Tasse, lavoro, sanità, pensioni: tra Svizzera e Italia c’è l’abissohttp://www.lindipendenza.com/tasse-lavo ... ce-labissodi GUGLIELMO PIOMBINI
Se è vero, come sostiene la vulgata prevalente, che la crisi attuale è stata provocata dalla finanza senza regole e dagli eccessi del capitalismo, allora i paesi europei economicamente più liberi dovrebbero trovarsi nelle condizioni peggiori. Possiamo verificare questa tesi confrontando la situazione economica di due paesi confinanti abitati da popolazioni parzialmente simili, l’Italia ela Svizzera. Quest’ultima, grazie alla sua forma confederale, ha sempre avuto un settore pubblico più leggero di quello dell’Italia, ma negli ultimi anni le differenze tra i due paesi si sono enormemente allargate.
Nella classifica mondiale della libertà economica 2014, curata annualmente dall’Heritage Foundation e dal Wall Street Journal, il sistema economico svizzero risulta il quarto più libero del mondo (dopo Hong Kong, Singapore e l’Australia), mentre quello italiano si trova all’86esimo posto. Ancora meglio fa la Svizzera nell’indice mondiale della competitività, piazzandosi al primo posto su 148 economie mondiali, mentre l’Italia si trova al 49esimo posto.
La Svizzera è particolarmente competitiva proprio in quel settore finanziario demonizzato dagli avversari del libero mercato. Non esiste infatti un paese in cui il settore finanziario rappresenti una quota così importante del PIL come la Svizzera(il 13 % contro il 4 % della Francia o della Germania). Nonostante questa maggiore esposizione ai rischi, la piazza finanziaria elvetica si è dimostrata solida, e durante la crisi ha beneficiato di aiuti statali in misura nettamente minore rispetto a quanto avvenuto in altri Paesi (fonte).
La recessione che ha colpito l’Europa sembra infatti aver risparmiato la Svizzera, che pur trovandosi incastonata nel cuore del vecchio continente, ha continuato a creare business ad un ritmo costante. Secondo uno studio della rete globale di revisione RSM, tra il 2007 e il 2011 il numero di aziende in Svizzera è aumentato da 499.000 a 648.000, uno dei tassi più alti nell’area Ocse: +149.000 unità, pari ad un tasso di crescita medio annuo del 6,8%. Nel 2013 il pil della Svizzera è aumentato del 2%, mentre l’Italia ha chiuso il 2013 con un calo del pil dell’1,9 % e un calo della produzione industriale del 3,8%.
Per quanto riguarda gli altri indicatori, secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale in Svizzera nel 2013 il reddito procapite a parità di potere d’acquisto è stato di 46.475 dollari contro i 30.094 dollari dell’Italia; l’inflazione su base annua è stata dello 0,2 % contro l’l,3 % dell’Italia; l’incidenza della spesa pubblica sul pil è circa il 33 % contro il 50 % dell’Italia; il debito pubblico è in Svizzera il 36,4 % del Pil contro il 132,6 % dell’Italia; il tasso di disoccupazione in Svizzera nel 2013 è stato del 3,3 %, mentre in Italia nel gennaio 2014 ha fatto un nuovo balzo al 12,9 %; particolarmente eclatante è il dato sulla disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni, che in Svizzera è solo del 3,6 % contro il 40 % dell’Italia! (Il Mondo, 9/9/2013).
Come ha fattola Svizzeraa realizzare queste straordinarie performance economiche? La verità è che la Confederazione Elvetica rappresenta un vero e proprio paradiso liberale, se paragonata all’Italia.
La tassazione
Benvenuti nel Paese con le tasse più basse d’Europa, titolava un recente articolo uscito su Il Sole-24 Ore. La leggerezza del fisco elvetico è favorita dalla concorrenza fiscale che si fanno i 26 cantoni per attrarre imprese e investimenti. Il fisco svizzero agisce infatti su tre livelli: federale, cantonale e comunale. L’imposta federale incide sul 7,83 % degli utili, quella cantonale varia dal 4,4 al 19 %, quella comunale dal 4 al 16 %. In media quindi sulle aziende l’erario esercita una pressione che varia tra il 16 e il 25 %, sulle persone fisiche dal 5 al 20 %.
L’IVA è la più bassa d’Europa, all’8 % (contro il 22 % dell’Italia!), ma sui beni di consumo è al 2,5 %, mentre l’istruzione e le cure mediche sono esenti. Non ci sono imposte sulle successioni per i discendenti diretti. Alcuni Cantoni garantiscono delle esenzioni fiscali per certi periodi o per certe attività, ed è possibile stringere accordi con l’erario sulle tasse da pagare per gli anni successivi.
Una notevole differenza con l’Italia riguarda il famigerato cuneo fiscale. Il datore di lavoro italiano farà un salto sulla sedia quando scoprirà quanto pagano in tasse i colleghi della Svizzera sugli stipendi dei dipendenti. «Per 1000 euro di salario il datore di lavoro in Italia deve spenderne altri 1300, qui appena 200», spiega Gianluca Marano, quarantenne di Milano che nel 2008 ha aperto a Chiasso una società di consulenza per gli imprenditori e i privati che vogliono aprire un’attività oltre il confine. Nel complesso il carico fiscale complessivo delle aziende (total tax rate) in Svizzera raggiunge al massimo il 28,7% del reddito d’impresa, contro l’incredibile 67,7 % dell’Italia, secondo i dati della Banca Mondiale.
Non c’è quindi da meravigliarsi se negli ultimi anni centinaia di imprese italiane si sono trasferite nel Canton Ticino. All’ingresso di Chiasso c’è un cartello che dice “Benvenuta impresa nella città di Chiasso”. Uno dei tanti imprenditori italiani in trasferta ha commentato: «Quando arriva un imprenditore in Svizzera lo accolgono le autorità. In Italia gli mandano la guardia di finanza». Nel complesso sono 558.000 gli italiani che risiedono in Svizzera, su una popolazione di 8 milioni di abitanti, ai quali si devono aggiungere i quasi 60.000 frontalieri che passano quotidianamente il confine per lavoro, aumentati del 75 % dal 2002 a oggi.
