Catalogna, altra notte di scontri. Ma il presidente catalano: «La protesta deve essere pacifica»
Andrea Nicastro
17 ottobre 2019
https://www.corriere.it/esteri/19_ottob ... 61cf.shtml
Cortei, sit-in, cariche di polizia e fino a tarda notte un’imponente manifestazione di protesta per le strade di Barcellona: 41 feriti. Ma «non ci sono giustificazioni per bruciare le auto né per qualsiasi atto di vandalismo. La protesta deve sempre essere pacifica»., ha detto il presidente del governo catalano, Quim Torra, citato dai media locali, dopo gli scontri in diverse città della Catalogna durante le proteste per la condanna al carcere dei leader indipendentisti. «Non possiamo permettere che un gruppo di infiltrati danneggino l’immagine dell’indipendentismo», ha aggiunto Torra attribuendo così la responsabilità delle violenze a gruppi estranei.
Il tentativo di secessione di Barcellona del 2017 provoca quindi ancora tafferugli dopo esserci concluso con una raffica di condanne. Il vicepresidente della Generalitat, la presidente del Parlament, i «ministri» e i cervelli delle associazioni indipendentiste della società civile sono stati giudicati colpevoli di sedizione e malversazione di fondi pubblici. Pene tra i 9 e i 13 anni. E non è ancora finita. I politici secessionisti riparati all’estero subito dopo la dichiarazione unilaterale d’indipendenza del 10 ottobre 2017 verranno ora inseguiti da un mandato di cattura internazionale. Si è cominciato con l’ex presidente catalano Carles Puigdemont in auto-esilio a Waterloo, in Belgio.La sentenza del Tribunale Supremo spagnolo ha mandato in tilt la Catalogna. Dai partiti separatisti le dichiarazioni più infuocate. L’ex presidente Puigdemont: «La brutalità giudiziaria di un regime repressivo ha punito dei cittadini che hanno cercato la via democratica per far valere la propria opinione. È un’atrocità. Condannando loro si condannano gli oltre due milioni di persone che hanno partecipato al referendum». L’ex vicepresidente Oriol Junqueras dal carcere ha fatto sapere che «la sentenza dimostra che non c’è alternativa alla costruzione di un nuovo Stato per fuggire da questo che perseguita democratici, proibisce di votare e incarcera per le opinioni politiche».
Sul fronte opposto, il premier spagnolo Pedro Sánchez, ha sottolineato la solennità del momento con una dichiarazione tv alla nazione. «La decisione dei giudici conferma la sconfitta di un movimento che non ha trovato alcun riconoscimento internazionale — ha detto —. È tempo di aprire un nuovo capitolo sulla questione catalana». Sánchez sa che su Barcellona si gioca buona parte delle sue possibilità di vittoria alle elezioni generali del 10 novembre, le quarte in quattro anni. Nelle urne spagnole i voti sono passati da un partito all’altro soprattutto in base al giudizio degli elettori sulla gestione del caso Barcellona.Al di là delle reazioni bellicose, però, la sentenza apre anche uno spiraglio di riconciliazione. La Procura aveva chiesto la condanna a 30 anni per il reato di ribellione. Non è stata invece riconosciuta dai giudici una «violenza finalizzata al raggiungimento dell’obiettivo» e quindi il reato più grave è caduto.
In più il Tribunale Supremo ha negato la pericolosità sociale dei condannati, concedendo all’autorità giudiziaria locale (catalana, nel loro caso) la concessione degli arresti domiciliari. In sostanza fra pochi mesi potrebbero scattare i primi permessi di uscita dal carcere. Il futuro politico dei condannati resterebbe compromesso, ma dal punto di vista umano, la pena potrebbe rivelarsi meno severa di quanto sembri oggi.Se la fase giudiziaria si avvicina alla fine, quella del dialogo politico si potrebbe aprire proprio con il voto di novembre. Dipenderà dal gioco delle alleanze per il governo di Madrid, dal peso che avranno i voti dei catalani e di chi, tra i partiti nazionali, è favorevole a concedere più autonomia a Barcellona. La strada è stretta, ma praticabile.
???
Nelle strade di Barcellona, come nel resto della regione, la questione dell'indipendenza si divide. Secondo l'ultimo sondaggio pubblicato a luglio dal governo regionale, il 44% della popolazione è a favore dell'indipendenza, mentre il 48,3% è contrario.
