Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » ven mar 23, 2018 10:52 pm

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DiarioCatalano - Tarragona

In questi momenti ci sono feriti a Barcellona, per via delle "cariche di alleggerimento" che i Mossos hanno operato nei pressi della Delegazione del Governo franchista spagnolo, completamente circondata dalla popolazione. Sono migliaia i cittadini e le cittadine di Barcellona che si ammassano contro i cordoni della polizia. La tensione è molto alta, non cessano di sopraggiungere persone, dopo che si è concluso l'atto moltitudinario nelle zone limitrofe, convocato dalle entità sobiraniste catalane.

Il Presidente legittimo Carles Puigdemont ha convocato una riunione d'emergenza con i consiglieri esiliati, alla luce di quanto sta accadendo e dell'attacco diretto dell'inquisizione spagnola contro i leaders all'estero, per i quali è stato riattivato il mandato d'arresto europeo.

I partiti monarchici e sostenitori del 155, PP, PSOE e Ciutadans hanno chiesto al Presidente del Parlament di sospendere la seduta prevista per domani, in cui tecnicamente è ancora sottoponibile al voto il candidato Turull, oggi rimesso in carcere dopo il primo arresto di novembre (un mese di carcerazione).
La situazione è ancora in divenire.

Nel frattempo, a Tarragona, 4.000 persone manifestano per la Repubblica e contro l'oppressione spagnola. La notte sarà lunga.


Vic e le altre

In tutta la Catalogna migliaia e migliaia di persone stanno scendendo nelle strade e nelle piazze per manifestare il proprio sdegno per l'incarcerazione dei cinque leaders indipendentisti che l'inquisitore spagnolo Llarena ha oggi mandato in prigione.
Lo stesso Llarena, contrariamente a quanto sin qui fatto, ha deciso di accettare la richiesta della Fiscalia di riattivare l'euroordine di detenzione, ossia il mandato d'arresto internazionale vigente all'interno dell'Unione Europea.
I destinatari sono i sei politici in esilio (Puigdemont, Puig, Comin, Serret, Ponsatí e Gabriel), cui oggi si è aggiunta Marta Rovira, segretaria generale di ERC.

La foto che potete vedere viene da Vic, città catatalana che non si arrende. A Barcellona, i Mossos d'Esquadra hanno lanciato un appello urgente a rispettare le barriere poste dalla polizia di fronte alla delegazione del governo franchista spagnolo nella capitale catalana. Si teme un assalto da parte della popolazione.


DiarioCatalano - e adesso cosa succede?

Domani -cioè oggi ormai, alle 11.30 di sabato 24 marzo- si terrà la seconda parte dell'assemblea plenaria del Parlament catalano, che i partiti del 155 avevano chiesto di annullare essendo stato arrestato nel frattempo il candidato alla Presidenza della Generalitat, Jordi Turull.
La mossa del giudice inquisitore spagnolo, Llarena, tesa proprio a mettere fuorigioco un altro possibile presidente, non sembra essere riuscita nel suo intento. Al contrario, il Presidente del Parlament catalano, il sin qui abbastanza moderato Roger Torrent, ha deciso di mantenere la convocazione della seduta, sfidando apertamente i veti già giunti da Madrid.

Quindi domani potrebbe essere votato un nuovo Presidente della Generalitat, e proprio nella persona di Jordi Turull. Ma chi può dire esattamente cosa accadrà?
Quel che è certo, è che gli scriteriati arresti di oggi hanno fatto letteralmente esplodere il clima politico catalano, dopo settimane di sostanziale torpore e finanche di stanca rassegnazione. Gli spagnoli dimostrano di avere una straordinaria capacità nel far scoppiare incendi politici.

E va detto che, se i catalani non fossero così disciplinati nel proprio civismo, già stasera si conterebbero i morti nelle strade. La polizia non ha infatti mancato di usare manganelli e di effettuare cariche, nonostante la gente non abbia messo in atto assalti violenti ai palazzi governativi spagnoli dislocati nelle città catalane. E' bastata qualche pressione di troppo, qualche fisiologico spintone, perchè i colpi di "porras" cominciassero nuovamente a piovere sui corpi dei manifestanti. Fra di loro si contano non a caso decine di feriti.

Eppure, di fronte ad uno stato tirannico e a poliziotti picchiatori e vigliacchi, sapete come hanno reagito alcuni gruppi di cittadini? Con un coretto di scherno verso le forze "dell'ordine": "Avete parcheggiato male". Un'altra gigantesca lezione di civiltà. Speriamo basti per conquistare ulteriori simpatie alla causa catalana in un'Europa dove le opinioni pubbliche sono ancora troppo silenti. Ma stasera c'è speranza. Stasera la fiaccola della libertà splende molto più luminosa.



DiarioCatalano - Puigdemont

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Questo il messaggio che Carles Puigdemont, Presidente legittimo della Catalogna, ha emesso. Al di là dei toni pacifici, tipici della tradizione politica catalana, il senso è ben preciso: dare un governo alla Catalogna e, tramite esso, riprendere il pallino dell'azione politica.
Un Puigdemont realista quindi, ai limiti del cinismo, ma probabilmente molto deciso a contrastare l'azione dello stato spagnolo in ogni ambito possibile, (ri)cominciando proprio dalla Generalitat de Catalunya interna.
Il Govern d'Exterior è decisamente ben avviato. Ma non basta. E KRLS lo sa bene.

"Generalitat de Catalunya - Govern de la República

Catalani e catalane,

lo Stato spagnolo vuole imprigionare le idee, le convinzioni, la parola, il pensiero, la politica.

L’assedio della giustizia spagnola contro la libertà nel nostro paese ci richiama tutti. Non solo gli indipendentisti , bensì tutti. Perchè se la Catalogna è divenuta un paese di opportunità, se la Catalogna è divenuta un solo popolo, è stato precisamente perchè ciò che ci identifica come società sono la libertà, la democrazia, la tolleranza, la modernità. E adesso, questi valori sono a rischio a causa dell’involuzione reazionaria dello Stato spagnolo.

Membri del nostro Governo e del nostro Parlamento oggi patiscono l’ingiustizia di uno stato di vendetta, non di diritto. Il loro sacrificio non sarà invano. La loro condizione personale è ingiusta e dolorosa, bisogna star loro accanto, bisogna rivolerli con noi. Dar loro supporto è molto importante. Allo stesso tempo, non è il momento per l’ira bensì per la serenità. Non è il momento per lo scoppio di rabbia bensì per il civismo. Non è il momento della resa, bensì della fermezza. Ed è il momento di ricordarci che se siamo arrivati lontano è perchè abbiamo seguito il cammino della democrazia, del rispetto e della pace. L’unico cammino fertile.

Lo Stato non ha accettato i risultati del 21 Dicembre. Già si è visto che il problema non riguarda i candidati, bensì la vittoria democratica dell’indipendentismo. Oggi il Comitato dei diritti umani dell’ONU ha chiesto formalmente allo Stato spagnolo di rispettare i diritti politici di Jordi Sanchez, questa petizione vale per i diritti politici di tutti, specialmente per Jordi Turull. In Europa ogni momento di più persone e istituzioni si preoccupano per la deriva autoritaria dello Stato spagnolo. In Europa e in Catalogna tutti sappiamo che la soluzione dev’essere politica. Anche in Spagna se ne sta rendendo conto sempre più gente. E noi continuiamo a rilanciare questo appello al dialogo, ad una soluzione politica, ad una soluzione democratica.

Lo Stato spagnolo deve sapere che noi catalani non ci lasceremo sottomettere. E non ci lasceremo umiliare. Abbiamo politici onesti e onorati in prigione e in esilio. Più che mai è il momento dell’accordo, dell’unità, del persistere. Fino a stringere un patto. Al servizio della Catalogna e al servizio della libertà.

Viva la Catalogna."

Carles Puigdemont i Casamajó - President de la Generalitat de Catalunya


Radio Barcellona - Contro la violenza per la libertà
https://www.facebook.com/crippa.stefano ... 9620547681

A tutti quelli che in questa serata di rivoluzione in Catalunya parlano di violenza voglio ricordare le parole di Daniell O'Connel:
"L'altare della libertà vacilla se cementato con il solo sangue"
L'ETA ha fallito, l'IRA ha fallito, ma la via pacifica catalana trionferà perché siamo nel 2018 non nel 1938.
Visca la Republica! No Pasaran!


DiarioCatalano - Romeva

Raül Romeva, incarcerato nuovamente ieri, 23 marzo, dopo il primo arresto del novembre scorso, è stato uno degli uomini chiave del processo di internazionalizzazione della questione catalana.
Nel biennio 2015-2017, divenuto consigliere di governo per i rapporti con l'estero, dopo la precedente esperienza come eurodeputato, Romeva ha consolidato e potenziato la rete di "ambasciate" catalane nel mondo.

