Democrasia xvisara (on bon somexo)

Re: Democrasia xvisara (on bon somexo)

Messaggioda Berto » lun giu 06, 2016 8:26 pm

Quanto è saggia la Svizzera… No a parassitismo e assistenzialismo
Carlo Lottieri, 6 giugno 2016, “Il Giornale”.

http://www.swissinvenice.org/proprieta/ ... enzialismo

Il voto popolare che in Svizzera, con una maggioranza schiacciante, ha bocciato l’ipotesi di un reddito incondizionato di base (la variante elvetica di quel “reddito di cittadinanza” tanto caro in Italia a Beppe Grillo e al movimento Cinquestelle) non può sorprendere più che tanto. D’altra parte, non è la prima volta che i cittadini svizzeri bocciano proposte demagogiche e contrarie al buon senso.

L’iniziativa popolare su cui ieri si è votato avrebbe voluto introdurre un aiuto incondizionato che, secondo alcuni, doveva essere intorno ai 2.500 franchi al mese. Visto il costo della vita tra Zurigo e Basilea, la cifra non è altissima, ma comunque in grado di assicurare una vita dignitosa a chiunque: lavoratore o meno. Si voleva garantire un livello altissimo di welfare, anticipando una soluzione che probabilmente verrà presto adottata in Finlandia e, in forma sperimentale, in qualche area dell’Olanda. Gli svizzeri però si sono espressi nettamente contro questa ipotesi per tutta una serie di motivi.

Molti degli oppositori hanno evidenziato come il bilancio statale sarebbe stato messo a dura prova da una spesa di tali dimensioni. Ancor più di questo, però, ha pesato la convinzione che un tale sistema assistenziale avrebbe minato il principio di responsabilità. Se qualcuno riceve soldi senza lavorare, deve esserci qualcuno che lavora senza ottenere benefici. L’elettorato elvetico ha avvertito i rischi deresponsabilizzanti di una misura tanto ingiusta, che avrebbe tolto incentivi ai giovani spingendoli a vivere in maniera parassitaria.

Con il proprio comportamento alle urne, gli svizzeri hanno mostrato di avere chiaro come la ricchezza non scenda dal cielo e d’altra parte non è la prima volta che essi bocciano proposte assai populiste: come quando si trattava di tassare i “ricchi” o di alzare i salari minimi. Pure in questa occasione la Svizzera ha mostrato una ragionevolezza che non è facile riscontrare altrove. Per quale motivo?

Il sistema federale svizzero si basa su governi locali, ampiamente finanziati dai propri cittadini. In questo contesto il cittadino è portato a collegare strettamente i costi e i benefici, senza illudersi che ci sarà qualcun altro che verrà a pagare il conto. Nel corso della storia una simile localizzazione del potere ha favorito la crescente responsabilizzazione degli attori politici. Oltre a ciò, la democrazia diretta ha aiutato il formarsi di una maturità che altrove è un miraggio. Non sempre il giudizio che emerge dal voto popolare è corretto, ma è pur vero che questa continua pratica del voto sulle più diverse questioni aiuta in vario modo l’opinione pubblica a riflettere e rigettare le scorciatoie.

Gli svizzeri sanno che la ricchezza più nobile proviene dai servizi che svolgiamo per gli altri e hanno visto nel denaro facile elargito dalla federazione un elemento che avrebbe potuto corrompere la tempra stessa della società. Hanno difeso la proprietà e il lavoro, persuasi che anche i più poveri abbiano tutto guadagnare da questo.
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Re: Democrasia xvisara (on bon somexo)

Messaggioda Berto » mer giu 15, 2016 8:20 pm

La Svizzerà ritirerà la domanda di adesione all'Ue
15 giugno 2016

http://www.cdt.ch/svizzera/politica/157 ... one-all-ue

BERNA - La Svizzera deve ritirare ufficialmente la domanda di adesione all'Unione europea, inoltrata 22 anni fa, quando l'Ue si chiamava ancora Comunità economica europea (CEE). Lo ha deciso oggi il Consiglio degli Stati per 27 voti a 13 e 2 astensioni approvando una mozione in tal senso di Lukas Reimann (UDC/SG) già accolta dal Nazionale lo scorso marzo per 126 voti a 46 e 18 astensioni.

Il voto del plenum non è così sorprendente: sulla questione la commissione di politica estera si era spaccata a metà. È solo grazie al voto del suo presidente che la commissione aveva raccomandato di archiviare la mozione del consigliere nazionale democentrista.

Ma la Camera dei cantoni ha deciso altrimenti, nonostante diversi oratori abbiano fatto notare che, di fatto, l'atto parlamentare è inutile poiché la Svizzera non figura né tra i Paesi candidati all'adesione né tra i Paesi aspiranti.

L'Ue sa benissimo che per la Confederazione un'adesione non figura tra i suoi obiettivi strategici, tanto più che forse l'8% della popolazione sarebbe a favore di un simile passo, ha dichiarato Didier Berberat (PS/NE). A suo avviso, tuttavia, "è inutile gettare benzina sul fuoco in un momento in cui le nostre relazioni con Bruxelles sono tese".

Per il "senatore" Christian Levrat la Svizzera non ha nulla da guadagnare da un ritiro ufficiale della domanda di adesione, tra l'altro indirizzata ad un'entità che non esiste più, come la CEE. A suo avviso, la mozione risponde solo all'interesse politico di un partito.

Per i favorevoli alla mozione, invece, si tratta di inviare un segnale chiaro al popolo, nella sua maggioranza contrario ad un'adesione. Per Katrin Keller-Sutter (PLR/SG), "se è vero che la mozione non apporta alcun vantaggio, è anche vero che un suo ritiro non dovrebbe provocare alcun svantaggio". Per diversi oratori favorevoli all'atto parlamentare, è giunto il momento di voltare pagina, rompere col passato, affinché questo problema della domanda di adesione, sollevato negli ultimi anni con regolarità, possa finalmente venir archiviato.

Per Thomas Minder (Indipendente/SH), che vedrebbe di buon occhio che il ritiro venga fatto coincidere col primo di agosto, "non bisogna andare contro la volontà del popolo". A suo parere, solo uno sparuto gruppo di "pazzi" può volere l'adesione.

Visti i rapporti di forza, il Consigliere federale Didier Burkhalter - che, rivolto a Minder, gli ha chiesto di avere più rispetto per le opinioni altrui - si è detto disposto a indicare per l'ennesima volta all'Ue che la domanda del 1992 è senza oggetto, ma che la Svizzera è tuttavia più che disposta ad approfondire le relazioni bilaterali.
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Re: Democrasia xvisara (on bon somexo)

Messaggioda Berto » mar ago 16, 2016 1:58 pm

Uscire dalla legalità per entrare nella legittimità
16 Aug 2016
di ENZO TRENTIN

http://www.lindipendenzanuova.com/uscir ... egittimita

Leo Zaquini è un ingegnere italiano che, trasferitosi in Svizzera quindici anni fa per insegnare in un Politecnico del Cantone di Neuchâtel, si è trovato coinvolto nelle pratiche partecipative e referendarie di un sistema politico di cui si è innamorato incominciando a pensare come la democrazia diretta moderna possa integrare quella rappresentativa. Il 1° Agosto di tutti gli anni è festa nazionale in Svizzera, ed il nostro manda in giro una lettera in ricorrenza dell’evento. Dato l’interesse generale ne riportiamo qui uno stralcio che ci servirà da premessa al prosieguo di questo articolo:

«La Svizzera non è un paese “perfetto”, intendiamoci, (non esiste la perfezione in campo sociale) ma tutti noi italiani che ci viviamo constatiamo che “funziona”. Come funziona?
Il tema è di particolare attualità oggi in Italia:

La Svizzera è una federazione di Cantoni indipendenti (ognuno ha la sua Costituzione), ma ovunque c’è un «tasso di democrazia» molto elevato:

Il sistema federale è bicamerale (io, straniero, posso votare per il “Senato”, che qui è chiamato “gli Stati”).
I Governi sono estremamente stabili, e sono organi collegiali, non “competitivi” e non egemonizzati da un partito.
I parlamentari sono votati in modo proporzionale. Gli elettori possono esprimere voti di preferenza a candidati di partiti diversi. Si possono anche dare voti di s-preferenza a candidati del proprio partito. In questo modo gli eletti sono (e si sentono): rappresentanti dei cittadini, non funzionari del partito.

Ma non solo:

esistono diversi strumenti di democrazia diretta, che affiancano e non sostituiscono la democrazia rappresentativa, e che comunque escludono l’esistenza di un ente o “Camera” che detenga il “Monopolio del potere legislativo” (tanto meno lo detiene l’esecutivo! o, meno ancora, un partito).

