Xvisara e refuxanti migranti

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Messaggioda Berto » mer set 02, 2015 7:56 am

Xvisara e refuxanti migranti
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Re: Xvisara e refuxanti migranti

Messaggioda Berto » mer set 02, 2015 5:16 pm

Referendum Svizzera, vince il sì: “Introdurre tetto all’immigrazione”
Elettorato elvetico spaccato: l'approvazione della proposta dell'ultradestra passa con il 50,3% dei voti. Ma nel Canton Ticino è un trionfo: i favorevoli sfiorano il 70%. A rischio il lavoro dei frontalieri e le relazioni tra Berna e Bruxelles. L'Ue: "Rammarico". La Lega protesta: "Ci chiudono la porta in faccia"
di Alessandro Madron | 9 febbraio 2014

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/02 ... ssa/875015

In Svizzera passa il referendum contro l’immigrazione di massa. A rischio il lavoro dei frontalieri (anche italiani) e le relazioni tra Berna e Bruxelles. Il testo dell’iniziativa popolare proposta dall’Udc, il partito di ultradestra che da anni si spende in campagne anti-immigrazione e contro i lavoratori frontalieri, prevede infatti la rinegoziazione degli accordi sulla libera circolazione delle persone entro tre anni da oggi. La novità che riguarda più da vicino i 65mila frontalieri italiani che lavorano ogni giorno in Svizzera è quella scritta nel terzo comma del nuovo articolo 121 della Costituzione Federale che prevede l’introduzione di “tetti massimi annuali e contingenti annuali per gli stranieri che esercitano un’attività lucrativa” sul territorio elvetico. Tetti massimi che “devono essere stabiliti in funzione degli interessi globali dell’economia svizzera e nel rispetto del principio di preferenza agli Svizzeri” e, come si legge: “Essi devono comprendere anche i frontalieri”. La Commissione europea “si rammarica” perché “questo va contro il principio della libera circolazione delle persone tra l’Ue e la Svizzera”. Stessa reazione del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble, considerato il più europeista della squadra della cancelliera Angela Merkel: “E’ una decisione – ha detto – che creerà molte difficoltà alla Svizzera in molte aree. Bisogna che i responsabili in Svizzera ne siano ben coscienti”.

I “sì” hanno ottenuto la doppia maggioranza necessaria, incassando sia il favore della maggioranza dei Cantoni, sia la maggioranza dei voti validi. Il risultato è rimasto incerto sino all’ultimo minuto, in un continuo rincorrersi di dati e analisi. Alla fine il conteggio si è fermato sul 50,3 a 49,7, con meno di 20mila voti di scarto.

Il referendum è passato nonostante il parere negativo del Consiglio federale (il governo elvetico) che si era espresso per una bocciatura della proposta, spiegando che “l’immigrazione contribuisce in misura considerevole al benessere della Svizzera” e che “l’introduzione di tetti massimi comporterebbe ingenti oneri burocratici per lo Stato e le imprese: l’iniziativa potrebbe segnare la fine della libera circolazione delle persone e degli altri accordi conclusi con l’Unione europea nel quadro degli accordi bilaterali”. Insomma, sebbene il governo elvetico abbia messo in guardia i cittadini sul pericolo rappresentato da una vittoria dei sì, ha vinto la posizione di chi vuole rendere più difficili gli ingressi e regimentare scrupolosamente anche i permessi di lavoro.

Il no ha prevalso, con quote differenti, in tutti cantoni di lingua francese e nel canton Zurigo, in tutto il resto della Svizzera hanno vinto i sì. La regione dove l’iniziativa ha riscosso maggior successo è proprio il Canton Ticino, quello di lingua italiana, meta quotidiana 59310 lavoratori frontalieri italiani (nel terzo trimestre 2013, secondo dati Ufficio statistico federale) attirati da salari più alti e un mercato toccato in misura minore dalla crisi. Qui, dove i frontalieri italiani sono stati dipinti come dei ratti nelle campagne a sostegno del referendum, i Sì hanno letteralmente sbancato. Si sono fermati poco sotto al 70% (al 68,17%, con uno scarto di oltre 45mila preferenze sui no), un successo determinante anche per la vittoria in campo nazionale. È il segno del peso della campagna denigratoria messa in campo dai sostenitori del referendum, che non si sono fatti scrupolo di fare leva sugli istinti più bassi per portare a casa il risultato.

Gli effetti non saranno immediati, ma entro tre anni il governo federale dovrà rinegoziare gli accordi bilaterali in essere con l’Unione Europea e introdurre il contingentamento dei posti di lavoro per i frontalieri. Attualmente sono 65658 gli italiani che lavorano regolarmente in Svizzera (dati terzo trimestre 2013, fonte Ufficio statistico federale), con un incremento del 4,7% rispetto all’anno scorso. C’è da aspettarsi che in futuro il trend attuale subirà un’inversione di tendenza, portando ad una graduale diminuzione delle presenze straniere nella Confederazione.

A protestare inizialmente era stata la Lega Nord. “Gli svizzeri fanno i loro interessi accogliendo le imprese italiane e i nostri capitali, salvo poi chiudere la porta in faccia ai nostri frontalieri quando la crisi comincia a farsi sentire fra i lavoratori d’oltreconfine – dice il senatore Stefano Candiani – Il problema è che il nostro governo non sa e non vuole fare altrettanto, tutelando veramente le migliaia di lavoratori delle province di confine”. Così il Carroccio giura battaglia: “Il tempo delle buone maniere è finito. Nelle prossime ore metteremo in atto tutte le azioni possibili per tutelare la nostra gente e per mettere Enrico Letta e il ministro Saccomanni con le spalle al muro: Pd, Scelta Civica e Nuovo Centrodestra dovranno assumersi le proprie responsabilità e spiegare cosa intendano fare. Fino ad ora il governo italiano ha pensato solo a come recuperare i soldi illegalmente esportati in Svizzera, ignorando i problemi dei frontalieri e dei ristorni per i comuni di confine, occupandosi solo di fare cassa considerando Varese e Como terra ai margini dell’Impero: temiamo che continuerà su questa strada, se lo farà troverà però nella Lega Nord un fronte compatto e pronto a tutto”. Ma la linea del Carroccio sembra poi virare su un altro atteggiamento. Il segretario federale Matteo Salvini scrive su Twitter: “Bene. Presto un referendum anche in Italia promosso dalla Lega”. Il capogruppo al Senato Massimo Bitonci aggiunge: “Dopo la Svizzera anche l’Italia dovrebbe dare un segnale deciso lasciando che siano i cittadini a decidere e non lanciare iniziative e segnali buonisti, come fa il governo Letta con ministri come Kyenge, con proposte dannose come ius soli e la recente cancellazione del reato di immigrazione clandestina. Qui da noi non c’è più posto e lavoro per immigrati. Quindi prima i nostri milioni di disoccupati, esodati e giovani”.

