Çeveltà tałego roman napołitana e sicula

Çeveltà tałego roman napołitana e sicula

Messaggioda Berto » mer mag 07, 2014 8:12 am

Çeveltà tałego roman napołitana e sicula
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Genny ‘a Carogna

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... /genny.jpg

http://www.oggi.it/attualita/cronaca/20 ... -il-calcio

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Follia ultrà, spari fuori dallo stadio - Gravissimo tifoso del Napoli ferito

http://www.lastampa.it/2014/05/03/sport ... agina.html

Scontri e tafferugli a Roma prima della finale di Coppa Italia, dieci feriti.
Hamsik tratta con la curva, poi supporter campani “autorizzano” la partita
Per il conflitto a fuoco sottoposto a provvedimento restrittivo un supporter giallorosso

Tre feriti per colpi di pistola a Roma, prima della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina, in una giornata segnata da incidenti e caos. Un ultrà della Roma, Daniele De Santis, anche lui ferito e ricoverato in ospedale con una gamba rotta, accusato di aver fatto fuoco: per lui in nottata è scattato un provvedimento restrittivo.
Gli spari nel pomeriggio, nei pressi di Viale Tor di Quinto, vicino allo stadio Olimpico.

Vittime tre tifosi napoletani: uno dei tre, Ciro Esposito, trentenne, è gravissimo. Un proiettile ha raggiunto la colonna vertebrale ed è stato estratto durante un delicato intervento chirurgico. La sua situazione è definita dai medici «stabile, ma critica». Gli altri coinvolti sono un uomo di 43 anni, colpito alla mano destra ed uno di 32 anni, colpito ad un braccio e ad una mano. I feriti sono stati soccorsi dalla polizia, che ha anche recuperato la pistola che ha sparato.

A notte non era ancora del tutto chiara la dinamica. La questura in un primo momento aveva fatto sapere che il ferimento non sarebbe da «collegare a scontri tra tifosi, ma avrebbe cause occasionali». però, con il passar del tempo, ha preso piede e si è concretizzata la pista della lite tra ultrà che è poi drammaticamente degenerata.
I fatti si sono verificati nei pressi di un’area verde - dove c’è il «Ciak», un ex locale - vicino allo stadio Olimpico. Qui, secondo la dinamica al momento più accreditata, De Santis avrebbe prima provocato alcuni tifosi partenopei e poi, dopo la loro reazione violenta, avrebbe fatto fuoco.

L’ultrà è stato interrogato a lungo nell’ospedale dove è ricoverato e per lui, a notte, è scattato il fermo. Gli investigatori, infatti, ritengono di aver raccolto elementi sufficienti per indiziarlo del triplice ferimento.
L’uomo non è sconosciuto alle forze di polizia. Fu infatti coinvolto, secondo quanto si è appreso, in una vicenda giudiziaria, poi prescritta, sulla sospensione del derby Lazio-Roma del 21 marzo 2004. La partita venne fermata in seguito alle pressanti richieste dei leader delle curve per le voci, poi rivelatesi infondate, della morte di un bambino investito da un’auto della polizia. L’ultrà avrebbe scavalcato, con altre persone, il recinto di gioco.

Stasera allo stadio c’era anche il premier Matteo Renzi, con moglie e figli, scortato da polizia e carabinieri. La partita è poi iniziata con 45 minuti di ritardo in un clima surreale. «Una partita di calcio non si può trasformare in una guerra tra bande con episodi di violenza», ha commentato il presidente del Senato, Pietro Grasso, all’arrivo allo stadio Olimpico.

Roma è stata `invasa´ da decine di migliaia di tifosi giunti da Napoli e Firenze. La giornata è stata caratterizzata da incidenti tra i tifosi e tafferugli: una decina complessivamente i feriti. La tensione è salita nel tardo pomeriggio, quando sono cominciati gli scontri tra i supporter delle due squadre, cui avrebbero partecipato anche ultras della Roma, e tra questi e le forze dell’ordine. Contro gli agenti che scortavano le tifoserie perché non venissero a contatto, nei pressi di Ponte Milvio, sono stati lanciati bottiglie ed oggetti vari. Tafferugli tra i gruppi di sostenitori si sono verificati in altre zone vicino all’Olimpico. Anche nello stadio, poi, ci sono stati lanci di petardi e bombe carta.