Tanto è vero che:

La “Governabilità” non solo non esiste ma nessuno nemmeno capisce il vocabolo (ho provato sia al bar che nel Consiglio comunale della città dove vivo), quando lo spieghi: «significa avere la maggioranza-sicura, vale a dire anche a prescindere dai contenuti», mi sono sentito dire: «…ma quella è una dittatura!»

In queste condizioni, che in Italia sarebbero giudicate di assoluta “Ingovernabilità”, il Parlamento federale promulga circa lo stesso numero di leggi di quello italiano (una sessantina) ma lo fa in un quarto del tempo (solo poche sessioni parlamentari ogni anno). In Parlamento qui si parlano 3 lingue. Vi domandate come sia possibile?

È la testimonianza del fatto che la democrazia rappresentativa è efficiente e può funzionare, a patto che la si preservi dalla degenerazione partitica: i rappresentanti devono essere liberi dal vincolo di mandato (anche partitico) ed allora una proposta di legge “passa” se raccoglie la maggioranza dei voti di persone indipendenti nel giudizio, altrimenti non passa. In caso contrario l’approvazione di una legge diventa un mercanteggiamento tra partiti, spesso realizzato fuori dal Parlamento, e questo produce cattive leggi (e fa perdere un mucchio di tempo).
Per finire aggiungo un dettaglio: in questo paese le leggi elettorali passano sempre alla ratifica popolare obbligatoria. Così si evita di perdere tempo e soldi pubblici per realizzare la “legge elettorale ad Partitum”, vale a dire: la “legge elettorale cangiante” secondo i sondaggi elettorali: o “porcata 1” che precede la “legge porcata 2”, e cosi via per decenni.»

Ma chi e come ha insegnato queste cose agli svizzeri? Per chi è interessato ad approfondire diamo due link: uno dove trovare una storia della Svizzera:
http://files.meetup.com/1274856/IlBasto ... t-2016.pdf

ed un secondo sul suo assetto istituzionale: https://www.admin.ch/gov/it/pagina-iniz ... zzera.html

Per fare un raffronto con “l’altra faccia della luna” italiana, abbiamo raccolto la testimonianza di Cesare Mordegan, portavoce del «Comitato più democrazia» di Costabissara. Un Comune dell’hinterland vicentino, che il quotidiano “Il Sole 24ore” del 18 agosto 2014, pubblicando i risultati di un’indagine sul livello di benessere dei piccoli Comuni italiani così classificava: la qualità della vita a Costabissara risulta più elevata che altrove: condizioni di vita dei residenti, buona posizione nell’asse istruzione-cultura e una spiccata attenzione all’ambiente sono i principali fattori che pongono Costabissara al 1° posto fra i piccoli Comuni della provincia, al 4° posto fra quelli del Veneto e al 16° fra quelli d’Italia.

Domanda: Tutto bene allora signor Mordegan?

Risposta: Malgrado la Svizzera disti circa un paio d’ore d’auto da Vicenza, noi viviamo davvero in un paese agli antipodi della CH. Per cominciare abbiamo una parte del personale politico che sembra intramontabile. La legge prevede che il Sindaco dopo due mandati lasci l’incarico, tuttavia per aggirare l’ostacolo basta darsi la staffetta con un proprio sodale di partito ed assumere la carica di Vice, per continuare ad imperversare politicamente. Tant’è che alle ultime elezioni amministrative, i partiti d’opposizione dopo esserci mimetizzati da Liste civiche, nella primavera 2016 hanno addirittura rinunciato a candidarsi. Risultato? La vecchia amministrazione prosegue indisturbata il proprio cammino, nominando i propri sodali anche in quei posti che per Statuto sono riservati alle minoranze.

Ma se il Comune si classifica così bene, cosa c’è che non va?

È stata senz’altro una gratificazione per il Comune di Costabissara essere arrivati al 16° posto fra i migliori Comuni italiani; tuttavia non nascondiamoci che queste classifiche lasciano il tempo che trovano, infatti basta cambiare i parametri, ed ecco differire i risultati. In ogni caso i cittadini consapevoli delle potenzialità esistenti chiedono di più; vogliono scalare ulteriormente la classifica e per questo insistono che si può e si deve fare di più.

Per esempio?

Riteniamo contrario ai princìpi della democrazia che per la mancanza di partiti che vogliono impegnarsi nel ruolo dell’opposizione, chi vince le elezioni faccia l’asso pigliatutto. Noi cittadini che non ci riconosciamo in nessun partito dovremmo subire, e dichiararci sempre soddisfatti delle decisioni di un Sindaco coadiuvato da 12 Consiglieri comunali suoi sodali? Tra i molti argomenti che possiamo considerare ce ne sono almeno due che qui possiamo citare: 1) come sostiene Tucidide II, 37 «Si chiama democrazia perché il potere non è nelle mani di pochi, ma dei più.» e non bastasse, ci richiamiamo al dettato costituzionale, laddove all’Articolo 49 sancisce: «Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale».sindaca Forte

Questo significa che i cittadini “hanno diritto”, ma non hanno l’obbligo organizzarsi in partiti. E poiché i partiti concorrono al metodo democratico, chi sono gli altri concorrenti se non i cittadini stessi? Se ci viene obiettato che noi non abbiamo concorso ad elezioni di sorta, non per questo ci siamo dimessi da cittadini, per lasciare che una dozzina di Consiglieri comunali (per quanto autorevoli) decidano sulla stessa vita e la salute di tutti i nostri concittadini.

Perché non vi riconoscete nel sistema dei partiti?

Non ci piace dare tutto il governo comunale (per la verità anche regionale e nazionale) alle solite persone, perché, come dice P.J. O’Rourke, un giornalista satirico statunitense, è come «dare le chiavi dell’auto e del whisky a dei ragazzi adolescenti.» Del resto a livello nazionale la politica partitocratica, e quindi giacobina o fascistoide, non seleziona i migliori, ma i più avidi, ambiziosi, infidi, cinici e talvolta anche criminali: nel confronto fraterno tra Caino e Abele è sempre Caino che ha la meglio. La gente, invece, deve capire che deve prendere il potere in proprio e che non lo deve delegare a nessuno se non sotto costante e rigoroso controllo, perché nessuno quanto il popolo può fare gli interessi del popolo stesso: della mamma ci si può fidare ciecamente, ma è da imbecilli credere che un perfetto estraneo eletto al potere possa essere così generoso e altruista da fare gli interessi degli estranei che lo hanno eletto, anziché i propri.

Ci sembrano constatazioni abbastanza drastiche. Su quali esempi poggiano?

Beh! Un insegnante o un altro professionista può fare una bella carriera, finché resta in vita, abbracciando una causa politica, lavorando per essa, scegliendo come professione di credere in essa, e se essa vince si sistemerà benissimo. La politica consiste sempre nel lavorare duro per un certo tempo senza compenso o con un salario di sussistenza, nella speranza di far bottino più avanti. Un uomo può essere fascista o comunista e se la sua parte vince può diventare Assessore o Sindaco o altro o ottenere qualcuna delle alte ricompense che sognano i ragazzi. Perché tutti i ragazzi rivoluzionari, settore politica, sono ambiziosi. Lo so perché ho vissuto per qualche tempo in luoghi dove le rivoluzioni hanno superato la fase del salotto, dei tè degli editori, o dei piccoli picchetti. Molti miei amici hanno avuto ottimi impieghi e qualcun altro, più sfortunato, è emigrato.

Ma per venire ad un singolo esempio, altrimenti mi dilungo troppo; guardiamo alla recente delibera riguardante la realizzazione della rotatoria di Via De Gasperi, per notare che nell’arco di circa 700 metri della trafficatissima SP 46 (o strada Pasubio), insistono ben tre regolatori di traffico: il semaforo all’altezza della chiesa di Motta, la costruenda rotatoria di Via de Gasperi, e l’istituenda rotatoria del Botteghino.

Quest’ultima è un’opera progettata da molto tempo, e dove la Regione Veneto si è assunta l’onere economico. I quel groviglio di strade che è il Bottegino, negli anni ci sono stati numerosissimi incidenti mortali. L’11 agosto è stato convocato il Consiglio comunale per la trattazione di alcuni oggetti. Ritengo che questi siano di ordinaria amministrazione, che potevano benissimo essere trattati anche tra un mese visto che non vi era alcuna urgenza, e tenendo presente che già altro Consiglio si era tenuto il 28 luglio. Alla faccia della tanto decantata spending review. Tanto paga sempre Pantalone. Ma vorrei soffermarmi sul punto 3) posto all’O.d.g. che così recitava: “Approvazione ordine del giorno: Proposta di legge per l’istituzione della giornata nazionale in memoria delle vittime della strada”.