Cusì se fa, ga da deçidar i çitadini e no łe caste.



Svizzera, bocciato il referendum anti-immigrati
(buxiari el referndo el jera promigrasion e łi xvisari łi ga dito NO ciàro e lanpro!)
Oltre il 74% di no all’introduzione di nuovi limiti ai flussi di stranieri. Respinta anche la proposta di aumentare le riserve in oro della Banca centrale elvetica
http://www.lastampa.it/2014/11/30/ester ... agina.html

Gli Svizzeri hanno oggi espresso un chiarissimo no all’introduzione di nuovi limiti all’immigrazione straniera: chiamati alle urne hanno infatti rifiutato con il 74,1 % di voti contrari il referendum «stop alla sovrappopolazione» promossa da un gruppo «ambientalista» per la salvaguardia delle ricchezze naturali. Ma gli elettori elvetici hanno anche bocciato con oltre il 59% di no un’iniziativa popolare che chiedeva di abolire i forfait fiscali concessi agli stranieri facoltosi. Respinta anche la proposta di aumentare le riserve in oro della Banca centrale elvetica.

I sondaggi prima del voto avevano previsto un rifiuto dei tre testi, ma non avevano del tutto escluso l’eventualità di un «Sì» degli elettori sul tema sensibile dell’immigrazione. L’entità della vittoria dei «No» costituisce quindi una sorpresa. L’iniziativa, battezzata «Ecopop», per di più è stata bocciata da tutti i cantoni, Ticino incluso. Un vero «Ecoflop», hanno ironizzato alcuni osservatori. Osteggiato dal governo, il testo chiedeva di limitare l’immigrazione introducendo un articolo costituzionale in base al quale in «Svizzera la popolazione residente permanente non sarebbe potuto crescere a causa dell’immigrazione di oltre lo 0,2 % annuo nell’arco di tre anni» e questo alfine di preservare in modo duraturo le «basi naturali della vita», come il paesaggio e le risorse.

La Confederazione avrebbe inoltre dovuto investire nella pianificazione familiare volontaria almeno il 10 % delle risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo. Dall’inizio dell’anno, è la seconda volta che gli Svizzeri si pronunciano sul tema dell’immigrazione, ma con esiti opposti. Lo scorso 9 febbraio scorso, il 50,3% dei votanti aveva infatti accettato l’iniziativa della destra conservatrice «Contro l’immigrazione di massa», che prevede l’introduzione di tetti contingenti annuali per tutti gli stranieri, compresi i cittadini dell’Ue.

Sempre oggi gli elettori elvetici hanno respinto con oltre il 61% di No l’iniziativa popolare «Basta ai privilegi fiscali dei milionari». Promossa dal piccolo movimento «La Sinistra», l’iniziativa chiedeva che venisse abolita l’imposizione forfettaria che consente agli stranieri facoltosi che risiedono in Svizzera senza esercitarvi alcuna attività a fini di lucro di pagare le tasse in funzione delle spese e non del reddito. Nel 2012, i ricchi stranieri così tassati erano più di 5.600, per un gettito fiscale totale di 695 milioni di franchi (quasi 580 milioni di euro) ai quali gli Svizzeri non hanno voluto rinunciare. Il 76% vive nei Cantoni di Vaud, Vallese, Ticino e Ginevra.

Ultimo tema in votazione oggi a livello federale, l’iniziativa popolare «Salvate l’oro della Svizzera» chiedeva tra l’altro di aumentare fino ad almeno il 20% la parte di oro degli attivi della Banca nazionale. Senza esitare, l’elettorato l’ha bocciata con un clamoroso 77,3 % di responsi negativi.


Come ke łi ła jira ła fortaja sti buxiari de ła Stanpa, łi xvisàri łi ga votà NO al rialso de i limiti stabiłii col referendo votà mexi prima, i xvisàri no łi xe bauki!
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Re: Xvisara e refuxanti migranti

