L'Europa sta svoltando a destra via dal social nazicomunismo

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Messaggioda Berto » mar set 11, 2018 8:02 pm

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Messaggioda Berto » mar set 11, 2018 8:02 pm

Trump, America mai sottomessa al terrore
2018/09/11

http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews ... 05674.html

(ANSA) - WASHINGTON, 11 SET - "L'America non sarà mai sottomessa al terrorismo": lo ha detto Donald Trump ricordando le vittime dell'11 settembre 2001 in Pennsylvania, dove precipito' il volo 93 della United. "A bordo c'erano dei patrioti, degli eroi americani che hanno salvato il Congresso", dove probabilmente era diretto l'aereo. "Non ci piegheremo alla tirannia. Il futuro dell'America non è scritto dai nostri nemici ma dai nostri eroi", ha aggiunto Trump che poi ha ripercorso le storie di alcune delle vittime del volo 93 della United che cercarono in tutti i modi di fermare i dirottatori, come emerse dalle ultime disperate telefonate e dai messaggi ai familiari.
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Messaggioda Berto » mar set 11, 2018 8:03 pm

Amare e aiutare chi ti fa del male non è un bene ma un male
viewtopic.php?f=141&t=2542

Non portarti la morte in casa, non hai colpe né responsabilità
viewtopic.php?f=194&t=2624
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Messaggioda Berto » mar set 11, 2018 8:04 pm

Questo è un uomo!

Orbán all'Europarlamento: "Non accettiamo minacce e ricatti. Non saremo patria di immigrazione"
Il premier ungherese interviene davanti alla plenaria di Strasburgo "per difendere l'Ungheria che da mille anni è membro della famiglia europea"
11 settembre 2018

https://www.repubblica.it/esteri/2018/0 ... 69302/?rss

STRASBURGO - Dopo aver anticipato parzialmente il suo discorso con diversi post sul proprio profilo Facebook, il premier ungherese Viktor Orbán ha parlato oggi a Strasburgo al Parlamento europeo nell’audizione sul rapporto Sargentini in cui si deciderà se sanzionare o meno Budapest sulla violazione dello stato di diritto. “Voi vi siete fatti già un’idea su questa relazione, e il mio intervento non vi farà cambiare opinione, ma sono venuto lo stesso. Non condannerete un governo, ma l’Ungheria che da mille anni è membro della famiglia europea. Sono qui per difendere la mia patria”, ha detto il primo ministro ungherese, che ha difeso il proprio operato soprattutto per il largo consenso che il suo governo riscuote in patria. E proprio confortato dal consenso interno, Orban non ha avuto problemi a schierarsi direttamente contro le istituzioni europee: “L'Ungheria sarà condannata perché ha deciso che non sarà patria di immigrazione. Ma noi non accetteremo minacce e ricatti delle forze pro-immigrazione: difenderemo le nostre frontiere, fermeremo l'immigrazione clandestina anche contro di voi, se necessario”. Il leader di Fidesz, che a Bruxelles fa parte della famiglia del Partito popolare europeo, ha affermato come le misure sull’immigrazione siano state prese sulla base della volontà espressa dal popolo ungherese: “Siamo noi a difendere le nostre frontiere e solo noi possiamo decidere con chi vivere. Abbiamo fermato centinaia e migliaia di migranti clandestini e abbiamo difeso l'Ungheria e l'Europa. Gli ungheresi hanno deciso che la nostra patria non sarà un paese di immigrazione”.
Gli attacchi sono poi proseguiti: per Orban, la Ue con la relazione – che “contiene 37 errori” - ha voluto “buttare alle ortiche accordi conclusi da anni”, considerando anche i compromessi accettati da Budapest sul sistema giudiziario ed elettorale. “State dando un colpo grave al dialogo costruttivo. Condannerete l’Ungheria che con il suo lavoro e il suo sangue ha contribuito alla storia della nostra magnifica Europa, che si è sollevata contro l’esercito più importante del mondo, quello sovietico, e che ha pagato un forte scotto per difendere la democrazia”. Il primo ministro ha concluso il suo discorso dicendo che “per la prima volta nella storia dell’Ue volete escludere un popolo dalle decisioni dell’Unione”.

Intervenuta all’inizio della audizione per presentare il proprio rapporto, l’eurodeputata olandese dei Verdi Judith Sargentini ha accusato l’Ungheria di aver silenziato i media indipendenti, messo il guinzaglio alle università, rimpiazzato i giudici indipendenti con altri più amichevoli e deciso quali chiese possono pregare e quali no. Per questo, ha detto Sargentini, “agire è nostro dovere. Siamo tutti guardiani dei trattati e abbiamo il dovere di proteggere il diritto dei cittadini europei a vivere in società” democratiche.

Il leader dei Popolari al Parlamento europeo, Manfred Weber (candidato alla presidenza della Commissione), ha dichiarato che il Ppe “deciderà stasera sul voto di domani, ma voglio dire a tutti che se non ci sarà la disponibilità a risolvere tutti i problemi da parte del governo ungherese, si farà scattare l’articolo 7.1” del Trattato sull’Unione europea, che potrebbe portare alla sospensione del diritto di voto dell’Ungheria nel Consiglio Ue. Citando la legislazione ungherese sulle Ong, Weber ha aggiunto che “va bene chiedere trasparenza alle Ong, ma non possiamo essere d'accordo su un clima in cui le Ong che criticano il governo hanno dei problemi a lavorare".

Guy Verhofstadt dei conservatori ha invitato i membri del Ppe a “seguire la propria coscienza. Siamo di fronte ad una battaglia per la sopravvivenza del progetto europeo: Orban e Salvini vogliono distruggere la nostra Unione. Per amore europeo abbiamo bisogno di fermarlo. Allo stato attuale, sarebbe impossibile oggi per l’Ungheria aderire alla Ue”.

Non sono però mancati messaggi di solidarietà al premier ungherese. Nigel Farage ha invitato Orban ad unirsi al gruppo della Brexit, aggiungendo che “per fortuna c’è un europeo disposto a difendere il suo popolo, la sua nazione, la sua tradizione di fronte a questo bullismo”. Fuori dalle aule del parlamento, invece, Marine Le Pen ha difeso con un tweet il primo ministro ungherese: “Di fronte ai 'professori' del Parlamento europeo che calpestano la democrazia sostenendo di difenderla, #Orban è rimasto irremovibile: ‘non cederemo al ricatto della pro-immigrazione, l'Ungheria difenderà le sue frontiere e fermerà l'immigrazione clandestina’. Bravo!”.
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Messaggioda Berto » lun ott 08, 2018 6:19 am

Ue, 5 Stelle hanno deciso: "Sì alle sanzioni contro Orbán". Strappo con Salvini. Forza Italia voterà no
di ANNALISA CUZZOCREA
2018/09/11

https://www.repubblica.it/politica/2018 ... -206150596

"Voteremo a favore delle sanzioni". Fonti del Movimento 5 stelle confermano a Repubblica - già in tarda mattinata - che i parlamentari europei andranno contro la linea espressa dalla Lega di Matteo Salvini, e appoggeranno la risoluzione di condanna dell'Ungheria nel voto di domani a Strasburgo. Nel pomeriggio poi la conferma ufficiale: Per noi Orban, Macron, Merkel e Junker sono fatti della stessa pasta. Hanno lasciata sola l'Italia perché non aprono i loro porti e non accettano i ricollocamenti dei migranti. Il M5S è in Europa per difendere gli interessi degli italiani!". Tra i due alleati del governo gialloverde si consuma così un nuovo strappo, mentre l'asse tra Orbán e Salvini appare sempre più forte.

LO STRAPPO M5S-LEGA
Il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha preannunciato e motivato il suo voto contro le sanzioni con queste parole: "Voteremo in difesa di Orbán, l'europarlamento non può fare processi ai popoli e ai governi eletti".
Quando gli viene chiesto di commentare la scelta grillina, Salvini sostiene che non ci sono problemi con l'alleato ma dice: "Ognuno è libero di scegliere cosa fare: la Lega in Europa sceglie la libertà". Con il voto di Strasburgo, Lega e 5Stelle esprimeranno due opposte visioni dell'Unione. Una contrapposizione che era emersa anche in occasione della visita di Orban in Italia, quando i capigruppo 5Stelle di Camera e Senato avevano sottolineato che l'incontro riguardava solo Salvini come politico e non coinvolgeva il governo. Un elemento di tensione che arriva all'indomani dell'affondo durissimo di Alessandro Di Battista contro la Lega. "Le politiche migratorie di Orban vanno contro gli interessi italiani, quindi Orban non può essere mio alleato", aveva detto tra l'altro Di Battista.

BERLUSCONI VOTA COME SALVINI
Sul caso Orban, peraltro, Salvini recupera l'unità con Berlusconi. Perché anche Forza Italia - membro del Ppe - fa sapere che voterà no alle sanzioni. C'è anche stata una telefonata tra il premier ungherese e Silvio Berlusconi. Polemico il Pd: "La destra italiana compatta su Orban, quello che alza i muri, quello che dice i rifugiati sono un problema degli italiani. Sovranisti a casa nostra, zerbini in Europa" twitta il segretario Maurizio Martina. Questo mentre il Ppe prende tempo: "La mia famiglia politica deciderà stasera sul voto di domani" sull'Ungheria, "ma voglio dire a tutti che se non ci sarà la disponibilità a risolvere tutti i problemi da parte del governo ungherese, si farà scattare l'articolo 7.1", ha detto il leader dei Popolari al Parlamento Ue Manfred Weber.

MELONI: "CONDANNA SAREBBE UNA FOLLIA"

E il fronte del centrodestra italiano si ricompatta del tutto con la presa di posizione di Giorgia Meloni, che peraltro si fece fotografare con Orban in campagna elettorale. Il suo appoggio al premier ungherese è totale: "Sanzionare l'Ungheria perchè si rifiuta di essere invasa da immigrati clandestini è semplicemente follia. Non è Orban a tradire i valori fondanti della Ue ma chi nella Ue spalanca le porte all'immigrazione incontrollata, umilia i diritti dei popoli e nega la sovranità delle nazioni".

L'ATTACCO DI ORBAN
Il premier ungherese, Viktor Orbán, ha preso la parola davanti al Parlamento di Strasburgo. Ma prima si è espresso su Facebook: "Il giudizio contro di noi è già scritto". Poi, in aula, ha attaccato a testa bassa: "Non cederemo al ricatto, fermeremo la migrazione clandestina anche contro di voi se sarà necessario, siamo pronti per elezioni di maggio. Difendo la mia patria, che ha combattuto per le libertà democratiche contro i comunisti, voi volete emettere una condanna delle scelte degli elettori ungheresi".