Ottima iniziativa da parte di un’associazione a carattere nazionale che ha investito del problema tutti i Comuni italiani. Quello che più mi ha impressionato è che nessun Consigliere ha preso la parola e, quindi, la palla al balzo per discutere di viabilità cittadina e per presentare un ulteriore O.d.g., atto ad invitare la Regione Veneto che alla Provincia di Vicenza, ad erogare lo stanziamento di fondi vista la necessità e l’urgenza di mettere in cantiere la futura rotatoria del Botteghino che tanti morti ha prodotto. Non uno che abbia rilevato come la Regione Veneto si accinga a spendere 14 milioni per un inutile referendum consultivo per l’autonomia del Veneto. Ovvero un semplice sondaggio che con lo strumento deliberativo chiamato referendum non ha nulla a che fare, poiché chi lo voterà non deciderà nulla, ma darà solo un parere non vincolante. Ed invece nessuno dei Consiglieri che ritenga l’infrastruttura urgente ed indispensabile tanto da sollecitare la Regione a sborsare subito i 2 milioni di euro preventivati per la rotatoria del BottegHino. E pensare che in un volantino distribuito in occasione delle recenti elezioni. il predestinato Sindaco strombazzava: «Insisteremo con Regione e Provincia perché venga realizzata la rotatoria del Botteghino.» Inoltre proclamava nel medesimo volantino: «La nostra lista è composta da un gruppo coeso di persone che possono assicurare alla comunità: 1) professionalità e competenza in tutti i settori amministrativi; 2) profonda conoscenza della normativa comunale e della macchina amministrativa; 3) spirito di servizio.» Orbene, se questi sono i risultati…

È quanto meno ozioso notare che il pesante traffico insito in questa SP 46 non è affatto favorito dalla presenza di ben due rotatorie nella contermine località Maddalene del Comune di Vicenza. E che anzi, esse sono oggetto di rallentamenti più che di fluidificazione del traffico, nonché occasione per soventi ribaltamenti di autocarri.

Abbiamo appreso, attraverso un’intervista televisiva del Vice Sindaco, che il costruendo supermercato T…, ha versato oneri di urbanizzazione a parziale copertura dei costi della rotatoria di Via De Gasperi; tuttavia alcuni concittadini manifestano perplessità, e si chiedono quali altre compensazioni il Comune di Costabissara ha introitato dal predetto supermercato, poiché è evidente che di questa nuova struttura il territorio non aveva indispensabilità, insistendo nel nostro Comune (di circa 7.000 abitanti) già altri quattro supermercati. Quindi, ammesso e non concesso che la rotatoria di Via De Gasperi svolga il suo ruolo, è indubitabile che ci sarà un sensibile aumento di traffico diretto a questo supermercato con conseguente peggioramento dell’ambiente, dovuto ad ulteriore inquinamento. Molti concittadini non sono a conoscenza del fatto che, prima di iniziare i predetti lavori, sia in qualche modo intervenuta una pubblica discussione sull’argomento.

Il «Comitato più Democrazia» spontaneamente costituitosi a Costabissara desidera esprimere le preoccupazioni di numerosi cittadini al riguardo, perché come scriveva G.F. Miglio, ne “Il nerbo e le briglie del potere”, Ed. Il Sole 24 Ore, Milano, p. 286: «L’idea che le preferenze dei governati possano manifestarsi normalmente soltanto per il tramite dei rappresentanti, e che la volontà dei primi debba prendere necessariamente la forma di un’adesione (consenso) alle “verità” proposte dai candidati al potere, questa idea sta per uscire dalla storia. Perché si spezza il legame fra legittimazione del governante e ricognizione delle opinioni dei governati».

In altre parole. Noi siamo dell’opinione che i rappresentanti che legalmente siedono in Consiglio comunale debbano far fronte a quella che definiremmo ordinaria amministrazione; mentre la straordinaria amministrazione, (e una rotatoria che modifica sensibilmente la viabilità e la qualità della vita degli abitanti lo è) debba essere oggetto di deliberazione democraticamente partecipata. Ci piacerebbe che i nostri rappresentanti, (non esclusi quelli in: Regione e Provincia), fossero più vicini alle esigenze della collettività; invece troppo spesso si dimostrano molto disinvolti. Alcuni si distinguono per l’azione troppo spesso influenzata dalle proprie rendite politiche.

Ritornando alla questione; perché si è deciso di eseguire prima la rotatoria di Via De Gasperi? Perché prima non è stata consultata la popolazione attraverso pubblici dibattiti o promosso un referendum comunale, per dare la possibilità ai cittadini di condividere la decisione? La Svizzera, confederazione austera ma liberale, avrebbe agito così, con un referendum, il cui risultato sarebbe stato anche la decisione degli Amministratori. E smontiamo in anticipo l’obiezione che un referendum ha dei costi, poiché siamo in grado di dimostrare che un referendum comunale può essere espletato a costo zero.

Tra non molto tempo, con l’apertura del Supermercato si avrà un intasamento maggiore di quanto c’è ora. Il supermercato ha contribuito alla rotatoria in oggetto mediante un contributo ascrivibile alle opere di urbanizzazione. Bene! Tuttavia il Comune e la sua comunità non hanno ottenuto nient’altro che quanto la legge prevede. Ma ciò che la legge non può prevedere è il disagio della cittadinanza. Un disagio che l’Amministrazione avrebbe dovuto quantificare molto al di la’ del dettato di legge. È stato fatto? Se sì, con quali altre compensazioni? Di più: bastano delle compensazioni per giustificare il peggioramento della qualità ambientale? Con questa decisione unilaterale, l’Amministrazione non è forse intervenuta illegittimamente sulla vita stessa dei propri concittadini. È per questo che noi del comitato intendiamo sollecitare l’Amministrazione ad uscire dalla legalità per entrare nella legittimità.

Si consideri che la proprietà privata costituisce la base per una società libera, mentre la regola della maggioranza (vale a dire il sistema che permette il furto della proprietà privata; in questo caso la qualità della vita e della salute dei bissaresi) costituisce l’antitesi di una società libera. Ed un giorno la politica dovrà ricongiungersi con l’etica se vorremo vivere in un mondo migliore. Infatti, come diavolo possono difendersi i comuni cittadini contro un’Istituzione in cui chi è al potere ha accesso a tutte le loro linee deliberative e di comunicazione? Come potrebbero ribellarsi? In cosa una monarchia costituzionale è diversa da un sistema rappresentativo in cui la democrazia è confinata nel solo giorno della cerimonia delle elezioni? Questa Amministrazione (ma noi auspichiamo anche tutte le altre), ha il democratico interesse a far svolgere una funzione calmierante al nostro Comitato ed ai cittadini in genere.
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Re: Democrasia xvisara (on bon somexo)

Messaggioda Berto » ven set 23, 2016 8:10 pm

"Vuoi stare da noi? Ti adegui" . Svizzera anti-Allah, i provvedimenti che frenano gli islamici

22 Settembre 2016
http://www.liberoquotidiano.it/news/est ... -mano.html

Il modello per l'integrazione ragionata e ragionevole degli islamici intransigenti? C'è, ed è a due passi da noi. In Svizzera, infatti, i cittadini hanno abbracciato la filosofia dell'interesse pubblico sulla libertà religiosa, mettendo in atto una serie di provvedimenti legislativi e culturali che limitano le rivendicazioni in nome di Allah.

Come riporta Il Giornale, uno di questi episodi è accaduto in una scuola di Therwil, nel cantone tedesco. Uno studente islamico si era rifiutato di stringere la mano alla professoressa perchè una regola coranica prevede di non toccare in nessun caso una donna non appartenente alla propria famiglia. I genitori del ragazzo avevano chiesto un'esenzione ufficiale per il figlio, ma il consiglio scolastico si è opposto in modo fermo: "Stringere la mano non è solo un segno di decenza, ma è un atto profondamente radicato nella nostra società e cultura" ha detto la dirigente dell'istituto. E il dipartimento dell'Educazione di Basilea-Landschaft ha ribadito che "L'interesse pubblico rispetto alla parità uomo-donna supera la libertà di coscienza degli studenti".

