sarebbe legittimo ?
Con quale diritto legale si vogliono far votare i non veneti purché residenti nella regione al voto in cui i veneti decidono il loro destino?
E con quale diritto legale si escludono dal voto i veneti che sono nei territori veneti fuori regione Veneto ? Perché si chiama Friuli VENEZIA Giulia la regione ? (In realtà la parte veneta della regione è la maggior parte anche in termini di popolazione!)

Detto questo, c’è un problema nuovo : il diritto all’autodeterminazione dei popoli non piace più a nessuno e lo vogliono cancellare. Già nel 2005 l’Italia ha proposto la riforma dell’ONU per cancellarlo, il perché non si fece lo dirò un’altra volta.
Peraltro il diritto di autodeterminazione in realtà originariamente si riferiva agli “stati”, non ai popoli, ma poi si passò ai popoli senza stato, ma gli unici casi di applicazione riguardano separazioni “consensuali” , cioé quando lo stato centrale accetta il referendum, come in Scozia (che peraltro era uno stato in passato!).

Quindi se da una parte esiste un principio di autodeterminazione dei popoli, dall’altra gli stati come quello italiano se ne fregano, ma se ne fregano anche la Spagna, l’Ucraina e molti altri, tanto più che non esiste una punizione per la sua violazione.
Anzi, gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno recentemente cambiato del tutto prospettiva sulla questione, affermando senza mezzi termini che sul diritto all’autodeterminazione dei popoli prevale il diritto all’integrità degli stati.

Così l’Ucraina sta bombardando la popolazione russofona dicendo che sono “separatisti” e che ha diritto di bombardare anche il suo stesso popolo per conservare la sua “integrità territoriale”. Quello che non è stato diffuso dagli indipendentisti veneti , ma che io dico da anni, è che a supportare questa tesi sono la UE da anni, ed ora anche gli USA, tanto che “il portavoce del dipartimento di Stato Usa ha risposto ribadendo il diritto di Kiev ad effettuare azioni militari per proteggere l’unità del Paese.”

http://www.signoraggio.it/per-gli-usa-k ... il-donbass

Morale della favola ? Ogni ipotesi referendaria e di secessione legale in forza del diritto all’autodeterminazione non è più valida di fatto, non ha alcuna speranza, perché l’Italia potrebbe perfino bombardare il Veneto per tenerselo, affermando che è parte del suo proprio territorio.
D’altronde che l’Italia se ne freghi del “popolo veneto” , del suo diritto all’indipendenza, è un fatto già provato in quanto nel 2011 la Corte di Cassazione ha negato qualunque valore legale alla dizione “popolo veneto”, disconoscendo perfino l’esistenza stessa dei veneti quali minoranza di lingua o di altro tipo: i veneti non esistono (http://www.palmerini.net/blog/sentenza- ... istrative/)

D’altra parte l’Italia ha invaso il territorio nel 1866 dopo essere stata sconfitta per terra e per mare, e fregandosene del trattato internazionale di Vienna ha impedito il voto del Lombardo-Veneto, facendo votare i propri soldati solo nel Veneto (che comprendeva appunto anche il Friuli e la Venezia-Giulia) perché la Lombardia già la occupavano da 7 anni. E’ una menzogna perfino quella dei brogli, i veneti non hanno proprio votato!
Ora potete ammainare le bandiere venete, anche quelle della Repubblica Veneta, perché in quanto sconfitta militarmente (la cosiddetta “Debellatio” http://it.wikipedia.org/wiki/Debellatio) non ha diritto a tornare sovrana.
Intendiamoci, io sono veneto di nazionalità e cultura, la Repubblica Veneta resta il mio orizzonte, è il modello vincente a cui ispirarsi, con i dovuti aggiornamenti come democrazia, parità dei sessi ecc. ma il diritto dice altro.
Dunque i popoli non contano nulla secondo USA e UE, e solo gli stati hanno il diritto alla sovranità. D’altra parte non c’è da aspettarsi nulla di diverso da queste organizzazioni che puntano alla mescolanza di ogni popolo sotto un unico governo bancario.
E però lo Stato Lombardo-Veneto non è mai stato sconfitto, ma invaso con una violazione del diritto internazionale!
Quindi ha diritto a tornare sovrano proprio in virtù del diritto all’integrità territoriale degli stati che loro stessi professano.Tuttavia se si corre alle elezioni regionali si legittima lo stato occupante e si perde ogni diritto alla sovranità.
Chi non capisce queste cose continui pure a inseguire i falsi profeti del referendum per l’indipendenza regionale che poi vanno alle elezioni regionali.

