Irlandexi

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Messaggioda Berto » mar gen 14, 2014 5:50 pm

Ricordo di Bobby Sands, un martire per l’indipendenza

http://www.lindipendenza.com/bobby-sand ... dipendenza

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ProLombardia Indipendenza, che ha l’obiettivo di raggiungere la completa indipendenza della propria terra dallo stato italiano, simpatizza naturalmente con tutti i popoli oppressi da una dominazione straniera, e, con lo scopo di solidarizzare con il popolo irlandese, oggi 5 maggio ha scelto di ricordare Bobby Sands, patriota irlandese, nel giorno dell’anniversario della sua morte.

L’eroismo della sua figura è riconosciuto in modo trasversale da tutti coloro che condividono le aspirazioni all’autodeterminazione dei popoli e al rispetto dei diritti inviolabili della persona umana e fu proprio per affermare questi principi che il primo marzo del 1981 Bobby Sands, detenuto nei famigerati blocchi H del campo di concentramento inglese di Long Kesh, nei pressi di Belfast, iniziò uno sciopero della fame che dopo 66 giorni lo portò, a soli 27 anni, alla morte.

Bobby Sands, nato nel 1954 in una famiglia cattolica in un sobborgo di Belfast, era un ragazzo irlandese come tanti, gli piaceva giocare a calcio e andare a pesca, ma ben presto dovette rendersi conto che la sua non poteva essere una vita normale: sin dall’inizio, la sua famiglia fu costretta a trasferirsi più volte a causa delle minacce dei protestanti che costituivano la maggioranza del quartiere e nel 1972 dovette lasciare il suo lavoro di apprendista carrozziere a causa delle continue intimidazioni dei colleghi protestanti. La sua colpa più grande era quella di essere nato irlandese in un lembo di terra d’Irlanda (l’Irlanda del Nord) rimasta sotto l’occupazione militare inglese dopo la divisione forzata del paese nel 1922.

Quando Bobby aveva solo diciotto anni, il 30 gennaio 1972 le forze di occupazione inglesi furono responsabili della strage divenuta famosa come “Bloody Sunday” (“Domenica di sangue”) : i movimenti per i diritti civili, che erano nati alla fine degli anni sessanta per reclamare la fine di un sistema politico e sociale discriminatorio dei confronti degli Irlandesi, manifestavano pacificamente per le vie della cittadina di Derry, armati di “pericolosissimi” fazzoletti bianchi, quando all’improvviso i paramilitari inglesi di “Sua Maestà la Regina” iniziarono a sparare sul corteo; quattordici (di cui otto tra i 17 e 20 anni) furono gli inermi manifestanti a cadere ammazzati.

La carneficina della “Domenica di sangue”, le azioni violente dei gruppi paramilitari lealisti inglesi assecondati da polizia e esercito, la discriminazione politica (un particolare sistema elettorale, il “Gerrymandering”, sovrarappresentava la comunità protestante e sottorappresentava quella cattolica) , la discriminazione sociale (i protestanti venivano privilegiati nell’assegnazione degli alloggi pubblici e nell’assunzione negli uffici pubblici) , la legislazione d’emergenza in vigore dal 1922 (anno in cui l’Inghilterra impose la divisione arbitraria dell’Irlanda tra stato libero e le sei contee dell’Ulster sotto dominazione inglese) , l’internamento di migliaia di cattolici che dall’inizio degli anni settanta venivano incarcerati senza accuse né processi, furono tutti elementi che spinsero moltissimi giovani, tra cui Bobby Sands, ad aderire all’I.R.A. (l’esercito repubblicano irlandese) , che ai loro occhi rimaneva l’unico difensore della popolazione cattolica.

Nel 1977 Bobby fu arrestato poiché nei pressi di uno scontro a fuoco fu ritrovata una pistola nella macchina in cui si trovava insieme ad altri compagni di militanza, e , in base alla legislazione d’emergenza, il solo possesso di un’arma costituiva prova di colpevolezza. Ai duri interrogatori Bobby non rispose e non rispose neppure durante il processo non riconoscendo la legittimità della corte inglese a giudicarlo.