Il voto di domani è sulla risoluzione che chiede di attivare l'articolo 7 del Trattato contro l'Ungheria. Una mossa cui si ricorre solo in casi estremi, quando c'è un "evidente rischio di violazione dei valori da parte di uno Stato membro". Le accuse contro Budapest riguardano le politiche adottate nei confronti di media, università, giudici.



ORBAN E I MAGHI DELLA UE
Niram Ferretti

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

E così Viktor Orban è stato messo sotto processo dall'Unione Europea. La colpa di Orban sarebbe quella di non volersi sottomettere insieme agli altri paesi dell'Est Europa al verbo della teologia immigrazionista a traino tedesco, uno dei capisaldi della UE.

Orban ha osato contrapporsi a George Soros e alla sua tentacolare Open Society Foundations la quale lavora indefessamente con 18 miliardi di dollari di budget per un mondo post-nazionale e post-identitario, un mondo in cui i confini e le tradizioni specifiche dei paesi saranno abolite (attenzione non quelli dei paesi islamici, ma di quelli liberali e democratici), per fare posto a una utopia universalista in cui emergerà l'Umanità.

È un vecchio progetto che discende dal radicalismo illuminista e poi si incarna nell'utopia comtiana e marxista. Un progetto gnostico.

In questa prospettiva, la UE incarnerebbe le forze del Progresso, mentre Orban e gli altri paesi dell'Est europeo che si sono opposti alle decisioni della Germania in merito all'immigrazione, sarebbero, come è sempre, le forze delle tenebre.

Anche Israele e gli Stati Uniti sono considerati, in questo senso, stati regressivi perché hanno un forte senso di sè, difendono i propri confini, e non sono disposti a rinunciare alla propria identità specifica.

Orban non è certamente un liberale, ma il punto non è questo, l'avversione nei suoi confronti deriva in primis per il suo rifiuto di piegarsi al dogma immigrazionista e alla presunzione megalomane della UE di incarnare il futuro del continente.

Ci sarebbe da discutere, se è meno liberale Orban, o un conglomerato di paesi che pretende di decidere come deve essere il futuro dell'Europa sulla base della convinzione di conoscere le leggi della storia.

Il pericolo maggiore non è Orban o chi la pensa come lui, definito sbrigativamente come "populista" o "sovranista", termini fatti apposta per bollare chi si appone alla narrativa dominante, ma chi pretende di guidare il nostro futuro sulla base della propria scienza magica.


Niram Ferretti
Sono d'accordo. È nella logica delle cose. Ma attenzione, essere parte della UE non significa dovere sottoscrivere in toto ogni posizione che essa assume. Inutile continuare a girarci incontro, il dogma dell'immigrazione e la sua gestione eterodiretta da Berlino non può essere imposto con la conseguenza che chi vi si oppone è scomunicato.

Niram Ferretti
Sì, ma Soros è portatore di una riedizione del progetto comtiano e poi marxista della Società dell'Umanità, in cui identità culturali e nazionali sono dissolte. L'identità occidentale è cosa vasta. No è certo solo democrazia e liberalismo. La democrazia illiberale è, evidentemente, un ossimoro, ma un paese come gli Stati Uniti è pienamente e profondamente occidentale e non ha certo mai rinunciato alla propria forte identità, In Unum pluribus. L'Ungheria ha, ovviamente un'altra storia. Come Israele, altro paese fortemente avversato dalla teologia postnazionalista della UE. L'immigrazione è oggi la questione principale, ed è su questa questione che ci definiremo nei prossimi anni. Daniel Pipes che guarda con grande attenzione a cosa si muove nell'Europa dell'Est, ha rigettato termini come "populista" e "sovranista" preferendogli "civilizzazionista". Si tratta di paesi che sono in primis in difesa della loro tradizione cristiana e che non hanno alcuna intenzione di volerla gettare alle ortiche per sostituirla con la religione laica dell'Umanità. P.S. Personalmente considero Popper un mediocre scienziato politico. Dei filosofi greci non aveva capito nulla. C'è una magnifica corrispondenza tra Eric Voegelin e Leo Strauss, in cui viene fatto a pezzi. In ogni caso, come sai Pierfrancesco, la società aperta di Soros non ha niente a che vedere con quella di cui parlava Popper.

Pierfrancesco Bottero
Infatti , Niram, ho scritto che ritengo la società aperta un valore da difendere... e ho aggiunto..." no, non Soros, forse Popper". Su questi temi, abbiamo già discusso in passato (a proposito di Trump), abbiamo qualche idea in comune (Israele, minaccia islamista o islamica, radici giudaico-cristiane dell'Europa, persino identità fra venuta del Messia ebraico e Parusia ) e qualche idea e giudizio ...divergente (io sono più europeista, mondialista...liberale). Shalom

Niram Ferretti
Ma Pierfrancesco, potremmo stare qui a lungo e ragionare sul concetto di europeismo. Anche io sono europeista, ma la mia idea di Europa non coincide con quella della UE. Tutto qui. Non credo in una Europa post-nazionale e post-identitaria, non credo negli organismi sovranazionali se non ad uso limitato, mi considero un hobbesiano per quanto riguarda l'idea base che il mondo in cui viviamo è un mondo minaccioso e bisogna salvaguardarsi adeguatamente senza mai abbassare la guardia. Poi, ben vengano in spirito di dialogo e mutuo scambio anche i giudizi divergenti.

Pierfrancesco Bottero
Niram Ferretti ovviamente... non parlo degli attuali indirizzi dominanti della UE .... ma credo che la Ue vada difesa e che l'alternativa sia la riduzione di tutti i paesi europei a province marginali di un'Eurasia guidata da identita' forti ma non molto .... apprezzabili, con gli occhi a mandorla. Shalom

Niram Ferretti
Sì so bene cosa intendi Pierfrancesco, e certamente la dissoluzione della UE farebbe gli interessi di Putin. Concordo pienamente. Tuttavia, questa UE, così com'è non può andare molto lontano. E' nata morta e si trascina morta dalla sua nascita. La verità è che l'Europa è stata distrutta da due guerre mondiali. Quel mondo è finito nel 1945. Successivamente si è continuato a chiamare Europa l'agglomerato difeso dagli Stati Uniti, ma oggi gli Stati Uniti non hanno più questa vocazione. Ognuno dovrebbe fare per sè, ma chi ci riesce veramente? Eppure la UE non garantisce nessuno e niente. Siamo al cospetto di una serie di aporie.

Pierfrancesco Bottero
In gran parte vero, ma non vedo alternativa a una pur lenta, contraddittoria, zigzagante, faticosa, lunga (generazioni..) convergenza. O meglio, le alternative che vedo....sono peggio.

Niram Ferretti
L'Europa dell'Est esiste, si contrappone alla progressiva mancanza di identità dell'Europa occidentale che è, a mio giudizio, un processo irreversibile. L'Austria di Kurtz è già spostata più verso est che ovest. I confini chiusi all'immigrazione imposta sono anche metaforici, sono spazi di delimitazione della propria sovranità, della propria identità da salvaguardare non solo da una immigrazione che non è disposta all'integrazione, ma anche dalla dissoluzione identitaria dell'Europa occidentale. Forse ci aspetta una post-Europa divisa in due, ma non necessariamente Eurasia. Non la vedo la Polonia e la Repubblica Ceca tornare sotto l'egida dei russi e francamente, malgrado i rapporti cordiali di Orban con Putin nemmeno l'Ungheria.

Pierfrancesco Bottero
Da Bela Kun in poi... per parlare dell'Ungheria soltanto (ma vale per quasi tutti) dopo la dissoluzione dell'impero asburgico, non trovo esempi edificanti nella storia politica del paese. L'Italia dell'Est non mi piaceva ai tempi della Cortina, non mi piace neppure adesso. Sono troppo... occidentale, nel bene e nel male. Rispetto alla Russia (ma c'è incombente anche la nuova potenza globale cinese) l'Europa dell'Est potrà alla lunga resistere solo ancorandosi a Ovest, e gli Stati Uniti non so per quanto saranno ancora interessati al teatro europeo in genere...
Per non parlare delle questioni fra europei orientali... ad iniziare da Ungheria e Romania, paesi balcanici, eccetera. Se uniti e difficile, per dirla con Totò... sparpagliati é impossibile. Shalom


Ungheria: “Non sottomettersi all’Islam”,
di Daniel Pipes
18 agosto 2018
http://www.linformale.eu/ungheria-non-s ... niel-pipes

Nessun capo di governo europeo si esprime nemmeno lontanamente come il premier ungherese Viktor Orbán. Ad esempio, quest’ultimo ha di recente parlato di costruire in Ungheria un “ordine costituzionale fondato su basi nazionali e cristiane”, per evitare in tal modo un futuro in cui “l’intera Europa [sia] (…) sottomessa all’Islam”.

Questa, in breve, è la rottura causata da Orbán, 55 anni, e dal suo partito Fidesz. Egli delinea obiettivi esplicitamente conservatori (o nella sua terminologia “illiberali”) che difendono “un modo di vivere che scaturisce dalla cultura cristiana” e rifiuta l’influenza musulmana. In tal modo, Orbán ha minato il consenso a livello europeo e ha incoraggiato gli elettori in Polonia, Austria, Italia e Germania a opporre resistenza a ulteriori flussi migratori incontrollati.

Naturalmente, i media occidentali rispondono a questa presunzione con implacabili critiche. E alcune di esse sono meritate, come l’acquisizione da parte del governo ungherese di quasi tutto l’apparato mediatico, le pressioni esercitate sulle Ong ostili, le violazioni di Orbán dell’indipendenza della magistratura, la sua corruzione e le sue politiche pro-Putin. Un mio interlocutore, nel corso della mia recente visita in Ungheria, ha paragonato in modo allarmante il profondo impatto di Fidesz sulla società a quello avuto dal Partito Comunista durante l’era sovietica (1944-1989).

Ma le altre critiche mosse al governo sono esagerate o ingiuste. Sì, gli ebrei locali si lamentano di una maggiore ostilità, ma gli episodi antisemiti sono diminuiti e l’Ungheria è il posto più sicuro in Europa per gli ebrei osservanti. Orbán sostiene ragionevolmente che accogliere un gran numero di migranti musulmani antisemiti sia la vera minaccia per gli ebrei. I suoi forti attacchi a George Soros, un ebreo antisionista e discutibile, non sono più antisemiti di quelli di David Horowitz o Black Cube. L’Ungheria è il paese europeo che intrattiene i migliori rapporti con Israele.