Spagna, Catalogna nel caos tra violenze e scontri per l’indipendenza
Manuel Glauco Matetich - Ven, 18/10/2019
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/spa ... Xd_mCPagHc
Il quinto giorno di mobilitazioni di piazza ha portato all’arresto di molti separatisti le scorsi notti, mettendo a ferro e fuoco Barcellona
Barcellona è sotto assedio e gli scontri tra manifestanti separatisti e poliziotti sono fuori controllo.
Le ramblas della cittadina spagnola stanno vivendo ore di violenze inaudite e di terrore da guerriglia urbana.
La polizia nazionale è dovuta intervenire per cercare di calmare gli animi dei 520mila manifestanti indipendentisti che si sono riversati lungo le vie di Barcellona già dalle prime ore del pomeriggio. In questi istanti, migliaia di agenti in tenuta antisommossa hanno caricato i separatisti catalani sparandogli addosso proiettili di gomma e gas lacrimogeni, con la speranza di disperdere la folla oceanica di persone che stanno marciando verso Placa Urquinaona. Gli scontri sono iniziati pochi minuti fa nei pressi del quartier generale delle forze dell'ordine. Nel frattempo, i rivoltosi stanno continuando ad attaccare le squadre di polizia in azione lanciando pietre, bottiglie, transenne di ferro, e qualsiasi oggetto contundente in grado di ferire i poliziotti.
Si contano già i primi feriti (35) e i primi arresti (10) tra i manifestanti, e questo triste bollettino di guerra sembra destinato (purtroppo) a salire nelle prossime ore, data la ferma intenzione dei separatisti nel continuare la propria rivendicazione di Indipendenza. Proprio per questo, il dipartimento degli interni della polizia della Catalogna ha invitato la popolazione a barricarsi in casa e a tenere uno stato di allerta massimo, perchè tuttora non è possibile prevedere in cosa possa sfociare la rabbia dilagante dei rivoltosi catalani.
Gli episodi di violenza non si fermano a questa notte. Da inizio settimana, infatti, i ribelli catalani hanno lanciato bombe molotov contro edifici pubblici e vetrine di negozi lungo le vie principali di Barcellona. È questa la drammatica situazione che la popolazione sta vivendo in queste ore di scioperi e violente proteste, in balia delle frange più estreme dei cosiddetti indipendentisti spagnoli che rivendicano a gran voce l’indipendenza della Catalogna.
La scintilla di questa nuova ondata di manifestazioni separatiste è stata la delibera delle pesanti condanne (dai 9 ai 13 anni reclusione) inflitte ai leader catalani che nel 2017 avevano cercato con un improbabile (e fallito) colpo di stato “regionale” di affermare l’indipendenza totale della più ricca regione spagnola, per l’appunto la Catalogna, che rappresenta un quinto del Pil spagnolo.
Oggi è il quinto giorno di mobilitazione massiccia che ha richiamato e assemblato per le strade della capitale catalana decine di migliaia di separatisti provvisti di bandiere, megafoni e bombolette spray con le quali rivendicano sui muri e sulle vetrine dei negozi cittadini tutta la loro rabbia e volontà di ottenere la tanto bramata autonomia totale dalla capitale spagnola di Madrid.
In queste ore è infatti attesa una nuova manifestazione che sta letteralmente bloccando Barcellona, tanto che in giornata sono già arrivati a quota 57 i voli cancellati all’aeroporto di Barcellona-El Prat. Le autorità locali hanno già allertato la popolazione di rimanere in casa. Le forze dell’ordine sono pronte ad affrontare una nuova notte di barricate e il conseguente sconvolgimento della città, come testimoniano i diversi arresti (oltre 110) compiuti da inizio settimana a ieri notte.
Queste proteste segnano comunque l’inizio di una nuova fase della strategia indipendentista, messa a punto dai diversi movimenti separatisti. È la prima volta dal fallito tentativo secessionista del 2017, che l’indipendenza della Catalogna viene rivendicata usando anche la violenza come arma politica.
La violenza ha "gravemente danneggiato le istituzioni e la reputazione internazionale della Catalogna", ha commentato il ministro degli Interni Fernando Grande-Marlaska.
Nelle strade di Barcellona, come nel resto della regione, la questione dell'indipendenza si divide. Secondo l'ultimo sondaggio pubblicato a luglio dal governo regionale, il 44% della popolazione è a favore dell'indipendenza, mentre il 48,3% è contrario.