Messaggioda Berto » mer set 02, 2015 5:16 pm

La Svizzera torna al voto per riaprire le frontiere ai migranti
Dopo il referendum del febbraio 2014 che ha chiuso le frontiere per limitare l'immigrazione di massa, il costituzionalista Andreas Auer con il sostegno economico del miliardario Hansjoerg Wyss hanno raccolto 100mila firme per riproporre il quesito
di FRANCO ZANTONELLI
20 agosto 2015
http://www.repubblica.it/economia/2015/ ... -121286718
LUGANO - Si apre uno spiraglio, in Svizzera, per fare uscire il Paese dall'isolamento, nei confronti dell'Unione Europea, dopo l'approvazione in referendum, il 9 febbraio 2014, dell'iniziativa "contro l'immigrazione di massa", voluta dalla destra e contraria agli accordi sulla libera circolazione delle persone, sottoscritti con Bruxelles. Lo spiraglio è dato dal fatto che, nel dicembre scorso, constatato l'irrigidimento dell'UE e la conseguente inapplicabilità delle norme dell'iniziativa, un gruppo di volonterosi ha iniziato a raccogliere le firme, per riportare gli svizzeri al voto, sotto lo slogan "fuori dal vicolo cieco". "Ne abbiamo raccolte 100 mila", ha esultato, ieri, il costituzionalista di Ginevra, Andreas Auer, annunciando di fatto che la missione è da ritenersi compiuta. Perché si possano esercitare i diritti popolari, in Svizzera, i promotori di una votazione devono, infatti, raccogliere almeno 100 mila firme. "Questo risultato- ha commentato l'avvocato Paolo Bernasconi di Lugano, intervistato dal Corriere del Ticino - dimostra che, sia la popolazione che il mondo economico, stanno lentamente prendendo coscienza di tutti i problemi che il voto del 9 febbraio 2014 ha provocato". Per il momento Berna si trova nella totale impasse, non riuscendo a mettere in pratica i dettami dell'iniziativa "contro l'immigrazione di massa", visto che l'Unione Europea non ha alcuna intenzione di entrare nel merito di un'eventuale trattativa, al riguardo. Tra chi si è impegnato a portare i suoi concittadini "fuori dal vicolo cieco", mettendo sul piatto della bilancia il peso di una forza economica non indifferente, figura il multimiliardario e benefattore, Hansjoerg Wyss, il cui patrimonio supera i 10 miliardi di euro. Molti di coloro che hanno raccolto le adesioni di elettori, per tornare alle urne, hanno infatti ricevuto un contributo da Wyss. Contributo che poteva variare da un compenso orario, come pure da un premio di circa un euro e 30 centesimi, per ogni firma a sostegno della nuova iniziativa. La prospettiva di un secondo voto, che potrebbe intervenire nel 2016, sta intanto infiammando la campagna per le elezioni federali del prossimo autunno. "Ci fanno rivotare? Diremo un no ancora più forte alla libera circolazione", scalda i motori la Lega dei Ticinesi, uno dei partiti più eurofobici del panorama politico svizzero.


Sta volta i xvisari łi votarà ancor de pì par defendarse da ła migrasion selvaja.
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Re: Xvisara e refuxanti migranti

Messaggioda Berto » mer set 02, 2015 5:19 pm

Così la polizia svizzera rispedisce i migranti in Italia: "Qui il clandestino non passa"
La Svizzera se ne infischia del Trattato di Schengen: "Applichiamo la legge doganale". E chi non ha i documenti in regola se ne torna in Italia
Joni Scarpolini - Mer, 26/08/2015

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 63666.html

Chiasso – Ci avevano detto che alle estremità meridionali della Svizzera l’estate quest’anno era particolarmente rovente. Ma una volta arrivati al parcheggio della dogana l’asfalto non sembra ribollire sotto i pneumatici (il termometro segna ventidue gradi) e l’aria che tira non è esattamente da tafferugli come descritto da qualche nostro collega con l’antifurto ipersensibile: le macchine vanno e vengono sotto il valico, alcune sono sottoposte ai rituali controlli per poi essere congedate, tir e furgoni esibiscono le merci a bordo e, soprattutto, non c’è traccia di profughi in coda alle transenne.

Insomma, alla frontiera italo- elvetica di Chiasso è una mattina di fine agosto come tante, sono le dieci e tutto va bene.

Ci rivolgiamo a un poliziotto per raccogliere qualche dato sul flusso migratorio che starebbe mettendo a dura prova le soglie alpine. Lui ha l’ordine di non rilasciare dichiarazioni ma in compenso ci fornisce il numero della sede del Comando della Regione IV per parlare con il portavoce Davide Bassi. Temiamo la solita filiera di chiamate che conducono a un vicolo cieco e invece la segretaria ci passa il signor Bassi. Nemmeno il tempo di presentarci che l’intervista è già stata fissata nel pomeriggio presso la caserma di Paradiso Lugano. Eh, gli svizzeri. Loro sì che sono rapidi e indolori. Ci impieghiamo un po’ a trovare la sede, mimetizzata in un ex stabile di telecomunicazioni che conserva ancora l’insegna Swisscom. Ci accolgono Bassi e Mauro Antonini, comandante del corpo delle guardie di confine. Le autorità svizzere, diversamente dalle nostre, amano chiacchierare con la stampa. Chiedete e vi sarà detto. Non ci faremo pregare: il tema è caldo e non vogliamo si raffreddi.

Abbiamo visto che a Chiasso tutto fila liscio. Ma non eravate sotto assedio anche voi?

"Sotto assedio direi proprio di no, ma c’è stato un considerevole aumento di migranti nel maggio scorso quando, in un solo weekend, abbiamo registrato il picco di 300 soggiorni illegali. Poi la pressione è un po’ diminuita, ora siamo dai 400 ai 450 casi a settimana. Alla frontiera di Chiasso, così come nelle altre dogane, non viviamo grossi problemi. Da noi il flusso migratorio è relativamente contenuto. Gestiamo queste situazioni in autonomia o con l’ausilio delle autorità italiane."

Qualcuno sostiene che ci rimandate indietro i clandestini.

"Qui il discorso è a monte. Nel 2001 le autorità italiane e svizzere si ritrovarono per definire i dettagli della cosiddetta riammissione semplificata: quando fermo qualcuno, lo posso riconsegnare immediatamente alle autorità confinanti. A breve, data la fase di pressione, ci incontreremo a Roma per rivisitare questi dettagli in vigore dal 2005. La situazione è molto cambiata rispetto a dieci anni fa."

Comunque in Svizzera ne entrano pochi. Sicuramente meno che in Italia.

"Le condizioni che poniamo per poter entrare sul nostro territorio sono semplici: documenti in regola, nessun precedente penale, visti validi e una quantità sufficiente di denaro per garantirsi il sostentamento per il periodo in cui si vuole soggiornare. Inoltre è preferibile che l’immigrato abbia un referente in Svizzera. Il 90% dei migranti si vede accolta la domanda d’asilo, il restante non ha le condizioni per soggiornare in Svizzera e viene respinto."

E chi resta, perché resta?

