26 Aprile, i Baschi ricordano l’anniversario di Gernikahttp://www.lindipendenza.com/26-aprile- ... di-gernikadi GIANNI SARTORI
Aprile. Ma i baschi non dormono, sicuramente. Come ogni anno partecipano in migliaia all’ Aberri Eguna (Giorno della Patria Basca) inalberando striscioni a favore dell’indipendenza e dei prigionieri politici, oltre a migliaia di ikurrinas (bandiere basche) e arano beltzak. Insieme ai militanti dei movimenti e delle formazioni politiche di Euskal Herria, alla celebrazione presenziano centinaia di internazionalisti provenienti da Galizia, Castiglia, Paisos Catalans, Irlanda, Palestina, Sahara…
Nella memoria del popolo basco quella del 26 aprile del 1937 resta una data fondamentale.* Quel giorno l’aviazione nazista, alleata di Franco, radeva al suolo la città di Gernika.
Depositaria dei Fueros tradizionali e simbolo dell’indipendenza, Gernika non fu l’unica località basca a subire i bombardamenti dei golpisti del 18 luglio 1936. Una settimana prima era toccato a Durango e poi a Elgueta, per mano dell’aviazione di Mussolini. Gli aerei italiani (si parla di Savoia-Marchetti) si sarebbero resi responsabili anche del mitragliamento sulla piazza del mercato di Gernika. Poi intervennero Junker e Heinkel per il primo bombardamento a tappeto su un obiettivo civile della Storia. Come ricorderà Goering al processo di Norimberga “raccomandai al Fuhrer di appoggiare Franco in ogni modo per avere la possibilità di provare la mia giovane Luftwaffe dal punto di vista tecnico”. Fu un vero e proprio esperimento, la prova generale per la Seconda Guerra Mondiale. Sembra che i rapporti tra il generale Franco e lo stato maggiore nazista (come del resto i rapporti tra i monarchici spagnoli e i fascisti italiani) risalissero a prima del 18 luglio 1936, consolidandosi ulteriormente al momento della ribellione contro il legittimo governo repubblicano. Già il 22 luglio il capitano Francisco Arranz partì con una lettera personale di Franco per Hitler, in compagnia dell’esponente nazista Adolfo Langenheim, e dell’industriale tedesco Johannes Berhardi (dirigente della sezione economica dell’Ufficio Affari Esteri, Auslandorganisation). Giunsero a Berlino il 25 luglio e, grazie all’appoggio dell’ammiraglio Canaris, le loro richieste vennero accolte, nonostante l’indecisione del ministro degli Esteri Neurath.
Forse, più ancora di quello di Canaris, risultò decisivo l’appoggio di herman Goering, capo della Luftwaffe. Successivamente, al processo di Norimberga, Goering dichiaro di aver “raccomandato al Fuhrer di appoggiare Franco in ogni modo”. Soprattutto “per provare la mia giovane Luftwaffe dal punto di vista tecnico”. Le popolazioni insorte della penisola iberica diventarono agli occhi dei gerarchi nazisti le indispensabili cavie per i loro piani di riarmo. Non fu quindi un caso che a essere bombardate in modo così indiscriminato siano state soprattutto città basche e catalane. Una conferma che Euskal Herria e Paisos Catalans venivano considerati da Franco e dalle oligarchie spagnole alla stregua di colonie interne. Al ministero della guerra tedesco venne creata una sezione speciale (COS “V”) per reclutare uomini ufficialmente volontari e per inviare materiale bellico in Spagna. Il primo invio consistette in trenta aerei da trasporto Junker. Seguirono truppe specializzate, aerei, carri armati. In cambio, oltre agli esperimenti che interessavano a Goering, gli industriali tedeschi (tra cui Willi Messerschmidt) ottenero precise garanzie economiche. Il 6 novembre 1936, per ordine di Hitler, venne costituito a Siviglia la Legione Condor, al comando del generale Von Sperre. Si trattava di 6500 uomini, appoggiati da aerei da caccia, da bombardieri e da compagnie corazzate. Successivamente entrò a far parte della Condor anche il gruppo Mare del Nord che operava a bordo di due corazzate. La Condor si distinse per i suoi interventi spietati sia al fronte che nelle retrovie, in operazioni dette di “limpieza” (pulizia), una tecnica qui sperimentata e destinata ai noti successivi sviluppi nell’Europa occupata dai nazisti.