Fu condannato a scontare quattordici anni di reclusione per possesso di arma da fuoco e fu internato nel carcere di Long Kesh dove i prigionieri politici come lui venivano sottoposti a qualsiasi tipo di umiliazione, sevizia e tortura (umiliazioni verbali, continui pestaggi, perquisizioni corporali) : i combattenti nazionalisti irlandesi iniziarono così una serie di forme di protesta per ottenere il riconoscimento dello status di prigioniero politico (status già riconosciuto in passato ma poi revocato dalle autorità inglesi) , che avrebbe garantito loro il diritto di indossare i propri abiti e non quelli dei detenuti comuni, essere esentati dai lavori del carcere, godere della libertà di associarsi con gli altri detenuti politici durante le ore di svago, avere la stessa riduzione di pena prevista per i detenuti normali e di ricevere una persona e una lettera a settimana.

La protesta degli “hunger strikes” conquistò da subito la comunità cattolica irlandese ma ottenne anche un vasto sostegno internazionale soprattutto dopo che Bobby Sands il 9 aprile 1981, candidato da incarcerato, vinse clamorosamente le elezioni suppletive per un seggio rimasto vacante, divenendo così membro del parlamento britannico. Purtroppo l’allora governo conservatore inglese guidato dalla fredda Margaret Thatcher si dichiarò sempre indisponibile ad acconsentire alle richieste dei nazionalisti irlandesi e dopo Bobby Sands, che morì stringendo tra le mani una croce d’oro donatagli da Papa Giovanni Paolo II, altri nove patrioti perirono portando a compimento il loro estremo sacrificio ((Francis Hughes, Raymond McCreesh, Patsy O’Hara, Joe McDonnell, Martin Hurson, Kevin Lynch, Kieran Doherty, Thomas McElwee e Michael Devine) . Da segnalare che dopo la sospensione dello sciopero della fame e dopo la morte di dieci uomini, nell’ottobre del 1981 il governo della Lady di ferro, che aveva sempre cinicamente rifiutato qualsiasi dialogo con i nazionalisti irlandesi prigionieri, con una tempistica agghiacciante, acconsentì a quasi tutte le richieste dei prigionieri politici.

Centomila persone parteciparono ai funerali di Bobby Sands, ancora una volta a testimoniare la partecipazione sofferta di tutta la comunità irlandese alla causa degli hunger strikes e per un’Irlanda indipendente.

Il testamento umano e politico di Bobby Sands è contenuto nel suo famoso diario che fu scritto su pezzi di carta igienica, fatti uscire clandestinamente dal carcere: la sua testimonianza è impressionante e commuovente, e niente di meglio delle sue parole può rendere onore al suo sacrificio per l’indipendenza della sua terra: «Sono un prigioniero politico. Sono un prigioniero politico perché sono l’effetto di una guerra perenne che il popolo irlandese oppresso combatte contro un regime straniero, schiacciante, non voluto, che rifiuta di andarsene dalla nostra terra. Io difendo il diritto divino della nazione irlandese all’indipendenza sovrana…Questa è la ragione per cui sono carcerato, denudato, torturato. Nella mia mente tormentata c’è al primo posto il pensiero che l’Irlanda non conoscerà mai pace fino a quando la presenza straniera e oppressiva della Gran Bretagna non sarà schiacciata, permettendo a tutto il popolo irlandese di controllare, unito, il proprio destino come un popolo sovrano, libero nella mente e nel corpo, definito e distinto fisicamente, culturalmente ed economicamente. Credo di essere soltanto uno dei molti sventurati irlandesi usciti da una generazione insorta per un insopprimibile desiderio di libertà. Sto morendo non soltanto per porre fine alla barbarie dei Blocchi H o per ottenere il giusto riconoscimento di prigioniero politico, ma soprattutto perché ogni nostra perdita, qui, è una perdita per la Repubblica e per tutti gli oppressi che sono profondamente fiero di chiamare la “generazione insorta”».


http://it.wikipedia.org/wiki/Bobby_Sands

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Re: Irlandexi

Messaggioda Berto » ven mag 30, 2014 5:26 am

Europee e amministrative, in Irlanda crescono gli indipendenti e il Sinn Féin

http://www.lindipendenza.com/elezioni-e ... -sinn-fein

di LUCA FUSARI

In Irlanda lo spoglio delle urne europee ha visto l’affermazione di stretta misura del Fianna Fáil (partito europeista di centrodestra dell’ex primo ministro Brian Cowen, collocato nell’ALDE e promotore del dialogo con Bruxelles al fine di garantire un ruolo centrale all’Irlanda all’interno del dibattito europeo) guidato da Micheál Martin, con il 22,3% di consensi pari a 369 mila e 545 voti, in calo del -1,8% rispetto al 2009.