Persona di grande umanità e cultura, Romeva è una di quelle figure cui si deve il rispetto pubblico di cui gode la comunità catalana al di fuori dei confini del Principat.
Chi si è domandato se il mancato riconoscimento della Repubblica Catalana, all'indomani della dichiarazione d'Indipendenza del 27 Ottobre scorso, non abbia rappresentato un fallimento dell'azione di Romeva, si pone il quesito sbagliato. In presenza di una Repubblica che non è stata resa effettiva, nessuno stato estero avrebbe potuto riconoscere alcunché.
La domanda giusta è quindi un'altra: com'è possibile che già dieci Stati europei ospitino gli esuli catalani dando loro massima libertà d'azione, ricevendoli in alcuni casi in importantissime sedi istituzionali (il parlamento in Finlandia, l'ONU in Svizzera...), garantendo spazi di dibattito pubblico alla luce del sole?

Ecco, questi sono i risultati dell'azione di Romeva e di chi, con lui, ha costruito la rete delle rappresentanze estere della Generalitat. Quelle che la Spagna ha chiuso immediatamente dopo l'attivazione dell'articolo 155. In nome dello spreco di denaro pubblico.
Volete sapere i loro costi?
3 milioni di euro annui.
La metà di quanto è costata la sola residenza dell'ambasciatore spagnolo in Marocco, 6 milioni.



DiarioCatalano - infiltrati

Ieri sera, durante l'assedio fisico, ma pacifico, portato dai manifestanti di Barcellona alla delegazione del governo spagnolo nella capitale catalana, ci sono state cariche di alleggerimento che tanto leggere non son state.
Alla fine, sono rimasti sul terreno ben 35 feriti, uno dei quali a rischio di perdere la funzionalità visiva da un occhio, per causa di un colpo di famigerata "porra".

La reazione dei Mossos era prevedibile, considerato che a Barcellona il controllo del corpo di polizia è stato assunto dai men in black mandati da Madrid, dopo l'attuazione del 155.
Tuttavia la durezza della reazione di ieri sera, che è stata inflessibile, ha lasciato qualche dubbio negli osservatori più attenti di cose catalane.
E così, nel volgere di poche ore, ha cominciato a circolare una voce abbastanza inquietante: pare che, fra gli agenti dei Mossos, siano stati schierati dei paramilitari della Guardia Civil e dei membri della Policia Nacional. Si tratterebbe di una notizia di gravità enorme, considerato anche il ruolo, a dir poco controverso, che questi due corpi hanno avuto nelle giornate dell'Ottobre Repubblicano, e specialmente il 1º di Ottobre, quando si votò fra assalto e manganelli (bilancio finale: 900 feriti e alcune centinaia di migliaia di euro di danni alle scuole oggetto delle "attenzioni" dei poliziotti inviati da Madrid).

Ebbene, è di oggi la notizia che la rete collettiva Anonimous, già sul pezzo in precedenza, ha confermato la notizia. Dopo aver intercettato comunicazioni criptate interne ai servizi spagnoli di polizia, gli hackers di Anonimous hanno comunicato sul loro account Twitter che la notizia di agenti spagnoli infiltrati fra le fila dei Mossos è vera.

Non è del resto la prima volta che la Spagna conduce forme di guerra sporca in Catalogna, come dimostrano le prove raccolte nel dossier relativo all'"Operació Catalunya", emerse alcuni mesi fa.
Spagna 2018, Europa XXI secolo.



DiarioCatalano - Nuovo omaggio alla Catalogna

Ho il piacere di presentarvi il prologo al nuovo libro di Vicent Partal, direttore di VilaWeb, intitolato "Nuovo omaggio alla Catalogna". Il testo di Partal viene qui proposto nella traduzione del collettivo•traduim, che ho costituito insieme ad alcuni amici e ad alcune amiche. Buona lettura!

"Nel dicembre del 1936 arrivò a Barcellona Eric Arthur Blair, uno scrittore e giornalista impegnato fino al midollo nella lotta per il socialismo democratico e disposto a morire, se necessario, per difendere quell'altra repubblica che tante speranze aveva diffuso in Europa e che ora si vedeva costretta a combattere armi in pugno contro il fascismo. Blair, che usava come "nom de plume" lo pseudonimo 'George Orwell', lo stesso giorno in cui arrivò si arruolò e fu assegnato come miliziano nell'antistalinista Partito Operaio di Unificazione Marxista. In un momento in cui tutta l'Europa si divideva fra Hitler e Stalin, quel giovane giornalista inglese restò affascinato dalla rivoluzione libertaria che si stava vivendo in buona parte della Catalogna e andò a raccontarne l'esperienza in un libro che fece il giro del mondo con il titolo di 'Omaggio alla Catalogna'. Blair-Orwell descrisse come quei catalani si opponevano al totalitarismo, a tutti i totalitarismi, con l'emozione di chi osservava un popolo nell'atto di fare una cosa che nessun altro aveva mai provato a fare prima e che praticamente nessuno avrebbe mai pensato si potesse fare.
Ho voluto che questo libro si intitolasse 'Nuovo omaggio alla Catalogna', precisamente perchè c'è un legame storico che voglio sottolineare, una continuità fra quella Catalogna e quella attuale. Dal basso andò nascendo allora un progetto che sfidava apertamente il mondo e le convinzioni dell'epoca e dal basso ha ricominciato a nascere adesso. Senza accettare frontiere mentali imposte, i combattenti di allora immaginarono un mondo migliore e iniziarono a renderlo possibile nella quotidianità mentre discutevano appassionatamente sul suo avversarsi o meno. E così noi abbiamo immaginato un mondo migliore e abbiamo cominciato a renderlo possibile, mente ci ritroviamo a discutere appassionatamente se sia già arrivato o meno, o quanto manchi alla sua realizzazione.

Nel 1936, con le armi in pugno, alcuni catalani gridavano 'Libertà!' e la difendevano, se necessario, al prezzo della propria vita. E nel 2017, con le urne sulle nostre teste, siamo tornati a gridare 'Libertà!' e siamo tornati a dare in pegno i nostri stessi corpi, se necessario. E lo abbiamo fatto coscienti del privilegio di sapere che eravamo continuatori di tutti coloro che sognarono allora, eredi di tutti quelli che tanto avevano resistito e fratelli di tutti quelli che, in qualsiasi angolo di mondo, ma soprattutto nella nostra patria luminosa e grande, hanno sfidato, sfidano e sfideranno sempre la tirannia"

Vicent Partal, marzo 2018
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Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » dom mar 25, 2018 6:31 pm

Alex Storti
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DiarioCatalano - urgente

In tarda mattinata, al confine fra la Danimarca e lo Schleswig-Holstein, dove sono presenti controlli di frontiera per la questione migranti, la macchina su cui viaggiava il Presidente legittimo della Catalogna, Carles Puigdemont, è stata bloccata da agenti tedeschi della locale polizia. L'esule è stato tratto in fermo, attualmente si trova presso la sede del corpo di sicurezza, in attesa che le autorità tedesche decidano come procedere, in relazione all'euroordine di arresto ed estradizione emesso dalla magistratura spagnola prima del weekend.

La situazione è in divenire.
Nel frattempo sono state convocate decine di mobilitazioni in tutta la Catalogna, in particolare di fronte alle delegazioni governative borboniche e, naturalmente, a Barcellona. Gli appelli a convergere sulla capitale catalana provengono da tutte le organizzazioni soberaniste ma anche da tantissimi cittadini singoli che, attraverso i social, stanno richiamando i propri contatti.
La tensione è molto alta, l'emozione per quanto potrebbe accadere è enorme.

Vi prego di dare la massima diffusione, grazie.


DiarioCatalano - Ich bin ein...

È il giorno della verità, per la Germania. Adesso vedremo se coloro che hanno ricevuto molteplici forme di solidarietà attiva, più e più volte nei decenni scorsi, di fronte alla tirannide, sapranno mostrarsi all'altezza del proprio ruolo di costruttori di un'Europa che dovrebbe difendere le libertà civiche e non gli Stati.
Anche per ricordare questo dovere storico alla Germania e alla stessa UE, l'Assemblea Nacional Catalana ha convocato una marcia per questo tardo pomeriggio, al fine di portare i manifestanti davanti al consolato tedesco di Barcellona e alla delegazione eurocomunitaria che si trova sempre nella capitale catalana.