Ebbene, spieghino loro agli USA e alla UE che i veneti hanno diritto all’indipendenza , noi che perseguiamo l’indipendenza del Lombardo-Veneto di sicuro non abbiamo questo problema.
Per concludere, “Lasciate ogni speranza” voi che inseguite il referendum per lo Stato grande quanto la regione, perché non avete alcuna possibilità, al peggio vi bombarderanno.

Invece agli indipendentisti pragmatici dico: abbiamo la libertà in mano, basta pochissimo per liberarci, stiamo preparando una causa internazionale contro l’Italia per occupazione abusiva del Lombardo-Veneto, uno stato sovrano. Basta pochissimo !



???El dixe tante robe sensà, coerenti e juste ma so ła caouxa enternasional no parké par promovarla ghe vol on popolo entiero ke se mova, miłioni de veneti e no 4 gati e n'avogador. Prima a ga da movarse miłioni de veneti e dapò se po verxar na vertensa legal ... ma se no ghè miłioni de veneti ke se mova come feto a promovar na caouxa e ki xe ke te da reta???

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Re: El falbo mito de łe caouxe enternasionałi

Messaggioda Berto » sab mag 09, 2015 9:17 am

CONFERENZA: DIRITTO INTERNAZIONALE E DIRITTO INTERNAZIONALE DEI VENETI DAL 1866 A OGGI NELLA U.E.

Raixe Venete vi invita all'ultimo appuntamento del ciclo di conferenze a Santa Lucia di Piave Venerdì 26 Giugno ore 20.30 presso sala "Palacastanet" Via Martiri della Libertà 25. Relatore Ettore Beggiato. Ve spetemo!

https://www.facebook.com/raixevenete/ph ... nref=story


Mi diria:

Pì ke l dirito a ghe vol i veneti, el popoło veneto, i nomari, miłioni de veneti, ... e mi no credo ke łe ciacołe sol dirito łe serva a far sù miłioni de veneti. Ste ciacołe le serve lomè a metar en mostra coalkedon e basta. Da romai a xe ani ke a se va vanti co sto palco, basta (ciacołe, personaleixmi, palki e careghe) ! El dirito el ghè ente ła volontà de on popoło se ghè el popoło, se ghè i nomari, ma se no ghè el popoło e no ghè i nomari no ghè gnanca el dirito.
A cogna laorar so ła vołontà dei veneti pì ke so łe łej enternasionałi ke se anca łe ghe fuse no łe serviria a gnente se mancàse ła vołontà dei veneti de esar popoło e endependenti.
No xe contando ste robe sol dirito enternasional ke se "xveja" i veneti (miłioni de veneti) e łi se porta so l troxo de l'endependensa e sto fato a ło ghemo spermentà da ani e anca ente ste oltime ełesion tałiane.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: El falbo mito del dirito e de łe caouxe enternasionałi

Messaggioda Berto » lun dic 21, 2015 9:28 pm

Mama ke fanfaron!

https://www.facebook.com/plebiscito.eu
https://www.facebook.com/plebiscito.eu/ ... 9009709373

INDIPENDENZA DEL VENETO, STRASBURGO: GIANLUCA BUSATO PRESENTA RICORSO CONTRO L’ITALIA ALLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO +++
Il ricorso di 471 pagine e 25 a seguito della sentenza 118/2015 della Corte Costituzionale evoca anche per il Veneto il precedente della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia sull’indipendenza del Kosovo. Chiesti 600 miliardi di euro di risarcimento danni per gli ultimi 30 anni di rapine fiscali: “stop al colonialismo fiscale italiano in Veneto”.
http://blog.plebiscito.eu/news/indipend ... i-delluomo