In un sorprendente ribaltamento del consueto schema occidentale, le istituzioni ebraiche di Budapest operano allo scoperto, mentre Amnesty International “si nasconde dietro un’arrogante e protettiva porta di metallo”.

Il governo non è anti-musulmano. Sì, è vero, Orbán ha criticato violentemente i migranti illegali definendoli “non profughi, ma una forza d’invasione musulmana” e ha affermato che “un ampio numero di musulmani porta inevitabilmente alla formazione di società parallele, perché la comunità cristiana e quella musulmana non si uniranno mai”. Ma i musulmani che seguono le regole sono accolti con favore.

Sono numerosi i turisti musulmani che si recano in Ungheria, come si può ben vedere facendo una passeggiata sulle rive del fiume Danubio. Sono disponibili anche visti più lunghi. Per quattro anni, dal 2013 al 2017, il partito di governo Fidesz ha messo in vendita i “settlement bonds”, una sorta di Bot della “residenza”, del costo di 350mila euro, e in cambio dell’acquisto si offrivano passaporti ungheresi, anche a molti musulmani. Circa 20mila studenti, soprattutto islamici provenienti dalla Turchia, dal Libano, dagli Emirati Arabi e dall’Indonesia, hanno beneficiato di un programma di assegnazione di borse di studio chiamato Stipendium Hungaricum.

I migranti musulmani hanno ruoli visibili in varie attività economiche: nell’ambito della medicina e dell’ingegneria, nel settore immobiliare, del cambio valuta, ma sono anche titolari di ristoranti e panetterie. Un artista turco, Can Togay, ha ideato e realizzato l’inquietante memoriale dell’Olocausto intitolato “Le Scarpe sulla Riva del Danubio”.

In un referendum dell’ottobre 2016, il 98,4 per cento degli ungheresi ha bocciato le quote di richiedenti asilo assegnate al loro paese dall’Unione europea. Certo, una campagna governativa per il “no” e un boicottaggio dell’opposizione hanno inflazionato artificiosamente questa percentuale, ma l’esito del referendum ha rivelato l’esistenza di una maggioranza contraria a una immigrazione di massa incontrollata. Come mi ha detto un alleato di spicco di Orbán: “Ci piacciono i musulmani, ma lontano da qui”.

Nei dibattiti sorti a Budapest e focalizzati sul perché gli ungheresi (e i loro vicini) ) reagiscono in modo così negativo ai flussi migratori non controllati, sono emersi molteplici fattori:

I ricordi negativi dell’aggressione ottomana e dell’occupazione dei territori ungheresi durano da più di 150 anni.
L’insicurezza sulla sovranità, dopo che il paese divenne indipendente dall’Unione Sovietica solo 29 anni fa.
“L’ideologia di Bruxelles è poco allettante come quella di Mosca”, mi ha detto Dávid Szabó della Századvég Foundation, spiegandomi per quale motivo gli ungheresi hanno volto lo sguardo alla tradizionale cultura orientata in senso cristiano.
La consapevolezza dei problemi associati alla migrazione musulmana verso l’Europa occidentale, compresa la poligamia, i delitti d’onore, le bande di stupratori, le “no-go zones” parziali, i tribunali della Sharia e le società parallele.
La mancanza di fiducia nei confronti dell’Europa occidentale, ispirata da atteggiamenti americani, che ogni migrante possa essere integrato.
La propensione per il calo demografico (a causa del basso tasso di natalità e dell’elevata migrazione) per l’arrivo di persone provenienti da una civiltà straniera; come mi ha detto un ungherese: “Meglio avere dei paesini vuoti che dei villaggi abitati da somali”.
L’ottimismo che la popolazione ungherese, la quale diminuisce di circa 30mila persone l’anno, possa essere incrementata senza la migrazione musulmana attraverso delle politiche favorevoli alla natalità, concedendo la cittadinanza agli ungheresi etnici che vivono fuori dell’Ungheria e attirando immigrati dai paesi dell’Ue.

“Anche se Orbán governa un piccolo paese, il movimento che egli rappresenta è di importanza globale”, osserva l’analista bulgaro Ivan Krastev. Un sondaggio sull’influenza esercitata a livello mondiale da 80 paesi potrebbe classificare il suo potere solo al 73° posto, ma l’Ungheria tende ad acquisire una centralità senza precedenti in Europa, con Orbán che sta diventando il più importante leader del continente.

Addenda del 14 agosto 2018:

(1) Nell’articolo ho parlato dei “ricordi negativi dell’aggressione ottomana e dell’occupazione dei territori ungheresi”, ma c’è anche un lato più positivo, come simboleggiato dalla straordinaria carriera del convertito ungherese all’Islam, Ibrahim Müteferrika (1674–1745) e da tre eroi nazionali che si rifugiarono nell’Impero ottomano: Imre Thököly (1657-1705), Ferenc Rákóczi (1676-1735) e Lajos Kossuth (1802-1894).

(2) Orbán considera i musulmani una minaccia politica alla sua visione di una tradizionale cultura cristiana. Come egli spiega:

“Potrebbe presentarsi la situazione in un paese in cui il 10 per cento o più della popolazione totale è musulmana. Possiamo essere sicuri che non voteranno mai per un partito cristiano. E se aggiungiamo a questa popolazione musulmana le popolazioni di origine europea che stanno abbandonando le loro tradizioni cristiane, allora non sarà più possibile vincere le elezioni sulla base delle fondamenta cristiane. Questi gruppi che preservano le tradizioni cristiane saranno costretti a lasciare la politica, e le decisioni sul futuro dell’Europa saranno prese senza di essi”.

(3) Per “fondamenta cristiane”, Orbán intende che “[il nostro] dovere non è difendere i canoni delle fede, ma le caratteristiche della vita, per come si sono da essi originate. Queste includono la dignità umana, la famiglia e la nazione”.

(4) John O’Sullivan (che vive a Budapest) definisce il governo ungherese nazional-conservatore e ritiene che esso si stia

“Avviando verso un nuovo spettro politico – quello in cui un partito nazional-conservatore di ampia portata, Fidesz, domina il centro della politica, con un partito progressista della classe media alla sua sinistra e un partito populista delle classe operaia alla sua destra. È possibile vedere come siano emersi modelli simili (anche se non identici) in altre recenti elezioni europee, soprattutto in Italia, Polonia, Repubblica Ceca, Spagna e Germania, dove i populismi sono apparsi in punti molto diversi dello spettro convenzionale sinistra-destra”.

(5) Qui di seguito alcuni dettagli sui tre motivi citati nell’articolo summenzionato che inducono all’ottimismo demografico: 1) Una massiccia politica favorevole alla natalità, la quale incoraggi il matrimonio, offra sovvenzioni per l’acquisto delle case, sussidi e agevolazioni fiscali per i figli, contempli la costruzione di infrastrutture per la cura dell’infanzia e incentivi gli orari di lavoro flessibili. Questa combinazione aumenta il Tasso di Fecondità Totale (TFT) da 1,25 a 1,48 – apprezzabile, ma non molto adeguato (per sostenere una popolazione occorre un TFT pari a 2,1). 2) Budapest ha concesso la cittadinanza a più di un milione di ungheresi etnici nella diaspora, la maggior parte dei quali vive nei paesi vicini; 170mila di loro si sono trasferiti in Ungheria. 3) L’Ungheria intende accogliere coloro che fuggono dai paesi dell’Europa occidentale: pensionati, conservatori, ebrei, cristiani praticanti, dirigenti d’azienda e giovani famiglie con bambini. Già, ad esempio, circa tremila olandesi si sono trasferiti in Ungheria, almeno in parte per “paura dei profughi e degli attacchi terroristici”. Che il costo della vita sia circa due terzi di quello della Germania e che le imposte siano basse, sono dei fattori allettanti. A differenza di altri paesi dell’ex blocco sovietico, l’Ungheria non è né industrializzata né inquinata. Anche un clima mite senza uragani e l’assenza di terremoti rendono il paese appetibile. Un articolo di CBS News piazza Budapest all’8° posto nella classifica delle città di tutto il mondo in cui decidono di trasferirsi coloro che lasciano i propri paesi d’origine.

(6) La situazione dell’Ungheria fa pensare al Giappone, e questo perché entrambi i paesi hanno una lingua e una cultura che sono distinte, ed entrambi ritengono che il calo demografico sia preferibile all’immigrazione. Ma l’Ungheria ha due vantaggi: una diaspora molto più massiccia da cui attingere (il 50 per cento della popolazione nazionale contro il 3 per cento) e la disponibilità a integrare chiunque (come i medici vietnamiti) impari l’ungherese.

(7) I legami ungheresi con la Polonia, sia nel corso della storia sia attualmente, sono positivi. Si pensi alla memorabile massima degli intellettuali ungheresi, “Capisco tutto a Cracovia, tranne la lingua”. Ci si potrebbe aspettare che i due governi lavorino in tandem su molte questioni, inclusa quella della migrazione.

(8) Éric Fournier, l’ambasciatore francese in Ungheria, ha avuto la temerarietà di elogiare la politica migratoria di Budapest definendola un “modello che è riuscito ad anticipare i problemi che sono sorti con i movimenti migratori illegali”. È talmente grande l’apprensione dell’élite costituita dalle cosiddette 6P (polizia, politici, preti, stampa [press], procuratori e professori universitari) che nientemeno che il presidente Emmanuel Macron lo ha pubblicamente rimproverato.

(9) Nell’oscuro, ma importante “Processo di Rabat”, solo il governo ungherese si è rifiutato di incoraggiare la massiccia immigrazione africana in Europa. Il ministro degli Esteri Péter Szijjártó ha osservato che una dichiarazione del Processo di Rabat del maggio 2018 definisce la migrazione come “un processo positivo che deve essere incoraggiato e di conseguenza devono essere aperti nuovi canali per la migrazione, e non è possibile differenziare i migranti in base al loro status giuridico”. Pertanto, “l’Ungheria era da sola nell’esprimere il suo rifiuto ad appoggiare” la dichiarazione. Gli altri governi e i media mainstream hanno ignorato l’argomento. Per ulteriori dettagli si veda l’articolo di Judith Bergman [pubblicato sul sito web del Gatestone Institue] dal titolo “Unione europea: Come fermare l’immigrazione di massa dall’Africa? Portare tutti in Europa”.

(10) Orbán nutre un forte interesse per il Medio Oriente, dichiarando che “oggi, la sicurezza dell’Ungheria (…) e dell’intera Europa dipende dal fatto che Turchia, Israele ed Egitto siano abbastanza stabili per contenere e fermare i flussi musulmani che si riversano in Europa da quella regione”.