Vedremo se, ancora una volta, potremo dire "Ich bin ein Berliner".
Oppure, se dovremo amaramente ricordarci che furono i tedeschi a consegnare al regime franchista, durante la Seconda Guerra Mondiale, il presidente catalano Lluís Companys, fucilato dalla Spagna di lì a breve.




DiarioCatalano - carcere tedesco

È notizia di questi istanti che il Presidente legittimo della Catalogna, Carles Puigdemont, è stato trasferito in una prigione tedesca.
Ciò non significa automaticamente estradizione, tuttavia è sintomo di un aggravarsi della posizione giuridica dell'esule, che dal precedente stato di fermo passa ad essere formalmente in arresto.
Vediamo come evolve la situazione.

Nel frattempo, un po' per alleggerire, ma anche per dimostrare che mobilitarsi si può e si deve, ovunque, vi allego due foto tratte da manifestazioni di solidarietà che si sono svolte ieri a Venezia e stamattina a Milano (in prossimità della Stramilano).
Anche questi presidii di libertà contano. Per cui, fuori le bandiere, i laccetti gialli, le spille, tutto ciò che testimonia vicinanza alla Catalogna.
Fate girare, grazie!




DiarioCatalano - cosa può succedere a KRLS

Propongo la traduzione integrale, a cura del collettivo•traduim, dell'articolo di approfondimento che il quotidiano digitale VilaWeb ha dedicato alla situazione del presidente legittimo Carles Puigdemont, dopo il suo arresto in Germania.
Buona lettura, Alex

Dopo il fermo del presidente della Generalitat da parte delle autorità tedesche si aprono molti interrogativi sul suo futuro. Queste sono le principali domande e risposte da tenere in conto.

1. Dal punto di vista giudiziario:
—Per quale motivo è stato trattenuto il presidente Puigdemont?—La Spagna ha inviato l’euroordine, in cui chiede a tutte le polizie dell'Unione Europea che trattengano in stato di fermo e identifichino i politici colpiti dal provvedimento. Questo è dunque ciò che ha fatto la polizia tedesca.

—L’euroordine è un meccanismo omogeneo che tutti sono tenuti ad applicare allo stesso modo?—Il procedimento per procedere con l’estradizione dipende da ciascuno stato dell'Unione Europea.

Nel caso tedesco il funzionamento abituale è il seguente:
—La regola generale è che se la persona che deve essere estradata non acconsente, la corte regionale che ha in carico il caso deve aver il consenso dell'Ufficio Federale di Giustizia e del governo tedesco, attraverso il Ministero degli Affari Esteri, prima di prendere qualsiasi decisione. Ciò significherebbe, innanzitutto, che non verrebbe presa alcuna decisione rapida sull’estradizione del presidente Puigdemont.
—La giustizia tedesca, in base alla legge sulla cooperazione internazionale negli affari criminali, ha definito dodici casi nei quali una estradizione non va concessa in quanto illegittima. Due di questi casi possono esser importanti in questo caso. Il primo è contenuto nella legge tedesca, che afferma che una estradizione non si può concedere se la domanda è ‘motivata per ragioni politiche’. Il secondo si basa sulla Convenzione Europea dei Diritti Umani. Diversi casi di estradizione in Germania sono stati negati in base all’articolo 6 di questa convenzione, per assenza di condizioni per avere un giusto processo.

—I delitti di cui la Spagna accusa Puigdemont esistono nelle leggi tedesche?—Non ci sono gli stessi delitti, però ve ne sono alcuni paragonabili. Il codice penale tedesco include pene per tradimento dello stato, che si possono equiparare vagamente con quelle per ribellione che vuole applicare la Spagna. Però bisogna tenere in conto anche che, sotto un altro punto di vista, in Germania la protezione delle opinioni e delle attività politiche, specialmente nel caso dei parlamentari, è molto grande.

—Quanti giorni ha la Germania per prendere una decisione?—Normalmente, con l’euroordine, se il detenuto acconsente all'estradizione, il percorso si compie in dieci giorni. Se non vi acconsente e, pertanto, deve intervenire un giudice, la decisione può essere presa nei tre mesi seguenti.

2. Dal punto di vista politico:
Sebbene la decisione sia essenzialmente giuridica, l'intervento del governo tedesco fa sì che si debbano tenere in conto anche fattori politici.

—Com'è la relazione fra i governi tedesco e spagnolo?—La relazione personale fra Angela Merkel e Mariano Rajoy è molto buona. La CDU e il PP fanno parte entrambi del Partito Popolare Europeo. Però la Merkel ha espresso in varie occasioni il suo disagio con le posizioni di Rajoy sulla Catalogna. Lo scorso ottobre ha chiesto a Rajoy nel Consiglio Europeo che chiarisse la sua posizione e Rajoy si negò. E successivamente alle elezioni del 21 Dicembre il governo tedesco ha chiesto in un comunicato che si consentisse agli indipendentisti di formare un governo in Catalogna.

—Chi dirige il Ministero della Giustizia nel governo tedesco di coalizione?—Il Ministero della Giustizia tedesco è in mano alla dirigente socialista Katharina Barley.

—La coalizione di governo ha una posizione omogenea sulla Catalogna?—Non si sa se ne abbia una. Il nuovo governo tedesco è formato da tre partiti, quelli democratico-cristiani in coalizione della CDU e della CSU della Baviera e il Partito Socialdemocratico (SPD). La CSU della Baviera ha tre di sedici ministri e ha espresso in svariate occasioni il suo supporto al governo catalano. Uno di questi tre ministri è quello degli Interni, responsabile della polizia.


DiarioCatalano - serata di scontri

La giornata di mobilitazioni, che per lo più stanno volgendo al termine, in attesa di un inizio settimana pieno di incognite, è stata segnata da molti scontri. Per la prima volta ritorna apertamente il clima del 1° di Ottobre, ma senza la tensione positiva di quel momento.
Oggi il rancore sedimentato in questi mesi di frustrante repressione spagnola ha cominciato a dare i propri frutti. A fronte di circa 50 feriti fra i manifestanti, se ne contano anche una decina fra i Mossos, che purtroppo continuano a farsi utilizzare come picchiatori su mandato di Madrid.
E, pensate, fra i manifestanti fermati o identificati -fortunatamente pochi- uno è proprio un Mosso in borghese. Segno che qualche poliziotto catalano comincia a capire che sta per arrivare il momento della disobbedienza.

Ci sono stati moltissimi blocchi stradali, sia a Barcellona che lungo gli assi viari più importanti. Tante cariche e persino salve di fucili, sparate dai poliziotti per allontanare i manifestanti. In alcuni casi i cordoni formati dagli agenti sono comunque stati sfondati, l'aria elettrica e a tratti rabbiosa ha portato a momenti di grande tensione, con segni di aperta sfida da parte dei cittadini nei confronti dei Mossos.
Il ruolo di questa particolarissima polizia territoriale potrebbe diventare cruciale nei prossimi giorni, quando il Parlamento dovrà decidere se confermare Puigdemont alla presidenza della Catalogna, come risposta rivoluzionaria al regime neofranchista.

Mentre dalla Germania si moltiplicano le voci contrarie all'estradizione di Puigdemont, in Catalogna si alzano gli appelli a dare una risposta finalmente adeguata allo stillicidio di provocazioni tiranniche che il governo di M.Rajoy ha dispensato in questi mesi.
Domani cominceranno frenetiche consultazioni fra le forze politiche e sociali, come ha anticipato il presidente del Parlament, quel Roger Torrent che fino ad oggi non si è mostrato all'altezza del suo compito. Compito ingrato, certo, ma scelto volontariamente dal deputato di ERC. Il partito che deve decidere se cogliere la più grande opportunità storica per fare della Catalogna una Repubblica, o se perderla. Sarebbe una responsabilità imperdonabile, per chi dalla propria fondazione si dice a favore della Repubblica. A meno che non pensino di convincere i Borboni a rinunciare al trono di Spagna...

Non si salvano dagli strali dell'odio popolare i magistrati: stamattina a Das, un sobborgo residenziale, sono state lasciate scritte pesantemente critiche verso il giudice inquisitore Llarena, oggi probabilmente l'uomo più disprezzato di Catalogna.
È probabile che anche alla Moncloa, però, non venga visto troppo di buon occhio. Con la sua scriteriata scelta di arrestare i cinque leaders, fra cui il candidato moderato Turull, e di riattivare l'euroordine di detenzione per gli esuli, Llarena ha probabilmente fatto traboccare il vaso che farà fiorire la PrimaveraCatalana.