Di recente l’Ufficio Federale di Statistica ha svolto un’approfondita indagine sugli stipendi svizzeri. I risultati confermano che in Svizzera si guadagna mediamente il doppio o il triplo rispetto ai paesi confinanti: nel biennio 2007-2008 il salario medio era infatti equivalente a circa 3000 euro mensili al netto delle imposte. È vero che il costo della vita è mediamente più alto che negli altri paesi europei, tuttavia, rileva l’indagine, «in nessun caso è doppio o triplo. Per fare un raffronto affidabile con gli altri paesi basti pensare che i costi tra assicurazioni e imposte varie rappresentano in media circa il 30%-35% del budget totale di una persona, il resto serve per vivere».
Le pensioni
Probabilmente non esiste al mondo un sistema pensionistico più ingiusto, rovinoso e finanziariamente insostenibile di quello italiano. L’Inps si fonda su un meccanismo diabolico che taglieggia i lavoratori privati per concedere spropositati privilegi pensionistici alle categorie statali privilegiate. La moria delle aziende è spesso dovuta all’impossibilità di far fronte a un carico previdenziale completamente slegato dagli utili prodotti, e la maggior parte delle cartelle esattoriali sono costituite da contributi previdenziali non pagati. In Italia l’esosa contribuzione previdenziale obbligatoria a carico degli artigiani e dei commercianti, per non parlare di quella degli iscritti alla gestione separata (prevista al 33% per il 2014), è la principale causa di dissuasione dall’iniziare una nuova attività economica.
Il problema è che i lavoratori privati perdono la proprietà dei risparmi che versano all’Inps, mentre la classe politico-burocratica riesce facilmente a dirottarli verso le proprie tasche per mezzo di leggi, leggine e sentenze amministrative. In sostanza, coloro che pagano i contributi e sostengono l’intero sistema, i lavoratori autonomi e dipendenti del settore privato, ricevono una pensione che rappresenta una frazione minuscola di quanto hanno effettivamente versato; d’altro canto, alcune categorie statali che non hanno mai versato contributi o che li versano solo in maniera figurativa, come i politici, i magistrati, i militari e i dipendenti pubblici in genere, si sono garantiti elevati trattamenti previdenziali, vitalizi, pensioni d’oro, doppie, triple e baby.
Questi sperperi e queste palesi ingiustizie non possono esistere nel sistema pensionistico svizzero, che si fonda su tre pilastri. Il primo è quello della pensione pubblica, che richiede contributi obbligatori piuttosto limitati (il 4,2 % del reddito per il datore di lavoro e per il dipendente) e garantisce solo il minimo fabbisogno vitale al momento della pensione. La pensione pubblica è infatti quasi uguale per tutti: la minima è di 1105 franchi al mese (poco più di 900 euro al cambio attuale), la massima è il doppio (2210 franchi, cioè 1813 euro). Sul piano dell’equità non ci sono quindi paragoni con la distanza siderale che in Italia separa il trattamento pensionistico di un pensionato sociale (500 euro al mese) da quello di un membro della casta politico-burocratica (fino a 90.000 euro al mese, talvolta a partire dalla mezza età).
Il secondo pilastro pensionistico svizzero è quello della previdenza professionale, che a differenza della pensione pubblica non è a ripartizione ma a capitalizzazione (si riceve cioè l’investimento accumulato). I contributi per la previdenza professionale sono in pratica obbligatori solo per i lavoratori dipendenti che percepiscono un salario superiore a 20.000 franchi e inferiore a 82.000. Per tutte le altre categorie, come quelle dei lavoratori autonomi, questo tipo di assicurazione pensionistica è solo facoltativo. Infine, il terzo pilastro pensionistico svizzero è quello della pensione integrativa privata, che serve a colmare eventuali lacune; è facoltativa ma viene favorita con delle agevolazioni fiscali.
Nel 2014 il sistema pensionistico svizzero è stato giudicato dal Global Retirement Index, un indice che valuta 150 sistemi pensionistici internazionali, il migliore del mondo quanto a capacità di garantire la sicurezza finanziaria agli ex lavoratori. Fare ulteriori confronti con il sistema pensionistico pubblico italiano, ricolmo di disparità e privilegi, e destinato alla bancarotta a causa dei suoi colossali deficit, sarebbe blasfemo.
La sanità
Se il sistema sanitario italiano è ben conosciuto per i suoi enormi sperperi, la corruzione, gli ospedali fatiscenti e le liste d’attesa interminabili, niente di tutto questo si verifica nel sistema sanitario svizzero, che è interamente privato e gestito dalle assicurazioni. Il paziente paga mensilmente un’assicurazione obbligatoria di circa 300 euro al mese, cifra nient’affatto elevata se si tiene conto che in Svizzera gli stipendi sono mediamente molto più alti che in Italia e le tasse molto più basse. Nessuno resta fuori perché una società di “compensazione sociale” provvede a coprire le spese di chi non può sostenerle. Il sistema svizzero è attentissimo ad evitare gli sprechi, e per questa ragione è molto raro, ad esempio, che un medico prescriva antibiotici.