Secondo, ma di stretta misura, è arrivato il Fine Gael (partito politico tra i più europeisti collocato nel PPE, ha sostenuto il progetto di Costituzione europea e promosso la campagna a favore dei ‘sì’ ai referendum irlandesi sulla ratifica del trattato di Lisbona) di Enda Kenny, il quale è però calato del -6,8% rispetto al 2009, ottenendo in queste consultazioni il 22,3% ma con 369 mila e 120 voti.

Terza è arrivata la lista degli Indipendenti (una lista bipartisan perlopiù di parlamentari fuoriusciti dal Labour e dal Fine Gael in opposizione con le politiche promosse dai loro ex partiti di provenienza) in crescita del +8,3% rispetto al dato del 2009, ottenendo il 19,8% pari a 328 mila e 766 voti. Al quarto posto, nonostante le vicende giudiziarie del suo leader Gerry Adams, è giunto il Sinn Féin (formazione euroscettica promotrice della sovranità nazionale e già sostenitrice della campagna per il ‘no’ al referendum per l’approvazione del Trattato di Lisbona) con il 19,5% pari a 323 mila e 300 voti, in crescita del +8,3% rispetto al dato del 2009.

Con l’ingresso della Croazia nell’Ue, lo scorso Luglio, il numero degli eurodeputati irlandesi è passato da 12 a 11.‏ Il Fianna Fáil pur ottenendo un maggior numero di preferenze, a causa della nuova ripartizione delle circoscrizioni interne all’isola, ottiene 1 seggio perdendone 2 rispetto al 2009. Il Fine Gael conserva i 4 seggi del 2009. Gli Indipendenti ottengono 2 seggi guadagnandone 1 rispetto al 2009. Il Sinn Féin guadagna 3 seggi ritornando così nell’Europarlamento dopo l’ultima esperienza del 2004.

Dopo lo spoglio delle schede europee ed amministrative, il ministro degli esteri e vice premier irlandese, Eamon Gilmore, si è dimesso dalla guida del Partito Laburista a causa della sconfitta della sua compagine politica (alle europee 2014 il Labour ha ottenuto solo 88 mila e 229 voti pari al 5,3%, crollando del -8.6% rispetto al 2009, perdendo così i suoi 3 seggi) preferendo lasciare l’incarico piuttosto che affrontare un voto di sfiducia dei deputati del suo partito. Il vice premier ha aggiunto che però resterà a capo del partito finché non sarà eletto un successore.

Dopo le dimissioni di Gilmore, per il governo dell’Irlanda si preannuncia un rimpasto dell’esecutivo, dato che anche il Fine Gael, ha ottenuto un risultato al di sotto delle aspettative. Dal 2011 i due partiti formano una grossa coalizione con una maggioranza parlamentare senza precedenti, dopo che gli elettori hanno punito il precedente governo FF di Cowen per aver portato il Paese sull’orlo della bancarotta.

Stavolta molti elettori hanno però abbandonato i laburisti votando a favore dell’opposizione di sinistra (Verdi e soprattutto Sinn Féin, quest’ultimo facente parte del Gruppo Confederale della Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica, GUE/NGL), la quale promette di mettere fine alle politiche di austerità volute da Bruxelles. Durante la campagna elettorale, Gerry Adams aveva fatto appello ai partiti di sinistra affinché si unissero in una piattaforma comune contro l’establishment conservatore dell’isola.



Commentando i risultati elettorali delle elezioni amministrative ed europee, Adams (nella foto a sinistra in uscita dal seggio presso la Doolargy National School, a Ravensdale, nella Contea di Louth) ha affermato che sta avvenendo «un cambiamento epocale» nella politica irlandese.

Il partito repubblicano indipendentista Sinn Féin ha ottenuto il più ampio numero di preferenze per il governo locale nella circoscrizione del nord-ovest dell’Irlanda del Nord, mentre nella Repubblica d’Irlanda alle amministrative ha ottenuto il 15% dei voti e un numero massimo di consiglieri.