(11) Qui di seguito, ulteriori informazioni sulla questione dell’antisemitismo. Il governo promuove la cultura ebraica: ad esempio, il pluripremiato film il figlio di Saul celebra gli ungheresi che salvarono gli ebrei dai nazisti, e Budapest ospiterà nel 2019 i Giochi Europei Maccabi.

(12) Gli ammiratori e i critici concordano sul fatto che Orbán abbia una visione a lungo termine; un analista lo paragona a un grande maestro di scacchi che riesce a vedere in anticipo 25 mosse, mentre Boris Kálnoky del Die Welt afferma che Orbán pensa con venti anni di anticipo. Al contrario, la cancelliera tedesca Angela Merkel lo considera un “uomo pericoloso”.

Traduzione in italiano di Angelita La Spada



L’Europa infame

https://www.facebook.com/pagnogno.mosca ... on_generic

La miseria di un’Europa che condanna Orban, un leader democratico, eletto e rieletto con grande consenso di popolo, che ha migliorato la vita al suo Paese, difende la sovranità e i confini della nostra civiltà. Lo accusano di aver eretto muri per impedire i flussi clandestini. Ma i muri infami sono quelli che impediscono di uscire, non quelli che impediscono di entrare se non dalla porta d’ingresso. Dall’Ungheria non scappa nessuno. L’ultimo muro infame in Europa lo eresse il comunismo a Berlino. E lo difese a Budapest con i carri armati. Ora l’Europa carogna ci riprova a reprimere l’Ungheria. Con queste infamie fallisce l’Ue e cresce l’onda sovranista.

MV
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L'Europa sta svoltando a destra via dal social nazicomunismo

Messaggioda Berto » lun ott 08, 2018 6:20 am

Europa Vs Orban, parla Becchi: "Oggi sovranisti più forti. Temo invadenza di Bannon"
Americo Mascarucci
2018/09/12

https://www.lospecialegiornale.it/2018/ ... -di-bannon

Il Parlamento europeo ha approvato la relazione Sargentini molto critica sullo stato di diritto in Ungheria, dando così il via libera all’applicazione dell’articolo 7 dei Trattati, e alla possibilità di applicare sanzioni contro Budapest. Il governo Orban è accusato di aver violato i principi fondativi della Ue e di aver limitato le libertà democratiche. Ma cosa si nasconde davvero dietro questa decisione? Lo Speciale lo ha chiesto al filosofo Paolo Becchi, convinto sovranista. Salvini e Berlusconi difendono il premier ungherese ed entrambi hanno votato contro le sanzioni all’Ungheria sostenute dal Movimento 5Stelle. Cosa comporterà tutto questo?A favore hanno votato 448, 197 si sono espressi contro, 48 si sono astenuti, per un totale di 693 votanti. Ora la parola passa al Consiglio europeo, cioè ai capi di Stato e di governo dell’Unione.

Professore, Orban “punito” dal Parlamento di Strasburgo con l’accusa di aver violato i valori della Ue e aver messo in discussione lo stato di diritto a Budapest. È soltanto un problema legato alla politica migratoria oppure vede una strategia di più ampio respiro?

“I vertici dell’Unione Europea si stanno rendendo conto che la situazione nel complesso sta sfuggendo loro di mano. Il voto svedese è vero che non ha avuto l’esito che tutti temevano, quello cioè di un trionfo dei populisti, ma è altrettanto evidente come in quel Paese sia molto difficile dare vita ad un governo stabile. Il populismo sta ormai destabilizzando la Ue e l’Ungheria da questo punto di vista rappresenta un modello. Da qui l’esigenza di punire quegli Stati che hanno dei governi ormai chiaramente orientati in senso sovranista. Anche l’Italia rischia di essere punita prima o dopo”.

Quindi è una mossa unicamente anti-sovranista?

“Certo, perché Orban rappresenta un simbolo, è l’emblema del leader che è riuscito a far fuori il Fondo monetario in Ungheria, che è stato capace di controllare la sua banca centrale, che ha fatto ripartire l’economia con profonde ed innovative riforme in favore delle imprese e del lavoro, che ha bloccato l’immigrazione, chiuso le frontiere e protetto i confini. In Europa si sentono in dovere di contrastare tutto questo in vista delle elezioni. Però hanno fatto male i conti, perché Orban tirerà dritto per la sua strada e ha già fatto capire a chiare lettere che non cambierà la sua politica in materia di immigrazione”.

Il fatto che i 5Stelle abbiano votato contro Orban che è invece alleato di Salvini, cosa vuole significare?

“Conferma quello che ho sempre sostenuto, ossia che questo governo sarà destinato a durare almeno fino alle europee. Le elezioni da questo punto di vista saranno fondamentali. I sovranisti cercheranno di rompere il duopolio popolari-socialisti creando un terzo polo. Votando con il sistema proporzionale sarà interessante vedere quanta forza questo blocco avrà effettivamente. Non è escluso che possano addirittura formarsi nuove alleanze, per esempio fra popolari e sovranisti per escludere la sinistra. Tutto può succedere se si considera che Orban ancora oggi fa parte del gruppo del Ppe. Ora, mentre la collocazione della Lega è chiara, quella del M5S è tutta da vedere visto che fino ad oggi in Europa i grillini sono stati sempre ondivaghi. Il voto contro Orban dei 5S penso che sia un segnale chiaro di come le posizioni con la Lega restino distanti, e smentisce ogni ipotesi di possibili alleanze politiche fra due forze che di fatto sono oggi alternative indipendentemente dalla collaborazione di governo”.

E il voto pro-Orban di Forza Italia? Un chiaro segnale a Salvini? Il leader leghista deve tornare a guardare da quella parte?

“Credo che Berlusconi voglia dimostrare con questi segnali di non voler rompere l’alleanza di centrodestra che è tuttora in piedi seppur con molte contraddizioni. Il prossimo passo pare sia il voto favorevole in Commissione di Vigilanza a Marcello Foa come presidente della Rai. Non so se sia vero, ma se Berlusconi facesse un passo indietro su Foa dimostrerebbe ai cittadini di essere in una posizione di debolezza nei confronti di Salvini ma di voler comunque mantenere l’unità del centrodestra. Il voto a favore di Orban credo rientri in questa strategia”.

L’alleanza di governo la vede oggi più a rischio? I segnali di rottura fra Lega ed M5S sono stati molti negli ultimi tempi. La rottura su Orban renderà ancora più tortuoso il cammino dell’Esecutivo Conte?

“Non credo. Le difficoltà ci sono. ma nonostante i numerosi tentativi di farlo cadere, sono convinto che fino alle europee il patto reggerà. Lo confermano i toni ammorbiditi nei confronti dell’Europa e del ministro dell’Economia Tria. Mi pare ci sia la volontà di non arrivare ad una rottura, rinviando certi provvedimenti strategici come la flat tax e il reddito di cittadinanza limitandosi a preparare il terreno con l’introduzione di alcuni elementi diluiti nel tempo, ma senza innalzare troppo il livello dello scontro. Poi certo, le dichiarazioni di personaggi come Fico e Di Battista non aiutano il governo, proprio nel momento in cui è sotto attacco in più direzioni, soprattutto sul fronte giudiziario”.

Si può dire che con il voto su Orban è andata in scena una sorta di prova generale del grande scontro fra sovranisti ed europeisti che caratterizzerà le prossime elezioni europee. Popoli contro caste?

“Indubbiamente, penso che Orban sia uscito ancora più rafforzato da questa vicenda come sono certo Salvini uscirà più forte dalle vicende giudiziarie che lo stanno interessando. Ormai è chiaro che in Europa i sovranisti si stanno affermando sempre di più e che la costruzione del terzo polo metterà in crisi il sistema di governo della Ue restituendo centralità ai cittadini a svantaggio dei burocrati e delle lobby mondialiste e finanziarie che l’hanno governata fino ad oggi. Ma è necessario non commettere un errore”.

Ossia?

“Se l’obiettivo è creare un’internazionale sovranista mettendo insieme tutte le forze ispirate al ritorno dell’idea di sovranità, non vedo con molto favore la sottoscrizione di documenti insieme a Steve Bannon, l’ex stratega di Donald Trump. Posso capire l’influenza ideologica che questa persona ha svolto negli Usa, ma che c’entra con l’Europa? Non mi piace affatto l’idea di un’internazionale sovranista sottomessa all’imperialismo americano o peggio guidata dagli Stati Uniti. Ci serve Bannon per creare un fronte dei partiti euro-scettici? Ci devono insegnare tutto gli americani? Pensare che l’ideologo del sovranismo europeo possa essere lo stesso di Trump mi preoccupa molto. Voglio vivere da sovranista, ma non certo per morire suddito degli Usa”.





I burosauri ue colpiscono orban e i social network per fermare i populisti prima delle elezioni
Maria Giovanna Maglie per Dagospia

http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 182807.htm

L'Unione Europea a comando tedesco ha preso due decisioni dell'ultimo momento, prima delle elezioni del maggio prossimo, una contro la libertà di internet e della rete, che cosa diversa dalla protezione del diritto d'autore, l'altra contro la libertà delle democrazie sovrane popolari, anche di prendere decisioni sbagliate. Lo ha fatto utilizzando per la prima volta le restrizioni imposte dall'articolo 7, secondo me per difendere se’ stessa, il suo mondo tetragono, burocratico, tecnocratico, destinato a una fine molto più vicina di quanto gli Juncker e gli Oettinger ma anche i Tajani non credano.

Per il momento però sono sconfitti i popoli europei che credono ancora di poter eleggere un governo che scelga le proprie politiche di confine e di sicurezza.

Che questa scelta sciagurata sia avvenuta in nome di solidarietà e accoglienza, che ad alcuni è permesso impunemente di violare, rende solo più grottesco il risultato.

È stato sconfitto anche il gigantesco popolo di internet che ha imparato negli ultimi anni a informarsi fuori dai circuiti tradizionali di giornali e telegiornali e a diventare molto di più protagonista di quel che accade nel mondo, a non farsi fregare.

Che questa scelta sciagurata sia avvenuta in nome del diritto d'autore, con tanto di esibizione di personaggi della cultura come Mogol e Piovani, coprendo così una legge di censura preventiva, e addirittura raccontando che così si combattono le fake news, le bufale, rende solo più grottesco il risultato.

Che il governo italiano si sia scioccamente diviso sulla censura a Viktor Orban, non sul copyright, dopo aver avuto per la prima volta un atteggiamento invece rigoroso sulla questione degli sbarchi e le nefandezze imposte dall'Unione Europea all'Italia, dimostra che alle prossime elezioni europee l’ala governativa dei 5 stelle farà bene a scegliere con accuratezza i candidati a parlamentare.