[Strasburgo, 21 dicembre 2015] – Oggi, a 21 mesi esatti dalla dichiarazione di indipendenza del Veneto del 21 marzo 2014, Gianluca Busato ha presentato alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo il Ricorso contro l’Italia, a seguito della violazione molteplici Articoli della Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali e dei successivi Protocolli avvenuta con la sentenza della Corte Costituzionale 118/2015.
Tale sentenza mira a conculcare in modo grave l’inalienabile diritto di autodeterminazione soggettivo e/o in forma collettiva dei cittadini del Veneto, violazione ancora più aggravata perché avviene in forma continuativa, data la natura inappellabile della Corte Costituzionale Italiana.
Il ricorso si compone di 471 pagine tra formulario e i 25 allegati, che comprendono anche una nutrita serie di richieste a titolo risarcitorio, effettuate da Gianluca Busato in virtù del mandato ricevuto dai cittadini veneti tramite il Plebiscito Digitale di marzo 2014. Tra di esse spiccano la richiesta alla Corte di riconoscimento della non violazione del diritto internazionale da parte degli organizzatori del referendum di indipendenza del Veneto del 16-21 marzo e della successiva dichiarazione di indipendenza del Veneto. La richiesta di risarcimento danni diretti e indiretti nei confronti dei cittadini veneti è stata stimata in 600 miliardi di euro, equivalenti al residuo fiscale del Veneto negli ultimi trent’anni, non attualizzato.
In particolare, dal ricorso emerge che anche per il Veneto si è confermato come la decisione di Plebiscito.eu, Comitato Organizzatore del Referendum di indipendenza del Veneto del 16-21 marzo 2014, fosse in linea con il Parere Consultivo della Corte internazionale di Giustizia (ICJ) sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo del 22 luglio 2010 sia per quanto attiene alla celebrazione di un referendum sotto forma privata, in ottemperanza alla Risoluzione 44/2012 della Regione Veneto sia relativamente alla dichiarazione di indipendenza del Veneto successiva alla vittoria dei Sì nel referendum con espressione certificata della maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto.
Per quanto riguarda infatti la celebrazione del Referendum di indipendenza del Veneto del 16-21 marzo 2014, come implicitamente confermato dalla stessa Corte Costituzionale della Repubblica Italiana, la via referendaria privata è l’unica che abbia avuto riconoscimento espresso dalla ICJ, in assenza di esplicite previsioni nella carta costituzionale, come avviene nel caso della Repubblica Italiana.
Per quanto concerne invece la dichiarazione di indipendenza del Veneto, per analogia con la citata sentenza della ICJ, non esiste nessun divieto applicabile alla promulgazione di dichiarazioni di indipendenza, con la conseguenza che la dichiarazione di indipendenza del Kosovo del 17 febbraio 2008 non è in violazione del diritto internazionale generale, così come non esiste alcun impedimento di diritto internazionale alla dichiarazione di indipendenza del Veneto proclamata a Treviso il 21 marzo 2014.
C’è di più. Secondo la ICJ, infatti, i dichiaranti non avrebbero agito nella loro qualità di organo/i previsti dal quadro costituzionale, ma avrebbero operato come autorità costituenti un nuovo Stato, per l’appunto al di fuori di tale quadro costituzionale che un tale potere non prevedeva, così come allo stesso modo, per analogia, hanno agito gli autori della dichiarazione di indipendenza del Veneto proclamata a Treviso il 21 marzo 2014. Da oggi inoltre partirà anche una raccolta di firme tra i cittadini veneti, per una petizione popolare che sarà allegata al ricorso alla stessa CEDU, secondo i termini previsti dal regolamento.
Gianluca Busato ha dichiarato: “si tratta di un passaggio fondamentale nel percorso verso la piena indipendenza del Veneto. In un certo senso dobbiamo ringraziare la Corte Costituzionale italiana, poiché ci ha permesso di “sdoganare” la questione veneta esaurendo ogni possibile ricorso interno allo stato italiano e permettendoci così di adire le corti internazionali. La prima è ovviamente la CEDU, in quanto la sentenza ha calpestato basilari diritti e libertà umane. Con il ricorso si è voluto infine denunciare la particolare forma di “affetto” che lega la Repubblica Italiana al Veneto, come dimostra l’analisi delle serie storiche dei residui fiscali regionali che appare a senso unico e sempre sfavorevole ai cittadini veneti e al loro territorio, configurandosi più come sottrazione continuata di risorse economiche a uno specifico territorio a vantaggio di altri, piuttosto che “solidarietà”. In termini storici tale fenomeno, quando si verificava in forme ben minori, non veniva definito “solidarietà”, bensì colonialismo”.
Ufficio stampa – Plebiscito.eu
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Re: El falbo mito del dirito e de łe caouxe enternasionałi