L’assicurazione sanitaria privata comunque garantisce tutto, compreso il ricovero in ospedale in stanza singola o con al massimo tre persone. Anche se si stenta a crederlo, quando un paziente entra in ospedale per operarsi viene accolto da un infermiere che, catalogo alla mano, gli chiede di scegliere quale stampa preferisce avere sul muro (Picasso, Van Gogh, ecc.). Poi viene organizzato una specie di seminario personale dove i medici spiegano al paziente tutti i dettagli dell’intervento. Il paziente può scegliere di essere operato dal primario oppure dall’assistente. Nel primo caso paga un surplus, ma se quel giorno non c’è e opera un assistente (comunque sempre un medico d’eccellenza) il supplemento viene immediatamente restituito con tante scuse. Infine, l’assicurazione sanitaria spesso riduce il premio da pagare a coloro che svolgono attività salutari, come frequentare la palestra, la piscina o la sauna. Chi è più in forma, quindi, paga meno per la sanità! (Sanità? Vietato Sprecare, Il Fatto Quotidiano Zurigo, 12 aprile 2012)
Il mercato del lavoro
In Svizzera il mercato del lavoro, anche sotto il profilo dei licenziamenti, è molto liberale. Solo in caso di malattia, incidente o gravidanza i lavoratori godono di una protezione contro il licenziamento temporalmente limitata. Di regola i lavoratori e i datori di lavoro sono liberi di licenziarsi o licenziare nei termini concordati nel contratto di lavoro, o in mancanza semplicemente rispettando i termini di disdetta previsti dal codice delle obbligazioni. Questa grande flessibilità in entrata, ricorda Paolo Malberti sul Corriere della Sera, fa sì che «ogni giorno come apri il giornale sei subissato di annunci. Se non ti trovi più bene dove stai, fai qualche colloquio e cambi ditta. E con l’occasione puoi anche toglierti la soddisfazione di mandare il capetto che te li ha rotti a quel paese».
In ogni caso per chi rimane senza lavoro non ci sono sussidi pubblici o casse integrazioni come in Italia, che favoriscono senza ragione i dipendenti delle grandi aziende rispetto a tutti gli altri. C’è invece un’assicurazione privata che copre il rischio di rimanere disoccupati, usufruibile da chi ha lavorato come dipendente in Svizzera per più di 12 mesi negli ultimi due anni. Questa assicurazione contro la disoccupazione viene pagata con dei contributi pari al 2 % dello stipendio, per metà a carico del datore di lavoro e per metà a carico del lavoratore.
Il bello del mercato del lavoro svizzero è che le regole del settore privato non sono molto diverse da quelle che valgono per il settore pubblico, comprese quelle sui licenziamenti: ecco forse spiegata la ragione principale della sorprendente efficienza della burocrazia svizzera. Tanto per fare un paio di esempi, ci vogliono solo due settimane per la registrazione al Registro del Commercio e un solo giorno per immatricolare un veicolo. In Svizzera, infatti, non esiste come in Italia il posto fisso a vita per il dipendente pubblico che, in spregio a ogni sbandierato principio costituzionale di uguaglianza, crea una società divisa in due caste: i cittadini di serie A (gli statali ipertutelati qualunque cosa accada) e i cittadini di serie B (i lavoratori privati assoggettati alle incertezze dell’economia).
Negli ultimi decenni si è imposta infatti nella maggioranza dei cantoni e dei comuni svizzeri la tendenza ad equiparare le condizioni di impiego degli impiegati pubblici a quelle vigenti nell’economia privata. La Confederazione ha seguito questa evoluzione con la nuova legge sul personale federale entrata del 2002, che ha abolito lo statuto di funzionario autorizzando così i licenziamenti. Dal 1° luglio 2013 è entrata in vigore un’ulteriore revisione legislativa che ha reso ancor più flessibile il rapporto di pubblico impiego.
In Svizzera comunque i dipendenti statali sono molto meno numerosi che in Italia: solo 1 su 47 abitanti, mentre in Italia sono 1 su 18 (1 su 23 in Lombardia). In particolare i dipendenti federali in Svizzera sono circa 35.000, cioè uno ogni 200 abitanti: un rapporto che esprime senza bisogno di troppe spiegazioni la leggerezza del governo centrale nella confederazione elvetica. In sostanza la probabilità di imbattersi in un dipendente pubblico svizzero è del 60 % inferiore rispetto alla probabilità di imbattersi in un dipendente pubblico italiano.
Quando le strade hanno cominciato a divergere?
Perché l’Italia è uno Stato fallito sull’orlo del crack, mentre la Svizzera è un successo planetario? Se guardiamo alla storia, ci accorgiamo che le strade prese dai due paesi hanno cominciato a divergere proprio negli anni dell’unità d’Italia. In Svizzera le ultime turbolenze si ebbero nel 1848, nella “guerra civile” del Sonderbund tra cantoni cattolici e cantoni protestanti. Si trattò in realtà di uno scontro incruento, nel quale morirono meno di cento persone e che durò solo 26 giorni. Alla fine venne adottata una nuova costituzione, dopodiché la Svizzera imboccò definitivamente la via della saggezza, della neutralità, del federalismo e della riduzione ai minimi termini del governo centrale. Anche gli italiani avrebbero potuto seguire la sorte felice degli svizzeri, se ai tempi del Risorgimento fossero prevalse le idee di Carlo Cattaneo e di coloro che proponevano un assetto confederale per l’Italia. Gli avvenimenti presero purtroppo una piega opposta.
Un’interminabile serie di sciagure si sono infatti abbattute sugli italiani da quando la penisola è stata forzosamente unificata per via militare dai Savoia. Fin da subito le popolazioni del sud dell’Italia non accettarono la conquista dei piemontesi, che avevano inasprito fortemente la tassazione e introdotto la coscrizione obbligatoria, e si rivoltarono in massa. Questa guerra civile durò una decina d’anni e, malgrado venga minimizzata ancora oggi nei libri di testo come “lotta al brigantaggio”, fu in verità il conflitto più cruento che si ebbe in Europa nel periodo compreso tra le guerre napoleoniche e la prima guerra mondiale. L’esercito piemontese represse la rivolta con lo stato d’assedio, i campi di concentramento e la tattica della terra bruciata. Quante furono di preciso le vittime tra la popolazione meridionale non si saprà mai, ma le stime degli storici vanno dalle centomila (secondo Giordano Bruno Guerri) al milione (secondo La Civiltà cattolica).