E' dell'anno scorso, inoltre, il referendum che vieta di indossare il burqa nei luoghi pubblici, regola valida anche per le consorti dei facoltosi sceicchi facilmente avvistabili in Svizzera, pena una multa di circa 200 euro. E nel 2009 i cittadini elvetici si sono anche pronunciati in favore di uno stop alla costruzione di nuovi minareti, mentre a giugno di quest'anno due ragazze islamiche non hanno ottenuto la cittadinanza svizzera per cui avevano fatto richiesta. Il motivo? Si erano rifiutate di nuotare in piscina insieme ai compagni maschi, mostrando di non essere pronte a diventare parte della comunità elvetica. Svizzera, insomma, modello di modernità laica.
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Re: Democrasia xvisara (on bon somexo)

Messaggioda Berto » dom set 25, 2016 10:21 am

Iniziativa popolare federale 'Contro l'immigrazione di massa'
Cost. fed. art. 121 e art. 121a (nuovo): Disp. trans. art. 197 n. 9 (nuovo)
https://www.bk.admin.ch/ch/i/pore/vi/vis413.html
Entrata in vigore il 09.02.2014 Votato il 09.02.2014

La Costituzione federale1 è modificata come segue:

Art 121 rubrica (nuova)

Legislazione sugli stranieri e sull'asilo

Art. 121a (nuovo) Regolazione dell'immigrazione

1 La Svizzera gestisce autonomamente l'immigrazione degli stranieri.

2 Il numero di permessi di dimora per stranieri in Svizzera è limitato da tetti massimi annuali e contingenti annuali. I tetti massimi valgono per tutti i permessi rilasciati in virtù del diritto degli stranieri, settore dell'asilo incluso. Il diritto al soggiorno duraturo, al ricongiungimento familiare e alle prestazioni sociali può essere limitato.

3 I tetti massimi annuali e i contingenti annuali per gli stranieri che esercitano un'attività lucrativa devono essere stabiliti in funzione degli interessi globali dell'economia svizzera e nel rispetto del principio di preferenza agli Svizzeri; essi devono comprendere anche i frontalieri. Criteri determinanti per il rilascio del permesso di dimora sono in particolare la domanda di un datore di lavoro, la capacità d'integrazione e una base esistenziale sufficiente e autonoma.

4 Non possono essere conclusi trattati internazionali che contraddicono al presente articolo.

5 La legge disciplina i particolari.

II

Le disposizioni transitorie della Costituzione federale sono modificate come segue:

Art. 197 n. 92 (nuovo)

9. Disposizione transitoria dell’art. 121a (Regolazione dell'immigrazione)

1 I trattati internazionali che contraddicono all’articolo 121a devono essere rinegoziati e adeguati entro tre anni dall'accettazione di detto articolo da parte del Popolo e dei Cantoni.

2 Se la legislazione d'esecuzione relativa all'articolo 121a non è entrata in vigore entro tre anni dall'accettazione di detto articolo da parte del Popolo e dei Cantoni, il Consiglio federale emana provvisoriamente le disposizioni d'esecuzione in via d'ordinanza.

1 RS 101

2 Poiché l’iniziativa popolare non comporta la sostituzione di disposizioni transitorie esistenti, il numero definitivo della presente disposizione transitoria sarà attribuito dopo la votazione popolare. Il numero definitivo sarà stabilito in base alla cronologia delle modifiche adottate in votazione popolare. La Cancelleria federale provvederà agli adeguamenti necessari in occasione della pubblicazione nella Raccolta ufficiale delle leggi federali (RU).









Svizzera: piano per limitare gli immigrati Ue dal 2017

http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/20 ... d=ACC4G0hC

Il governo svizzero ha presentato il piano per porre limiti all'immigrazione di cittadini di Paesi Ue dal 9 febbraio 2017 per dare seguito al risultato del referendum di due anni fa con cui gli svizzeri hanno votato contro l'immigrazione di massa. In particolare, il governo propone di fissare ogni anno un limite al numero di cittadini Ue che possono andare a vivere e lavorare in Svizzera. Oltre scatterà una sorta di clausola di salvaguardia unilaterale con quote vincolanti anche per i frontalieri.

Il referendum del 2014 a favore dell’introduzione di contingenti annuali di stranieri, anche per quelli provenienti dalla Ue, dava tre anni di tempo al governo per attuarlo. Si tratta però di un Piano B perché non scatterà se nel frattempo interviene un’intesa tra Svizzera e Ue. «Un accordo con l’Unione è la migliore soluzione per noi» ha sottolineato il ministro della Giustizia Simonetta Sommaruga, che tuttavia ha spiegato di dover dare seguito all’esito della consultazione. Sommaruga ha anche ricordato che da quando si è svolto il referendum ad oggi ci sono poi stati ben 10 round di negoziati tra Berna e l'Ue senza che si riuscisse a trovare un'intesa.I negoziati con la Ue sono in stand-by fino al referendum del 23 giugno sulla permanenza della Gran Bretagna nell’Unione Europea.

Attualmente 1,3 milioni di cittadini della Ue risiedono in Svizzera: solo nel 2015 c’è stato un flusso netto di 100mila europei. Questo crescente afflusso ha alimentato un movimento anti-immigrati nel Paese, con argomenti sempre più popolari come la minaccia di dumping sociale o l’aumento del traffico stradale.

Il referendum, passato per un soffio, ha messo a repentaglio gli accordi Ue-Svizzera del 2002 che regolano la libera circolazione delle persone e le relazioni economiche bilaterali. Il piano presentato oggi crea una commissione incaricata di fissare ogni anno un tetto agli ingressi di stranieri sulla base delle esigenze del mercato del lavoro elvetico, della domanda di lavoratori stranieri e delle prospettive dell’economia. Oltre questo limite scatterà una sorta di clausola di salvaguardia unilaterale con quote vincolanti anche per i frontalieri. Se questo tetto viene superato il governo ha la facoltà di imporre delle quote. La modifica della legge federale prevede anche che gli stranieri in cerca di lavoro in Svizzera non percepiscano alcuna prestazione di aiuto sociale. Il disegno di legge definisce inoltre che quando uno straniero rimane disoccupato perda il suo diritto di soggiorno in Svizzera.

Il progetto ora andrà all’esame del Parlamento. In mancanza di un accordo con la Ue, il nuovo sistema scatterebbe il 9 febbraio 2017.



Niente contingenti, ma si favorisca la nostra manodopera
La Commissione delle istituzioni politiche del Nazionale si è pronunciata per una soluzione di compromesso - Piace a tutti, tranne l'UDC
02 settembre 2016

http://www.cdt.ch/svizzera/politica/162 ... elle-quote

BERNA - Precedenza alla manodopera indigena: è questo il principio su cui deve basarsi l'applicazione dell'iniziativa contro l'immigrazione di massa dell'UDC. La Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio nazionale si è pronunciata oggi per una soluzione che non prevede quote o contingenti, ma che permette di adottare misure correttive non appena l'immigrazione oltrepassasse un certo livello su scala regionale o nazionale.

La proposta, accolta con 16 voti contro 9, è stata definita "un compromesso" dal presidente della Commissione Heinz Brand (UDC/GR). Il testo prevede che il Consiglio federale elabori delle misure per sfruttare il potenziale di manodopera indigena (cittadini svizzeri e stranieri già domiciliati nel paese). Il governo dovrà anche determinare, tenendo conto di diversi fattori tra cui l'immigrazione, la situazione a livello di mercato del lavoro e la congiuntura, soglie a partire dalle quali potrà essere introdotto un obbligo di comunicazione dei posti di lavoro vacanti.

Se queste misure non si rivelassero sufficienti e l'immigrazione dall'Unione europea e dall'AELS superasse un certo livello sul piano regionale o nazionale, l'esecutivo potrà ricorrere a misure correttive appropriate. Sarà il Consiglio federale stesso a decidere a partire da quale limite adottarle, per quanto tempo mantenerle in vigore, di che tipo esse dovranno essere e a che categorie professionali dovranno venire applicate. Qualora queste misure - che dovranno essere limitate al minimo indispensabile - non dovessero risultare compatibili con l'accordo sulla libera circolazione delle persone, dovranno essere discusse da un comitato misto Svizzera/Ue.

Piace a tutti, tranne a l'UDC

Come già anticipato dal presidente della Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio nazionale Heinz Brand (UDC/GR), la proposta presentata oggi incontra il favore di tutti i partiti ad eccezione dell'UDC. Ecco in sintesi le reazioni all'annuncio odierno.

UDC: per il partito la soluzione presentata oggi è inaccettabile, ha affermato durante la conferenza stampa Gregor Rutz (ZH). La Costituzione esige una gestione indipendente della questione migratoria e non è possibile che per fare ciò si debba chiedere l'autorizzazione di Bruxelles. Non è ancora chiaro quali passi compirà ora l'UDC: se lanciare un referendum contro la modifica della legge o se proporre addirittura un'iniziativa di attuazione. "Prima c'è la sessione e la proposta verrà discussa dai parlamentari", ha concluso il consigliere nazionale.

PS: "un passo nella giusta direzione", "un buon compromesso": così viene definita in una nota la proposta presentata oggi dalla Commissione. Secondo il partito, questa è l'unica via possibile per mantenere gli accordi bilaterali e nel contempo rispettare la volontà popolare uscita dalle urne il 9 febbraio 2014. La Svizzera ha bisogno di relazioni stabili con l'Ue e gli accordi bilaterali non devono in nessun caso essere messi in pericolo.