DiarioCatalano - "conservate le forze"

Post della buonanotte.
Dopo un'altra giornata campale, vi saluto con un collage che riporta il comunicato finale di questo 25 marzo emesso dal coordinamento ufficiale dei Comitati di Difesa della Repubblica.
Il messaggio mi sembra chiaro. Come ha scritto qualcuno, la rivoluzione dei sorrisi è finita.
Il calcolo conclusivo -forse- dei feriti ci dice che oggi, in Catalogna, ben 100 persone, di cui un quinto poliziotti, hanno necessitato di cure mediche.
Qualcuno a Madrid ha tirato troppo la corda, l'educazione al rancore imposta dai persecutori del 155 adesso comincia a dare frutti. Non si può umiliare un popolo.

Cosa possiamo fare noi?
Raccontare, spiegare, condividere, mostrare segni di solidarietà visibili e riconoscibili, scrivere e parlare ai gionalisti e ai politici, ma anche agli amici, ai conoscenti, ai vicini di casa -almeno quelli con cui si va d'accordo-. Sbizzarritevi. Anche le care vecchie scritte sui muri restano un esempio di azione educativa. Buona rivoluzione, anche a distanza.

PrimaveraCatalana
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Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » lun mar 26, 2018 1:10 pm

Germany Neumünster Catalonia 25.03.18 People demanding freedom for Catalan President Puigdemont
https://youtu.be/paPOARXL6rU



Alex Storti
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DiarioCatalano - verso quale strada

Giornata interlocutoria.
A livello politico, il discorso di ieri sera di Roger Torrent, presidente del Parlamento catalano, teso a costruire un "fronte per la democrazia e la libertà dei prigionieri politici", in grado di coinvolgere anche i comuns e le forze imprenditoriali e sindacali, ha fatto infuriare gli unionisti -ma forse solo strumentalmente, per recitare il loro ruolo-.
In effetti, al di là dei proclami, ERC continua a vestire gli ambigui panni di chi non sembra disposto ad "elevare il livello dello scontro", scegliendo di nominare Puigdemont Presidente.
Come vorrebbero invece la CUP e JuntsXCat.
E come invoca apertamente il Direttore di VilaWeb, Vicent Partal, che parla precisamente di "elevare il livello dello scontro" nei suoi ultimi editoriali, in piena sintonia con quanto gridavano le piazze e i carrers di Barcellona, nelle mobilitazioni di massa di domenica. Elevare il livello dello scontro per fermare l'oppressione spagnola. Sembra contraddittorio ma non lo è affatto.
La Spagna si ferma non arretrando, ma spingendo. Perchè, affinché la Spagna si svegli dal suo torpore franchista, la situazione deve diventare ingestibile, a livello sociale e produttivo. Del resto è stata la Süddeutsche Zeitung uno dei più importanti quotidiani tedeschi, a scrivere stamattina che la prospettiva di uno sciopero generale prolungato in Catalogna metterebbe in ginocchio la stabilità economica della Spagna e, a cascata, quella dell'Unione Europea.

Cosa aspetta dunque ERC a sostenere la strada della sfida aperta?

Nel frattempo, nello Schleswig-Holstein, Puigdemont resta in carcere, ma solo per ragioni formali. Il giudice che deve interrogarlo ha aggiornato la "seduta" d'investigazione, per cui ad oggi non c'è certezza sui tempi necessari per il compimento del percorso iniziale. La Germania sembra prenderla comoda e intanto rilascia dichiarazioni che potrebbero far pensare ad un'estradizione semplice e lineare. Ma anche questo potrebbe essere un gioco delle parti. Tutto è possibile.
Intanto il Belgio non trattiene i tre consiglieri lì presenti, Comin, Puig e Serret, ritenendo che non ci sia pericolo di fuga: il paese fiammingo-vallone si dimostra ancora una volta uno dei più liberali e protettivi per gli esuli politici dal regime neofranchista spagnolo.

Oggi nessuno scontro nelle strade, ma clima teso e di aspettativa. Ogni giorno la situazione può evolvere, nessuno può fare previsioni destinate con certezza ad avversarsi.
Una sola cosa è certa: la crisi ispano-catalana è entrata in una nuova fase, in cui il rancore coltivato da Madrid è diventato terreno fertile per il crescere di una rabbia che potrebbe toccare vette non ancora viste nè immaginate. Lo stato neofranchista sta giocando col fuoco. Verso quale strada ci si sta incamminando è cosa ignota e minacciosamente ioscura.



Terzo giorno di carcere per Puigdemont.

Se gli innumerevoli arresti compiuti in questi mesi dall'autorità giudiziaria spagnola, nei confronti dei rappresentanti indipendentisti, non hanno avuto risonanza nel dibattito politico Italiano, l'arresto del presidente Catalano ha prodotto alcune reazioni, quanto mai di sdegno, nei confronti della repressione spagnola.
Può sembrare poco, ma nel dibattito pubblico anche questo può aiutare la causa Catalana ad avere maggiore sostegno oltre confine.
Gli attestati di solidarietà arrivano da tutta Europa (non dall'Ue): dal governo scozzese al belgio,dalla Corsica alla sinistra tedesca che chiede l'immediata scarcerazione di Puigdemont.
Nel frattempo Torrent ha convocato per domani il parlamento catalano. Si parla di una possibile investitura di Puigdemont a presidente, andando di conseguenza al muro contro muro con la corte costituzionale spagnola; su questo punto però la sinistra di ERC deve ancora convergere, mentre CUP e Jxcat hanno già confermato le loro intenzioni.
Questi giorni saranno quindi un misto tra attendismo e momenti di concitazione, bisogna saper equilibrare le due cose.
Noi nel nostro piccolo dobbiamo dare voce al popolo Catalano, così che el segador si possa sentire anche a Milano,Catania,Perugia; questo grido di libertà che stanno cercando di fermare in tutti i modi deve rimbombare in tutta Europa.
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Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » mar mar 27, 2018 11:56 am

Puigdemont rimane agli arresti in Germania
di OMERO CIAI
26 marzo 2018

http://www.repubblica.it/esteri/2018/03 ... -192291987

Il giudice di Neumünster: l'ex presidente catalano rimane in carcere in attesa della decisione sull'estradizione chiesta dalla Spagna. Sull'auto su cui il leader indipendentista viaggiava al momento del fermo c'era un chip spia dei servizi di Madrid.
Una bandiera catalana e gli appelli per la liberazione di Puigdemont fuori della prigione di Neumuenster, in Germania, dove il leader indipendenstista è detenuto (reuters)
L'ex presidente catalano Carles Puigdemont rimane in carcere in attesa della decisione sull'estradizione chiesta dalla Spagna. Lo ha stabilito un giudice tedesco che questo pomeriggio ha a lungo interrogato il leader indipendentista. Per definire l'estradizione, secondo la magistratura tedesca, saranno necessari da dieci a sessanta giorni. La velocità del provvedimento dipenderà dalla difesa dell'imputato e da se questi accetterà o no l'estradizione.

La cattura di Puigdemont in Germania è stata un'operazione dei servizi segreti spagnoli. Il Cni, l'intelligence di Madrid, aveva mobilitato un gruppo di dodici agenti per seguire l'ex presidente catalano da Bruxelles a Helsinki, in Finlandia, dove la settimana scorsa ha partecipato a un incontro all'Università.

Nella capitale belga gli agenti avevano collocato un localizzatore Gps nell'auto di Puigdemont che, da quando aveva lasciato Bruxelles per la Finlandia è sempre stato sotto il controllo dei servizi. Ripartito da Helsinki Puigdemont ha raggiunto prima la Danimarca in traghetto e poi, in auto, è arrivato alla frontiera con la Germania. Qui gli agenti spagnoli hanno deciso di agire avvisando i colleghi tedeschi che hanno allertato la polizia e fatto arrestare Puigdemont sull'autostrada mentre si dirigeva verso il Belgio per tornare nella casa che aveva preso in affitto a Waterloo.

All'operazione hanno preso parte anche altri servizi europei ma gli spagnoli non hanno rivelato quali. L'intelligence di Madrid ha giustificato la sua partecipazione nella cattura di Puigdemont affermando che la sua missione è "neutralizzare le minacce contro l'integrità

nazionale, la sicurezza e lo Stato". La macchina con cui viaggiava Puigdemont era un Renault Espace con targa belga. La stessa vettura con cui era partito da Bruxelles per arrivare in Finlandia. Insieme a Puigdemont nell'auto c'erano quattro persone che non sono state identificate.
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Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » mar mar 27, 2018 9:40 pm

L’Onu accoglie il ricorso di Puigdemont
Walter Rauhe
2018/03/27

http://www.lastampa.it/2018/03/27/ester ... agina.html

La commissione dei diritti umani dell’Onu ha dichiarato ricevibile il ricorso presentato dall’ex presidente catalano Carles Puigdemont contro la lesione dei suoi diritti politici da parte della Spagna. La Commissione, che ora dovrà pronunciarsi sul merito della denuncia, riferisce la stampa catalana, nei giorni scorsi aveva già dichiarato ricevibile il ricorso di un altro leader catalano detenuto, Jordi Sanchez, chiedendo in forma cautelare alla Spagna di tutelare i suoi diritti politici.