A livello locale il partito negozierà con gli altri partiti irlandesi al fine di ottenere una maggioranza nei Consigli comunali al fine di poter realizzare le proprie politiche. Come ha spiegato Adams dopo lo spoglio dei voti, «chiaramente ogni Consiglio è diverso, ma la nostra piattaforma politica è ampia ed è la stessa. Se riusciamo a ottenere un accordo poi naturalmente lavoreremo sulle alleanze con altri partiti. Siamo qui per rappresentare tutti, non siamo qui solo per rappresentare noi stessi e i repubblicani che hanno votato per noi».

Adams smentendo le voci riguardanti un possibile suo abbandono della leadership del partito, ha descritto l’inchiesta nei suoi confronti sulla morte di Jean McConville come parte di una campagna di «sporchi trucchi» i quali però non hanno danneggiato la sua popolarità e il partito. Dopo questa affermazione elettorale, egli punta dritto verso le prossime elezioni politiche generali in Éire.

«Porterò il partito alle prossime elezioni generali, abbiamo appena avuto i risultati elettorali migliori della storia del Sinn Féin e nella storia di questo Stato (la Repubblica d’Irlanda, n.d.t.). Stiamo facendo bene e io sono un membro della squadra. Siamo una leadership collettiva e ogni singolo consigliere eletto è il mio capo. (…) Vogliamo essere nel governo. Siamo nel governo del Nord. Abbiamo bisogno di un mandato e penso che Pearse Doherty dica il vero quando ha affermato che il SF è affamato di cambiamento, ma non siamo affamati d’essere al governo. (…) Non vogliamo lasciare i nostri principi fuori dalla porta. L’unica ragione per essere al governo è per far avanzare il progetto che abbiamo definito. (…) Io e il nostro partito stiamo sposando la visione di una società basata sul cittadino, incentrata sui diritti. Se noi riusciamo ad andare al governo la realizzeremo. Se non possiamo, continueremo con quello che abbiamo fatto. Si dovrebbe stare al governo solo come mezzo per portare avanti il cambiamento», ha dichiarato Adams all’Indipendent.ie.

L’obbiettivo di Adams è quello di giungere al governo in entrambe le zone irlandesi nel 2016, in occasione del centenario della rivolta di Pasqua: «lo Sinn Féin non aveva questa forza dal 1918», ha commentato al cronista The Guardian. Le elezioni generali che ebbero luogo in Irlanda nel 1918, due anni dopo la rivolta di Pasqua, inaugurarono quattro anni di violenza a livello nazionale con la guerra d’indipendenza contro gli inglesi, seguita da una successiva guerra civile interna.

L’affermazione alle urne ottenuta nel consiglio di Derry/Strabane dai quattro nuovi consiglieri repubblicani indipendenti/dissidenti (tra cui l’ex membro della Real IRA, Gary Donnelly), eletti nelle fila del Sinn Féin ma contrari al cessate il fuoco, mostrano come anche in seno al partito indipendentista e nei suoi elettori permangano ancora diversi orientamenti non tutti pacifici e nonviolenti.

L’allusione di Adams ai fatti del 1918 è dunque da interpretare in primo luogo come un monito lanciato, soprattutto, nei confronti del governo di Londra, affinché esso non attui possibili nuove pressioni ed interferenze esterne sulle autorità di Dublino e nelle dinamiche interne alla politica dell”isola di Smeraldo’, in particolare nei confronti del progetto del Sinn Féin di una possibile riunificazione dell’isola sotto un unico governo irlandese attraverso la via democratica delle urne.



Comento===============================================================================================================================


LucaF.
29 Maggio 2014 at 10:44 am #

Come avrete notato dopo qualche settimana di interruzione sono tornato a scrivere su L’indipendenza, ebbene questo mio articolo pubblicato quest’oggi è con ogni probabilità l’ultimo che pubblicherò per questa testata.
Come dovreste sapere (se ci leggete!) le ragioni del termine della mia assidua collaborazione con tale quotidiano sono quelle espresse (e da me condivise) dal direttore Marchi in un suo recente editoriale:

«Confermo che, a mio modo di vedere, il compito de L’Indipendenza come la concepivo io è arrivato al capolinea. (…) Sono stati due anni e mezzo intensi, per certi versi entusiasmanti ma anche molto difficili, soprattutto perché gestiti con risorse molto limitate».