Naturalmente la partita si è poi giocata in un clima di palpabile tensione sugli spalti. Un capo tifoso del Napoli, seduto su una grata della curva Nord, ha partecipato alla convulsa trattativa che ha preceduto l’inizio dell’incontro. È stato lui, riconoscibile per un vistoso tatuaggio su tutto il braccio destro, che ha parlato col capitano del Napoli Hamsik, scendendo sul campo di gioco; ed è stato ancora lui, con ampi gesti, prima a chiedere il ritorno della calma in curva da cui erano state lanciate alcune bombe carta, e poi a dare l’assenso all’inizio della partita quando i funzionari delle forze dell’ordine sono andati sotto gli spalti per comunicare la decisione di giocare.
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Re: Çeveltà tałega roman napołitana

Messaggioda Berto » lun mag 12, 2014 4:01 pm

Un Italia di cialtroni, ecco una spiegazione semplice semplice

http://www.lindipendenza.com/un-italia- ... e-semplice


Una società italiana ed una giapponese decisero di sfidarsi annualmente in una gara di canoa, con equipaggio di otto uomini. Entrambe le squadre si allenarono e quando arrivò il giorno della gara ciascuna squadra era al meglio della forma, ma i giapponesi vinsero con un vantaggio di oltre un chilometro. Dopo la sconfitta il morale della squadra italiana era a terra.

Il top management decise che si sarebbe dovuto vincere l’anno successivo e mise in piedi un gruppo di progetto per investigare il problema. Il gruppo di progetto scoprì dopo molte analisi che i giapponesi avevano sette uomini ai remi e uno che comandava, mentre la squadra italiana aveva un uomo che remava e sette che comandavano. In questa situazione di crisi il management diede una chiara prova di capacità gestionale: ingaggiò immediatamente una società di consulenza per investigare la struttura della squadra italiana.

Dopo molti mesi di duro lavoro, gli esperti giunsero alla conclusione che nella squadra c’erano troppe persone a comandare e troppe poche a remare. Con il supporto del rapporto degli esperti fu deciso di cambiare immediatamente la struttura della squadra. Ora ci sarebbero stati quattro comandanti, due supervisori dei comandanti, un capo dei supervisori e uno ai remi. Inoltre si introdusse una serie di punti per ampliare il suo ambito lavorativo e dargli più responsabilità.

L’anno dopo i giapponesi vinsero con un vantaggio di due chilometri. La società italiana licenziò immediatamente il rematore a causa degli scarsi risultati ottenuti sul lavoro, ma nonostante ciò pagò un bonus al gruppo di comando come ricompensa per il grande impegno che la squadra aveva dimostrato. La società di consulenza preparò una nuova analisi, dove si dimostrò che era stata scelta la giusta tattica, che anche la motivazione era buona, ma che il materiale usato doveva essere migliorato.
Al momento la società italiana è impegnata a progettare una nuova canoa.
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Re: Çeveltà tałega roman napołitana

Messaggioda Berto » lun mag 12, 2014 4:09 pm

Quando Napolitano disse: "in Ungheria l'Urss porta la pace"

http://www.storialibera.it/epoca_contem ... php?id=732

Nel 1956, all'indomani dell'invasione dei carri armati sovietici a Budapest, mentre Antonio Giolitti e altri dirigenti comunisti di primo piano lasciarono il Partito Comunista Italiano, mentre "l'Unità" definiva «teppisti» gli operai e gli studenti insorti, Giorgio Napolitano si profondeva in elogi ai sovietici. L'Unione Sovietica, infatti, secondo lui, sparando con i carri armati sulle folle inermi e facendo fucilare i rivoltosi di Budapest, avrebbe addirittura contribuito a rafforzare la «pace nel mondo»...