In Spagna intanto la protesta per l’arresto di Puigdemont continua: niente masse in piazza, è pur sempre martedì, ma in molti punti della Catalogna la mobilitazione va avanti, con azioni molti vistose. Strade e autostrade da nord a sud della regione sono state bloccate a partire dall’alba. I “comitati di difesa della repubblica” hanno costretto automobili e camion a lunghe code, vicino alla frontiera con la Francia, e nella provincia di Tarragona, verso Valencia. Le barricate sono formate da piccoli gruppi con bandiere indipendentiste, manifestanti molto giovani che chiedono la libertà “dei prigionieri politici” e promettono di andare avanti per tutta la notte.

Poco dopo l’alba anche a Barcellona si sono svolte azioni di boicottaggio, per circa un’ora è stato interrotto il traffico sulla Diagonal e sulla Meridiana, due grandi arterie che attraversano la città. Poi la situazione è tornata alla normalità.

Nonostante gli scontri di domenica notte, Barcellona resta una città tranquilla e sicura. Ma in tutta la Catalogna la tensione resta molto alta, il timore dei Mossos d’Esquadra, la polizia locale (oggi controllata dal governo spagnolo, in seguito al commissariamento della Generalitat) pensa che la Cup, il partito dell’ultra sinistra indipendentista, abbia di fatto “rotto l’armistizio”, che ha consentito manifestazioni pacifiche nel corso degli ultimi 5 anni.
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Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » mar mar 27, 2018 11:06 pm

DiarioCatalano - la Spagna sta perdendo
27/03/2018

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 8286305188

Non so se la Spagna stia perdendo la testa o la guerra. So che sta perdendo. Lo raccontano le tante notizie di oggi che proverò a sintetizzare in questo post. Notizie che dimostrano quanto si stia facendo male da solo il paese iberico, nel tentativo folle di negare una semplice verità: ciò che sta accadendo in Catalogna ha ben poco a che vedere con il concetto di “illegalità” (individuale od organizzata che sia); ciò che sta accadendo in Catalogna ha un altro e ben preciso nome, che si chiama “rivoluzione”. Pacifica, democratica, solare, ma pur sempre rivoluzione.
Ed è davvero paradossale che la Spagna, trovandosi ad avere a che fare con una rivoluzione tanto atipica e ragionevole, invece di scegliere la strada della trattativa, abbia preferito quella della persecuzione a colpi di manganello e di manette. Finendo per procurare quasi più male a se stessa che non alla Catalogna.
Vediamo qualche esempio.

La maggior parte dei grandi media della carta stampata tedeschi si è espressa contro l’estradizione di Puigdemont, dal momento in cui il Presidente è stato arrestato nello Schleswig-Holstein. Oggi si è associato a questa marea montante antispagnola il prestigioso Der Spiegel.

Il Belgio non ha proceduto con il fermo dei tre consiglieri Puig, Comin e Serret, nonostante l’euroordine inoltrato alle autorità competenti dalla magistratura spagnola. “Non c’è pericolo di fuga”, questa la motivazione, che la dice lunga su quanto il Belgio non consideri affatto pericolosi criminali gli esuli catalani, a differenza della vulgata spagnolista. Per il Belgio sono esiliati politici, è ben diverso.

La Commissione per i Diritti Umani dell’ONU ha registrato la petizione presentata dall’avvocato del Presidente legittimo della Catalogna, dopo che già alcuni giorni fa era stata accolta quella presentata dai legali di Jordi Sanchez; pur non trattandosi (ancora) di una condanna per la Spagna, tale accettazione dimostra che il caso viene preso sul serio, come dimostra il fatto che contestualmente all’accettazione la Commissione ha invitato la Spagna a non compromettere i diritti umani dei due cittadini e deputati catalani, in attesa del giudizio sulla vicenda.

Il governo scozzese ha formalmente protestato con l’ambasciatore spagnolo per la richiesta di estradizione dell’ex consigliera di governo Clara Ponsatí, che intanto è stata difesa pubblicamente dall’Università di Saint Andrews dove insegna come docente, e che verrà rappresentata da uno dei più importanti legali scozzesi e dell’intera Gran Bretagna, il rettore dell’Università di Glasgow, Aamer Anwar.

“Lunedì mattina, dopo l’arresto di Puigdemont, alcuni giornalisti spagnoli hanno notato come le domande durante la quotidiana conferenza stampa del portavoce della Commissione europea fossero soprattutto sulla questione catalana, e soprattutto ostili verso il governo spagnolo e l’UE. María Tejero Martín, corrispondente del Confidencial a Bruxelles, ha scritto che diversi giornalisti, tra cui un italiano, hanno messo in discussione il rispetto dei diritti umani nel sistema spagnolo e hanno comparato la Spagna con la Turchia, paese diventato ormai un regime autoritario” (Elena Zacchetti, da ilPost)

Proprio su il Post, quotidiano online diretto da Luca Sofri, è stato pubblicato oggi l’articolo “La Catalogna sta diventando un problema di tutti”, da cui è tratta la citazione soprastante (link diretto nel primo dei commenti sul mio profilo). Il pezzo, circostanziato e obiettivo, rileva per la prima volta un cambio di tono diffuso e netto, in Europa, in relazione alla crisi ispano-catalana, arrivando a sostenere che la strategia dell’internazionalizzazione della Repubblica, costruita con pazienza da Puigdemont, si stia dimostrando vincente e, per alcuni aspetti, compiuta. Grazie naturalmente anche all’imbarazzo generato dalle mosse spagnole.

E chiudo con una citazione di Enrico Mentana, che dimostra come non sia affatto vero quello che a volte ci raccontiamo, ovvero che la Catalogna è sola. No, la Catalogna non è sola, non lo è perchè LaRepubblicaCatalanaSiamoNoi. Non dimentichiamocelo. E continuiamo a diffonderne lo spirito, le ragioni, le speranze. Visca!

“So che molti non la pensano come me, ma continuo a credere che dare la caccia e imprigionare i leader indipendentisti catalani come se fossero dei terroristi sanguinari e non gli eletti di un movimento risultato maggioritario in due diverse libere elezioni sia grave, sbagliato e controproducente" (Enrico Mentana)



La Catalogna sta diventando un problema di tutti
di Elena Zacchetti
2018/03/27

https://www.ilpost.it/2018/03/27/indipe ... ne-europea


La Catalogna sembra entrata in una nuova crisi, senza che fosse uscita dalla precedente. Domenica l’ex presidente catalano Carles Puigdemont, molto popolare tra gli elettori indipendentisti, è stato arrestato dalla polizia tedesca nello stato di Schleswig-Holstein, con l’aiuto dell’intelligence spagnola e sulla base di un mandato di arresto europeo diffuso dalla Spagna. Puigdemont aveva appena partecipato a una conferenza in Finlandia e aveva fatto perdere le sue tracce: stava cercando di tornare in Belgio in macchina per far sì che la sua richiesta di estradizione fosse analizzata dalla giustizia belga, considerata dai suoi avvocati più favorevole rispetto a quella di altri paesi europei, tra cui la Germania. Dopo avere passato la notte in carcere, un giudice dello stato di Schleswig-Holstein ha deciso di tenerlo in prigione come misura cautelare – ha parlato di rischio di fuga – mentre un altro giudice deciderà cosa fare della richiesta di estradizione.

Puigdemont è accusato di ribellione, sedizione e malversazione per l’organizzazione del referendum sull’indipendenza della Catalogna, giudicato illegale dal governo e dalla magistratura spagnola, e per la sua successiva ambigua dichiarazione di indipendenza. Non è l’unico membro dell’ultimo governo indipendentista obiettivo del mandato di arresto europeo diffuso dalla Spagna: la direttiva ha riguardato anche Meritxell Serrat, Toni Comín e Lluís Puig, rimasti in Belgio, e Clara Ponsatí, che si trova in Scozia. Tutti e quattro si sono detti disponibili a consegnarsi e a collaborare con le autorità: per il momento contro di loro non è stata disposta alcuna misura cautelare.