Messaggioda Berto » lun gen 11, 2016 6:17 pm

Quegli indipendentisti che ricorrono alla Corte dei diritti dell’uomo, col giudice italiano. Senza cavare un ragno dal buco
11 Jan 2016
ENZO TRENTIN

http://www.lindipendenzanuova.com/quegl ... o-dal-buco

«Ci sarà pure un giudice a Berlino» o «allora esiste un giudice a Berlino» è una battuta teatrale presa da un opera di Bertold Brecht (in cui si narrano le vicende di un povero ma tenace mugnaio che si batte contro un imperatore per via di un torto subito), divenuta col tempo così famosa che viene spesso utilizzata come frase fatta, anche fuori dal contesto e con piccole modifiche, per ricordare che prima o poi la giustizia compie il suo corso. Alcuni sostengono che l’episodio sia accaduto veramente: nel Regno di Federico di Prussia, detto il Grande, che trattò la causa del mugnaio Arnold, e ciò perché un pensiero costante di Federico, era la buona amministrazione della giustizia, che aveva mantenuto fino dal 1747 il Codex Fridericianus. Mentre a cercare tra tutte le opere di Brecht questa citazione non si trova neppure… che strano!

Ad ogni modo, i fatti narrati sono i seguenti. A Potsdam, non lontano da Berlino, il potente imperatore Federico II di Prussia voleva espropriare ingiustamente il mulino di un mugnaio per abbatterlo, solo perché, secondo lui, rovinava il panorama del suo nuovo castello di Sans Souci (una sorta di reggia di Versailles, ancora oggi splendidamente intatto e ben conservato). Pur di non ammettere il torto e rinunciare, il prepotente imperatore corruppe tutti i giudici e gli avvocati presso cui il mugnaio si rivolgeva. Il tenace pover’uomo non volle mollare e dopo tante ricerche trovò infine a Berlino un bravo giudice che decise di aiutarlo, finché davvero vinsero la causa. Insomma l’imperatore, malgrado tutto, fu vittima delle leggi e dei codici da lui promulgati. Alla figura di questo “mitico” giudice si ispira anche la “Corte di Strasburgo”, un tribunale equo per poveri, diseredati, lontani dal potere che rivendica il diritto di tutti a ottenere giustizia.

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (abbreviata in CEDU o Corte EDU) è un organo giurisdizionale internazionale, istituita nel 1959 dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950, per assicurarne l’applicazione ed il rispetto. Vi aderiscono quindi tutti i 47 membri del Consiglio d’Europa.

Sebbene abbia sede a Strasburgo, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo non è un’istituzione che fa parte dell’Unione europea; non dev’essere confusa con la Corte di giustizia dell’Unione europea con sede in Lussemburgo, istituzione effettiva dell’Unione europea.

Nel corso degli anni alcuni federalisti, prima, ed indipendentisti, oggi, sono ricorsi al giudizio della CEDU, ma sempre con esito sfavorevole. Si veda qui un esempio.

Poi sembra loro sfuggire la sostanza delle esperienze altrui.