PPD: la commissione ha optato per un approccio federalista, compiendo un grande passo verso una valida soluzione all'attuazione dell'iniziativa contro l'immigrazione di massa. Si tratta - precisa il PPD in una nota - di una soluzione che risponde alle esigenze dei cantoni e consente di adottare misure di sostegno laddove ve n'è bisogno. Il presidente Gerhard Pfister ha aggiunto, esprimendosi davanti ai media, che le trattative con l'Ue sono ora divenute obsolete. "La commissione propone una soluzione che non viola gli accordi bilaterali e quindi non bisognerà cercare di ottenere concessioni dall'Ue".

Verdi: in una nota il partito ecologista si dice sollevato per "l'ampia coalizione della ragione" che ha avuto la meglio all'interno della commissione. La proposta garantisce il rispetto dei bilaterali e consente allo stesso tempo misure in favore dei disoccupati.

Verdi Liberali: il partito saluta la proposta presentata oggi. Si tratta di "un buon compromesso elvetico" che accomuna diversi partiti ed è compatibile con gli accordi bilaterali, cosa che soddisfa le principali aspettative dei Verdi liberali. Le relazioni con l'Ue hanno un'importanza centrale per l'economia e la ricerca elvetica.

USAM - L'Unione svizzera delle arti e mestieri saluta la soluzione "non burocratica" presentata oggi dalla commissione per attuare l'iniziativa contro l'immigrazione di massa. L'organizzazione ribadisce la sua convinzione che bisogni in ogni caso rinunciare all'introduzione di contingenti fissi.

USS - Per l'Unione sindacale svizzera è positivo che si rinunci ad introdurre contingenti e tetti massimi: in passato essi hanno portato a lavoro illegale e a condizioni di lavoro precarie. Sarebbero inoltre in contraddizione con gli accordi bilaterali. La confederazione sindacale chiede però maggiori misure di protezione dei lavoratori, soprattutto a livello salariale.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Democrasia xvisara (on bon somexo)

Messaggioda Berto » lun ott 17, 2016 1:39 am

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Re: Democrasia xvisara (on bon somexo)

Messaggioda Berto » mer ago 09, 2017 8:07 pm

Questo è un paese serio che difende i suoi cittadini, le sue risorse e i giusti diritti umani, civili e di cittadinanza


La Svizzera espelle una cittadina straniera: "Non cerchi lavoro? Te ne devi andare"
È la motivazione con cui il Tribunale Amministrativo del Canton Zurigo ha giustificato il provvedimento verso una cittadina tedesca, che ha vissuto per troppo tempo senza un'occupazione e a carico dell'assistenza
di FRANCO ZANTONELLI
09 agosto 2017


http://www.repubblica.it/economia/2017/ ... P1-S1.4-T1


ZURIGO - O ti dai da fare per trovarti un lavoro, oppure dalla Svizzera te ne devi andare. È questa, in sostanza, la motivazione con cui il Tribunale Amministrativo del Canton Zurigo ha giustificato l'espulsione di una donna straniera, una cittadina tedesca, che ha vissuto per troppo tempo senza un'occupazione, oltretutto a carico dell'assistenza. Da cui ha percepito, tra il 2012 e il febbraio di quest'anno, ben 244 mila franchi di assegni di sostentamento. All'incirca 212 mila euro. La donna, giunta in Svizzera 5 anni fa con 2 figli, per lavorare in una casa di riposo, un anno dopo era già senza impiego e aveva iniziato a farsi mantenere dallo Stato. Nel frattempo era diventata madre per la terza volta, grazie a una relazione con un cittadino svizzero. Avendo un figlio con il passaporto elvetico si sentiva, probabilmente, al sicuro. "Il bambino, tuttavia, ha la doppia cittadinanza, svizzera e tedesca, quindi può anche andare a vivere nella sua altra patria", ha sancito la giustizia zurighese, come ha scritto il quotidiano Corriere del Ticino. "

Se proprio lo si vuole far vivere in Svizzera - ha aggiunto il Tribunale Amministrativo - può rimanere con il padre". In realtà, per i giudici che hanno decretato l'espulsione della donna, è risultato prioritario il fatto che quest'ultima "non si è seriamente preoccupata di trovare un impiego in grado di garantirle il sostentamento". Non certo una missione impossibile in un Paese dove, stando ai dati di luglio, la disoccupazione è al 3%. Fatto sta che la signora tedesca dovrà andarsene entro il 15 ottobre. Il suo non è il primo caso del genere.
Dal 2013 al 2016, solo nel Canton Zurigo, se ne sono registrati altri 70. Lo scorso anno, ad esempio, destò clamore la vicenda di un algerino 35enne, sposato con una cittadina svizzera, dalla quale aveva pure avuto un figlio, che venne costretto a lasciare il Paese dopo aver usufruito di mezzo milione di franchi di aiuti sociali, ovvero dell'equivalente di 435 mila euro.
Il messaggio che traspare da queste decisioni giudiziarie è chiaro: chi pensa di venire in Svizzera, per approfittare della sua solida rete assistenziale, troverà pane per i propri denti.
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Re: Democrasia xvisara (on bon somexo)

Messaggioda Berto » mer ott 18, 2017 7:43 pm

"La Svizzera si dia una corte costituzionale"
17 ottobre 2017

https://www.swissinfo.ch/ita/invito-del ... urce=sflow

Troppa democrazia potrebbe paradossalmente andare contro i diritti umani. È quanto sostiene il commissario dei diritti umani del Consiglio d'Europa in un rapporto reso pubblico oggi. Iniziative popolari come "Il diritto svizzero anziché giudici stranieri” che intende sancire la prevalenza del diritto costituzionale elvetico sul diritto internazionale, potrebbero andare contro carte fondamentali, in questo caso contro la Convenzione europea dei diritti umani. Occorre dunque un'istanza che "verifichi" la compatibilità delle iniziative popolari con i trattati internazionali.

La Svizzera dovrebbe creare un'istanza che verifichi la compatibilità delle iniziative con il diritto internazionale

Il prossimo anno il popolo svizzero sarà chiamato ad esprimersi sull'iniziativa lanciata dall'Unione democratica di centro (UDC, il partito populista di destra che ha la maggioranza relativa in parlamento) "Il diritto svizzero anziché giudici stranieri”. Come detto, l'iniziativa vuole sancire la prevalenza del diritto costituzionale sul diritto internazionale e obbligare le autorità ad adeguare e, all’occorrenza, a denunciare i trattati internazionali contrari alla Costituzione federale. Sebbene il Consiglio federale respinga l’iniziativa, la sua approvazione produrrebbe incertezze sul piano giuridico.

Infatti se l'iniziativa fosse accettata, si giungerebbe alla violazione della Convenzione europea dei diritti umani e di conseguenza sancirebbe l'uscita della Svizzera da questa convenzione.

Rapporto del Consiglio d'Europa

In verità c'è un'ampia serie di elementi che l'ultimo rapporto del Consiglio d'Europa ha preso in considerazione su Svizzera e diritti umani: dall'accoglienza dei richiedenti l'asilo, alle detenzioni amministrative; dall'applicazione della norma antirazzismo, fino ai diritti sociali e ai nuovi poteri dei servizi segreti. Il rapporto, su un piano complessivo, riconosce alla Svizzera un solido quadro di protezione e promozione dei diritti umani. Nelle 40 pagine della relazione, tuttavia, gli apprezzamenti si alternano anche a rilievi più critici su diversi aspetti.

Fra questi ultimi, appunto spicca la preoccupazione espressa in merito all'iniziativa popolare "Il diritto svizzero anziché giudici stranieri”.

Nel rapporto si raccomanda alla Svizzera di istituire un meccanismo (o una corte indipendente) volto a verificare la compatibilità delle iniziative popolari con i trattati internazionali legati ai diritti umani.

Il rapporto è stato redatto dopo una visita del commissario in Svizzera lo scorso maggio. E l'idea avanzata di un organo indipendente (si veda l'intervista) che valuti le iniziative popolari è, secondo il presidente dell'UDC Albert Rösti, inaccettabile. "È un affronto nei confronti della Svizzera. La protezione dei diritti umani è già garantita dalla nostra Costituzione. Noi assicuriamo questi diritti anche grazie alla democrazia diretta".

Ci vorrebbe un'istanza che verifichi le conseguenze delle iniziative popolari. Così Strasburgo


Niente di nuovo

Non è la prima volta che un'iniziativa popolare va contro al diritto internazionale o ad accordi e trattati internazionali firmati dalla Svizzera. Nel novembre 2010 gli svizzeri votarono sull'espulsione degli stranieri che commettono reati mentre nel febbraio il popolo elvetico accettò l'iniziativa contro l'immigrazione di massa. Quest'ultima ha messo seriamente in pericolo gli accordi bilaterali tra Svizzera e Unione europea.