Giorgio Napolitano nel nov. 1956: "Come si può, ad esempio, non polemizzare aspramente col compagno Giolitti quando egli afferma che oltre che in Polonia anche in Ungheria hanno difeso il partito non quelli che hanno taciuto ma quelli che hanno criticato? E' assurdo oggi continuare a negare che all'interno del partito ungherese - in contrapposto agli errori gravi del gruppo dirigente, errori che noi abbiamo denunciato come causa prima dei drammatici avvenimenti verificatisi in quel paese - non ci si è limitati a sviluppare la critica, ma si è scatenata una lotta disgregatrice, di fazioni, giungendo a fare appello alle masse contro il partito. E' assurdo oggi continuare a negare che questa azione disgregatrice sia stata, in uno con gli errori del gruppo dirigente, la causa della tragedia ungherese.

Il compagno Giolitti ha detto di essersi convinto che il processo di distensione non è irreversibile, pur continuando a ritenere, come riteniamo tutti noi, che la distensione e la coesistenza debbano rimanere il nostro obiettivo, l'obiettivo della nostra lotta. Ma poi ci ha detto che l'intervento sovietico poteva giustificarsi solo in funzione della politica dei blocchi contrapposti, quasi lasciandoci intendere - e qui sarebbe stato meglio che, senza cadere lui nella doppiezza che ha di continuo rimproverato agli altri, si fosse più chiaramente pronunciato - che l'intervento sovietico si giustifica solo dal punto di vista delle esigenze militari e strategiche dell'Unione Sovietica; senza vedere come nel quadro della aggravata situazione internazionale, del pericolo del ritorno alla guerra fredda non solo ma dello scatenamento di una guerra calda, l'intervento sovietico in Ungheria, evitando che nel cuore d'Europa si creasse un focolaio di provocazioni e permettendo all'Urss di intervenire con decisione e con forza per fermare la aggressione imperialista nel Medio Oriente abbia contribuito, oltre che ad impedire che l'Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, abbia contribuito in misura decisiva, non già a difendere solo gli interessi militari e strategici dell'Urss ma a salvare la pace nel mondo.

«Napolitano non venga a Budapest. Con il Pci appoggiò i russi invasori», tratto da il Giornale, 26.5.2006.

Un portavoce dei superstiti: "Tardivo il su ripensamento, chi pagò con la vita non vorrebbe essere commemorato da lui".

Hanno perdonato Boris Eltsin, erede dei loro carnefici. Potrebbero, sforzandosi, mandar giù anche un boccone indigesto come Vladimir Putin «l'opportunista» ma Giorgio Napolitano no, proprio no. Il nostro presidente della Repubblica non merita sconti e in Ungheria non deve andare. Soprattutto in quei giorni, nel prossimo autunno, in cui a Budapest si ricorderanno i 50 anni dell'invasione sovietica. A lanciare il diktat è un gruppetto sparuto ma autorevole di magiari, quelli raccolti intorno a «56 Alapitvany» (Fondazione '56). Sono in diciannove, tutti accomunati dallo stesso destino: essersi ribellati agli occupanti venuti da Mosca e aver pagato per questo con duri anni di galera.

Per questo, l'altroieri, sono insorti quando hanno saputo che il presidente ungherese Laszlo Solyom aveva invitato per il prossimo autunno a Budapest anche Giorgio Napolitano. In nove hanno firmato una lettera-appello per chiedere che Napolitano non venga. O se proprio ci tiene a visitare l'Ungheria, lo faccia prima o dopo le commemorazioni. Facendo riferimento alla posizione presa dal Pci nel 1956, la lettera afferma che il documento di allora offrì sostegno internazionale ai sovietici che «repressero nel sangue il desiderio di libertà dell'Ungheria».

E Laszlo Balazs Piri, tra i nove firmatari dell'appello, membro del board della Fondazione, già condannato a 3 anni e 6 mesi di reclusione per la sua partecipazione alla rivolta, rilancia: «Purtroppo i governi dei grandi Paesi occidentali non poterono aiutarci. L'opinione pubblica dei Paesi liberi era accanto a noi. Nello stesso tempo, però, in Paesi come Italia e Francia i Partiti comunisti erano allineati a Mosca. Furono d'accordo con questa resa dei conti sanguinosa contro la lotta di liberazione ungherese. Napolitano a quel tempo non era un bambino e aveva un'opinione».