Per esempio, fu solo dopo la seconda guerra mondiale che il movimento separatista del Jura diventò un problema serio per il Cantone di Berna, e in definitiva per tutta la Svizzera. L’ultimo movimento di protesta del Jura prese vita a seguito della vicenda di Moeckli nel 1947. Georges Moeckli era un politico del Jura, la cui nomina a uno dei ministeri fu bloccata dal Parlamento bernese esclusivamente perchè la sua lingua materna era francese. Si veda qui [http://docplayer.it/6314839-Accademia-degli-uniti.html ] la questione trattata in modo più ampio.

Ora una tale discriminazione, in Veneto, non è mai esistita. Anzi i “rappresentanti” veneti nelle istituzioni dello Stato italiano si contano a centinaia. E gli stessi personaggi che ora ricorrono o sono ricorsi alla CEDU, si sono scapicollati per farsi eleggere di qua e di là: in Parlamento, in Regione, in vari Comuni. Ma spesso è mancato loro il soddisfacimento delle norme burocratiche attraverso le quali il potere costituito limita l’accesso ai concorrenti.

lettera cedu

Ritornando alla CEDU, la prima cosa che salta agli occhi è che tra il collegio giudicante c’è un giudice italiano. All’epoca – nel documento qui esposto – era il torinese Vladimiro Zagrebelsky. Oggi, invece, ad essere italiano è il napoletano Guido Raimondi, che addirittura a partire da novembre 2015 ricopre (per nove anni) il ruolo di presidente della Corte europea dei diritti umani.

Preso atto di ciò, le prime perplessità che tormentano l’uomo qualunque sono relative alla terzietà del giudizio. E noi, che non siamo esperti di diritto, siamo assaliti dal pensiero di Bartolo di Sassoferrato. Una celebrità solo per i cultori della storia del diritto, del quale tuttavia tutti dovrebbero conoscere questa coraggiosa confessione (citiamo a memoria): «Ogni volta che mi si propone un problema giuridico, prima sento quale deve essere la soluzione, poi cerco le ragioni tecniche per sostenerla.»

E se questo era vero per un simile luminare, figurarsi per un magistrato qualunque. Dunque aspettarsi dal giudice un giudizio asettico, pressoché meccanico, come una macchina in cui si infila il fatto e viene sputata fuori la sentenza, è del tutto fuori luogo. Il diritto cerca di mettere ordine e razionalità nelle vicende, tipizzandole in quadri astratti, ma poi in concreto quel diritto viene maneggiato da un essere umano, con la sua cultura (o incultura), la sua affettività, i suoi principi e, perché no? i suoi pregiudizi. Si spiega così che la parola “sentenza” si ricolleghi a “sentire”, cioè alla stessa radice di “sentimento”, non a “sapere”.

L’uomo della strada allora si dirà: «poco importa, in caso di conflitto d’interessi un giudice può essere ricusato»; ma la Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali
[http://www.echr.coe.int/Pages/home.aspx?p=basictexts/rules&c=#n1347875693676_pointer], firmata a Roma, 4.XI.1950, All’articolo 23 – Durata del mandato e revoca – stabilisce:

I giudici sono eletti per un periodo di nove anni. Essi non sono rieleggibili.

Omissis

Un giudice non può essere sollevato dalle sue funzioni a meno che gli altri giudici decidano, a maggioranza dei due terzi, che egli non soddisfa più i requisiti richiesti.


Ed allora la persona semplice si chiederà: «Davvero i giudici ricuseranno uno di loro? O non si porranno invece la domanda: se un giudice inglese mette il naso sull’aspirazione all’autodeterminazione dei catalani, un giudice francese non farà lo stesso a proposito del desiderio dei tirolesi, ed uno italiano non farà come Bartolo da Sassoferrato per la voglia di autogovernarsi del bretoni o fiamminghi o altri?». Eppoi non dimentichiamo: il giudice è nominato singolarmente ed in rappresentanza di ognuno dei 47 Stati aderenti alla CEDU.

C’è poi la questione prevista dall’articolo 35 – Condizioni di ricevibilità:

La Corte non può essere adita se non dopo l’esaurimento delle vie di ricorso interne, come inteso secondo i principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti ed entro un periodo di sei mesi a partire dalla data della decisione interna definitiva.