Il 1874 può essere considerato l’anno simbolo della distanza ormai abissale che separava la Svizzera dall’Italia unita. Una modifica della costituzione elvetica attribuì infatti ai cittadini quel potere referendario di confermare, abrogare o proporre nuove leggi, che ancora oggi rende la Svizzera famosa nel mondo. In quegli stessi anni in Italia si era conclusa da poco la feroce repressione al sud, e il Regno d’Italia era diventato uno degli stati più centralisti e fiscalisti d’Europa. Come ricorda Gilberto Oneto, tra il 1860 e il 1880 la porzione di reddito nazionale assorbita dalla tassazione praticamente raddoppiò. Fra il 1865 e il 1871 si ebbe un aumento del 63 % delle imposte sul reddito e del 107% delle imposte sui consumi che gravavano soprattutto sulle classi popolari, come l’odiata tassa sul macinato che trasformava i mugnai in esattori, inaugurando la prassi italiana di mettere cittadini contro altri cittadini. All’inizio degli anni Settanta il ministro delle finanze Quintino Sella ammise che l’Italia era il paese più tassato al mondo. Nel 1892 la pressione fiscale raggiunse il 18 % del pil contro il 7 % dell’Inghilterra e il 10 % della Germania.
La tassazione eccessiva provocò la rovina dell’economia italiana, e con essa un fenomeno sconosciuto prima dell’unità: l’emigrazione di massa all’estero degli italiani. Tra il 1876 e il 1914 emigrarono 14 milioni di italiani, su una popolazione che nel 1881 era di poco superiore a 29 milioni. All’inizio gli emigranti partirono soprattutto dalle regioni del nord, in particolare dal Veneto. Il grande esodo meridionale cominciò con l’adozione delle tariffe protezionistiche del 1887, che colpirono soprattutto l’agricoltura del sud, gettando nella disperazione milioni di persone già oberate dalle tasse italiane e dalla pesante novità del servizio di leva, che distraeva per anni dai lavori nei campi le braccia migliori (G. Oneto, La questione settentrionale, 2008, p. 152, 154).
Il Regno d’Italia era anche uno Stato militarista e guerrafondaio: sentendosi grande e forte, si lanciò in una serie continua di guerre che mai i piccoli Stati preunitari si sarebbero sognati di intraprendere. Dal 1861 al 1871 impegnò metà dell’esercito nella repressione della rivolta delle regioni del sud; nel 1866 entrò nella terza guerra d’Indipendenza senza alcun motivo (dato che l’Austria aveva già offerto il Veneto al Regno d’Italia in cambio della sua neutralità), rimediando alcune cocenti sconfitte; poi cominciò l’epoca delle sciagurate avventure coloniali in Somalia ed Eritrea, culminate con l’umiliante disfatta di Adua nel 1896, e in Libia nel 1911.
Per gli abitanti della penisola, comunque, le disgrazie non erano finite. Nel 1915 il governo italiano non seguì il saggio esempio di neutralità della Svizzera, e si gettò a cuor leggero nella fornace della prima guerra mondiale. Milioni di coscritti, quasi tutti poveri contadini, vennero spediti a morire nelle trincee. Quelli che cercavano di salvarsi la vita disertando o rifiutandosi di avanzare sotto il fuoco nemico venivano fucilati dai carabinieri che sparavano a vista sui “codardi”, o dai plotoni d’esecuzione che per punizione decimavano interi reparti. In questa “inutile strage” il Regno d’Italia sacrificò la vita di quasi settecentomila italiani, mentre un numero più che doppio di giovani rimasero feriti o mutilati.
Seguirono i vent’anni del fascismo, che dichiarava di voler portare a compimento la rivoluzione nazionale del Risorgimento, e la catastrofe immane della seconda guerra mondiale, che lasciò l’Italia completamente distrutta. Nel 1948 l’Italia evitò per un soffio di diventare una dittatura comunista di tipo staliniano, ma nei vent’anni successivi l’adozione di politiche economiche più liberali generò il cosiddetto “miracolo economico”. Forse è stato questo l’unico periodo positivo della storia dell’Italia unita. Nel 1968 si aprì infatti la stagione degli anni di piombo, del terrorismo e della crisi economica. Chiuso questo tragico periodo, negli anni Ottanta ebbe inizio l’epoca dell’esplosione della spesa statale, del debito pubblico, della tassazione e della corruzione, che ci ha portato alla crisi dei giorni nostri.
Il verdetto della storia sembra chiaro. In 150 anni di vita lo Stato nazionale ha dato agli italiani soprattutto due cose, morte e tasse. È venuto il momento di ripudiare questo esperimento fallimentare, questa parentesi sbagliata della nostra storia, e di rivendicare quella vocazione pluralistica e quelle libertà che hanno reso grande non solo la Svizzera, ma anche la civiltà italiana nei secoli passati.