Come peraltro sottolineato quest’oggi dall’articolo di Leonardo Facco pubblicato sul sito del Movimento Libertario:

«Ciononostante, sono orgoglioso del lavoro che ho fatto, insieme ad Oneto, Marchi, Bracalini e tanti altri straordinari (!!!) collaboratori. Mai un quotidiano così marcatamente libertario ha avuto tanti lettori in Italia».

Anch’io sono orgoglioso di aver collaborato con la redazione de Lindipendenza.com, la quale ha dimostrato come, con il lavoro e l’onestà intellettuale di un gruppo affiatato di persone, si possa realizzare una testata giornalistica d’informazione autorevole libera ed indipendente senza necessità di richiedere finanziamenti pubblici all’editoria dallo Stato italiano e senza servilismi di maniera nei confronti di niente e di nessuno.



http://www.movimentolibertario.com/2014 ... dipendenza

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C’ERA UNA VOLTA… L’INDIPENDENZA

DI LEONARDO FACCO

Del quotidiano l’Indipendenza sono stato l’ideatore del progetto editoriale e uno dei fondatori. Il Movimento Libertario ne è stato “sponsor”. L’altro ieri, in un corsivo, l’amico e direttore Gianluca Marchi ha scritto: “Qualche settimana fa avevo già messo in allerta chi ci segue che la mia direzione probabilmente non sarebbe proseguita a lungo. Confermo che, a mio modo di vedere, il compito de L’Indipendenza come la concepivo io è arrivato al capolinea. Entro la metà di giugno dovrei lasciare la direzione e con me dovrebbero lasciare anche gli amici Facco, Oneto e Bracalini (gli altri collaboratori decideranno che fare in piena autonomia). L’Indipendenza però continuerà e verrà gestita da altre persone, nessuno è indispensabile… Sono stati due anni e mezzo intensi, per certi versi entusiasmanti ma anche molto difficili, soprattutto perché gestiti con risorse molto limitate. Cosa faremo noi “quattro dell’avemaria?”.

Mi pare doveroso dare qualche spiegazione in merito a questa vicenda, che per il momento sarà breve e concisa, ma che a tempo debito dettaglierò.

Nell’estate del 2011 (erano i tempi di “Umberto Magno”) venni invitato ad un convegno della Lega Padana in quel di Anfo (Bs). In quel contesto, in cui erano presenti diversi componenti dell’Associazione culturale che ha edito l’Indipendenza, mi venne proposto di mettere in piedi un giornale. Alla richiesta dissi subito che un prodotto cartaceo non avrebbe avuto senso e che avevo già l’idea in testa per un quotidiano online, la cui missione sarebbe stata quella di sostenere l’indipendentismo tutto e il liberalismo più coerente. In quel convegno era presente anche Gianluca Marchi (con cui avevo avuto il piacere di lavorare negli Anni Novanta), al quale – durante il pranzo a cui partecipammo – dissi che il progetto sarebbe stato perfetto se lui lo avesse diretto e affinato con me.

Il 7 gennaio del 2012 apparve online il primo numero del quotidiano. Nel gruppo ristretto dell’associazione culturale che faceva capo al giornale c’erano: il sottoscritto, Gianluca Marchi, Gilberto Oneto, Roberto Bernardelli, Giulio Arrighini, Giovanni Ongaro, Francesco Formenti e Roberto Lamagni. Questi ultimi erano tutti parte di una piccola formazione politica ri-denominata Unione Padana. Dopo qualche mese, iniziarono i primi screzi fra i vari componenti di quel partitino (i dettagli, assai gustosi, li racconterò a tempo debito), che portarono ad uno scontro tra Ongaro e gli altri componenti del partito, facendo scaricare le loro “tensioni” sul quotidiano, che con risorse molto esigue era diventato, nel frattempo, un piccolo successo editoriale, letto da 8-10.000 persone al giorno.