A poco vale per i «reduci» della repressione sovietica il ripensamento del presidente italiano. Un dietrofront tardivo, sostengono. E Balasz Piri è categorico: «La comunità dei veterani del 1956 sente che quest'uomo non deve partecipare alle commemorazioni del '56 ungherese. Chissà cosa direbbero quelli che sono stati impiccati in seguito alla repressione».

Il 26 settembre 2006, a Budapest, Napolitano ha reso omaggio alle vittime della rivoluzione del 1956, soffocata nel sangue dai carri armati sovietici. In quell'occasione ha detto: "Ho reso questo omaggio sulla tomba di Imre Nagy a nome dell'Italia, di tutta l'Italia, e nel ricordo di quanti governavano l'Italia nel 1956 e assunsero una posizione risoluta, a sostegno dell'insurrezione ungherese e contro l'intervento militare sovietico". Non una dichiarazione sulle responsabilità sue e dei suoi «compagni» di partito, non una richiesta di perdono alle vittime (forse 25.000), non un'affermazione che definisse il comunismo «male assoluto».
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Re: Çeveltà tałega roman napołitana

Messaggioda Berto » mar mag 13, 2014 8:38 am

"A Verona io porto la mazza". Prefetto di Vicenza choc. E ora si dimetta
Venerdì, 10 gennaio 2014 - 10:46:00

http://www.affaritaliani.it/cronache/ve ... 00113.html

http://archive.today/B4dMB

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Bufera sul nuovo prefetto di Vicenza, Eugenio Soldà.

L'europarlamentare leghista Lorenzo Fontana presenterà un esposto al ministro dell'Interno Angelino Alfano chiedendo la rimozione del neoprefetto dopo le dichiarazioni rilasciate in un'intervista al "Giornale di Vicenza" il 31 dicembre scorso. Parlando, da tifoso romanista, della partita Verona-Roma del 26 gennaio prossimo il prefetto Soldà ha dichiarato: "Non me la perderò", aggiungendo sui tifosi veronesi: "Lo so che sono violenti, infatti quando vado allo stadio tengo in macchina una mazza, con quella gente non si sa mai...".

"Ho aspettato per giorni una smentita, che non c'è stata - ha dichiarato l'on. Fontana -. Non volevo crederci, ma ora non si può più tacere. Le parole del Prefetto di Vicenza Soldà sono di una gravità inaudita. Chiederò ad Alfano il suo allontanamento, ma sarebbe opportuno che l'interessato si dimettesse subito di sua spontanea volontà".

"Il quotidiano berico - aggiunge Fontana - l'ha definita forse una battuta. Anche fosse, poco cambia, un Prefetto non può parlare così, e comunque è una battuta greve, volgare, gratuita, pregiudiziale e discriminatoria nei confronti di una città e di migliaia di persone". "Peraltro - conclude l'eurodeputato del Carroccio - la Lega Nord è da sempre contraria all'istituto dei prefetti. Figure burocratiche, inutili e costose che andrebbero abolite. Faremo una battaglia in tal senso".

Un caso davvero incredibile per il ruolo istituzionale ricoperto dalla persona coinvolta. Ora forse Soldà dovrebbe davvero considerare l'ipotesi delle dimissioni e il ministro Alfano potrebbe magari pensare a qualche provvedimento.

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Re: Çeveltà tałega roman napołitana

Messaggioda Berto » mer mag 21, 2014 7:51 am

Il presidente della Repubblica delle Banane si dice “sconcertato” dalla Svizzera

http://www.lindipendenza.com/il-preside ... a-svizzera

Il presidente della Repubblica delle Banane, alias Italia, non perde occasione per farsi notare. Leggete questo lancio di agenzia:

Giorgio Napolitano ha espresso sconcerto per l’introduzione delle quote per gli immigrati (anche italiani) in Svizzera, dopo ll referendum del 9 febbraio. “Siamo troppo amici per nascondervi lo sconcerto nell’apprendere un risultato che si pone in controtendenza rispetto alla consolidata politica europea della Confederazione”, ha detto incontrando il Consiglio Federale Elvetico.