Comenti================================================================================================================================
Stefano Spagocci13 Marzo 2014 at 8:23 pm #
C’era da aspettarsele le virulente reazioni degli “italiani veri” contro la Svizzera. L’idendidà nazziunale idagliana è basata sul disprezzo di tutto ciò che proviene da Oltralpe (non solo la Svizzera) e sull’idea che “noi romano-mediterranei” siamo per natura superiori ai “freddi barbari” del nodde. A seconda dei casi, poi, i freddi barbari sono dipinti come cinici e furbi profittatori o come tonti che, a differenza dei creativi mediterranei, hanno bisogno di seguire una morale rigorosa. Consiglio di leggere “L’Industria dell’Olocausto”, dell’ebreo Finkelstein, sull’oro ebraico in Svizzera. Mi auguro infine che coloro i quali hanno inveito contro la Svizzera non siano indipendentisti. Purtroppo in Lega domina l’attegiamento italo-mediterraneo di cui ho parlato prima. Lasciatemi cantare …
Alberto Pento12 Marzo 2014 at 8:03 pm #
Ła Xvisara no ła sarà el paradixo, però:
en Xvisara no ghe xe i Fiorelo ke łi te tira soto so łe strike de pasajo stradal, co łi so çentenari de morti copà ogni ano;
en Xvisara łe Banke no łe pratega l’anoteçixmo e no łe frega i pori clienti robandoghe so i conti corenti e vendendoghe titołi spasadura come Cirio, Parmalat evc.;
en Xvisara no ghè łe banke ke fa tramaci onti come coełe romane, tałiane e padane;
en Xvisara no ghè na casta połedega de ladri e farabuti e on stramaro de altre caste statali e parastatali ke łi roba a tuto spiano a ła pora xente ke laora, ai vecioti ai małà ai dexgrasià;
en Xvisara no ghe łe pore batone costrete a batare so łe strade e a prategar na prostitusion sporca e a ris-cio; a ghè dei bei, neti e sani bordełi, dei bar atresà ke łi par sałe de ospedałi, co profesioniste coi fioki e no te te senti on mixerabile e onto come ente ła Tałia co te vè en volta par łe strade;
en Xvisara no ghè xente ke ła se copa parké no ła ga laoro o parké el stato nol paga łe fature;
en Xvisara no ghè tuti łi alcołixà ke ghè kì ente ła Tałia;
en Xvisara el çitadin no łè espuprià de ła soranetà połedega com eki ente ła Tałia;
en Xvisara no te catarè el paradixo però no ghè l’enferno ca se cata ente ła Tałia e mi a prefariso çento ‘olte jirarme l’Engadina e i Grijoni, el Tiçin col so parco nasional ke lè on spetacoło, i bei laghi de Loxana e de Costansa, łe strade nete sensa łe mote de scoàse drio i bordi;
…
Par mi Roma ła podaria rovinar tuta drento el Tevare ke no faria gnanca na criada!
L’oror de łi tałego romani
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... Nyamc/editL’oror de łi tałego padani
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... Fxb3c/editŁi sasini de l’ebreo Cristo – I romani
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... dtS1k/editŁi barbari romani
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... l0bVE/editL’orenda canta mamełega
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... V3TWs/editAsenteixmo ente ła piovega ministrasion tałiana
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... JOOUk/editCaporałà tałego o tałian
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... RrUm8/editBanke robarie e depredasion taleghe
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... RFSTA/editFulvio Bassani12 Marzo 2014 at 11:55 pm #
Signor Pento, visto che ama tanto la Svizzera, cosa aspetta a trasferirsi in quelle contrade ? Chieda la residenza, il diritto d’asilo, tutto quello che vuole ,ma si sbrighi. Non soffra più. Gli elvetici le chiederanno sicuramente il certificato penale italiano e l’ammontare del suo conto corrente, dei suoi risparmi. Se sono molto sostanziosi , esaudiranno i suoi desideri. Se sono esigui, si rassegni. Comunque faccia un tentativo e poi ci racconti l’esito. Partono tanti giovani per trovare un lavoro all’estero. Lei non sarebbe un’eccezione, anche se, immagino, il suo trasferimento non sarebbe provocato dalla disoccupazione ma dall’odio verso l’Italia. Però se qualcuno , dall’estero, vuol ritornare in Italia( come ha fatto la Signora Graziana che é felice di potersi recare spesso a Roma) , non lo rattristi augurandogli la distruzione della Penisola ! Suvvia..un po’ di gentilezza, di allegria…la vita é già tanto amara..
Alberto Pento13 Marzo 2014 at 3:40 pm #
El wara ke mi a stago ente la me tera veneta e no ente la Talia, ke no confondemo le robe: tera veneta ke pal momento la xe ocupa dal stato talian ma ke spero presto la se lebere.
No so miga mi ca go da ndar via da la me tera veneta ma xe li onti taliani e ke li vaga pur a l’enferno driti.
Graziana Malan12 Marzo 2014 at 12:32 pm #
Sono figlia di friulani emigrati in Svizzera nei primi anni ’50. Nata e cresciuta a Zurigo. Dopo la maturità (scuole svizzere) ho lavorato come impiegata, in banca, per oltre 15 anni (la mia sede di lavoro era nella lussuosa Bahnhofstrasse). Svolgendo quell’attività, ho potuto conoscere molti retroscena di vergognosi investimenti bancari provenienti dall’estero. Dopo il matrimonio con un italiano, sono ritornata definitivamente in Italia, a Viterbo. Ed ora, in pensione, sono felice quando, nei fine settimana, mi reco con i nipotini a passeggiare nella bellissima Roma. Il Signor Piombini ci ha indicato i dati statistici ottimali (e reali) della Svizzera di “superficie”. Mancano quelli del “sottosuolo” elvetico, che le autorità ufficiali forniscono col contagocce. Per non influenzare negativamente gli investitori stranieri . Tasso di suicidi, alcolismo, droga, prostituzione nei locali pubblici, riciclaggio e ricettazione giganteschi, ecc.. Il Signor Totti ha ragione. La Svizzera, per quanto sia alto il suo livello di prosperità economica, non é il paradiso terrestre. E’ uno Stato come gli altri, con tante magagne nascoste anche dai giornalisti. Ai cultori di letteratura consiglierei la lettura del libro DER VERDACHT, del grande romanziere elvetico Friedrich Durrenmatt (con l’umlaut). Avendo un lavoro, l’Italia é bellissima, stupenda.Ed é una fortuna poterci vivere.
Mister Libertarian12 Marzo 2014 at 6:05 pm #
Signora Graziana, non sono mai stato in Svizzera e quindi forse lei ne sa più di me.