Nel 2013, con Ongaro ormai dimissionario, le cose sono peggiorate. La componente restante di quel partito (che nel frattempo decise di cambiare nome in “Indipendenza Lombarda” usando peraltro come simbolo il logo del giornale senza chiedere nulla agli associati!!!), iniziò ad avanzare pesanti (ed inconsistenti) accuse nei confronti sia del direttore che di Gilberto Oneto, per via di alcuni articoli (peraltro assai critici) in cui si parlava di Lega Nord (Anche di questo approfondirò a suo tempo, visti i contatti di certuni accusatori con la Lega dell’allora segretario Maroni).

Dalla metà del 2013, Bernardelli ed Arrighini pensarono di poter trasformare l’Indipendenza nel loro “organo ufficiale di partito” (cercando anche di bypassarmi nella decisione e tentando di imporre una leghista come vice-direttore). Fu a quel punto che il sottoscritto - che non ha mai deviato dalla missione editoriale originale, ma che soprattutto sin dall’inizio aveva accettato l’idea di far nascere e lavorare in un giornale d’opinione ma mai di partito – oppose subito le proprie motivate riserve. Da allora, la frattura è diventata definitiva (darò contezza ai lettori anche di certi comportamenti), al punto da portare alla conclusione più logica, sintetizzata dalle parole di Marchi riportate sopra.

Questi sono i fatti. Non vi nego che la vicenda mi ha infastidito, ed amareggiato, non poco.
Ciononostante, sono orgoglioso del lavoro che ho fatto, insieme ad Oneto, Marchi, Bracalini e tanti altri straordinari (!!!) collaboratori. Mai un quotidiano così marcatamente libertario ha avuto tanti lettori in Italia.

Come ho appreso da mia madre… solo alla morte non c’è rimedio. Di quel che sarà, vi terrò informati.

Ringrazio il direttore Marchi, per avermi sempre consentito la massima e libera espressione dei contenuti (sia per quanto riguarda la loro trattazione, sia per quanto riguarda la loro impaginazione e pubblicazione) sul quotidiano.
Dal 14 Gennaio 2012 sino ad oggi ho tradotto e scritto oltre 450 articoli (presto saranno nuovamente disponibili alla loro rilettura in altro sito) di varia trattazione e tematiche, in ogni caso spero siano stati interessanti come lo sono stati per il sottoscritto redarli.
Ringrazio tutta la redazione, i vari collaboratori e in particolare il caporedattore Leonardo Facco, per avermi dato l’opportunità di far parte di questa iniziativa culturale.
Tale esperienza è stata per me comunque formativa ed interessante in quanto mi ha dato modo di affinare la mia conoscenza su vari argomenti e di approfondire taluni temi.
Il termine della mia presenza su LIndipendenza.com non è la fine della mia attività divulgativa online, come avrete notato continuerò a scrivere e a tradurre sul sito del ML, e molto probabilmente farò parte anche della nuova avventura che Marchi, Facco Oneto e Bracalini stanno preparando.
Dunque non è un addio ma semmai è solo la puntualizzazione della mia interruzione del rapporto di collaborazione con la testata, e di un mio proseguimento con gli stessi amici in altri lidi telematici, continuando a trattare i temi di riflessione e approfondimento che reputo possano essere d’interesse anche per i nostri lettori.
In particolare sottoscrivo la seguente frase di Gianluca Marchi:

«ma senza l’impegno di ore e ore al giorno profuse in questo giornale per tenerlo continuamente aggiornato, avendo avuto la pretesa iniziale, condivisa da tutti, di farne un quotidiano».

Lindipendenza.com, a cui ho contribuito e dato un apporto non irrilevante del mio tempo e delle mie energie, è divenuta in poco tempo un punto d’osservazione e di riferimento non solo per il mondo indipendentista ma anche per tutti coloro i quali, in Italia e fuori da essa, hanno voluto capire e comprendere il mondo e la realtà contemporanea aldilà della propaganda e delle menzogne dei media di regime e dei loro sedicenti intellettuali di corte.

Come disse George Orwell:

«Nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario».

Senza voler peccare di superbia e presunzione, lascio a voi giudicare se siamo riusciti a cogliere la verità (o quantomeno se siamo riusciti a prefigurarla), certamente io e gli altri collaboratori ed amici in questi due anni e mezzo abbiamo umanamente dato il massimo per cercare di raccontarvela.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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