Omissis

La Corte dichiara irricevibile ogni ricorso individuale presentato ai sensi dell’articolo 34 se ritiene che:

(a) il ricorso è incompatibile con le disposizioni della Convenzione o dei suoi Protocolli, manifestamente infondato o abusivo; o

(b) il ricorrente non ha subito alcun pregiudizio importante, salvo che il rispetto dei diritti dell’uomo garantiti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli esiga un esame del ricorso nel merito e a condizione di non rigettare per questo motivo alcun caso che non sia stato debitamente esaminato da un tribunale interno.

E qui qualcuno potrebbe osservare che alcuni indipendentisti veneti sono giunti sino alla Corte costituzionale italiana, vedendosi rigettare per l’ennesima volta ogni istanza.

Ma ancora: l’Articolo 53 – Salvaguardia dei diritti dell’uomo riconosciuti – dice: “Nessuna delle disposizioni della presente Convenzione può essere interpretata in modo da limitare o pregiudicare i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali che possano essere riconosciuti in base alle leggi di ogni Parte contraente o in base a ogni altro accordo al quale essa partecipi.”

Laddove le parole chiave sembrano essere: “in base alle leggi di ogni Parte contraente”, e noi tutti sappiamo come la Costituzione italiana sia, al riguardo, contraddittoria e sibillina.

Insomma, possiamo credere che organi di Stato deliberino contro la “fratellanza” altri Stati , ben sapendo che si potrebbero innestare processi di reciprocità? Ed in caso di delibera favorevole agli indipendentisti, quindi l’esecuzione dell’Articolo 46 – Forza vincolante ed esecuzione delle sentenze – quante sono le sentenze di condanna inflitte, con relative multe pecuniarie, allo Stato italiano perché il medesimo non ha ottemperato?

Concludendo, le vie dell’indipendentismo sono svariate (ce ne occuperemo in futuro), e probabilmente differenti per ogni singolo popolo o territorio, ma quella giudiziale – attualmente – non sembra la più promettente. Anche se tempi, come gli uomini cambiano. E noi ci auguriamo che cambino presto, e nel senso auspicato da tutti gli uomini liberi.

ILTESTO DELLA CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO:

http://www.echr.coe.int/Documents/Convention_ITA.pdf
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Re: El falbo mito del dirito e de łe caouxe enternasionałi

Messaggioda Berto » mer mag 11, 2016 8:46 am

AGLI STATI INTERESSANO I VANTAGGI NON I DIRITTI
di ENZO TRENTIN

Il buonsenso viene dall’esperienza, anche se l’esperienza la fai quando non hai buon senso. È una riflessione che proponiamo ai nostri lettori che aspirano all’indipendenza dall’Italia, e per rafforzare la meditazione suggeriamo un pensiero tratto da “la rivoluzione” di H.H. Hoppe: «… ricordiamo che ogni società che valga la pena avere, ogni società liberale avanzata, è stata costruita da persone con lunghi orizzonti temporali. Orizzonti oltre la propria vita. E in generale queste società sono state costruite in circostanze e condizioni di disagio materiale molto difficili, ben oltre ciò che stiamo probabilmente affrontando. Quindi cerchiamo di appellarci alle nostre migliori nature e giriamo il ‘cosa deve essere fatto’ da domanda in una dichiarazione.»

Nel panorama delle formazioni o gruppi o movimenti o partiti indipendentisti, specialmente nell’animato panorama Veneto, si elaborano un’infinità di teorie, si generano svariati credi e certezze, ci si convince della bontà di questa o quella strategia, si pensa di ricorrere a questo o quell’Ente internazionale, si cerca o si è cercato un “giudice a Berlino” che decreti l’illegittimità dello Stato italiano, e come conseguenza la libertà di questo o quel territorio. Ma proviamo a vedere, succintamente, i risultati sin qui ottenuti da queste strategie:

C’è chi pensa di farsi eleggere nelle istituzioni italiane per modificarle “dal di dentro”; ma le innumerevoli fazioni politiche votate a ciò, sino ad oggi, non hanno ottenuto nulla. Non la Lega Nord, non l’Italia dei Valori, non il Movimento 5 Stelle. E citiamo solo i partiti politici più conosciuti, altrimenti la lista si farebbe assai lunga. La questione è che il ‘sistema Italia’ è imperniato sulla concertazione che tutto intreccia, aggroviglia, imbroglia. Grazie al cielo i partiti hanno abbandonato le ideologie, ma quelli post ideologici sembra non abbiano altra finalità che impoverire o saccheggiare o appropriarsi della cosiddetta res publica. In quest’ambito si citano a sproposito le esperienze di Scozia e Catalogna, e si sottace sulle loro peculiarità che rendono maldestro il raffronto con la situazione italiana.
Inutili, sino ad oggi, i vari ricorsi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Coloro che si sono appellati a questa Corte hanno scoperto che nel collegio giudicante è inserito un giudice italiano, e che dunque la terzietà del giudizio è quanto meno messa in dubbio.
A quale altro “giudice a Berlino”, e con quali garanzie di terzietà di giudizio potranno mai appellarsi gli indipendentisti? E nell’ipotesi di un giudizio positivo, l’imperante partitocrazia italica accoglierà il verdetto? C’è da dubitarne visti gli innumerevoli mancati adeguamenti alle direttive dell’UE, che hanno generato non un contenzioso, bensì salatissime multe. I politicanti continuano a svolgere la loro attività politica con scarsa competenza, per lo più con mire ambiziose e per trarne vantaggi personali.
Inutili, sino ad oggi, i vari ricorsi all’ONU. I Movimenti o i Comitati di liberazione nazionale che hanno scritto un numero incalcolabile di denunce. Non hanno mai ricevuto alcuna risposta o un cenno.
C’è chi uniforma il suo agire al diritto internazionale, ma quale sede internazionale è disposta a tutelare questo buon diritto? Quale “giudice a Berlino” è competente? Se questo “diritto” nessuno lo riconosce, che diritto è?
Sull’illegittimità dello Stato italiano molto è stato detto: non c’è solo l’illegittimità della Costituzione, perché mai votata dal popolo “sovrano”; c’è persino la Corte costituzionale italiana che dicembre 2013 sentenzia come di fatto sarebbero decaduti i parlamentari. Eppure, recentemente, questi hanno addirittura deliberato la modifica della Costituzione.

Scriveva Gesualdo Bufalino (Perché odio i politici a cura di Guido Almansi Mondadori, 1991): «Oggi dai politici mi sento rinchiuso fra le stesse quattro mura di un tempo. Mi ripeto la frase illustre: “Io sono solo, loro sono tutti.” E dire che fino a poco fa una parvenza di programmi e contegni contrapposti ancora li distingueva, fuori e dentro il Palazzo. Oggi nel Palazzo ci sono tutti, le divise si scambiano a piacere, quanto più le risse sono fragorose, tanto più sono finte. Un unico gigantesco partito li arruola tutti, dal Montecitorio più grande agli altri, innumerevoli, sparsi per la penisola. E quanto parlano, poi… Quale quotidiano inesauribile vilipendio della parola… È questa l’offesa che duole di più: ci taglieggiano, ci sgovernano, ci malversano… Ma almeno stessero zitti; smettessero questo balletto di maschere, questo carnevale del nulla, al riparo del quale mani avide intascano, leggi inique o vane si scrivono, ogni proposito onesto si sfarina in sillabe senza senso… Esagero? Esagero, ma ditemi: quanti sono oggi coloro che intendono veramente la politica come servizio? E non sono costretti a nascondersi come lebbrosi? E per uno che opera con coscienza e fatica, quanti altri sono solo vesciche pompose, busti di cartone, pastori di nuvole, puri e semplici ladri? Il risultato è sotto gli occhi di tutti: uno Stato tirchio e scialacquatore, frenetico e inerte, feroce e longanime, occhiuto e cieco…».