Le domande di estradizione per i cinque politici catalani dovranno ora essere esaminate dai giudici dei tre paesi coinvolti – Germania, Belgio e Regno Unito – che potrebbero arrivare a conclusioni diverse in tempi diversi. In ognuno di questi paesi, inevitabilmente, la stampa e i vari politici e osservatori manterranno alta l’attenzione sulla crisi in Catalogna, sul futuro di Puigdemont e sulla risposta dell’Unione Europea: esattamente quello che le istituzioni dell’Unione Europea avrebbero voluto evitare. A ciò va aggiunto che ci sono altre due importanti politiche indipendentiste catalane in Svizzera: Marta Rovira, di Esquerra Republicana (ERC, partito di sinistra), e Anna Gabriel, della CUP (partito di sinistra radicale). Lunedì mattina il portavoce della Commissione europea ha ribadito la posizione che l’Unione ha tenuto finora sulla crisi catalana: che è una questione interna spagnola e che come tale se ne deve occupare la Spagna senza alcun intervento delle istituzioni europee. Il fatto che l’Europa non voglia occuparsi della Catalogna, però, non significa che la Catalogna non possa creare parecchi problemi all’Europa. Anzi, ha già iniziato a farlo.

La crisi in Catalogna è piuttosto atipica se confrontata ad altri movimenti secessionisti europei. L’assenza della violenza e la grande capacità di mobilitazione della società civile catalana hanno spinto alcuni osservatori, opinionisti e politici europei a esprimere irritazione o disagio nei confronti del governo spagnolo guidato dal primo ministro conservatore Mariano Rajoy, accusato di non avere mai voluto dialogare con gli indipendentisti e di voler risolvere la crisi per via giudiziaria e non politica. Queste posizioni non si sono tradotte nell’appoggio alla causa indipendentista, come avrebbero voluto Puigdemont e i suoi alleati, ma hanno comunque causato un danno d’immagine alla Spagna. Lunedì, per esempio, il quotidiano conservatore britannico Times ha pubblicato un commento di Jean Paul Goujon molto duro nei confronti del governo spagnolo. In un passaggio si legge:

«L’indipendenza della Catalogna è probabilmente una cattiva idea, certamente va contro gli interessi della più ampia nazione spagnola e molto probabilmente contro gli interessi della stessa regione. […] Madrid deve iniziare a parlare con i suoi avversari e smettere di cercare di incarcerarli.»

L’Unione Europea, nonostante le richieste provenienti da diverse parti, si è rifiutata finora di infilarsi nella questione catalana, facendo da mediatrice tra le parti o provando a fare pressioni sul governo spagnolo. Quello che si sono chiesti in molti negli ultimi mesi è: come può l’Unione Europea stare a guardare durante una crisi così grave, senza fare niente?

Ci sono diverse risposte. Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Europea, ha detto lo scorso ottobre: «Se permettessimo alla Catalogna di separarsi – e comunque non sono affari nostri – altri faranno lo stesso. Non voglio che succeda. Non mi piacerebbe che tra 15 anni avessimo un’Unione Europea con 98 stati», riferendosi alle principali regioni di cui è composta oggi l’UE. Uno dei problemi, quindi, è il rischio dell'”effetto domino”, che potrebbe portare alla fine della stessa Unione Europea. Per le istituzioni europee parlare con gli indipendentisti catalani significherebbe inoltre legittimarli politicamente, metterli sullo stesso piano di un governo nazionale. È uno scenario che non vorrebbe praticamente nessun governo europeo – soprattutto quelli che devono affrontare spinte autonomiste o secessioniste all’interno dei loro confini – e che costringerebbe l’Unione Europea a muoversi contro la volontà della Spagna su un tema considerato di competenza assoluta degli stati: l’integrità territoriale e la difesa dei propri confini.

La posizione dell’Unione Europea, considerata legittima e l’unica possibile da molti osservatori, però non cancella il problema: anche perché, come ha scritto domenica il giornalista tedesco Thomas Urban sul quotidiano Süddeutsche Zeitung, negli ultimi mesi Puigdemont sembra essere effettivamente riuscito a “internazionalizzare” la crisi catalana, facendola cioè diventare un problema non solo interno spagnolo ma dell’intera Unione Europea. Urban ha anche scritto: «Per quanto tempo gli stati dell’Unione Europea accetteranno che Madrid colpisca un movimento democratico di massa con il carcere e le multe?». Una posizione simile era stata espressa negli ultimi mesi da importanti giornali europei, tra cui Politico, quello che più si occupa delle questioni legate all’Unione Europea. Lo scorso ottobre Politico aveva scritto:

«Bruxelles e i governi nazionali hanno avuto ragione a opporsi inequivocabilmente alle mosse unilaterali e illegali del governo catalano per separarsi dalla Spagna. Ma questa risposta dovrebbe essere un elemento di una strategia europea più ampia, non la sua interezza. L’Unione Europea si è schierata con il primo ministro Mariano Rajoy anche quando alcune delle sue tattiche – nonostante fossero costituzionalmente giustificate – erano politicamente miopi»

Lunedì mattina, dopo l’arresto di Puigdemont, alcuni giornalisti spagnoli hanno notato come le domande durante la quotidiana conferenza stampa del portavoce della Commissione europea fossero soprattutto sulla questione catalana, e soprattutto ostili verso il governo spagnolo e l’UE. María Tejero Martín, corrispondente del Confidencial a Bruxelles, ha scritto che diversi giornalisti, tra cui un italiano, hanno messo in discussione il rispetto dei diritti umani nel sistema spagnolo e hanno comparato la Spagna con la Turchia, paese diventato ormai un regime autoritario.

Claudi Pérez, corrispondente del País a Bruxelles, ha scritto: «La stampa internazionale (belga, britannica e italiana) è tornata alla carica con la Catalogna. I giornalisti chiedono se l’ordine di arresto europeo possa essere usato contro politici che organizzano referendum. Chiedono se la Commissione europea sia soddisfatta del dialogo. Sono stati fatti paragoni con la Turchia».

Nell’ultima settimana c’è stato anche qualche politico che ha espresso pubblicamente solidarietà al secessionismo catalano e ha chiesto che non vengano estradati i politici indipendentisti.

Wolfgang Kubicki, giurista, esponente del Partito liberale democratico e vicepresidente del Bundestag, la Camera bassa del Parlamento tedesco, ha detto per esempio che Puigdemont non dovrebbe essere estradato, perché nel codice penale della Germania non ci sarebbe un reato corrispondente alla ribellione, cioè il reato più grave imputato dalla giustizia spagnola all’ex presidente e agli ex ministri. Al di fuori di alcuni casi prestabiliti, infatti, l’estradizione viene concessa quando c’è corrispondenza del reato in questione tra paese richiedente e paese che ha in custodia il ricercato. Secondo altri, Puigdemont sarebbe stato arrestato proprio in Germania perché il codice penale tedesco prevede una cosa simile alla ribellione, cioè il reato di alto tradimento. Su cosa includa esattamente il reato di ribellione se ne sta discutendo da mesi in Spagna, con grandi divisioni tra gli stessi penalisti spagnoli.

Nicola Sturgeon, prima ministra scozzese e sostenitrice del referendum sull’indipendenza della Scozia dal Regno Unito, ha scritto di appoggiare le richieste di autodeterminazione degli indipendentisti catalani, ma ha aggiunto che per legge il suo governo non può interferire nella decisione sull’estradizione di Clara Ponsatí, oggi rispettata docente dell’Università di St. Andrews (la stessa università ha diffuso un comunicato di solidarietà a Ponsatí).

Nell’ultima settimana la situazione in Catalogna è diventata molto tesa. Gli ex ministri del governo indipendentista guidato da Puigdemont sono stati rimessi in carcere in via preventiva, dopo essere stati liberati una prima volta su cauzione, e verranno processati per ribellione. Poi sono arrivati la notizia dell’arresto di Puigdemont e gli scontri a Barcellona, che hanno provocato più di 90 feriti e qualche arresto. Neus Tomás, vicedirettrice del quotidiano spagnolo Díario, ha descritto gli eventi degli ultimi giorni come «uno shock» per i dirigenti indipendentisti, che lunedì hanno ottenuto di fissare una seduta parlamentare per votare una risoluzione che renda eleggibile Puigdemont a presidente della Catalogna, una strada che era stata considerata illegale dalla giustizia spagnola. Nessuno ha idea di cosa potrebbe succedere nelle prossime settimane.