Re Giorgio si dice “sconcertato” per quello che fa la Svizzera al fine di tutelare la propria condizione. Io che son Tontolo ma non tontolon, penso che Napolitano dovrebbe sciacquarsi la bocca prima di parlare degli svizzeri. E dovrebbe invece esprimere sconcerto per lo schifo in cui è ridotta la Repubblica di cui è il degno presidente.
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Re: Çeveltà tałego roman napołitana e sicula

Messaggioda Berto » gio dic 11, 2014 4:23 pm

Mamma di Loris: i detenuti del carcere di Catania urlano «Assassina devi morire». Lei continua a ripetere «non ho ucciso mio figlio»

http://www.2duerighe.com/cronaca/43190- ... iglio.html

CATANIA — Prima notte nel carcere di Piazza Lanza a Catania per Veronica Panarello. L’accusa è una delle più pesanti per una madre: omicidio aggravato e occultamento di cadavere del proprio figlio. Per i PM di Ragusa sarebbe responsabile dell’omicidio di Loris «con modalità di elevata efferatezza e sorprendente cinismo», provocando la morte «aggredendolo mediante azione di strangolamento portata con l’uso di una fascetta stringicavo di plastica», indicando nel decreto di fermo «gravi indizi di colpevolezza» nei suoi confronti, contestandogli anche l’aggravante della crudeltà oltre che del vincolo di parentela.

Lei continua a dichiararsi innocente ma il verdetto delle centinaia di persone che attendevano fuori e quello dei detenuti della casa circondariale di Catania sembra ormai deciso: «Vergogna! Vergogna!» e «Assassina, devi morire». Fischi ed urla in questa gogna mediatica che rende tutti giudici degli altri. La Giustizia sta facendo il suo corso, e al di là di ogni giudizio morale e di ogni evidenza, con gli indizi e le contraddizioni via via a stringere il cappio intorno a questa donna, è bene ricordare che queste sono accuse e non è ancora una condanna. Ora Veronica vuole solo «stare sola», non si può sapere se per sostenere il peso di una terrificante colpa commessa o di un terrificante torto subito. Lei piange, un pianto pacato, come pacato e remissivo è stato il suo atteggiamento durante le sei ore di interrogatorio della scorsa notte condotto con gli occhi bassi come il tono della voce. «Non sono stata io, non l’ho ucciso io, lui era il mio bambino», ma per chi conduce le indagini la versione e le dichiarazioni della madre «confliggono palesemente con le risultanze delle registrazioni degli impianti di video sorveglianza installati lungo l’effettivo percorso seguito dalla Panarello», documentando «oltre ogni ragionevole dubbio» che: Loris è rientrato in casa alle 8:32, un minuto dopo essere sceso con la mamma e il fratellino, e non è più uscito; che «nell’intervallo tra le 8:49 e le 9:23 di sabato» nessuna persona sconosciuta entra nell’abitazione. Riscontri che non tornano e bugie che come un boomerang si stanno ritorcendo contro, come l’aver detto di non conoscere il Mulino Vecchio, luogo di ritrovamento del figlio, quando invece proprio a cinquanta metri da quel luogo c’era una fontana dove da piccola andava a prendere l’acqua, abitando con la famiglia a meno di due chilometri da quel punto, come rilevato da una intercettazione telefonica della sorella con la madre. Ma Veronica continua a sostenere di non esserci mai stata, con le parole dell’avvocato Francesco Villardita a sostenere che «la mia assistita è estranea ai fatti che le vengono contestati e anche oggi ha ripetuto sempre la stessa versione. E dunque è serena», una serenità difficile da immaginare. L’avvocato continua dicendo che «si è sottoposta spontaneamente ad un prelievo del DNA, attraverso un tampone salivare» e che non è vero che Loris sia tornato in casa invece di salire in macchina perché «dal filmato visionato con la mia assistita non si riconosce nessuno. E abbiamo prove testimoniali che dimostrano che il bambino è stato accompagnato a scuola», riferendosi alle dichiarazioni di una vigilessa ritenute però «altamente contraddittorie» dalla Procura. Ora si aspetta la valutazione del GIP nell’udienza di convalida del fermo.

Un omicidio che per il momento non ha movente, venticinque pagine di provvedimento di fermo senza mai fare riferimento una volta al perché Veronica avrebbe ucciso in modo efferato il figlio, per poi abbandonarlo nel canalone di cemento forse ancora in vita.