Il ruolo maggiore lo svolse l’aviazione, ottemperando in pieno all’obiettivo fissato da Goering: addestrare i piloti e testare l’efficienza degli aeroplani. Le missioni svolte sulla penisola iberica costituirono l’anticipo di tutti quei bombardamenti indiscriminati che pochi anni dopo avrebbero distrutto tante città europee. Ricordo che all’epoca mitragliare e bombardare città indifese (ancora sprovviste di contraerea) e popolazioni civili inermi comportava ben pochi rischi. Guernika (Gernika in lingua basca), cittadina a dieci chilometri dal mare e a trenta da Bilbao, all’epoca non aveva più di sette-ottomila abitanti (oggi poco più che raddoppiati), costituiva un piccolo centro apparentemente insignificante. Eppure questa città, da secoli, è il simbolo delle tradizioni basche, puntigliosamente difese all’epoca delle guerre carliste. Già nel medioevo, sotto il suo famoso rovere millenario, si riunivano i rappresentanti dei diversi paesi per decidere le sorti politiche della nazione basca e perfino i re spagnoli qui avevano dovuto giurare di rispettare leggi e consuetudini locali, i Fueros. Da questo punto di vista, il bombardamento acquistava tutte le caratteristiche di una rappresaglia contro quelle che i franchisti chiamarono le “province ribelli” (Bizkaia, Gipuzkoa, Araba). Lunedì 26 aprile 1937 alle quattro e mezzo del pomeriggio, giorno di mercato, le campane suonarono annunciando l’arrivo di uno stormo di aerei. Gli Heinkel 111 apparvero alle cinque meno venti, bombardando e mitragliando sulle strade (al mitragliamento avrebbero preso parte anche aerei italiani, secondo lo storico Claudio Venza dell’Università di Trieste). Di seguito altri aerei, Junker 52. La popolazione che cercava di mettersi in salvo nei campi e nei boschi venne ulteriormente mitragliata. Fino alle otto meno un quarto, ogni venti minuti si succedettero ondate di aerei che scaricavano anche bombe superiori ai cinque quintali. La città risultò completamente devastata e incendiata; secondo lo storico HughTomas quel giorno morirono 1654 persone, 889 rimasero gravemente ferite.
Ma il palazzo sede del parlamento basco e la Quercia restarono miracolosamente illesi. Tali avvenimenti vennero confermati da tutti i testimoni oculari, sindaco compreso, dal governo basco e da tutte le formazioni politiche repubblicane. Vennero raccontate nei dettagli dai corrispondenti del Times, del Daily Telegraph, della Reuter, di Star, di France Soir e del Daily Express che visitarono immediatamente il luogo (molti la sera stessa) e raccolsero frammenti di bombe di fabbricazione tedesca. La propaganda fascista ha poi sostenuto per anni che a distrugger Gernika sarebbero stati gli stessi baschi per screditare Franco. Fino a qualche anno fa (il celebre quadro di Picasso era già stato trasferito in Spagna dal Moma newyorchese) la vera storia di Gernika era ancora ignorata da molti spagnoli. In molti libri di Storia (come in quelli di Manuel Aznar, storico ufficiale del regime e amico personale di Franco) si sosteneva che se non erano stati i baschi, in alternativa, i responsabili andavano individuati in un battaglione di minatori repubblicani delle Asturie. Nel 1987 alle cerimonie per il cinquantenario avevano preso parte anche due deputati tedeschi, i Verdi Petra Kelly e Gert Bastian, destinati a morire pochi mesi dopo in circostanze misteriose**. La loro presenza esprimeva sia una volontà di riconciliazione, sia l’ammissione della colpa da parte dei tedeschi. Attualmente Gernika è gemellata con la città tedesca di Pforzeim il cui centro storico venne distrutto per l’80% dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale.
Analogamente a quanto avvenne a Gernika, molti obiettivi civili vennero colpiti dall’aviazione al servizio dei franchisti in Catalunya. Oltre a Granollers (da allora conosciuta come la “piccola Gernika), aerei fascisti italiani bombardarono ripetutamente la Rosa de foc (Barcellona) provocando più di tremila morti tra i civili. E naturalmente in occasione dell’Aberri Eguna non ci si occupa solo del passato, ma soprattutto del presente e del futuro.
Un paio di anni fa, in occasione della marcia dei giovani indipendentisti (Gazte Martxa) sui monti, con partenza da Sara (rileggersi “Ritorno a Sara”, edizioni Odradek) e arrivo a Lesaka passando per Bera, oltre la frontiera con la Francia (grande partecipazione, nonostante il tempo inclemente) ne avevamo parlato con Txutxi Ariznabarreta. Il portavoce di Independentistak, ci spiegava che l’indipendenza basca “non è una chimera, ma un obiettivo ragionevole, fattibile e non soltanto desiderabile”, sia per ragioni politiche che economiche. “Lo dobbiamo – aveva proseguito – a coloro che difesero la Navarra, patirono il bombardamento di Gernika, subirono gli attacchi di Spagna e Francia e a quanti hanno coltivato il nostro sogno di libertà. Ma soprattutto lo dobbiamo a noi stessi perché questa è la soluzione migliore”. Negli stessi giorni (aprile 2012) cinque formazioni politiche dell’area abertzale e della sinistra avevano presentato una dichiarazione congiunta (“Pace e Libertà”) in cui si rivendicava “il diritto di Euskal Herria ad essere riconosciuta come una nazione in Europa”.
————————————
*nda Altra data ricordata dal popolo basco come esempio dell’oppressione subita dalla Spagna, quella della caduta di Irunea (Pamplona) il 21 luglio.