Che si sia diviso il centrodestra, con Forza Italia che ha votato per la censura alla rete, Fratelli d'Italia che ha scelto la linea della Lega, gli puoi anche fare la respirazione bocca a bocca, ma quel periodo è finito.

Due parole magari in sede di Consiglio Europeo dal presidente del consiglio, Giuseppe Conte, sarebbero dovute anche in questo caso, dopo l'offesa del consiglio per i diritti umani dell'ONU all'Italia. Ci siamo noi nel mirino, dopo l'Ungheria.

Il Parlamento europeo ha votato la procedura di sanzioni contro Viktor Orban. Un passo storico, badate bene, perché mai l’Europarlamento aveva votato in applicazione dell’art. 7 del Trattato, creando così un precedente di conflitto continuo.

Viktor Orban non piace a molti, e che sia stato eletto e poi rieletto in democrazia dal popolo ungherese, non cambia il giudizio di chi, anche nel Partito Popolare Europeo del quale il partito di Orban fa parte, lo considera il capofila del populismo anti europeo.

Ammettiamo che sia vero, che ci sia chi a Bruxelles e a Strasburgo e’ così sciocco da credere che con l'aria che tira in tutta Europa, punire qualcuno col ditino alzato di condanna, non equivalga ad aumentarne la forza e il consenso.

Consenso che non si poggia sulla sabbia, visto che si sta estendendo come critica a un'Unione Europea a trazione franco tedesca sempre più isolata dai desideri dei popoli del continente. Il fenomeno riguarda i cosiddetti paesi del gruppo di Visegrad, ovvero Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, e via via l'Austria, l'Italia, la Norvegia, la Finlandia, la Svezia, l’Inghilterra se n’e’ proprio andata. Vedremo che succede a ottobre in Baviera.

La risposta quindi dovrebbe essere di cambiare metodi e struttura, quelle incredibili regole che salvaguardano solo alcuni e puniscono solo altri, quel surplus al 8% consentito alla Germania in deroga a tutti i vincoli imposti ai fondatori e contributori netti come l'Italia, per dirne una.

Se lo scopo finale di Viktor Orban e del suo partito, Fidesz, fosse quello di distruggere l'Unione, metterlo sulla lavagna dei cattivi non significa autorizzarlo a comportamenti più ribelli?

Finora è rimasto nel Partito Popolare europeo, ora potrebbe uscirne.

Qual è il peccato mortale commesso da Orban? Non vuole, dopo che per anni dall'est europeo tanti sono entrati in Ungheria, più accogliere nessuno, lo ritiene un danno per l'economia e un problema per la sicurezza del suo paese. Rivendica la difesa del Cristianesimo contro l'islam.

Tutti la pensano come lui, a partire dalla Francia che ha chiuso i confini a Ventimiglia e non accetta nemmeno gli immigrati stabiliti per legge, a continuare con la Germania che ha pagato fior di miliardi al tiranno turco Erdogan perché se li tenesse, che in questi anni ha preso solamente laureati dalla Siria, non certo masse di diseredati e illetterati dall'Islam più retrivo.

La politica di accoglienza è finita male, ovunque, tra ghetti dove i giovani disperati delle seconde e terze generazioni si esercitano a distruggere luoghi persone e macchine, e ghetti nei quali i neo arrivati perpetuano le peggiori abitudini contro i diritti delle donne, dei bambini, degli omosessuali.

Perfino l'Italia, fino a ieri prona ai voleri di Bruxelles, anche perché c'è chi ci ha guadagnato un sacco di soldi tolti agli italiani, ora dice di no. Dice basta. Bisogna trovare un modo di fare cooperazione allo sviluppo in loco. Vecchia storia.

Loro che fanno? Affrontano il problema? No, indicano il reprobo e ne fanno il paladino dei fronti sovranisti e populisti di tutta Europa. Prossimo obiettivo l'Italia di Salvini e l'Austria di Kurz.

Come se il mondo non andasse più rapido dei burosauri di Bruxelles. Come se Orban non fosse alleato di Trump, della Cina, di Israele.

A questo proposito, vi racconto una storiella divertente. Una delle accuse contro Viktor Orban, aizzata dal suo arcinemico, George Soros, il miliardario delle ong, e’ che sarebbe un pericoloso antisemita.

Ma l'ambasciatore francese a Budapest, anzi ex perché lo hanno rimosso, Eric Fournier, scrisse in una nota riservata finita poi alla stampa, che peraltro ne ha fatto un uso assai parco, che l’antisemitismo nell’Ungheria di Orbán e’ “fantasma” evocato dai media occidentali per coprire il vero antisemitismo dei musulmani in Francia e Germania.

È seguita una visita di Orban a Gerusalemme per celebrare una relazione di amicizia molto stretta con Benjamin Netanyahu. Infine, l’ambasciatore d’Ungheria in Israele, Andor Nagy (insieme con gli ambasciatori di Austria, Repubblica Ceca e Romania) ha partecipato all’inaugurazione della nuova ambasciata americana a Gerusalemme, preannunciando analoga decisione da parte di Budapest.

Il Parlamento europeo ha anche approvato la legge sul Copyright con 438 voti a favore, 226 contrari e 39 astensioni. Gli eurodeputati hanno approvato alcune modifiche proposte dal relatore Axel Voss agli articoli 11 e 13 i più contestati, che però restano nonostante il voto di luglio ne avesse chiesto una completa revisione . A coloro che a suo tempo protestarono dicendo che l'avevano vinta i lobbisti di Silicon Valley, si può rispondere che ora l'hanno avuta vinta i lobbisti degli editori di tv e giornali.

Di fatto gli i editori potranno richiedere a piattaforme online e aggregatori come Facebook e Google o YouTube, che poi è Google, il pagamento di una tassa sul link, tassa per la condivisione di un articolo, con una sola eccezione prevista per “uso privato e non commerciale da parte di utenti individuali”. Per quanto riguarda invece la norma che rende responsabili le piattaforme digitali delle violazioni di copyright, la regola è imposta solo ai “fornitori di servizi che condividono contenuto online”, come Google.

Ma se pensate di essere rimasti fuori, sappiate che resta la privazione di libertà diretta e indiretta . Intanto gli algoritmi possono sbagliare, non sono immuni dai falsi positivi e non possono certamente distinguere gli usi ammissibili, come le parodie, i meme, o il diritto di critica. Di fatto diventa impossibile pubblicare la foto di chicchessia con una scritta sotto, appunto i meme, a meno che quella foto non l’abbiate scattata voi stessi. Vai con i gattini, il cane nel giardino, e mamma.

Il messaggio è chiaro: se questa legge passerà, la diffusione di contenuti politici potrà avvenire solo senza il supporto di immagini. e anche la citazione di brani di articoli potrebbe portare alla soppressione della vostra pagina Facebook o del vostro account Twitter.

I blog e le pagine politiche sui social media con foto “non autorizzate” potrebbero essere cancellate d'autorità.

Veniamo alla ciccia. Il tentativo concreto è di imbavagliare la rete per impedire la controinformazione. È una vera e propria censura in nome del Diritto d'autore, che invece è uno scopo nobile. Ed è una iniziativa politica perché i social sono stati negli ultimi anni protagonisti di straordinaria rivoluzione e risultati politici.

Faccio solo l'esempio di Donald Trump, che ha vinto le elezioni del 2016 nonostante il fuoco di sbarramento di tutti i media tradizionali, fuoco di sbarramento che continua ogni giorno ma che non gli impedisce sia pur tra mille vicissitudini di governare e ottenere buoni risultati, grazie allo spiegamento di forze sui social e naturalmente agli straordinari poteri del presidente degli Stati Uniti.

La stessa cosa si può dire per esempio oggi dell'attuale governo in carica in Italia, che ha contro tutti i media tradizionali ma è fortissimo nei social. Che ha votato contro la direttiva compatto questa volta.

Più di qualcuno oggi ha fatto riferimento a Dagospia, straordinaria voce priva di qualsiasi echo-chamber, che spesso lancia o rilancia notizie altrimenti destinate all'oblio. Che e’ protagonista della cosiddetta narrazione alternativa.

Ci sono argomenti dei quali giornali e telegiornali semplicemente non ritengono di dover parlare, li ritengono scomodi, controproducenti, e invece si trovano sui social e suscitano interesse.

Si fa anche una certa confusione voluta fra istigazione alla violenza e all'odio razziale, che vanno sicuramente censurati, e una censura che si spanda su tutto. Se questa decisione viene presa a pochi mesi dalle elezioni europee, con l'avanzata abbastanza impetuosa dei movimenti populisti che dei social si nutrono, che cosa siamo autorizzati a credere? Che sia un caso? No, è un problema di controllo.

Che Forza Italia, ovvero il partito di Mediaset, abbia votato a favore della censura si spiega, basterebbe che Antonio Tajani non si mettesse anche a strillare contro il ministro Di Maio che chiama le cose con il loro nome e non fingesse di aver difeso creatività e libertà. Ha difeso le televisioni.

Quindi si tratta di un provvedimento abbastanza disperato alla vigilia delle elezioni per tentare di controllare i social e di affermare il primato delle tv.

Non a caso qui abbiamo un bel commento di Emmanuel Macron: "Un grande passo avanti per l'Europa: con il diritto d'autore protetto sono la nostra libertà, la nostra informazione libera, la nostra creazione culturale a essere riconosciute. Sono fiero che la Francia sia stata alla testa di questa battaglia". Alla testa!

E un altro di Pier Silvio Berlusconi: "Considero quella di oggi una prima vittoria in un percorso fondamentale. Trovo le polemiche fuori luogo perché non bisogna confondere la difesa del copyright con la libertà della rete che non viene toccata. Trasmettere i contenuti prodotti da un altro senza remunerazione è semplicemente un furto, per questo si tratta di un primo passo di civiltà". Liberta’!

Così come tira un sospiro di sollievo il grande burattinaio di questa legge, il commissario tedesco Gunter Oettinger, che ha difeso gli interessi di alcuni gruppi industriali tedeschi, a partire dal suo amico e mentore, l'editore potentissimo Axel Springer. Oettinger nei giorni scorsi è arrivato perfino a parlare di sconfitta delle fake news grazie a questa legge. Come se le fake news provenissero solamente dai social, dalla rete.

Chi è diventato un campione di pubblicazione di fonti non verificate, che poi vengono abbastanza spesso smentite, se non il tradizionale New York Times, che di recente si è avventurato contro il nostro premier Conte sostenendo che “sta cercando un lavoro e vuole diventare professore universitario”? Venendo all'Italia, la bufala su Luigi Di Maio che non saprebbe che Matera è in Basilicata l'hanno trasmessa i social o il Pd attraverso i suoi dirigenti e media amici?