"Da noi il migrante è codificato fin dall’inizio: noi guardie di confine, che sottostiamo al Dipartimento Federale delle Finanze, lo controlliamo e lo consegniamo alla Segreteria di Stato della Migrazione, che sottostà al Dipartimento Federale di Giustizia e Polizia e che registra la sua domanda d’asilo sottoponendolo a una serie di audizioni.

Se non ha i requisiti, deve lasciare il Paese attraverso la riammissione ordinaria. Se ce li ha, viene mandato in un cantone svizzero che gli troverà vitto e alloggio in appartamenti adibiti o in centri di accoglienza. I profughi vengono diluiti e non si avverte loro presenza nelle città, perché sono strategicamente collocati nei Comuni in cui la gente è già stata avvisata, informata e ha potuto votare l’accoglimento degli stessi. Non si vedono mai asilanti chiedere la carità per strada o cercare il cibo nella spazzatura perché noi garantiamo loro colazione, pranzo, cena, vestiti e un posto dove dormire. Nell’ambito della coordinazione migratoria la Svizzera è molto organizzata e anche molto aperta. Siamo gli unici nel mondo ad aver vinto due Premi Nobel per la Pace, nel 1957 e nel 1982, per la gestione degli esiliati che chiedono asilo politico. Da noi non si assistono a scene come a Ventimiglia, non siamo in quelle condizioni."

La Svizzera fa parte e non fa parte di Schengen.

"Noi facciamo parte di Schengen ma siamo presenti al confine per l’applicazione della legge doganale, quindi ammettiamo la libera circolazione delle persone ma non delle merci. Le guardie di confine sono fisicamente sul posto per fare filtro, cosa che non avviene negli Stati Schengen dove tutti passano indisturbati."

Le frontiere costano ma sono anche fonte di guadagno.

"Sì, la non adesione alla libera circolazione delle merci ci consente di incassare dazi, tributi e l’Iva all’8%. L’attività svolta dall’amministrazione federale delle dogane porta nelle casse della Confederazione un terzo del prodotto interno lordo, circa 23 miliardi l’anno."

Per questo non sarebbe una buona mossa chiudere le frontiere, seppur per far fronte all’emergenza profughi?

"C’è stata un’interpellanza che suggeriva la chiusura di alcune strade dove c’è poco traffico che però verrebbe deviato su altre strade, quindi si sarebbe trattato di una chiusura effimera. Comunque è ancora tutto da decidere. In realtà la 'chiusura' è già in atto: abbiamo schierato diverse decine di agenti alla frontiera della stazione ferroviaria di Chiasso e altrettante decine sulle strade internazionali italo-svizzere e lungo le frontiere verdi. Cifre alla mano, possiamo dire che il 97% dell’intera illegalità viene fermata al confine, il 3% non sappiamo bene se arriva da Nord, da qualche bosco o riesce a infilarsi nei bagagliai delle macchine. Chiudere le dogane come si chiude una finestra è invece improponibile: passano 90mila veicoli al giorno tra Italia e Svizzera, un veicolo al secondo. Ma la vera battaglia è su un altro fronte."

Quale?

"La lotta contro i passatori. E lì che si gioca la partita. A settembre 2014 abbiamo istituito una task force di repressione contro i passatori in cui sono coinvolti i rappresentati della polizia cantonale, delle guardie di confine e della polizia federale, ma anche della polizia tedesca e le autorità italiane che si occupano di immigrazione. Poter contare su un referente italiano ci permette di disporre di un’ulteriore forza inquirente operativa che studia il fenomeno già nel vostro Paese e organizza l’intervento tempestivo e repressivo contro i passatori ancor prima che giungano ai confini svizzeri."

In maggioranza da dove provengono?

"Sono di nazionalità diverse e vanno a colpire soprattutto i loro connazionali, cittadini residenti per esempio in Germania ma di etnia eritrea, siriana o afghana: se c’è intesa linguistica è più facile pattuire quelli che sono gli accordi di transito e di trasferta. E poi c’è un rapporto di fiducia: io afghano mi fido del mio compatriota che è in Germania da 'x' anni, non mi fiderò mai del kosovaro con il quale non riesco a interagire. Questa è l’attività del singolo passatore, poi esistono grosse reti criminali che manovrano i flussi migratori, dietro cui c’è un grandissimo business nell’ambito della falsificazione dei documenti. I passatori lucrano anche sfruttando si migranti per spaccio e furti. L’anno scorso abbiamo sganciato diverse operazioni: nei primi sei mesi del 2014 abbiamo fermato 94 passatori, nel primo semestre di quest’anno 46, quindi abbiamo dimezzato la cifra."

Qual è il trend utilizzato per cercare di entrare illegalmente nel territorio svizzero?

"Il viaggio più a buon mercato per venire qui è in treno. Salgo a Como o a Milano con il primo treno per Chiasso senza nemmeno pagare l’intermediazione del passatore. Il secondo step è il bus di linea, che prevede la fermata di Como ed entra a Chiasso. Poi bisogna avere un documento e qui ci pensano i falsari, a caro prezzo. Il passatore che ti porta in macchina e che quindi ti garantisce maggiori probabilità di entrare pretende prezzi esorbitanti, che arrivano fino a migliaia di euro. C’è tutto un mercato oscuro, in base alla domanda si sviluppa un’offerta. A giugno abbiamo controllato 1.200 persone, a luglio 1.600. Siamo già a quota 6.000/7.000 persone durante le nostre ispezioni dall’inizio del 2015, però mai una volta abbiamo dovuto usare manette, spray antiaggressione o manganello. Questo significa che la nostra è sia una lotta alla criminalità ma anche una missione umanitaria: chi davvero fugge dalla guerra, da noi sarà accolto senza problemi ma verrà sottoposto a tutti i controlli. Identifichiamo e arrestiamo sette persone in media al giorno: questa è la cifra che deve far pensare all’alto livello di sicurezza in Svizzera."

Come vedete lo scenario italiano?