La Catalogna è sfuggita di mano
Bobo Craxi
19/10/2019
https://www.huffingtonpost.it/entry/la- ... 5R4hx-Fq60
La situazione in Catalogna sta scappando di mano. L’indignazione degli indipendentisti si è trasformata in una settimana di protesta e di passione politica sfociata nella violenza che non ha prodotto vittime ma che ha trasformato la Capitale ormai in un campo aperto di guerriglia urbana.
A Madrid si parla oramai esplicitamente di determinare “lo stato di eccezione” in Catalogna, a Barcellona si ritiene che il sentimento di indignazione e frustrazione in seguito alla violenza giudiziaria e poliziesca sta generando l’occasione per un pronunciamento finale della separazione dal regno di Spagna.
Il paradosso vuole che nella giornata odierna si potrebbe determinare la definitiva riconciliazione delle due Irlande e nella Spagna e nella Catalogna moderna si fa ormai esplicitamente riferimento all’Ulster, perché la divisione non è fra catalani e spagnoli ma innanzitutto nella stessa Catalogna.
Il processo giudiziario al “procés” politico di disconnessione dal Regno di Spagna ha inferto dei colpi implacabili all’azione politica della cupola dell’indipendentismo, nonostante fra le righe della sentenza si potesse osservare che vi fosse lo spiraglio per una condizione favorevole alla semi-libertà quasi immediata agli uomini politici ed ai capi del movimento della società civile indipendentista, la carta giocata dal Governo Catalano è stata quella della disobbedienza civile, occupazione di strade, autostrade, università ed aeroporto di Barcellona in pieno stile Hong Kong. Una sapiente regia internettiana evidentemente eterodiretta fuori dai confini, un “anonymus” grande fratello che dirigeva lo “ Tsunami Democratico” fissava ore e minuti ed appuntamenti della protesta popolare. È apparso tutto molto prevedibile sino all’apparizione delle frange radicali che conosciamo perché infestano con la loro violenza tutta Europa, e i “black block” in gran parte catalani ma infiltrati anche da teppisti di tutta europa hanno messo a fuoco e fiamme la Laietana ovvero la lunga strada che dal centro porta al Porto a metà del quale c’è il Quartier Generale della polizia Spagnola.
L’’Indipendentismo perde la su caratteristica non-violenta, inevitabile sbocco finale dell’appello ufficiale alla “disobbedienza Civile” con l’adozione di una linea votata al radicalismo ed allo scontro, Lo Stato Spagnolo nell’azione di contenimento delle sue forze dell’ordine riperde, come fu il 1° Ottobre di due anni fa, la ragione ed attua una azione a sua volta radicale anche contro cittadini inermi. Ma è la logica perversa di ogni scontro di piazza.
Sanchez ha provato a giocare la carta delle elezioni, sicuro del suo incremento dopo le europee, oggi si trova con una crisi territoriale giunta al culmine della sua parabola, ed una campagna elettorale in Spagna che avrà questa “Catalexit” come tema centrale mentre paradossalmente in Gran Bretagna si sta trovando una soluzione politica; esattamente lo scenario che aveva in testa Sanchez ma rovesciato.
C’è un vuoto politico in Spagna determinato dalla Campagna Elettorale in corso, c’è una Crisi in seno alla Generalitat ed in particolare in seno alla Presidenza dove Quin Torra, il ventriloquo del Presidente esiliato Puigdemont si è posto politicamente alla guida della insurrezione civile non controllandola, c’è una Crisi di Ordine pubblico evidente che può tralignare anche velocemente verso un conflitto a bassa intensità.
La Destra soffia sul fuoco e chiede provvedimenti eccezionali, lo scioglimento dell’autonomia e lo “Stato di eccezione”. Una grande nazione come la Repubblica Francese dopo mesi di stato d’assedio dei Gilet Gialli è venuta a capo del problema senza utilizzare mezzi straordinari, ma con la pazienza, certo anche con la forza ma soprattutto attraverso una convincente azione politica.
È auspicabile che questo possa avvenire in Catalogna ed in Spagna e che Barcellona “la ribelle” non si camuffi in una Belfast dei nostri anni venti.
Ci sono allo stato energie sufficienti, civili e democratiche, perché la situazione “scappata di mano” possa rientrare in una prospettiva politica diversa di un conflitto senza sbocchi; Purché riprenda il suo ruolo la politica e metta da un lato le manette e le armi che sono solo foriere di disgrazie.