Leggendo questi dati anch’io mi sono fatto l’idea che l’Italia sia una vera pacchia, un paese bellissimo e stupendo: ma solo per i politici, i dipendenti pubblici e tutti coloro che sono mantenuti dallo stato.
Per chi lavora nel settore privato, invece, l’Italia assomiglia tanto a un inferno burocratico e fiscale.
Fabio Furlan12 Marzo 2014 at 8:06 pm #
Lei esagera. Non mi pare che i professionisti (medici, avvocati, notai, ingegneri, ecc..) e i grandi industriali se la passino male in Italia. Sono i piccoli imprenditori ad avere problemi e, soprattutto, i giovani che rischiano di restare per anni esclusi dal ciclo lavorativo. Forse, uscendo dall’euro ( moneta che consente ai tedeschi di dominare l’Europa), l’economia italiana potrebbe riprendersi. Quanto alla ricchezza degli Svizzeri, penso che abbia ragione il Signor Totti. Il fatto che i governanti elvetici, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, abbiano nascosto per decenni la verità ai vincitori(Americani e Inglesi) sugli enormi depositi di oro e valuta effettuati dai Tedeschi e dagli Ebrei(poi assassinati), ci fa capire l’origine della rapida e sistematica crescita industriale di questo piccolo popolo di ex emigranti. Ogni popolo ha i suoi scheletri negli armadi. E gli Svizzeri dovrebbero vergognarsi di aver definito ratti i nostri emigranti frontalieri.
Alberto Pento13 Marzo 2014 at 7:04 am #
Si i cei, tuti i cei dai laoradori otonomi ai laoradori dependenti del privà, dai veci pensionadi, ai malà enai dexgrasià, ke li xe la majoransa de la xente, 3/4, se no de pì.
Le caste statali e no, ladre, paraside e mafioxe le se la pàsa benon.
Democrasia vera (no ła pol esar ke direta), referendo, Xvisara:
viewforum.php?f=118Romolo Totti11 Marzo 2014 at 9:14 pm #
Eureka ! Il Signor Piombini l’ha finalmente trovato ! L’Eden, il Paradiso Terrestre esiste e.. confina con l’Italia . La Svizzera ! L’esterofilia é una delle malattie italiane. Soprattutto nei periodi di decadenza, non intravedendo una chiara soluzione dei problemi nazionali, alcuni Italiani , spesso solo con la mente , si precipitano all’estero e trovano la “chiave della felicità”. Nel Settecento, la penisola era spesso contesa tra le potenze straniere. Alcuni intellettuali, invece di invitare gli Italiani ad unirsi, a non farsi opprimere da sovrani stranieri predoni, per avere possibili “sistemazioni” (cattedre, stipendi, impieghi, ecc..) si genuflettevano , indirizzando loro versi adulatorii. Tristemente celebre il “padano” Vincenzo Monti, che prima scriveva versi contro i Francesi rivoluzionari (la Basvilliana), poi adulava Napoleone (Prometeo ). Infine, al ritorno degli Austriaci , scriveva in loro onore “Il ritorno di Astrea”. Dopo la sconfitta della Seconda Guerra Mondiale, gli USA erano il nuovo mito . Tanto da indurre uno scansonato cantante napoletano, Renato Carosone, a prendere in giro gli ammiratori della società statunitense (Tu vo’ fa’ l’americano). Con l’attuale crisi economica, che sconvolge oltre all’Italia altri Paesi Europei, riemergono gli esterofili. Leghisti ed indipendentisti si commuovono per la prosperità e l’organizzazione della Germania o della Svizzera. Ed invitano i Lombardi a farsi annettere dalla Repubblica rossocrociata. Annessione che non interessa minimamente ai politici elvetici. Alcuni dei quali hanno scatenato addirittura una campagna razzista proprio contro i frontalieri polentoni, definendoli ratti !! Con il suddetto articolo, il Signor Piombini ci indica entusiasticamente i primati economico-finanziarii della vicina Confederazione.Che, sia ben chiaro, sono innegabili. Ma nell’elenco celebrativo delle glorie elvetiche emerge qualche inesattezza e qualche “piccola omissione”. Scrive infatti il Piombini : “..il 1874 può essere considerato l’anno simbolo della distanza ormai abissale che separava la Svizzera dall’Italia..”. Dal punto di vista dell’organizzazione politica tale asserzione può essere accettabile. I polentoni Savoia, invasori, massacratori e predoni, avevano unito l’Italia considerando i territori meridionali come una colonia . Che doveva essere governata e sfruttata da pochi “eletti massoni”. Ma dal punto di vista economico, la “distanza abissale” tra Svizzera e Italia mi sembra una grossolana esagerazione. GLI SVIZZERI, FINO AL 1914, ERANO UN POPOLO POVERO; UN POPOLO DI EMIGRANTI. Basta leggere una qualsiasi storia della Svizzera. Se non si ha il tempo per andare in biblioteca, si può digitare “Emigrazione svizzera nel mondo” e si trovano dati precisi, forniti da studiosi svizzeri. Luigi Lorenzetti e Giorgio Cheda ci fanno sapere che su una popolazione elvetica che , in oltre mezzo secolo, oscillava dai 3,5 ai 4, 5 milioni di abitanti, gli emigranti furono 400.000 (dal 1850 al 1914) ! Migliaia furono i ticinesi ed i grigionesi che abbandonarono le loro case per raggiungere le Americhe e l’Australia. Come i Veneti ed i Meridionali. Essi scrivono anche che , per oltre 450 anni, a partire dal XV secolo, oltre DUE MILIONI DI SVIZZERI, PER SOPRAVVIVERE, SONO EMIGRATI ALL’ESTERO PER FARE I… MERCENARI ! Combattendo e morendo , per soldi, in guerre straniere. Preferibilmente negli