Che poi la decisione di Strasburgo serva, anche quando divenisse operativa, a fermare l'emorragia di vendite dei giornali e la crisi delle televisioni negli ascolti, e’ insensato pensarlo. Non solo gli editori tradizionali non intendono più spendere denaro in ripensamenti e investimenti, ma tendono ad appoggiarsi come veicolo pubblicitario ai social. Ecco perché è soprattutto una scelta politica, a parte il tentativo di far pagare un po' di tasse ai giganti di Silicon Valley.

È anche la scelta di un mondo chiuso e burocratico contro venti impetuosi.

Si capisce che le elezioni europee di maggio acquistano un'importanza ogni giorno più forte. Non si lamentino poi dei risultati.
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Messaggioda Berto » lun ott 08, 2018 6:21 am

L'Europa che sognamo e che vogliamo
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https://www.facebook.com/groups/338929683317591


https://www.facebook.com/groups/3389296 ... 0056650887
No a quest'Europa mostruosa, ademocratica e castuale, spinelliana e boniana, sovietizzante e nazi comunista, che viola i diritti umani naturali, universali e civili dei nativi/indigeni e cittadini italiani ed europei, antisemita e antisraeliana, filo nazi maomettana.
Questa non è l'Europa della vita che sognamo e vogliamo, questa è l'Europa dell'orrore e del terrore, l'Europa della morte e della negazione dei nostri diritti. Noi sognamo un'Europa che sia conforme ai valori del suo cuore antico che pulsa tra le montagne i laghi, le valli e le piane della Svizzera dove si incrociano e s'incontrano i sentieri dell'Europa preistorica, le sue tradizioni culturali, preistoriche e storiche, quella buona Europa che sognava l'austriaco Kalergi naturalizzato svizzero e ben delineata nell'Inno alla Gioia che è il suo canto.


No all'Europa del comunista Spinelli, del manifesto di Ventotene, della ex radicale Bonino e dei radicali rossiniani e panelliani, dei bergogliani.
No allo loro Europa mostruosa.



Europa e i diritti negati e calpestati dei cittadini nativi europei
viewtopic.php?f=92&t=2682
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Messaggioda Berto » lun ott 08, 2018 6:23 am

In Lettonia vincono filorussi ed euroscettici. Crolla il partito del vicepresidente della Commissione Ue, il "falco" Dombrovskis
2018/10/07

https://www.huffingtonpost.it/2018/10/0 ... e_facebook


Anche sulla Lettonia del Commissario Ue Valdis Dombrovskis si abbatte l'onda euroscettica, con venature filorusse. Nel Paese baltico, chiamato alle urne sabato per il rinnovo dei 100 seggi parlamentari, Armonia si è riconfermato il primo partito con il 20% dei consensi, in leggero calo del 3% rispetto al 2014. La formazione politica di orientamento filorusso guidata al voto - ironia della sorte - da un altro Dombrovskis, Vjaceslavs, verrà probabilmente esclusa dalla formazione del prossimo governo, come già accaduto in passato.

Ma la riconferma del partito socialdemocratico vicino al Cremlino e distante da Bruxelles (in Lettonia il 26% della popolazione è di etnia russa) è un altro segnale del lento ma costante declino che le forze europeiste stanno vivendo in questo momento nel Vecchio Continente. Dopo Armonia, non a caso, sono arrivati secondi i populisti euroscettici di Kpv (acronimo per "Chi possiede lo Stato?") con il 14,1%, formazione politica populista di destra, nata nel Parlamento lettone durante la legislatura appena conclusa, e al primo vero test elettorale. Armonia avrà 24 seggi su 100, 15 dovrebbero andare a Kpv, 15 anche alla terza forza politica, il Nuovo Partito Conservatore (13,6%) che fa della lotta alla corruzione il suo cavallo di battaglia.

Male invece i tre partiti dell'attuale coalizione di governo, che hanno perso metà dei voti rispetto alle ultime elezioni con l'Unione dei Verdi e degli Agricoltori del premier uscente Maris Kucinskis sceso al 10%. Peggio ha fatto Nuova Unità, il partito dell'ex premier (oggi vicepresidente dell'Ue) Valdis Dombrovskis che si è attestato al 6,7% dei consensi, poco sopra la soglia di sbarramento del 5% per l'accesso al Saeima, rispetto al 22% di quattro anni fa. Su Twitter, il politico lettone si è detto comunque "fiducioso che il mio paese sarà in grado di istituire un governo fermamente pro-europeo". Ha avuto così gioco facile il vicepremier italiano Luigi Di Maio per attaccarlo, dopo lo scontro tra Italia e Bruxelles sui numeri del Documento di economia e Finanza appena presentato in contrasto con le regole imposte dal Fiscal Compact: "Anche a casa sua il commissario europeo Dombrovskis riceve una sonora bocciatura: è la fine di un'idea di Europa, delle politiche dell'austerità, dello zero virgola, è l'inizio di una nuova era. È una tendenza a livello europeo che spezzerà via i numerini, l'austerity e tutta questa gente con la puzza sotto il naso che mi dice che siccome il Sud è in difficoltà deve restare in difficoltà perché non merita aiuto", ha detto Di Maio da Potenza.

Alleanza Nazionale, partito conservatore e nazionalista della coalizione lettone uscente è invece passato dal 16% all'11%. Come detto, difficilmente nascerà un governo di stampo euroscettico, per la evidente volontà dei partiti lettoni di lasciar fuori i filorussi dall'area di Governo. La Lettonia è l'ex repubblica sovietica con la percentuale più alta di russi, basti pensare che circa più di un cittadino su tre considera il russo la sua lingua madre.

Nonostante i tentativi di Armonia di affievolire la sua posizione filo-Cremlino negli ultimi tempi, solo i populisti di Kpv sono dei potenziali alleati in una coalizione di Governo. Appare quindi difficile che i filorussi entrino nel nuovo esecutivo e la politica estera della Lettonia, Paese Ue e Nato, pare al riparo da scossoni. Ma per unire una (grande) coalizione tra i partiti di centro potrebbero servire mesi. Intanto l'onda euroscettica che attraversa l'Europa continua ad ingrossarsi.
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Messaggioda Berto » lun ott 08, 2018 6:27 am

Elezioni presidenziali in Brasile, Bolsonaro vince ma non evita il ballottaggio
Il candidato dell'estrema destra ottiene il 47,6% contro il 27,7% di Haddad. Il 28 ottobre la sfida decisiva fra i due
di DANIELE MASTROGIACOMO
08 ottobre 2018

https://www.repubblica.it/esteri/2018/1 ... -208452945

RIO DE JANEIRO – Jair Bolsonaro ha vinto. Ma non ha superato la soglia del 50 per cento dei voti. Se la dovrà vedere al ballottaggio con il candidato del Pt, Fernando Haddad, il leader che ha sostituito Lula nella corsa alla presidenza del Brasile. L’uomo forte del paese, l’ex capitano dell’Esercito, esponente della destra estrema, raggiunge comunque percentuali che nessuno si sarebbe aspettato solo qualche mese fa. Gli elettori lo hanno premiato con il 47, 60 per cento dei voti, oltre 43 milioni di consenso sui 147 iscritti nei registri elettorali. Il suo diretto avversario lo insegue a 20 punti percentuali di distanza (27,97).

Si confronteranno ancora una volta nella sfida finale il prossimo 28 ottobre. Non sarà facile per l’ex ministro dell’Educazione nei governi Lula e Rousseff e docente di Scienze Politiche all’università di San Paolo. Il successo di Bolsonaro lo costringerà a nuove alleanze con gli altri candidati: Ciro Gomes, del PDT che ha raccolto 12,50 e Geraldo Ackmin, del PSDB, che si è fermato al 4,97.

La gente è andata a votare in massa. L’astensione è stata del 22 per cento, registrata soprattutto negli Stati del nord ovest, più isolati e poveri. Rassegnazione e disillusione. Ma il voto elettronico ha consentito di conoscere i risultati tre ore dopo la chiusura dei seggi. I primi dati ufficiali, resi noti poco dopo le 19 di ieri, apparivano clamorosi. Jair Bolsonaro spiccava in testa con il 49,02 per cento. Era a un passo dalla vittoria netta al primo turno. Una percentuale che si è ridotta con il tempo e l’afflusso dei voti che arrivavano soprattutto dagli Stati del nord est, basi elettorali del Pt. Alla fine si è assestato attorno al 47 per cento, mentre Haddad recuperava consensi piazzandosi sul 27 per cento.

Percentuali maggiori di quelle registrate da tutti i sondaggi. Ma in linea con lo scenario che tutti ormai immaginavano e che i voti veri hanno confermato. Adesso iniziano le trattative. Ci sono altri 10 milioni di voti in ballo. Haddad ha già detto che “aprirà a ogni alleanza, nessuna esclusa”. Bolsonaro festeggia. Avrebbe voluto chiudere la partita subito. Ma ha un’autostrada davanti. Vede già il traguardo. Se verrà eletto sarà il primo ex militare a tornare alla guida del Brasile 30 anni dopo la fine della dittatura. Ma anche il primo esponente di quella vastissima platea delle Chiese Evangeliche.
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L'Europa sta svoltando a destra via dal social nazicomunismo

Messaggioda Berto » dom ott 14, 2018 9:30 pm

Il voto che fa tremare Angela Merkel
Eugenia Fiore Lorenzo Vita
13/10/2018

http://www.occhidellaguerra.it/baviera- ... oto-merkel

La vera partita sul futuro dell’Unione europea (e sulla Merkel) si gioca domenica in Germania. Più precisamente in Baviera – più grande Land per estensione e importanza economica del Paese – dove il 14 ottobre nove milioni di elettori voteranno per eleggere i loro rappresentanti in Parlamento.

In Baviera la Csu – che al Bundestag va a braccetto con la Cdu di Angela Merkel – si è costruita una storia di successi elettorali. Fatta eccezione per una pausa di cinque anni, il partito ha espresso dal 1957 il proprio governatore e ha potuto contare sulla maggioranza assoluta nel parlamento di Monaco per più di 50 anni. Ma domani, le cose potrebbero cambiare. E il vento del Sud della Baviera potrebbe rappresentare una vera e propria rivoluzione.


Cosa dicono i sondaggi

Secondo gli ultimi sondaggi, la Csu continuerebbe a essere il primo partito della regione: ma passerebbe dal 47% delle precedenti elezioni a un misero 33%. Un record negativo per il partito del governatore Markus Söder , che sarà costretto a cercare alleati per riuscire a formare un esecutivo che abbia una tenuta più o meno stabile.