Per queste e altre iniziative popolari non è la prima volta che si pensa alla creazione di una "corte costituzionale" che verifichi appunto la costituzionalità delle iniziative. Una richiesta che è sempre stata rifiutata. Simili Corti esistono però a livello cantonale, ad esempio nel Canton Vaud e nel Canton.

Oggi a livello federale, oltre alla Cancelleria federale - che controlla unicamente aspetti formali - spetta all'Assemblea federale verificare la ricevibilità di un'iniziativa popolare. Ma si tratta di un ente politico non indipendente.

Ora con il rapporto del Commissario dei diritti umani del Consiglio d'Europa e il suggerimento di creare un'istanza indipendente che valuti le iniziative popolari, chissà che non si ritorni a parlare dell'istituzione di una corte costituzionale.

Miglior protezione dei migranti

Nel suo rapporto, il Consiglio Europa raccomanda anche alla Svizzera di assicurare una migliore protezione dei migranti. La Confederazione dovrebbe introdurre una forma di protezione internazionale sussidiaria per le persone a cui non è riconosciuto lo status di rifugiato ma che con ogni probabilità finiranno per restare a luogo in Svizzera, come coloro che fuggono dal conflitto in Siria.

"Non è accettabile di mettere durevolmente in una situazione difficile e precaria delle persone che resteranno molto probabilmente a lungo in Svizzera, ostacolando la loro integrazione", afferma Nils Muiznieks, commissario del Consiglio d'Europa per i diritti umani, in una nota, pubblicata sul sito del Consiglio d'Europa in parallelo con la presentazione del rapporto.

Il commissario chiede quindi alla Svizzera di non limitare i diritti di chi non ottiene lo status di rifugiato, in particolare per quanto riguarda l'assistenza sociale, la mobilità e la riunificazione familiare.

Muiznieks domanda inoltre alle autorità elvetiche di porre fine alla detenzione amministrativa dei minori tra i 15 e 18 anni praticata in alcuni cantoni, e di smettere di detenere minori, con o senza famiglia, nelle zone di transito degli aeroporti internazionali.

Per quanto riguarda l'asilo in generale, Muiznieks si rallegra tuttavia della nuova legislazione elvetica che mira ad accelerare e migliorare le procedure, fornendo nel contempo un aiuto giuridico gratuito.


Gino Quarelo
In Svizzera debbono comandare gli svizzeri che sono a casa loro e non altri; i migranti accolti debbono adeguarsi e i non accolti debbono farsene una ragione. In Svizzera i diritti umani degli svizzeri vengono prima dei presunti diritti umani dei cittadini degli altri paesi. Questi demenziali europei vorrebbero comandare in casa degli svizzeri e far prevalere sui loro diritti sacrosanti i non diritti di altri. Questo commissario europeo è demenziale, un nazi-europeista-stalinista-islamista; vorrebbe che il diritto internazionale ed europeo prevalesse sul diritto nazionale svizzero in casa degli svizzeri; come dire in casa degli svizzeri non comandano più gli svizzeri ma altri non svizzeri e fuori dalla Svizzera.

La Corte Costituzionale proposta da questo europeo demenziale comporterebbe la fine della Democrazia Diretta della Svizzera, la perdità della libertà e la degradazione antropologica con la violazione dei diritti umani degli svizzeri.
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Re: Democrasia xvisara (on bon somexo)

Messaggioda Berto » lun dic 11, 2017 5:31 am

IL SUCCESSO DELLA SVIZZERA? RACCHIUSO IN 7 SEGRETI
di GERD HABERMAN
https://www.miglioverde.eu/il-successo- ... -7-segreti

La Svizzera gode di una stabilità praticamente ineguagliata nel resto del mondo. Che cosa fa meglio degli altri? Qual è il suo vantaggio competitivo? E come riuscirà a mantenerlo? Il verdetto è univoco. Nel confronto internazionale, sia in termini di localizzazione e di libertà, sia del numero di premi Nobel e della qualità di scienziati, imprenditori, artisti e poeti, da tempo la Svizzera è sempre ai primi posti. Per la quarta volta consecutiva, il Forum economico mondiale ha dichiarato la Svizzera il paese più competitivo del mondo, davanti a Singapore, Finlandia, Svezia e Paesi Bassi. Nelle categorie capacità innovativa ed efficienza del mercato del lavoro è in testa alla classifica. L’economia svizzera è apprezzata per la sua stretta collaborazione con la scienza. Gli enti pubblici del paese sono ritenuti tra i più efficienti e trasparenti. Anche se la Svizzera è un paese piccolo, sotto il profilo economico figura tra le potenze di medio calibro. Nello scenario internazionale, si colloca al 20° posto per PIL, è in 9a posizione nelle statistiche sull’export e in 5a per l’esportazione di servizi. E soprattutto: è uno tra i paesi più ricchi del mondo. Anche a fronte delle attuali sfide economico-politiche, il debito pubblico e la disoccupazione, la Svizzera esce a testa alta. Mentre paesi un tempo solidi sono sull’orlo dell’insolvibilità, negli ultimi dieci anni la Svizzera ha addirittura ridotto sensibilmente il suo indebitamento, dal 55 al 35 per cento circa sul prodotto interno lordo. E il tasso di disoccupazione, che in Europa si è attestato ai livelli più alti mai visti dalla nascita dell’unione monetaria nel 1999, qui ristagna intorno al 3 per cento. Quali sono i motivi di questo successo? Quali sono i segreti della Svizzera? Io vedo sette vantaggi competitivi.

1 – Microstato
La Svizzera non rientra tra le “economie di scala”, di cui tanto si parla in economia. Al contrario. Considerate le sue piccole dimensioni, ha più successo dei vicini più “grandi”. Non è certo un caso che, proprio in Svizzera, Jean-Jacques Rousseau (1712–1778) sia stato il primo dopo Aristotele a elaborare una teoria sulle dimensioni politiche ottimali: “Ogni entità statale ha un ordine di grandezza che non può essere superato, e dal quale spesso si allontana a furia di ampliarsi”. Quanto più è vasta la compagine sociale, tanto più tenderà a disgregarsi. In proporzione, uno stato piccolo è generalmente più forte di uno grande. Ciò vale anche qualora esso, come nel caso della Svizzera, sia caratterizzato da una grande eterogeneità. Rousseau fonda quest’affermazione sulle seguenti considerazioni: sulle lunghe distanze, l’amministrazione dello Stato risulta più faticosa, essa inoltre comporta maggiori oneri nella misura in cui si moltiplicano gli organi di governo. Ciascun organo deve essere pagato e il più oneroso è quello più alto: Vi sono poi i vertici di governo, che soffocano tutto il resto. Il governo ha meno slancio e rapidità nel far rispettare le leggi, combattere i soprusi e prevenire le ingiustizie. Inoltre le medesime leggi non possono essere applicate alle province, che operano in contesti geografici e culturali diversi.

2 – Vera democrazia
In virtù delle sue dimensioni relativamente ridotte e del suo estremo frazionamento, la Svizzera ha il vantaggio comparativo della democrazia diretta. La Svizzera non ha mai attraversato un’epoca di assolutismo statale. Non è mai stata, e non è tuttora, uno Stato burocratico alla stregua della Germania o della Francia. In nessun altro luogo al mondo i cittadini hanno tanta voce in capitolo, basti pensare all’elezione popolare dei giudici e al voto sull’indebitamento pubblico. Solo qui la democrazia non è una parola vuota, solo qui i cittadini possono ancora assumere incarichi che nei grandi Stati sono affidati a funzionari e costosi politici di professione. L’eguaglianza repubblicana è un valore assoluto. La “grandezza”, sia in politica (il grande individuo) sia in economia (la grande SA), è vista con sospetto. L’intensa partecipazione e la corresponsabilità politica hanno promosso la formazione politica dei cittadini, per cui risulta in certa misura giustificato il paradosso: un cittadino svizzero militante è politicamente meglio informato del deputato medio del Bundestag tedesco. “L’Etat – c’est nous”: un’affermazione che appartiene più ai cittadini svizzeri che alle vicine democrazie di rappresentanza. Di fatto, la Svizzera è più una “società cooperativa” che uno “Stato sovrano”. Da un lato il sistema della milizia sostituisce la casta dei politici di professione, dall’altro, in ambito militare, ha ostacolato il costituirsi di un ceto autoritario di ufficiali. La Svizzera non si è mai configurata come uno Stato burocratico e partitico sul modello tedesco. In Svizzera l’amministrazione dello Stato è rimasta in larga misura autonoma o, ancora di più, un vero “autogoverno”, nonostante gli oltre 30’000 funzionari pubblici federali.