eserciti francesi e degli Stati Italiani, tra cui il Regno Delle Due Sicilie. E veniamo alla “piccola omissione “. Se fino alla Prima Guerra Mondiale gli Svizzeri (di tutti i cantoni) erano poveri ed emigravano, e se nel primo Dopoguerra anche l’economia di questo piccolo Paese fu colpita dalla crisi economica originata negli USA (crollo di Wall Street, 1929), come mai gli Elvetici si arricchiscono enormemente a partire dal 1945 ? Vero è che quasi tutta l’Europa Occidentale, nel Secondo Dopoguerra, risorge economicamente, tanto che in Italia si parla di “Miracolo Economico”. Però é anche vero che l’arricchimento della Svizzera é incomparabile . L’industrializzazione di questo piccolo Paese esplode in quegli anni . Per creare imprenditoria ci vogliono consistenti capitali e gli Svizzeri ne dispongono in quantità infinite, erogate dalle banche ad interessi irrisori. Interessi che Inglesi, Francesi ed Italiani possono soltanto sognare . Come mai ? Da dove hanno tratto gli Elvetici ( negli Anni ’50 erano circa 5 milioni) queste enormi, infinite risorse finanziarie, tali da metterli al sicuro per almeno un secolo ? Signor Piombini, lei sa da dove proveniva questa ENORME, IMMENSA REFURTIVA ! Perché non l’ha citata nel suddetto articolo ? Lei avrebbe dovuto indicare compiutamente le origini di questo benessere attuale. Origine dovuta all’ENORME CRIMINE COMPIUTO NEGLI ANNI 1933-45 DAGLI “ONESTISSIMI” SVIZZERI. CHE RICICLAVANO E RICETTAVANO ENORMI QUANTITA’ DI ORO RUBATE ALLE BANCHE NAZIONALI EUROPEE (BELGIO, OLANDA, NORVEGIA, FRANCIA, DANIMARCA, POLONIA, ECC.) dai Tedeschi e depositate in Svizzera in cambio di valuta. Valuta (dollari, sterline, franchi svizz. , ecc.) necessaria per comprare , tramite anche gli “onesti” intermediari svizzeri, spesso con le solite triangolazioni (per es. USA- Portogallo-Germania), armi, metalli per l’industria bellica, ecc. Senza questi acquisti, la Germania sarebbe stata sconfitta due anni prima (lo hanno affermato strateghi inglesi). Mentre interi popoli soffrivano, combattevano, venivano sterminati, gli “onesti, pacifici, civilissimi” Svizzeri si arricchivano per generazioni e generazioni. E quanti miliardi e preziose opere d’arte , depositati dagli Ebrei perseguitati, sono finiti “per sempre” nelle banche svizzere . Che ovviamente, garantivano il segreto bancario. E perché l’onestissimo governo svizzero accettava i miliardi ma non i possessori dei miliardi , esclusi dal diritto d’asilo ? Che poi erano condannati allo sterminio nei lager tedeschi. E perchè nel Secondo Dopoguerra, gli onesti governanti svizzeri tentarono di nascondere la verità ai capi dei governi europei e degli USA che indagavano sul trafugamento dell’oro fatto dai tedeschi ? Tanto da indurre giornali inglesi e tedeschi a scrivere :”Svizzeri, popolo di briganti !”. E perché i furbastri Elvetici, fino ai giorni nostri, hanno continuato imperterriti a riciclare e ricettare enormi quantità di denaro e beni preziosi, depositati da sanguinari dittatori, capi di governo, politici, criminali di tutte le razze del mondo ? Il suo articolo, Signor Piombini, sarebbe stato più analitico , più esaustivo se non si fosse limitato ad elogiare la “brillante” organizzazione confederale come unica scaturigine della ricchezza svizzera. Cordiali Saluti.
REPLY
gianluca
11 Marzo 2014 at 9:26 pm #
che spatafiata inutile…
Alberto Pento11 Marzo 2014 at 10:17 pm #
Mi ke so veneto e no so talian (a parte la çitadenansa forsoxa) no sofro de esterofilia,
primo parké no sento e no considero estero l’Ouropa e la Xvisara;
secondo parké sento e considero estero la Talia a scuminsiar da la so capital Roma;
terso la Nasion par mi lè coela veneta e no la Talia;
coarto le dexgràsie venete le xe scuminsià co Napoleon ma no le xe fenie co la Talia pitosto col rivo del Stado Talian le xe aomentà de diexe ‘olte;
cointo …
Caro amigo talian ti par mi a te si estaro e la Xvisara la resta on sogno come la Xermagna.
Taliani: ladri, farabuti, buxiari, sasini, traidori, parasidi, bruta xente, mafioxi, onti, singani, patacari, çarladani, marmaja, sasini de Cristo e persecudori de ebrei, …
Kisà parké ki ke jera persegoià el nfava en Xvisara:
Adio Lougano Bela
http://www.youtube.com/watch?v=k84G4ODpBsEAlberto Pento11 Marzo 2014 at 10:29 pm #
Me scuxo par ver meso la canson so Lugan ke no la ghe fa far purpio na bela figura a la Xvisara come Pàrea (Patria) de la lebertà, ma li jera altri tenpi e no senpre se pol far coel ke se vuria.
Anca li xvisari li ga le so peke però no se pol dir ke en fato de lebartà no li se la gapie gagnà co lote e barufe secolari e ancò li xe on faro par tuti e par naltri veneti on sogno … altro ke l’enferno talego.
Alberto Pento11 Marzo 2014 at 10:42 pm #
Cenni storici sulle migrazioni in Svizzera
http://www.sev-online.ch/it/ohne-uns/geschichte.phpDaniele Brambilla12 Marzo 2014 at 9:03 am #
Ottimo commento, Signor Totti. Altro che efficienza e onesta’ calviniste ! I furbi elvetici si sono arricchiti sfruttando le disgrazie altrui. Ed ora si propongono come modello sociale. Utilizzando i capitali di tutti i delinquenti del mondo ! E ci sono pure Italiani boccaloni che li elogiano .