Ma chi potrebbe essere la seconda gamba del governo del Land? Stando ai sondaggi, il problema non è di poco conto. Le ultime rilevazioni danno un’ascesa dei Verdi (al 18%). Ma nella regione avanza, o meglio galoppa, l’euroscettica e populista Afd (Alternativa per la Germania) data tra il 10 e il 14%. Segue lo Spd con un possibile 11%, a pari merito con l’altro partito di destra: i Freie Wähler. Partito da non sottovalutare quello degli “Elettori liberi” perché anch’esso euroscettico, profondamente critico sulla politica migratoria e ampiamente conservatore: insomma, l’Afd non è l’unica destra “radicale” in Baviera.

Si sa, i sondaggi non sono mai in grado di rivelare perfettamente le idee degli elettori. Nel segreto dell’urna le cose cambiano. E molte volte i voti “di pancia” si sono rivelati in qualche modo esagerati dalle agenzie di stampa o, al contrario, sottostimati.

Proprio per questo motivo, c’è chi dice che in realtà i Verdi, che pure vivono un periodo di forte crescita in tutta la Germania, non sfonderanno, come invece dicono i sondaggi. Ma, di contro, c’è anche chi dice che molti elettori dell’Afd non dichiarano pubblicamente di votare il partito dell’ultradestra. E questo sarebbe un grosso problema non solo per la Csu, ma anche per la tenuta del governo di Angela Merkel.


Un terremoto a Berlino

Un cambio di programma nella regione equivarrebbe a un vero e proprio terremoto a Berlino. Negli ultimi tempi, infatti, la Csu di Horst Seehofer è stata protagonista di ripetuti scontri con la Cdu per le divergenze sulla questione immigrazione. Scontri che hanno messo a rischio più di una volta la tenuta del governo nel quale la Csu ricopre ben tre incarichi ministeriali (Interno, Trasporti, Cooperazione economica e sviluppo).

E dal momento che queste elezioni in Baviera potrebbero trasformarsi in una sorta di referendum sull’immigrazione, è chiaro che il voto di domenica può dare un colpo durissimo alla Grosse Koalition. Specialmente se a fare man bassa di voti dovesse essere l’Afd e soprattutto se dovesse crollare il partito che garantisce la tenuta del governo tedesco.


Le possibili conseguenze

In caso di tonfo della Csu, a Monaco potrebbero cadere delle teste. Ed è chiaro che una di queste sarà quella del ministro dell’Interno Seehofer. Che a quel punto potrebbe anche subire una sfiducia del partito. Ma le conseguenze dell’eventuale crollo del partito cristiano-sociale potrebbero essere ulteriori e colpire la cancelliera sotto vari fronti.

Innanzitutto, in caso di caduta di Seehofer, si creerebbe un vuoto di potere interno al partito gemello della Cdu. Chi ne prenderà il suo posto? Se la Csu decidesse di ristrutturarsi scegliendo una linea moderata di stampo merkeliano, tutto sommato a Berlino il terremoto potrebbe avere conseguenze meno gravi. Ma se la Csu decidesse di intraprendere una forte virata a destra per strappare consensi all’Afd e agli Elettori liberi, allora potrebbe anche essere complicato mantenere in vita la Grande Coalizione.

E se è la Grande Coalizione, ovvero la Merkel, il vero obiettivo di questo voto in Baviera, allora le conseguenze potrebbero riversarsi anche all’interno del suo partito.

Come spiega Maria Giovanna Maglie su Dagospia, “un crollo della Csu potrebbe essere l’occasione che aspettano gli avversari della cancelliera all’interno del partito per poterla accompagnare alla porta. Ci sono personaggi come il ministro della Salute, Jens Spahn, che contesta ferocemente la politica filo Islam, o quello dell’Agricoltura, l’anti-abortista militante Julia Klöckner, c’è un nucleo forte di conservatori che non hanno mai accettato dopo il crollo delle elezioni dell’anno scorso la nuova riproposizione della Große Koalition”. Quali sono i loro modelli di riferimento? L’Austria di Sebastian Kurz o la Repubblica Ceca. E sono in molti a Berlino e a Bruxelles a tremare. Perché se vira a destra anche la Germania, vira a destra tutta l’Europa.

C’è già chi parla di “democrazia sotto pressione”, come per esempio il presidente del Bundestag, Wolfgang Schauble, che in un’intervista a Repubblica commenta le “difficili” previsioni di domenica. Insomma, se la Csu perde in Baviera è come se alla Merkel venisse amputato il braccio destro. E se è già stato deciso che in futuro il ménage con la Afd non s’ha da fare, allora, cosa succederà?


Baviera: crollo Csu, sorpresa Verdi al 18%. E in Parlamento entra la destra di Afd
Prime proiezioni alla chiusura delle urne per le elezioni statali nel grande Land, da sempre governato dai cristianosociali che per la prima volta perdono la maggioranza
dalla nostra inviata TONIA MASTROBUONI
14 ottobre 2018

https://www.repubblica.it/esteri/2018/1 ... -208949708


MONACO - È ufficiale: se le prime proiezioni saranno confermate, la CSU avrà perso la maggioranza e dovrà rinunciare per la seconda volta nella storia del dopoguerra al governo monocolore in Baviera. Secondo i primi dati raggiunge il 35,5% e perde oltre dodici punti rispetto a 4 anni fa. Molti pronostici parlano dunque di una cosiddetta "coalizione bavarese": se i Freiheitlichen Waehler, il partito conservatore locale, dovesse essere confermato all'11,5%, la Csu cercherà un'alleanza con loro. Se non bastassero i seggi, eventualmente con la stampella dei liberali della Fdp, che nelle prime proiezioni raggiungono il 5%. Con la "coalizione bavarese", l'attuale governatore della Baviera, Markus Soeder (Csu) spera di salvare la sua poltrona. Poco fa ha parlato di una "sconfitta" ma ha detto che la Csu ha comunque "una responsabilità di governo".

Ma la vera star della giornata sono i Verdi, che raggiungono un risultato storico: il 18,3%: alle ultime elezioni avevano raggiunto l'8,5%. L'Afd arriva all'11% e si assicura l'ingresso nel parlamentino regionale. Bruciante, invece, la sconfitta della Spd che dimezza letteralmente i voti: dal 20,6% crollano al 10, rispetto al 2013.

Volker Bouffier, governatore cristianodemocratico dell'Assia e fedelissimo di Angela Merkel, lo ha detto a chiare lettere in un'intervista apparsa stamane sulla Welt: "la Csu non ha aiutato molto la reputazione dell'alleanza Cdu/Csu". La Baviera, per molte ragioni, potrebbe essere un'elezione cruciale. Per i destini della regione più ricca della Germania, ma anche per quella del governo di Angela Merkel.

Soprattutto, per la seconda volta nella storia, la Csu ha perso la maggioranza assoluta dei voti. Proprio a causa di quel Horst Seehofer che era riuscito a riconquistarla nella scorsa legislatura. Molti imputano al ministro dell'Interno ed ex governatore del Land il pessimo risultato della Csu, a causa di una politica aggressiva sui profughi che avrebbe regalato una valanga di voti all'Afd e spaventato molti elettori che potrebbero preferire oggi ai cristianosociali un partito conservatore come i Freien Waehler che non ha mai trasformato la questione migratoria in un'ossessione.

Uno che ha sempre cercato di scaricare le colpe della debacle della Csu su di Seehofer è stato, fino a una settimana fa, il governatore della Baviera, Markus Soeder, suo storico rivale. Ma secondo Bild i due avrebbero deciso un patto di ferro per rimanere aggrappati alle loro poltrone. Un patto che potrebbe subire tuttavia l'assalto del capogruppo del PPE, Manfred Weber. L'esponente dell'ala moderata del partito potrebbe porre la questione della leadership del partito sin da domattina.

Secondo qualcuno anche il successo dei Verdi sarebbe imputabile, in parte, ad elettori inorriditi dalle parole d'ordine di Seehofer e del governatore della Baviera Markus Soeder contro i profughi. Anche se una parte consistente del voto ambientalista potrebbe arrivare dalla Spd, che oggi rischia un'altra, storica sconfitta.

Le ipotesi di governo
Tra le possibili coalizioni, a Monaco si parla soprattutto di Csu/Freie Waehler/Fdp, un'alleanza tra le due forze conservatrici conservatori e la Fdp. Le differenze tra i due partiti sono minime, e le possibilità di accordarsi su temi centrali sarebbero maggiori. Soprattutto, è una combinazione che garantirebbe a Soeder la sopravvivenza alla guida della Baviera. Ma l'ipotesi di cui sono maggiormente innamorati i politologi di mezza Germania è quella tra Csu e Verdi.

In altre regioni e città è caduto da tempo il tabù dell'alleanza tra conservatori e ambientalisti - si pensi all'"Autoland", Baden-Wuerttenberg, sede di Daimler e Porsche e cuore dell'industria automobilistica tedesca, dove un governatore verde, Kretschmer, governa da un paio di anni con la Cdu. Anche se in Baviera ci sono ancora molte resistenze (il capogruppo Thomas Kreutzer continua ad escludere un'alleanza del genere), la Csu si è già seduta al tavolo con gli ambientalisti, per provare un'intesa. A Berlino, durante i negoziati per il Merkel IV con la coalizione Giamaica, lo scorso inverno (fallita per il no dei Liberali e non per screzi tra Csu e Verdi). In ogni caso, se in Baviera dovesse emergere un'alleanza tra cristianosociali e il partito della giovane e carismatica Katharina Schulze, sarebbe il segnale definitivo che i Verdi hanno raggiunto il centro dello spettro politico.

Il vento su Berlino
Quanto ai riflessi su Berlino del voto in Baviera: stamane non è un caso che sia venuto allo scoperto anche Volker Bouffier: a Berlino quasi nessuno pensa ormai che un disastro della Csu in Baviera possa compromettere seriamente la cancelliera. Forse Seehofer sarà sacrificato per consentire alla Csu di scaricare le colpe su qualcuno (così come non è affatto scontata la rielezione di Soeder).

Ma se invece dovesse cadere il governatore dell'Assia, alle elezioni che si svolgeranno tra due settimane nel Land di Wiesbaden e Francoforte, Merkel potrebbe finire nella bufera, al congresso della Cdu di dicembre. E la cancelliera, che ha detto di non voler separare il ruolo di capa del governo da quella di presidente della Cdu, potrebbe essere invece costretta a rinunciare alla poltrona di numero uno del partito.