"A nostro parere l’Italia, di fronte a un’emergenza così ampia, è veramente abbandonata a se stessa. L’Unione Europea dovrebbe essere unita nel bene o nel male: nel bene sono tutti d’accordo, ma quando c’è un problema che riguarda un Paese membro ho l’impressione che alcuni Stati preferiscano defilarsi dal gioco. Sappiamo che i volontari italiani sono generosissimi, che si adoperano, ma non basta. Serve un apparato statale che abbia un concetto disciplinato della gestione migratoria per evitare che la situazione degeneri e diventi caotica. In Svizzera l’accoglienza va di pari passo con il rigore. Altrimenti non si va da nessuna parte."


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Re: Xvisara e refuxanti migranti

Messaggioda Berto » mer set 02, 2015 5:23 pm

Altro che i caporali italiani!

Svizzera, migranti assunti come agricoltori a 3mila euro al mese
Dieci aziende agricole di tutta la Svizzera sono state selezionate per questo test pilota per favorire l'integrazione, a cui hanno già aderito molti rifugiati. Nel progetto, che consente così agli imprenditori locali di non ricorrere a manodopera da altri Paesi, è incluso anche l'apprendimento delle lingue
di Francesco De Palo | 29 maggio 2015

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/05 ... e/1724574/

L’integrazione? Passa anche (e soprattutto) da un lavoro ben retribuito. O almeno la pensano così in Svizzera, dove un progetto pilota punta ad assumere i rifugiati proponendo uno stipendio fino a tremila euro al mese. L’obiettivo è duplice: attirare forza lavoro per le aziende agricole locali alla disperata ricerca di manodopera e agevolare il processo di integrazione. In particolare l’Unione Svizzera dei Contadini e la Segreteria di Stato per l’Immigrazione (SEM) sosterranno l’impiego dei rifugiati per i prossimi tre anni anche con l’apprendimento delle lingue. Dieci aziende agricole di tutta la Svizzera sono state selezionate per questo test pilota e già molti sono i rifugiati che hanno accettato.

Lo stipendio dell’agricoltore neo assunto sarà per il primo mese di duemila euro e il secondo mese potrà raggiungere anche i tremila. Inoltre nell’Unione svizzera dei contadini è stata avviata una campagna per favorire l’immigrazione che intende integrare professionalmente i lavoratori agricoli anche grazie a prestazioni parallele, come l’apprendimento delle lingue. In questo modo, è l’obiettivo dell’Unione elvetica, i rifugiati reclutati avranno la possibilità in breve tempo di diventare economicamente indipendenti e quindi integrarsi armoniosamente nella comunità locale.
Attualmente solo un terzo di tutti i profughi presenti in territorio svizzero sono in grado di unirsi alla forza lavoro nei primi anni. Gli imprenditori agricoli potranno così beneficiare di questo programma e non dovranno cercare i lavoratori stagionali al di fuori dei confini del paese. Secondo l’Unione degli Agricoltori il settore agricolo occupa circa 25-35mila lavoratori stranieri stagionali per lo più di polacchi o portoghesi.

Un Paese controverso la Svizzera però, dove dare del “maiale straniero” ad un immigrato non è considerato forma di razzismo. Pochi mesi fa infatti il Tribunale federale svizzero aveva assolto un poliziotto che si era rivolto così ad un algerino sospettato di furto. Allo stesso tempo erano stati alcuni italiani a denunciare contro i “frontalieri bianchi rossi e verdi” una forma di razzismo professionale da parte degli svizzeri, per via di accuse rivolte loro praticamente su tutto, dal traffico ai treni affollati, avallando una sorta di impedimento a fare carriera.

E come dimenticare lo show anti italiani del sindaco di Berna, Alexander Tschäppät, che su un palco in occasione di una manifestazione cittadina, due anni fa iniziò a sciorinare un repertorio interamente dedicato ai cittadini dello stivale. Perché gli italiani sono così bassi? “La mamma dice loro di non crescere. Se diventi alto, devi andare a lavorare“, disse. E ancora, in perfetto stile Salvini: “Una napoletano che lavora? E che addirittura svolge più mansioni? Impossibile”. Il tutto senza contare che la Confederazione Elvetica è lo Stato europeo con la più alta percentuale di immigrati, ben il 24%, mentre gli italiani ammontano al 15% dei residenti.
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Re: Xvisara e refuxanti migranti

Messaggioda Berto » mer set 02, 2015 5:54 pm

I CAMPI DI ACCOGLIENZA DEI RIFUGIATI CIVILI E POLITICI IN SVIZZERA

Antonio A. PIGA
http://www.lanternafil.it/Articolo%20Pi ... izzera.htm
Su questo argomento e sulla storia postale che lo riguarda, poco è stato detto; con queste note spero di portare un ulteriore contributo alla sua conoscenza.
L’occasione mi viene fornita dall’acquisizione dell’intero carteggio di un rifugiato politico italiano, l’Avv. Gerolamo Isetta, noto esponente del socialismo savonese e amico fraterno di Sandro Pertini, che in quei campi ha trascorso oltre un anno della sua vita.
Prima però ritengo sia opportuno esporre, sia pure in modo succinto, una breve storia del ruolo che ebbe la Svizzera nei confronti dei rifugiati.
Per fare ciò mi avvarrò del Rapporto finale della Commissione indipendente d’esperti svizzera II Guerra mondiale del 1999, meglio conosciuto come Rapporto BERGIER.

CENNI STORICI

La Svizzera ha una antica tradizione d’asilo, anche se accompagnata da restrizioni; si operava comunque un distinguo tra profughi desiderabili e indesiderabili. Su questi ultimi si premeva perché cercassero un esilio definitivo altrove.
Nel corso degli anni Trenta, col crescere delle tensioni internazionali che la Società delle Nazioni risultava incapace a risolvere, essa si ritirò progressivamente dai suoi impegni internazionali sino a che, nel 1938, decise di tornare alla neutralità integrale.