3 – Decentralizzazione
Un altro vantaggio della Svizzera è la sua ampia decentralizzazione, che si potrebbe addirittura definire come “non centralizzazione” perché, fatta eccezione per l’episodio della Repubblica Elvetica (dal 1798 al 1803), non è mai stata centralizzata. Non ha una capitale né un capo di Stato o un capo di governo secondo il modello tedesco. Qui si può sperimentare come dalla concorrenza tra le forze politiche scaturisca un servizio ineccepibile al cittadino. Sia i cantoni sia i comuni dispongono di potere reale, a cominciare dalla sovranità fiscale. La Confederazione può disporre delle entrate tributarie solo in minima parte e prevede un diritto d’imposizione precario. A ciò si aggiungano gli ampi diritti dei cantoni e dei comuni, le cui forti competenze finora non hanno permesso al mercato interno svizzero di realizzarsi pienamente. La diversità viene concepita come opportunità, non come disparità indesiderata, da compensare con l'”armonizzazione”. La divisione verticale dei poteri in virtù dell’efficace organizzazione cantonale e comunale determina margini di libertà e scelta molto più ampi rispetto alla separazione orizzontale vigente nei grandi Stati o negli imperi (insidiata spesso da eccessiva partitocrazia e dalla burocrazia).

4 – Sussidiarità
L’estremo frazionamento territoriale della Svizzera determina anche un’interpretazione del principio di sussidiarietà che è del tutto inedita in Europa. Essa prevede l’applicazione coerente dei seguenti principi: più competenza possibile verso il basso, meglio privato che pubblico, meglio informale che formale. In nessun altro luogo, questa sintesi di globalizzazione e cosmopolitismo è così ben riuscita come in Svizzera. Per le sue dimensioni, la Svizzera nel confronto europeo è il paese più orientato all’esterno attraverso un continuo scambio economico, finanziario, culturale, scientifico, giuridico e sportivo, nonché più in stretto contatto con l’Europa e il mondo (basti pensare alla sua varietà etnica-culturale, coesa solo da una volontà politica comune). La limitatezza delle forze decisionali determina l’intensità della vita politica, la pertinenza delle decisioni – seppure non di tutte – e una vitalità che è sconosciuta negli Stati di grandi dimensioni, con le loro desolanti burocrazie su larga scala. In nessun altro luogo la teoria della “concorrenza come processo di scoperta” di Friedrich August von Hayek valorizza meglio la conoscenza diffusa individuale come in questa piccola nazione e nelle sue ancora più piccole sottounità. L’estrema frammentazione e la non centralizzazione, infatti, producono anche una certa flessibilità di fronte alle crisi, che manca alle grandi entità politiche ed economiche. La portata delle decisioni sbagliate è relativamente limitata.

5 – Principio di milizia
In Svizzera i partiti, la burocrazia e i gruppi d’interesse non sono sovrani, ma semplici servitori della volontà politica dei cittadini. Il regime burocratico centrale di Bruxelles dimostra, come si evince dai rapporti della Corte dei conti europea, quale sia il prezzo da pagare quando il controllo politico indipendente è assicurato da un sistema di milizia e dalla trasparenza dei presupposti: ha il sopravvento la professionalità burocratico-tecnica, unita a un lobbismo ben mascherato. I politici di professione e i funzionari continueranno a nutrire la comprensibile esigenza di ampliare il loro repertorio di opportunità, i budget forzatamente finanziati e le prospettive di carriera. Tuttavia, un piccolo Stato come la Svizzera è, come stiamo di nuovo constatando, politicamente più ricattabile di un grosso Stato. Questo è chiaramente uno svantaggio. Per assicurare la sua indipendenza, ha avuto bisogno di fortuna storica: l’hanno aiutata fattori geopolitici come la gestione dei passi centrali o il geloso desiderio di equilibrio dei grandi Stati concorrenti.

6 – Porto sicuro per capitali e cervelli
Da tempo la Svizzera funge da roccaforte dell’indipendenza spirituale, in quanto approdo sicuro nel mare in tempesta della politica e, come noto, dell’economia. Di conseguenza può costantemente incrementare il suo capitale intellettuale e monetario attingendo dall’esterno. Soprattutto in tempi di crisi, ha offerto un porto di approdo da Voltaire in poi, fino ai perseguitati liberali, democratici o socialisti del XIX e XX secolo. Ha difeso anche Lenin, un atto generoso all’insegna di un diritto all’asilo e all’accoglienza che dovrebbe essere svincolato da qualsiasi bandiera politica o ideologica. Ciò dipende anche dalla sua rigorosa neutralità, che pone la Svizzera nella vantaggiosa condizione di svolgere credibilmente, a livello internazionale, un ruolo di mediazione indipendente, estraneo al concerto delle potenze. In tempi più recenti, la massiccia immigrazione dalla Germania è segno che la sua stabilità e attrattività economica continuano a essere apprezzate e alimentate. Con il suo diritto del lavoro relativamente liberale è inoltre un modello di piena occupazione.

7 – Civismo
La Svizzera presenta, e anche questo è un vantaggio, uno spiccato civismo. In particolare, al contrario della Germania, non ha dovuto attraversare le soverchianti catastrofi di due guerre mondiali o l’inflazione. Ancora oggi, è un esempio di misura, equilibrio e ponderatezza, sensatezza economica, oggettività e realismo. In Svizzera non esiste solo il segreto professionale di avvocati, sacerdoti e medici, il segreto postale e telegrafico, ma anche il segreto bancario, che esprime l’attenzione per la sfera privata del cittadino anche in relazione alla sua proprietà. La legittimazione e l’identità della Svizzera non si basano sulla percezione di sé come nazione linguistica, culturale o religiosa, bensì sul riconoscimento da parte della maggioranza della popolazione di uno dei fondamenti politici dello
Stato: federalismo e democrazia del consenso, ordinamento economico liberale e indipendenza. Dunque, rispetto alla maggior parte dei paesi, la Svizzera offre maggiori garanzie sulla proprietà privata e l’autonomia, e prevede anche più opportunità di sperimentazione a livello comunale e cantonale. D’altra parte, solo in virtù di questa tradizione storico-politica e del pensiero equilibrato, la Confederazione svizzera può essere definita un’unità.

Conclusione
La Svizzera non ha motivi per dimenticare le sue origini di unione di Stati, costituita allo scopo di preservare l’autonomia delle città affiliate e i liberi consorzi contadini. “Si associavano per difendere la loro diversità”, scrisse il filosofo di Neuchâtel Denis de Rougemont, “il fondamento della loro solidarietà non era il potere collettivo, bensì l’autonomia del singolo”. Herbert Lüthy, lo storico di Basilea, descrisse la Svizzera come “antitesi”: un’antitesi al pensiero in termini di collettività, concentrazione del potere, monocultura e omologazione.
La Svizzera deve conservare questa “antitesi”. Rappresenta il canone dei valori liberali: scetticismo nei confronti del potere e dello Stato, proprietà, civismo e fiducia nella produttività attraverso la diversificazione. Nella competizione tra le nazioni, questo è un grande vantaggio. Il “modello svizzero” dell’autodeterminazione, dell’autoaiuto e dell’autoresponsabilità – ne è una prova il suo successo economico e politico – è anche una formula di benessere.
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Re: Democrasia xvisara (on bon somexo)

Messaggioda Berto » sab mar 24, 2018 11:45 am

La Svizzera è avanti perché è rimasta al Medioevo
Da Il Tempo, 23 Marzo 2018

http://www.brunoleoni.it/la-svizzera-e- ... l-medioevo

Nel cuore dell'Europa pulsa l'esempio di una società che ha sempre rigettato con successo il mito giacobino del potere centralizzato

Una tra le frasi più celebri della storia del cinema contrappone l'Italia e la Svizzera. Ne Il terzo uomo

diretto da Carol Reed alla fine degli anni Quaranta, Orson Welles afferma: «Sai che cosa diceva quel tale? In Italia sotto i Borgia, per trent'anni hanno avuto assassinii, guerre, terrore e massacri, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e che cos'hanno prodotto? Gli orologi a cucù».

L'ironia è efficace e, per certi aspetti, sembra preservare una qualche attualità. Osservata da lontano, la Confederazione appare in effetti tanto tranquillizzante quanto noiosa, tanto ricca e bene ordinata quanto conformista e soporifera. A ben guardare, però, quella contrapposizione tra la nostra vivacità e il loro supposto torpore è più apparente che reale. Nel Rinascimento non c'era confronto tra noi e loro, ma oggi è tutta un'altra storia.

Sotto molti punti di vista, la società elvetica è ora incredibilmente ricca e dinamica. Si pensi alla qualità di università, ospedali e servizi alla persona, oltre che al reddito pro capite e alle opportunità lavorative (nella chimica, nella finanza e in vari altri ambiti) che è in grado di offrire: anche a molte decine di migliaia di frontalieri comaschi e varesini. Questo si deve a una serie di ragioni, in qualche modo tutte riconducibili - nella lettura che della Svizzera ha dato lo storico inglese Jonathan Steinberg - al fatto che qui più che altrove l'Europa è riuscita a preservare le proprie radici medievali.