Le elezioni in Baviera, più seguite del solito
2018/10/14

https://www.ilpost.it/2018/10/14/elezioni-baviera

Oggi si è votato in Baviera, una delle regioni più ricche, popolose e importanti della Germania. Questo rende rilevante qualsiasi elezione in Baviera, ma quelle di quest’anno sono state particolarmente osservate per due ragioni. La prima è che l’Unione Cristiano-Sociale (CSU), il partito conservatore bavarese storico alleato della CDU di Merkel, rischia di non ottenere la maggioranza assoluta dei seggi nel parlamento locale, e sarebbe un evento rarissimo. La seconda è che il leader della CSU è Horst Seehofer, attuale ministro dell’Interno tedesco, al centro di molte questioni – su tutte l’immigrazione – che riguardano da vicino l’Italia e l’Europa (per esempio quella sui cosiddetti migranti “dublinati”).

Secondo i primi exit poll, la CSU avrebbe effettivamente perso moltissimi voti, a favore probabilmente della destra radicale di AfD, che entra per la prima volta nel parlamento regionale. Il secondo partito più votato è stato probabilmente quello dei Verdi, dati al 19 per cento. I socialdemocratici sono invece dati intorno al 10 per cento. Per i risultati definitivi si dovrà attendere la serata di domenica.

La Baviera è il secondo stato più popoloso della Germania, con 12,5 milioni di abitanti e 9 milioni di elettori (il primo è il Nordrhein-Westfalen, quello di Düsseldorf e di Colonia). Come superficie è il più grande, e da solo copre il 20 per cento di tutto il territorio tedesco. È anche uno stato ricco, dove hanno sede alcune delle società più importanti della Germania, come BMW e Siemens. Per cinquant’anni la Baviera è stata, più di ogni altra regione della Germania, un luogo di grande stabilità elettorale. Dal 1962, i conservatori dell’Unione Cristiano-Sociale (CSU) hanno perso solo una volta la maggioranza assoluta: nel 2008, per ritrovarla poi nel 2013.

La CSU avrà comunque la maggioranza relativa, salvo sorprese clamorose: dovrà però governare insieme a un altro partito, e fare i conti con un indebolimento probabilmente mai così grave.

Cosa dicevano i sondaggi
I sondaggi avevano predetto che la CSU avrebbe ottenuto comunque la maggioranza relativa, ma che salvo sorprese clamorose avrebbe dovuto governare insieme a un altro partito, e fare i conti con un indebolimento probabilmente mai così grave.

Il partito che continua a guadagnare punti nei sondaggi è quello dei Verdi, che viene stimato al secondo posto con circa il 18 per cento. L’AfD, terzo partito in Germania per numero di parlamentari, in Baviera è dato al 13 per cento circa (nel 2013 non aveva partecipato alle elezioni). I socialdemocratici della SPD sono all’11 per cento mentre i Freie Wähler, un partito locale conservatore e tradizionalista, sono quasi al 10 per cento. I liberali dell’FDP e la sinistra sono invece molto bassi e distanziati rispetto agli altri.

Uno degli ultimi sondaggi pubblicati su Spiegel Online.

Verdi e Freie Wähler
In Baviera i Verdi sono guidati da Ludwig Hartmann, 40 anni, e da Katharina Schulze, 33 anni. Lei ha attirato in particolare l’attenzione dei media: è giovane, carismatica, fa cose divertenti per farsi notare (lo scorso febbraio durante il carnevale si è vestita da Daenerys Targaryen di Game of Thrones dicendo che a ottobre avrebbe conquistato la politica bavarese per mettere fine alla maggioranza della CSU), sta portando avanti una campagna elettorale molto vivace ed è esplicitamente antifascista: «Mai più guerra, mai più fascismi», ripete spesso. «Essere antifascista non significa essere un’estremista di sinistra», ha anche spiegato.

Nelle elezioni regionali bavaresi del 2013 i Verdi avevano ottenuto solo il 9,4 per cento dei voti. Negli ultimi sondaggi hanno praticamente raddoppiato il loro consenso e questo sembra riflettere una tendenza che supera i confini della Baviera. Anche in Assia, dove si terranno le elezioni regionali a fine mese, i Verdi sono in crescita e anche lì sono dati al 18 per cento. Nella campagna elettorale per la Baviera i Verdi hanno mantenuto un atteggiamento piuttosto equilibrato verso il partito al governo, la CSU, cercando di alternare critiche e aperture.

In Italia tendiamo ad associare automaticamente i Verdi all’estrema sinistra, ma in Europa non è così: in generale si può affermare che stanno portando avanti una visione europeista, liberale e di apertura sui temi dell’immigrazione (in un’intervista sulla Stampa di venerdì 12 ottobre Schulze ha parlato non di «gestire», ma di «costruire l’integrazione (…) la CSU ha reso sempre più difficile la concessione di permessi di lavoro, e quindi è cresciuto il numero di coloro che stanno qui ma sono disoccupati»).

Katharina Schulze e Ludwig Hartmann, Monaco, 11 ottobre 2018 (Philipp Guelland/Getty Images)

Il secondo partito con cui teoricamente la CSU potrebbe allearsi sono i Freie Wähler guidati da Hubert Aiwanger, 47 anni. Fuori dalla Germania meridionale non li conosce quasi nessuno; in Baviera e nel Baden-Württemberg governano a livello comunale, così come in Sassonia. Sono considerati conservatori e, poiché sono principalmente attivi a livello locale, non hanno mai avuto un unico programma condiviso e ben definito. Chiedono asili nido gratuiti e meno contratti a tempo determinato, come l’SPD; si oppongono alla costruzione di una terza pista all’aeroporto di Monaco, come i Verdi; vogliono limitare il ricongiungimento familiare per i rifugiati e facilitare il rimpatrio degli immigrati, come la CSU; vogliono introdurre lo studio delle tradizioni locali nelle scuole, promuovere i dialetti e preservare i costumi.

In realtà la loro strategia, semplificando, è affermare che sono come la CSU, ma solo più ragionevoli. Molti elettori dell’Unione Cristiano-Sociale troverebbero umiliante la formazione di un governo insieme ai Freie Wähler, mentre Aiwanger ha comunque già stabilito una condizione senza la quale il suo partito non potrebbe mai entrare in una coalizione: no alla terza pista all’aeroporto di Monaco.

È anche grazie ai Freie Wähler se l’AfD in Baviera, almeno nei sondaggi, non ha ancora raggiunto la forza che ha in altri stati; molti potenziali elettori dell’AfD potrebbero aver scelto di votare per loro, scrive lo Spiegel. Allo stesso tempo, l’ascesa del partito di estrema destra AfD è la più forte minaccia per i Freie Wähler. Entrambi hanno comunque raccolto i voti degli scontenti della CSU. Negli ultimi anni a livello nazionale i leader della CSU sono stati critici nei confronti delle politiche di apertura ai migranti adottate da Merkel e questo ha causato anche una recente crisi di governo. La CSU, in teoria, avrebbe dovuto essere un’efficace barriera al populismo anti-migranti dell’AfD. Le cose però sono andate diversamente: alle ultime elezioni generali la CSU in Baviera ha perso il 10 per cento dei voti e AfD ha ottenuto il 12,6 per cento, una crescita dell’8 per cento rispetto al suo risultato del 2013.

Sui social network, in questi giorni, circola molto un video che mostra il candidato dell’AfD Andreas Winhart mentre parla dei richiedenti asilo che sono malati di HIV, scabbia e tubercolosi. Oltre ai soliti argomenti razzisti, la strategia dell’AfD per la campagna elettorale in Baviera è stata quella di attaccare la CSU definendo inverosimile il suo spostamento a destra sui migranti, mentre loro avranno il coraggio di andare fino in fondo senza mediazioni: «L’AfD mantiene ciò che la CSU promette», è uno degli slogan di queste settimane. Hanno anche affermato che Franz Josef Strauß, uno dei fondatori della CSU e ex presidente della Baviera, voterebbe AfD se fosse ancora vivo.



Baviera, ma quale risveglio verde dell'Ue. La Baviera si è spostata a destra
17 ottobre 2018

http://www.affaritaliani.it/esteri/bavi ... PmdEdGAB7A

Tutti esperti di Baviera i giornaloni italiani e i commentatori da salotto dei talk show. La gran cassa filo-mondialista legge i risultati nel Land più ricco della Germania per spiegarci che il sogno dell'Unione europea e dell'accoglienza senza se e senza ma dei migranti, molti dei quali sono clandestini e non profughi, è ancora viva grazie a quel 17,5% realizzato dai Verdi della carismatica 33enne Katharina Schulze. Peccato che i consensi arrivati ai Grünen siano esattamente quelli persi in cinque anni dalla moribonda socialdemocrazia ridotta ormai a partitino del 9,7%.

A tutto ciò va aggiunto il clamoroso flop della sinistra radicale, la Linke, che non entra in Parlamento e non va oltre il 3,2% (e questo dato conferma che all'Ovest la Linke non tira, salvo casi eccezionali, e che è ancora un partito in gran parte legato all'ex regime comunista della Ddr). I numeri parlano chiaro, anche se qualcuno non vuole leggerli in maniera corretta: il 64,1% degli elettori bavaresi ha votato per partiti di destra o di centrodestra, esattamente come avveniva 20 o 30 anni fa. Nulla è cambiato come collocazione politica.

La Csu del ministro dell'Interno Horst Seehofer (37,2%) ha certamente subito una netta flessione ma, come dimostrano le liti con Angela Merkel, rappresenta l'ala destra dei conservatori tedeschi e, non a caso, Matteo Salvini ha subito legato con il suo collega tedesco vicino alle posizioni di Orban e dell'Austria sul tema della gestione dei flussi migratori. Nessuno, almeno tra i commentatori italiani, ha spiegato che i Freie Wähler (11,6%) sono una lista civica nata da una scissione a destra della Csu che, quasi certamente, governeranno la Baviera per i prossimi cinque anni proprio con i Cristiano Sociali, spostando il Land sud-orientale della Germania ancora più a destra.

C'è poi il 10,2% della destra estrema dell'Afd che sicuramente non ha fatto nessun boom ma per la prima volta entra nel Parlamento regionale e supera il partito storico della sinistra, l'Spd. Infine c'è il 5,1% dei liberali dell'Fdp che si sono risollevati (stavano scomparendo) proprio con una svolta euro-scettica e rigorista nei confronti dell'immigrazione. Quello che è successo domenica in Baviera è una sconfitta dei partiti tradizionali, socialdemocratici e cristiano sociali alleati della Merkel, ma se si considerano le posizioni dei Freie Wähler e dell'Afd, che hanno eroso un 10% circa alla Csu, il Land più ricco della Germania si è spostato su posizioni più dure verso i migranti e verso l'Unione europea, nonostante il tanto sbandierato successo dei Verdi.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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