Nella primavera del 1933 le autorità federali dettarono le norme, valide fino al 1944, sulla distinzione tra i profughi politici e gli altri. (Fig. 1 – paragrafo 4)

Tra i primi figurava chi correva un pericolo a causa della propria attività politica, facendo però delle distinzioni: i comunisti erano indesiderati; e, secondo le istruzioni del Dipartimento Federale di Giustizia e Polizia, si dovevano accogliere solamente “alti funzionari statali, dirigenti di partiti di sinistra e scrittori noti”.
Sulla base di questa rigida interpretazione, negli anni 1933-45, la Confederazione concesse asilo politico solamente a 644 persone.
Tutti gli altri profughi erano considerati, sotto il profilo giuridico, semplicemente degli stranieri; essi sottostavano alle autorità di polizia dei singoli cantoni, da cui dipendeva la concessione dei permessi, che potevano essere limitati a pochi mesi, oppure permessi di dimora e domicilio.
Con lo scoppio, nel 1939, della seconda guerra mondiale, la politica di asilo elvetica mutò radicalmente.
Il 17 ottobre 1939 il Consiglio Federale emanò un decreto che imponeva ai rifugiati il divieto di lavorare, svolgere attività politica e comportarsi in modo contrario alla neutralità elvetica, pena l’espulsione.
A partire dal 1940 venne deciso il loro internamento in campi di lavoro amministrati da personale civile proveniente dalle varie Associazioni umanitarie che si occupavano dell’assistenza ai profughi ed ai rifugiati.
A partire dalla primavera del 1942, aumentando notevolmente il flusso di profughi che cercavano rifugio in Svizzera, la gestione dei campi di accoglienza passò sotto il controllo dell’esercito.
Da un lato l’istituzione dei campi di lavoro consentiva di impiegare i profughi in lavori utili alla collettività, dall’altro serviva come mezzo per tenere sotto controllo una notevole massa di persone che altrimenti sarebbero state difficilmente gestibili.
Nel 1947 le autorità federali affermarono che durante la guerra la Svizzera aveva accolto complessivamente 300.000 fra profughi e rifugiati.
Bisogna ancora dire che, a partire dall’estate del 1942, i rifugiati, fossero essi civili o politici, una volta accolti dovevano consegnare ogni avere in loro possesso, fosse esso costituito da denaro liquido o da oggetti preziosi. (Fig. 8)
Questa imposizione era priva di una base legale formale; solo nel 1943 il Consiglio federale decise che gli averi sottratti ai rifugiati dovevano essere presi in carico e amministrati dalla Banca Popolare Svizzera.
A tale decisione contribuirono considerazioni organizzative e giuridiche, e anche i notevoli problemi che erano sorti nei campi di smistamento con la custodia di tali averi da parte dell’esercito.
Da questi depositi il rifugiato non percepiva alcun interesse; inoltre venivano detratte le spese di mantenimento ed era nei poteri della Divisione di Polizia vendere, in caso di bisogno, i beni requisiti, senza chiedere l’autorizzazione dei singoli proprietari.
La Divisione di Polizia decideva addirittura sulla legittimità, per i proprietari, di usare quei soldi per l’acquisto di oggetti di uso quotidiano, come scarpe, vestiario, medicine ecc..
Nella domanda per poter effettuare un prelievo bisognava infatti specificare per cosa i soldi venivano usati e doveva essere indirizzata al competente Comando di Polizia che aveva potere di concedere o meno l’autorizzazione.
Al mantenimento dei rifugiati che non possedevano averi propri provvedevano le varie Associazioni umanitarie.
Le principali Associazioni, assieme ad alcune altre minori, erano: Unione svizzera dei comitati ebraici d’assistenza ai rifugiati (VSJF), Comitato svizzero di soccorso per i rifugiati evangelici, Opera unitaria cattolica Caritas, Comitato svizzero di soccorso operaio (CSSO) – Questa associazione, emanazione del partito socialista svizzero, venne fondata dall’Onorevole Canevascini, Consigliere di Stato del Ticino.
Alla fine della guerra, la Banca Popolare Svizzera, che aveva potuto amministrare circa 7.000 conti correnti e 2.700 depositi, dichiarò una perdita complessiva di 50.000 franchi.

...

CAMPI DI RACCOLTA – QUARANTENA – SMISTAMENTO - DI LAVORO

Una volta accolti, i rifugiati venivano ospitati dapprima presso campi di raccolta situati generalmente nei pressi del confine.
Successivamente venivano inviati nei campi di quarantena, dove soggiornavano per un periodo di circa tre settimane prima di essere destinati ai campi di smistamento.
Questi campi erano sotto il controllo dei militari; solo successivamente, quando venivano destinati ai campi di lavoro o ai Centri gestiti dalle Associazioni umanitarie, venivano consegnati all’Amministrazione Civile.
Nei campi di raccolta, quarantena e smistamento le condizioni di vita erano precarie e spesso non rispondevano nemmeno agli standard minimi: locali privi di riscaldamento, installazioni sanitarie insufficienti, cibo scarso.
Inoltre gli internati erano sottoposti ad una disciplina ferrea: non era permesso scrivere in ebraico o spedire lettere all’estero, ma la cosa più pesante da sopportare per le famiglie era lo smembramento del nucleo famigliare.

Uomini e donne erano inviati in campi separati e i bambini dati in affidamento.