La modernità statale ha investito la Svizzera meno di quanto non abbia cambiato il resto del Vecchio Continente, e così nel mondo dei cantoni il potere non è accentrato, pervasivo e oppressivo quanto nel resto dell'Occidente. A Ginevra e San Gallo, a Zurigo e Lugano, lo Stato è giunto tardi e sempre in maniera alquanto imperfetta, così che individui e comunità sono stati in grado di preservare la loro originaria vitalità.

Un tempo, tutta l'Europa era in qualche modo "elvetica". Durante l'età medievale il potere era assai localizzato e assumeva le forme più diverse. Nella Cristianità che ha preceduto Umanesimo e Rinascimento vi erano istituzioni di ogni tipo: c'erano l'Impero e la Chiesa, ma vi erano anche feudatari e comuni rurali, città libere e monasteri, corporazioni e associazioni di comuni mercantili (si pensi alla Lega Anseatica). Oggi ci sorprende il localismo della Svizzera, che conta solo 8 milioni di abitanti ed è più piccola della Lombardia, ma è divisa in 26 tra cantoni e semicantoni. Eppure lo scenario medievale era proprio caratterizzato da un'analoga molteplicità di realtà autonome.

Se la società svizzera è tanto diversa da quelle che la circondano, lo si deve al fatto che una serie di circostanze hanno qui ostacolato i processi di unificazione che hanno segnato la Francia, vera patria dello Stato moderno, e poi anche tante altre realtà europee che ne hanno seguito le orme. Mentre Provenza, Alsazia e Bretagna sono state progressivamente "cancellate" entro un regime politico fortemente centralizzato, prima monarchico e poi repubblicano, in Svizzera la varietà delle lingue, delle sensibilità e delle culture è stata preservata da un assetto disperso del potere, che ha trovato alti ostacoli di fronte a sé.

Nell'universo dei cantoni

Le montagne hanno frenato l'avanzata del potere, garantendo le diverse realtà. E poi le pretese giacobine hanno dovuto fare i conti con un assetto linguistico e religioso che poco si prestava alla costruzione di una Nazione unitaria, immaginata quale surrogato di quel Dio cristiano che la modernità ha progressivamente detronizzato. Il Dio Stato elaborato a Parigi da teologi di palazzo e giuristi di corte non ha quindi mai trovato spazio tra le piccole comunità alpine alleatesi per la prima volta nel 1291.

Forse anche per questo, gli svizzeri, sia nelle aree cattoliche sia in quelle protestanti, sono riusciti a esprimere un mirabile pensiero teologico: articolato in voci tra loro tanto diverse. Perché l'universo dei cantoni, per restare all'ultimo secolo, ha dato al mondo Karl Barth e Hans Urs von Balthasar, Emil Brunner e Adrienne von Speyr, Romano Amerio e Hans Küng.

D'altra parte ancora oggi, in Svizzera si vota di continuo. La pratica della democrazia diretta è corrente: a ogni livello (federale, cantonale e comunale). Per giunta, in Svizzera si è chiamati a dire la propria su tutto, anche su tasse e relazioni internazionali. Con una decisione maggioritaria si possono non solo abrogare norme di legge, ma anche inserirne di nuove.

Da dove proviene tutto ciò? Si capisce poco della Svizzera se non si ha presente che il suo spirito è maturato, fin dall'età medievale, nelle assemblee che riunivano i capifamiglia di ogni piccolo territorio: in quelle riunioni chiamate a gestire con decisione pubblica l'amministrazione delle acque, delle foreste, dei pascoli e di altri beni comuni. La comunità locale si è strutturata attorno a proprietà condivise e, a partire da qui, ha saputo anche elaborare meccanismi di tutela della comunità: che ovunque ha bisogno di armi che la proteggano e di giudici che limitino l'iniquità e favoriscano la concordia sociale. Lo spazio pubblico svizzero ha poco a che fare con l'individuo statizzato di Thomas Hobbes, il quale cancella ogni realtà si frapponga tra i singoli isolati e il Leviatano onnipotente. Le comunità elvetiche sono invece associazioni di comunità: esse riuniscono in piazza quei "fuochi" (focolari) che già rappresentano piccole istituzioni politiche indipendenti e gelose della loro libertà. Questo si vede molto bene in quella che forse è la Svizzera più elvetica, i Grigioni, dove per secoli si è avuta una struttura istituzionale fatta di leghe di leghe: un sistema associativo tradizionale che potrebbe far venire alla mente talune teorizzazioni radicali di Thomas Jefferson.

L'aspirazione di ogni liberale

Questa società forte, che oltre a poteri minuscoli e vicini ai cittadini ha saputo preservare spazio per chiese e altre forme di vita associata, ha garantito molta più libertà anche ai singoli. E sul piano fiscale è proprio la complessa articolazione competitiva della Svizzera che oggi impedisce al ceto politico di spremere famiglie e imprese come avviene nel resto d'Europa.

In Svizzera sembra davvero prendere forma l'aspirazione di ogni liberale: l'idea che la libertà si protegga solo grazie a una concorrenza istituzionale che ci permette di optare tra questa o quella giurisdizione e, in tal modo, obbliga i governanti a limitare le loro ambizioni di dominio.

La Svizzera ha pure tratto grande beneficio dall'aver potuto evitare le due guerre mondiali del Novecento. Questo è avvenuto perché, soprattutto a seguito della Riforma, nelle piccole comunità alpine hanno compreso come non fosse possibile schierarsi all'interno di questa o quell'alleanza armata senza far venire meno la solidarietà del patto prima sottoscritto sul Grütli dalle tre comunità originarie e poi confermato da nuove adesioni. Quando in Europa protestanti e cattolici si uccidevano, in Svizzera sono stati costretti ad adottare una linea di rigorosa indipendenza.

L'opposizione è il popolo

Non bastasse questo, la Svizzera è divisa tra francofoni e germanofoni (con una piccola realtà italofona e una davvero minuscola che parla romancio), tra cittadini e contadini, tra progressisti e conservatori. Queste profonde fratture storiche hanno spinto, nel corso del tempo, ad adottare un modello di governo che noi chiameremmo consociativo, dato che nell'esecutivo di Berna siedono esponenti di destra, centro e sinistra: tutti obbligati a dialogare e costretti a evitare ogni estremismo.

Questo governo a larghissima maggioranza, sempre chiamato a ricercare compromessi e, di fatto, senza alcuna vera opposizione può evitare le peggiori conseguenze del consociativismo in virtù di un elemento cruciale dello scenario svizzero: la democrazia diretta. Tutti i partiti (Udc, liberali, socialisti e democristiani) governano insieme, ma l'opposizione c'è ed è incarnata dal popolo. Questo perché tutte le decisioni più importanti devono essere confermate dall'insieme degli elettori, che sono chiamati a esprimersi anche su questioni che, da lontano, potrebbero essere giudicate di poco conto.

Questa democrazia semidiretta basata su un governo consociativo e su costanti consultazioni elettorali finisce allora per contrapporre Berna e i cantoni, il governo e la società, i partiti e i cittadini. Quello spirito di resistenza che in Europa sembra ormai quasi ovunque assente, in Svizzera torna quindi spesso a dominare la scena pubblica: come avvenne, ad esempio, quando contro la volontà del proprio ceto dirigente (politico e no) la maggioranza dei cantoni e dei cittadini bocciò l'adesione della Svizzera allo Spazio economico europeo: primo passo verso un'integrazione tra Confederazione e Unione Europea.

Un'eccezione preziosa

Sotto vari aspetti, la Svizzera è un'eccezione. Fuori dall'Europa e dalla Nato, restia a sposare l'alta tassazione del Vecchio Continente e spesso recalcitrante a negare tutta una serie di libertà storicamente consolidate (solo la protervia delle potenze esterne l'ha obbligata ad abbandonare il segreto bancario), la Confederazione è un'area di libertà basata su una formidabile articolazione territoriale dei poteri e su una forte responsabilizzazione di ogni livello istituzionale.

Quando comuni e cantoni devono vivere di risorse proprie e possono variare il livello delle imposte (modificando l'offerta dei servizi offerti ai cittadini), non è sorprendente che si assista a un maggiore rispetto dei soldi estorti con l'imposizione fiscale. In terra, paradisi non ce ne sono, ma in questo piccolo lembo d'Europa la società è rimasta più solida e l'economia più dinamica perché il mito prefettizio e giacobino del potere centrale è stato sempre rigettato con successo. La dispersione istituzionale dei poteri che aveva caratterizzato l'età medievale non è scomparsa, anche se - ovviamente - è stata ampiamente ridefinita e riformulata. Per quanti si trovano a sud di Chiasso, è chiaro che ci sarebbe molto da imparare.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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