Tra tutti i commenti, da quelli dei famigliari addolorati e scossi, alle persone incredule per un gesto incomprensibile, una voce, quella di Giovanna Campo, Dirigente della scuola «Falcone-Borsellino» frequentata da Loris, a ricordare il dramma di questo momento con parole equilibrate, pur piene di sofferenza per un fatto che lascia sgomenti: «I ragazzi avevano voglia di parlare, ognuno ha dato la propria versione dell’accaduto, con una ricostruzione personale. Li ho invitati alla prudenza come è doveroso, spiegando loro la differenza tra fatto certo ed ipotesi. (…) Il problema siamo noi grandi che non siamo in grado di dare certezze e soprattutto trattenere le emozioni, l’emozione traspare anche perché in questo momento è ancora tanta e c’è grande dolore». Per questo motivo quattro psicologi dell’Azienda Sanitaria Provinciale sono intervenuti per incontrare docenti e ragazzi, «perché noi abbiamo bisogno di capire come parlare agli alunni», come si fa «a spiegare che una madre può uccidere un figlio? Siamo senza parole».

Paola Mattavelli

10 dicembre 2014
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Re: Çeveltà tałego roman napołitana e sicula

Messaggioda Berto » gio feb 12, 2015 10:59 am

Costa Concordia: Schettino condannato a 16 anni ma per ora non andrà in carcere

di Nicoletta Cottone11 febbraio 2015

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=ABOwt1sC

Sedici anni di reclusione e un mese di arresto all’ex comandante Francesco Schettino per le sue responsabilità nel naufragio della Costa Concordia. Il tribunale di Grosseto ha respinto la richiesta avanzata dalla Procura di una misura di custodia cautelare in carcere per Francesco Schettino, perché non esiste, secondo i giudici, un concreto pericolo di fuga. A favore dell'ex comandante della Concordia, ha giocato anche «il comportamento» tenuto la fase processuale e il periodo dell'obbligo di dimora successivo al naufragio. Il tribunale ha anche rigettato ogni richiesta di misura cautelare nei confronti di Schettino, compresa quindi la più grave, la custodia in carcere, o anche il semplice ritiro del passaporto per il divieto di espatrio.

Interdetto per 5 anni dal comando di nave
Francesco Schettino è stato anche interdetto per 5 anni come comandante di nave. Lo ha stabilito il tribunale di Grosseto che lo ha anche condannato all'interdizione perpetua dai pubblici uffici e al risarcimento delle parti civili in solido con Costa Crociere. Il Tribunale ha inflitto a Schettino 5 anni per il reato di disastro colposo, 10 anni per gli omicidi plurimi colposi e un anno per il reato di abbandono di persone minori o incapaci, per un totale di 16 anni di reclusione a cui è stato aggiunto un mese di arresto. Il Tribunale non ha invece riconosciuto, come invece richiesto dalla pubblica accusa, l'aggravante del naufragio colposo e neppure l'aggravante della colpa cosciente per gli omicidi plurimi colposi. Per Schettino inoltre è stato deciso un mese di arresto, per la contravvenzione di non aver informato correttamente la Capitaneria di Porto.

Il padre di una vittima: 16 anni non sono nulla
«Sedici anni per 32 vittime non sono nulla», è stato il commento di Giovanni Girolamo, padre di Giuseppe, il musicista pugliese che lavorava sulla nave e che morì per salvare un bambino. Per Giovanni è «una pena inadeguata e forse lo sarebbe stata anche se Schettino fosse stato condannato a 26 anni, quanto chiesto dall'accusa. E poi non doveva essere condannato solo Schettino, ma anche chi era in plancia con lui e chi, della Costa, era a terra e non ha fatto nulla». Girolamo confidava anche nell'arresto: «Sì, lo speravo - dice - ma ormai non possiamo farci nulla, questa è la giustizia italiana».