La decisione di dare in affidamento i bambini a famiglie “normali” era ritenuta, dalle Autorità, più proficua per lo sviluppo dei bambini stessi, che non la vita con la madre nei centri per rifugiati.
Le seguenti cifre riferite alla primavera 1944 danno un’idea del fenomeno rifugiati civili: 9.300 dei circa 25.000 profughi civili vivevano in campi e centri collettivi – 3.000 aspettavano nei campi di smistamento – 5.300 abitavano presso parenti e in pensioni – 1.600 uomini e donne lavoravano in agricoltura o presso famiglie – 2.500 bambini risultavano ospiti di famiglie affidatarie.
I rifugiati politici seguivano lo stesso iter burocratico dei rifugiati civili; essi tendevano però a formare una casta separata, alimentando fra di loro, sia col dialogo diretto sia attraverso la corrispondenza, l’ideologia per cui avevano combattuto e subito l’esilio.
Anche per un rifugiato politico esisteva la possibilità di vivere fuori dai campi e dai centri in un regime di semi libertà. Ciò poteva avvenire solo dopo un certo periodo di tempo passato nei campi e a seguito di un lungo iter burocratico che prevedeva oltre alle garanzie economiche anche l’interessamento di un cittadino svizzero che si facesse garante per lui; inoltre la comunità presso cui intendeva risiedere doveva dare parere favorevole così come era necessario il parere favorevole del Cantone in cui era la località della futura residenza.
Ottenuta questa possibilità, il rifugiato era libero di muoversi nell’ambito territoriale su cui aveva giurisdizione la Polizia locale; per qualsiasi spostamento al di fuori di quel territorio anche per un solo giorno occorreva l’autorizzazione, pena la perdita del diritto così faticosamente ottenuto.
Dall’esame della copiosa corrispondenza contenuta nel carteggio dell’Avv. Gerolamo Isetta, che mi ha dato lo spunto per la stesura di queste note, ho potuto individuare 28 campi di vario utilizzo in cui hanno soggiornato rifugiati politici italiani; presumibilmente ne esiteranno altri di cui però non ho conoscenza.
A parte ne presento un elenco.
Sono in grado di documentare l’esistenza di 22 campi attraverso una documentazione postale.
In alcuni campi la censura postale è documentata da bolli di censura apposti sulla corrispondenza; (Fig. 4 e Fig. 5) è presumibile che anche nei campi dove la censura non era evidenziata con un bollo essa esistesse comunque.


SUSSIDI e AIUTI

Una attenta lettura del documento in Fig. 1 ci dice che i rifugiati politici ricevevano dalle Associazioni umanitarie (in questo caso si tratta di una associazione di espressione socialista) un sussidio mensile che cessava nel momento in cui venivano avviati ai campi di lavoro.
Questo sussidio era di 15 Franchi al mese, come si deduce dal documento riprodotto in Figura 3.
Ci dice inoltre che ogni rifugiato politico, per poter accedere a questo sussidio, doveva compilare una scheda di cui presento un prototipo alla Fig. 2
Si intuisce anche quanto queste Associazioni fossero di aiuto per i rifugiati nell’instradare e sostenere le varie pratiche che dovevano presentare onde ottenere condizioni di vita più confacenti alle loro esigenze.
...
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Re: Xvisara e refuxanti migranti

Messaggioda Berto » mer set 02, 2015 6:04 pm

Dopo mesi di rinvii, un progetto per ospitare richiedenti l’asilo presso famiglie svizzere è finalmente decollato. Circa 300 famiglie si sono offerte volontarie per partecipare a questa iniziativa. swissinfo.ch ha reso visita alla prima che ha aperto le porte della sua casa.
27 maggio 2015
http://www.swissinfo.ch/ita/carenza-di- ... o/41442346

Immagine

Sto ki lè volontariato, lebertà sensa enpoxision, sensa costrision, cusì ga da esar!
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Re: Xvisara e refuxanti migranti

Messaggioda Berto » mer set 02, 2015 6:47 pm

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Re: Xvisara e refuxanti migranti

Messaggioda Berto » gio set 03, 2015 11:34 am

Addio Svizzera bella, non è più tempo d' asilo - Dagli anarchici agli ebrei: la storica tolleranza elvetica è in discussione
Prosperi Adriano
Pagina 37 (11 aprile 2003)
http://archiviostorico.corriere.it/2003 ... 1089.shtml