ML13 Marzo 2014 at 8:38 am #
Signor Romolo Totti (romano al 100 %, scommetto), con gli ebrei si sono comportati meglio gli italiani, che hanno emanato le leggi razziali e aiutato i tedeschi a deportarli nei campi; o gli svizzeri, che si sono limitati a ricettare del denaro di dubbia provenienza, per poi restituirlo interamente (alla fine degli anni novanta) quando è stato richiesto dalle associazioni ebraiche?
Alcalde.11 Marzo 2014 at 4:45 pm #
La progressiva meridionalizzazione del Nord non come immigrazione ma come modello sociale ha definitivamente precluso ogni possibilità di erigere un modello federale e autonomo.
Ormai si è adagiati su un assistenzialismo flaccido tipico di culture latine dove solo lo Stato è visto come il rimedio di tutti i mali.
Viene a mancare quello spirito indipendente e coraggioso che ha fatto la differenza in Svizzera dove le esigenze dei singoli sono accoltein referendum seri e legali.
Imoltre ciò ha creato un esercito di parassiti e boiardi di Stato dediti soltanto al ladrocinio e corruzione avendo accesso a fondi e rimborsi fasulli con le nostre tasse pagate per lo più dalle provincie padane.
Alcalde
Matteo C.
11 Marzo 2014 at 2:51 pm #
Tanti complimenti Guglielmo!
Alberto Pento11 Marzo 2014 at 12:40 pm #
A rengrasio anca mi ke so veneto vixentin.
E pensar ke al termene del 1300 i cantoni xvisari li gheva dimandà al Comoun de Viçensa sel volea entrar a far parte de la Confederasion Xvisara ma Viçensa la ga prefaresto la Repiovega Veneta a cu la se ga dà entel 1404.
Tanti vixentini diti çinbri li vien da l’Alemagna Xvisara, dal Tirol e da la Baviera.
viewtopic.php?f=138&t=537Mister Libertarian11 Marzo 2014 at 5:10 pm #
Segnor Pento, ma nel miletresento ghi l’andava a saper ke Venezia saria andata a finir soto l’Italia?
Me ghe scusi se o scrito ma, ma non so miga veneto mi.
Alberto Pento11 Marzo 2014 at 10:43 pm #
A ke li ani no jera purpio posibile prevedarlo.
Tartarini
11 Marzo 2014 at 11:11 am #
Eccellente articolo.
dm11 Marzo 2014 at 8:37 am #
E’ possibile chiedere all’autore – che ringrazio per l’articolo ineccepibile – un SECONDO articolo che descriva le condizioni su TASSE SANITA’ FISCO ecc. dei vari stati preunitari?
Sarebbe articolo molto utile e credo gradito a molti
grazie
Guglielmo Piombini11 Marzo 2014 at 10:45 am #
La ringrazio. L’argomento che propone merita di essere approfondito. Quello che so per certo è che il Regno di Sardegna aveva il livello di tassazione più alto di tutti, e che dopo l’unificazione le tasse nel Regno d’Italia aumentarono in maniera notevole rispetto a quanto erano abituati gli abitanti degli stati preunitari.
(Con l’occasione ringrazio anche Toscano Redini e tutti gli altri che hanno apprezzato l’articolo)
marcello11 Marzo 2014 at 1:24 pm #
Concordo pienamente con la richiesta al BRAVISSIMO Piombini di avere uno schema comparato delle tasse degli stati preunitari.
Aggiungo anche l’Italia PreFascismo
e l’Italia DURANTE il Fascismo.
Mi hanno sempre interessato ma non le ho trovate su Internet.
Cordiali saluti e complimenti vivissimi.
Marcello Gardani
flavio11 Marzo 2014 at 6:52 am #
Da Svizzero, nonostante alcune inesattezze, complimenti per l’articolo. È la prima volta che leggo su un giornale italiano qualcosa di così vicino alla realtà!
Paul Brembilla10 Marzo 2014 at 11:18 pm #
Ottimo articolo. Andrebbe letto in tutte le scuole di regime….
Joachim10 Marzo 2014 at 10:56 pm #
Se mai riusciremo a liberarci dallo stato italiano non dovremo poi fare grandi sforzi legislativi e costituenti: basterà adottare leggi e costituzione svizzera nella sua versione scritta in italiano. Un articolo da divulgare!
Unione Cisalpina10 Marzo 2014 at 8:43 pm #
komplimenti alla Svizzera ed all’estensore dell’artikolo x la sua kiara e “gustosa” relaziione…
Toscano Redini10 Marzo 2014 at 7:16 pm #
Piombini questa volta ha superato sé stesso.
Grande, grandissimo! Complimenti.
Giacomo Consalez10 Marzo 2014 at 4:23 pm #
Congratulazioni per questo articolo documentatissimo e scritto magistralmente
Guglielmo Piombini10 Marzo 2014 at 6:12 pm #
Ringrazio Giacomo, Alfag02, Luke e Mirko per gli apprezzamenti!
Alfag0210 Marzo 2014 at 1:54 pm #
E’ la verità !
Luke10 Marzo 2014 at 1:07 pm #
Grandioso! Qs articolo è da diffondere il più possibile.
Però, che rabbia…
Mister Libertarian10 Marzo 2014 at 11:22 am #
E’ importante secondo me che i movimenti indipendentisti abbiano dei punti di riferimento concreti per i propri progetti.
Un futuro Veneto o una futura Lombardia indipendente dovrebbero a mio avviso ispirarsi a un modello politico ed economico quanto più lontano possibile da quello dell’Italia, e quanto più simile a quello della Svizzera.
Mirko10 Marzo 2014 at 9:49 am #
Grande come sempre Guglielmo! Complimenti per l’articolo!