Finora l’Unione Europea è riuscita a rimanere fuori dalla crisi catalana, nonostante il fronte indipendentista abbia cercato in tutti i modi di trovare una sponda in Europa, più che altro decidendo di non occuparsene in alcuna maniera, e sembra improbabile che la sua posizione cambi nei prossimi mesi: sarebbe troppo rischioso. Anche se la politica europea è per la maggior parte schierata dalla parte del governo di Madrid, ora che la crisi ha iniziato a coinvolgere direttamente altri tre paesi – Germania, Belgio e Regno Unito – la situazione potrebbe complicarsi. Se dovessero essere estradati e incarcerati in Spagna, l’immagine di tutto un ex governo in prigione in un paese dell’Europa occidentale – al di là di quello che si pensi dell’indipendentismo catalano – sarebbe molto potente e diventerebbe sempre più difficile per l’Unione Europea continuare a rimanere fuori da tutta questa vicenda.



DiarioCatalano - alzarsi in piedi

A dispetto del titolo, questo è un post della buonanotte.

Vi auguro buonanotte dicendovi che fra ieri e oggi ci sono state manifestazioni di supporto alla Catalogna in sette centri della Comunitat Valenciana: València, Vila-real, Xàtiva, Sueca Elx, Alacant e Dènia. A queste mobilitazioni hanno preso parte anche deputati valenziani, creando anche qualche imbarazzo ai livelli più alti della Generalitat, dove si percepisce il progressivo avvicinamento di una parte significativa della popolazione alle posizioni indipendentiste, democratiche e repubblicane della confinante Catalogna.

In questi giorni ben cinque capitali europee sono state interessate da azioni a sostegno della Catalogna: nella polacca Varsavia sono stati posizionati centinaia di fiocchi gialli durante la notte; a Bruxelles, proprio davanti alla sede della Commissione Europea, sono stati messi fiocchi e manifestini inneggianti alla liberazione di Puigdemont; a Lisbona si sono mobilitati i militanti catalano-portoghesi del Comitato di Difesa della Repubblica, che hanno ricevuto l’appoggio di un partito nazionale; ad Edimburgo ci sono stati presidii per difendere le ragioni dell’autogoverno della Catalogna e, in particolare, la ex consigliera Clara Ponsatí; a Venezia, proprio nell’aula della massima istituzione veneta, i consiglieri regionali lighisti hanno esposto uno striscione in sostegno dell’autogoverno catalano e cartelli inneggianti alla libertà dei prigionieri politici.

Vi auguro buonanotte dicendovi che in nove centri della Galizia -Coruña, Vigo, Pontevedra, Lugo, Ourense, Compostela, Ferrol, Burela, Redondela- si sono svolti presidii a sostegno della Generalitat, con migliaia di persone che complessivamente vi hanno preso parte. Anche a Palma de Maiorca si è manifestato con l’estelada nella mano e il pensiero ai prigionieri politici catalani. E un presidio si è svolto anche davanti alla prigione di Neümunster, dove è prigioniero Carles Puigdemont, il Presidente legittimo della Catalogna.

Vi auguro infine buonanotte ricordandovi che, per cominciare, basta un fiocco giallo, uno come quelli che una anziana signora barcellonese ha cucito con le sue mani. Li vedete nella foto. E sono la dimostrazione che davvero chiunque può partecipare a questa grande rivoluzione democratica.

Partecipate anche voi, ognuno come può. Ma partecipate.
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Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » mer mar 28, 2018 1:55 pm

Il Parlamento catalano ha approvato una risoluzione presentata dai partiti indipendentisti con la quale:

https://www.facebook.com/comitato27otto ... 3k&fref=nf

1) Il Parlamento chiede l'immediata liberazione di tutti i deputati ed ex membri che sono privati della loro libertà.
2) Il Parlamento si impegna a prendere tutte le misure necessarie per assicurare che Puigdemont e Turull possano esercitare i loro diritti politici, incluso il diritto di sottomettere a dibattito e votazione la propria candidatura a Presidente della Generalitat.
3) Il Parlamento constata che gli stessi criteri che ha dato origine all'adozione di misure precauzionali da parte dell'ONU sono applicabili a tutti i deputati che si trovano nella stessa situazione di privazione della libertà.
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Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » lun apr 02, 2018 8:18 am

DiarioCatalano - sei mesi dopo
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 8286305188

1º Ottobre, 1º Aprile.
Sei mesi dividono questi due giorni: la Pasqua di oggi ci ricorda l'entusiasmo di quelle 24 ore d'autunno e il dolore patito per difendere, nelle settimane che seguirono, le urne, il voto, la democrazia, l'indipendenza.
Niente è perduto, molto c'è da conquistare ancora. La lotta per il diritto di decidere è in pieno svolgimento. Faticosa, a volte estenuante, ma ancora promettente.
In questo giorno, con l'augurio che le lettrici e i lettori di #DiarioCatalano abbiano trascorso una buona Pasqua, propongo, nella traduzione del collettivo•traduim, l'editoriale odierno del direttore di VilaWeb Vicent Partal, e, a suo corredo, il video di Omnium Cultural e Assemblea Nacional Catalana, dedicato ai sei mesi dall'1-O.
Per non dimenticare. Per continuare.


IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE SEI MESI DOPO IL REFERENDUM

Sei mesi fa come oggi si compiva il giorno che avrebbe cambiato tutto, quel primo di ottobre che mai scomparirà dalla nostra memoria. La brutalità che lo stato spagnolo ha esercitato, con l'intenzione di frenare la volontà democratica dei catalani, ha fissato un prima e un dopo, come si vede chiaramente ogni giorno che passa. Il governo della Generalitat è stato capace di proclamare la repubblica il 27 d'ottobre, però non di arrivare al punto di difenderla nè di lasciarla difendere. Allora abbiamo perso una grande occasione, tuttavia la resistenza al colpo di stato, la vittoria del 21-D e l'internazionalizzazione galoppante del processo d'indipendenza fanno sì che questo mezzo anno sia doloroso, molto doloroso, però anche che lo si possa vedere come molto fruttuoso.

È doloroso a causa della repressione che il paese deve affrontare ogni giorno. È doloroso soprattutto a causa dell'ingiustizia che patiscono Jordi Sànchez, Jordi Cuixart, Oriol Junqueras, Joaquim Forn, Raül Romeva, Carme Forcadell, Dolors Bassa, Jordi Turull e Josep Rull. È doloroso a causa della difficile situazione di Carles Puigdemont, in esilio e ora detenuto in una prigione tedesca. È doloroso perchè Clara Ponsatí, Lluís Puig, Meritxell Serret, Toni Comín, Anna Gabriel e Marta Rovira hanno dovuto abbandonare la propria casa per poter continuare ad essere liberi. Questi sedici nomi sono oggi la bandiera della libertà, e la loro difesa è il nostro dovere più grande. Essi sono nella situazione in cui sono perchè il governo spagnolo ha rinunciato a fare politica, come la farebbe qualsiasi stato democratico, e perchè la giustizia spagnola ha fabbricato una causa scandalosa che non ha alcuna base fattuale e che risponde soltanto alla vendetta politica del nazionalismo più escludente ed estremo.

Il sacrificio di questi sedici uomini e donne, e quello di tutto il resto dei processati e quello del migliaio abbondante di persone che hanno ricevuto i colpi e le aggressioni della polizia spagnola il 1º di Ottobre non sono vani, però. Nel paese essi hanno consolidato una forza favorevole all'indipendenza come mai si era vista prima d'ora. A livello internazionale hanno generato il più grande dei cambiamenti possibili: hanno messo in luce il carattere repressivo e antidemocratico dell'ordinamento costituzionale spagnolo. E ciò sarà determinante nelle settimane e nei mesi che verranno.
Sei mesi dopo il referendum che ha cambiato tutto, in Europa si sta imponendo la percezione che la Spagna è uno stato autoritario, incapace di gestire la pluralità e di accettare un dibattito politico normale, come fanno le democrazie avanzate. La follia repressiva in cui si è chiuso il governo spagnolo affonda lo stato iberico un po' di più ogni giorno che passa e rende impercorribile la normalizzazione della vita pubblica catalana, che Rajoy ha promesso al PSOE e alla Commissione Europea, i due alleati indispensabili e necessari per poter generare il colpo di stato mascherato da applicazione dell'articolo 155, seguito alla proclamazione dello stato indipendente.