Gli studenti dell' università di Pisa, anarchici immaginari, hanno continuato a lungo a cantare nelle osterie «Addio Lugano bella». Sentimentale e ingenua come altre eredità canore di quella stagione politica, la composizione dell' anarchico livornese Pietro Gori raccontava una storia d' amor tradito, quello tra la bella Lugano e gli anarchici, i cavalieri erranti dell' ideale, espulsi dalla «repubblica borghese» dopo i clamorosi attentati che costarono la vita tra gli altri al presidente della Repubblica francese Sadi Carnot, pugnalato a morte da Sante Caserio nel 1894. Maurizio Binaghi ha trovato in quella canzone il titolo che meglio poteva evocare la lunga storia dell' esilio politico nella Svizzera italiana. Ma non è un clima da osteria quello in cui ci immerge questo libro che elabora una robusta documentazione e ricostruisce conflitti ideali e politici senza preoccuparsi di obbedire alle ricette della narratività leggera. La promessa del titolo è mantenuta con generosa larghezza. E' una vasta storia europea concentrata su di un pugno di vite e su grandi contrasti di idee e di forze politiche. Vi si raccontano le vicende esaltate e tragiche di uomini esuli, ricercati e spiati da tutte le polizie d' Europa, che trovarono terra d' asilo in Svizzera, nel cantone Ticino. Si va da Mazzini, Garibaldi, Herzen e Bakunin a Cafiero, Malatesta, Andrea Costa e Anna Kuliscioff. La svolta del 1871 con la Comune di Parigi segna il passaggio dagli intellettuali repubblicani agli operai e artigiani socialisti. Importanti storici, da Manacorda a Hobsbawm a Zangheri, hanno studiato casi di uomini, idee e formazioni politiche nel contesto delle origini del socialismo, cioè della forza politica che si affermò contrastando le tendenze anarchiche. Il fascino speciale di quelle vicende fu intuito da quel grande scrittore di storia che fu Riccardo Bacchelli. E tuttavia non è la materia delle avventure di quegli uomini a rendere attuale il lavoro di Binaghi. Qui le cospirazioni mazziniane e le plebi disperate dell' Italia povera e ribelle sono lo sfondo di quel che avvenne nello spazio geografico, politico e civile del Cantone Ticino. Così la storia acquista un grande respiro europeo. In quel fazzoletto di terra si radunarono allora le presenze più diverse. Là Mazzini trovò l' ospitale accoglienza di villa Nathan e i segni di simpatia degli ambienti repubblicani ticinesi. Là giunse l' esule russo Michail Bakunin portando con sé il fuoco dell' ubriacante atmosfera rivoluzionaria del ' 48 quando (egli scrisse) sembrava che «l' universo intero si fosse capovolto». Alla questione politica della causa repubblicana, che animò il fallito tentativo della "banda Nathan" nel 1870 di suscitare in Italia una rivolta armata, tenne dietro la questione sociale. Il problema dei proletari e degli sfruttati giunse ai ticinesi attraverso la propaganda degli esuli ma anche attraverso gli operai che lavoravano al traforo del San Gottardo. L' afflusso di quella manodopera povera e mal pagata ebbe effetti che gli italiani di oggi, ricchi come gli svizzeri di allora e non altrettanto tolleranti, ben conoscono: come scrisse il medico del cantiere di Airolo, gli immigrati pagavano a caro prezzo gli affitti di «stalle ove grugniva il verro» ed erano guardati con odio e paura, tanto che «l' essere italiani era un' infamia». Questione politica e questione sociale agitarono le discussioni e la vita della Confederazione svizzera. Gli esuli cercavano rifugio e libertà. Vi trovarono anche consensi e partecipazione attiva ai loro problemi. Ma la Svizzera fu costretta a meditare sulla propria identità: tradizionale terra di libertà, doveva ora fare i conti con quel diritto d' asilo che aprendo le porte a pericolosi agitatori entrava in contrasto con l' altro polo dell' identità elvetica, quello della neutralità. Per di più la crescente necessità di controllo poliziesco metteva in crisi un altro caposaldo civile, quello del rispetto delle libertà individuali. L' esito della storia fu l' espulsione degli anarchici nel 1895. Lo resero inevitabile le pressioni esterne degli altri Stati europei. Ma il dibattito appassionato che si sviluppò all' interno della Svizzera merita di essere meditato oggi, quando l' unico asilo elvetico di cui si parla è quello bancario. Le brecce aperte ai nostri dì nei valori della tolleranza e della pace e nel rispetto dei diritti dell' individuo dalla paura del terrorismo e dalla chiusura verso i "dannati della terra" rendono attuale la lezione dell' esperienza di allora. Il diritto d' asilo fu salvaguardato ma attentamente delimitato. Concessione da valutare di volta in volta, non diritto che i perseguitati potessero rivendicare, divenne necessariamente cosa diversa dall' antica tradizione di ospitalità di cui avevano fatto esperienza gli esuli delle lotte religiose del ' 500 quando i valichi alpini erano l' unica via di fuga dal pericolo dei roghi. Quanto dolorose fossero le ferite inflitte alla tradizione lo scoprirono negli anni Quaranta del ' 900 gli ebrei in fuga davanti alle retate naziste, quando dovettero attendere col cuore in gola il permesso di entrare. Di recente lo storico Corrado Vivanti ha rievocato in modo semplice e toccante le emozioni di un attraversamento clandestino della frontiera italiana verso Poschiavo : un viaggio notturno nella paura e nel freddo, l' attesa piena di tensione e infine l' euforia, il tonico meraviglioso della notizia che quella famiglia ebraica in arrivo per vie illegali dall' Italia non sarebbe stata respinta. Purtroppo non tutti furono così fortunati. Adriano Prosperi Il libro di Maurizio Binaghi, «Addio, Lugano bella - Gli esuli politici nella Svizzera italiana di fine Ottocento», prefazione di Nicola Tranfaglia, editore Dadò, pagine 679, franchi svizzeri 49 La canzone La canzone «Addio Lugano bella», scritta dall' avvocato Pietro Gori, doveva «risvegliare la coscienza di classe». I primi versi: «Addio, Lugano bella, / o dolce terra pia, / scacciati senza colpa / gli anarchici van via / e partono cantando / con la speranza in cor».

https://it.wikipedia.org/wiki/Addio_a_Lugano

Addio Lugano bella G Gaber, E Jannacci, L Toffolo, O Profazio, S Pisu
https://www.youtube.com/watch?v=k84G4ODpBsE
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Re: Xvisara e refuxanti migranti

Messaggioda Berto » mar set 22, 2015 9:08 pm

Migranti, Svizzera pronta a schierare esercito: ‘800 soldati sul confine’
22 settembre 2015
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/09 ... ne/2058047

Se la situazione dovesse aggravarsi la Svizzera è pronta a schierare l’esercito, inviando 800 uomini sui propri confini, per dar man forte a guardie di confine e polizia. A parlarne per primo è stato il ministro della Difesa Ueli Maurer, le sue parole sono poi state ribadite dal capo dell’esercito elvetico Andrè Blattmann, lunedì sera, nel corso di una visita in Canton Ticino. Il militare ha dichiarato alla RSI, che “in caso di emergenza rifugiati possiamo inviare 800 militi ai confini per dare manforte a guardie di confine e polizia nella gestione del flusso”.

Blattmann ha spiegato che la cifra di 800 uomini è stata decisa dal ministro in accordo con i vertici militari: “Proprio in questi giorni stiamo svolgendo, insieme alle guardie di confine e ad altre forze civili, un’esercitazione nella regione di Basilea – ha dichiarato ai cronisti presenti -. Non sappiamo però ancora né quando, né dove esattamente, né quanti militi saranno eventualmente inviati ai confini. Non abbiamo ancora ricevuto indicazioni da parte dei cantoni e delle guardie di confine”.

Il capo dell’esercito rossocoriciato ha spiegato che l’attività dei militari sarà unicamente quella di supportare i controlli normalmente operati dalle autorità civili.

La Svizzera accoglierà fino a 1.500 richiedenti asilo registrati in Italia e Grecia in base al programma preparato a luglio dall’Unione europea per la distribuzione di 40mila migranti, a patto che la Convenzione di Dublino resti intatta. Lo ha riferito il governo elvetico.
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