Nel febbraio 1512 con una bolla pontificia di Giulio II venivano scomunicati i “Baschi cantabrici” (peraltro cattolicissimi) e cancellati i diritti di Caterina de Foix e Juan de Albret, legittimi sovrani della Navarra. Premessa indispensabile per l’invasione da parte delle truppe spagnole. Dopo un lungo assedio, Irunea capitolerà il 21 luglio 1512. Il cardinale Cisneros che dal 1499 aveva condotto una campagna di conversioni forzate a Granada, venne incaricato di reprimere e uniformare ogni possibile dissenso, sia religioso che politico. L’Inquisizione ebbe mano libera e procedette all’eliminazione fisica, oltre che di eretici, presunte streghe e minoranze etnico-religiose, di tutti quei nobili ed esponenti delle élites intellettuali che non intendevano sottomettersi al nuovo ordine. Non era un caso che una delle formazione della sinistra indipendentista, sorte dopo l’illegalizzazione di Herri Batasuna prima e di Batasuna poi, si fosse data il nome di Amaiur, la fortificazione dove i nobili di Navarra si riunirono per l’estrema resistenza e ultimo caposaldo a cadere in mano all’esercito castigliano.
** nda ricordo che anche Dulcie Septembre, rappresentante dell’ANC in Francia, venne assassinata dai servizi segreti sudafricani dopo aver partecipato ad una manifestazione indetta da Herri Batasuna a Gernika.
Comenti ==============================================================================================================================
Pedante21 Aprile 2014 at 9:47 am #
Manca un bel po’ di contesto in questa narrazione storica.
Dove sono i bolscevichi e loro milioni di vittime dei primi anni dell’URSS?
Dov’è Bela Kun e la sua cruenta rivoluzione in Ungheria?
Dove sono Rosa Luxembourg e Karl Liebknecht la tentata rivoluzione comunista in Germania?
Dov’è l’appoggio francese ai repubblicani da parte del governo socialista di Léon Blum?
Dove sono la forte presenza della NKVD e gli ingenti aiuti militari dai sovietici ai repubblicani?
Le centinaia di chiese e conventi bruciati durante la Seconda repubblica spagnola senza l’intervento né della polizia né dei vigili del fuoco?
Il bombardamento di Guernica fu una tragedia, ma i bolscevichi non erano di certo buoni custodi della tradizionale cultura russa, e non credo sarebbero stati teneri con i separatisti baschi.https://www.youtube.com/watch?v=YFlx55OANg8Gianfranco Lillo21 Aprile 2014 at 1:37 pm #
Intervento capzioso, rancoroso, propagandistico, oscurantista, nemico della civiltà, dell’autodeterminazione dei popoli e slegato da ogni realtà, contesto storico e concezione di CIVILTA’ laica e democratica .
Di vero c’è che gli spagnoli decisero democraticamente per la Repubblica, mentre un generale, F. Franco, coadiuvato e appoggiato dal rozzo fecciume reazionario cattolico e monarchico (che aveva torturato e mandato al rogo decine di migliaia di spagnoli, nei 500 anni precedenti, garantendo al clero di vivere da perfetto parassita, rapinatore, affamatore, mestatore, torturatore e dispensatore di terrore, ignoranza, superstizione e inciviltà), si oppose alla sovranità popolare, alla democrazia, al progresso, con un colpo di Stato appoggiato da Benito Mussolini (storicamente e cronologicamente il primo traditore del fascismo) e da Hitler che mirava ad instaurare in Europa uno Stato barbarico-feudale, fondato sulla schiavitù e l’annullamento di ogni identità culturale ed intellettuale di popoli e nazioni (“Operazione Barbarossa”).
Di tutte le guerre fasciste fatte da Mussolini, la più assurda, la più “antifascista”, la più antirivoluzionaria, la più odiosa, la più mostruosa, la più medievale da crociata, fu proprio la guerra di Spagna, una guerra che appoggiò l’invereconda, marcia, depravata, putrescente, corrotta, clericale-oscurantista e superstiziosa, concezione dello Stato confessionale repressivo e assassino che per sua scelta calcolata riportava la Spagna nel cupo medioevo fra “croci”, crocifissi, adorazioni feticistiche spinte fino al parossismo e oltre ogni limite accettabile dall’umana comprensione, sconfinando nella patologia psichica scatenata dall’adorazione di idoli e ridicole , quanto stomachevoli, prassi di spregiudicata superstizione coercitiva finalizzata all’azzeramento di ogni anelito di civiltà, razionalità illuministica e libertà della persona, rifondando lo Stato di Torquemada, servendosi di “criminali in sottana” smaniosi di ripristinare, per il soddisfacimento della loro personale depravazione e degenerazione psichica, supplizi e roghi, nella migliore tradizione cristiano-cattolica ed impedendo al popolo BASCO e CATALANO, di ritornare ad essere NAZIONI LIBERE, quello che avrebbero ottenuto se la Repubblica non fosse stata aggredita da siffatte orde BARBARICHE-CLERICALI .