La sentenza dopo quasi 8 ore di camera di consiglio
I giudici del Tribunale di Grosseto sono rimasti in camera di consiglio poco meno di 8 ore per decidere la sorte di Francesco Schettino, unico imputato al processo sul naufragio della Costa Concordia, avvenuto il 13 gennaio 2012 davanti all'Isola del Giglio. Un naufragio che ha causato 32 morti. La lettura della sentenza al teatro Moderno di Grosseto, dove poco prima erano arrivati i pm, gli avvocati della difesa e delle parti civili, giornalisti e cittadini. Non era in aula Francesco Schettino che, secondo quanto riferito dai suoi legali, accuserebbe febbre. La condanna a 16 anni inflitta a Francesco Schettino è diventata subito breaking news in tutto il mondo. La prima è stata la Bbc, poi la Cnn, che hanno concesso alla notizia tweet e breaking news.
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Re: Çeveltà tałego roman napołitana e sicula

Messaggioda Berto » mer mar 04, 2015 2:21 pm

Tangenti, arrestato il presidente della Camera di commercio di Palermo
L’accusa: mazzetta da 100.000 euro per la concessione della proroga dell’affitto di un ristorante all’interno dell’aeroporto «Falcone e Borsellino»

http://www.lastampa.it/2015/03/03/itali ... agina.html

Il presidente della Camera di commercio di Palermo, Roberto Helg, è stato arrestato con l’accusa di aver chiesto, in qualità di vice presidente della Gesap, la società di gestione dell’aeroporto «Falcone e Borsellino» di Palermo, una tangente di 100.000 euro per la concessione della proroga dell’affitto di un ristorante nello stesso scalo. L’arresto è stato eseguito dai carabinieri, che hanno prelevato Helg nel suo ufficio alla Camera di commercio, in via Emerico Amari, nel centro della città. Helg è uno degli imprenditori che più si sono spesi in campagne per la «legalità» e ha istituito presso la Camera di commercio uno «Sportello per la legalità».

Secondo quanto emerso dalle indagini, nella veste di rappresentante della Gesap, Helg ha chiesto e ottenuto il pagamento di 100.000 euro ad un esercente del settore della ristorazione, affittuario di uno degli spazi commerciali dell’aeroporto, il quale si era rivolto a lui per ottenere la proroga triennale del contratto a condizioni favorevoli. La richiesta e la consegna del denaro, integralmente monitorate dalla polizia giudiziaria, si sono svolte con quella che gli inquirenti definiscono la «classica sequenza estorsiva».

Le indagini sono state avviate dopo la denuncia dell’esercente. Helg ha prospettato la difficoltà dell’operazione di rinnovo se non supportata dal suo intervento, per il quale ha preteso dal ristoratore 50.000 euro in contante, e l’impegno a versare poi rate da 10.000 euro, garantite da un assegno in bianco dell’importo di 50.000 euro. Quando è stato arrestato nel suo ufficio, Helg aveva già ricevuto l’assegno, che aveva in una tasca della giacca, mentre sulla sua scrivania c’era una busta con 30.000 euro contante. Il colloquio con l’esercente era stato appena intercettato. Interrogato dai magistrati della Procura, Helg ha fatto «rilevanti ammissioni» sulle quali sono in corso ulteriori indagini.

Le indagini sono state svolte dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo di Palermo, e dirette dai sostituti procuratori Battinieri e Ferrari con il coordinamento del procuratore aggiunto Bernardo Petralia e la supervisione del procuratore Francesco Lo Voi, che ha partecipato all’interrogatorio di Helg. L’indagato è stato trasferito nel carcere di Pagliarelli.
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Re: Çeveltà tałego roman napołitana e sicula

Messaggioda Berto » sab ago 08, 2015 10:09 am

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Re: Çeveltà tałego roman napołitana e sicula

Messaggioda Berto » ven ago 14, 2015 2:25 am

La banda del premier

CHE BELLA FAMIGLIA QUELLA DI “RENZI” INDAGATA ANCHE LA MAMMA
CHI HA SPOGLIATO LA CHIL? – L’INCHIESTA SULLA BANCAROTTA DELLA EX SOCIETÀ DI FAMIGLIA SI ALLARGA ANCHE ALLA MADRE DI RENZI, CHE NE ERA SOCIO DI MAGGIORANZA
13 agosto 2015

http://www.mafia-capitale.it/index.php/ ... e-la-mamma

La Chil promozioni era divisa tra la madre e le sorelle del premier, finché non hanno venduto le loro quote al padre Tiziano, che a sua volta cede alla moglie il ramo principale della ditta. Il resto viene venduto, e fallirà poco dopo. I pm vogliono capire quanto sapessero le donne Renzi delle reali condizioni della Chil…