In modo particolarmente importante, l'internazionalizzazione del procés catalano pone sul tavolo la dimensione europea del procés stesso, una dimensione che l'indipendentismo sempre aveva sottolineato come imprescindibile. Il governo spagnolo e la Commissione Europea brigavano per fare della questione catalana un ‘affare interno’ nel quale Rajoy avesse le mani libere per fare e disfare. E, in questo ambito, la sconfitta è già totale e completa, in buona parte grazie al lavoro dei politici esiliati e, specialmente, del presidente della Generalitat. La Commissione Europea continua a tenere la testa sotto la sabbia di fronte alla realtà però oggi, alla luce del Selmayrgate [lo scandalo riguardante la nomina di Martin Selmayr a segretario generale della Commissione, n.d.t.] risulta evidente che la causa non va cercata in noi, bensì nella struttura mafiosa della Commissione stessa. In cambio gli stati, alcuni stati europei, ci hanno dimostrato con i fatti, durante questi sei mesi, il proprio rispetto, il rispetto verso la democrazia e verso il diritto all'autodeterminazione. Perchè, ditemi, chi sarebbe capace oggi di affermare che il Belgio è contro la Catalogna? Che la Svizzera è contro la Catalogna? Che il Portogallo, l'Irlanda, la Slovenia o la Danimarca sono contro la Catalogna? Che la Finlandia è contro la Catalogna?

Sei mesi dopo, però, è soprattutto nel nostro paese che i cambiamenti vanno prendendo forma. L’autonomia è scomparsa e la repubblica viene percepita come l’unica opportunità d’autogoverno possibile per il Principato [la Catalogna, n.d.t.]. L’offensiva spagnolista, che è giunta all'apice in novembre, è chiaramente divisa e la rottura del blocco del 155 si fa evidente. E la resistenza della gente nelle strade ha impedito che la violenza dello spagnolismo riuscisse ad imporsi. Ogni fiocco giallo, ogni bandiera, ogni cartello, ogni presidio, ogni manifestazione, ogni dibattito, ogni atto pubblico, ogni sessione del parlamento, ogni mozione municipale, ogni articolo, ogni pubblicazione, ogni libro, ogni canzone, ogni blocco stradale, ogni riunione, ogni raccolta di firme, ogni versamento alla cassa di solidarietà, ogni scritta sui muri, ogni lettera inviata alle prigioni, ogni voto, sono serviti e sono stati una barriera contro il fascismo e l'imposizione antidemocratica che gli eredi del franchismo sognavano di conseguire. Bisogna, per questo motivo, dire grazie a moltissima gente, a milioni di persone, di fatto, che non hanno cessato di fare massa critica nel paese nemmeno nel momento in cui lo scoramento sembrava riuscire ad imporsi. Quando gli altoparlanti mediatici maggiormente gridavano, con toni più ansiogeni e disprezzo verso l'effettiva realtà delle cose.

Le prossime settimane, ancora una volta, rimetteranno tutto in gioco. L'esito delle domande d'estradizione e la formazione di un governo al parlamento, o nuove elezioni se ciò non avverrà, porranno nuove opportunità sul tavolo. E bisognerà saper approfittarne, meglio di come è stato fatto in ottobre. Specialmente adesso che l'Europa già comincia ad essere cosciente che con il 155 non si riuscirà a piegare i catalani, che questa storia della disfatta dell'indipendentismo è una fantasia, un wishful thinking, adesso che l'Europa constata ogni giorno con maggiore sorpresa la reale natura del regime del 1978 [anno in cui è stata approvata la Costituzione spagnola tuttora in vigore, n.d.t.].

Sta adesso, perciò, all'indipendentismo dimostrare che soltanto la democrazia può risolvere un conflitto politico che noi catalani abbiamo sempre voluto che fosse tale, e che per contro la Spagna ha sempre rifiutato di affrontare in quanto tale, cosa che ha creato il problema in cui ci ritroviamo. Un problema che ci coinvolge tutti: i catalani, gli spagnoli e, ora sì e finalmente, tutti gli europei. In ottobre l'Europa è rimasta ai margini, in tensione ma ai margini. Adesso, però, già non può più mantenere tale atteggiamento, ed è divenuta un attore fondamentale perchè il conflitto definitivamente la coinvolge e coinvolge i suoi stati membri. Ci sarà, per questo motivo e molto sicuramente, un patto politico, un accordo per risolvere ciò che non si può risolvere in altra maniera che con la democrazia. E dovrà esserci, questo accordo, perchè altrimenti la stabilità della Spagna e ormai anche quella dell'Unione Europea correranno un grave pericolo.

Il giorno in cui, però, arriveranno il patto politico e la proposta di negoziazione, i cittadini del Principato dovranno essere coscienti che è il popolo che governa e decide in ultima istanza, e non i partiti nè le istituzioni da soli. Ma anche che ci sono sedici persone che hanno dato tutto per noi e che meritano tutto il nostro supporto e la nostra riconoscenza. E ci sarà da riconoscere adeguatamente che se in ottobre l'indipendentismo non avesse difeso le urne e proclamato la repubblica, niente si sarebbe mai mosso.

Non sarebbe ragionevole, pertanto, accettare un patto al ribasso, quando abbiamo già dimostrato ampiamente che il problema è la Spagna e il suo regime tirannico, che la nostra disfatta è una chimera insensata e che la repubblica che il parlamento ha proclamato il ventisette d'ottobre è l'unica soluzione possibile che abbiamo per vivere in un paese degno, giusto e migliore per tutti. Assolutamente per tutti.
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Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » gio apr 05, 2018 8:17 pm

La decisione dell'Alta Corte dello Schleswig-Holstein, in Germania. Respinta l'accusa di "ribellione", ma il mandato di cattura internazionale pende ancora sul leader indipendentista catalano
TONIA MASTROBUONI
2018/04/05

http://www.repubblica.it/esteri/2018/04 ... -193090823

BERLINO - Carles Puigdemont può lasciare il carcere: contraddicendo la richiesta della procura, Il tribunale superiore dello Schleswig-Holstein ha deciso la libertà condizionata per il leader indipendentista catalano.

In attesa di un verdetto sull’estradizione, dietro il pagamento di una cauzione di 75mila euro, Puigdemont torna per ora in libertà, anche alleggerito da un’accusa che secondo i giudici è inconsistente: quella di “ribellione”. Tuttavia i togati non ritengono che in Spagna corra il rischio di una persecuzione politica.

Rigettando l’accusa di “ribellione”, il tribunale non sembra aver accolto l’indicazione della procura, che considera quel reato, inesistente nel codice penale tedesco, l’equivalente di “alto tradimento”. Secondo il tribunale, potrebbe essere plausibile invece la richiesta di estradizione per “corruzione” e abuso di fondi pubblici.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » ven apr 13, 2018 7:02 am

TOCCA A NOI -2
13/04/2018

https://www.facebook.com/comitato27otto ... 4385016027

"El gran inquisidor" Pablo Llarena, ormai braccio giudiziario del governo Rajoy, per la seconda volta impedisce che Jordi Sànchez possa uscire di prigione per essere eletto presidente della Generalitat.
Questo nonostante la corte dei diritti dell'uomo abbia già accusato la Spagna di aver violato i diritti politici di Jordi Sànchez. L'azione repressiva però non conosce limiti, pertanto procede dritta come se nulla fosse (l'arresto dei membri del CDR è un altro esempio lampante) e lo continuerà a fare, fino al giorno in cui andrà a sbattere contro un muro.
Nel frattempo la maggioranza indipendentista cerca di riorganizzarsi per l'ennesima volta, oggi dovrebbe svolgersi una riunione tra i gruppi, per cercare di convincere anche i più scettici a virare verso l'investitura di Carles Puigdemont.

Ne approfittiamo per rinnovare ancora una volta l'invito ad essere presenti domenica alla manifestazione di Milano: LA DEMOCRAZIA IN EUROPA È IN PERICOLO, STA A NOI DIFENDERLA!




Radio Barcellona - In piedi
https://www.facebook.com/crippa.stefano ... 1998147057

È giunto il momento di unirsi alla protesta e di cavalcare il vento che soffia in tutta Europa.
È il momento di alzarsi in piedi ed urlare la nostra indignazione, la nostra voglia di resistere agli eredi di Franco, Mussolini e Stalin.
In piedi per la nostra libertà di esprimere le nostre idee e per pretendere di vivere in un'Europa che non sia lo specchio di quella del 1938.
In piedi perchè non possiamo accettare che esistano dei prigionieri politici nell'Europa del 2018.
In piedi per la Giustizia, la pace e la libertà.
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Per questi motivi Radio Barcellona vi invita a partecipare alla manifestazione organizzata dal CDR Milano, dall'ANC Italia e dal comitato 27 ottobre che si svolgerà domenica 15 in contemporanea con molte altre che sono state convocate in tutta Europa. (A Barcellona la principale)
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Libertà d'espressione
prendiamo posizione
che risuoni nelle prigioni
I Borboni sono dei ladroni

Libertà d'espressione
prendiamo posizione
che risuoni nelle prigioni
ne giudici, ne procuratori, ne Borboni

(Il link per l'intera canzone https://www.youtube.com/watch?v=ySqxLQ-UsNo )
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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