Ed allora eccoci ritornati ai quesiti di sempre:

Come sarà l’indipendenza di questo o quel territorio?
Chi e come sarà legittimato a governare?
Perché il sistema proposto dagli indipendentisti sarà migliore dell’attuale?

Facciamocene una ragione: non è necessario solo un progetto istituzionale innovativo per convincere il cosiddetto “Fronte Interno”; c’è anche da ottenere un’empatia esterna. Ai circa 200 Stati attualmente esistenti al mondo, interessa poco o niente il diritto all’indipendenza del Veneto o della Lombardia o della Sardegna o quant’altri. Agli Stati interessano i vantaggi, e bisognerà pur elaborare un progetto sui vantaggi che avranno “gli altri” a riconoscere il nostro buon diritto all’autodeterminazione.

Infine, sempre in tema di vantaggi: quale sarebbe quello per un indipendentista nel fare il Sindaco di un Comune qualsiasi sotto dell’attuale Stato italiano? Considerando le disastrate finanze statali e locali si tratterebbe di assumersi l’onere di una “Mission Impossible”; a meno che, anche in questo caso, il predetto indipendentista non avesse un progetto di praticabili riforme del predetto Comune, poiché sembra che le istituzioni pubbliche attuali non siano fatte per dare servizi al pubblico, ma sia il cittadino fatto per servire la burocrazia. Non bastasse: com’è possibile competere all’elezione di un Sindaco, senza una proposta organizzativo-istituzionale innovativa, e quando la partitocrazia mette in campo personaggi disinvolti, e pieni di risorse economiche? Ricordiamo en passant che, per esempio, l’ex Sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, è stato rinviato a giudizio per il finanziamento illecito dei partiti per l’inchiesta Mose. Si parla di 500.000 Euro. Erano solo quelli i soldi a disposizione per la sua campagna elettorale, o ce n’erano di più? E un candidato indipendentista quando mai potrà competere ad armi pari con tali disponibilità economiche?

Se l’esperienza deve essere fatta, gli indipendentisti la concretizzino confrontandosi su un progetto istituzionale che diventi condivisibile. Se le loro teorie e convincimenti non sono in grado di persuadere o non trovano un compromesso accettabile tra chi come loro si considera ed agisce da indipendentista, come potranno mai conquistare l’opinione pubblica?
Dopo essersi conciliati tra di loro, le loro tesi, ed aver concretizzato un’ipotesi di nuovo assetto istituzionale potranno partire alla conquista delle menti e dei cuori dell’opinione pubblica, poiché una volta acquisita questa vittoria non ci sarà partito o istituzione italiana che potranno contrapporsi.
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Re: El falbo mito del dirito e de łe caouxe enternasionałi

Messaggioda Berto » lun giu 13, 2016 5:00 am

Loris Palmerini, le calunnie, le truffe, le spie, l'attività
https://www.youtube.com/watch?v=v1L1Tyg ... ture=share

Ke oror, ke fanfaron!
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Re: El falbo mito del dirito e de łe caouxe enternasionałi

Messaggioda Berto » lun gen 16, 2017 9:27 pm

I veneti del Veneto xełi on popoło e na megnoransa nasional?
viewtopic.php?f=183&t=1731


Coel Parlamento Veneto de tuti i veneti, mai nato e ke i venesiani ke łi gheva el poder no łi ga mai promòso
viewtopic.php?f=183&t=2597

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... i-nato.jpg

Solo dopo aver perso tutto, Venezia il 22, 27, 30 maggio del 1797, propose alle municipalità delle città venete (Verona, Treviso, Padova, Vicenza, Rovigo e Belluno) di costituire una unità veneta statuale federata a pari sovranità ma queste città dissero NO! Perfino Burano disse NO!


Anesion del Veneto a el stado talian - el plebesito trufa
viewtopic.php?f=139&t=518

Difetto assoluto di giurisdizione: ensemense venetiste
viewtopic.php?f=122&t=2478

Ensemense e peke venetiste e venesianiste
viewtopic.php?f=183&t=2389
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