Sara Menafra per “Il Messaggero”

Non è un’indagine ad orologeria, ha detto e ripetuto il procuratore capo di Genova Michele Di Lecce. E, infatti, i tempi dell’inchiesta che vede iscritto il padre del premier, Tiziano Renzi, sono stati quelli di una ”normale” verifica per una sospetta bancarotta fraudolenta, compreso il fatto che la notizia è saltata fuori solo quando l’indagato ha ricevuto l’avviso di proroga delle indagini. Il che non vuol dire, però, che la procura ligure non abbia intenzione di fare tutte le verifiche del caso.

E una delle direttrici che il procuratore aggiunto Nicola Piacente e il pm Marco Airoldi intendono seguire è il ruolo che nell’affare della spoliazione della piccola azienda Chil potrebbero aver avuto Laura Bovoli, madre del premier, e le due sorelle Matilde e Benedetta Renzi. E non solo perché in quanto membri della famiglia potevano conoscere le intenzioni di babbo Tiziano e l’effettivo stato di salute della Chil Post che tre anni dopo la vendita ha fatto bancarotta con debiti che arrivano a circa un milione e trecentomila euro.

IL PASSAGGIO

Anche se, il 2 agosto del 2007, fondano la nuova società Eventi 6, fino a metà 2009, quindi un anno prima della vendita, Laura Bovoli e le due figliole possiedono la totalità del capitale sociale della Chil Post. Mamma Laura è socio di maggioranza con 30.200 euro in tutto. Nella seconda parte dell’anno, le tre vendono tutte le loro quote a babbo Tiziano che l’8 ottobre deciderà di cedere il ramo principale della ditta, la Chil Promozioni, proprio alla moglie.

Di lì a sei giorni, il 14 ottobre 2010, c’è il passaggio di consegne incriminato: per soli 2000 euro Renzi passa quel che resta della Chil a Gian Franco Massone, anche se a gestire l’affare sarebbe stato il figlio di quest’ultimo, Mariano Massone (il padre non è indagato sebbene la sua firma risulti sul contratto) e amministratore delegato diventa Antonio Gabelli, anche lui indagato.

LE VERIFICHE

Cosa sapessero dello stato di salute della Chil Post quando inizia questa operazione Laura Bovoli e le due figlie, è uno dei punti che la procura intende chiarire e su cui la Guardia di finanza è stata delegata a fare accertamenti. L’altro punto essenziale per l’inchiesta genovese è ricostruire quando sia stato generato il debito da un milione e mezzo che ha condotto la Chil Post ad una veloce bancarotta.

Si sa che il mutuo della Banca di credito cooperativo di Pontassieve è precedente alla vendita ed era stato intestato a mamma Laura dall’ istituto di credito che vedeva tra i soci un fedelissimo dell’attuale premier, Matteo Spanò (che oggi presiede la stessa banca).

Ma anche molti creditori iscritti al passivo, spiegano di aver lavorato per la Chil solo fino al 2010 e che gli anni successivi li hanno passati a inseguire i nuovi amministratori, pur sapendo che la sede che avevano scelto a Genova non ha mai ospitato alcunché. E’ il caso della Genova Press che aveva affittato a Tiziano Renzi un piccolo locale commerciale per poi ritrovarlo spoglio persino dell’arredamento interno: «La sede era in pessime condizioni, erano state portate via persino le pareti mobili», spiega l’avvocato Ernesto Rognoni. Al momento della vendita, però, almeno formalmente la Chil Post aveva un valore di produzione da 4,5 milioni di euro e un capitale sociale di 60.400.

Due giorni fa, Tiziano Renzi ha scelto il suo legale. E’ Federico Bagattini, avvocato che ha già seguito il premier Matteo in un paio di occasioni. «E’ vero lo difendo, ma al momento non ho nulla da dire», spiega. E’ possibile però che presto babbo Tiziano scelga di dare la sua versione dei fatti in procura.
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